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Da casina Marsicano a Villa Nitti (Antonio Giovannucci)

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<strong>Da</strong> Casina <strong>Marsicano</strong> a <strong>Villa</strong> <strong>Nitti</strong><br />

Acquafredda, 1900<br />

All’alba del XX secolo, Acquafredda è una frazione scarsamente popolata.<br />

Tuttavia, dai rari documenti fotografici e cartografici dell’epoca, appare<br />

chiaro che la borgata non ha le caratteristiche di un nucleo compatto: il<br />

gruppo di case attestato più a Nord si dispone lungo il tracciato stradale<br />

che precede l’attuale S.S. 18, mentre a Sud ne sorge un secondo che ha<br />

piuttosto le caratteristiche dell’abitato sparso, con costruzioni che rientrano,<br />

a seconda dei casi, nella tipologia del fabbricato rurale oppure della<br />

villa.<br />

Quest’ultima, particolarmente evidente per gli edifici installati sull’insellatura<br />

della Rotondella, a monte della torre aragonese, è da ritenere si sia<br />

sviluppata dopo che, a supplire almeno in parte al problema delle comunicazioni,<br />

è sopravvenuta la costruzione della ferrovia Salerno-Reggio, ancora<br />

sullo scorcio dell’Ottocento 1 . La stazioncina di Acquafredda (ora dismessa)<br />

non è però soltanto un luogo il cui fascino verrà riconosciuto e celebrato<br />

dalla stampa negli anni ‘20, quando la frequentazione di personaggi di spicco<br />

in visita al presidente del consiglio <strong>Nitti</strong> si può dire sia divenuta consuetudine:<br />

per molti, costretti ad emigrare, non è che il punto di partenza per<br />

un lungo viaggio, spesso senza ritorno...<br />

La piaga dell’emigrazione, che ha inciso profondamente anche nel tessuto<br />

sociale del piccolo borgo, affonda le sue radici nell’estrema povertà della<br />

gente, priva di sbocchi lavorativi al di fuori del contesto agricolo, fatta eccezione<br />

per qualche piccola attività di pesca. Tra le cause della situazione vi è<br />

anche la mancanza di collegamenti: l’unica strada esistente, fatta costruire<br />

dai Borboni nel Settecento, è poco più di un sentiero, che nei tratti di costa<br />

a strapiombo sul mare si trasforma in una cengia, pericolosamente sospesa<br />

sulla parete rocciosa.<br />

VILLA NITTI A MARATEA: IL LUOGO DEL PENSIERO<br />

Tale situazione di isolamento viene fissata in maniera indelebile dall’inchiesta<br />

Zanardelli del 1902: la legge speciale che ne conseguì (promulgata il<br />

31 marzo 1904) prevedeva, tra l’altro, proprio la realizzazione della litoranea<br />

tirrenica per il collegamento Sapri - Maratea - Praia a Mare 2 .<br />

Di fatto, la costruzione non inizierà se non vari anni più tardi (e non<br />

senza un qualche intervento dello stesso <strong>Nitti</strong>…); ma, ancora nel 1923,<br />

vediamo un manipolo di operai intento a scavare nella viva roccia la galleria<br />

da cui si transita tuttora, per abbattere l’ultimo diaframma tra Basilicata e<br />

Campania.<br />

Nella lunga attesa della strada, era giocoforza spostarsi via mare (come<br />

del resto farà anche la famiglia <strong>Nitti</strong>), per raggiungere sia Sapri che il porto<br />

di Maratea: ma il tragitto era possibile soltanto in condizioni meteorologiche<br />

favorevoli, data la mancanza di approdi sicuri ed attrezzati. Le difficoltà<br />

ed i pericoli in caso di mare agitato sono del resto ben chiari anche dalle<br />

circostanze dello sbarco del Carducci e dei suoi, la cui impresa avrà un tragico<br />

epilogo proprio per l’impossibilità di riprendere il largo.<br />

L’impianto attuale di Acquafredda è condizionato dall’andamento della<br />

S.S. 18: le costruzioni recenti si attestano lungo tale asse stradale, che ha il<br />

suo fulcro nella piazza su cui si affaccia la chiesa dell’Immacolata (risalente,<br />

nel suo aspetto attuale, alla prima metà dell’Ottocento) 3 .<br />

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VILLA NITTI A MARATEA: IL LUOGO DEL PENSIERO<br />

Acquafredda all’inizio del Novecento (per gentile concessione di E. Lamarca).<br />

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La stazioncina di Acquafredda in un’immagine d’epoca. Acquafredda. Il ponte in mattoni della vecchia ferrovia.<br />

