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Det..tagli di carne - Crsa

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<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

Un pò <strong>di</strong> storia: Il quinto quarto nel tempo<br />

L’abitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> cibarsi <strong>di</strong> frat<strong>tagli</strong>e deriva ad<strong>di</strong>rittura da antichissimi rituali antropofagici ed ha origini<br />

che si perdono nella notte dei tempi. Già dalla preistoria mangiare una determinata parte del<br />

corpo umano (cuore, fegato, grasso dei reni, ecc.), consentiva <strong>di</strong> appropriarsi delle virtù dell’estinto.<br />

In seguito, la sostituzione con frat<strong>tagli</strong>e <strong>di</strong> animali <strong>di</strong>venne <strong>di</strong> uso più generale.<br />

I Babilonesi amavano molto i bolliti <strong>di</strong> <strong>carne</strong>. Tra i pochi documenti a questo proposito vi sono<br />

alcune tavolette scritte in acca<strong>di</strong>co e risalenti al 1700 a.C. che riportano numerose ricette per<br />

la preparazione dei bolliti. Eccone una:<br />

Bollito rosso. Si prepara l’acqua e vi si aggiunge del grasso. Si mettono a bollire cuore, fegato,<br />

trippa e ventre. Sale, malto a granelli, cipolla, porro, samidu, cumino, coriandolo e surunno (= erbe<br />

aromatiche) pestati insieme. Prima <strong>di</strong> essere messa sul fuoco (in un recipiente in ceramica) la <strong>carne</strong><br />

sarà stata macerata nel sangue messo da parte.<br />

Gli antichi Egizi invece erano ghiotti <strong>di</strong> bistecche <strong>di</strong> manzo, ma soprattutto <strong>di</strong> frat<strong>tagli</strong>e, come milza<br />

e fegato, cura magica per la cecità notturna.<br />

Anche nella civiltà greca, quando si macellava un animale, si utilizzavano tutte le parti: cervello,<br />

frat<strong>tagli</strong>e, trippe, zampe, lingua e i sanguinacci (ne era attribuita la creazione al cuoco Aftonita).<br />

Ma la preferenza per le frat<strong>tagli</strong>e rispetto ai pezzi <strong>di</strong> <strong>carne</strong> scelta risale alla civiltà etrusca.<br />

Esistono testimonianze sull’uso delle frat<strong>tagli</strong>e da parte degli Etruschi che pre<strong>di</strong>ligevano il cuore <strong>di</strong><br />

vitello ed il fegato d’oca ingrassata con i fichi, tramandato poi ai Romani vincitori.<br />

Le composizioni <strong>di</strong> Orazio e <strong>di</strong> Virgilio ci aiutano nella ricerca dei cibi.<br />

Nella seconda Satira Orazio descrive un banchetto ricco <strong>di</strong> elementi etruschi “Ecco avanza Nasi<strong>di</strong>eno<br />

e <strong>di</strong>etro a lui valletti che portano su un gran piatto pezzi <strong>di</strong> gru cosparsi <strong>di</strong> sale e molto farro, e<br />

il fegato <strong>di</strong> un’oca bianca ingrassata con fichi succosi, e i soli quarti davanti <strong>di</strong> lepri, assai delicati a<br />

mangiarsi che non i quarti <strong>di</strong> <strong>di</strong>etro. Poi ci vennero imban<strong>di</strong>ti merli col petto rosolato allo spiedo e<br />

colombi senza i quarti <strong>di</strong> <strong>di</strong>etro: tutti cibi squisitissimi.”<br />

Famoso è il ricettario del gastronomo della romanità Marco Gaio Apicio nel quale sono presenti<br />

ricette stravaganti <strong>di</strong> frat<strong>tagli</strong>e, ecc.<br />

Le frat<strong>tagli</strong>e etrusco-romane sono sopravvissute nella cucina me<strong>di</strong>oevale e rinascimentale e tramandate<br />

con ricette gustose e robuste fino alla gastronomia moderna <strong>di</strong> Escoffier e <strong>di</strong> Artusi.<br />

