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n° 44

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Alcune<br />

considerazioni<br />

sulle vicende della<br />

Fondazione Cassa<br />

di risparmio, anzi<br />

la Fondazione<br />

e basta. Dietro<br />

il duello di nomi,<br />

lo scontro tra<br />

diverse concezioni<br />

del ruolo di questa<br />

importante<br />

istituzione<br />

cittadina<br />

di Margherita<br />

Valanga<br />

Fondazione<br />

Lucca Du ello per la<br />

era in agenda<br />

per la fine di<br />

aprile. Oggetto,<br />

il rinnovo<br />

L’appuntamento<br />

dei vertici della<br />

Fondazione Cassa di Risparmio,<br />

un gigante da più di mille<br />

milioni di euro di capitalizzazione<br />

le cui funzioni, a Lucca,<br />

hanno un peso a dir poco rilevante<br />

per la vita pubblica e<br />

istituzionale. Sul tavolo c’erano<br />

le nomine del cda e quelle<br />

del presidente e del suo vice.<br />

Ma questa volta, in un clima<br />

molto diverso da quello assai<br />

ovattato che ha da sempre<br />

caratterizzato le vicende di<br />

questo ente importantissimo<br />

per il territorio, la successione<br />

alla poltrona occupata fino<br />

a pochi mesi fa da Giancarlo<br />

Giurlani si è trasformata in<br />

un vero e proprio duello che<br />

ha guadagnato intere pagine<br />

sui giornali.<br />

Se in un primo momento<br />

si era pensato ad una successione<br />

‘soft’, che si sarebbe<br />

tradotta nei fatti nell’ascesa<br />

senza ostacoli alla poltrona<br />

più alta di San Micheletto di<br />

Giovanni Cattani, avvocato<br />

e numero due di Giurlani, la<br />

questione si è concretizzata<br />

in modo assai più complesso,<br />

quando all’orizzonte si è<br />

stagliata un’altra figura ‘pesante’,<br />

quella del manager<br />

Arturo Lattanzi. Andando<br />

per ordine, la vicenda<br />

avrebbe dovuto riguardare<br />

inizialmente la sola vicepresidenza.<br />

Ma le cose sono<br />

precipitate quando, dopo le<br />

prime polemiche sui quotidiani,<br />

l’ingegnere ha deciso<br />

di dimettersi, ufficialmente<br />

per motivi di salute. A quel<br />

punto in ballo è arrivata<br />

la guida della Fondazione.<br />

E i nomi in pista sono rimasti<br />

gli stessi: l’avvocato<br />

lucchese Cattani, per molti<br />

successore ‘naturale’ e il<br />

manager di origini carrarine<br />

Lattanzi, che ha lasciato in<br />

quel periodo le sue cariche<br />

negli organi della Cassa di<br />

Risparmio di Lucca Pisa Livorno<br />

spa, attualmente guidata<br />

da un altro nome forte<br />

dello scenario economico<br />

lucchese, Alberto Varetti.<br />

La banca, dopo le disavventure<br />

dell’era Fiorani, è<br />

controllata dal Banco Popolare<br />

(nata dalla fusione<br />

tra Bpi e Banca popolare di<br />

Verona) e sullo sfondo della<br />

successione lucchese ci sono<br />

due decisioni importanti.<br />

La prima riporta appunto al<br />

periodo della cessione della<br />

CariLucca: la riscossione o<br />

meno della tranche da 300<br />

milioni (l’ultima quota della<br />

put dei tempi di Fiorani per<br />

l’acquisto della Cassa) che<br />

attualmente garantisce alla<br />

Fondazione il controllo di circa<br />

il 20% dell’istituto di credito.<br />

Poi c’è l’eventuale acquisto<br />

di più di 200 milioni di quote<br />

della Agos-Ducato, società<br />

di credito al consumo partecipata<br />

dalla capogruppo, che<br />

impegnerebbe circa il 20%<br />

della capitalizzazione della<br />

Fondazione stessa. Scelte che<br />

pesano anche per il Banco<br />

Popolare, che ha chiuso il bilancio<br />

in perdita. E qualcuno<br />

si interroga sul perché la Fondazione<br />

dovrebbe, per quanto<br />

indirettamente, sostenere la<br />

situazione della capogruppo,<br />

Dal Tirreno. Vignetta di Alessandro Sesti<br />

mantenendo immobilizzata<br />

una grossa fetta di capitale o<br />

impegnandone un’altra parte<br />

importante in un’attività finanziaria<br />

di natura imprenditoriale<br />

e non sociale. Con tutti<br />

i rischi che ne conseguono.<br />

Ma c’è un aspetto ulteriore<br />

che non si può ignorare.<br />

L’avvicendamento si è poi<br />

concluso con quello che in<br />

molti hanno interpretato<br />

come un compromesso: la<br />

presidenza a Cattani (letto<br />

come ideale prosecutore<br />

della linea tenuta da Giurlani),<br />

classe 1939, e la vicepresidenza<br />

a Lattanzi, classe<br />

1935, che è apparso come<br />

più legato all’imprenditoria<br />

(tanti i rumors che volevano<br />

Assindustria schierata col<br />

suo nome per il seggio più<br />

alto, nonostante la smentita<br />

a mezzo stampa del direttore<br />

Armani) e che rappresenterebbe<br />

la discontinuità.<br />

Non è un mistero che in<br />

questo quadro il duello di<br />

San Micheletto abbia assunto<br />

in città sfumature importanti:<br />

erano in tanti a pensare<br />

che in ballo ci fossero<br />

due diverse visioni del ruolo<br />

di un ente essenziale come<br />

la Fondazione, che finivano<br />

per rispecchiarsi nelle due<br />

candidature. Da una parte<br />

chi vorrebbe vederla orientare<br />

le proprie sostanziose<br />

risorse su infrastrutture e<br />

altri settori collegati all’imprenditoria.<br />

Dall’altra chi<br />

invece pensa che con una<br />

svolta di questo genere la<br />

Fondazione finirebbe per<br />

assumersi responsabilità<br />

non proprie e che, nelle sue<br />

attività, l’utilità sociale dovrebbe<br />

prevalere sullo sviluppo<br />

economico.<br />

Per questi ultimi si dovrebbe<br />

navigare su una rotta che<br />

continui a puntare su altri<br />

settori comunque rilevanti,<br />

come l’arte e il volontariato,<br />

secondo una vocazione di<br />

pubblico interesse e sostegno<br />

del tessuto sociale. Ora,<br />

alla luce del risultato del voto<br />

del 30 aprile, c’è da vedere<br />

quale strada imboccherà<br />

la Fondazione. Certo, come<br />

già detto, la soluzione a cui<br />

si è approdati sembra avere<br />

l’aria di un compromesso tra<br />

poteri e interessi diversi e di<br />

una sorta di “male minore”.<br />

È difficile non chiedersi<br />

se sarebbe stato possibile (e<br />

in che modo) arrivare ad un<br />

altro risultato, nel segno di<br />

una discontinuità che fosse<br />

diversa da quella dell’orientamento<br />

che è parso incarnarsi<br />

nella figura di Lattanzi.

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