VILLA NITTI A MARATEA: IL LUOGO DEL PENSIERO<br />

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VILLA NITTI A MARATEA: IL LUOGO DEL PENSIERO<br />

Ponti della costiera borbonica e della costiera attuale. Lo scavo della galleria di Acquafredda nel 1924.<br />

(da G. LAMARCA, Racconto storico-fotografico di Maratea, Salerno 1984).<br />

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Veduta aerea del borgo di Acquafredda (Conc. S.M.A. n.0036 del 10/01/1992).<br />

VILLA NITTI A MARATEA: IL LUOGO DEL PENSIERO<br />

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VILLA NITTI A MARATEA: IL LUOGO DEL PENSIERO<br />

La prima residenza di <strong>Nitti</strong><br />

Si è visto come, dopo una lunga serie di vicende, la proprietà lungo il<br />

Ciglio di S. Pietro fosse divenuta proprietà di Giovanni <strong>Marsicano</strong>, il quale<br />

non si limitò a piantare viti, aranci ed altri alberi da frutto, ma volle anche<br />

ingrandire la costruzione.<br />

L’ampliamento (come del resto quello successivo) si sviluppò di necessità<br />

in direzione est, dato che il nucleo originario si trovava sul confine occidentale<br />

della tenuta, e presenta una lieve angolazione rispetto ad esso per<br />

meglio adeguarsi all’andamento del terreno; per la medesima ragione, il<br />

piano terreno era impostato a quota inferiore rispetto al preesistente.<br />

Venne lasciata immutata la copertura a padiglione del corpo di fabbrica<br />

ottocentesco, nelle cui falde, in corrispondenza delle facciate principali, si<br />

aprivano due lucernari; il corpo aggiunto terminava invece con un terrazzo<br />

coperto, sul quale - in una rara immagine conservata presso la Fondazione<br />

Einaudi - vediamo intrattenersi (al riparo dal sole, ma al cospetto dell’impressionante<br />

panorama) le signore della famiglia. La fotografia, datata<br />

1918, venne probabilmente posta all’attenzione di <strong>Nitti</strong> in funzione dell’acquisto<br />

dell’immobile.<br />

Quella che fu la prima residenza marateota dello statista non era, in<br />

verità, una costruzione di grandi pretese, anche perchè probabilmente concepita<br />

per la tenuta del fondo agricolo: la ingentilivano, tuttavia, alcuni<br />

dettagli conservati intatti anche dopo il passaggio di proprietà, come la balconata<br />

in ferro battuto che percorre l’intera facciata sul lato mare, a testimonianza<br />

di un artigianato locale non ancora piegato dalla standardizzazione<br />

moderna.<br />

Si intuisce fondamentale, anche nella fase dell’acquisto (come poi nella<br />

ristrutturazione), il ruolo svolto dal senatore e studioso Giuseppe De<br />

Lorenzo, originario di Lagonegro, e che a sua volta si era innamorato di<br />

Maratea già in tenera età, quando vi si recava col padre, a dorso di mulo,<br />

per far visita alla nonna, e scoperse il mare: “...una distesa infinita, cerulea,<br />

che in suo giro lontano confinava col cielo...” 4 .<br />

48<br />

Fu, forse, proprio lui ad accompagnare <strong>Nitti</strong> alla scoperta dei luoghi (od<br />

anche a riscoprirli, se i viaggi nel Lagonegrese per la nota inchiesta sulla<br />

condizione contadina lo portarono sino alla costa); fu quasi certamente lui<br />

ad assumersi l’onere di trovargli una degna dimora, anche se, in un primo<br />

tempo, sembra che il parsimonioso statista intendesse reperire un qualche<br />

rudere da poter ricostruire. Ipotesi comunque superata, visto che gli si prospettò<br />

poi la scelta tra due residenze, entrambe di proprietà della famiglia<br />

<strong>Marsicano</strong>: la “<strong>casina</strong>” omonima e villa Cheta.<br />

Era, questa, un edificio non privo di pregio: l’imponente facciata, scandita<br />

dalla perfetta simmetria delle numerose aperture e da motivi in stucco,<br />

era coronata da un frontoncino in stile liberty, che si è conservato anche<br />

dopo la trasformazione della residenza in albergo. Anche se, probabilmente,<br />

le dimensioni di villa Cheta sarebbero state più adeguate alla numerosa<br />

famiglia dello statista (per non parlare degli amici!), essa non poteva vantare<br />

la splendida vista sull’intero golfo di Policastro offerta dal più modesto<br />

fabbricato del Ciglio di S. Pietro, che le venne perciò preferito.


