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INNOVAZIONI TECNOLOGICHE MILITARI E SOCIETÀ ... - Nuvole

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<strong>INNOVAZIONI</strong> <strong>TECNOLOGICHE</strong> <strong>MILITARI</strong> E <strong>SOCIETÀ</strong> CIVILE<br />

di Paolo Gregorio Motta<br />

Alcuni “salti” nella tecnologia militare hanno avuto vaste ripercussioni, anche al di fuori<br />

dell’ambiente strettamente bellico. Non discuteremo quindi dell’impatto dell’innovazione tecnologica<br />

militare nell’ambito della condotta della guerra e delle battaglie, ma cercheremo molto sommariamente di<br />

evidenziare alcuni effetti del progresso tecnologico bellico sull’organizzazione degli stati, sull’economia<br />

e sulla politica internazionale.<br />

Si prenderanno in esame un numero molto limitato di innovazioni compiendo così un’operazione<br />

necessariamente arbitraria che non considera tutte le complesse relazioni che si sono realizzate nel corso<br />

della storia del progresso tecnico nell’arte militare. Ce ne scusiamo anticipatamente con i lettori, ma a<br />

volte occorre un notevole grado di “eroismo” semplificante per evidenziare relazioni tra variabili<br />

complesse.<br />

Le innovazioni o meglio i “grappoli” di innovazioni che tratteremo rappresentano tre periodi della<br />

storia: il barocco, il tardo ottocento e l’attualità. In queste epoche è nata, cresciuta e si è rafforzata quella<br />

che, con le parole di D.V Hanson, possiamo definire come la “superiorità del modello occidentale nella<br />

gestione dei conflitti armati.”. Ovviamente la c.d. superiorità occidentale, nelle nostre intenzioni, non va<br />

riferita a un modello specifico di civiltà, ma solo ai risultati sul campo di battaglia dove non sempre<br />

vincono i “buoni”, ma, come diceva Bismark, “Iddio è sempre con i migliori reggimenti.”<br />

I grappoli di innovazioni che prenderemo in esame si possono riassumere in:<br />

fuoco a salve cadenzate, il galeone<br />

la polvere infume, il “magazine rifle” (fucile a ripetizione)<br />

le bombe a guida satellitare, il “net centric warfare”.<br />

La scelta di queste innovazioni è arbitraria. Per esempio, si sarebbe potuto altrettanto<br />

legittimamente parlare della staffa e della cavalleria corazzata oppure delle portaerei, del bombardamento<br />

strategico o della leva di massa. Si sono scelte questi tre gruppi di innovazioni perché al primo si deve<br />

ascrivere la cosiddetta “rivoluzione militare”, al secondo un cambiamento altrettanto epocale nella<br />

condotta della guerra, con notevoli ripercussioni economiche. Il terzo gruppo riguarda un complesso di<br />

innovazioni, gli effetti delle quali possono stimolare alcune riflessioni sull’attualità.<br />

1. Le innovazioni barocche<br />

In genere quando si discute di innovazioni tecnologiche militari ci si concentra sull’introduzione<br />

di nuove armi come, per esempio, la balestra, le catapulte a torsione, il fucile a retrocarica, la bomba<br />

nucleare, i missili di crociera etc. Per quanto questo approccio sia legittimo si può altrettanto<br />

correttamente indagare gli effetti di innovazioni (in genere dal lato organizzativo) che agiscono come<br />

“moltiplicatori di forza” dei sistemi d’arma già esistenti o di nuovi che vengono congiuntamente<br />

introdotti. E’ questo il caso della c.d. rivoluzione militare: definizione coniata dai pionieristici studi dei<br />

due storici britannici G. Parker e M. Roberts.<br />

La rivoluzione militare fu costituita da un insieme di innovazioni che alterarono profondamente e<br />

stabilmente, quella che il Generale Fuller (il teorico del carro armato) definì come conduct of war. La<br />

formula rivoluzione militare usato dai due autori inglesi, farebbe pensare a rapidi e repentini<br />

cambiamenti ma, in realtà, fu un processo che durò oltre un centinaio di anni, grossomodo dal 1550 al<br />

finire del 1600. L’epicentro fu in Olanda per quanto riguarda il fuoco a salve cadenzate, in Inghilterra,<br />

