11.06.2013 Views

Protesi vascolari - Masteringegneriaclinica.It

Protesi vascolari - Masteringegneriaclinica.It

Protesi vascolari - Masteringegneriaclinica.It

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

<strong>Protesi</strong> <strong>vascolari</strong><br />

Le protesi <strong>vascolari</strong> sono dispositivi medici che vengono<br />

impiantati permanentemente per ripristinare l’efficacia di un<br />

tratto vascolare che non sia più in grado di trasportare<br />

correttamente il sangue. Le patologie venose sono molto meno<br />

frequenti ed è questo il motivo per cui nella quasi totalità dei<br />

casi vengono realizzati impianti arteriosi. Gli impianti <strong>vascolari</strong><br />

più importanti sono realizzati per correggere due tipologie<br />

principali di malfunzionamento che sono la stenosi e<br />

l’aneurisma, che interessano entrambe il letto arterioso.<br />

Stenosi vascolare: la stenosi è un restringimento del diametro<br />

dell’arteria causato dalla crescita di una placca aterosclerotica<br />

o dalla formazione di un coagulo. L’effetto più grave consiste<br />

nell’impossibilità del sangue di arrivare ai tessuti a valle, che di<br />

conseguenza possono diventare ischemici. Nella zona<br />

ischemica, a causa della privazione di sangue, si possono<br />

produrre lesioni ai tessuti la cui gravità dipende dalla durata e<br />

dall’estensione dell’ischemia. La protesi vascolare da<br />

impiantare in questo caso è un bypass che permette il<br />

trasporto del sangue a valle della stenosi.


Aneurisma: L’aneurisma è un allargamento dell’arteria<br />

causato dal cedimento progressivo della parete vascolare.<br />

La parete arteriosa può quindi rompersi provocando<br />

un’emorragia interna e comunque non trasportando più il<br />

sangue a valle. L’aneurisma causa anche anomale condizioni<br />

fluidodinamiche che possono condurre alla trombosi nella<br />

zona dilatata dell’arteria. In questo caso si impianta una<br />

protesi vascolare all’interno dell’aneurisma che ha come<br />

finalità quella di ripristinare le corrette condizioni di flusso<br />

riducendo il rischio di rottura di un aneurisma.


Classificazione<br />

Si distinguono due gruppi principali di protesi <strong>vascolari</strong>: gli<br />

impianti di origine biologica e quelli di origine sintetica.<br />

A loro volta è possibile suddividere i primi in:<br />

- non trattati chimicamente;<br />

- trattati chimicamente;<br />

- con supporto sintetico;<br />

ed i secondi in:<br />

- realizzati in politetrafluoretilene (PTFE o Teflon);<br />

- “ in polietilentereftalato (PET o Dacron);<br />

- “ in poliuretano;<br />

- “ in materiale bioriassorbibile.<br />

FATTORI IMPORTANTI NEL PRE-INTERVENTO:<br />

Fattori legati al paziente:<br />

- luogo di impianto;<br />

- estensione e decorso della patologia (arteriosclerosi);<br />

- presenza di patologie associate (diabete, ipertensione,<br />

tumori, infezioni...);<br />

-fattori di rischio (fumo, disturbi della coagulazione...).<br />

Fattori legati al graft<br />

- tipo e qualità del materiale;<br />

- disegno tecnologico del graft.<br />

Fattori legati all'intervento chirurgico<br />

- fattori tecnici collegati all'inserimento del graft.


CARATTERISTICHE GENERALI<br />

- la durata dell'impianto deve essere maggiore della<br />

aspettativa di vita del paziente;<br />

- l'inserimento del graft non deve dar luogo a sua volta<br />

all’innesco di patologie.<br />

Vengono considerate di piccolo calibro le protesi tubulari<br />

con diametro interno inferiore a 6 mm, mentre si parla di<br />

medio o grosso calibro per diametri superiori ai 7 mm.<br />

In genere nella pratica clinica le protesi di medio e grosso<br />

calibro vengono usate per sostituire l'aorta e le sue<br />

diramazioni, cioè le arterie che originano dall'arco aortico<br />

e dalle arterie iliache.<br />

In tali vasi la velocità del flusso ematico è elevata e solo<br />

una piccola percentuale di sangue che fluisce attraverso il<br />

vaso viene a contatto con la parete, per cui i fenomeni<br />

trombotici sono di lieve entità e con conseguenze meno<br />

gravi.<br />

Per quanto riguarda le protesi di piccolo calibro, invece, le<br />

complicazioni possibili sono molteplici.<br />

Gli elevati attriti, infatti, possono dar luogo a sforzi locali<br />

di taglio con conseguenti perturbazioni del flusso ematico<br />

in prossimità della parete del vaso.<br />

Tale perturbazioni possono dar luogo a loro volta a zone<br />

di ristagno con innesco del processo di aggregazione<br />

piastrinica e formazione di trombi.