La <strong>casina</strong> <strong>Marsicano</strong> prima dell’acquisto da parte di <strong>Nitti</strong> (Archivio Fondazione Einaudi).<br />

VILLA NITTI A MARATEA: IL LUOGO DEL PENSIERO<br />

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VILLA NITTI A MARATEA: IL LUOGO DEL PENSIERO<br />

Ricostruzione del prospetto frontale di <strong>Villa</strong> Cheta.<br />

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Il terrazzo di <strong>Villa</strong> <strong>Nitti</strong> con la copertura della <strong>casina</strong> <strong>Marsicano</strong>. Facciata di <strong>Villa</strong> <strong>Nitti</strong> in corrispondenza della <strong>casina</strong> <strong>Marsicano</strong>.<br />

VILLA NITTI A MARATEA: IL LUOGO DEL PENSIERO<br />

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VILLA NITTI A MARATEA: IL LUOGO DEL PENSIERO<br />

Il nuovo progetto e il suo autore<br />

E’, purtroppo, perduta (o, quantomeno, non ancora rintracciata) la<br />

documentazione relativa al progetto del corpo di fabbrica che Francesco<br />

Saverio <strong>Nitti</strong> fece realizzare ex novo tra il 1920 e il 1921: resta, per fortuna,<br />

una copia del bozzetto originale della facciata principale, eseguito a matita<br />

e ritoccato ad acquerello, di cui Filomena <strong>Nitti</strong> Bovet volle far dono a<br />

Franco Bonelli, collega ed amico del figlio Giampaolo, tragicamente scomparso<br />

nel 1971 proprio mentre da Maratea si dirigeva ad Acquafredda. Ed è<br />

precisamente alla cortesia del professor Bonelli se si è potuto disporre del<br />

prezioso disegno, e conoscere così - anche se limitatamente al prospetto<br />

rivolto verso mare - i dettagli di un progetto che non venne compiutamente<br />

realizzato.<br />

Per alcuni particolari - dove sono intervenute modifiche di recente - non<br />

abbiamo, al momento, termini di raffronto: così, ad esempio, per il paramento<br />

a bugnato che doveva ricoprire il basamento del nuovo corpo di fabbrica,<br />

necessario a colmare il dislivello rispetto alla parte più antica della<br />

costruzione.<br />

Altre differenze tra il bozzetto e quanto effettivamente eseguito si possono<br />

invece cogliere al primo sguardo: la mancanza dell’apparato decorativo<br />

della facciata, con motivi vagamente classici da realizzare in pietra, o semplicemente<br />

in stucco; la semplificazione delle balaustre di coronamento sia<br />

della torre che del terrazzo, sacrificate forse per problemi di costo, o per la<br />

scarsità di maestranze come di materiali idonei, che non era possibile reperire<br />

in zona, e dovevano esservi trasportati a prezzi elevatissimi.<br />

Ciò di cui più si avverte la mancanza sono le coperture progettate sia per<br />

il solaio della torretta che per lo spazio già adibito a terrazza nell’ampliamento<br />

eseguito da Giovanni <strong>Marsicano</strong>: esse, infatti, concepite in vetro e<br />

ferro, avrebbero potuto, per la loro forma, segnalarsi come antesignane<br />

della piramide nel cortile del Louvre. Non possiamo stabilire se questa<br />

curiosa mescolanza di elementi déco con altri di gusto neogotico (innestati,<br />

per di più, su preesistenze ottocentesche) sia frutto esclusivo della formazio-<br />

52<br />

ne dell’architetto, o se vi abbiano avuto parte precise scelte del committente:<br />

certo è che il risultato non è soltanto di rottura con la tradizione locale,<br />

ma anche di grande impatto sul paesaggio. Il panorama di Acquafredda<br />

diviene di fatto uno sfondo, una quinta pittoresca per la palazzina che biancheggia<br />

tra il verde della vegetazione e l’ocra delle rocce: tanto che nessuna<br />

veduta da cartolina (ad iniziare da quelle che spedirà lo stesso <strong>Nitti</strong> ad<br />

amici e parenti) potrà in seguito rinunciare ad includerla.<br />

Anche se la cesura rispetto all’architettura dell’epoca risulta già netta nel<br />

contrasto tra le due parti dell’edificio (e si accentua ancor di più nel raffronto<br />

con le poche costruzioni superstiti dell’Acquafredda di inizio<br />

Novecento), è apprezzabile come il progettista si sforzi di graduare il passaggio<br />

dalla tipologia di aperture preesistenti a quella dei loggiati della torretta:<br />

la forma rettangolare viene infatti mantenuta al piano terra, mentre al<br />

piano superiore fa da cornice a quelle ad arco.<br />

Degni di nota sono anche i capitelli di ispirazione corinzia con i quali si<br />