Olanda, Spagna per il galeone e in Italia e Francia per il sistema fortificato bastionato e le tecniche<br />

standardizzate d’assedio.<br />

Un autore ora poco conosciuto e citato, Karl Marx, diceva che l’umanità si pone solo i problemi<br />

che sa risolvere. L’introduzione del fuoco a salve cadenzate fu una risposta a un problema che assillava<br />

gli strateghi della seconda metà del XVI secolo. Il campo di battaglia era dominato allora dalle fanterie<br />

armate con armi d’asta, alabarde e picche, che combattevano in pesanti formazioni organizzate su<br />

1


parecchie file. Le formazioni di picchieri e alabardieri erano così dense da sembrare istrici gigantesche.<br />

Questo modo di combattere era praticamente invincibile. La cavalleria nobiliare corazzata non era in<br />

grado di sfondare queste masse di fanti e praticamente perse d’utilità. L’epoca del feudalesimo iconizzato<br />

nel nobile cavaliere corazzato venne a morire anche perché le battaglie erano ormai decise dai fanti<br />

professionisti (svizzeri o lanzichenecchi) armati di lunghe picche o alabarde. Parimenti inutili erano le<br />

armi da fuoco, sia che fossero cannoni o armi da fuoco portatili (archibugi). Contrariamente a quanto<br />

scritto su molti manuali di storia di scuola media le prime armi da fuoco apparse nel XV secolo servivano<br />

a ben poco sul campo di battaglia e non è a esse che si deve far risalire il tramonto della cavalleria<br />

feudale. Il loro impiego utile era limitato agli assedi dove per considerazioni economiche e psicologiche e<br />

di brutale efficienza nel demolire i muri spodestarono le artigliere a contrappeso (trabucchi) che avevano<br />

dominato il medioevo.<br />

I cannoni campali erano oggetti pesanti, ingombranti con gittata utile di duecento metri circa.<br />

Sparavano palle di ghisa o ferro non esplosive che al massimo potevano fare danni contro pochi<br />

sfortunati fanti presi d’infilata. I tempi di ricarica erano lentissimi: una decina di colpi l’ora al massimo.<br />

Una volta posizionati non potevano più essere mossi con facilità ed erano utili solo se erano protetti dalla<br />

fanteria e collocati in posizioni trincerate.<br />

Le armi da fuoco portatili come l’archibugio con accensione a miccia avevano una portata<br />

efficace di una trentina di metri. I tempi di ricarica dell’archibugio erano di circa un colpo al minuto e<br />

l’archibugiere doveva destreggiarsi tra polvere d’innesco, micce accese, forcelle d’appoggio, bacchette di<br />

caricamento ed altro armamentario. Fatta una scarica sul nemico bisognava scappare a gambe levate di<br />

fronte ad una massa di picche che avanzava determinata a infilzare l’archibugiere distante solo una<br />

trentina di passi.<br />

Per rendere efficiente l’archibugio era necessario far si che “vi sia sempre fuoco in aria” come<br />

scriveva Raimondo Principe di Montecuccoli nel 1673 nel trattato “Delle Battaglie”. In altri termini<br />

occorreva che vi fossero salve continuamente indirizzate sul nemico senza tempi morti. La soluzione fu<br />

trovata dai cugini olandesi Maurizio e Giovanni Principi di Nassau. I moschettieri (archibugieri) vennero<br />

schierati in righe di tre uomini di profondità e addestrati a sparare “a comando” per sezioni o righe. Non<br />

vi era più una sola scarica di tutti i moschetti sul nemico, ma una successione cadenzata di salve<br />

effettuata a comando. In tal modo sempre secondo il Montecuccoli: ... E però la moschetteria non deve<br />

scaricare tutta una volta, ma compartirsi in più salve, sì che, fattasi l’ultima, abbiano i primi<br />

moschettieri già ricaricato” .<br />

Dapprincipio, l’innovazione organizzativa introdotta dai due principi luterani olandesi non<br />

interessò molto gli storici di tattica. Già nel XIII e XIV secolo gli arcieri inglesi avevano adottato<br />

sporadicamente tecniche di tiro a comando. In realtà il fuoco a salve cadenzate si diffuse immediatamente<br />

in tutti gli eserciti occidentali ed ebbe vaste ripercussioni al di fuori del campo di battaglia. Per ottenere<br />

che gli uomini eseguissero le scariche di moschetto a comando e all’unisono erano necessari molte<br />

condizioni. In primo luogo si dovevano esercitare continuamente i soldati a manovrare, caricare e<br />

sparare. Divenne necessaria una disciplina feroce per mantenere la coesione e la sincronizzazione dei<br />

reparti, che dovevano per necessità tecniche del fucile “ad avancarica in piedi” caricare le loro armi a un<br />

tiro di sasso dal nemico. La complessità del addestrare, comandare gli uomini in battaglia e ottenere le<br />

scariche cadenzate rese necessario migliorare o meglio definire ex novo la “catena di comando”.<br />

