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se tutto fosse ancora giocabile.<br />
Proprio analizzando questa sua strategia di topicizzazione del<br />
passato, ho potuto notare che, al contrario di quello che si potrebbe<br />
credere, questa strategia non ha come esito l’archiviazione di quel<br />
passato o la guarigione dai suoi influssi. Al contrario, invece, conduce<br />
sistematicamente i suoi protagonisti sul baratro, sull’abisso,<br />
come se il vero scopo del percorso fosse quello: provare la vertigine.<br />
Cosa mi può dire a proposito?<br />
Mi sembra che abbia ragione, il problema difatti è che invece di pacificare,<br />
queste reinvenzioni rinfocolano. È come se il trauma si reinneschi, c’è anche<br />
qualcosa di masochistico, come quando fa male un dente e con la lingua si tende<br />
a tormentarselo. Si tende a rivivere il trauma, almeno questo è tipico di come è<br />
strutturata la mia testa, piuttosto ossessiva, compulsiva, ruminativa, ripetitiva,<br />
per cui tendo sempre a tornare al passato.<br />
Percorrendo la sua produzione narrativa ho dovuto usare, soprattutto<br />
a causa della mia formazione universitaria, gli strumenti<br />
della narratologia con i quali, come dei bisturi, ho sezionato i suoi<br />
testi. Come si pone di fronte a questa operazione? Secondo lei il rischio<br />
della sovrainterpretazione è più alto della effettiva possibilità<br />
di una più profonda comprensione del testo?<br />
Questa è una domanda a cui decisamente è difficile rispondere. Per quanto<br />
riguarda la mia esperienza direi che quando la sensibilità, l’istinto e l’empatia<br />
dell’analizzatore sono forti, diventano delle garanzie. In quei casi mi riconosco,<br />
mentre altre volte, quando le analisi sono condotte troppo scolasticamente, no.<br />
Per esempio, è successo recentemente che uno studente abbia fatto una tesi su di<br />
me, sul mondo dell’infanzia, in pratica sui racconti e su Verderame. E devo dire<br />
che sono rimasto sorpreso dalla sua acutezza, dal fatto che abbia capito molte<br />
cose che erano tra le righe, non dette, alluse e lui le ha colte. Altre volte mi sono<br />
sentito, forse non proprio frainteso, ma sovrainterpretato o sottointerpreatato.<br />
Mi è sembrato però paradigmatico dell’operazione in sé. Si trattava senz’altro di<br />
un lettore sensibile e attento, che aveva letto in profondità anche agli altri libri.<br />
Ma alla fine mi sembra che ci sia un tasso di errore fisiologico, come dire che<br />
su dieci tentativi di interpretazione sette sono ragionevoli, mentre gli altri tre<br />
meno. Ma c’è anche un’altra questione da tenere in considerazione: il fatto che<br />
l’autore, in fondo, nel confrontarsi con un’interpretazione delle proprie opere,<br />
non abbia il diritto esclusivo di interpretazione. Anche perché spesso noi sappia-