Numero Settembre 2008 del 09.10.2008 - Provincia di San Michele ...

Anno LVI n. 3 - Settembre 2008 - C.C.P. 13647714 - Spedizione in Abb. Post. Art. 2 comma 20/C legge 662/96 Filiale di Foggia
Provincia di San Michele Arcangelo
dei Frati Minori di Puglia e Molise

Provincia
di San Michele
Arcangelo
dei Frati Minori
di Puglia e Molise
Anno LVI n. 3
settembre 2008
C.C.P. 13647714
Spedizione in Abb. Post.
Art. 2 comma 20/C legge 662/96
Filiale di Foggia
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In copertina:
San Francesco
di Cesselon
originale presso
la Curia dei Frati Minori - Foggia
sommario
3 Editoriale
Messaggeri dell’Amore
di fr. Leonardo Civitavecchia
LA VOCE DEL CUORE
4 A favore della vita... a proposito di Eluana
di Dionigi Tettamanzi
CHIESA
5 la XXIII giornata mondiale della gioventù
di Cristiana Dobner
ATTUALITÁ
7 Laici francescani in questi tempi un pò strani
di Ignazio Loconte
8 Abitare la Parola di Dio
di p. Ernesto Della Corte
12 Il Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio
di Mons. Fortunato Frezza
FRANCESCANESIMO
14 La Grazia delle Origini
di fr. Francesco Bravi
19 Una forma di vita
di sr. Chiara Letizia Presutti
20 p. Diomede Scaramuzzi e Giovanni Duns Scoto
di fr. Giovanni Lauriola
22 Panorama francescano
MARIOLOGIA
24 Io sono l’Immacolata Concezione
di Francesco Armenti
VITA DI FAMIGLIA
26 60 giorni a San Matteo
di fr. Umberto Panipucci
27 P. Agostino Castrillo
31 Benediciamo il Signore che vi ha scelti
di fr. Marcello Franzin
PRIMO PIANO
32 Immediato Risveglio
di fr. Gianni Mastromarino
OFS
33 Emanuela Campanozzi, terziaria francescana
TESTIMONIANZE
35 Come stare accanto a chi soffre
di p. Urbano Giambitto

le meraviglie che il Signore ci ha concesso
Passata l’estate, ritemprati nello spirito,
con entusiasmo rinnovato, ci apprestiamo
a ripartire con lo slancio della Pentecoste
per non fuggire da noi stessi o dalla realtà
della vita, come ha indicato Benedetto
XVI a Sydney, nella XXIII Giornata Mondiale
della Gioventù, ma a vivere in Cristo
e «costruire la nuova era in cui l’amore
non sia avido ed egoista, ma puro, fedele
e sinceramente libero, aperto agli altri,
rispettoso della loro dignità, un amore
che promuova il loro bene e irradi gioia
e bellezza. Una nuova era nella quale
la speranza ci liberi dalla superficialità,
dall’apatia e dall’egoismo che mortificano
le nostre anime e avvelenano i rapporti
umani. Cari giovani amici, il Signore vi
sta chiedendo di essere profeti di questa
nuova era, messaggeri del suo amore, capaci
di attrarre la gente verso il Padre e di
costruire un futuro di speranza per tutta
l’umanità».
Sempre in cammino…
Saremo in cammino in questi mesi con
la Chiesa Universale per approfondire la
figura dell’Apostolo Paolo. La fede di Paolo
nel Cristo Risorto, la sua speranza
contro ogni speranza e il suo farsi tutto
a tutti saranno la misura del nostro essere
cristiani. E poi il Sinodo sulla Parola.
Tradotta in 2.454 lingue, la Bibbia è,
ciò malgrado, conosciuta relativamente
poco, talvolta travisata, in alcune occasioni
strumentalizzata. La parola di Dio
è origine e fine della Chiesa e in tal modo
essa sarà guardata dal Sinodo mondiale
dei Vescovi dal prossimo 5-26 ottobre e
che avrà per tema proprio “La Parola di
Dio nella vita e nella missione della Chie-
sa”. Ne sono certo: il Sinodo favorirà la
conoscenza e l’amore della Parola di Dio.
Verso la Grazia delle Origini
Come grande Famiglia Francescana siamo
in cammino verso la Grazia delle Origini,
fissata per il prossimo 2009.
800 anni della Fondazione del nostro
Ordine con l’approvazione da parte di
Innocenzo III della Regola di vita, una
Grazia che ci apre alla gratitudine verso
l’«Altissimo, onnipotente, bon Signore»
per il dono della vocazione e della fraternità.
Ma anche una Grazia che ci spinge
verso nuovi impegni e nuove sfide. Memorabili
le profetiche parole del servo di
Dio Giovanni Paolo II, “per ricordare con
gratitudine il passato, vivere con passione
il presente e aprirci con fiducia al futuro”
(NMI, 1b).
Ecco perché è la Parola a guidare la nostra
vita, in special modo in questo anno
in cui faremo memoria dell’origine del
carisma francescano. In particolare, a noi
frati minori, Francesco ci ricorda che «la
Regola e la vita dei Frati Minori è: osservare
il santo Vangelo di nostro Signore
Gesù Cristo» (Rb 1,1).
Per tutti i cristiani e gli amici di Francesco
e Chiara l’impegno a vivere nella
radicalità il Vangelo, la buona novella
dell’Amore di Dio per noi, e “restituire
al Signore Dio Altissimo e sommo tutti
i beni e riconoscere che tutti i beni sono
suoi, e di tutti rendiamo grazie a Lui, dal
quale procede ogni bene” (Rnb 17,17).
Buon cammino nel Signore
vostro
Fra Leonardo Civitavecchia, ofm
Editoriale
3

4
la Voce del cuore
di Dionigi Tettamanzi
La vicenda di Eluana Englaro, la giovane
in ‘stato vegetativo’ da quattordici anni,
mi colpisce come credente e cittadino,
ma soprattutto mi interpella come Vescovo…In
questi giorni sono stati davvero
numerosi i sentimenti, le riflessioni
e gli interrogativi che sono cresciuti
nel mio cuore…Vorrei essere discreto,
entrando in punta di piedi in una storia
umana quanto mai delicata, nella quale
il mistero della vita si fa più denso, quasi
inaccessibile alla luce della sola ragione,
e lancia una sfida formidabile per la libertà
di ciascuno di noi.
Rileggendo una pagina del Vangelo
Sfogliando i quotidiani e leggendo i titoli
che commentano la sentenza su Eluana,
il mio pensiero tende sempre più a staccarsi
dalle parole a stampa. Sono parole
umane, anche vere, talora indovinate:
ma non mi bastano. Cerco allora una
parola nuova, originale, unica: la trovo
nel vangelo di Marco, quando racconta
della figlia di Giairo, un capo della sinagoga,
la quale giace gravemente ammalata
(cfr. Marco 5,21- 24. 35 43).
Mentre egli sta supplicando Gesù di
venire a trovarla e guarirla, dalla sua
casa alcuni vengono a dirgli: «Tua figlia
è morta. Perché disturbi ancora il
Maestro?»…Ma Gesù non è dello stes-
so parere: «La bambina non è morta,
ma dorme». Un’affermazione contraria
all’opinione di molti, un’espressione paradossale,
quasi ingenua: aprire una speranza
quando la porta della vita sembra
essere ormai chiusa per sempre. Il Maestro
questa volta si è sbagliato: «Ed essi
lo deridevano», ricorda il vangelo.
In realtà gli occhi di Gesù vedono quello
che è invisibile agli occhi umani…Nella
luce di questa prospettiva trascendente
prende forma un giudizio etico, che nasce
dalla fede cristiana ma non è estraneo
alla ragione: non possiamo spegnere
la vita di nessuna creatura umana senza
uccidere, insieme a lei, la speranza che
vie in essa, quella di essere fatta per la
vita e non per la morte.
Libertà, responsabilità e solidarietà
…il rispetto della scienza e della coscienza
dei medici e delle responsabilità proprie
di coloro ai quali è affidata la cura
delle persone non autosufficienti non
esige una giusta discrezione da parte delle
autorità amministrative e giudiziarie?
Esse non devono condizionare, con interventi
normativi, la libertà ed il compito
che ciascuno possiede, secondo le
proprie idealità e capacità, di interrogarsi
sulle ragioni della cura e della
promozione del bene della persona
umana sofferente. Una libertà e
un compito, questi, che la società
è chiamata a promuovere, offrendo
opportunità di riflessione, di
formazione e di confronto. La Chiesa
a pieno titolo, nel rispetto dell’autonomia
dello Stato e delle diverse tradizioni
e concezioni culturali e religiose, ha qui
il dovere di offrire il proprio prezioso e
singolare contributo.
Preghiera allo spirito Santo
a favore della vita…
a proposito
di Eluana
«Una speranza per Eluana come per la figlia di Giairo»
Preghiera e discernimento
Sento forte il bisogno della preghiera.
Celebrando l’Eucaristia chiedo al Signore
che la nostra comunità cristiana possa
trovare parole vere e tenere comportamenti
giusti, ispirati a un vero e grande
amore per la vita di ogni donna e di ogni
uomo, in ogni stagione e circostanza.
...Solo a partire da un atteggiamento di
autentica venerazione del ‘mistero’ che
è in ogni uomo potrà sorgere una riflessione
necessaria e adeguata, che sia
critica e pacata, illuminata dalla ragione
e corroborata dalla fede, una riflessione
cioè che non si lasci offuscare dall’emotività
né dominare da pregiudizi, e neppure
diventi facile preda di strumentalizzazioni
o di interessi estranei al vero
bene della persona. Come Vescovo esprimo
la mia vicinanza umana e cristiana
a questa giovane, alla sua famiglia, alle
Suore Misericordine che, insieme al personale
sanitario della Clinica ‘Talamoni’
di Lecco, l’hanno accolta e curata con
professionalità e amore grande.
© Copyright Avvenire, 12 luglio 2008

Cambiate il mondo e non abbiate paura
di Cristiana Dobner
Le immagini si susseguono davanti ai
miei occhi e non smetto di ringraziare
l’intelligenza della persona umana e della
tecnica moderna: sullo schermo del pc
scorre tutto l’evento che ha catalizzato
il mondo giovane (e non più giovane) in
questi ultimi giorni. L’entusiasmo si è dimostrato
travolgente, giovani corpi hanno
inventato segni, sviluppato gestualità
di partecipazione, sigle musicali ed acclamazioni.
Quindi, mi dico, non c’è stata
apatia, non c’è stato disinteresse.
Posso introdurre una dimensione diversa?
Il distacco critico, ineludibile se
non si vuole costruire sulla sabbia la casa
della propria vita.
Lo scintillio e il balenio attirano e magnetizzano,
ma ti lasciano ancora al buio
se non hai previsto una buona torcia nella
tua bisaccia.
La mia è una torcia…perenne, ad alimentazione
manuale: devo girare una
manovella e rigirarla e continuare il mo-
vimento per ottenerne il fascio luminoso.
Quanto si suole denominare “olio di gomito”.
Voglio indicare così il passaggio dal folklore
alla realtà, dalla kermesse (per quanto
battezzata) al quotidiano, dal festival alla
celebrazione della mensa della Parola e
del Pane.
Gli aborigeni con il loro bastone consegnato
a ciascun giovane, con le loro danze
rituali, i volti dipinti, se non suscitano
rispetto per la loro ed ogni cultura si
riducono ad esibizioni programmate per
stupire e far chiudere gli occhi su quanto
- ilare e con una gioventù rispolverata
e messa nuovo, malgrado la seria fatica
di uomo anziano - Benedetto XVI ha richiamato
con la sua consueta chiarezza:
la violenza e lo sfruttamento delle persone
e delle cose.
Le danze delle fanciulle in abiti candidi
hanno parlato di una femminilità che
celebra il mistero con gioia e naturalezza;
Chiesa
ma il mistero del grembo vilipeso della
donna? Candele e folla acclamante…può
trasformarsi in una folla di profeti che costruisca
un futuro di speranza per tutta
l’umanità?
Sotto le stelle della Croce del Sud…un
guizzo in cui il creato meraviglia, fa sobbalzare
ed aprire il cuore a Dio, al Creatore,
ma quale la ricaduta sulla violenza
esercitata sul creato stesso?
Lo sbarco alla baia di Sidney è stato ben
congegnato e pittoresco: attraccare dal
mare, abbracciare tutto e tutti con un unico
sguardo, ma il consumismo sotteso, a
quali leggi di duro mercato obbedisce?
Un’intera città ha partecipato, non solo
i giovani eccitati e elettrizzati dalla novità
di un evento, il WYD, che non è olimpiade
o festival. Quali gli aggiustamenti di facciata
della Chiesa?
Una globalizzazione pilotata per andare
al volgo, come è stato scritto? Dimenticando
il Cristo crocifisso a favore di parametri
5

6
di fra Armando Gravina
Chiesa
odierni che garantiscono l’audience? Insomma,
noi cristiani (giovani e meno giovani)
ci siamo venduti come un prodotto
preconfezionato?
Io non lo credo. Penetriamo al di là della
carta dorata in cui è stato avvolto il dono
e consideriamo le parole e i moniti di Benedetto:
Misura Sfida Missione. Se assunti
e fatti propri imprimono una direzione
diversa e il tessuto dell’esistenza muta fili
e colori. “Non fuggire da se stessi o dalla
realtà della vita”: ammonisce a vivere in
Cristo, in Colui che si è fatto carne, realtà
storica per noi, per insegnarci come e
perché camminare nel mondo. “Costruite
la nuova era in cui l’amore sia libero”,
“Avrete forza dallo Spirito Santo che
scenderà su di voi, mi sarete testimoni fino
ai confini della terra”. ( At. 1,8 )
Tante sono le sensazioni vissute a Sydney,
che è davvero impresa ardua racchiuderle
nel breve spazio di uno scritto. Infatti è
bene rendere lode al Signore che sempre ci
sorprende con i suoi doni.
Ma, non essere egoista e mettere in comune
quello che ho ricevuto, mi spinge a
donare piccole riflessioni e sensazioni.
Dopo un viaggio che sembrava non terminare
mai, l’orizzonte di una terra incontaminata
si spalanca al mio curioso sguardo.
E’ l’Australia! Volti nuovi, gente in attesa
che immediatamente ti spalanca, ti apre il
cuore, la propria casa, tutto di se, per farti
sentire a proprio agio.
Subito vengo colpito dalla cordialità della
gente di Panaria e dal parroco P. Maurice
della parrocchia di S. Cristoforo.
Mi sono compagni Don Gaetano e Don
Claudio insieme a circa 20 sacerdoti di tutta
la Puglia e circa 160 giovani delle varie
diocesi pugliesi guidati da mons. Fragnelli,
afferma Benedetto, ma egli lo ha appreso
da Cristo e dal suo popolo in cammino, la
Chiesa. Contro l’indifferenza, contro chi è
incapace di rispetto per un essere umano,
come Eluana, bisognosa di ognuno di noi
per essere se stessa e che condanniamo
in nome dell’efficienza, dimenticando il
dono della Presenza in lei.
Voci ed opinioni si oppongono alla logica
di Cristo, è notorio: sorte onerosa ed
impegnativa per chi decide di vivere in
Lui Crocifisso per noi, ma entusiasmante,
duratura e non effimera. “Agisci oggi,
cambia il domani”: non solo canta, radunati,
viaggia fino al continente australe,
conosci giovani, ma apriti alla parola del
oltre al mio confratello fr. Giuseppe Tomiri.
Grande soddisfazione mi prende alla notizia
che tutti i mezzi di trasporto sono gratuiti
e con questo è facile spostarsi da un posto
all’altro.
Ora brevemente racconto gli avvenimenti
che più mi hanno colpito:
a) La festa di benvenuto degli abitanti di
Panaria e i Samoani; fede genuina e profonda,
carità e servizio senza misura, gioia
e speranza vissuta con una vita senza fronzoli,
accoglienza nelle famiglie dei nostri
giovani.
b) La grande accoglienza da parte delle famiglie
dei nostri emigrati; cena, con piatto
tipico pugliese orecchiette, quadrangolare
di calcio disputato tra i nostri giovani e i
figli delle famiglie italiane emigrati. Volete
sapere chi ha vinto il quadrangolare? I campioni
del mondo!
c) Veniamo ora alla parte più strettamente
spirituale: ogni giorno i vescovi ci hanno
proposto delle catechesi sullo Spirito Santo,
il pellegrinaggio alla chiesa dove è sepolta la
beata, unica del continente, Mary Mackillop,
il pellegrinaggio alla Cattedrale di Sydney
per salutare la Vergine Maria qui venerata
sotto il titolo di Croce del sud, e nella stessa
i giovani di Benedetto
Vangelo e osserva i testimoni che ti hanno
preceduto, si sono giocati del tutto ma…
cambiando prima se stessi.
Un programma esigente, radicale, dal
profumo aborigeno e dal tocco australiano,
con una certezza: lo Spirito, che dalla
creazione aleggia sulle acque, è sempre
creante ed è quello Spirito che Gesù ci
ha donato. Egli intercede per noi sempre,
suggerisce ed anima, non astrattamente o
sentimentalmente ma nella plasmazione
dall’egoismo all’altruismo, alla trasparenza
dell’amore.
Olio di gomito alla propria torcia quindi,
e non mi pare proprio una vita «in panchina»
quella proposta da Benedetto!
cattedrale possiamo pregare anche sui resti
mortali del beato Pier Giorgio Frassati.
d) Quando il cuore era, oramai, ben preparato,
la parola del S. Padre è scesa come
rugiada mattutina a riempire di nuovo entusiasmo
ciascun giovane.
Vede, infatti davanti a se”una vibrante immagine
della chiesa universale”, la varietà
delle nazioni, culture che dimostrano come
la Buona Novella di Cristo è per tutti e per
ciascuno.
Ci propone anche due interessanti meditazioni
sul Battesimo e sulla Confermazione.
“Sei diventato, con il battesimo, nuova
creatura e ti sei rivestito di Cristo”…
Lo Spirito Santo con delicatezza, ma con
fermezza ci attira a ciò che è reale, a ciò che
è durevole, a ciò che è vero.
Fate in modo che l’Amore unificante sia
la vostra misura.
Fate in modo che l’Amore durevole sia la
vostra sfida.
Fate in modo che l’Amore che si dona sia
la vostra missione.
Liberate questi doni, è questo l’invito che
il Papa rivolge a ciascuno.
Molto interessante, poi, è stata la riflessione
all’Angelus, il Papa ha presentato la
Storia della salvezza come un lungo fidanzamento
di Dio con l’umanità, mentre con
l’annuncio dell’Angelo a Maria vi ha visto il
matrimonio con l’umanità. Lascia che Dio
entri nella tua vita.
e) Percorrendo questo nuovo continente,
assieme a migliaia di giovani di ogni parte
del mondo, sono stato inondato da un oceano
di Speranza, Fiducia, nuovo Slancio alla
Missione, che il Signore nella sua infinita
bontà mi ha affidato.
Ho dato volentieri la mia disponibilità al
servizio e ho avuto la ulteriore conferma
che l’aiuto di ciascuno rende felici tutti.
Lo Spirito non si è stancato di sorprendermi
con i suoi doni e sono certo che molti potranno
usufruire di quello che ho ricevuto.