Nel Me<strong>di</strong>oevo si usava molto la <strong>carne</strong> <strong>di</strong> maiale, che si prestava meglio alla salagione per una migliore<br />

conservazione. Del maiale non si buttava niente, neanche le setole che servivano per fare<br />

spazzole.<br />

Nel Rinascimento, come anche nell’età barocca, si può notare una vera e propria passione per<br />

le frat<strong>tagli</strong>e e le interiora degli animali da macello e dei volatili. Non sono <strong>di</strong>sdegnate le teste,<br />

specialmente <strong>di</strong> vitello, manzo e capretto, delle quali viene utilizzato proprio tutto: lingua,<br />

muso, cervello, guance, orecchie, palato e perfino gli occhi.<br />

Caterina de’ Me<strong>di</strong>ci, spinta dal gusto della buona tavola, finì per portare in Francia, anche l’uso<br />

delle rigaglie e delle frat<strong>tagli</strong>e <strong>di</strong> cui era ghiotta.<br />

Il declino della cucina rinascimentale e barocca è segnato dal tramonto delle gran<strong>di</strong> cacce, <strong>di</strong> tutto<br />

ciò che esprime movimento, forza, energia, vigore. Riformare la cucina è il motto <strong>di</strong> Pietro Verri<br />

e del suo gruppo. Questi intellettuali vogliono liberarsi dal “grossolano nodrimento” del passato,<br />

dalla cucina delle generazioni feudali “assoporativa e dormitiva”.<br />

Nel manifesto riformatore <strong>di</strong> Verri, vengono ban<strong>di</strong>te le carni viscide e pesanti. Vittime illustri del<br />

nuovo gusto sono poi le frat<strong>tagli</strong>e, amatissime nell’età precedente. Le sperimentazioni barocche<br />

a base <strong>di</strong> gran fritture <strong>di</strong> cervelli e interiora varie vengono definite “barbarie” e censurate senza<br />

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<strong>Det</strong>..<strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong><br />

pietà.<br />

Nell’Ottocento assistiamo al la nascita <strong>di</strong> una terza cucina, oltre all’aristocratica e alla popolare: la<br />

cucina del ceto me<strong>di</strong>o. È la cucina borghese, semplice e popolare, meno raffinata <strong>di</strong> quella aristocratica,<br />

ma capace <strong>di</strong> abbuffate colossali tra arrosti, salumi e fritti <strong>di</strong> ogni genere.<br />

Nel Novecento, intorno agli anni ’60, il tempo sempre più limitato per cucinare fa sostituire i piatti<br />

<strong>di</strong> lunga preparazione tipo polenta, legumi, frat<strong>tagli</strong>e, con fettine <strong>di</strong> bovino e petti <strong>di</strong> pollo da cucinare<br />

velocemente ai ferri. Dal canto suo anche l’e<strong>di</strong>toria culinaria ha seguito questo fenomeno<br />

proponendo ricettari facili e semplici e per la prima volta anche con un occhio sempre più attento<br />

all’aspetto calorico e <strong>di</strong>etetico, ne è l’esempio “il Cucchiaio d’Argento”.<br />

Nel 2000: la rivincita del quinto quarto<br />

Dalla lingua <strong>di</strong> vitello salmistrata <strong>di</strong> Enrico Bartolini alle Robinie, alle animelle <strong>di</strong> Niko Romito, dal<br />

rognone <strong>di</strong> Massimiliano Alajmo, alla coda alla vaccinara <strong>di</strong> Adriano Baldassarre. È il momento<br />

della grande ri-valutazione dei prodotti poveri, dei <strong>tagli</strong> <strong>di</strong> <strong>carne</strong> abbandonati e dei pesci minori.<br />