Per una protesi di piccolo calibro è necessario che si<br />

realizzino superfici lisce a basso coefficiente di attrito,<br />

non trombogeniche, in quanto, proporzionalmente, lo<br />

strato fluido più vicino alla parete (strato limite) in tali<br />

vasi è più spesso.<br />

Inoltre tale accorgimento consentirebbe di limitare la<br />

crescita del rivestimento biologico che tende a ridurre il<br />

lume con la possibilità di indurre fenomeni analoghi a<br />

quelli provocati dalla stenosi.<br />

Inoltre le dimensioni di protesi e arteria naturale<br />

dovrebbero essere uguali per minimizzare disturbi nel<br />

flusso, e le proprietà elastiche dovrebbero essere quanto<br />

più simili possibili per il trasferimento ottimale di energia<br />

pulsatile.<br />

È necessario poi tener presente che un cattivo<br />

accoppiamento anastomotico è inefficiente e<br />

l'inefficienza in vivo è aggravata dal fatto che per ogni<br />

innesto protesico ci sono due anastomosi.


Impianti <strong>vascolari</strong> di origine biologica<br />

Gli impianti <strong>vascolari</strong> di origine biologica non trattati<br />

chimicamente sono costituiti da tratti di vena o di<br />

arteria prelevati dal paziente stesso durante<br />

l’intervento oppure da un donatore umano e poi<br />

conservati a bassa temperatura.<br />

L’uso più frequente riguarda la vena safena (vena della<br />

gamba con un diametro medio tra 4 e 6 mm) o l’arteria<br />

mammaria interna.<br />

Tali vasi vengono utilizzati in genere per eseguire<br />

bypass coronarici e l’uso dell’aorta prelevata da un<br />

donatore per trattare l’aneurisma dell’aorta del<br />

paziente, oppure per sostituire una protesi sintetica in<br />

seguito a infezione.<br />

Nel caso in cui si voglia realizzare bypass aortocoronarico<br />

è necessario collegare la vena safena<br />

prelevata dalla gamba tra l’aorta e la coronaria occlusa a<br />

valle dell’occlusione.<br />

Altra possibilità è quella di lasciare la vena safena nella<br />

sua sede usandola come bypass per l’arteria che le corre<br />

vicino; in tal caso però ci possono essere problemi<br />

derivanti dal fatto che la vena safena contiene valvole<br />

che impedirebbero il riflusso del sangue verso il piede e<br />

che devono quindi essere rimosse senza provocare danni<br />

al tessuto.


L’altro inconveniente da considerare consiste nel fatto<br />

che le pareti della vena safena hanno caratteristiche<br />

meccaniche differenti rispetto a quella dell’arteria sulla<br />

quale si interviene.<br />

Infatti la parete venosa è più sottile di quella arteriosa e<br />

meno elastica. Per ovviare a questo problema, come già<br />

anticipato, è possibile utilizzare l’arteria mammaria<br />

interna che in più ha il vantaggio di essere vicina al cuore<br />

richiedendo cosi una sola anastomosi (è sufficiente<br />

tagliarla in una sezione distale e connetterla a valle della<br />

stenosi coronaria) e di mantenere il vaso connesso alla<br />

rete che nutre la parete arteriosa.<br />

Nelle situazioni in cui risulta alto il rischio di infezioni è<br />

consigliabile l’uso di segmenti arteriosi e venosi prelevati<br />

da cadaveri e conservati in ambiente freddo (congelati<br />

oppure a circa 4°C).<br />

Gli impianti <strong>vascolari</strong> di origine biologica trattati<br />

chimicamente sono segmenti <strong>vascolari</strong> originali, oppure<br />

ottenuti tecnologicamente partendo da pericardio bovino,<br />

fissati in glutaraldeide.<br />

Questa categoria di impianti <strong>vascolari</strong> risulta più soggetta<br />

a fenomeni di degenerazione proprio perché legata alla<br />

presenza di glutaraldeide che ha un’efficace effetto<br />

citotossico ed inoltre, essendo un tessuto “morto”, non<br />

possiede più le peculiari caratteristiche di rigenerazione<br />

cellulare. Le bioprotesi non sono vitali, ed il lining di<br />

endotelio è assente. I fattori limitanti sono quindi<br />

l’assenza di potenzialità riparative (healing) e fragilità<br />

strutturale della parete di collagene.