Il Beato Giovanni Duns Scoto
di Ignazio Loconte
Quello sulla laicità, come confermato dai
contenuti della conferenza di Benedetto
XVI ai politici ed intellettuali francesi nel
suo viaggio a Parigi del settembre scorso,
è uno dei grandi dibattiti di questi ultimi
tempi, perché il termine, che non è semanticamene
univoco, può essere usato
come clava per togliere il diritto di parola
alle religioni ed addirittura per anticipare
la data del trapasso di chi è solo nella sofferenza.
Ci si proclama con orgoglio membri
della “chiesa” laica se non laicista per
far sposare gay, abortire embrioni e feti,
giustificare diritti che non si trovano neppure
non dico nei testi sacri o nelle carte
costituzionali, ma nemmanco in natura.
Il nemico di questi strenui difensori delle
cosiddette libertà umane è ovviamente
quello che codesti definiscono integralismo
religioso, e per restare a casa nostra
ovviamente la Chiesa Cattolica ed il suo
Papa, questo Papa su tutti, Benedetto XVI.
Perché? Non essendo lo spazio concessomi
tanto ampio da motivare tutti i passaggi,
andremmo dritti alla risposta: perché
ragiona! Possibile? La tradizione laica che
ha sempre impugnato la bandiera illuministica
ora vede il nemico proprio in chi
in qualche modo le rende omaggio? Si,
perché la novità è che con la ragione, che
è anch’essa dono di Dio, si arriva, magari
più lentamente ma sicuramente (Agostino
Bonaventura Tommaso Pascal e Galileo
insegnano) nell’agorà dove l’evidenza di
Dio si fa realtà.
E questo ad alcuni non piace. Non piace
perché usano la laicità come categoria a
priori per negare la possibilità di giungere
al divino, e ancor di più la legittimità di un
divino che si intrufoli nelle cose umane:
un deja-vù che i cristiani celebrano ogni
venerdi santo.
Ora che un Papa professore ha smascherato
la dittatura del relativismo, ovvero
che chi non crede non per questo non è
soggetto ad un suo dogma, e che questo
dogma per gli esiti delle umane vicende fa
ben più danni di quelli cristiani (si pensi
a quanti vite sono state spezzate dalle
dottrine laiciste di marxismo e nazismo)
i laici di casa nostra sono in crisi: il loro
proverbio preferito, di Voltaire, che cito
perché ha qualcosa di evangelico “Non la
penso come te, ma sono pronto a dare la
vita perché tu possa esprimere il tuo pensiero”,
vale per tutti fuorché per i cristiani
ed i loro rappresentanti.
Una famosa astronoma italiana apologeta
dell’ateismo si è augurata il bombardamento
del Vaticano, e alla fine della scorsa
estate, durante un convegno a Bruxelles
dedicato alla laicità, il sempre acido boss
dei radicali italiani, padre di tanti bambini
non nati, si è augurato che la Francia si
riprendesse il Papa come già avvenuto nel
medioevo.
Perché il cristianesimo dà un fastidio che
islamici, induisti e buddisti non danno?
La risposta è ovvia: è una religione laica,
che mai come oggi sta mostrandosi basata
sui pilastri della tolleranza, della fraternità,
della solidarietà, dell’uguaglianza degli
uomini, del rispetto dell’ambiente, di un
progetto umano di vita basato sulla giustizia
come sull’amore, principi che gli agnostici
anticlericali ritengono loro proprietà
esclusiva: la chiesa difatto, in questi tempi
di economia globale, fa concorrenza.
Ecco, il cristianesimo sta svelando nuovamente
(non è la prima volta) che la rivoluzione
francese non ha inventato nulla
se non la ghigliottina: i martiri dell’Impero
Romano e di tutti gli imperi, i monaci
del deserto, i movimenti sia ortodossi che
ereticali del medioevo vivevano una laicità
spontanea che i laicisti attuali non vogliono
assolutamente nel proprio albero genealogico;
per questo temono il riconoscimento
delle radici cristiane dell’Europa, e
per questo temono la forza razionalmente
suadente del depositum fidei cattolico. Se
mi posso permettere il paragone, non é
Attualità
LAICI FRANCESCANI
IN QUESTI TEMPI
UN PO’ STRANI
una discussione tra estranei ma tra consanguinei,
e tutti sappiamo, pescando
anche nella Bibbia oltre che nella nostra
esperienza, quanto queste tensioni siano
foriere di profonde fratture.
E noi laici francescani, in questo mondo
un po’ strano e confuso che ruolo abbiamo?
Qui mi si permetta di suggerirla
solo la risposta, perché so bene che è facile
predicare soprattutto per chi razzola
male. Comunque: data per scontata la
comprensione del termine laico (che poi
ha bisogno solo d’intuzione, essendo laico
l’essere umano che sa di essere fatto della
stessa pasta di cui sono fatti tutti i suoi
simili) rimane da spiegare quel “francescano”,
termine causa di tanti equivoci ed
incomprensioni e sfumature da risultare
al fine indefinibile. Questo se resta in ambito
accademico. Ma se scendiamo un pochettino
nella storia spicciola (pochi dati
e fatti sono già sufficienti) e mettiamo a
fuoco la figura del giovane Assisiate che
un giorno si spogliò dinanzi al padre, al
suo vescovo e a tutta la popolazione, il termine
“francescano” acquista colorazioni
e spessore non equivocabili se non attraverso
contorcimenti sofistici ed il solito
refrain “ma quelli erano altri tempi”.
Bene, o male che dir si voglia, dinanzi ad
obiezioni come quella appena citata non
ci si può che arrendere e chiedersi perché
mai ci si ostini a permanere nell’alveo
francescano e non si opti invece per movimenti
più “moderni”, in apparente sintonia
coi tempi. Bisogna avere veramente un
gran voglia di far nulla per chiamarsi francescani
e al contempo affermare che quei
valori sono anacronistici. Ma se si vuole, e
sottolineo se si vuole, essere francescani
laici oggi, mi sa che bisogna fare uno sforzo
di fantasia e d’impegno. Di amici che
ne hanno il desiderio ne conosco molti, e
potrebbero anche impegnarvicisi. Ma è la
fantasia che forse difetta; al Gesù che dice
“Cammina sulle acque” tutti come Pietro,
laicamente obiettiamo “Non è possibile”.
Evidentemente il granello di senape è una
barriera insormontabile alla nostra fede
grande quanto un elettrone: altro che Voltaire
e Rousseau, Robespierre ed Eugenio
Scalari; in termini di scientifica e concreta
laicità non ci batte nessuno.
7

8
Attualità
Abitare la Parola di Dio
di P. Ernesto Della Corte
I. leggere il testo
Questo primo momento ha come scopo:
I.1. stabilire dove il testo comincia e dove termina;
I.2. annotare le reazioni spontanee: ciò che piace, genera meraviglia,
appare non chiaro, ...
I.3. scrivere tutto su un foglio, perché la vi sualizzazione permette
di entrare nel te sto.
II. studiare il testo
Il testo in sé: si tratta di ricercare nel te sto:
II.1 parole, espressioni che ritornano, si corrispondono, si oppongono;
II.2 le annotazioni di tempo: tempi dei verbi o altre indicazioni
temporali;
II.3 le annotazioni di luogo: in modo parti colare i cambiamenti di
luogo. Questi luo ghi sono legati a certi personaggi o a certe
idee?
II.4 Gli attori (personaggi o cose): annotare cosa fanno, dove sono,
cosa dicono, che cosa accade a essi.
II.5 A partire da queste annotazioni, cer care che cosa avviene nel
testo: chi fa qualcosa? Chi cerca qualcosa? Chi (o che cosa)
aiuta questa ricerca? Chi (o che cosa) vi si oppone?
II.6 In un racconto si ha generalmente, all’inizio, una situazione
precisa: una si tuazione di mancanza (qualcuno - perso naggio
o gruppo - ricerca qualcosa); alla fine, il racconto termina con
il supera mento di questa mancanza. Allora oc corre:
II.7 cercare quale trasformazione è avve nuta tra l’inizio e la fine
del testo;
II.8 vedere come è avvenuta la trasforma zione;
II.9 annotare attraverso quali tappe si passa;
II.10 verificare quale è la tappa decisiva;
II.11 verificare chi è l’attore principale che ha permesso la trasformazione.
II.12 Gli elementi esterni che emergono dal testo: certe parole o
simboli nel contesto del tempo in cui scrive l’autore biblico o
nel contesto del suo pensiero;
II.13 il genere letterario a cui appartiene il testo (oracolo, racconto
di vocazione, parabola, discorso, …).
II.14 Il testo è prodotto in un “contesto vitale”: ogni testo sorge in
una comunità ed è destinato a una comunità:
seconda parte
Indicazioni Metodologiche Per la lettura dei Testi Biblici
- Chi parla e a chi?
- A quale problema della comunità il testo cerca di rispondere?
- Quale contesto sociologico, econo mico, politico può avere contribuito
all’elaborazione?
II.15 Questo testo non è isolato; è neces sario allora collocarlo nel contesto
im mediato e nel contesto più ampio del li bro:
- Quale è il suo posto all’interno della struttura del libro? (ad es.
l’episodio del cieco di Gerico è posto da Luca in 18,35, prima
dell’episodio di Zaccheo e in continuità con esso, per far leggere
le due storie come itinerari verso la luce; solo dopo c’è l’ingresso
messianico di Gesù a Gerusalemme; in Mc 10,46-52 invece l’episodio
chiude la sezione della sequela e il cieco è indicato da Marco
come un modello di vero discepolo, perché ha fede in Gesù. Ogni
evangelista ha dunque una sua prospettiva e vuole offrire un messaggio
teologico).
III. verifica
A questo punto si riprendono tutti gli interrogativi e le osservazioni
avanzate precedentemente nella prima fase:
III.1 Il lavoro effettuato ci permette di ri spondere alle domande sollevate?
III.2 Quali domande rimangono ancora aperte?
III.3 Perché?
IV. le tappe di un cammino
Per cogliere il messaggio di un testo biblico abbiamo compiuto un itinerario
di ri cerca che va dalla nostra situazione sto rica al testo e, dal testo,
di ritorno, alla nostra situazione. In sintesi abbiamo svolto le seguenti
tre tappe:
IV.1 Tappa proiettiva (precomprensione): si tratta di mettere a fuoco
le nostre pre comprensioni di fronte al testo. Ognuno di noi si avvicina
al testo biblico non con la ‘testa vuota’, ma con tante idee,
sensi bilità, aspettative, ...
IV.2 Tappa analitica: si passa alla lettura e allo studio del testo, che
è analizzato nella sua ‘alterità’, per scoprire il senso che aveva
nell’intenzione dell’autore (le fasi I e II).
IV.3 Tappa di appropriazione: il messaggio di un testo coinvolge il
lettore e lo rag giunge a diversi livelli e con sfumature diverse. È
importante, in sede di veri fica, comprendere che cosa di un testo
ha colpito e perché.

Sulle tracce di Elisabetta d’Ungheria
Ritorniamo di nuovo alla Costituzione
del Vaticano II sulla Parola di Dio (la Dei
Verbum) e precisamente il n° 21:
La Chiesa venera le Sacre Scritture
La Chiesa ha sempre venerato le divine
scritture come ha fatto per il corpo stesso
del Signore, non mancando mai, soprattutto
nella sacra liturgia, di nutrirsi del pane di
vita dalla mensa sia della Parola di Dio che
del Corpo di Cristo, e di porgerlo ai fedeli.
Insieme con la sacra Tradizione, la Chiesa le
ha sempre considerate e le considera come
la regola suprema della propria fede; esse
infatti, ispirate da Dio e redatte una volta
per sempre, comunicano immutabilmente
la Parola di Dio stesso e fanno risuonare,
nelle parole dei profeti e degli apostoli, la
voce dello Spirito santo. È necessario, dunque,
che tutta la predicazione ecclesiastica
come la stessa religione cristiana sia nutrita
e regolata dalla Sacra Scrittura. Nei libri sacri,
infatti, il Padre che è nei cieli viene con
molta amorevolezza incontro ai suoi figli ed
entra in conversazione con loro; nella Parola
di Dio poi è insita tanta efficacia e potenza,
da essere sostegno e vigore della Chiesa,
e per i figli della Chiesa saldezza della fede,
cibo dell’anima, sorgente pura e perenne
della vita spirituale. Perciò si applicano in
modo eccellente alla Sacra Scrittura le affermazioni:
“Vivente ed efficace è la Parola
di Dio” (Eb 4, 12), “che ha la forza di edificare
e di dare l’eredità tra tutti i santificati”
(At 20, 32; cf. 1 Ts 2, 13).
“È necessario che i fedeli abbiano largo
accesso alla Sacra Scrittura” (DV 22);
“Tutti i chierici, principalmente sacerdoti
e quanti, come i diaconi o i catechisti,
attendono legittimamente al ministero
della Parola, conservino un contatto continuo
con le Scritture, mediante la sacra
lettura e lo studio accurato (...). “L’ignoranza
delle Scritture, infatti, è ignoranza
di Cristo” (DV 25). E ancora, più avanti:
“Si ricordino che la lettura della Sacra
Scrittura dev’essere accompagnata dalla
preghiera, affinché possa svolgersi il colloquio
tra Dio e l’uomo; poiché ‘quando
preghiamo, parliamo con Lui; Lui ascoltiamo
quando leggiamo gli oracoli divini’
(s. Ambrogio)” (DV 25).
“In tal modo, con la lettura e lo studio dei
Sacri Libri, ‘la Parola di Dio compie la sua
corsa ed è glorificata’ (2 Ts 3,1), e il tesoro
della rivelazione, affidato alla Chiesa, riempie
sempre più il cuore degli uomini.
Come dall’assidua frequenza del mistero
eucaristico si accresce la vita della Chiesa,
così è lecito sperare nuovo impulso alla
vita spirituale dall’accresciuta venerazione
della Parola di Dio, che ‘permane in
eterno’ (Is 40,8; cf. 1Pt 1,23-25)” (DV 26).
Attualità
“Lectio Divina”
...lettura orante della parola
Possiamo sintetizzare cosi l’insegnamento
del Concilio per quanto riguarda il nostro
tema:
- tutti i fedeli devono avere accesso anche
diretto alla Scrittura;
- devono leggerla frequentemente e volentieri;
- devono imparare a pregare a partire
dalla lettura diretta della Bibbia;
- tutto questo al fine di conoscere Cristo
Gesù, perché non lo si può conoscere
al di fuori delle Scritture, e di conoscerlo
in maniera eminente.
Le parole della Dei Verbum sono dunque
molto forti e anche nuove rispetto a
quanto si riteneva in epoche precedenti.
Nella Chiesa cattolica, infatti, il popolo
leggeva pochissimo la Bibbia con lettura
diretta. Gli si permetteva di accostare
per lo più soltanto i Vangeli (tra l’altro,
erano molte le persone che non sapevano
leggere). La nuova situazione culturale
però ha suggerito ai Padri Conciliari di
invitare tutti i fedeli ad accostare il Sacro
Testo, di stimolarli all’esercizio della lectio
divina.
Che cosa è la lectio divina?
Il termine lectio, che fa riferimento
all’azione del leggere, etimologicamente
deriva dal verbo latino lego, che significa
“cogliere, raccogliere”. La lectio allora
più che lettura del testo, è tentativo di
“cogliere” nel testo il pensiero che esso
racchiude, per “raccogliere” il messaggio
che da esso si esprime. Nella lectio si deve
avere l’intenzione di leggere Dio più che
di leggere su Dio, apprendere Dio stesso
più che le cose che lo riguardano.
Spesso invece si rischia di intendere sotto
il nome di lectio una qualunque lettura
della Bibbia che sia in qualche modo unita
con la preghiera. Non di rado si tende
anche a fare della “teologia biblica” trattando
temi dell’uno e dell’altro Testamento,
o si cercano attualizzazioni a partire
da un brano scelto a caso o presente nella
liturgia. Tutto questo fa parte della lectio,
ma non la definisce ancora nella sua caratteristica
profonda. Nemmeno basta per
designare la lectio il ricorso a una certa
metodologia, pure utilissima, che prevede
momenti distinti come la lectio, la meditatio,
la oratio, la contemplatio, ecc. Non
si tratta solo di leggere determinati brani
biblici secondo un certo metodo, anche
se poi ogni singolo episodio di lectio si rifarà
più o meno a queste caratteristiche.
“Lectio divina è la lettura continua di
tutte le Scritture, in cui ogni libro e ogni
sua sezione viene successivamente letta,
studiata e meditata, compresa e gustata
mediante il ricorso al contesto di tutta la
rivelazione biblica, Antico e Nuovo Testamento.
Per questa sua semplice adesione
e umile rispetto dell’intero testo biblico,
la lectio divina è una prassi di obbedienza
totale e incondizionata a Dio che parla,
dove l’uomo diventa un attento uditore
della Parola... La lectio divina non fa una
scelta di testi adatti a temi e argomenti
già scelti e decisi in antecedenza, in vista
di bisogni o gusti già sperimentati o
avvertiti dal lettore o dalla comunità che
legge. Essa non adotta nemmeno il procedimento
dei ‘temi biblici’, preferendo
invece tenersi al di qua di ogni selezione
teologica del messaggio biblico. Essa comincia
dalla Parola di Dio e la segue passo
passo dal principio alla fine. La lectio
divina suppone e prende sul serio l’unità
di tutte le Scritture” 11 .
Vorrei citarvi alcune parole scritte dal
Santo Padre Giovanni Paolo II in una lettera
inviata nel mese di giugno del 1990
al biblista e arcivescovo emerito mons.
Ablondi nella sua qualità di Presidente
della Federazione Mondiale Cattolica per
l’Apostolato Biblico: “Dando la Bibbia
a uomini e donne, voi date Cristo stesso,
che riempie coloro che hanno fame e
sete della Parola di Dio, sazia coloro che
hanno fame e sete di libertà, di giustizia
(...). Le mura dell’odio e dell’egoismo che
ancora dividono uomini e donne e li fan-
9

10
Attualità
no ostili e indifferenti alle necessità dei
loro fratelli e sorelle, cadranno come le
mura di Gerico, al suono della parola della
grazia e della misericordia di Dio. …
La Bibbia è anche un tesoro che in larga
parte è venerato in comune col popolo
ebraico, a cui la Chiesa è unita da uno
speciale vincolo spirituale fin dai suoi inizi.
E finalmente questo Libro santo, a cui
in un certo modo si riferiscono anche i
popoli dell’Islam, può ispirare ogni dialogo
interreligioso tra popoli che credono
in Dio e, in questo modo, contribuisce a
creare, attraverso una preghiera universale
e accettabile a Dio, la pace dei cuori
per tutti”.
L’atteggiamento quindi di chi pratica la
lectio divina è caratterizzato dalla sete
del cuore, che sente il bisogno di abbeverarsi
all’acqua viva della Parola, per
appagare il bisogno vitale di felicità e di
salvezza: “Il cristiano non può piegarsi
su se stesso senza centrare i suoi occhi
su Dio!” 12 . È necessario però applicare
alla lectio divina il detto “cardo salutis
caro”: la ‘carne’ è cardine della salvezza,
perché si giunge al messaggio divino solo
attraverso la ‘lettera’, ossia studiando con
cura il testo.
Due momenti fondamentali costituiscono
la lectio divina:
a) lettura attenta e ‘spirituale’ della Bibbia,
durante la quale il credente ascolta
la voce del Padre che si rivolge a lui
Se parlo le lingue degli uomini
e anche quelle degli angeli,
ma non ho amore,
sono un metallo che rimbomba,
uno strumento che suona a vuoto.
Se ho il dono d’essere profeta
e di conoscere tutti i misteri,
se possiedo tutta la scienza
e ho tanta fede da smuovere i monti,
ma non ho amore,
io non sono niente.
San Paolo
in modo personale;
b) risposta del fedele con la preghiera, in
clima di adesione alla Parola, di lode
alla grandezza e bontà di Dio per le
meraviglie del suo disegno salvifico,
di implorazione, di perdono per le inadempienze
e le infedeltà. Questi due
momenti si distribuiscono, secondo la
tradizione monastica, in quattro tempi,
che rivestono un valore più teologico
che cronologico in quanto indicano
i passaggi attraverso i quali la lectio
divina giunge a essere preghiera totale:
lectio – meditatio – oratio - contemplatio.
Questi ‘tempi’ evidenziano
come la lectio divina ha un valore altamente
orante e contemplativo, essa
infatti è un ascoltare Cristo che parla
attraverso le Scritture, è sperimentare
il ‘gusto’ di Dio. Leclercq l’ha definita
lettura “attenta, meditata, pregata, vivificante,
interiore” 13 .
Diamo ora una scheda sintetica sulla lectio
divina:
1. Introduzione terminologica e storica.
“Lettura divina” in quanto relazionata
con la “sacra pagina” o “pagina divina”,
appunto la Scrittura. “Lectio”, dal primo
e più importante momento di questa fase
ascetica della spiritualità cristiana (cf.
Regola di S. Benedetto 48.5).
Origine: I sec. IV-V d.C. che rappresentano
il periodo dei grandi filoni monastici:
Benedetto in Occidente, Antonio e Basilio
in Oriente. Diffusione in epoca medievale
e ricomprensione con il Concilio
Vaticano II che espressamente esorta alla
“lectio divina” (DV 25).
2. I tempi o le fasi della lectio divina
Non un metodo di orazione limitato nel
tempo, ma ch’è orientato a caratterizzare
la vita del credente. I tempi o le fasi sono:
“lettura”, “meditazione”, “ preghiera ”,
“contemplazione”, “confronto o condivisione”,
“messa in pratica” 14 .
3.1. “Lectio” o “lettura”
È lettura e rilettura del testo per “raccogliere”
il messaggio e le suggestioni ‘nascoste’
nella letteralità del testo; è disponibilità
ad aprirsi al ‘parlare’ della Parola;
è - secondo san Girolamo - tendere le vele
allo Spirito Santo senza sapere a quali lidi
approderemo; è accostare la Parola di Dio
nella fede, pronti anche ad ascoltare un
messaggio difficile, estraneo, esigente,
sottomettendosi radicalmente al testo.
Il principio fondamentale che sottostà a
questo momento è: “La storia è fondamento”.
Attraverso la lettera lo Spirito,
dal favo al miele.
“Gli uomini trovano a volte passi oscuri o
anche gli occhi di Dio chiusi: allora sono
sospinti a cercare; altre volte trovano gli
occhi di Dio aperti e passi della Scrittura
chiari: allora sono illuminati e se ne rallegrano.
Ma l’esistenza di passi oscuri e
passi chiari nei libri santi sono come le
pupille di Dio che servono per scrutare
e provare gli uomini: quelli che di fronte
all’oscurità dei temi non sono annoiati
o stancati ma stimolati, e quelli che
nell’aver capito non si gonfiano d’orgoglio
ma sono confermati” 15 .
La lectio esige molta attenzione e profondo
ascolto per cogliere i nessi del testo, i
rimandi ad altri passi della Bibbia, le allusioni
e i simboli. Attenzione perciò ai personaggi
del testo, alle loro azioni e ai loro
sentimenti. Ascolto significa apertura alla
Parola, capacità di accoglierne messaggi,
suggestioni e ispirazioni, disponibilità a
trasforrnare quanto ascoltato nell’“obbedienza
del la fede” (cf. Rm 1,5).
Evita la fretta e il frastuono, perchè questo
è il momento decisivo: “ascoltare per
obbedire”, un “ascolto obbediente”, proprio
come evoca il verbo “shâmâh”.
Possibili itinerari di “lectio”: un brano
della liturgia della parola liturgica, oppure
un Libro della Bibbia letto in forma
“corsiva”. Attenti a non fare indigestioni.
3.2. “Ruminatio” - “meditatio”
o “meditazione”
Il verbo è significativo: si è come un bue
che rumina nei momenti di pausa ciò che
ha ingerito. Il contesto ideale per questo
momento è quello del proprio “cuore”,
ossia di quella sede nella quale si prendono
le principali decisioni. Cf. Eb 4,12:
“La Parola di Dio è viva, efficace e più
tagliente di ogni spada a doppio taglio;
essa penetra fino al punto di divisione
dell’anima e dello spirito, delle giunture