La catena di comando consisteva in un sistema gerarchizzato di poteri e responsabilità<br />

individuate, limitate e strutturate a piramide, con le quali era possibile trasmettere ordini dai livelli più<br />

elevati a quelli più bassi. L’affermarsi di questo sistema di comando impose l’introduzione di un sistema<br />

di “gradi” ai quali corrispondeva una specifica funzione e autorità. I soldati furono così abituati a<br />

identificare il rango con la funzione e a ubbidire a superiori nominati burocraticamente. I rapporti di<br />

subordinazione assunsero sempre più caratteri funzionali e non personali. L’ubbidienza si prestava al<br />

superiore burocratico e non al proprio signore feudale come invece avveniva negli eserciti medievali.<br />

Il sistema dei gradi e delle responsabilità funzionali implicavano una distinzione di ruoli tale da<br />

produrre una “divisione del lavoro” articolata sul campo di battaglia. In altri termini la divisione del<br />

lavoro apparve sistematicamente e diffusamente negli eserciti barocchi, prima che si diffondesse nella<br />

2


fabbrica della rivoluzione industriale. Naturalmente non si vuole sostenere un rapporto di causa ed effetto<br />

tra rivoluzione militare e aspetti della rivoluzione industriale, ma solo sottolineare che nell’innovazione<br />

del fuoco a salve cadenzate sono presenti aspetti anticipatori di grandi cambiamenti nell’organizzazione<br />

sociale.<br />

Ovviamente la divisione del lavoro, la creazione della catena di comando non sono state inventate<br />

dai Principi di Nassau. Catene di comando abbastanza definite esistevano già nella legione romana e la<br />

divisione del lavoro la si può ritrovare tra gli artigiani medievali o tra i monaci copisti di manoscritti della<br />

stessa epoca. Tuttavia l’importanza del segmento militare nell’epoca barocca rendono queste innovazioni<br />

rilevanti in termini dimensionali per tutta la società e non solo fenomeni episodici come nelle epoche<br />

precedenti.<br />

Altri effetti dell’introduzione del fuoco a salve cadenzate furono l’“omologazione” degli uomini e<br />

la standardizzazione degli equipaggiamenti.<br />

I soldati furono addestrati in modo da eliminare ogni individualismo. Per sparare all’unisono era<br />

necessario trasformare gli uomini in ingranaggi di una macchina complessa. Occorreva passare dal<br />

guerriero al soldato che esegue automaticamente una serie di gesti necessari a caricare il moschetto e<br />

sparare. Tutti i gesti dovevano essere effettuati assieme e non si dovevano prendere iniziative personali.<br />

Ovviamente l’obiettivo dell’omologazione degli uomini non sempre fu raggiunto in modo totale e<br />

l’iniziativa personale rimase in alcuni reparti d’elite dove il coraggio e l’abilità del singolo erano<br />

premianti sull’addestramento collettivo.<br />

La standardizzazione degli equipaggiamenti e l’introduzione di una certa intercambiabilità delle<br />

parti fu l’altra importante conseguenza delle innovazioni barocche. Il calibro, la lunghezza della canna, la<br />

carica di lancio e la portata dei moschetti dovevano essere uniformi se si voleva ottenere una scarica<br />

omogenea e sincrona. Il tempo e le modalità di ricarica di un moschetto a miccia infatti sono totalmente<br />

diverse da quelli di una ricarica a pietra o ruota focaia. Era quindi necessario produrre moschetti<br />

“d’ordinanza” che fossero uniformi e intercambiabili. Nacque così un complesso sistema di controlli<br />

statali per ottenere da piccoli costruttori o dagli arsenali di stato un prodotto con caratteristiche molto<br />

simili a quelle che avrebbero avuto i beni di consumo della rivoluzione industriale.<br />

Il risultato di queste profonde trasformazioni fu la superiorità degli eserciti europei. Mentre fino al<br />