Tra i segmenti <strong>vascolari</strong> che vengono fissati in<br />

glutaraldeide ricordiamo la vena ombelicale, la carotide<br />

bovina e l’arteria mammaria interna bovina.<br />

La vena ombelicale umana viene utilizzata nel caso in cui<br />

risulti necessario realizzare un bypass di piccolo calibro<br />

per rivascolizzare una regione a valle di una stenosi.<br />

Il successo e l’insuccesso di queste protesi è stato vario.<br />

Le pareti, ad eccezione di quelle dei vasi omologhi, sono<br />

"morte", e vengono rapidamente rimpiazzate con tessuto<br />

fibrotico con caratteristiche meccaniche non adeguate<br />

per ripristinare la funzionalità del vaso.<br />

Problemi comuni agli impianti realizzati con vena safena<br />

autologa, arterie e vene autologhe e omologhe sono:<br />

- dimensioni inappropriate;<br />

- limitata disponibilità dei siti donatori;<br />

- variabilità e imprevedibilità, soprattutto per quanto<br />

riguarda le loro proprietà fisico-chimiche e meccaniche;<br />

- eventuale ricorso a immunoterapia della quale però non<br />

se ne conoscono gli effetti sulla biostabilità del graft;<br />

- fenomeni degenerativi.


Impianti <strong>vascolari</strong> di origine sintetica<br />

Gli impianti <strong>vascolari</strong> di origine sintetica sono fabbricati<br />

industrialmente per trasformazione tecnologica di<br />

materiali di origine non biologica.<br />

Quando queste protesi vengono impiantate inducono la<br />

costruzione di un rivestimento cellulare della superficie<br />

interna della protesi vascolare fabbricata in tal maniera.<br />

Questo rivestimento è molto simile alla normale<br />

superficie endoteliale della tunica intima arteriosa;<br />

inoltre, quando questo tipo di tessuti vengono bagnati<br />

dalla corrente sanguigna, si deposita su di essi della<br />

fibrina all’interno della porosità del tessuto.<br />

Negli anni sono stati impiegati diversi materiali per la<br />

fabbricazione di fibre per tessuti per protesi <strong>vascolari</strong><br />

fra i quali il Vinyon N, il Nylon, l’Orlon, il Dacron ed il<br />

Teflon, ma per motivi legati a problemi di fabbricazione<br />

o di degradazione del materiale stesso il Dacron resta il<br />

più usato.


Dacron è uno dei nomi commerciali di un poliestere, il<br />

polietilentereftalato (PET).<br />

Gli impianti in posizione aortica e iliaca hanno dato un<br />

follow-up di oltre 15-20 anni.<br />

Tuttavia, non è possibile la realizzazione di protesi in<br />

Dacron di diametro inferiore a 8 mm per la facilità di<br />

occlusione a causa dell’elevata formazione di trombi.<br />

Per la produzione di fibre si usano macromolecole di PET<br />

lineari di peso molecolare medio pari circa a 20000.<br />

Il poliestere in grani viene estruso in filamenti molto<br />

sottili mediante filiere e successivamente i filamenti<br />

vengono riuniti a formare la fibra multifilamento.<br />

Le protesi realizzate in Dacron e in PTFE possono<br />

assumere i due seguenti aspetti relativi alla tipologia di<br />

realizzazione:<br />

WOVEN (tessuto intrecciato regolare);<br />

-KNITTED (tessuto lavorato a maglia) che può<br />

presentarsi a sua volta nella forma warp, in cui la<br />

lavorazione è effettuata in direzione longitudinale e in<br />

quella weft, in cui la lavorazione è effettuata in direzione<br />

radiale.<br />

La prima è più densa ed<br />

ha maggiore resistenza<br />

allo sfilacciamento. La<br />

seconda è più flessibile<br />

e più estensibile, ma<br />

richiede<br />

precoagulazione ed è più<br />

soggetta a dilatazione.