e delle midolla e scruta i sentimenti e i
pensieri del cuore”. Cf. anche Lc 2,19:
“Maria da parte sua serbava tutte queste
cose meditandole nel suo cuore” (cf. anche
Lc 1,66; 2,51). Il conservare quanto
più a lungo la Parola nel proprio cuore è
il segreto fondamentale della vita cristiana
affinchè questa riesca.
Così Guigo il certosino: “La meditazione
è un’azione della mente che cerca con
ardore, sotto la guida della ragione, la
conoscenza della verità nascosta... Essa
riguarda l’intelligenza interiore del testo...
La lectio cerca, la meditatio trova...
La lectio porta il cibo alla bocca, la meditatio
lo mastica” 16 . Se la lectio è primariamente
una attività della mente, la
meditatio è una operazione del “cuore”, è
il “ruminare” la Parola mettendo insieme
ciò che nella lectio si è scoperto e capito
per confrontare la propria vita con il
messaggio e le suggestioni della Parola,
per cogliere il “filo rosso” che lega insieme
gli avvenimenti personali e quelle
della storia contemporanea; è accogliere
la volontà di Dio sulla propria vita. Ammoniva
Teofane: “Devi scendere dalla testa
nel cuore. Attualmente i tuoi pensieri
sono nella testa e Dio sembra essere al
di fuori di te, cosicchè la tua preghiera e
qualunque altra pratica spirituale rimane
esteriore. Finché continui a restare nella
testa, i pensieri verranno difficilmente
soggiogati e continueranno a ronzarti attorno,
come la bufera di neve d’inverno o
i nugoli delle zanzare in estate” 17 .
La meditazione esige disponibilità di
tempo, silenzio interiore ed esteriore, in
modo da far passare la Parola di Dio nella
vita così da farne preghiera. “Leggete
attentamente una pagina, penetratene
il significato, non accontentatevi di percorrere
velocemente e superficialmente
le parole, ma sentitele con tutta la vostra
intelligenza e tesaurizzatene il senso in
voi; poi riflettete su ciò che avete letto,
meditate e sarete infiammati da fervore.
Come la triturazione degli alimenti ne
rende il gusto piacevole, così le parole divine
dette e ridette danno all’intelligenza
l’unzione dell’illuminazione e della
gioia” 18 .
3.3. La “oratio” o “preghiera biblica”
Nella lectio Dio si rivolge alla sua creatura,
nell’oratio è la creatura che si rivolge
al suo Dio. L’oratio, infatti, è il dialogo
della preghiera secondo il bell’adagio di
san Girolamo: “Quando leggi è lo Sposo
che ti parla; quando preghi sei tu che
parli allo Sposo”. La preghiera è la risposta
dialogica e confidente del credente a
Dio. Provocato dalla Parola, l’orante ha
scrutato la sua coscienza e la sua vita che
nella preghiera presenta a Dio in tutta
la loro fragilità e povertà. “Se il testo è
preghiera pregate, se è gemito gemete, se
è riconoscenza siate nella gioia, se è un
testo di speranza sperate, se esprime il timore
temete. Perchè le cose che sentite
nel testo sono lo specchio di voi stessi” 19 .
Una preghiera personale e comunitaria,
ma sempre una preghiera biblica che non
permette di cadere in forme di psicologismo
orante. Cf. Lc 1,46-55 il “Magnificat”,
ossia la preghiera biblica di Maria. Una
preghiera biblica che permette di superare
forme contrattuali di relazione con il
Signore. Importanza della preghiera litanica
in cui si evita il pericolo dell’eccessiva
verbalizzazione. La lectio si trasforma
in preghiera con tutte le sue espressioni:
dall’inno di lode al pianto, dalla benedizione
alla supplica, dalla contrizione e
richiesta di perdono al ringraziamento.
Tali manifestazioni devono sgorgare dal
cuore orante liberamente, senza schemi
fissi; sarà la stessa coscienza toccata dalla
Parola ad esprimersi a Dio con fiducia,
come lo Spirito suggerisce.
3.4. La “contemplatio”
o “contemplazione”
È una esperienza squisitamente personale:
è la preghiera di semplice sguardo;
consiste nel rimanere in Dio mediante
l’amore, affinché Dio rimanga in noi; è
riconoscere e credere all’amore di Dio (cf
lGv 4,17); è ammirazione, sorpresa, stupore;
è esperienza di fede, non di visione.
La contemplazione è celebrazione del
passaggio dalla propria volontà alla volontà
di Dio: “Abbà, Padre, ... non ciò che
voglio io ma ciò che vuoi tu” (Mc 14,35).
La contemplazione esige il mettere a
riposo la mente e le labbra e fa sì che il
cuore sia proteso a Dio in una preghiera
senza parole nella ricerca serena e fiduciosa
di unificare la propria volontà a
quella di Dio. “In nulla il mio spirito gode
quanto nel momento in cui alzo verso di
te, Dio solo, lo sguardo semplice di un
cuore puro! Tutto tace, tutto è calmo, il
cuore arde di amore, l’anima è ricolma
di gioia, la memoria è piena di forza e
l’intelligenza di luce. E lo spirito intero,
infiammato dal desiderio di vedere la tua
bellezza, si vede rapito nell’amore delle
realtà invisibili!” 20 .
3.5. La “actio” o le “opere”.
Nella Bibbia dobbiamo riuscire a scorgere
la provocazione della Parola “viva ed
efficace” (Eb 4,12) che ci parli oggi, pur
nella fedeltà al significato di allora, per
imparare a “conoscere il cuore di Dio nelle
parole di Dio” 21 , perché - affermava De
Lubac - il cristianesimo non è la religione
della Bibbia: è la religione di Cristo!
“È davvero un fatto straordinario che Dio
abbia parlato distintamente agli uomini
e che questa parola sia stata affidata, per
tutti i tempi, a un documento scritto. Ma
non basta percorrere la Sacra Scrittura
con gli occhi e con le labbra, bisogna attaccarvisi,
bisogna soggiornarvi, bisogna
impregnarsene come facevano gli antichi
Padri, non con spirito di vana curiosità
ma di devozione; bisogna abitarla, assimilarla,
addormentarsi e svegliarsi con essa,
bisogna convincersi che è tutto pane, e
che soltanto di questo pane possiamo
saziarci” 22 . Solo così la Parola è sorgen-
Attualità
te quotidiana di discernimento, rinnovamento
interiore e unificazione della
coscienza e aiuta i cristiani a coniugare
intelligenza e fede, Vangelo e vita.
La Parola di Dio, infatti, tratta della vita
perché parla di Cristo che è vita, venuto
“perché abbiano la vita e l’abbiano
in abbondanza” (Gv 10,10). La Parola si
trasforma in vita: “Le parole dei santi
Padri attestano la presenza viva di questa
tradizione, le cui ricchezze si trasfondono
nella prassi e nella vita della Chiesa
che crede e prega” 23 . La Parola trasmette
vita: “La fede procede dal messaggio,
il messaggio tratta di Cristo... ed è forza
salvifica” (Rm 10,17; 1,16). A sua volta la
vita è in qualche modo parola, per la sua
qualità naturale di segno, e così la vita si
trasforma in parola che la proclama, la
spiega, la interroga. La vita sollecita la
Parola: per comprendere se stessa e per
risolvere i problemi nuovi a cui ogni vita
è confrontata.
È il momento di dire, insieme al convertito
Clemente Rebora: “La Parola zittì
chiacchiere mie!”.
11 F. ROSSI DE GASPERIS, Bibbia ed esercizi spirituali, Torino
1982, 33.
12 E. BIANCHI, Pregare la parola, Torino 1974, 13.
13 J. LECLERCQ, La “lecture divine”, in “La Maison-Dieu”, 5
(1946), 21.
14 Quest’ultima è la mena attestata, perché la più discussa.
15 S. AGOSTINO, Sul Salmo 10; ML 36.
16 M. I. ANGELINI, Il monaco e la parabola. Saggio sulla spiritualità
della lectio divina, Brescia 1981, 150.
17 TEOFANE, citato in L’arte della preghiera, a cura di CARITO-
NE da Valamo, Torino 1980, 186.
18 DI FILADELFIA TEOLEPTO, citato da E. BIANCHI, Pregare
la parola, Tori-no 1974, 55-56.
19 S. AGOSTINO, Sul Salmo 33; ML 36.
20 E. BIANCHI, Pregare la parola, Torino 1974, 61.
21 GREGORIO MAGNO, Epistola 31,54.
22 P. CLAUDEL, citato da E. GANDOLFO, Lettera di Dio agli
uomini, Casale Monferrato 1990, 26.
23 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Dei Verbum, 8
11

Tema e Temi
12
Attualità
La Parola di Dio è un tema gigantesco
anche per una grande assemblea qual è il
Sinodo dei Vescovi, non tanto per la sua
quantità, la sua ampiezza, quanto piuttosto
per la sua altezza e profondità (cf.
Ef 3, 18). Per la sua dignità. Per la sua
santità. Per la sua origine, storia, destinazione.
È un tema monumentale la Parola
rivelata, uscita dalla bocca di Dio per
stabilirsi sulla terra come un’arca santa
e piantarsi come una croce e ricollocarsi
nei cieli alla fine dei tempi come altare
eterno, monumento ben più perenne di
un bronzo terreno, di oraziana memoria.
La Chiesa, comunque, è abilitata dal suo
Signore ad accogliere, vivere e annunciare
questa Parola divina attraverso il ministero
dei suoi pastori e l’ascolto fedele
dei suoi figli. Per quanto grande e alta,
questa Parola è data agli uomini, è nata
per loro. Tale grandezza appare in modo
sufficiente nell’opuscolo che oggi è reso
pubblico in questa sede. L’Instrumentum
laboris di un Sinodo è un saggio teologico
sulla Parola di Dio così come la Chiesa
di oggi la porta con sé per la sua vita interna
e per tutti coloro ai quali la Chiesa
si rivolge. Qualcuno potrebbe obiettare:
“La Parola di Dio è scritta, quindi per il
Sinodo basterebbe prendere in mano la
Bibbia; perché scrivere un altro libro?”.
Con Francesco da Assisi alla terra di Puglia
Il Sinodo dei Vescovi
di Mons. Fortunato Frezza
La domanda trova risposta proprio
nell’Instrumentum laboris medesimo,
che si autogiustifica come documento
sussidiario, espressione dell’attualità della
Parola, della sua contemporaneità con
la Chiesa universale medesima. In ogni
caso in questo documento le grandi questioni
dottrinali, catechetiche, liturgiche,
pastorali riguardanti la rivelazione divina
e il suo percorso nella Chiesa vi si trovano
tutte delineate, elaborate almeno embrionalmente.
È per questo che nel grande tema affidato
alla meditazione e al dialogo del Sinodo
trovano posto i diversi temi che toccano la
Chiesa nella sua specifica identità e nel suo
ministero a favore dei popoli della terra.
In modo approssimativo potremmo
rammentare questi temi: l’origine divina
della Parola, la sua ampiezza, l’ispirazione,
lo scopo salvifico, l’immunità
dall’errore, la destinazione universale, la
scrittura, il libro, i libri, la trasmissione,
la Tradizione, il Magistero, la liturgia, la
predicazione, la pietà, lo studio, l’insegnamento,
l’annuncio, la catechesi.
Temi Particolari
Ai Padri Sinodali è richiesto un dibattito
a lungo respiro, che ha un’ascendenza
storica ricca di un valore ecclesiale sommo,
cioè il Concilio Vaticano II. Potremmo
dire che l’Instrumentum laboris sia,
in qualche modo, come una certa rielaborazione
della costituzione conciliare Dei
Verbum, passata attraverso l’esperienza,
5-26 Otto
la meditazione, la riflessione teologica, la
prassi pastorale della Chiesa nell’ultimo
scorcio del ventesimo secolo e ai primi
albori del ventunesimo.
Questa discendenza è significativa per
la Chiesa di oggi, perché qualifica a livello
alto l’azione del prossimo Sinodo,
lasciando ingiustificati certi propalati
timori di involuzione. Si tratta di un raccordo
di collegialità tra Concilio e Sinodo
che manifesta e nello stesso tempo onora
la dignità del luogo di nascita, attraverso
la bellezza di un organismo sviluppato e
promettente.
I lavori sinodali perciò attingeranno
all’Instrumentum laboris come a un deposito
conciliare evoluto. Probabilmente
sarà difficile che tutti i temi siano dibattuti
e redatti in modo compiuto sia quanto
alla profondità sia quanto al numero,
anche perché l’Instrumentum laboris
non deve essere consiederato un trattato
accademico. Tra i temi, comunque, che
potrebbero essere utilmente meditati in
vista della pastorale odierna della Chiesa
vorrei coglierne tre: la grafia, la geografia,
l’omelia.
La grafia. È l’atto attraverso il quale l’autore
umano mette per iscritto la rivela-

Attualità
Sulla Parola di Dio
bre 2008
zione a lui comunicata da Dio. Potrebbe
apparire come un argomento tecnico e
arido oppure denso di interesse solo per lo
scrittore sacro, ma non per chi trova già
pronta la Scrittura e si accinge a leggerla.
In realtà le cose non stano proprio così.
La scienza, la teologia e la Chiesa ci dicono
che il coinvolgimento antropologico
di un soggetto umano nella iscrizione di
una parola divina interiormente percepita,
oltre a possedere un fascino specifico,
approda ad un esito caratteristico, tale che
lo scritto di un uomo si distingue come
Parola di Dio. E la veste umana del libro,
come un corpo di carne per l’anima, non
è insignificante per la rivelazione divina.
Questo principio, invece, permette una
lettura perspicace della Scrittura Santa,
concorrendo alla soluzione di certe, vere
o presunte, oscurità o delle cosiddette
“pagine difficili” della Bibbia.
La geografia. Un ulteriore affascinante
capitolo, analogo al precedente, è quello
che chiamerei carattere topografico della
rivelazione. Anche i luoghi terrestri, infatti,
hanno segnato gli atti rivelatori di
Dio fino a permetterci di tracciare come
una geografia della rivelazione. Anche in
questo caso la geografia non è insignifi-
cante per la rivelazione di Dio. Non riusciremmo
a ipotizzare la teofania del Sinai
come avvenuta alle porte di una città
o, prima ancora, nel palazzo del faraone.
La diversità dei siti geografici riflette, in
modo analogo, in certa maniera, la molteplicità
degli stessi autori sacri e del loro
modo di scrivere.
La lettura biblica, aiutata da un itinerario,
sia pure mentale, attraverso i luoghi
fisici delle parole e degli atti rivelatori di
Dio, assicura un accesso cosciente e sapienziale
alla verità ispirata. Non si tratta
semplicemente di “luoghi santi” esteriormente
stereotipati, ma di ambiti che consentono
una comprensione il più possibile
integrale della Parola scritta. Inoltre
questa vasta geografia favorisce quella
che è chiamata attualizzazione della Parola
di Dio. Se la Parola di Dio, infatti,
ha seguito una volta questo percorso terreno,
i nostri pensieri su dialogo interreligioso,
ecumenismo, pace tra i popoli
potrebbero orientarsi meglio, meditando
e vivendo la Parola di Dio che su queste
strade ci ha preceduto.
L’omelia. Fu il Concilio di Trento a rendere
obbligatoria l’omelia nelle Messe
festive, in forza del principio che le letture
bibliche nella liturgia necessitano di
spiegazione. Spiegare vuol dire esporre la
Scrittura con linguaggio utile alla comprensione
e all’attuazione. Si tratta, perciò,
di una mediazione tra il testo sacro e
gli uditori dei diversi luoghi e tempi della
Chiesa. Pertanto si può dire che l’omelia
sia come un prolungamento esplicativo
della Bibbia, una “lettura odierna” della
Parola rivelata.
L’omelia è un atto eminentemente pastorale
che va nel senso del ministero
della Parola, come segno inalienabile
della missione della Chiesa, imperativo
originario diretto a ciascun discepolo
chiamato ed inviato. Nell’Instrumentum
laboris non si trova nessun capitolo intitolato
“Omelia”, ma la parola ricorre ben
otto volte, a significare che essa è tema
presente ed esigenza diffusa. È urgenza
di annuncio e specificamente segno di celebrazione
liturgica integrale. Tant’è che
liturgia e omelia si costituiscono mutuamente:
l’una è nell’altra, si qualificano
reciprocamente, si richiamano inscindibilmente.
Anzi, sacramentalmente.
È pur vero che ogni sforzo di leggere
la Bibbia, individualmente o in gruppo,
è accesso al mistero santo di Dio che
parla e invita alla relazione e alla comunione,
ma la liturgia, soprattutto quella
eucaristica, è il luogo originario della
“intelligenza delle scritture” (cf. Lc 24,
27); Eucharistia est sacramentum verbi
(Cusanus, Sermo CCLX, 2, 16), che suscita
prima la luce della conoscenza e poi
la grazia delle opere. E, appunto, l’omelia
possiede questo privilegio di compagnia
previa alla soglia della verità intima della
Parola e di ministeriale carità della Parola
nell’oggi dei fratelli.
Dal Bollettino Ufficiale della Santa Sede
13

14
Francescanesimo
La Grazia
delle Origini
In cammino verso
di fr. Francesco Bravi
vicario generale ofm
“La celebrazione dell’VIII centenario della
fondazione della nostra Fraternità ci
offre un’opportunità di grazia per ricordare
con gratitudine il passato, vivere con
passione il presente e aprirci con fiducia
al futuro (cfr. NMI 1b)”. Così si esprime il
Ministro generale nella presentazione del
progetto celebrativo e di animazione per
questa ricorrenza.
Quello che ci viene proposto è un percorso
per riappropriarci del dono della
vocazione francescana, del dono della
nostra forma vitae espressa nella Regola.
Nel progetto La grazia delle origini infatti
leggiamo: “Questa celebrazione può diventare
un kairòs per l’intera Fraternità
dell’Ordine e per la Famiglia Francescana.
Un vero e proprio momento di grazia
per favorire la “rifondazione” dell’Ordine
stesso, in vista di nuovi inizi, di una
nuova vita, e che perciò è: un’occasione
propizia per tornare all’essenziale della
nostra esperienza umana, cristiana e
vocazionale francescana, ricominciando
dai nostri valori carismatici; un’ora provvidenziale
per nutrire, mediante l’offerta
liberatrice del Vangelo, il nostro mondo
diviso, disuguale e affamato di senso, così
come fecero nel loro tempo Francesco e
Chiara d’Assisi, promuovendo la riconciliazione,
la giustizia e la pace; un tempo
forte nel cammino di crescita nella vita
evangelica e nella sequela di Gesù Cristo,
nella fedeltà creativa” (p.10).
Questa celebrazione non è certo per celebrare
noi stessi, o rinchiuderci in uno
sterile ricordo; “desideriamo vivere la
memoria viva e provocante della nostra
fondazione….del “sogno” di Francesco
d’Assisi: vivere il Vangelo nella Chiesa….
perché, nella potenza dello Spirito, possa
prendere oggi un nuovo volto, animare
i nostri passi, a volte stanchi, lasciare
un’impronta per il futuro della nostra
vita di Fratelli contemplativi in missione”
(La grazia delle origini p.11). La forma
di vita vissuta da Francesco d’Assisi e
da tanti fratelli dopo di lui, è ora la nostra
e noi siamo chiamati a vivere la stessa
cosa (cfr. CC.GG 1,1) nella nostra vita e
nel nostro tempo; chiamati a confron-
seconda parte
tarci continuamente con questa forma di
vita espressa per noi nella Regola e nelle
CC. GG. Proprio queste ultime ci ricordano
infatti che: “La Regola dei Frati Minori
confermata da Papa Onorio III è il
fondamento della vita e della legislazione
dell’Ordine, e tutto ciò che è contenuto
in essa deve essere inteso e osservato in
un contesto vitale, secondo il pensiero di
san Francesco, espresso soprattutto nei
suoi scritti, il senso della Chiesa e le sane
tradizioni dell’Ordine” (CC. GG. 2,1) e
che “Le Costituzioni generali contengono
le norme fondamentali per regolare
dovunque la vita di tutti i frati secondo la
Regola”. (CC.GG 12). Esse infatti ci impegnano
a condurre una vita radicalmente
evangelica “vivendo in spirito di orazione
e devozione ed in comunione fraterna,
dando testimonianza di penitenza e
di minorità, portando in tutto il mondo
l’annuncio del Vangelo, con carità verso
tutti gli uomini, predicando, con i fatti,
riconciliazione, pace e giustizia, e manifestando
sommo rispetto verso il creato”
(CC.GG. 1,2).
L’itinerario celebrativo che è stato proposto
è, come sapete, articolato in tre tap-
pe. Esse si propongono di accompagnarci
verso un tempo favorevole per: l’ascolto,
la conversione e il discernimento evangelico;
tradurre oggi, attraverso opere sante,
la capacità di progettare la nostra vita
personale e fraterna secondo il Vangelo;
farci vivere lo stupore e la gratitudine nel
celebrare il grande dono della nostra vocazione,
perché lo restituiamo attraverso
le parole e la vita.
Il 29 ottobre 2005 a S. Maria degli Angeli,
abbiamo aperto ufficialmente l’itinerario
che ci condurrà a celebrare l’ottavo centenario
della fondazione dell’Ordine. La
prima tappa di questo cammino ha puntato
sul tema del discernimento. Siamo
stati tutti invitati a fare una analisi profonda
della situazione in cui ci troviamo,
sia a livello personale che istituzionale,
per riappropriarci dei valori fondanti la
nostra forma vitae.
“Osiamo vivere il Vangelo!” è il tema indicato
per la seconda tappa del percorso
di preparazione al Centenario della fondazione
dell’Ordine. La sfida dell’Ordine
di “osare vivere il Vangelo” collocata in
questo percorso mette in stretta relazione
la Regola (di cui celebriamo otto seco