XVII secolo gli eserciti del Gran Turco erano in genere più disciplinati e “produttivi”, con l’introduzione<br />

del nuovo modo di combattere incominciarono a collezionare una serie di sonore sconfitte che nel<br />

volgere di un secolo ridusse l’impero turco ad una potenza di second’ordine. A testimonianza dei risultati<br />

dell’addestramento degli eserciti occidentali si possono riportare le costernate ed esterrefatte relazioni<br />

degli ufficiali del Gran Turco che assistevano allibiti e impotenti allo spettacolo di migliaia di uomini che<br />

si comportavano come automi sul campo di battaglia rovesciando scariche continue di moschetteria sui<br />

più coraggiosi e sprezzanti della morte giannizzeri turchi, come avvenne nella battaglia di St. Gottardt nel<br />

1664. In questo scontro, di grande importanza strategica, i disciplinatissimi moschettieri di Sua Cesarea<br />

Maestà Imperiale agli ordini del Feldmaresciallo Raimondo Principe di Montecuccoli annichilirono il<br />

potente esercito ottomano del grande Mehemet Kuprulu, suggellando così l’inizio della decadenza rapida<br />

dell’impero ottomano.<br />

Un’altra innovazione della rivoluzione militare ad avere una portata sconvolgente sugli equilibri<br />

politici e sociali fu il galeone. Questo tipo di nave traeva la sua origine dalle realizzazioni di epoca<br />

elisabettiana attribuite all’ammiraglio Hawkins. Il galeone che si sarebbe poi evoluto nel vascello<br />

derivava dalle navi “tonde” a vele quadre da carico diffuse nel mediterraneo già attorno al XIII secolo. Il<br />

galeone era una nave dotata di una imponente attrezzatura velica su tre alberi che consentiva di stringere<br />

il vento nell’andatura di bolina. Era così possibile andare limitatamente contro vento o, meglio, risalire il<br />

vento con bordi a zigzag. L’attrezzatura velica era basata sulla vela quadra che consentiva un equipaggio<br />

ridotto, grazie alle manovre semplificate, rispetto alla vela latina che equipaggiava le navi a vela<br />

mediterranee, come lo sciabecco, o a propulsione mista, vela e remi, come la galea.<br />

I galeoni erano destinati a combattere in “linea di fila”, cioè in formazioni ordinate in lunghe file.<br />

Il combattimento in linea di fila era il risultato della tecnologia costruttiva del galeone che prevedeva la<br />

3


disposizione delle artiglierie per “fianchi” e non per “chiglia” come erano invece imbarcate sulle galee<br />

che erano l’arma principale delle marinerie mediterranee fino al XVI secolo. In altre parole, i cannoni sul<br />

galeone erano montati per sparare attraverso dei portelli, o sabordi, disposti lungo i fianchi della nave. Il<br />

galeone fece tramontare come nave da battaglia la galea a remi e vela che era la nave dominante fino al<br />

1550 nel Mediterraneo. Nelle galee tutto lo spazio centrale era occupato dal motore, ossia dalla ciurma<br />

dei rematori. Di conseguenza il numero dei cannoni di grosso calibro imbarcati passò dai 3 o 5 delle<br />

galee ai 40 dei primi galeoni con conseguenze facilmente intuibili. La disposizione dell’armamento<br />

obbligava dunque il galeone ad aprire il fuoco disponendosi in modo da offrire il fianco al nemico per<br />

poter sfruttare appieno il suo potenziale di fuoco.<br />

Il vascello era un tipico prodotto della tecnologia occidentale che non aveva alcuna controparte in<br />

oriente. Mentre per le galee non vi era una sostanziale differenza costruttiva tra quelle prodotte dal Turco<br />

o dalla Serenissima, dalla Superba o per la Religione (dei cavalieri di Malta), il vascello turco<br />

semplicemente non esisteva. Il numero e la disposizione dei cannoni imbarcati consentì di trasformare le<br />

battaglie navali da combattimenti incentrati sull’abbordaggio a scontri con cannoneggiamento a distanza.<br />