In genere le protesi woven risultano meno porose, il che<br />

comporta elevata rigidità, con conseguente facilità di<br />

calcificazione.<br />

Si ottiene quindi un cattivo accoppiamento tra il<br />

vaso naturale e il graft sintetico rendendo così più<br />

probabile il fallimento all'anastomosi.<br />

Tali protesi vengono poi completate grazie alla<br />

realizzazione del cosiddetto velour, costituito da molti<br />

filamenti ancorati alla struttura woven o knitted, esposti<br />

sulla superficie della protesi che favoriscono la<br />

formazione di neointima (nuova superficie completamente<br />

naturale detta endotelio).<br />

I graft possono essere piani, senza velour, oppure<br />

presentare velour interno, esterno, o sia interno sia<br />

esterno.


<strong>Protesi</strong> in Dacron knitted<br />

<strong>Protesi</strong> in Dacron woven


Uno dei principali problemi ancora non risolti delle<br />

protesi <strong>vascolari</strong> sintetiche, sia in tessuto di fibra di<br />

Dacron, sia in PTFE (politetrafluoroetilene), è<br />

l'inadeguata compatibilità biomeccanica.<br />

Infatti le arterie, in particolare le grandi arterie, hanno<br />

uno spiccato comportamento elastico che conferisce loro<br />

proprietà tali da garantire sia il necessario smorzamento<br />

dell'onda pressoria sanguigna, sia la sua corretta<br />

propagazione.<br />

Tale comportamento elastico è dovuto alle proprietà<br />

meccaniche della tunica media ed è in genere valutato<br />

come compliance, vale a dire come variazione di sezione<br />

del vaso per effetto della variazione di pressione.<br />

Le protesi <strong>vascolari</strong> sono in genere molto più rigide delle<br />

arterie naturali e questo causa discontinuità meccaniche<br />

e fluidodinamiche in corrispondenza dei siti anastomotici.<br />

Gli effetti sono da ricercarsi nelle sollecitazioni alle<br />

anastomosi, nella nascita di pseudoaneurismi, negli shear<br />

stress alla parete, nelle anomalie fluidodinamiche locali.<br />

Alcuni metodi sono stati proposti per valutare le<br />

proprietà meccaniche delle protesi <strong>vascolari</strong> e<br />

confrontarle con quelle delle arterie naturali così da<br />

prevedere il comportamento in vivo.


Il problema maggior delle protesi artificiali è la<br />

compliance.<br />

Le protesi <strong>vascolari</strong> sono relativamente poco compliant,<br />

e non simulano il comportamento meccanico dei vasi<br />

ematici naturali.<br />

La compliance è una misura della cedevolezza di un vaso<br />

sanguigno ed è definita come<br />

(∆D/∆P) X 100<br />

dove D è il diametro e P è la pressione ematica.<br />

Benché negli anni ’80 siano stati fatti grossi sforzi per<br />

sviluppare graft sintetici di piccolo calibro, solo negli<br />

anni ’90 si è riusciti ad iniziare a disporne a livello<br />

commerciale e clinico.<br />

Il requisito della porosità, considerata essenziale per<br />

una adeguata integrazione tissutale, comporta il<br />

problema delle perdite ematiche, mentre il ricorso a<br />

tecniche di precoagulazione della protesi rischia di<br />

aggravare i fenomeni trombotici e le infezioni.<br />

Sono stati proposti negli anni rivestimenti<br />

“biocompatibili”, impermeabilizzanti, con proteine<br />

(collagene, albumina, gelatina) o con idrogeli di sintesi,<br />

ma con risultati poco incoraggianti, per cause sia<br />

tecnologiche sia biologiche (scadenti processi<br />

riparativi).


Anche l’uso di rivestimenti bioattivi (eparina, fattori di<br />

crescita cellulare) è stato preso in considerazione, ma non<br />

si sono ancora raggiunte ideali applicazioni cliniche.<br />

Sono state realizzate anche tipologie di protesi <strong>vascolari</strong><br />

in materiale bioassorbibile nelle quali il principio<br />

ispiratore è quello di realizzare un graft che venga<br />

degradato e sostituito con il tessuto naturale dell’ospite.<br />

Sono stati sperimentati acido poliglicolico e polilattico,<br />

tuttavia l’applicazione di una protesi bioriassorbibile<br />

implica che le cellule siano in grado di ricostruire una<br />

nuova arteria e ciò appare almeno problematico da parte<br />

di cellule appartenenti ad una arteria patologica.<br />

Le problematiche più comuni delle protesi <strong>vascolari</strong> sono:<br />

- invecchiamento relativamente rapido delle protesi<br />

biologiche autologhe ed omologhe (iperplasia fibrosa lungo<br />

le linee di sutura, sclerosi della parete, calcificazione);<br />

- degradazione delle protesi biologiche trattate<br />

(eterograft bovini, vena ombelicale umana) e delle protesi<br />

in Dacron;<br />

- infezioni della protesi, specie le sintetiche e le<br />

biologiche trattate;<br />

- dilatazione e rottura dei graft "leggeri" in poliestere;<br />

- lacerazioni a livello dei punti di sutura alle anastomosi;<br />

- trombosi in ogni tipo di graft.