Sulle orme di San Francesco
li) e il Vangelo. La volontà di Francesco di
vivere radicalmente il Vangelo ascoltato
alla Porziuncola si trasfonde nella proto
regola che sappiamo essere stata una raccolta
di passi evangelici, messi assieme
per formare un progetto di vita. Questo
progetto iniziale venne poi ripreso e integrato
con altri passi e indicazioni più particolareggiate
nelle Regola non bollata e
in quella Bollata.
“ Restituiamo tutto al Signore con le parole
e la vita!”. Così viene definita la terza
ed ultima tappa dell’itinerario celebrativo
per il centenario dell’Ordine. Nello stupore
e nella gratitudine vogliamo celebrare
il dono della nostra vocazione rendendo
grazie al Signore per averci chiamato a
questa vita e, nello stesso tempo restituire,
con le parole e con la vita, al mondo,
alla Chiesa, ai nostri fratelli il dono ricevuto.
Discernere, progettare, celebrare e restituire
sono azioni che si richiamano a vicenda
e a vicenda si completano: un movimento
condiziona l’altro e lo rilancia.
Non si può celebrare e restituire senza un
progetto e soprattutto senza un vero e
sano discernimento. Il punto di partenza
di questo itinerario poi, il discernimento,
è da assumere come atteggiamento costante
da parte di ogni fratello e di ogni
entità per tornare al Vangelo e alla Regola
“ midollo del Vangelo”.
Come accogliere e vivere allora la grazia
di questo centenario? Come far nostro
non solo l’itinerario celebrativo proposto
ma assumerne il senso profondo? Come
ispirarsi concretamente al percorso Discernere,
progettare , celebrare e restituire?
Le Priorità, che ripresentano in modo
unitario gli elementi essenziali della nostra
vita francescana attorno al tema Fraternità
in missione, ritornano spesso sugli
strumenti che possono aiutarci a dare
concreta realizzazione a questi valori: il
progetto di vita personale, fraterno, della
Provincia.
Come sono accolti e vissuti dai frati questi
strumenti?
NON SOLO SIBI VIVERE,
SED ALIIS PROFICERE
E’ questa la risposta che Francesco si
sente dare da Chiara e da Silvestro dopo
aver loro chiesto di pregare per aiutarlo a
capire che cosa dovesse fare: “…si è che
tu vada per lo mondo a predicare, però
ch’egli non t’ha eletto pure per te solo, ma
eziandio per salute degli altri” (Fioretti
Cap XVI). Dentro il cammino che l’Ordine
sta facendo siamo dunque chiamati a
“riscoprire le impegnative conseguenze
della chiamata a vivere e a proclamare
il Vangelo” (StP 1). Proprio il sussidio
delle priorità infatti ci ricorda: “L’essere
Frati minori non consiste nel vivere per
se stessi, ma per gli altri. Le Fraternità
dell’Ordine dei Frati minori sono Fraternità
verso l’esterno, non gruppi chiusi in
se stessi. Il nostro chiostro è il mondo e
la nostra missione è nel far conoscere il
Regno di Dio (cfr. SdP 37). Questa missione
i Frati minori la realizzano prima
con la loro vita e poi con la testimonianza
della loro parola” (p. 33).
Annunciare il Vangelo, portare a tutti la
pace che Dio ci ha donato per mezzo di
Cristo (cfr. Eb 10,36), annunciare Cristo,
che è la nostra pace (cfr. Ef 2,14), questa
è la vocazione della Chiesa, questa è la
sua missione (cfr. SdP 37). Annunciare
e realizzare la buona notizia del regno di
Dio è la vocazione dei Frati minori, è la
loro missione. L’Ordine dei Frati minori
esiste per la missione, è una Fraternità -
in - missione (cfr. SdP 42; VFC 59a). La
missione per noi Frati minori prima di
essere qualcosa che facciamo, è la ragione
per la quale siamo. Le nostre CC.GG.
affermano infatti: “Come il Figlio è stato
mandato dal Padre, così tutti i frati, guidati
dallo Spirito Santo, sono mandati
nel mondo intero a proclamare il Vangelo
ad ogni creatura. Resa testimonianza
alla Sua voce, facciano conoscere a tutti
che Dio solo è l’onnipotente. Ogni frate
si senta corresponsabile del mandato,
conferito a tutta la Chiesa, di evangelizzare.
Come san Francesco, che «di tutto
il suo corpo aveva fatto una lingua per
diffondere la parola evangelica», siano
pronti ad accogliere l’ispirazione del Signore
e ovunque siano chiamati o mandati,
mediante la limpidezza dell’intera
loro vita, edifichino tutti i popoli del
mondo con la parola e l’esempio” (CC.
GG 83). Ma è proprio lo stesso Capitolo
generale 2003 a ricordarci che “quanto
più intima sarà la dedizione al Signore
Gesù, più fraterna la forma comunitaria
di esistenza, più ardente il coinvolgimento
nella missione specifica (VC 72)
dei Frati minori, tanto più saremo autentici
evangelizzatori” (StP 38). La vita
evangelica in tutte le sue dimensioni si
fa annuncio evangelico (cfr. CC.GG 1,2).
La nostra forma di vita è infatti il primo
modo di evangelizzare (cfr. CC.GG 87,
1-2). Le priorità, alla luce di tutte queste
riflessioni, ci sono offerte come strumento
concreto per aiutarci a vivere in modo
unitario il nostro essere una Fraternità in
missione. Fratelli che con il cuore rivolto
al Signore annunciano al mondo, con la
vita e la parola, che Lui solo è l’Onnipotente;
che nell’obbedienza caritativa e nel
servizio reciproco testimoniano la riconciliazione
in Cristo oltre ogni frattura; che
vivendo da minori, poveri e solidali, pellegrini
e stranieri per le strade del mondo
sulle orme di Gesù, proclamano il valore
di ogni uomo e di ogni creatura; che si
nutrono del Vangelo per offrire all’umanità,
inquieta e in ricerca del senso della
vita, la Parola che è “ Spirito e vita; che
sono chiamati ogni giorno a conversione
e vita nuova, per crescere come “Fraternità
in missione”.
La seconda parte del documento finale
Francescanesimo
del capitolo straordinario applica quella
che definisce la “logica del dono” ai due
grandi temi della nostra vita: la fraternità
e la missione.
A proposito della fraternità, si parte anzitutto
dalla consapevolezza che i fratelli
sono un dono del Signore, che diventa un
compito per ciascuno di noi; e si specifica
che il nostro modo di essere fratelli è indicato
dal nostro nome: frati minori. La
minorità caratterizza le nostre relazioni
fraterne, come pure le relazioni con ogni
uomo e donna del nostro mondo. Infine,
si afferma la necessità di prendersi più
cura della vita fraterna, in particolare
aiutando guardiani e ministri nel loro
compito, potenziando il capitolo locale e
trovando anche nuovi momenti e modalità
diverse di scambio reciproco.
Il tema della missione è un elemento essenziale
della nostra forma di vita, come
viene ripetutamente affermato dai documenti
dell’Ordine dell’ultimo decennio
(che vengono espressamente ricordati).
“Abbiamo colto la necessità di ritornare
al centro della nostra missione e di prendere
decisioni di cambiamento che ci
aiutino ad abbandonare alcune situazioni
sociali ed ecclesiali per scegliere con
maggior decisione i luoghi di frontiera e
la marginalità, che sono parte integrante
della nostra tradizione. Sia nella società
che nella Chiesa siamo chiamati ad essere
minori”.
Vengono anche declinate le caratteristiche
della missione oggi: essa è anzitutto
dialogo, da sviluppare come presenza
negli ambienti di frontiera e di conflitto,
come intervento nei nuovi areopaghi,
come attività intellettuale e culturale e
come scambio di esperienze religiose. In
questa pratica del dialogo ci è maestro
15

16
Francescanesimo
Francesco d’Assisi, di cui viene ricordato
in particolare il dialogo con il Sultano.
La missione cui siamo chiamati è sempre
“plurale e diversa”, nella necessità di
assumere e praticare i principi dell’inculturazione
e dell’interculturalità, ma è anche
“uniforme, nel senso che si modella
sull’esempio di Cristo che per noi si è fatto
povero e sulla sua opzione radicale per
i poveri e gli esclusi”.
Dopo le due parti centrali del testo, la riflessione
si conclude con un ultimo capitoletto
che evoca il Vangelo di Emmaus
(Lc 24, 13-35), motivo ricorrente della riflessione
capitolare. In quel testo evangelico
si riconosce la preziosa indicazione
di un metodo, che è quello della condivisione
nella fede: “siamo in grado di scoprire
la presenza del Signore in mezzo a
noi come Via , Verità e Vita solo quando, a
partire dalla fede, riusciamo a dare ascolto
a quanti vivono attorno a noi e quando
riusciamo ad esprimere ciò che ci abita
dentro” (43). Così fanno i due di Emmaus
con il misterioso viandante: come
“mendicanti di senso” gli raccontano la
loro storia e le loro tristezze, sono educati
a rileggere la propria esperienza alla
luce della Parola, si dichiarano nell’invito
“Rimani con noi” e lo riconoscono nella
comunione del pane spezzato; ed infine
diventano messaggeri, ritornando a Gerusalemme
per ascoltare e annunciare
(cf. 44).
La stessa metodologia si ritrova in Francesco
e nei primi compagni, come racconta
il Celano (1 Cel 34), che narra che
durante il ritorno da Roma, dopo l’approvazione
papale della forma di vita, essi si
ponevano molte domande e interrogativi
sulla loro vita futura, e condividevano
esperienze, progetti, dubbi e desideri (cf.
41). Anche per noi la sfida è quella di “andare
all’essenziale: riuscire a condividere
ad un livello più profondamente umano
e cristiano. Ciò che dobbiamo mettere in
pratica in tutte le nostre Province, Conferenze
e anche a livello di Ordine, è la
stessa metodologia del racconto di Emmaus”
(44).
“Il cammino così delineato è semplice ed
essenziale, come tutte le cose importanti:
riunirsi; parlare di ciò che ci è successo;
condividere il Vangelo, rileggere la Regola;
pregare e lodare Dio per tutti i suoi
doni; celebrare la comunione fraterna; e
tornare ai Frati delle nostre Fraternità, ai
nostri fratelli e sorelle del mondo intero
con la buona notizia che ha trasformato
le nostre vite” (45).
L’essere una Fraternità in missione, ci
ricorda il Capitolo del 2003, “comporta
una grande sfida di conversione” (StP
45). Abbiamo veramente assunto questo
modo di vedere e valutare le cose quando
pensiamo e operiamo scelte concrete nel
campo dell’evangelizzazione? Queste indicazioni
come sono state accolte?
PER VIVERE L’ESSENZIALE
Il cammino che viene delineato da tutti
questi documenti e riflessioni lo potremmo
sintetizzare con queste parole: per vivere
l’essenziale e annunciare il Vangelo.
Tuttavia l’impegno a elaborare programmi
articolati e pieni di ampio respiro, a
produrre documenti più o meno storici,
ad annunciare iniziative per raccogliere
le sfide dell’oggi, se non passa la dove dovrebbe
essere continuato e applicato, cioè
nella vita concreta dei frati e delle fraternità,
rischia di non portare i frutti sperati
e tutto resta come prima e la vita dei singoli
e delle fraternità continua sui binari
della solita e dirompente mediocrità.
Per evitare che tutto questo sia solo produzione
di parole che non cambia la vita,
occorre prima di tutto che gli stessi nostri
documenti, proposte e indicazioni ci
aiutino ad andare in profondità.
Come altre volte in passato, anche il Capitolo
generale straordinario, ha riflettuto
su come vivere in modo più autentico
il Vangelo. Tra le numerose indicazioni
raccolte si è trovato pieno consenso sul
primato della vita e dell’esperienza. Affinché
il nostro approccio al Vangelo non
resti teorico o intellettuale, l’esempio di
Francesco indica un metodo per renderlo
genuinamente vita. E il metodo, o esempio,
che ci ha tramandato Francesco è la
pratica di ciò che ascolta con fede. Dopo
l’incontro col Cristo di S. Damiano che lo
invita a riparare la Chiesa, Francesco non
ha esitazione e si accinge a riparare l’edificio
che è in rovina e a restaurare altre
cappelle abbandonate. Si dice che abbia
capito male il messaggio del crocifisso,
ma invece agisce in questo modo proprio

per comprendere il senso profondo delle
parole rivolte a lui; perché ciò avvenga ha
bisogno di entrare nel terreno dell’esperienza,
dell’azione, del fare assieme agli
altri con la semplice motivazione che l’ha
chiesto il Signore. In questa docilità e radicale
disponibilità il Signore può quindi
rivelare il suo progetto e trova il discepolo
pronto ad accogliere la sua volontà. Al
primo posto viene il contatto umano con
la realtà, solo dopo avviene l’interpretazione
della vita. La stessa dinamica si
ripete anche alla Porziuncola con il Vangelo.
Dopo aver ascoltato la Parola del Signore,
Francesco si affretta a cambiare il
suo modo di vestire. Ha bisogno di mettere
in pratica la Parola ascoltata, anche se
inizialmente in modo parziale e materiale.
Anche per noi il recupero di una certa
immediatezza e della pratica potrebbe
diventare valido metodo per rendere il
Vangelo più penetrante nella nostra vita.
Ma perché ciò avvenga è necessario garantire
prima il primato dell’ascolto della
Parola, della condivisione con i fratelli e
del discernimento in Fraternità.
E’ proprio questa dinamica spirituale
che forse dobbiamo tutti ricuperare. Il
contemplare non è in funzione del fare;
piuttosto, è l’agire che è in funzione del
vedere, nel senso che la dinamica dell’intelligenza
di fede si struttura così: conoscere
– fare – vedere. Come per l’intelli-
Nel definire la sua vocazione Francesco usa
una espressione che non è molto comune ai
nostri giorni e che va collocata nel contesto
dei suoi tempi perché sia compresa nel suo
significato più pieno: “penitenza”. E’ nel Testamento
che Francesco, evocando i suoi
primi passi, dopo aver evidenziato le difficoltà
che nella ricerca di una sua strada andava
incontrando – aveva già sofferto la prigionia
e la malattia – e cioè il suo ribrezzo per i lebbrosi,
afferma: «Il Signore concesse a me, frate
Francesco, d’incominciare così a fare penitenza,
poiché, essendo io nei peccati, mi sembrava
cosa troppo amara vedere i lebbrosi» (Test
1:110). Anche i cronisti e i biografi usano lo
stesso termine: «Nell’anno del Signore 1207
(1206), Francesco, di professione mercante,
con cuore compunto e toccato dal soffio dello
Spirito santo, cominciò una vita di penitenza»
(Cr. Di G. da Giano: FF 2323). Con questa
espressione Francesco non intende soltanto un
atteggiamento di cambiamento interiore che
lo porta a riconoscere i “suoi peccati” e quindi
a decidere di porre in essere quelle pratiche
di espiazione che più o meno ognuno di noi
attua in occasioni simili. In realtà Francesco
usa una espressione che all’epoca aveva una
particolare accezione e che indicava un vero
genza delle Scritture, la dinamica non
si riduce a un capire per poi mettere in
pratica, ma più precisamente: leggere –
praticare – comprendere e non come comunemente
si sarebbe indotti a pensare:
leggere – comprendere – praticare. Come
a dire: l’azione buona non è l’ultimo obbiettivo.
Il fare il bene è in vista del conoscere
nel senso di quel conoscere colui
che si ama, di quel conoscere in intimità,
in comunione, dal di dentro. Solo qui si ha
il superamento di ogni intellettualismo o
di ogni spiritualismo. Qui sta la forza del
comandamento divino che non è semplicemente
una istruzione etica, bensì una
partecipazione a una intimità di vita.
Per questo, credo io, non siamo chiamati
ad insistere su una comprensione
da avere dei valori della nostra vita, ma
su una potenza da assimilare attraverso
una esperienza di vita che mi permette di
capire vivendo e sperimentando. Tornare
all’essenziale della nostra vita allora vuol
dire imparare a vivere questa dinamica
profondamente spirituale che lo stesso
padre S. Francesco ha vissuto. Così, forse,
riusciremo a coinvolgere tutti i frati
in questo cammino che l’Ordine ci chiede
di fare e lo faremo noi per primi. Non è
questa in fondo la vera formazione permanente?
Come fare nostro il metodo che France-
piccolo dizionario della grazia delle origini
Penitenza
e proprio stato di vita, conosciuto e regolato
dalla Chiesa. Francesco diventa un “converso”
ed entra in una delle forme ufficiali del “facere
poenitentiam”. Una riprova sta nel fatto che
quando il padre lo chiamò in giudizio i Consoli
di Assisi affermarono che non era sotto la loro
giurisdizione perché “si è consacrato al servizio
di Dio” (3Cmp 19:1419). Il penitente era
considerato un “ecclesiastico” e quindi sotto
la giurisdizione del Vescovo. Subito dopo il
giudizio Francesco prenderà anche l’abito dei
penitenti, come ci attestano ancora Giordano
da Giano (“Franciscus... in abitu eremitico
modum penetencie est aggressus” FF ib.), e
lo stesso Tommaso da Celano: «Era ormai al
terzo anno della sua conversione. In questo
tempo indossava un abito quasi eremitico, con
la cintura, il bastone in mano e i sandali ai piedi»
(1Cel 21:355). Francesco vivrà in questo
stato di vita per almento due anni e agli inizi,
quando ebbe dei compagni, tutto il gruppo
era denominato i “penitenti di Assisi” (cf
3Cmp 37:1441). I penitenti facevano parte di
un vero e proprio Ordo poenitentium, che rappresentava
l’epigone della penitenza pubblica
del primo millennio. L’opera di rilancio avviata
da Francesco porterà nel 1221 il suo amico
e protettore, il cardinale Ugolino futuro Papa
Francescanesimo
sco ci indica per vivere l’essenziale? I nostri
orientamenti, le nostre proposte, le
nostre decisioni, ci aiutano a vivere e non
solo a capire i valori della nostra forma
vitae?
PER CONCLUDERE
Lo Specchio di perfezione ci ricorda che
il serafico padre Francesco “ immedesimato
in certo modo nei suoi fratelli santi
per l’ardente amore e il fervido zelo che
aveva per la loro perfezione, spesso pensava
tra sé quelle qualità e virtù di cui doveva
essere ornato un buon frate minore.
E diceva che sarebbe buon frate minore
colui che riunisse in sé la vita e le attitudini
dei seguenti santi frati…” (Spec
85) ed inizia un elenco non di virtù ma di
uomini reali sottolineando di ciascuno le
virtù caratteristiche. Il frate minore ideale
per Francesco è la somma vivente di
aspetti diversi della medesima vocazione
incarnati da persone concrete.
E’ alla luce di queste indicazioni allora
che vogliamo iniziare la nostra condivisione,
avendo nel cuore il volto e la vita di
tutti i frati della Provincia ed accogliendo
la nostra stessa diversità come ricchezza
che ci può sostenere reciprocamente nel
vivere con fiducia e libertà questi giorni
di fraternità e di ricerca di linee condivise
per il cammino futuro.
Gregorio IX, a redigere una Regola comune
per tutta la Chiesa: il “Memoriale propositi”
che definiva in maniera precisa ed esigente la
preghiera, il modo di vestire, le mortificazioni,
gli impedimenti, le esenzioni dei penitenti.
Naturalmente Francesco si accorse che al suo
tempo il modo tradizionale di praticare la penitenza
soffriva di una certa aridità e appiattimento
sulle pratiche materiali ed esterne:
le penitenze (anche la preghiera aveva questa
valenza). Francesco avviò un vero e proprio
processo di ritorno alla conversione evangelica,
all’assunzione cioè di una modalità di vita
più aderente alle sfide poste da Gesù che ebbero
una concretizzazione visibile nella Chiesa
apostolica: la comunione fraterna, la povertà
e la solidarietà, la spinta apostolica ed evangelizzatrice,
con una una forte motivazione
interiore e spirituale. Così Francesco propose
con i suoi compagni una nuova pratica della
penitenza, che ritroviamo delineata a sommi
capi nella “Lettera a tutti i Fedeli”, che suscitò
un particolare fascino tra i laici e rilanciò una
nuova sequela di Cristo nel mondo con scelte
più radicali e coerenti con la proposta evangelica.
Peter
17