Con il galeone/vascello era possibile la “proiezione di potenza” cioè trasferire un imponente<br />

volume di fuoco a distanze impensabili per la galea. Autonomia e potenza di fuoco erano dunque le<br />

caratteristiche del galeone. Con le grandi flotte di galeoni, gli spagnoli, i portoghesi, gli inglesi e gli<br />

olandesi riuscirono a conquistare le colonie in America e nelle Indie e a mantenerle. Un galeone aveva il<br />

volume di fuoco di una fortezza, ma si muoveva a migliaia di chilometri di distanza e poteva stare in<br />

mare per mesi. La galea aveva invece un’autonomia limitatissima, si doveva ancorare di notte, rifornire<br />

continuamente di acqua per far funzionare il “motore” e aveva un volume di fuoco ridicolo rispetto al<br />

galeone. Gli imperi mediterranei come quello del Turco o di Venezia, che utilizzarono per lo più le galee<br />

abbisognavano di una miriade di piccoli possedimenti costieri dove le galee potessero rifornirsi. Inoltre,<br />

la galea non era in grado di affrontare l’oceano aperto e quindi il Turco o meglio gli stati barbareschi, pur<br />

essendo in posizioni geografiche ottime non riuscirono a partecipare alla corsa alle colonie americane.<br />

Per esempio, l’occupazione portoghese e spagnola ottenuta con potenti squadre di galeoni delle isole<br />

Azzorre davanti alla costa dominata dai musulmani fu essenziale per il mantenimento delle rotte con le<br />

Americhe.<br />

Il potere navale basato sul galeone/vascello ebbe influenze economiche e geostrategiche epocali.<br />

Per citarne solo alcune si può rammentare che la costruzione di un vascello richiedeva ingenti quantità di<br />

materiali: legno, metalli, cordame, tela, pece, etc. Per un vascello erano necessari oltre 2000 tronchi di<br />

quercia per costruire lo scafo e i ponti. Al legno di quercia si dovevano aggiungere altri tipi di legname<br />

come pino, cedro, faggio per realizzare gli alberi e altre parti di rispetto. Le fiancate del vascello erano<br />

realizzate in quercia, e su di esse si sovrapponeva uno strato di cordame e stracci impregnati di pece. A<br />

questo strato si aggiungeva una copertura di legno dolce e resinoso che proteggeva il tutto raggiungendo<br />

così uno spessore anche di 60 cm. Ogni anno era necessario ricarenare i vascelli sostituendo lo strato<br />

superficiale di legno e cordami.<br />

La grande quantità di materiali necessari per la realizzazione dei vascelli non era sempre<br />

facilmente disponibile. In particolare, i legnami o la tela frequentemente dovevano essere importati da<br />

paesi stranieri, che spesso erano proprio i rivali. Molti dei vascelli del Re Sole si muovevano grazie alla<br />

tela e la canapa prodotta in Olanda, nemica mortale della Francia dalla seconda metà meta del XVII<br />

secolo. La corsa al potere navale tra gli stati europei ebbe conseguenze gravi sul patrimonio boschivo, dal<br />

momento che contribuì ad attuare la deforestazione di ampi territori. Inoltre, la ricerca dei materiali<br />

strategici motivò l’avvento come potenze economiche di paesi come la Svezia che erano ricchi di<br />

legname.<br />

Il galeone rappresenta quindi lo strumento con il quale le potenze marittime occidentali<br />

conquistarono il controllo dei mari, e dunque del commercio, permettendo così la nascita dei grandi<br />

imperi coloniali e l’esportazione del “modello” occidentale in tutto il mondo.<br />

2. La polvere infume<br />

4


Il secolo XVIII e anni del secolo XIX non videro sostanziali modifiche alla condotta della guerra<br />

sul piano della tecnologia. Un cambiamento epocale fu costituito dal passaggio dalla guerra “limitata”<br />

alla guerra “totale”. L’avvento della leva di massa e degli eserciti di popolo e della produzione di armi su<br />

larga scala introdussero all’epoca della Rivoluzione francese il concetto di “guerra totale”. In questa<br />

accezione la guerra non era più vista come uno strumento di regolazione dei rapporti internazionali con<br />

l’uso di una forza limitata. Nella guerra barocca le battaglie coinvolgeva un ristretto numero di<br />

protagonisti professionali. I popoli erano “tirati in mezzo” unicamente per gli effetti collaterali<br />

dell’azione bellica, che potevano essere anche devastanti. Le guerre avevano obiettivi politici circoscritti<br />

(per esempio una rettifica del confine) e quindi venivano condotte con mezzi limitati. Con la rivoluzione<br />

francese la guerra non coinvolse più unicamente gli eserciti professionali, ma tutte le popolazioni. Il<br />

nemico divenne un nemico ideologico portatore di idee da annientare totalmente.<br />