concludono le esili colonnine dei loggiati: se non stupisce che queste ultime<br />

siano state realizzate in cemento (come del resto le varie balaustre), può<br />

invece sorprendere che anche i primi siano stati creati con lo stesso materiale,<br />

attraverso uno stampo derivante probabilmente da un calco.<br />

All’interno, sono pochi gli elementi sfuggiti alle trasformazioni: tra questi,<br />

le rampe di scale che portano alla terrazza, inaspettatamente illuminate<br />

da una grande apertura circolare vetrata.<br />

Tuttavia, nel valutare l’opera di Vincenzo Rinaldo, il problema principale<br />

è costituito dalla difficoltà a dare contorni definiti a questa figura di<br />

architetto, i cui dati biografici - a dispetto del gran numero di progetti a lui<br />

attribuiti – sono scarni o parziali 5 .<br />

Per fortuna, parte delle notizie sulla sua opera provengono da fonte indiretta,<br />

ovvero da testi dedicati a Carlo Scarpa, che fu allievo del Rinaldo (di<br />

cui sposerà poi una nipote) all’Accademia di Venezia e collaborò con lui in<br />

alcuni cantieri, tra Veneto e Friuli 6 .


Ignoriamo come la sua attività nell’Italia del Nord, negli anni ‘20 del<br />

Novecento, si conciliasse con quella, all’incirca contemporanea, di cui<br />

abbiamo traccia in Campania: nel 1921 lo ritroviamo infatti nelle vesti di<br />

direttore dell’Ufficio Tecnico Edilizio dell’Università di Napoli, veste in cui<br />

rilascia attestati al costruttore della villa, Biagio Vitolo. Sono però praticamente<br />

nulle le speranze di ottenere notizie del suo operato in tale veste,<br />

dato che l’archivio dell’ateneo napoletano venne gravemente danneggiato<br />

dall’incendio appiccato dai soldati tedeschi al termine della Seconda Guerra<br />

mondiale 7 .<br />

Possiamo comunque supporre che la conoscenza tra <strong>Nitti</strong> e Vincenzo<br />

Rinaldo, e l’incarico di progettare la nuova ala della casa di Acquafredda,<br />

siano avvenuti proprio nell’ambiente partenopeo: ma lo statista ebbe poi a<br />

rimpiangere questa sua scelta, soprattutto a causa dei costi dell’opera (per<br />

l’esattezza, 319.381 lire, che era, per l’epoca, una cifra enorme). Anni più<br />

tardi, in uno sfogo particolarmente amaro, giungerà a parlare del Rinaldo<br />

come di “ un architetto pazzo” 8 .<br />

Le numerose perdite – più e meno gravi – che sembrano contrassegnare<br />

le vicende della villa, così come del suo architetto, si estendono, purtroppo,<br />

anche alla documentazione relativamente recente: manca, infatti, tra la<br />

documentazione grafica che avrebbe dovuto restituirci nel dettaglio lo stato<br />

della costruzione prima degli interventi risalenti agli anni ‘70 del<br />

Novecento, proprio il rilievo del prospetto principale. Questa, oltre a privarci<br />

di un utile raffronto col progetto originario, ci sottrae anche alcuni<br />

dettagli del fabbricato preesistente, soprattutto a livello di copertura, cui<br />

sopperisce solo in parte la documentazione fotografica d’archivio.<br />

VILLA NITTI A MARATEA: IL LUOGO DEL PENSIERO<br />

Attestato rilasciato da Vincenzo Rinaldo al costruttore di <strong>Villa</strong> <strong>Nitti</strong>, B. Vitolo.<br />

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VILLA NITTI A MARATEA: IL LUOGO DEL PENSIERO<br />

Il bozzetto originale di V. Rinaldo per <strong>Villa</strong> <strong>Nitti</strong> (per gentile concessione di F. Bonellli).<br />

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<strong>Villa</strong> <strong>Nitti</strong> in una cartolina degli anni Ottanta del Novecento.<br />

VILLA NITTI A MARATEA: IL LUOGO DEL PENSIERO<br />

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VILLA NITTI A MARATEA: IL LUOGO DEL PENSIERO<br />

La facciata lato mare della nuova ala di <strong>Villa</strong> <strong>Nitti</strong>. Particolare del loggiato della torre (in alto) e dei capitelli delle sue colonne.<br />

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In alto: la terrazza vista dal loggiato.<br />