18
Francescanesimo
le sorelle Clarisse di Mola di Bari ci raccontano
una forma
di vita
abbiamo chiesto ai nostri due Monasteri
di Mola di Bari e Bisceglie di raccontarci la
loro vita. Storie di donne in cammino, che dopo
circa 800 anni, continuano a seguire “in tutto le orme
di Colui che per noi si è fatto povero, e via e verità e vita “.
“…Osservare il Santo Vangelo di nostro
Signore Gesù Cristo…” (FF 2750):
sono queste le parole che stanno alla
base di quell’anelito evangelico, vissuto
da Chiara e dalle sue Sorelle, donne radunate
dallo Spirito del Signore.
Parole che come eco, hanno trovato
risposta nella loro vita, nel succedersi
di giorni, di notti, di stagioni, di anni,
di secoli; parole che si sono trasformate
nel “tesoro nascosto nel campo”
(Mt 13,44) e per il quale vale sempre la
pena investire.
Tra queste donne, oggi, ci siamo anche
noi: una fraternità di undici
sorelle, insieme
non per scelta,
ma nemme-
no per caso, come spesso si è tentati di
spiegare la propria esistenza.
Insieme perché si è concretizzata
l’esperienza del “venite e vedrete” (Gv
1,39), ha preso forma in noi il desiderio
di lasciarci guidare e amare da Colui
che “fissa e ama” (Mc 10,21) la storia
di ciascuno.
Ed ecco che la nostra quotidianità ha
il suo centro nel Cristo, Parola che si
fa carne, Dio, come direbbe Francesco,
che “ogni giorno si umilia a tal punto
da nascondersi, per la nostra salvezza,
sotto poca apparenza di pane” (FF 221),
pane benedetto, spezzato, condiviso.
A partire da questo mistero, tutta la
nostra giornata è profondamente vissuta
quale luogo per dialogare con Dio
e condividere il proprio cammino di
fede.
L’alba e il tramonto costituiscono i
momenti cardine di un percorso che si
traduce in preghiera di lode e di ringraziamento,
nella quale ognuna di noi si
fa voce di ogni battezzato che prende
coscienza di sé, entra in rapporto con le
realtà create, ed offre loro il vero volto,
inserendole nel canto cosmico rivolto
al Creatore. In questa relazione, cresciamo
nella conoscenza di Dio Padre,
un Padre che mostra la sua benevolenza,
che chiede abbandono al suo amore

provvidenziale, che ci fa vivere di fede,
che ci permette di affrontare anche le
difficoltà con fiducia e speranza.
Chiara d’Assisi ha lasciato anche a
noi in eredità, ciò che le stava più a
cuore: il Privilegio della Povertà (che
per Francesco era “madonna Povertà”),
quel non avere o ricevere possedimenti,
o meglio una vita priva di garanzie,
di sicurezze, perché Gesù ha vissuto
così, da povero!
In questo modo, quel “oggi c’è, domani
chissà” ci fa sperimentare che
tutto ci viene donato da Colui che è
datore di ogni bene, ci fa camminare
verso l’umiltà che vuol dire che non
siamo padroni di ciò che abbiamo.
Sperimentiamo la grazia del lavoro
e la fatica, a volte, di portarlo avanti,
anche se sempre apprezzato, pensando
a quanti ne diventano schiavi, a coloro
per i quali resta solo un miraggio e a
coloro per i quali è semplicemente indispensabile
per portare ogni giorno il
pane a casa.
Questa povertà si concretizza anche
nei momenti di sofferenza, nel saper
accettare la vita, la propria creaturalità,
il proprio peccato, così da sperimentare
la forza di Dio nella propria
debolezza.
E’ povertà anche l’essere attenti a
ciò che serve alla sorella che abbiamo
accanto, o vivere la condivisione con
il fratello che bussa alla porta (anche
contr’ora).
Siamo povere e sorelle in cammino,
ogni giorno, affinché si compia il miracolo:
“dove due o tre sono riuniti nel
mio nome, là ci sono io” (Mt 18,20),
che non significa essere riunite sotto
uno stesso tetto, ma fare esperienza di
accoglienza delle diversità, dell’entrare
nella logica del dono, anche con la
fatica causata dalle resistenze…
Esperienza che diventa liberante
quando lasciamo
agire lo Spirito Santo e
prendiamo piena coscienza,
sulla
nostra pelle, di cosa significhi perdonare
ed essere perdonati, avere bisogno
dell’altro senza esserne dipendenti.
Questa forma di vita è scuola quotidiana
di salvezza e di conversione, dove
ci mettiamo in ascolto, dove poniamo
attenzione alla Presenza di Dio negli
eventi semplici, quotidiani e negli
eventi grandi che cambiano la storia
dell’uomo e che lasciano a volte delle
domande sospese.
Una storia, la nostra, che vuole raccontare
“ciò che abbiamo visto e udito”
(At 4,20): Dio continua ad amarci e a
donarsi in modo sempre gratuito.
Vogliamo condividere questa storia
con ciascuno, con quanti vogliono
rendere grazie a Dio perché consapevoli
che solo in Lui c’è pienezza
di vita, e che in Cristo saremo
assunti nel passagvgio dalla Risurrezione
all’incontro finale
con Lui “la cui visione gloriosa
renderà beati tutti i cittadini
della celeste Gerusalemme”
(FF 2901).
Sr. Chiara Letizia Presutti
Monastero S. Chiara,
Mola di Bari
Francescanesimo
19

20
Francescanesimo
di fr. Giovanni Lauriola
Parlare del rapporto tra P. Diomede Scaramuzzi
e il Beato Giovanni Duns Scoto
è impresa alquanto difficile per la convinzione
che il pensiero scotista serpeggi in
quasi tutte le opere dello Scaramuzzi, il
cui repertorio bibliografico registra più di
500 titoli. In realtà solo 11 titoli sono specificatamente
dedicati a Duns Scoto: una
predica tenuta a Sepino (CB) il 1 agosto
1915 (in occasione della benedizione della
tela di Pasquale Frenguelli, Duns Scoto e
l’Immacolata); quattro articoli sull’Osservatore
Romano, di argomenti di circostanza
e precisamente negli anni 1932, 1934,
1936 e 1940; vari articoli sulla rivista Studi
Francescani, tra cui: Le infiltrazioni della
dottrina di Giovanni Duns Scoto in Giambattista
Vico (1926); e diverse pubblicazioni:
Il pensiero di Giovanni Duns Scoto nel
Mezzogiorno d’Italia (1927); La dottrina
di Duns Scoto nella predicazione di San
Bernardino da Siena (1930); La prima edizione
dell’Opera Omnia di G. Duns Scoto
(1930); la Summula. Scelta di testi coordinati
in dottrina (1932); Le idee scotiste
di un grande teologo domenicano del ‘500:
Ambrogio Catarino (1933).
Il nome dello Scaramuzzi, quindi, è legato
storicamente e direttamente a Duns Scoto
per un periodo di circa 20 anni, anche se
non continuativamente. Si può distinguere
un primo periodo che va dal 1901 al 1904,
quando riceve la preparazione teologica
all’Ateneo Antonianum di Roma, durante il
quale viene a contatto con il fior fiore degli
intellettuali francescani e scotisti dell’epoca;
e il periodo che va dal 1922, anno in cui
ritorna a Roma per le sue ricerche sullo
scotismo nel mezzogiorno, al 1935, anno in
cui riceve l’incarico di “Segretario dell’ufficio
stampa per l’Italia francescana”, che
tenne fino alla morte (1966). A quest’ultimo
periodo appartengono i 6 titoli principali
dedicati a Duns Scoto...
L’amore per Duns Scoto nacque in P. Diomede
non solo perché francescano, ma anche
per il fatto che la sua formazione di
base coincide con gli inizi della rinascita
dello “scotismo”, dovuta in gran parte alla
ristampa dell’Opera Omnia da parte del Vivès
a Parigi tra gli anni 1891 – 1905, e al
dibattito dottrinale intorno all’autenticità
delle stesse opere di Scoto, nonché sull’ortodossia
del suo pensiero, che si era aperto
a causa dell’avvio del processo di beatificazione
del Maestro francescano.
Questo clima di ricerca storico-critica
contribuì non poco nello Scaramuzzi a
rinsaldare la sua passione per Duns Scoto
e a coinvolgerlo nell’impresa di ricostruire
la personalità e il pensiero del Dottor
Sottile nella sua giusta realtà storica. E’
proprio da questo periodo molto difficile
e turbolento che nasce l’esigenza di una
edizione critica delle Opere. Nel 1927 venne
così costituita una prima Commissione
Scotista con sede a Quaracchi (FI), sotto la
presidenza di P. Efrem Longpré, di cui fece
parte lo stesso Scaramuzzi... Dal lavoro
In famiglia news
VII centenario della morte del Beato Giovanni Duns Scoto
p. Diomede
Scaramuzzi
e Giovanni
Duns Scoto
p. Diomede Scaramuzzi
e Giovanni Duns Scoto
per la Commissione nacquero i suoi lavori
dedicati a Scoto e con la precisa finalità di
opere di volgarizzazione.
Il pensiero di G. Duns Scoto
nel Mezzogiorno d’Italia
E’ il primo contributo per una storia ancora
da scrivere dello scotismo. L’Opera si compone
di una introduzione e di 12 capitoli.
Nella Introduzione espone in modo sintetico
e chiaro, anche se con stile apologetico
proprio dell’epoca, i capisaldi principali del
pensiero filosofico di Duns Scoto... Si tratta
di uno dei primi tentativi in lingua italiana
di ricostruzione del pensiero di Scoto condotta
con rigore scientifico e con passione
di studioso...
Il contenuto del volume si sviluppa per

cinque secoli, dal sec. XIV al XVIII, dove lo
Scaramuzzi tesse la “prima storia dello scotismo”
dalla Scuola Napolitana alla Sicilia,
dalla Puglia agli abruzzi e alla Calabria, attraverso
le più rappresentative personalità
di discepoli e studiosi del Maestro francescano
più rappresentativo della grande Scolastica.
Nel primo capitolo che riguarda l’“aurora”
dello scotismo, cioè il secolo XIV, lo Scaramuzzi
presenta la vita e le opere di alcuni
discepoli diretti di Scoto, tra cui Landolfo
Caracciolo, successivamente Provinciale
della Terra di Lavoro (Napoli), Vescovo di
Castellammare e Arcivescovo di Amalfi;
e Pietro di Tonnaparte di Aquila, detto lo
“Scotello”, perché commentava le opere di
Scoto con le stesse parole del Maestro.
Tra gli scotisti pugliesi cita P. Francesco
Casimiri da Brindisi, P. Clemente da Carovigno,
P. Gregorio Scherio di Lecce, P. Luigi
da Grottaglie e tanti altri, tra cui anche P.
Antonio Fania da Rignano Garganico che
fece parte della Commissione pontificia
dei Teologi per il Dogma dell’Immacolata.
Scaramuzzi accenna anche alla fondazione
e soppressione a Napoli della Cattedra
francescano-scotista, che ebbe tra i primi
esponenti proprio Landolfo Caracciolo e
che venne soppressa nel 1879, quando fu
eliminata la teologia dalle Università italiane.
L’opera termina con una augurio di
speranza per la giovane “Università Cattolica
del Sacro Cuore” di Milano, fondata da P.
Agostino Gemelli.
La Summula
Storicamente è la prima pubblicazione in
Italia di una così ricca e completa esposizione
e interpretazione del pensiero del
Dottor Sottile. Successivamente sono state
pubblicate altre antologie, ma tutte limitate
all’aspetto filosofico e tutte dipendenti,
in un modo o nell’altro, da Scaramuzzi. Il
valore di questa antologia è non solo dottrinale
ma anche storico, perché costituisce la
prima sintesi dottrinale sicura del pensiero
di Scoto, attraverso i suoi stessi testi ricavati
direttamente dalle fonti principali. Per la
difficoltà a reperire le edizioni delle opere di
Duns Scoto, la Summula dello Scaramuzzi
ha costituito, e forse costituisce ancora, un
punto iniziale della conoscenza del non facile
pensiero del Dottor Sottile e del difficile
latino in cui è tramandato. Benedetto Croce,
Teilhard de Chardin e P. Gabriele Allegra
hanno dichiarato di aver conosciuto il pensiero
cristocentrico di Duns Scoto proprio
attraverso la Summula di Scaramuzzi.
La comprensione del difficile testo latino è
facilitata dalla traduzione italiana a fronte...
Importante è l’impianto con cui lo Scaramuzzi
ha costruito la Summula. Non si limita
al solo pensiero filosofico, ma spazia dal
filosofico al teologico, dall’antropologia alla
teodicea, dal Cristocentrismo all’ecclesiologia
e alla mariologia, dalla morale al diritto,
dal sociale al politico. La Summula offre così
veramente una visione ampia quanto più
possibile dell’intero pensiero di Duns Scoto.
Francescanesimo
Atto di fede del beato Giovanni Duns Scoto
(Duns Scoto, SUMMULA, a cura di p. Diomede Scaramuzzi, pp. 111-119).
Dio, Signor nostro... Tu sei il vero Essere, Tu sei tutto l’Essere.
Io credo ciò, ma, se fosse possibile, vorrei conoscerlo.
Aiutami, o Signore, a conoscere ciò che Tu sei...
Tu sei beato, anzi Tu sei essenzialmente la beatitudine...
Tu solo, o Dio, sei semplicemente perfetto...
Tu sei buono senza misura.
Liberissimamente Tu comunichi i raggi della tua bontà,
e tutti quelli che ne son fatti partecipi,
corrono, ciascuno per la sua via, verso di Te,
Essere sovranamente amabile, come verso il loro ultimo fine...
Nella luce della Tua essenza tutti gli esseri
si mostrano nella loro chiarezza più perfetta,
ciascuno nella sua propria ragione di essere...
Noi ti magnifichiamo onnipotente,
immenso, vero, giusto e misericordioso,
provvidenza di tutte le creature...
Signore, Dio nostro, Tu sei naturalmente uno,
numericamente uno.
Hai avuto ragione di dire che all’infuori di Te non v’è altro Dio...
Tu solo sei il vero Dio, da cui tutte le cose procedono,
nel quale tutte le cose si conservano.
Tu sei benedetto per questo, o Dio,
nei secoli dei secoli, per sempre. Amen.
Opere principali
di Padre
Diomede Scaramuzzi
21

22
Francescanesimo
• Da Assisi un
appello per i mendicanti
In seguito alle nuove disposizioni
delle autorità civili tendenti
ad allontanare i mendicanti
dalle chiese, dai centri storici ed in
genere dai luoghi a più alta concentrazione
di persone, il vescovo di Assisi,
le Sorelle Povere e altri uomini e
donne di Chiesa hanno espresso subito
le loro preoccupazioni. Nessuno vuole
contrastare le esigenze della sicurezza
e dell’ordine pubblico. Ci sono anche i
truffatori e chi guadagna illecitamente
dietro i finti poveri. E, tuttavia, restano
delle perplessità. Anche san Francesco
aveva conosciuto l’imbarazzo alla vista
dei poveri e, come scrive lui stesso nel
testamento, gli era «cosa troppo amara
il vedere i lebbrosi», quando riuscivano
ad “evadere” dai lazzaretti per chiedere
l’elemosina. Se non ci fosse stato
quell’incontro – che divenne «dolcezza
di animo e di corpo», perché gli permise
di «fare misericordia» - chissà se ci sarebbe
stata la sua conversione. L’appello
partito da Assisi (a firma di Marco Bartoli
della Pontificia Università Antonianum
di Roma, e di tanti altri) afferma:
«Se incontri un uomo o una donna che
ti tende la mano, non dargli un sasso,
dai quel che puoi e, soprattutto, non far
mancare il tuo sorriso e una tua parola
da amico».
panorama
panorama f
• 2009: Capitolo
internazionale delle stuoie
I Ministri generali del I Ordine e del
TOR hanno organizzato un Capitolo
Internazionale delle Stuoie per celebrare
l’VIII Centenario della Fondazione
dell’Ordine dei Frati Minori, con
l’approvazione della Proto Regola nel
1209. Il Capitolo avrà luogo dal 15 al
18 aprile 2009. Sarà celebrato ad Assisi
ed è previsto che un giorno ci si sposti
a Roma per essere ricevuti dal Santo
Padre e rinnovare nelle sue mani la
professione dei consigli evangelici.
Al Capitolo parteciperanno frati
dell’OFM, OFMConv., OFMCap.,
TOR e membri del resto della
Famiglia Francescana.
• Brasile:
i francescani e la lebbra
Il Brasile, secondo l’Organizzazione
Mondiale
della Sanità (OMS), è
al secondo posto nel
mondo per il numero
di malati di lebbra. Di
fronte a questa grave
situazione, i Francescani
della Provincia
dell’Immacolata, in
Brasile, si sono sentiti
interpellati a dare il loro
fattivo contributo per
combattere questo pre-
occupante fenomeno. Da tre anni,
infatti, portano avanti il progetto:
“Francescani per l’eliminazione della
lebbra”. Poiché i malati di lebbra
si trovano in tutto il Paese, la Provincia
francescana ha esteso la sua
azione al di là dei propri confini,
coinvolgendo i Francescani della
Provincia di Sant’Antonio, con
sede a Recife, e della Custodia
autonoma di S. Benedetto,
con sede a Bacabal. Inoltre,
rispondendo alle sollecitazioni
f

panorama francescano
rancescano
Beato Giovanni Duns Scoto
rancescano
di diverse autorità civili si stanno impegnando
in vari Stati ed in numerosi
comuni del Brasile. Nella consapevolezza
di poter così rivivere oggi l’incontro
di Francesco con il lebbroso, i Francescani
sperano con il loro impegno di
poter contribuire alla realizzazione di
un sogno: sconfiggere definitivamente
la lebbra.
• P. Bernardino da Portogruaro
venerabile
Il 3 luglio 2008, festa dell’apostolo
Tommaso, il Santo Padre Benedetto
XVI ha ordinato che fosse promulgato
il Decreto attestante l’eroicità delle virtù
del Servo di Dio P. Bernardino da
Portogruaro (1822-1895), già Ministro
Generale e promotore coraggioso della
rinascita dei Frati minori, dopo le
tragiche vicende risorgimentali che
provocarono, tra l’altro, la soppressione
degli Ordini religiosi e, per i Frati
Minori, la perdita della sede storica
della Curia Generalizia all’Ara Coeli di
Roma (dov’è attualmente l’Altare della
Patria).
• Le immagini del francescanesimo
Dal 9 all’11 ottobre 2008 ad Assisi si
terrà il XXXVI Convegno internazionale
di studi “Le immagini del francescanesimo”,
organizzato dalla Società Internazionale
di Studi Francescani. Per
facilitare la partecipazione al Convegno
di giovani studiosi, il Comitato organizzatore
assegnerà venti borse di studio
(vitto e alloggio).
• Roma: studiare e riscoprire
il medioevo francescano
La Scuola Superiore di
Studi Medievali e Francescani
in collaborazione
con la Facoltà di
Lettere e Filosofia della
LUMSA ha organizzato
un Master di secondo
livello in Medioevo francescano.
Si tratta di un
progetto formativo aperto
a quanti, professori, ricer-
Francescanesimo
catori e laureati, vogliono approfondire
e far progredire la conoscenza della
cultura medievale.
Quale rilevanza ha oggi la conoscenza
del Medioevo? Che senso ha studiare
gli antichi? E’ possibile conoscere le
fonti e le ragioni che fecero uscire il
mondo occidentale dalla decadenza
e diedero vita poi al Rinascimento?
Queste ed altre domande, secondo padre
Pietro Messa Preside della Scuola
Superiore di Studi Medievali e Francescani
della Pontificia Università Antonianum,
sono le ragioni della proposta
formativa del Master.
• Lo spirito di Assisi
e i Giochi olimpici
«Lo “spirito di Assisi” giunga nella lontana
Cina». E’ stato questo l’auspicio
del Vescovo di Assisi, intervenuto in
un Convegno promosso dal Comune
di Assisi a favore del Tibet. Successivamente,
in concomitanza con l’apertura
ufficiale delle Olimpiadi di Pechino,
il “Campanone delle laudi” ha suonato
dalla torre civica di Assisi, «come forte
richiamo in difesa dei diritti umani».
Infine, il sindaco di Assisi ha rivolto
un appello affinché al termine delle
olimpiadi i rappresentanti cinesi e
tibetani potessero stringersi la
mano «così non si spegnerà
la fiamma olimpica».
23

24
Mariologia
Io sono
l’Immacolata
Concezione
di Francesco Armenti
Era una mattina, come tante, quell’ 11
febbraio 1858 quando Bernadette si reca,
come sempre, sulle rive del canale che si
congiunge con il fiume Gave assieme alle
sue compagne. Doveva essere una giornata
come tante, impegnata a pascolare,
a divertirsi con le amiche, a mangiucchiare
qualcosa e a recitare il rosario.
Invece avvenne l’imprevedibile: “Avevo
appena tolto la prima calza che sentii un
rumore come se ci fosse stato un colpo di
vento. Allora voltai la testa dalla parte del
prato(dal lato opposto alla grotta). Vidi
che gli alberi non si muovevano. Allora
ho continuato a scalzarmi. Sentii ancora
lo stesso rumore. Appena alzai la testa
guardando la grotta, scorsi una signora in
Que soy era
Immaculada Councepciou
bianco. Aveva un vestito bianco, un velo
bianco e una cintura azzurra e una rosa su
ogni piede, del colore della catenella del
suo rosario. Allora fui un po’ impressionata.
Credevo di sbagliarmi. Mi strofinai
gli occhi. Guardai ancora e vidi sempre
la stessa signora. […] Allora lo sbigottimento
s’impadronì di più fortemente di
me. La mia mano tremava. Tuttavia non
fuggii. La signora prese il rosario che
teneva tra le mani e fece il segno della
croce. Allora provai una seconda volta a
farlo e potei. Appena ebbi fatto il segno di
croce scomparve il grande sbigottimento
che provavo. Mi misi in ginocchio. Ho
recitato il rosario in presenza di quella
bella signora. La visione faceva scorrere i
grani del suo, ma non muoveva le labbra.
Quando ebbi finito il mio rosario, mi fece
segno di avvicinarmi, ma non ho osato.
San Marco in Lamis
150° anniversario delle apparizioni a Lourdes
Allora disparve all’improvviso”. 1
Quella signora, che in seguito dirà di se
stessa: “Que soy era Immaculada Councepciou”
(Io sono l’Immacolata Concezione,
apparizione del 25 marzo 1858), Bernadette
la chiamava “Aquero”(“quella là”).
A 150 anni dalle Apparizioni della cittadina
francese (1858-2008) quale messaggio
l’umanità, la cristianità può e deve trarre?
In fatto di fede (e non solo) il passato
apre sempre al presente, la santità ha
sempre da dire qualcosa agli uomini di
ogni tempo.
La celebrazione di questo anniversario
per essere feconda deve poter dire, meglio,
annunciare ed indicare, Qualcuno
e qualcosa alle donne e agli uomini di
questo terzo millennio.
Partiamo dall’immagine in cui la Vergine
invita la Soubirous ad avvicinarsi. E’ sug-