Il concetto di popolo in armi fu secondo il generale Fuller un “ritorno alla barbarie”, cioè<br />

all’“orda barbarica” nella quale non vi era distinzione tra guerrieri e cittadini. La guerra di popolo che<br />

coinvolse la totalità della società, tuttavia, fu solo un “allargamento” del perimetro della guerra. Le guerre<br />

della rivoluzione francese non intaccarono l’essenza della condotta della guerra che si continuò a<br />

combattere sempre secondo il modello della rivoluzione militare.<br />

Il vero “salto” sul campo di battaglia fu invece provocato da uno sciame di innovazioni che<br />

ebbero luogo dal 1840 circa in avanti. Si svilupparono infatti i primi fucili a retrocarica come i francesi<br />

Chassepot e il prussiano Dreyse. In realtà queste due armi, che impiegavano cartucce di carta, erano<br />

scarsamente efficienti, contrariamente a quanto raccontato, per carità di patria e retorica risorgimentale,<br />

sulla battaglia di Mentana tra garibaldini e gallo-papalini. Il loro vantaggio enorme, non capito in genere<br />

dagli storici poco esperti di tecnologia, consisteva nel poter caricare il fucile da sdraiati. I soldati<br />

potevano essere addestrati a un uso individuale del fucile che tenesse in conto maggiormente lo<br />

sfruttamento della copertura del terreno. Era una vera rivoluzione copernicana. I soldati dovevano<br />

ricevere un nuovo addestramento individuale. Era necessario badare al singolo uomo, insegnarli a mirare<br />

e a sparare senza comando diretto.<br />

Un netto miglioramento delle prestazioni dei fucili si raggiunse però solo con l’introduzione della<br />

cartuccia metallica e di sistemi di chiusura robusti come quello Remington “Rolling Block” attorno a<br />

1866, che decretò l’inizio del trionfo della tecnologia statunitense. Ma l’apogeo dell’innovazioni, il vero<br />

punto di svolta, avvenne nel 1885 quando il chimico francese Aguste Vielle inventò la polvere infume,<br />

derivandola dal processo di nitrazione della cellulosa, allora appena introdotto. L’impatto sulla tecnologia<br />

militare fu devastante. Improvvisamente tutti i fucili e cannoni esistenti erano diventati di colpo obsoleti.<br />

La combustione della polvere infume avveniva senza fumo e senza residui incombusti. L’assenza di<br />

residui permise di realizzare armi a ripetizione prima manuale poi automatica. Le pressioni in camera di<br />

scoppio, enormemente superiori, consentirono prestazioni balistiche prima impensabili. La gittata dei<br />

cannoni passò rapidamente da 1 km a oltre 20 km. Le distanze di ingaggio si decuplicarono nel giro di<br />

pochi anni. I nuovi eserciti combattevano su campi di battaglia immensi e gli spazi tattici e strategici si<br />

dilatarono.<br />

L’impatto sull’economia di questa innovazione fu grandissimo. Si dovettero sostituire milioni di<br />

fucili e centinaia di migliaia di cannoni e anche l’industria navale ricevette uno scossone enorme: era<br />

necessario riprogettare navi con corazze in grado di resistere ai nuovi proiettili carichi di esplosivo ad<br />

altissimo potenziale. Un immenso volano di progresso tecnico fu messo in moto dall’innovazione del<br />

chimico francese. Non solo i fucili erano da cambiare: occorreva riprogettare sistemi di puntamento,<br />

coordinamento, trovare il modo di far arrivare ai soldati i milioni di munizioni che si sparavano anche in<br />

una battaglia di piccole dimensione. La lista delle innovazioni introdotte a sciame dal 1886 è enorme.<br />

Guerra ed economia divennero sempre più interrelate, come rileva una semplice osservazione dei dati<br />

sull’occupazione nell’industria cantieristica militare inglese del primo novecento. Con l’avvento della<br />

polvere infume il processo di concentrazione del potere militare nelle mani delle potenze occidentali,<br />

comprendendo il Giappone, fu portato a termine. Nessun paese del mondo poté più opporsi agli eserciti<br />

equipaggiati con i nuovi sistemi d’arma.<br />

5


3. Le nuove tecnologie<br />

Facendo ora un salto, storicamente improprio, passiamo ad analizzare alcune delle tecnologie<br />

attualmente emergenti e le loro conseguenze avvertendo, i lettori che si tratta di un temptative approach,<br />

necessariamente incompleto.<br />

Se esaminano molte tecnologie militari attuali, si nota immediatamente che sono di natura dual<br />

use: possono prestarsi ad applicazioni civili e militari congiuntamente. Ovviamente nasce il problema che<br />

la definizione tradizionale di arma è ormai priva di senso. Si rifletta per esempio sul sistema GPS che si<br />

sta diffondendo per uso civile automobilistico. Lo stesso è forse l’arma più potente che ha a disposizione<br />

il Pentagono. Ma non vogliamo proporre problemi semantici. Analizziamo invece proprio<br />

un’applicazione del GPS. Il problema del bombardamento aereo era la sua scarsa precisione.<br />

