Governo locale e gestione dei flussi migratori in Italia. Verso ... - CeSPI
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<strong>migratori</strong>o, e cioè quello del paese di dest<strong>in</strong>azione, occorre essere consapevoli che una compiuta<br />
attuazione del pr<strong>in</strong>cipio di sussidiarietà non può presc<strong>in</strong>dere dall’adottare una prospettiva più<br />
ampia, che <strong>in</strong>cluda anche le comunità di orig<strong>in</strong>e, <strong>in</strong> quanto supporto <strong>in</strong>dispensabile non solo ai<br />
processi di re<strong>in</strong>serimento nel paese di partenza, ma anche <strong>in</strong> quelli di <strong>in</strong>tegrazione sociale nel<br />
contesto di arrivo.<br />
2. La governance all’italiana. I comuni nella <strong>gestione</strong> <strong>dei</strong> <strong>flussi</strong> <strong>migratori</strong><br />
Come abbiamo già accennato, i primi <strong>flussi</strong> <strong>migratori</strong> verso il nostro paese si attivano nella seconda<br />
metà degli anni Settanta, quando i paesi dell’Europa nord-occidentale chiudono le frontiere<br />
all’<strong>in</strong>gresso di nuovi lavoratori stranieri <strong>in</strong> seguito alla recessione causata dalla crisi petrolifera del<br />
1973. Si tratta di una immigrazione che molti studiosi non esitano a def<strong>in</strong>ire anomala (Calvanese<br />
1983; Calvanese e Pugliese 1988; Melotti 1993), dato l’elevato tasso di disoccupazione tra i<br />
nazionali e l’assenza di richiesta esplicita di forza lavoro immigrata. I primi tentativi di spiegazione<br />
di questa specificità italiana hanno <strong>in</strong>sistito soprattutto sui fattori di sp<strong>in</strong>ta (push factors) dalle aree<br />
di orig<strong>in</strong>e, sottol<strong>in</strong>eando le condizioni di cronico sottosviluppo di molti paesi dell’Africa e<br />
dell’Asia, le crisi politiche determ<strong>in</strong>ate dal crollo <strong>dei</strong> regimi comunisti nell’Europa orientale,<br />
l’<strong>in</strong>stabilità causata da guerre e conflitti etnici (Melotti 1993). A ben guardare, tuttavia, anche nel<br />
contesto di crisi degli anni Settanta non mancano ragioni di attrazione nel nostro paese, a causa<br />
della richiesta di lavoro poco qualificato e <strong>in</strong>formale <strong>in</strong> settori quali i servizi domestici e alla<br />
persona nelle grandi città, l’agricoltura e la pesca nelle regioni del sud 11 .<br />
La presenza di un mercato del lavoro sempre più stratificato e segmentato ha cont<strong>in</strong>uato a<br />
rappresentare un potente fattore di attrazione anche nei decenni successivi, come evidenziato da<br />
Ambros<strong>in</strong>i (2001, 75), che ha <strong>in</strong>dividuato quattro modelli territoriali di impiego del lavoro<br />
immigrato: a) il modello dell’<strong>in</strong>dustria diffusa, caratteristico delle regioni del nord-est e del centro-<br />
nord, dove trovano <strong>in</strong>serimento come operai soprattutto uom<strong>in</strong>i scarsamente qualificati; b) il<br />
modello delle economie metropolitane, che riguarda soprattutto le grandi città capoluogo di regione,<br />
che offrono opportunità di impiego nel settore <strong>dei</strong> servizi di cura, dove molto rilevante è la presenza<br />
femm<strong>in</strong>ile, nel terziario (ambulantato, ristorazione etnica ecc.), e nell’edilizia; c) il modello delle<br />
attività stagionali del Mezzogiorno, dove alta è la richiesta di braccianti, per lo più uom<strong>in</strong>i, nei<br />
11<br />
Sulla diatriba tra push e pull factors, e sulle più recenti proposte di spiegazioni alternative delle d<strong>in</strong>amiche <strong>dei</strong> <strong>flussi</strong><br />
<strong>migratori</strong>, si veda Ambros<strong>in</strong>i, 2001 (pp. 31-45) e la bibliografia ivi citata.<br />
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