Araldini
gestivo, bello, consolante! Maria ci invita
ad avvicinarci a lei, alla sua vita, alla sua
fede, alla sua storia di donna semplice e
prescelta dall’Onnipotente, di Madre accogliente,
comprensiva, “pedagoga del
Figlio”, di donna, sposa e madre che conosce
il sapore ed il dolore dell’esistenza,
la fatica quotidiana del “Sì”, la coerenza
dell’amore, la fedeltà nelle incomprensioni
e contrarietà, la speranza nel Dio
dell’inaccessibilità e della “Impossibile
possibilità”(Bruno Forte). Il messaggio
di Lourdes, come quello delle altre apparizioni
mariane, è sempre uno, sempre
uguale nella sostanza: portarci a Gesù,
conformarci a Lui con una maggiore
intimità. Ci ricorda il Concilio: “la vera
devozione non consiste né in uno sterile
e passeggero sentimentalismo, né in una
certa qual vana credulità, bensì procede
dalla fede vera, dalla quale, siamo portati
a riconoscere la preminenza della madre
di Dio, e siamo spinti al filiale amore verso
la madre nostra e all’imitazione della
sue virtù” 2 . Pensando a Lourdes ma anche
a Fatima, La Salette, Banneux, Guadalupe,
Medjugorje … viene da chiedersi
perché Dio consente questi fatti, qual è il
senso ultimo? Il sindaco di Firenze, Giorgio
La Pira, di cui è in corso il processo di
beatificazione e canonizzazione, in un discorso
tenuto nel 1963 alla “Pro Civitate
Cristiana” di Assisi ipotizzava una “strategia
spirituale” innescata dalla Madonna
per favorire ed anticipare la realizzazione
della storia della salvezza. Insomma Dio
consentirebbe queste apparizioni perché
l’umanità si converta e, di conseguenza,
si salvi. “Aquero” ovunque appaia ha solo
questo scopo: la conversione delle anime
e del mondo proposta agli uomini che
vivono quel particolare momento storico,
quelle determinate situazioni sociali,
che commettono quei determinati peccati
come singoli e come comunità. Nella
metà dell’ ottocento a Lourdes come nel
resto d’Europa si vive la rivoluzione industriale
con l’allontanamento dalla fede di
numerosi operai, il “razionalismo deista”
che esclude ogni presenza di Dio nella
storia, la cultura borghese-capitalistica.
Maria, in questo contesto socio-economico,
appare ad una ragazza, figlia di un
mugnaio, povera, che viveva in un paese
sconosciuto e ferito dalla miseria per dirci,
dopo il suo Magnificat, che il Signore
“abbassa i superbi ed innalza gli umili”
(Lc 1,51-53), che Dio ama di amore particolare
gli umili, i poveri, gli oppressi,
gli impoveriti, che Lui solo dà un senso
alla sofferenza dell’uomo, che Lui solo dà
una svolta alla violenza ed al peccato degli
uomini. Che solo l’amore di Dio redime
le nostre miserie e che solo facendoci
poveri potremo incontrare Cristo che da
ricco che era si fece povero (cfr…) 3 .
Più volte la “signora” ha invitato la pic-
cola Bernardette a pregare e fare penitenza
per i peccatori. Appello finalizzato
a cambiar vita, costumi, modi di agire,
di pensare, di scegliere. Lourdes ci insegna
che il cuore dell’uomo, di tutti gli
uomini, quando è “toccato” in profondità
dall’esperienza di Dio, del Dio che è
l’amore, viene sanato, cambiato, rianimato
con e nella speranza. Perché la Vergine
Immacolata avrebbe detto nell’apparizione
del 28 febbraio “andate a bere
alla fonte e lavatevi” 4 ? Ecco emergere un
forte simbolismo teologico e sacramentale:
l’acqua che è segno di rinascita, di
purificazione, del battesimo della nuova
vita in Cristo, di conversione 5 .
L’altra parola che Lourdes consegna ai
pellegrini è preghiera. Le apparizioni di
Lourdes non contengono solo rivelazioni,
dialoghi ma sono caratterizzate dalla
preghiera che si prolunga per tutto il loro
tempo, preghiera richiesta dalla Madonna
stessa. Preghiera che continua ancora
oggi a coinvolgere a contagiare i pellegrini,
i devoti, Stile orante che, a mio avviso,
segna e converte nel santuario mariano
del Gave più delle stesse guarigioni e/o
miracoli il cuore dei diffidenti, degli indif-
ferenti, dei non credenti… Un invito alla
preghiera non lasciato allo spontaneismo
e al sentimentalismo ma pienamente inserito
nella vita della Chiesa: “Andate a
dire ai preti che si venga qui in processione,
e che qui si costruisca una cappella”.
Parole di Maria che il più grande studioso
di Lourdes commenta asserendo che la
Vergine ha voluto “un luogo di culto nel
quale la preghiera troverà la sua inserzione
ecclesiale, la sua dimensione liturgica
e la sua forma piena:l’Eucaristia” 6 .
Il cuore è l’altra parola del messaggio
Mariologia
cristologico e mariano del centro francese.
Maria invita ad aderire a Cristo e al
suo Vangelo cambiando il cuore. Calzante
quello che hanno scritto a proposito
Laurentin e Tornielli: “manifestando il
suo cuore, nfatti, Maria vuole ricordarci
che solo ritrovando il Cuore di Cristo,
per mezzo del suo Cuore Immacolato,
ritroveremo anche il nostro cuore. Il suo
Cuore Immacolato vuole aiutarci a compiere
questa scoperta urgente: e non è
forse questa una caratteristica tipica del
nostro tempo, l’urgenza e la missione di
ritrovare il cuore? La stessa preghiera di
Lourdes, il Rosario, con la quale si aprono
tutte le apparizioni, è essenzialmente
questa preghiera meditativa, preghiera
di interiorizzazione in cui poco a poco
il nostro cuore si purifica e si trasforma,
divenendo in tutto e per tutto quel cuore
nuovo promesso da Dio all’umanità” 7 .
Bernardette ha parlato poco, ha scritto
pochissimo ma ha amato e pregato tanto:
“L’anima che implora Maria non può
morire… Chi confida in lei conserva la
calma anche in mezzo alla tempesta, custodisce
la pace anche nell’infuriare della
tormenta” 8 .
1 Le apparizioni di Lourdes narrate da Bernadette a J. B.
ESTRADE, ed Paoline, 1970, p.29.
2 Lumen Gentium, n. 67.
3 Cfr. RENE’ LAURENTIN- ANDREA TORNIELLI, Lourdes.
Inchiesta su un mistero a 150 anni dalle apparizioni, ed Art,
Roma 2008 p. 139 ss.
4 Cfr. R. LAURENTIN- A. TORNIELLI, Lourdes .Cronaca di un
mistero, Mondadori, Milano 1996, pp.119-123.
5 Cfr. LUCIANO GIOVANETTI, Ha guardato alla povertà della
sua Serva, Diocesi di Fiesole, 31 marzo 2008. Sono debitore
alle riflessioni del vescovo Giovanetti, particolarmente pp.
17-24.
6 R.LAURENTIN, Lourdes, histoire authentique des apparitions,
Paris 1961, vol. VI, p. 275.
7 R.LAURENTIN-A.TORNIELLI, Lourdes. Inchiesta… cit.
p.139.
8 BERNARDETTE SOUBIROUS, Carnet de notes intimes, ed.
Couvent Saint-Gildard, Nevers 1990, p. 51.
25

26
Vita di famiglia
di fr. Umberto Panipucci
Quest’anno la Provvidenza, per il consueto
periodo estivo di formazione, ha
voluto condurmi in un luogo a me assai
caro fin dall’infanzia: il Santuario di san
Matteo. Come un gemma, il santuario è
perfettamente incastonato fra i monti del
Gargano, tanto che all’occhio inesperto di
chi casualmente percorre la strada che lo
tange può sfuggire facilmente. Da bambino
qui venivo spesso con la mia famiglia
ad ammirare lo splendido presepe artistico
che da più di 40 anni innamora con la
sua bellezza gli occhi di tanti visitatori.
Potete immaginare quale possa essere il
mio stato d’animo: trovarmi con l’abito
francescano in questo luogo che ha tanto
affascinato la mia infanzia.
Questo è un luogo pregno di sacralità, riecheggiante
delle innumerevoli preghiere
che cuori pieni di fede hanno elevato qui
perché arrivassero prima a Dio grazie
all’intercessione del Battista, a cui era
dedicato l’antico monastero fondato tra il
VII e l’VIII sec, e poi dell’apostolo Matteo,
che ha rinominato il luogo dopo l’arrivo
della sua reliquia avvenuto nel XVI sec.
La vita di questa fraternità è scandita dal
lavoro e dalla preghiera. La particolarità
di questo luogo e il flusso imprevedibile
dei pellegrini. A momenti di serena tranquillità,
appena vivacizzata dalla presenza
discreta di piccoli gruppi di visitatori, si
alternano vere e proprie pacifiche invasioni
di centinaia di pellegrini che affollano
gli ambienti del santuario chiedendo ai
frati di poter essere accolti per ricevere
parole di Speranza, poter venerare la preziosa
reliquia e la benedizione tradizionale
con l’olio del santuario.
Un altro servizio impegnativo e quello
che si svolge in quello che i frati di questa
comunità chiamano “Telonio”. Definire
l’attività che si svolge in questo luogo è
arduo. Qui i pellegrini vengono a ricevere
la benedizione tradizionale del Santuario,
a procurarsi un ricordo da portare a casa
o qualche oggetto utile alla pratica della
devozione. Questo luogo funge anche da
centro d’ascolto. Non è stato raro, infatti,
incontarare gente bisognosa di una parola
di conforto o di una preghiera, non è difficile
che vengano anche poveri a chiedere
un aiuto materiale, molto spesso intere
famiglie arrivano per chiedere di essere
benedette.
La comunità di San Matteo si distingue
anche per le sue attività culturali. La bi-
Capitolo nazionale
Chiuso Capitolo
60
60 giorni
a San Matteo
blioteca non è solo un prezioso deposito
di testi e reperti di ogni tempo ma è un
luogo di ricco scambio culturale frequantato
da numerosi studiosi e ricercatori
locali e non solo. L’equipe che lavora al
progetto organizza diversi eventi come
concerti, convegni di approfondimento
sulla storia locale, studi e ricerche antropologiche
legate al territorio.
Pur avendo l’apparenza di un luogo isolato
il santuario di san Matteo è un centro
religioso e culturale molto attivo e che
senz’altro contribuisce non poco alla comunità
locale.
Durante i miei giorni qui al santuario ho
avuto modo di fare un’esperienza che difficilmente
dimenticherò. I volti assetati di
Speranza dei pellegrini anelanti all’aiuto
di Dio hanno scritto nel mo cuore parole
nuove sulla misericodia di Dio. La vita
nella fraternità del santuario mi ha arricchito
non poco dal punto di vista umano
e spirituale.
Le abbazie in passato erano il luogo che
difendeva la civiltà e la conoscenza oltre
che, naturlamente, la fede. Si può dire
che questo luogo, a suo modo, continui
questa delicata missione. Qui la gente viene
a cercare quello che altrove non riesce
più a trovare.

P. Agostino
Castrillo
un pastore per i nostri giorni
Lettera del Ministro Provinciale
Testimone di vita francescana,
singolare pastore e maestro di spirito
L’estate ormai trascorsa ha portato un
grande dono alla nostra Provincia. Finalmente
abbiamo tra le mani la “Positio
sulla vita, le virtù e la fama di santità”
del Servo di Dio p. Agostino Castrillo.
Un ringraziamento va ai Vice-Postulatori
che hanno seguito la causa per ben
trent’anni fino a questa tappa: il compianto
p. Amedeo Gravina, il M.R.P. Leonardo
Di Pinto e p. Giuseppe Tomiri, attuale
Vice-Postulatore. Ma un grazie speciale
e doveroso va al prof. Marino Cavalleri,
collaboratore esterno della Postulazione
Generale, che in circa dieci anni lavoro,
con la sua straordinaria e riconosciuta
competenza (sono sue anche le Positio
del Beato Giacomo di Bitetto, del Beato
Tovini di Brescia e di Barbara Micarelli,
Fondatrice delle Suore francescane di
Gesù Bambino), ha dato alla luce un’opera
che presenta in maniera completa e
avvincente la figura e la vita del Servo
di Dio, e che è determinante per il buon
esito della Causa stessa. A breve le copie
della Positio saranno messe in circolazione
perché si possa conoscere a fondo
la ricchezza della vita e dell’opera di p.
Agostino, che ha intrapreso e tracciato
in mezzo a noi una via di santità «
non perché facesse qualcosa di straordinario,
ma perché compiva in modo
straordinario le cose ordinarie di tutti
i giorni » (Positio, p. 28) e che ci provoca
a non desistere dalla stessa chiamata
alla santità che il Signore ha certamente
rivolto anche a noi.
Da una prima e sommaria lettura
della Positio la figura di p. Agostino –
come attesta il Relatore della Causa, il
conventuale p. Cristoforo Bove - viene
fuori in tutto il suo spessore e con il
supporto certo, ampio e articolato delle
testimonianze processuali e della documentazione
critica. P. Agostino fu :
- autentico testimone della vita
francescana: per questo fu scelto
per più volte e in ben due Province
Bollettino della Vice Postulazione • n° 7 - ottobre 2008
(la nostra e quella salernitana) come
Ministro provinciale. Vero artefice
di comunione fraterna, la costruì
giorno per giorno promuovendo
senza mai sfiduciarsi la comunione
tra i frati, ricucendo diversità e tensioni;
e la diffuse attorno a sé attraverso
un clima familiare e solidale
che lo rapportava senza distinzione
a tutte le categorie di persone con
cui aveva a che fare, dai benestanti
ai più poveri;
- straordinario e singolare pastore:
se ne accorse bene Mons. Fortunato
M. Farina, altro vescovo santo (da
qualche mese si è conclusa a Foggia
la fase diocesana del processo di canonizzazione),
che lo scelse prima
come parroco e poi come Vescovo.
P. Agostino si diede tutto a tutti:
dai praticanti più fedeli fino a più
lontani, fino ai massoni e agli anticlericali;
dai forti ai deboli, soprattutto
i malati, verso i quali aveva
una predilezione tutta particolare.
Viene fuori una ministerialità - in
continua a pag. 28
Finalmente
un’altra Tappa!
di fr. Giuseppe Tomiri
vice postulatore provinciale
La compilazione della Positio sul servo di
Dio Agostino Castrillo ofm vescovo è una
ulteriore tappa del cammino verso la sua
beatificazione e canonizzazione. Un cammino
iniziato nel lontano 1983 con il Supplex
Libellus del Postulatore dell’Ordine ofm di
allora Antonio Cairoli al nuovo vescovo di
S. Marco Argentano, Mons Augusto Lauro.
Un lavoro molto importante che si è avvalso
recentemente dal 7 giugno del 2002
della preziosa collaborazione del prof. Dott.
Marino Cavalleri che sotto le direttive del
Relatore della Congregazione delle Cause
dei Santi, padre Cristoforo Bove, ofm conv,
ha realizzato la Biografia Documentata, che
da sola si presenta con l’ampiezza di un
Summarium Documentorum.
Quindi la positio si presenta come un lavoro
davvero colossale che ha messo in
piedi una piattaforma su cui fondare il giudizio
sull’eroicità delle virtù e sulla santità
del servo di Dio, che tutti auspicano possa
giunger presto.
Un impianto processuale e documentale
racchiuso in un grosso tomo rifinito con
elegante copertina in cartonato rosso di
complessive 610 pagine.
Cerchiamo di vedere nei dettagli come si
articola l’opera e con quale metodologia.
La Positio super virtutibus si apre con l’Informatio
relatoris, cioè la presentazione del
Relatore, il padre conventuale francescano
Cristoforo Bove che ricostruisce la storia
della causa, descrive le caratteristiche
dell’intera ricerca e ne definisce i risultati.
Segue l’analisi delle varie fonti: autobiografiche,
biografiche, processuali, documentali.
E di tutta la bibliografia esistente
sul Servo di Dio, compresa l’abbondante
pubblicistica. Quindi una cronologia essenziale,
per entrare poi dettagliatamente
nell’esame della pratica delle singole virtù:
la fede, la speranza, la carità verso Dio e verso
il prossimo, la prudenza, la giustizia, la
fortezza, la temperanza; la castità, la povertà,
l’obbedienza, l’umiltà. Il tutto utilizzando
la documentazione raccolta durante il
processo diocesano, sia ordinario che roga-
continua a pag. 28
27

segue da pag. 27
cui p. Agostino riuscì a coinvolgere
anche gli altri confratelli - capace di
portare l’uomo a Dio e Dio all’uomo,
con lo stile proprio della fraternità
e della minorità francescana. Il
ministero episcopale fu l’apice del
suo immolarsi per gli altri offrendo
anche le sue sofferenze corporali,
fino a diventare un tutt’uno con il
sacrificio eucaristico di Cristo che
celebrava sull’altare;
- vero ed efficace maestro di Spirito:
per questo il Ministro Generale
del tempo lo chiamò a Roma come
Direttore Spirituale del Pontificio
Ateneo “Antonianum”. Il suo afflato
mistico – “era sempre immerso in
segue da pag. 27
toriale. Il volume continua con il Summarium,
cioè l’elenco dei testi, gli interrogatori
del Promotore di giustizia, le deposizioni
dei 52 testi, i giudizi dei due censori teologi
e la Relatio Commissionis Historicae.
Infine segue la Biografia Documentata un
lavoro che si è reso necessario perché data
la distanza notevole della morte del servo di
Dio (1955), il dettato testimoniale lasciava
qualche dettaglio biografico da coprire meglio,
specialmente per gli anni giovanili del
SdD.
La vita del servo di Dio mons. Agostino Castrillo
si snoda in nove capitoli che ricostruiscono
scrupolosamente, in tutti gli aspetti
le varie tappe del suo cammino terreno,
ma anche oltre la sua morte, registrando la
fama di santità che emana dalla sua persona.
Vengono analizzati: nascita e infanzia (cap.
1), vocazione francescana e studi e formazione
(cap. 2), Sacerdote novello, Insegnante
nel ginnasio, segretario provinciale (cap.
3), parroco nella Parrocchia Gesù e Maria
in Foggia (cap. 4), Ministro provinciale di
Puglia e Molise (cap. 5), padre spirituale
nel collegio del Pontificio Ateneo Antonia-
28
Dio”, dicono i testimoni – era garanzia
dell’efficacia della sua opera
di accompagnamento e sostegno
spirituale, per cui condusse molti
a ritrovare la loro via per ritrovare
Dio.
Questa tappa, ormai raggiunta, della
stampa della Positio conferma il nostro
convincimento della santità del nostro
Servo di Dio e ci incoraggia a proseguire
con entusiasmo ed impegno a sostenere
in tutte le maniere il prosieguo
della Causa di canonizzazione verso le
prossime scadenze fino alla felice conclusione
che tutti auspichiamo.
Fr. Pietro Carfagna, ofm
Ministro provinciale
num (cap. 6), Commissario e Ministro della
provincia ofm Salernitano- Lucana (cap.7),
vescovo di S. Marco Argentano- Bisignano
(cap. 8), malattia e morte (cap. 8).
Ogni capitolo viene articolato secondo uno
schema preciso: l’introduzione, la presentazione
del contesto storico, le testimonianze,
il supporto dei documenti, il tutto condotto
in funzione analitica, per porre premesse
certe e documentate ad un giudizio probativo,
Arricchisce questi testi una corrispondente
documentazione iconografica.
Quello che emerge da questo importante
lavoro è che l’intera esistenza del servo di
Dio Mons Agostino Castrillo è stata una
fedele risposta alla Grazia e all’ispirazione
francescana, che segnò la semplicità del suo
stile di vita e la profondità del suo Magistero
spirituale. E’ un francescano e vescovo , ma
soprattutto un maestro dello spirito. E’ una
santità eroica, ma non eclatante, conquistata
nel cose semplici di tutti i giorni che riesce
tuttora a coinvolgere tutta la fraternità
provinciale. E concludo con l’augurio che la
santità del servo di Dio ci sproni tutti ad un
cammino profondo di comunione con Dio e
con i fratelli.
“Francescan
La Causa del SdD Agostino Ernesto Castrillo,
OFM († 1955), mi fu affidata, in qualità di Relatore,
il 7 giugno 2002 dal Congresso Ordinario della
Congregazione delle Cause dei Santi, quando
la vita del SdD, ampiamente studiata e sottoposta
alla fase dell’Inchiesta diocesana, già disponeva
di notevole apparato processuale e documentale.
Il personaggio arrotolava una polivalente esperienza
di semplicità francescana, accompagnata
ad una itineranza obbedienziale, che aveva anche
conosciuto il “servizio” del governo dei frati,
come Ministro Provinciale e Commissario, e
della diocesi come vescovo delle due diocesi allora
unite di San Marco Argentano e Bisignano
(Cosenza), per le quali era stato nominato vescovo
il 17 settembre 1953. Sotto questa corticalizzazione
esterna, tra cariche e incarichi, in ogni
sua espressione affiorava il respiro francescano,
che veniva al SdD dall’appartenenza all’austerità
del filone riformistico del Francescanesimo, in
quella particolare terra tra Puglia e Molise, dove
propriamente i Minoriti delle varie Riforme attinsero
i vertici della contemplazione e la condivisione
popolare con la predicazione itinerante.
Erede di tanta spiritualità il SdD recava, nella sua
esperienza religiosa, la freschezza dello spirito e
il magistero della coerenza invincibili. Un francescano
autentico, anche quando si trovava sulla
cattedra della Parola o sulla sedia del Governo!
1. Di qualche dato cronologico
essenziale della vita
1904-1927
Nasce nel casertano, a Pietravairano, terzo di
undici figli, coniuga la prima formazione scolare
con l’avviamento al mestiere di calzolaio, e respira
profumo francescano nel locale convento
dei Minoriti. Entra nel collegio minore francescano
nel 1914 a Sepino (Campobasso), ginnasiale
al convento di S. Matteo in San Marco in
Lamis (Foggia) nel 1917, due anni dopo lo troviamo
novizio ad Amelia (Temi), dove professa
i voti temporanei nel 1920. Completò gli studi
filosofico-teologici a Biccari (1920), S. Marco in
Lamis (1923), Molfetta (1925), fino alla ordinazione
sacerdotale nel santuario della Madonna
dei Martiri (1927).
1927-1953
Ricopre tutti gli incarichi propri di un religioso
francescano disponibile e obbediente: un
triennio ad Ascoli Satriano (1927-1930) come
assistente della gioventù, poi Maestro di spirito
del prenoviziato a S. Marco in Lamis (1930), docente
di lettere e direttore spirituale al convento
di Castellana Grotte (1931-1933), segretario
provinciale per un sessennio (1933), parroco a
Foggia (1936), Ministro Provinciale (1940-1946)
della Provincia di S. Michele Arcangelo di Puglia
e Molise, seppe portare avanti quel processo di
fraterna fusione tra le Province di Foggia, Bari
e Campobasso, avviato alla fine del secolo XIX
(1899). Fu chiamato a Roma come Padre Spirituale
al Pontificio Ateneo “Antonianum” (oggi
Università) nel 1946, Commissario della Provincia
religiosa Salernitano-Lucana (1948) e Ministro
della medesima nominato dal Definitorio
Generale (1950).

