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mane vivono, come sostiene la Santanchè, in una perenne condizione di sfruttamento<br />
e schiacciamento della propria personalità.<br />
La Santanchè si è posta come paladina delle donne musulmane in Italia e del<br />
loro diritto a ribellarsi nei confronti di sevizie psicologiche subìte negli anni. Ma<br />
quelle donne non sono TUTTE costrette; esse rispettano semplicemente usanze<br />
religiose che non appartengono a noi, e che quindi ci viene difficile comprendere.<br />
Le nostre nonne si prodigavano nel ruolo di casalinghe e mamme e, molte di<br />
loro, non hanno mai neanche lavorato. Erano altri tempi, va bene. E oggi per<br />
noi donne potrebbe essere espressione di una “costrizione” per donne che invece<br />
hanno pari capacità di lavorare rispetto agli uomini. Perciò, se estraessimo dal<br />
suo contesto storico tale funzione della donna la vedremmo come segregata a<br />
un ruolo inferiore rispetto all’uomo. E infatti dopo, abbiamo avuto le donne che<br />
hanno urlato “l’utero è mio e lo gestisco io!”, in nome della libertà d’aborto,<br />
donne che sono scese nelle nostre piazze per pretendere pari diritti nei confronti<br />
degli uomini.<br />
Eppure, visto che comunque quell’evento è radicato nel nostro patrimonio<br />
consuetudinario, se oggi incontriamo una nonna che ha vissuto quel ruolo di casalinga<br />
e madre, oltre il quale lei non andava, beh, questa nonna probabilmente<br />
gestirà ancora la casa e la cucina e tutte le faccende domestiche pensando che<br />
sia suo dovere far tutto ciò mentre l’uomo è seduto sulla sua poltrona a leggere.<br />
Ci sono ancora oggi donne che affermano: «In cucina ci sto io. Sono io che<br />
stiro, rammendo, cucino e sistemo». Ma in questo caso, a noi basta pensare che<br />
è lei che vuole così. È lei che ha deciso.<br />
La libertà e parità di una donna è concretamente l’affermazione della sua volontà,<br />
qualunque essa sia. È la costrizione da condannare, non certo un’usanza<br />
lontanissima, e per noi inconcepibile, come il dovere di una donna musulmana<br />
di non far intravedere all’uomo altro all’infuori dei proprio occhi.<br />
E allora, forse, vale la pena ricordare ciò che affermava Seneca: «Aliena vitia<br />
in oculis habemus, a tergo nostra sunt» (“ Abbiamo davanti agli occhi i vizi degli<br />
altri, mentre i nostri ci stanno dietro”).<br />
Amartya Kumar Sen, un economista indiano Premio Nobel nel 1998, ha pubblicato<br />
in Italia nel 2006 con Editori Laterza il saggio “Identità e Violenza”, contro<br />
gli abusi in nome dell’identità. Un capitolo, in particolare, ha attirato la mia<br />
attenzione, “Occidente e Antioccidente”: «La resistenza all’occidentalizzazione<br />
[…] è un fenomeno che può assumere la forma del rifiuto di idee considerate<br />
“occidentali”. […] Non c’è niente di specificamente “occidentale” nel giudicare<br />
la libertà un bene prezioso o nel difendere la libertà di espressione e discussione<br />
in pubblico. Ma il fatto di etichettare queste teorie come idee “occidentali” può<br />
generare un atteggiamento ostile verso di esse in altre società. È un fenomeno<br />
osservabile in diverse forme di retorica antioccidentale, dalla […] tesi che