Numero Settembre 2008 del 09.10.2008 - Provincia di San Michele ...
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34<br />
OFS<br />
da <strong>di</strong>vidersi e che con la concor<strong>di</strong>a anche<br />
le piccole cose <strong>di</strong>ventano gran<strong>di</strong>, mentre<br />
con la <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>a anche le cose più gran<strong>di</strong><br />
sfumano”, traducendo così involontariamente<br />
il detto <strong>del</strong> mondo latino, successivamente<br />
fatto proprio da <strong>San</strong> Girolamo<br />
e riportato nella “Regola dei Monaci” al<br />
numero 28.<br />
Ma la cosa più bella <strong>di</strong> Emanuela Campanozzi<br />
era che, nelle <strong>di</strong>scussioni in cui si<br />
trovava coinvolto anche il padre Assistente,<br />
lei, con altre terziarie <strong>di</strong> buon senso<br />
e <strong>di</strong> vera e seria formazione ecclesiale e<br />
francescana, si schierava sempre dalla<br />
parte <strong>del</strong> sacerdote, non perché questi<br />
dovesse avere sempre ragione comunque<br />
andassero le cose e facesse passare per<br />
virtù anche i propri <strong>di</strong>fetti, ma solo perché<br />
ricordava, e lo aveva impresso nella<br />
mente, quello che <strong>San</strong> Francesco ha lasciato<br />
scritto nel Testamento riguardo ai<br />
Sacerdoti: “ Il Signore mi dette e mi dà<br />
tanta fede nei sacerdoti che non voglio<br />
in loro considerare il peccato, perché<br />
in essi vedo il Figlio <strong>di</strong> Dio e sono miei<br />
signori. E faccio questo perché <strong>del</strong>l’Altissimo<br />
Figlio <strong>di</strong> Dio nient’altro io vedo<br />
corporalmente in questo mondo, se non<br />
il <strong>San</strong>tissimo Corpo e il <strong>San</strong>gue suo che<br />
essi soli consacrano ed essi soli amministrano<br />
agli altri”.<br />
Emanuela desiderava che all’inizio <strong>di</strong><br />
ogni incontro <strong>di</strong> formazione o <strong>di</strong> con<strong>di</strong>visione<br />
, la fraternità leggesse insieme la<br />
“Preghiera semplice” <strong>di</strong> <strong>San</strong> Francesco:<br />
“O Signore, fa’ <strong>di</strong> me<br />
uno strmento <strong>del</strong>la tua pace:<br />
Dov’è o<strong>di</strong>o ch’io porti l’Amore;<br />
Dov’ offesa, ch’io porti il Pardono;<br />
Dov’è <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>a, ch’io porti l’Unione;<br />
Dov’è il dubbio, ch’io porti la Fede;<br />
Dov’è errore, ch’io porti la Verità;<br />
Dov’è <strong>di</strong>sperazione, ch’io porti la Speranza;<br />
Dov’è tristezza, ch’io porti la Gioia;<br />
Dove sono le tenebre, ch’io porti la Luce;<br />
O Maestro, fa’ ch’io non cerchi tanto:<br />
Di essere consolato, ma <strong>di</strong> consolare;<br />
Di essere compreso, quanto <strong>di</strong> comprendere;<br />
Di essere amato, quanto <strong>di</strong> amare;<br />
Poiché: dando si riceve;<br />
Perdonando si e perdonati;<br />
Morendo si risuscita a Vita Eterna”.<br />
Questo fu il programma <strong>del</strong>la sua vita<br />
come francescana. A questo programma<br />
ha cercato <strong>di</strong> tenere fede, nonostante le<br />
debolezze insite nella sua con<strong>di</strong>zione<br />
umana e gli immancabili <strong>di</strong>fetti quoti<strong>di</strong>ani.<br />
Quando, qualche giorno prima <strong>del</strong>la<br />
morte, sono andato a farle visita in ospedale,<br />
lucida <strong>di</strong> mente come sempre, mia<br />
ricordato brevemente tutte queste cose<br />
insieme alle tante altre su cui ci si intratteneva<br />
ogni volta che andavo a casa sua a<br />
farle visita.<br />
Mi ricordava i miei sei anni trascorsi a<br />
<strong>San</strong> Nicandro ed il coraggio <strong>di</strong> avere riaperto<br />
il Convento dopo oltre 134 anni <strong>di</strong><br />
chiusura e <strong>di</strong> pestilenziale abbandono da<br />
parte <strong>di</strong> tutti; si ricordava con commozione<br />
<strong>di</strong> quel 3 ottobre <strong>del</strong> 1992 quando<br />