Occorrevano decine di missioni per piazzare qualche centinaio di chili di esplosivo sull’obiettivo voluto.<br />

Molte missioni implicavano molti aerei e piloti persi con ratei di attrito inaccettabili. Molti equipaggi dei<br />

B17 e B24 che dovevano colpire le fabbriche di cuscinetti a sfera della Germania non portavano a<br />

termine il ciclo delle trenta missioni obbligatorie. Nel Vietnam i ponti di Tan Son Nut furono bombardati<br />

da decine di F4 e F105 con uno strabiliante numero di perdite tra gli americani provocato dai missili Sam<br />

6 e dai cannoni contraerei da 57 mm. dell’esercito nordvietnamita. La soluzione fu sperimentata proprio a<br />

Tan Son Nut, anche se non vanno dimenticati i precedenti tentativi tedeschi di bombe a guida radio. Un<br />

F4 sganciò una nuovissima bomba a guida laser rimanendo fuori portata della contraerea. La bomba,<br />

guidata dal laser di puntamento montato su di un altro aereo, fece in solo colpo il lavoro di decine di<br />

missioni. Era nata l’era delle “bombe intelligenti”. Il sistema laser perfezionato e ancora in uso ha però<br />

dei problemi notevoli. E’ inefficiente se vi sono nebbia, nuvole basse e fumo. E’ costoso e richiede kit di<br />

montaggio sofisticati. Le bombe a guida satellitare Gps, in codice Nato Jdam, hanno invece risolto alla<br />

radice il problema del bombardamento di precisione. Il mondo è stato mappato totalmente. Ogni<br />

possibile bersaglio ha le sue coordinate geografiche, la rete dei satelliti è in grado di calcolare la posizione<br />

con errore di pochi metri.<br />

A normali bombe non guidate si monta un kit dal costo irrisorio di 20.000 $. L’aereo butta la<br />

bomba, il satellite la guida tramite alette direzionali sul bersaglio e il gioco è tragicamente fatto. Fumo,<br />

nuvole, pioggia non possono fermare le bombe guidate dai satelliti. Durante la recente guerra in Iraq gli<br />

iracheni incendiarono trincee piene di petrolio provocando dense coltri di fumo il cui effetto, totalmente<br />

nullo, impressionò solo alcuni corrispondenti della Rai. Il bombardamento a guida satellitare è un enorme<br />

moltiplicatore di efficienza. Per esempio, pochi bombardieri B2 sarebbero in grado di attaccare<br />

contemporaneamente i 20 siti iraniani dove secondo l’Aiea si arricchisce l’uranio e colpirli con bombe<br />

perforanti da 2.000 libbre senza che gli iraniani possano farci nulla. Ovviamente si tratta di un exemplum<br />

fictum e non certo di un suggerimento.<br />

L’esempio serve a evidenziare il punto dove vogliamo spingere il ragionamento. L’avvento delle<br />

nuove tecnologie, come le bombe Jdam, la gestione della battaglia “in rete” (net centric warfare), i<br />

sistemi di telecomunicazione e il miglioramento di quelli già consolidati, come le portaerei e il trasporto<br />

strategico, hanno portato pressoché a termine il processo di concentrazione monopolistica del potere<br />

militare.<br />

Nessuno stato al mondo ha la capacità di controllare e gestire le reti satellitari, trasportare<br />

ovunque armamenti pesanti, ingaggiare conflitti contemporaneamente in diverse aere del mondo e<br />

soprattutto sviluppare le nuove tecnologie emergenti come i laser di potenza imbarcati su mezzi, i<br />

cannoni elettromagnetici le cui applicazioni pratiche sono dietro l’uscio. Nessun paese al mondo tranne<br />

gli Stati Uniti. Un solo dato sull’asimmetria del potere militare: la flotta degli Stati Uniti è grande come<br />

tutte le altre flotte del mondo messe assieme.<br />

La concentrazione del potere militare è quindi pressoché assoluta. Questo non vuol dire che gli<br />