o, Vescovo e Maestro dello Spirito”
1953-1955
Nominato vescovo da Pio XII il 17 settembre
1953 fu consacrato a Foggia il 13 dicembre nella
parrocchia di Gesù e Maria, e il 3 gennaio 1954
faceva il suo ingresso in diocesi. Qui, dopo pochi
mesi, cominciò ad accusare quei sintomi che poi
si rivelarono tumore polmonare con avanzata
metastasi, che lo portò alla immobilità. Per 10
mesi il suo letto di dolore divenne cattedra e altare:
spirò il 16 ottobre 1955, alle ore 22,30. Aveva
solo 51 anni!
2. Storia della Causa e valore delle prove
Già durante la sua agonia il popolo si recava in
pellegrinaggio per fargli sentire presenza e solidarietà;
nei tre giorni, che rimase esposto in cattedrale,
fu necessario preservare il corpo, poiché
i fedeli avevano cominciato a tagliuzzare l’abito e
gli stessi capelli del SdD. Fu sepolto nella cripta
della cattedrale di S. Marco Argentano e la sua
tomba divenne meta di devoti pellegrinaggi.
Questa intensa e crescente fama di santità in
vita in morte e dopo morte era coltivata non
solo tra i Frati Minori, bensì in larghi strati del
Popolo di Dio, tra Puglia-Molise e Calabria, ma
anche in significativi strati nazionali italiani ed
esteri, dove era giunta la “memoria” della santità
del SdD. La stessa regione Campania, dove era
nato e dove aveva operato con grande equilibrio,
conservava notevole memoria delle sue qualità e
soprattutto del suo Magistero Spirituale. Questa
ampiezza di voci e memorie spinse il successore
del SdD, Mons. Luigi Rinaldi, a iniziare, già nel
1970, i passi concreti per la causa di canonizzazione,
dopo aver accolto le numerose istanze dei
Frati Minori e aver constatato la devozione dei
fedeli, ai quali si unì il parere favorevole della
Conferenza Episcopale di Calabria.
Si raccolsero gli Scritti del SdD e si cominciò
una radicale ricerca documentale. È del 1983
il “Supplex Libellus” del Postulatore P. Antonio
Cairoli, OFM, al nuovo vescovo di S. Marco
Argentano-Scalea Mons. Augusto Lauro, quando
ormai è entrata in vigore la nuova legislazione
con la “Divinus Perfectionis Magister” (25 gennaio
1983) e le “Normae servandae in inquisitionibus
ab episcopis faciendis in causis sanctorum”
(7 febbraio 1983). Il “nihl obstare” della S. Sede
veniva il 14 novembre 1984; e con questi ultimi
passi si entrava nel pieno dell’Inchiesta Diocesana
iniziata nella cattedrale di S. Marco Argentano
(1985) e protrattasi fino al 1999 con l’escussione
di 23 testimoni, dei quali 5 ex officio e 4 della
Commissione Storica. Vi fu anche una “Rogatoriale”
nella diocesi di Foggia-Bovino (1986), con
l’ascolto di 52 testi fino al 1995. Il 21 ottobre
1999, presso la Congregazione delle Cause dei
Santi furono aperti gli Atti delle due Inchieste
diocesane (Ordinaria e Rogatoriale), per i quali fu
emesso il Decreto di Validità il 15 febbraio 2002
e assegnato il Relatore il 7 giugno dello stesso
anno nella persona del sottoscritto P. Cristoforo
Bove, OFM Conv.
Da questo impianto processuale e documentale
sono state costruite le prove di questa causa, che
passiamo ad elencare e valutare nei loro tratti
essenziali:
a) Informatio super virtutibus: analitica e ampia,
corredata anche da un profilo cronologico
e da un tratto di storia della causa, (in 152
pagine è attenta alla convergenza delle fonti
autobiografiche, biografiche, processuali e
documentali. L’impianto risulta chiaro e solido,
come anche i rimandi alle diverse articolazioni
processuali e alla ricerca documentale.
b) Il Summarium Processus (pp. XXIII + 269),
preceduto dal “Decretum de validitate” con
alcuni chiarimenti della Postulazione richiesti
dalla Congregazione delle Cause dei Santi,
raccoglie 23+52 testi dell’Inchiesta diocesana
di S. Marco Argentano e della Rogatoriale di
Foggia, in tutto 75 testimonianze, quasi tutte
“de visu”, perciò un complesso testimoniale
di primo piano quanto ad affidabilità e solidità,
che ricopre interamente l’esercizio eroico
delle virtù del SdD.
c) Positio super Scriptis (pp. 6): sotto questa
dizione sono stati raccolti i due pareri dei
Teologi Censori sugli Scritti del SdD; ma l’attenzione
agli Scritti ha permesso di rilevare
non solo la fede la dottrina e la spiritualità del
SdD, bensì anche di cogliere alcuni tratti tipici
della sua spiritualità francescana.
d) Relazione della Commissione Storica (pp.
7-38): sono stati visitati numerosi archivi, sia
centrali che periferici, ed é stata portata attenzione
bibliografica al tessuto francescano
e territoriale; con gli interrogatori dei quattro
Periti Storici, va segnalata anche una lodevole
rassegna di Scritti sul Servo di Dio e al SdD,
che si leggono a conferma e riscontro non
solo della fama di santità, bensì anche di quella
diffusa scuola di spiritualità, che lo teneva
come Maestro e Direttore spirituale.
e) Decretum de Non-Cultu (p. 41).
Data la distanza notevole dalla morte del SdD
(† 1955), il dettato testimoniale lasciava qualche
dettaglio biografico da coprire meglio, specialmente
per gli anni giovanili del SdD. A questo
scopo io stesso, in qualità di Relatore, mi rivolsi
al nuovo Postulatore P. Luca De Rosa, OFM,
per ulteriori scandagli archivistici, per i quali si
provvide alla collaborazione del prof. Marino CavalIeri,
che desidero ringraziare da queste pagine
per la cortese attenzione e la solida conduzione
della compilazione della Biografia Documenta-
ta, che da sola si presenta con l’ampiezza di un
“Summarium Documentorum” (pp. 591).
Costruita in 9 Capitoli numerati e cronologicamente
divisi, la BD è introdotta da una premessa
metodologica con il novero di Fonti, Bibliografia
e Sigle/Archivi. Come la ricordata “Informatio
super virtutibus”, anche la BD tende alla convergenza
delle fonti autobiografiche, biografiche,
processuali e documentali, senza mancare di attenzione
a quelle iconografiche, lette non tanto
come illustrazioni bensì come documenti veri
e propri, documenti grafici appunto. Ogni tipologia
di fonte ricordata quasi sempre è inedita:
infatti la BD pubblica, e per la prima volta, uno
straordinario numero di documenti così distribuiti
per ogni capitolo I/6, II/7, III/2, IV/14, V/66,
VI/7, VII/46 , VIII/17, IX/8. Ognuno di questi documenti,
spesso, ne annovera un numero più folto
sotto la stessa cifra, per cui ci troviamo dinanzi
ad una BD di sicura affidabilità, non solo per
la ricordata convergenza delle fonti, bensì anche
per il valore intrinseco della documentazione.
Questa, pur indicata in parte dalla Commissione
Storica, è andata arricchendosi e diversificandosi
lungo gli anni che abbiamo lavorato alla compilazione
della Positio.
3. Rilievi conclus ivi
I Rev.mi Consultori Teologi e gli Em.mi Cardinali
hanno tra le mani una “Positio” ben vagliata
e solidamente fondata, sia sotto l’aspetto
processuale che documentale. Anche se ciascuna
fase della ricerca detiene un proprio e indiscutibile
valore, tuttavia l’insieme delle prove
va letto in sincronica convergenza, allo scopo
di colmare qualche spazio e rafforzare qualche
elemento processuale o chiarire qualche reperto
documentale. L’esercizio eroico delle virtù, da
parte del SdD, appare chiaro e di ampia conferma
sia nella fase processuale che in quella costante
della fama di santità fino ai nostri giorni;
una santità costruita con la fedele risposta alla
Grazia e all’ispirazione francescana, che segnò la
semplicità del suo stile di vita e la profondità del
suo magistero spirituale. È un francescano e vescovo,
ma soprattutto un Maestro dello Spirito,
e se ne erano accorti i suoi Superiori Maggiori
quando, nel 1946, appena terminato il sessennio
di Ministro Provinciale, fu dal Ministro Generale
chiamato a Roma come Direttore Spirituale del
Pontificio Ateneo “Antonianum”.
Desidero ringraziare vivamente il P. Luca De
Rosa, OFM, Postulatore attento e paziente, sempre
disponibile al dialogo e alla discussione sulle
difficoltà incontrate lungo il cammino della
compilazione della “Positio”; parimenti desidero
esprimere gratitudine e stima al prof. Marino
CavalIeri, per la fedeltà alle direttive e la solida
conduzione del lavoro. Fraterno ringraziamento
anche al Ministro Provinciale del SdD, il MRP.
Pietro Carfagna, OFM, per la silenziosa discrezione
con la quale ha seguito la causa del SdD, ma
soprattutto per lo spirito di preghiera nel quale
ha coinvolto tutta la sua fraternità provinciale.
Fra Cristoforo Bove, OFM Conv.
Relatore
Roma 23 marzo 2008
Pasqua di Risurrezione
29

Biografia di p. Agostino
di p. Amedeo Gravina a cura di P. Carfagna
Parroco
(seconda parte)
(proseguiamo con le testimonianze sulla sua attività pastorale)
Incise nella parrocchia con la sua coerenza di vita, alla quale non derogava
per nessun motivo.
“Ci colpiva soprattutto in lui la coerenza con la vita. Quando un
giorno ci affidò come ricordo le tre parole: fare, patire, tacere, tutte
dovemmo costatare che queste parole erano vive in lui”.
La sua vita era altresì uno stile affascinante, che era lo specchio della
sua anima e conquideva non meno della sua evangelica bontà. Questo
stile era la risultanza del suo parlare umile e amichevole, e del suo sorriso
disarmante e accattivante.
“Ho goduto delle primizie della sua attività di parroco… Quante
volte se n’andava solo soletto per le vie della parrocchia, in cerca di
miseri, e a tutti e per tutti aveva una parola amica, un dolce sorriso,
qualcosa da dire, qualcosa da dare”.
Penetra più a fondo nella natura del suo stile, la seguente testimonianza:
“Prima che l’amico trovai in lui un tesoro; prima che il frate conobbi
un maestro”.
Tutti i testimoni sono concordi nel riconoscere che le sue predilezioni
erano per i poveri e i malati.
“Gli impegni molteplici del suo ministero non lo hanno mai allontanato
da coloro che costituivano la sua parte scelta, e cioè i poveri,
i malati, i bisognosi”.
Lasciava la sua parte scelta solo quando lo esigeva la catechesi sacramentale
o quella sistematica, che portava avanti con l’aiuto di un
qualificato gruppo di collaboratori e di collaboratrici. La sua era una
catechesi permanente, come attesta un vecchio militante nell’Azione
Cattolica:
“Era la sua gioia vederci sempre più numerosi, e mai si stancava di
farci le adunanze anche di domenica al pomeriggio”.
Il suo miracolo continuato era rappresentato dalle conversioni e dai
ritorni, tra le file di massoni, atei, marxisti teorici, agnostici e indifferenti.
Una testimonianza, che ho molto sunteggiata, attesta di tre
grandi ritorni alla fede e alla pratica religiosa provenienti dalla stessa
famiglia:
“Conobbi P. Agostino una domenica del 1936, mentre celebrava
la Messa che durò un’ora. Fui colpita e vi tornai ogni domenica.
L’animo mio, pian pianino, subì un cambiamento nel senso che mai
come allora avevo gustato la bellezza dell’amore di Dio. Gli parlai
di tre miei fratelli professionisti che non si accostavano più ai sacramenti,
perché sviati da false dottrine. P. Agostino cominciò a frequentare
la mia casa, accolto dai miei fratelli prima con freddezza,
poi con interesse e, infine, con simpatia. Le sue visite durarono due
anni, finché i miei fratelli tornarono ai sacramenti”.
Il suo più intimo collaboratore parrocchiale afferma:
“Ricordo con commozione quando, a porte chiuse, amministrava
il battesimo degli adulti, la confessione e la comunione a peccatori
convertiti”.
Non si accontentava dei cristiani domenicali. Sognava di fare della S.
Messa il cuore della parrocchia, dei giovani e degli adulti dell’A. C., delle
anime oranti. Vito Maselli, presidente del tribunale di Foggia, ricorda:
“Quando a sera, dopo le funzioni, nella chiesa tornata deserta, si
levava da tutti gli scanni del coro, cadenzata e solenne, la recita dei
Vespri da parte degli uomini dell’A. C.”.
Il suo cuore batté all’unisono con quello dei suoi parrocchiani durante
i bombardamenti a tappeto dei caseggiati. Era anche Ministro provinciale
dei Frati Minori di Foggia, tuttavia volle restare nell’occhio
del ciclone, come dimostra questa lettera scritta dopo il più disastroso
bombardamento della guerra:
“Qui sono alle prese con ogni specie di strazianti dolori”.
Il cammino di evangelizzazione che egli fece fare alla parrocchia di Gesù
e Maria è ben delineato e illustrato da questa dichiarazione dell’orionita
don Giuseppe Calegari, il quale fu il primo parroco della parrocchia di
S. Maria della Croce, ottenuta dallo smembramento della parrocchia di
Gesù e Maria:
“In ogni casa sento parlar bene di P. Agostino. Vorrei che quando me
ne sarò andato da Foggia, tutti mi ricordassero allo stesso modo”.
30
Cenni Biografici
del Servo di Dio
Padre Agostino Castrillo
18 febbraio 1904 - nasce a Pietravairano (Ce)
17 settembre 1919 - veste l’abito dei frati minori
11 giugno 1927 - ordinazione sacerdotale Molfetta (Ba)
agosto 1933 - segretario della Provincia religiosa
1936-1946 - parroco di Gesù e Maria
1940-1946 - ministro provinciale dei Frati Minori di Puglia e Molise
1946-1953 - commissario (e poi ministro provinciale) della provincia
Salernitano-Lucana
17 settembre 1953 - vescovo di S. Marco Argentano e Bisignano (Cosenza)
13 dicembre 1953 - ordinazione episcopale a Foggia - Gesù e Maria
dopo pochi mesi si ammala
16 ottobre 1955 - è chiamato dalla sorella morte
5 maggio 1985 - inizia il processo di beatificazione
21 febbraio 1999 - termina il processo diocesano
PREGHIERA
PER LA GLORIFICAZIONE DEL SERVO DI DIO
Padre AGOSTINO CASTRILLO Vescovo
Onnipotente, eterno, giusto e misericordioso Dio, noi ti ringraziamo
per aver arricchito il tuo servo Padre Agostino con tanti
tesori di grazia, di fede, di carità, così da renderlo modello incantevole
di virtù e apostolo infaticabile di bene.
Tu che esalti gli umili e i semplici di cuore, degnati di glorificare,
anche qui in terra, questo nostro fratello e servo tuo prediletto,
per nostro esempio e conforto, concedendoci la grazia che ardentemente
ti chiediamo...
Per la sua intercessione, benedici le nostre famiglie, perchè, ricche
di virtù, vivano nella tua pace e nel tuo amore.
Tu che vivi e regni glorioso nella Trinità perfetta e nella semplice
Umiltà Dio onnipotente per tutti i secoli dei secoli. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era nel principio, e ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Coloro che hanno avuto la fortuna di conoscere e sperimentare le
eccezionali doti di Padre, di Maestro e di Pastore di Mons. Agostino
Castrillo, sono caldamente pregati di mandare tutte quelle notizie
di cui sono in possesso e che hanno relazione con la vita, le virtù e
l’attività del Servo di Dio, come anche i documenti, i suoi scritti e le
notizie riguardanti grazie ricevute per la sua intercessione, alla:
POSTULAZIONE PROVINCIALE
PER LE CAUSE DEI SANTI O.F.M.
piazza San Pasqual, 4 - 71100 Foggia
tel. 0881.615654 - fax 0881.613516 .C/C postale 12086716
Intestato a: Provincia Monastica di San Michele Arcangelo Convento
di S. Pasquale - 71100 Foggia
Causale: Pro causa P. Agostino Castrillo
Ci si può rivolgere anche:
• Vice Postulatore Provinciale p. Giuseppe Tomiri - Convento “S.
Pasquale” - 71100 Foggia - tel. 0881.615654
• P. Guardiano - Conv. Gesù e Maria - via della Rocca, 2 - 71100
Foggia - tel. 0881.771892
• Associazione “Pro Servo di Dio P. Agostino Castrillo” Parrocchia
S. Eraclio - 81050 Pietravairano (Ce) - tel. 0832.984097
• Postulatore Diocesi “S. Marco Argentano-Scalea” - Curia Vescovile
- 87018 San Marco Argentano (Cs) - tel. 0984.512424

pellegrini e forestieri
Vestizione Religiosa
13 settembre 2008
La conformazione a Cristo, nell’amore
per la sua passione e la sua croce, è stato
il motore che ha generato in Francesco
“Benediciamo il Signore
che vi ha scelti… ”
Professione Temporanea
10 settembre 2008
“Beati voi poveri, perché vostro è il regno
di Dio” (Lc 6, 20).
Con queste parole del Vangelo del giorno,
la liturgia e la Chiesa Universale, riunita
in preghiera e raccoglimento, hanno
accompagnato fr. Roberto Raffaele Maria
Quero, fr. Giovanni Giuseppe Dicosola e
fr. Maurizio Pasquale Maria Mastronardi,
terminato l’anno di Noviziato, nell’offerta
della loro vita al servizio di Dio, della
Chiesa e degli uomini. Il 10 Settembre
2008 nella Chiesa parrocchiale di Santa
Maria delle Grazie in Cassano Murge (Ba)
hanno emesso per la prima volta la loro
professione temporanea nell’ Ordine dei
Frati Minori, affermando con “fede salda
e volontà decisa”, di voler vivere la radicalità
del Santo Vangelo facendosi poveri
e minori, perché ispirati dal Signore!
E proprio dalla Parola del Signore che ha
accompagnato il cammino e le scelte dei
nostri tre fratelli, veniva l’invito più forte
e coinvolgente, che si è trasformato in
programma di vita per loro e in volontà di
sequela radicale: farsi poveri perché Dio
possa regnare in loro; spogliarsi di tutto
ciò che è vincolo o laccio che ci lega alla
“scena di questo mondo” (1Cor 7, 31),
come ci ricordava l’Apostolo Paolo nella
prima lettura, pur nella consapevolezza
che “Il Verbo si è fatto carne” (Gv 1, 14)
e dalla carne e con la carne viene a trasfigurare
l’uomo.
Nell’omelia il Ministro Provinciale fr. Pietro
Carfagna ricordava le parole di San
Paolo: “Questo vi dico, fratelli: il tempo
ormai si è fatto breve” (1Cor 7, 29), esortando
tutta l’assemblea dei fedeli a compiere
scelte di radicalità evangelica perché
il Signore passa nell’oggi
e nell’ora di ogni cristiano
e non c’è alcuna situazione,
peccato o sofferenza che possa
ostacolare il rispondere
alla sua chiamata: “Mi ami
tu?” (Gv 21, 15).
Cassano è anche uno dei luoghi
benedetti dal passaggio e
dalla permanenza di un nostro
umile confratello santo,
croato di origine, ma pugliese
di adozione, il Beato Giacomo
da Bitetto, ricordato dal
Ministro Provinciale come
esempio verace ma semplice
testimonianza dei chierici
Vita di famiglia
“Questo voglio, questo chiedo,
questo bramo di fare con tutto il cuore”
d’Assisi il desiderio di lasciare tutto di sé e
dei suoi averi, delle sue certezze e dei suoi
beni, per seguire il Signore nella via che
Egli aveva tracciato per i suoi discepoli e
per tutti coloro che volevano amarlo con
cuore indiviso.
Così, dopo aver tentato in tutti i modi di
seguire il suo sogno, facendo leva però
solo sulle sue forze e sui suoi umani desideri,
Francesco si arrende all’amore di
Dio e poiché “non era mai stato un ascoltatore
sordo del Vangelo, ma affidando ad
una encomiabile memoria tutto quello
che ascoltava, cercava con ogni diligenza
di eseguirlo alla lettera” (FF 357); si spoglia
dell’uomo vecchio per rivestire “una
veste che riproduce l’immagine della croce”
(FF 356), segno visibile del suo interno
e profondo cambiamento che reca in sé
il germe della radicalità e del desiderio di
conformarsi all’Amato.
È con queste riflessioni legate alla celebrazione
dei primi vespri della festa dell’Esaltazione
della Croce che i nostri fratelli
postulanti Michele Romano di Grumo
Appula e Giovanni Laricchia di Valenzano,
dopo il cammino dell’accoglienza vocazionale
e del postulato hanno espresso
la loro volontà di seguire più da vicino il
Signore vestendo i “panni della prova” per
cominciare l’anno di Noviziato presso il
Santuario di Fontecolombo. Il rito della
vestizione si è tenuto il 13 Settembre 2008
presso la chiesa del nostro convento “Santa
Maria di San Luca” in Valenzano, alla
presenza di numerosi frate della fraternità
provinciale e di amici e parenti.
Il segno visibile dell’abito e del cingolo di
cui i nostri fratelli si sono rivestiti trova
ancor più pienezza nell’imposizione del
nuovo nome, emblema dell’accoglienza
nella fraternità per vivere quest’anno di
prova. Quel “fra” che precede il loro nome
sia il ricordo perenne dell’essere figli di
Dio e, in quanto tali, fratelli in Cristo tra
di noi, capaci solo così di pregare “Padre
nostro che sei nei cieli”. Michele e Giovanni
dal giorno della loro vestizione sono
fra’ Michele Antonio Maria e fra’ Giovanni
Giuseppe. Per loro sale a Dio la nostra preghiera
perché, aiutati dall’intercessione e
dall’esempio della Vergine Maria, di San
Giuseppe, San Francesco, Sant’Antonio e
di tutti i Santi, possano rientrare nel deserto
in cui il Signore li conduce per parlare
al loro cuore (cfr Os 2, 16).
a cura di fr. Marcello F. M. Franzin, ofm
della possibilità di vivere spogliandosi
completamente di se stessi per accogliere
il mistero di un Dio che entra nella nostra
vita e la fa ricca di doni, primo tra
questi l’umiltà!
Possa il Beato Giacomo “di Francesco
gloria e onore” accompagnare fr. Roberto,
fr. Giovanni e fr. Maurizio, accolti nella
fraternità di post-noviziato di Bitetto,
a questuare per le strade del mondo, tra
le povertà del nostro oggi per trovare il
volto del Signore nell’uomo che lo cerca
con cuore inquieto.
31