celebrammo in convento e precisamente<br />
nel chiostro il Transito <strong>di</strong> <strong>San</strong> Francesco<br />
in mezzo ad una commozione generale<br />
fino alle lacrime nel visitare i locali riattati<br />
<strong>del</strong> piano terra.<br />
Da parte mia non tralasciavo <strong>di</strong> ricordare<br />
a lei la notte <strong>del</strong> 1997 trascorsa accanto<br />
al mio letto dopo un mio intervento<br />
chirurgico nell’ospedale “<strong>San</strong> Giacomo”<br />
<strong>di</strong> Torremaggiore. In quella circostanza,<br />
nonostante le mie insistenze a che andassero<br />
via, lei, Rita Melchionda e Anna rimasero<br />
con me fino al mattino per farmi<br />
compagnia, non avendo io avvisato i miei<br />
familiari per non allarmarli.<br />
Emanuela non tralasciava egualmente<br />
<strong>di</strong> ricordare qualche consorella terziaria<br />
<strong>del</strong> suo stesso stampo e che prima <strong>di</strong> lei<br />
aveva raggiunto il Para<strong>di</strong>so: Rita Melchionda,<br />
morta prima <strong>di</strong> lei nel 2001 e più<br />
giovane <strong>di</strong> lei, essendo nata il 4 gennaio<br />
<strong>del</strong> 1923; Rosa Trombetta “Sisìna” per gli<br />
amici, che abita alle spalle <strong>del</strong> convento<br />
e che avverte ancora intatto il fuoco serafico<br />
<strong>del</strong>la su appartenenza alla famiglia<br />
francescana; Maria, e qualche altra.<br />
Ci teneva a ricordare Rita come la benefattrice<br />
<strong>del</strong> convento con le “mani bucate”<br />
nella spontanea carità verso tutti;<br />
ricordava “Sisìna”, colei che lasciava<br />
per un momento la sua casa incusto<strong>di</strong>ta<br />
e correva al convento a portare ai frati<br />
qualche specialità campestre già cucinata<br />
e pronta per essere mangiata.<br />
Ricordando a me queste consorelle,<br />
non si accorgeva che stava parlando <strong>del</strong>la<br />
sua personale esperienza caritativa e<br />
<strong>del</strong>l’amore verso i frati <strong>del</strong> convento <strong>di</strong><br />
<strong>San</strong>ta Maria <strong>del</strong>le Grazie.<br />
Non c’era volta in cui, dopo averle fatto<br />
visita, io andassi via con le mani vuote; e<br />
questo fino agli ultimi tempi: c’era sempre<br />
qualcosa per me. Spesso mi rimproverava<br />
per non averla avvisata preventivamente<br />
<strong>del</strong> mio arrivo, perché voleva<br />
sempre farmi trovare qualcosa <strong>di</strong> particolare<br />
da portare via.<br />
L’ultima promessa da lei fatta è stata<br />
quella che mi avrebbe fatto trovare <strong>del</strong>le<br />
orecchiette preparate con le sue mani.<br />
Non abbiamo fatto in tempo. Le mangeremo<br />
quando Dio vorrà e con altre modalità,<br />
sull’Alto Monte <strong>del</strong>le Beatitu<strong>di</strong>ni,<br />
dove Dio ha preparato un banchetto sontuoso<br />
per l’umanità intera.<br />
Di una sola cosa avrei voluto sdebitarmi<br />
con lei, dopo aver appreso il suo ricovero<br />
in ospedale: restituirle la notte da lei<br />
passata accanto al mio letto <strong>di</strong> sofferenza.<br />
Non mi è stato possibile. Ho cercato <strong>di</strong><br />
rime<strong>di</strong>are con qualche visita in ospedale,<br />
mentre lei era ancora vivente e sofferente<br />
terminale, e anche altro dopo il suo decesso.<br />
Fissandola ancora una volta ben composta<br />
e vestita con il Saio francescano, dopo<br />
una breve preghiera <strong>di</strong> suffragio, ho recitato<br />
mentalmente per lei la preghiera <strong>di</strong><br />
Francesco d’Assisi a lei tanto cara:<br />
“Tu sei santo,Signore Dio, unico;<br />
Tu sei forte; Tu sei grande;<br />
Tu sei l’Altissimo;<br />
Tu sei Padre santo, il Bene, il Sommo Bene;<br />
Tu sei amore, sei sapienza, sei umiltà,<br />
sei pazienza, bellezza, sicurezza;<br />
Tu sei pace, gau<strong>di</strong>o e letizia;<br />
Tu sei speranza, sei rifugio, sei la nostra<br />
dolcezza, sei la nostra vita eterna, grande e<br />
ammirabile Signore, Dio onnipotente,<br />
misericor<strong>di</strong>oso Salvatore”.