Stati Uniti non siano vulnerabili a causa di azioni di guerra “asimmetrica”, come il terrorismo, o che le<br />

forze armate americane non possano subire anche gravi stillicidi di perdite, come avviene ora in Iraq. Si<br />

vuole semplicemente dire che gli Stati Uniti possono, indipendentemente dagli alleati e dai nemici, usare<br />

una forza militare che nella storia è stata fino a ora unicamente propria di alcuni imperi come quello<br />

romano.<br />

6


Le conclusioni che si possono trarre sono innumerevoli e vanno ben oltre le capacità di chi scrive.<br />

Ci limiteremo pertanto ad alcune brevi considerazioni problematiche. In primo luogo è semplicemente<br />

velleitario pensare che un’azione anche di peace enforcing possa vedere le forze americane operare sul<br />

campo di battaglia sotto comando diretto Onu. Semplicemente l’Onu non ha gli strumenti tecnici per<br />

coordinare, e neppure “parlare”, con l’esercito Usa. Unicamente la Nato lo potrebbe fare, ma solo in<br />

un’operazione a medio-bassa intensità come quella condotta contro la Jugoslavia.<br />

Il Presidente Usa ha a disposizione un potere militare immenso che gli consente di condurre<br />

guerre a “basso costo”, dando la dovuta accezione a questo termine crudo. E’ possibile grazie alle nuove<br />

tecnologie che si stia tornando, entro certi limiti, a forme di guerra “limitate”, che utilizzano solo militari<br />

professionisti e che coinvolgono la popolazione civile solo nel caso di errore o di attacchi terroristici.<br />

Non vorremmo apparire cinici, ma ragionando in termini di macabra contabilità le perdite Usa e<br />

alleate in Iraq durante la fase di guerra guerreggiata non hanno raggiunto quelle sulle strade in alcuni<br />

week end estivi, così pure i bombardamenti sulla Jugoslavia hanno provocato effetti collaterali<br />

sostanzialmente bassi se confrontati con le atroci guerre dimenticate in Africa e altrove. Ricordiamo<br />

sempre ai lettori che purtroppo si sta parlando di brutali guerre e non di operazioni di vigili urbani contro<br />

parcheggiatori abusivi.<br />

Il limite dell’uso del potere militare è ovviamente politico sia all’interno sia all’esterno della<br />

democrazia americana. Occorre offrire vere alternative strategiche agli Usa nella lotta che hanno<br />

intrapreso dopo l’11 settembre contro il terrorismo islamico e gli stati che hanno utilizzato il terrorismo<br />

come strumento strategico. Se gli Stati Uniti si sentono isolati possono avere la tentazione di usare il loro<br />

potere militare avendo perfettamente i mezzi per farlo. Contrariamente a quanto predetto da molti,<br />

ancorati a esperienze passate (Corea e Vietnam) e di nessuna somiglianza con l’attualità, gli Stati Uniti<br />

hanno vinto utilizzando “un mignolo” della loro forza in Afghanistan e Iraq. I veri problemi nascono<br />

successivamente nella fase di peace keeping, la quale, dalla Bosnia al Kossovo, dall’Afghanistan all’Iraq,<br />

dovrebbe essere gestita con approccio strategico multilaterale e flessibile, dove l’Humint (human<br />

intelligence) prevalga sull’Eligint (elettronic intelligence).<br />

Invito alla lettura<br />

- M. Berger, Engels, Armies and Revolution: Revolutionary Tactics of Classical Marxism,<br />

Shoestring, New Hamden 1977<br />

- C. Cipolla , Vele e cannoni, Tea, Milano 1994<br />

- J. Guilmartin, Galleons and Galleys, Cassel, London 2002<br />

- V.D. Hanson, L’arte occidentale della guerra, Garzanti, Milano 1990<br />

- V.D. Hanson, Massacri e culture, Garzanti, Milano 2002<br />

- W.H. McNeill, The Pursuit of Power, Chicago University Press, Chicago 1982<br />

- G.P. Motta, Marte Liberato, Rivoluzione militare e rivoluzione industriale, Utet, Torino 1998<br />

- G. Parker, La Rivoluzione militare, Il Mulino, Bologna 1990<br />

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