32
Primo piano
Immediato
Risveglio
Commissione Provinciale Giustizia,
Pace e Integrazione del Creato
di fr. Gianni Mastromarino
«La forma di vita dei frati minori e delle sorelle
povere è “osservare il Santo Vangelo vivendo
in obbedienza, senza nulla di proprio e
in castità” (Regola non bollata1,2,FF 75; Regola
di Santa Chiara 1,2,FF 2750). Qui trova fondamento
l’esistenza secondo l’illuminazione
dello Spirito del Signore ricevuta da Francesco
e da Chiara.
I valori di GPIC, valori evangelici, vi sono
compresi, poiché sono imprescindibili forme
di attuazione del Vangelo. L’intero ministero di
Gesù, d’altronde, può essere racchiuso, come
in una sorta di inclusione, tra la parola di Isaia
61, letta da Gesù nella sinagoga di Nazareth
(Lc 4), il proclama della giustizia, che presenta
il Messia come colui che realizza il regno di
Dio mediante la liberazione degli oppressi e la
proclamazione della salvezza, e la parola della
pace da lui augurata e donata ai suoi dopo la
risurrezione» (Gv 20,19ss).
(dal supplemento 08 al manuale “Strumenti di Pace”).
Dunque l’impegno del cristiano, del francescano,
nell’opera della giustizia, della pace e
dell’integrità del creato, fa si che possa divenire
visibile e concreta l’azione dello Spirito Santo
come conseguenza della vita di Cristo e dei suoi
apostoli. D’altronde oggi il mondo richiede che
quest’opera sia più determinata e che miri ad
autenticare la attuale cristianità, che sembra
aver perso il suo dinamismo. Un tempo, il nostro,
animato da emblematiche contraddizioni.
Una realtà protesa a globalizzarsi, ma che provoca
numerose e assurde differenze, che invece
di unire l’uomo nella dimensione di “Fratello
Universale” crea sempre più distanze tra ricchi
e poveri. Una umanità guidata dalla politica del
mercato e del consumo che tende ad approfittare
in maniera esagerata e scorretta delle risorse
umane e della Natura.
Come già abbiamo ribadito nel recente passato:
IL CRISTIANO HA IL DOVERE DI ESSERE
IMPEGNATO PER LA GIUSTIZIA, LA PACE E DI
LAVORARE PER L’INTEGRITÀ DEL CREATO.
L’impegno e il lavoro infatti, sono gli elementi
attraverso i quali poter cambiare direzione. Il
primo sta nella conoscenza, nell’interesse, nella
formazione e nell’informazione; il secondo
sta nell’attuazione, nelle scelte di vita quotidiana,
nell’annuncio, e nella condivisione. Così,
ognuno nel proprio contesto.
L’indifferenza è un grave peccato; bisogna
educare. Da qualche tempo nella confessione
chiedo ai penitenti di esaminare il proprio atteggiamento
nei confronti dei poveri e della natura,
dell’ambiente; tutti denunciano la propria
superficialità e l’incapacità di essere costanti
nell’empatia e nel rispetto e si giustificano dicendo
che la società abitua all’egoismo.
Forse non ci siamo ancora resi conto che
l’andazzo dipende da noi, ciascuno è implicato.
Tutti dobbiamo essere educandi ed educatori.
È semplice delegare, ma è difficile aprirsi e
collaborare. Penso che a volte ci si auto releghi,
vigono idee: “io non so” oppure “cos’è tutto
questo?” o “non siamo abituati”, “ho altro a cui
pensare”…
Credo che l’imminente esigenza che San
Francesco attende dai suoi figli di oggi, frati e
laici, sia un “IMMEDIATO RISVEGLIO”. Siamo
ancora imbavagliati dalla futilità. Ci aspettiamo
l’eclatante e trascuriamo le cose piccole,
Sappiamo sentire, ma non ascoltare, osservare
il meglio, ma non imitarlo, restare attoniti
di fronte al male, ma non affrontarlo col bene
scaltro.
Come settore di GPIC della provincia di
Puglia-Molise, nel triennio in corso abbiamo
l’obiettivo della sensibilizzazione e alla formazione
riguardo le tematiche più generiche, che
si va concretizzando in vari appuntamenti, soprattutto
nell’ambito della comunità dei frati.
Di recente abbiamo consegnato ad ogni con-
testo locale un questionario ecologico rivolto
a ciascuna fraternità e ad ogni singolo frate;
l’obbiettivo e che rispondendo ai quesiti, insieme
e individualmente, si maturi nelle scelte
e si cresca nella coerenza. La Chiesa, l’Ordine
in questi ultimi anni risultano insistenti
nell’evidenziare che bisogna divenire autentici
ripartendo dal Vangelo. Ogni documento,
ogni occasione di incontro è un pretesto
per richiamare all’autenticità che si realizza
vivendo come uomini giusti, nella pace, solidali
al creato. I vescovi italiani da tre anni ci
propongono il messaggio della “Giornata per
la salvaguardia del Creato” che si è celebrata
il 1 Settembre. Non possiamo trascurare tali
esortazioni, come anche non dobbiamo dimenticare
di celebrare lo Spirito di Assisi (27
Ottobre) che intensifica la forza del digiuno e
della preghiera interreligiosa.
Andiamo avanti, acquisendo la capacità
di esser deboli ma di rafforzare,
di saper subire ma
di difendere, di essere
timidi ma di incoraggiare,
di
esser poveri
ma di arricchire.

Anche Emanuela Campanozzi, Terziaria
francescana di San Nicandro
Garganico, ha fatto ritorno alla Casa
del Padre il giorno 3 Luglio del 2008.
Il suo Transito è stato veramente
francescano: piena coscienza dei suoi
giorni ormai terminati su questa terra
(ma con una recondita speranza di migliorare),
una silenziosa sofferenza accettata
con Perfetta Letizia, e Preghiera
continua fino a qualche istante prima di
rendere l’anima a Dio.
San Francesco d’Assisi sulla nuda terra era
attorniato dai suoi frati immersi nella preghiera
mentre davano fiato al Cantico delle
Creature con tutta la voce in loro possesso,
Emanuela si è trovata circondata dai parenti
stretti attorno al letto della sua sofferenza e con
loro ripeteva: “Ave Maria…”.
“Laudato sie mi Signore per sorella nostra morte
corporale“ aveva fatto cantare Francesco dai suoi
frati. E nel canto aveva lasciato la “custodia” della
sua carne mortale.
di p. Francesco Taronna
Emanuela aveva iniziato a recitare nella
notte per l’ultima volta il “Padre nostro”
ed aveva finito di dire:” … sia fatta la
tua volontà come in cielo e così in terra”
quando si è interrotta, quasi volesse riflettere
sulla seconda parte come se questa
seconda parte della preghiera non la
interessasse più. Poi, riavendosi, ha tentato
di riprendere: “...dacci …”. Ed è stata
l’ultima parola, l’ultimo respiro,l’ultimo
anelito verso una vita che si spegneva …
e si è spenta addormentandosi dolcemente
nel Signore, concludendo i suoi novantadue
anni di esistenza terrena.
Nata a San Nicandro Garganico il 4 di
Agosto del 1916, ha terminato i suoi giorni
nell’ospadale “Masselli” di san Severo
il 3 Luglio del 2008 alle ore tre circa del
mattino.
Chiamata ad essere francescana fin dalla
tenera età, ha vissuo le diverse tappe
formative dell’Araldinato, della Gioventù
Francescana e dell’Ordine Francescano
secolare con amore, fedeltà e dedizione
nella gioia e nel dolore, nella buona e nella
cattiva salute, tesserandosi ogni anno
con puntualità.
Ha vissuto tanti anni di vita francescana
senza fare mai una grinza alla sua vocazione,
senza mai un ripensamento, senza
mai innestare una “marcia ridotta”, ma
sempre assidua ed impegnata, nel limite
delle sue possibilità, come fanciulla,
come giovane, come sposa e come vedova
di Murano Giuseppe.
Negli ultimi tempi, come accade quando
si raggiunge la veneranda età di 92 anni,
usciva più raramente dalla sua casa di Via
Solimando nei pressi della Stazione ferroviaria
per raggiungere il Convento dei
Frati Minori sita alla parte opposta della
sua abitazione, alla Piazza IV Novembre,
per assistere alla Santa Messa e partecipare
alle diverse riunioni della fraternità
secolare francescana di Santa Maria delle
Gazie, per la formazione individuale e
collettiva permanente, e per essere anche
sempre presente ai momenti di condivisione
e di amicizia della fraternità.
Ha amato l’intero Ordine Francescano,
ma in modo particolare la fraternità
OFS
Emanuela Campanozzi
terziaria francescana
di San Nicandro Garganico
4 agosto 1916 • 3 luglio 2008
dell’Ordine Francescano Secolare con dedizione
e senza alcuna finzione.
Non ha mai aspirato a “carismi più alti”,
non nel senso voluto dall’Apostolo Paolo,
ma ha sempre sostenuto i diversi Consigli
O.F.S. con parole di plauso e di incoraggiamento
nei confronti di chi realmente
aveva intenzione di lavorare per il bene
della fraternità; di pace, invece, e di concordia
nei momenti di frizione fraterna e
di dissapori in seno alla fraternità stessa
e in seno al Consiglio, di cui non ha mai
fatto parte.
Talvolta si è sentita in dovere di biasimare
certi atteggiamenti e certe prese di
posizione di qualche membro della fraternità
secolare, ma solo raramente ha
stigmatizzato certe tendenze nient’affatto
francescane. Il tutto sempre con la massima
serietà, serenità e carità fraterna.
Quando si è trovata in qualcuna di queste
situazioni, non ha mai perso la calma
vivendo, invece, la Beatitudine di Gesù riguardo
ai “miti”. Quando vedeva scaldarsi
il clima della discussione nella fraternità,
era solita intervenire dicendo di finirla,
perché “nella fraternità non c’era niente
33

34
OFS
da dividersi e che con la concordia anche
le piccole cose diventano grandi, mentre
con la discordia anche le cose più grandi
sfumano”, traducendo così involontariamente
il detto del mondo latino, successivamente
fatto proprio da San Girolamo
e riportato nella “Regola dei Monaci” al
numero 28.
Ma la cosa più bella di Emanuela Campanozzi
era che, nelle discussioni in cui si
trovava coinvolto anche il padre Assistente,
lei, con altre terziarie di buon senso
e di vera e seria formazione ecclesiale e
francescana, si schierava sempre dalla
parte del sacerdote, non perché questi
dovesse avere sempre ragione comunque
andassero le cose e facesse passare per
virtù anche i propri difetti, ma solo perché
ricordava, e lo aveva impresso nella
mente, quello che San Francesco ha lasciato
scritto nel Testamento riguardo ai
Sacerdoti: “ Il Signore mi dette e mi dà
tanta fede nei sacerdoti che non voglio
in loro considerare il peccato, perché
in essi vedo il Figlio di Dio e sono miei
signori. E faccio questo perché dell’Altissimo
Figlio di Dio nient’altro io vedo
corporalmente in questo mondo, se non
il Santissimo Corpo e il Sangue suo che
essi soli consacrano ed essi soli amministrano
agli altri”.
Emanuela desiderava che all’inizio di
ogni incontro di formazione o di condivisione
, la fraternità leggesse insieme la
“Preghiera semplice” di San Francesco:
“O Signore, fa’ di me
uno strmento della tua pace:
Dov’è odio ch’io porti l’Amore;
Dov’ offesa, ch’io porti il Pardono;
Dov’è discordia, ch’io porti l’Unione;
Dov’è il dubbio, ch’io porti la Fede;
Dov’è errore, ch’io porti la Verità;
Dov’è disperazione, ch’io porti la Speranza;
Dov’è tristezza, ch’io porti la Gioia;
Dove sono le tenebre, ch’io porti la Luce;
O Maestro, fa’ ch’io non cerchi tanto:
Di essere consolato, ma di consolare;
Di essere compreso, quanto di comprendere;
Di essere amato, quanto di amare;
Poiché: dando si riceve;
Perdonando si e perdonati;
Morendo si risuscita a Vita Eterna”.
Questo fu il programma della sua vita
come francescana. A questo programma
ha cercato di tenere fede, nonostante le
debolezze insite nella sua condizione
umana e gli immancabili difetti quotidiani.
Quando, qualche giorno prima della
morte, sono andato a farle visita in ospedale,
lucida di mente come sempre, mia
ricordato brevemente tutte queste cose
insieme alle tante altre su cui ci si intratteneva
ogni volta che andavo a casa sua a
farle visita.
Mi ricordava i miei sei anni trascorsi a
San Nicandro ed il coraggio di avere riaperto
il Convento dopo oltre 134 anni di
chiusura e di pestilenziale abbandono da
parte di tutti; si ricordava con commozione
di quel 3 ottobre del 1992 quando
celebrammo in convento e precisamente
nel chiostro il Transito di San Francesco
in mezzo ad una commozione generale
fino alle lacrime nel visitare i locali riattati
del piano terra.
Da parte mia non tralasciavo di ricordare
a lei la notte del 1997 trascorsa accanto
al mio letto dopo un mio intervento
chirurgico nell’ospedale “San Giacomo”
di Torremaggiore. In quella circostanza,
nonostante le mie insistenze a che andassero
via, lei, Rita Melchionda e Anna rimasero
con me fino al mattino per farmi
compagnia, non avendo io avvisato i miei
familiari per non allarmarli.
Emanuela non tralasciava egualmente
di ricordare qualche consorella terziaria
del suo stesso stampo e che prima di lei
aveva raggiunto il Paradiso: Rita Melchionda,
morta prima di lei nel 2001 e più
giovane di lei, essendo nata il 4 gennaio
del 1923; Rosa Trombetta “Sisìna” per gli
amici, che abita alle spalle del convento
e che avverte ancora intatto il fuoco serafico
della su appartenenza alla famiglia
francescana; Maria, e qualche altra.
Ci teneva a ricordare Rita come la benefattrice
del convento con le “mani bucate”
nella spontanea carità verso tutti;
ricordava “Sisìna”, colei che lasciava
per un momento la sua casa incustodita
e correva al convento a portare ai frati
qualche specialità campestre già cucinata
e pronta per essere mangiata.
Ricordando a me queste consorelle,
non si accorgeva che stava parlando della
sua personale esperienza caritativa e
dell’amore verso i frati del convento di
Santa Maria delle Grazie.
Non c’era volta in cui, dopo averle fatto
visita, io andassi via con le mani vuote; e
questo fino agli ultimi tempi: c’era sempre
qualcosa per me. Spesso mi rimproverava
per non averla avvisata preventivamente
del mio arrivo, perché voleva
sempre farmi trovare qualcosa di particolare
da portare via.
L’ultima promessa da lei fatta è stata
quella che mi avrebbe fatto trovare delle
orecchiette preparate con le sue mani.
Non abbiamo fatto in tempo. Le mangeremo
quando Dio vorrà e con altre modalità,
sull’Alto Monte delle Beatitudini,
dove Dio ha preparato un banchetto sontuoso
per l’umanità intera.
Di una sola cosa avrei voluto sdebitarmi
con lei, dopo aver appreso il suo ricovero
in ospedale: restituirle la notte da lei
passata accanto al mio letto di sofferenza.
Non mi è stato possibile. Ho cercato di
rimediare con qualche visita in ospedale,
mentre lei era ancora vivente e sofferente
terminale, e anche altro dopo il suo decesso.
Fissandola ancora una volta ben composta
e vestita con il Saio francescano, dopo
una breve preghiera di suffragio, ho recitato
mentalmente per lei la preghiera di
Francesco d’Assisi a lei tanto cara:
“Tu sei santo,Signore Dio, unico;
Tu sei forte; Tu sei grande;
Tu sei l’Altissimo;
Tu sei Padre santo, il Bene, il Sommo Bene;
Tu sei amore, sei sapienza, sei umiltà,
sei pazienza, bellezza, sicurezza;
Tu sei pace, gaudio e letizia;
Tu sei speranza, sei rifugio, sei la nostra
dolcezza, sei la nostra vita eterna, grande e
ammirabile Signore, Dio onnipotente,
misericordioso Salvatore”.

La testimonianza di un ex cappellano ospedaliero
come stare accanto
a chi soffre
di Padre Urbano Giambitto
Mi son messo in testa di trascorrere una
giornata con il malato. Non è che altre
volte non l’abbia trascorsa: sono stato
venti anni con loro. Però questa volta è
una occasione per interrogarmi, come
religioso francescano, quale posto occupano
gi ammalati nella mia sensibilità,
nella mia attività pastorale e il tempo
che ho riservato e riservo a loro. In realtà
non preferisco il malato singolo, ma
l’incontro di massa,un vasto pubblico,
perchè mi sembra più proficuo ed utile
per la mia evangelizzazione. E’ un errore:
lo so. Ma preferisco così. So il posto
che occupa il malato nel cuore di Gesù;
so anche che il contatto con il malato mi
umanizza. Capisco che la salute è tra i
beni più preziosi che l’uomo possegga e
lotta da sempre per combattere malattie
e dolore. Capisco anche, dal giorno che
rcevetti il primo infarto che la malattia
fa paura perchè segna l’uomo e che prima
o poi entra in ogni casa. La malattia
fa paura soprattutto quando porta con se
un presagio di dolore e di morte. E’ vero
che anche gli animali si ammalano, ma
nell’uomo è presente una componente
che la rende diversa: l’uomo sa di esse-
re malato e conosce anche quale possono
essere le conseguenze per lui e per i
propri cari. Da ammalato ho capito che la
malattia non è circoscritta, ma ha una risonanza
nella sua sfera affettiva che sfugge
agli esami di laboratorio e che non viene
segnata nella cartella clinica. Quando
spesso entro in un ospedale o in una Casa
di Riposo per Anziani, tutti i discorsi cadono:
capisco solo una cosa: che la sofferenza
è personale. Infatti ogni malato si
crea un mondo interiore, i suoi pensieri,
le sue lacrime, si crea, i suoi silenzi di
mistero; e l’uomo che soffre rimane un
mistero. Osservando un malato grave chi
può sapere a che cosa pensa, quali son
i suoi sentimenti? Per quanto sia grande
il bisogno di aiuto o di compagnia,
nella malatia c’è un limite, c’è nessuno
che può oltrepassare, specialmente se è
grave; entro quel limite ognuno affronta
da solo il proprio destino. Soffre da solo,
piange, agonizza e muore solo. Si può
soffrire con “chi” soffre, ma non al suo
posto; si può soffrire accanto a lui, ma
non in lui. Quella solitudine, non può essere
colmata neppure dall’amore, perchè
ad una certa frontiera, anche l’amore, la
Testimonianze
forza più potente che noi possediamo,
deve arrendersi. Ecco la vera crudeltà del
dolore, la vera crudeltà della morte, sta
proprio nel suo grande insulto all’amore.
Queste considerazioni mi hanno fatto
riflettere e mi hanno fatto capire quanto
sia difficile conoscere e dialogare con
l’ammalato. Al malato ci si avvicina con
grande rispetto e pudore e in punta di
piedi. Non si alza la voce, non ci si atteggia
a portatori di salvezza o a saggi...
Quando si soffre, nulla dà tanto fastidio
quanto l’enfasi di chi sa tutto e non rimane
zitto di fronte a nessun perché.
Chiunque ha avuto, come me, una minima
esperienza di malattia e di lacrime, sa
che non son le parole altisonanti che aiutano
dallo scoraggiamento, ma le parole
semplici, pronunziate a mezza voce, con
gli occhi negli occhi... Perchè non è la
presenza che conta, ma il modo di essere
presenti... Ho cercato di capire proprio
questo. Questo prezioso insegnamento
mi è servito e mi serve certamente come
riflessione, ma soprattutto ha dato un
indirizzo diverso alla mia vita scoprendo
“Uno” che forse avevo un pò dimenticato,
il Signore Gesù.
35

In caso di mancato recapito, rispedire al mittente,
che si impegna a pagare quanto dovuto per legge. Grazie!
Curia Provinciale OFM
Convento San Pasquale - 71100 Foggia
La Provincia di San Michele Arcangelo
dei Frati Minori di Puglia e Molise
da il benvenuto al Ministro Generale ofm
fr. Jose Rodriguez Carballo
“ Rimaniamo in cammino,
un cammino che desideriamo ci porti all’essenziale
della nostra esperienza di fede,
che allontani da noi la tentazione
di addomesticare le parole profetiche del Vangelo
per adattarle ad un comodo stile di vita.
In questo cammino abbiamo bisogno
di rafforzarci con il cibo della Parola...
Lasciamoci accarezzare dalla brezza della Parola.
Sia essa lampada ai nostri passi,
luce sul nostro cammino”.
Fr. José Rodriguez Carballo, ofm
Ministro Generale
27 ottobre 2008
Bari-Cattedrale - ore 16.00
Incontro con la Famiglia Francescana
Basilica di San Nicola - ore 18.00
Celebrazione “Spirito di Assisi”
28 ottobre 2008
Bitetto-Convento Beato Giacomo - ore 9.30
Incontro con la Fraternità provinciale
Celebrazione Eucaristica