Al ristorante come a casa. Ricominciando dalla spesa […].<br />

Già nei menu dei gran<strong>di</strong> ristoranti, c’è la firma <strong>di</strong> una rivincita: del quinto quarto, delle frat<strong>tagli</strong>e,<br />

del pesce povero. Dei <strong>tagli</strong> <strong>di</strong>menticati nelle cucine <strong>di</strong> tutti i giorni, spariti a un certo punto<br />

dalle riviste gourmet, cancellati da troppi chef presi dalla corsa all’innovazione.<br />

Oggi, eccoli, desiderati dai clienti, osannati dai maître à penser della gastronomia. Un po’ perché la<br />

crisi spinge a cercare ciò che costa meno, un po’ perché in tempi <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà niente è meglio del<br />

recupero dei punti <strong>di</strong> riferimento. E allora quei piatti – che qualche ristoratore grande e piccolo<br />

ostinatamente non ha mai smesso <strong>di</strong> fare e oggi può <strong>di</strong>rlo con enfasi – ora sono l’arca del gusto<br />

consolatoria e rassicurante. […]<br />

Piatti, insomma, che hanno quasi rischiato <strong>di</strong> scomparire e che adesso si ha più desiderio non solo<br />

<strong>di</strong> mangiare ma anche <strong>di</strong> cucinare. “L’importante è saper scegliere materia <strong>di</strong> qualità – <strong>di</strong>ce Fulvio<br />

Pierangelini – poi avere voglia e trovare il tempo. Chi cucina a casa vuole riscoprire la gioia <strong>di</strong><br />

piatti conviviali, che aggregano le persone intorno alla tavola. […]. Ma anche ritrovarne il carico <strong>di</strong><br />

memoria, quel parlare <strong>di</strong> una cucina piena <strong>di</strong> fantasia <strong>di</strong> chi con poco doveva sfamare e far piacere.<br />

Non a caso molti degli chef che li servono li legano a ricor<strong>di</strong> profon<strong>di</strong>.<br />

Come Rocco Iannone, del Pappacarbone a Cava de’ Tirreni, con la pezzentella, un insaccato <strong>di</strong><br />

umili origini tipico dell’entroterra campano. “Si faceva (e si fa) a gennaio quando si ammazza<br />

il maiale. Si usano - con la <strong>carne</strong> - gli scarti <strong>di</strong> maiale, cuore, fegato, polmone, pie<strong>di</strong>no e viene<br />

leggermente affumicata al fuoco del camino. Era il pezzo forte del ragù napoletano. […].<br />

Niko Romito del Reale <strong>di</strong> Rivisondoli, in carta ha un antipasto <strong>di</strong> animelle croccanti con carciofi,<br />

ispirato alle animelle che mangiava con il nonno.<br />

Per Enrico Bartolini il piatto della memoria è il ragù <strong>di</strong> cibreo con creste, fegatini e duroni <strong>di</strong> pollo,<br />

che era un con<strong>di</strong>mento per la pasta. Adesso nel suo ristorante ci con<strong>di</strong>sce dei particolari grissini a<br />

lievitazione naturale, bolliti come pasta. […]<br />

Dai ristoranti alle tavole <strong>di</strong> casa, dunque il momento del gran ritorno. Perché, come sostiene anche<br />

Carlo Petrini, anima <strong>di</strong> Slow Food, per mangiare bene non occorrono molti sol<strong>di</strong>. Ma serve forse<br />

un lusso maggiore: un po’ <strong>di</strong> tempo per fare la spesa giusta e la voglia <strong>di</strong> de<strong>di</strong>care attenzione alla<br />

materia prima <strong>di</strong> qualità.<br />

(09 marzo 2009 da De Gustibus L’Espresso)<br />

La Murgia e le frat<strong>tagli</strong>e nell’enogastronomia Murgiana<br />

La cucina della Murgia e della regione Puglia in generale affonda le ra<strong>di</strong>ci nell’antico mondo greco<br />

e latino. Nonostante le <strong>di</strong>verse dominazioni, gli abitanti <strong>di</strong> questa terra con secolare fatica hanno<br />

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