numero 4 - Piccole Serve del Sacro Cuore per gli Ammalati Poveri
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Accanto ai lebbrosi: i dimenticati <strong>del</strong> mondo<br />
Matteo Liut (da “Avvenire”, 30 gennaio 2007)<br />
Il lebbrosario di Moramanga (Madagascar) in cui o<strong>per</strong>ano le<br />
<strong>Piccole</strong> <strong>Serve</strong>.<br />
27 gennaio 2008:<br />
55ª Giornata Mondiale <strong>del</strong>la Lebbra<br />
È una malattia che consuma ai margini: prima<br />
le estremità e <strong>gli</strong> arti. Gli effetti sono<br />
devastanti, i peggiori: l’esclusione e la marginalità<br />
sociale che nasce dal terrore. La lebbra<br />
è una piaga che attraversa la nostra storia<br />
come una ferita che spesso ignoriamo ma<br />
che già nelle pagine <strong>del</strong> Vangelo diventa il<br />
seme doloroso <strong>per</strong> l’annuncio di una salvezza<br />
possibile. La Giornata mondiale dei malati<br />
di lebbra, che verrà celebrata in oltre 150<br />
Paesi, si porta alle spalle una importante eredità<br />
di intuizione tutta evangelica, quella che<br />
spinse Raoul Follereau a istituire nel 1954<br />
questa ricorrenza sulla base <strong>del</strong>la convinzione<br />
che la lebbra non potrà essere vinta fi no<br />
a quando milioni di <strong>per</strong>sone saranno colpite<br />
dalla povertà, dallo sfruttamento, dalla<br />
guerra. E molto più devastanti <strong>del</strong>la malattia<br />
stessa sono, secondo Follereau, quelle che<br />
e<strong>gli</strong> chiamava «altre lebbre»: l’indifferenza,<br />
l’egoismo, l’ingiustizia. Un<br />
pensiero che il giornalista e<br />
scrittore francese, morto a<br />
Parigi nel 1977, aveva meditato<br />
fi n dal 1935, quando<br />
seguendo <strong>per</strong> interesse<br />
<strong>per</strong>sonale e come inviato<br />
speciale <strong>del</strong> giornale «La<br />
Nation» le orme <strong>del</strong> missionario<br />
Charles de Foucauld<br />
incontrò ad Adzopé (Costa<br />
d’Avorio) un villaggio di<br />
lebbrosi. Alla sua o<strong>per</strong>a oggi<br />
si rifanno direttamente circa<br />
venti associazioni in tutto il<br />
mondo e centinaia di volontari<br />
(in Italia o<strong>per</strong>a l’Aifo,<br />
Associazione italiana amici<br />
di Raoul Follereau) che realizzano<br />
sul campo il suo “metodo”: non solo<br />
curare i malati, ma aiutarli anche a reinserirsi<br />
nella società. Per dare loro, insomma,<br />
lo stesso tipo di salvezza che Gesù dava ai<br />
“suoi” lebbrosi: essere di nuovo pienamente<br />
uomini.<br />
I dati parlano chiaro: secondo stime uffi<br />
ciali <strong>del</strong>l’Organizzazione mondiale <strong>del</strong>la<br />
sanità (Oms) nel 2006 si sono registrati<br />
299.036 nuovi casi di lebbra e all’inizio <strong>del</strong><br />
2007 le <strong>per</strong>sone in cura (la terapia va dai sei<br />
mesi ai due anni) erano 286.603. Numeri<br />
non defi nitivi: in molte zone <strong>del</strong> pianeta è<br />
impossibile avere dati certi, a causa di diversi<br />
fattori, come le diffi coltà politiche<br />
o l’arretratezza nelle strutture. Ma il dato<br />
che colpisce le coscienze di quella fascia<br />
di mondo lontana dalla «cintura <strong>del</strong>la povertà»,<br />
dove la lebbra continua a mietere le<br />
sue vittime, è che ben 10 milioni di <strong>per</strong>sone<br />
soffrono a causa <strong>del</strong>le conseguenze fi siche<br />
e sociali <strong>del</strong>l’hanseniasi (il nome scientifi co<br />
<strong>del</strong>la malattia).<br />
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