Angioplastica<br />

Stent<br />

L’angioplastica (o angioplastica percutanea transluminale -<br />

PTA) è una tecnica utilizzata per allargare un'arteria che<br />

mostri una stenosi (restringimento) senza intervenire<br />

chirurgicamente.<br />

Il concetto di fondo dell’angioplastica è posizionare un<br />

catetere con un piccolo palloncino gonfiabile sull’estremità<br />

all’interna della sezione ristretta dell’arteria.<br />

Il gonfiaggio del catetere a palloncino causa l’espansione del<br />

palloncino verso l’esterno, contro la stenosi e la parete<br />

arteriosa circostante. Il palloncino viene quindi sgonfiato e<br />

rimosso dall’arteria.<br />

Questo processo riduce la stenosi fino a non farla più<br />

interferire con il flusso ematico.


Procedura di angioplastica<br />

Il palloncino una volta gonfiato apre l’arteria ristretta dividendo e<br />

comprimendo la placca e stirando lievemente la parete arteriosa. Il<br />

palloncino può venire gonfiato diverse volte durante un intervento di<br />

angioplastica. Ogni palloncino è costituito di materiali speciali che ne<br />

consentono il gonfiaggio fino ad una specifica dimensione. È il medico a<br />

scegliere il palloncino che ha circa la stessa dimensione dell’arteria del<br />

paziente. Se possibile, il primo palloncino viene rimosso e altri, più ampi<br />

vengono utilizzati se è necessaria un’espansione supplementare.<br />

Quando il medico ritiene soddisfacente il livello di compressione della<br />

placca e considera sufficiente l’apertura dell’arteria, questi rimuove il<br />

catetere a palloncino sgonfiato. Una serie di radiografie dell’arteria<br />

consente al medico di esaminare l’entità del miglioramento nel flusso<br />

ematico.


Impianto dello stent<br />

Uno stent è una protesi piccola, di metallo, che viene<br />

introdotta nel vaso sanguigno su di un catetere.


Il rilascio dipende dalla tipologia di stent: uno stent montato<br />

su pallone si espande e aderisce alla parete in seguito al<br />

gonfiamento del palloncino su cui è montato, uno stent auto -<br />

espandibile si rilascia semplicemente rimuovendo una guaina<br />

esterna che lo tiene fissato al catetere.


Negli ultimi anni il ricorso all’impianto di stent è aumentato<br />

drasticamente. Vengono utilizzati per il trattamento di nuove<br />

lesioni oppure ostruzioni in aree dove si sviluppata la restenosi<br />

(stenosi successiva ad un primo trattamento). Il medico può<br />

optare per l’impianto di uno stent al termine di un intervento<br />

di angioplastica.


Lo stent ideale dovrebbe :<br />

-essere espandibile con l’usuale catetere da angioplastica;<br />

-essere trasportato con un catetere a basso profilo;<br />

-avere un alto rapporto di espansione;<br />

-essere disponibile in più lunghezze e diversi diametri;<br />

-essere radio opaco;<br />

-poter essere rilasciato in loco con molta precisione;<br />

-poter essere rimosso in caso di posizionamento sbagliato;<br />

-essere flessibile per poter essere usato in vasi tortuosi;<br />

-non embolizzare o migrare;<br />

-essere trombo-resistente;<br />

-venir incorporato nella parete vasale da una neo-intima sottile<br />

ed uno strato endoteliale funzionante sulla superficie luminale;<br />

-avere la stessa compliance dei segmenti vasali adiacenti;<br />

-essere biologicamente inerte e prevenire la restenosi;<br />

-permettere una pervietà a lungo termine;<br />

-mantenere l’integrità strutturale dopo milioni di cicli cardiaci;<br />

-permettere il controllo con tecniche non invasive, compresa la<br />

risonanza magnetica;<br />

-essere poco costoso.<br />

Naturalmente nessuno stent in commercio risponde a tutte<br />

queste caratteristiche, avendo ognuno i propri punti di forza<br />

ed i propri limiti.

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!