In basso: la torre con l’ingresso principale.<br />

La scalinata della torre con il lucernario circolare in vetro.<br />

VILLA NITTI A MARATEA: IL LUOGO DEL PENSIERO<br />

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VILLA NITTI A MARATEA: IL LUOGO DEL PENSIERO<br />

Il prospetto principale di <strong>Villa</strong> <strong>Nitti</strong> con le modifiche proposte da L. Mastroberti (1975).<br />

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Il prospetto posteriore di <strong>Villa</strong> <strong>Nitti</strong> prima degli interventi sulla parte più antica.<br />

VILLA NITTI A MARATEA: IL LUOGO DEL PENSIERO<br />

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VILLA NITTI A MARATEA: IL LUOGO DEL PENSIERO<br />

<strong>Villa</strong> <strong>Nitti</strong>. I prospetti laterali nei disegni del progetto Mastroberti.<br />

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PROSPETTO LATERALE EST PROSPETTO LATERALE OVEST


<strong>Villa</strong> <strong>Nitti</strong>, piante. La parte in grigio corrisponde alla preesistente <strong>casina</strong> <strong>Marsicano</strong>.<br />

VILLA NITTI A MARATEA: IL LUOGO DEL PENSIERO<br />

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VILLA NITTI A MARATEA: IL LUOGO DEL PENSIERO<br />

Gli annessi della villa<br />

Il tutt’uno costituito dalla residenza e dal mare sottostante rendeva indispensabile<br />

il disporre di natanti: le due barche di cui disponeva la famiglia di<br />

<strong>Nitti</strong> (battezzate coi nomi dei figli, Federico e Giuseppe) trovavano ricovero in<br />

un’apposita rimessa, costruita ai piedi della scogliera, al margine della spiaggia<br />

detta “Luppa”, provvista di un alaggio. Della realizzazione, inghiottita da una<br />

violenta mareggiata, non resta traccia se non in una vecchia fotografia.<br />

Sugli annessi rurali sparsi nei terreni retrostanti la villa, poco vi è da<br />

dire; per quello che può essere classificato come un esempio di architettura<br />

rurale tipica della zona, rinviamo alla nota stesa dall’architetto Ginetta<br />

Fabiano, autrice di uno studio su tali manufatti 9 .<br />

Il capanno per le barche dei <strong>Nitti</strong>. Progetto per il capanno e l’alaggio a servizio di <strong>Villa</strong> <strong>Nitti</strong>.<br />

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Fabbricato rurale annesso a <strong>Villa</strong> <strong>Nitti</strong>: veduta d’insieme e particolare della scala esterna.<br />

VILLA NITTI A MARATEA: IL LUOGO DEL PENSIERO<br />

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VILLA NITTI A MARATEA: IL LUOGO DEL PENSIERO<br />

Prospetto principale e piante del fabbricato rurale (dis. M. Papaleo).<br />

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VILLA NITTI A MARATEA: IL LUOGO DEL PENSIERO<br />

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VILLA NITTI A MARATEA: IL LUOGO DEL PENSIERO<br />

Il riuso di <strong>Villa</strong> <strong>Nitti</strong>: un problema aperto<br />

Il problema del riuso del complesso di <strong>Villa</strong> <strong>Nitti</strong> si pose immediatamente<br />

dopo la sua acquisizione da parte della Regione, nel 1973: la palazzina<br />

si presentava infatti in uno stato avanzato di degrado, e correttamente si<br />

pensò di impostare il restauro in funzione di un nuovo utilizzo. Nacque<br />

così il progetto per un Centro di Studi Meridionalistici, ad opera di L.<br />

Mastroberti (1975), che richiese tra l’altro il sacrificio dell’aranceto di cui<br />

<strong>Nitti</strong> andava fiero.<br />

Sezione del progetto Mastroberti per il riuso di <strong>Villa</strong> <strong>Nitti</strong>.<br />

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Rimasto per varie ragioni incompiuto, esso richiede oggi un attento<br />

ripensamento, nell’ottica di una destinazione futura che dovrebbe, tra le<br />

varie allo studio, privilegiare quella più direttamente riconducibile allo storico<br />

passato dell’immobile; il problema è comunque all’attenzione della<br />

Regione Basilicata, che, dopo aver ridato alla villa, con il recente maquillage,<br />

la perduta dignità estetica, ha destinato un congruo finanziamento al<br />

recupero dell’intero complesso.


Note<br />

1) P. BOTTINI, Esperienze di archeologia industriale nell’area sud-occidentale della<br />

Basilicata: i casi di Rivello e di Maratea, in Bollettino Storico della Basilicata, 9, 1993,<br />

pp. 42-43.<br />

2) Ibidem, pp. 40-41; sulla legge Zanardelli, e in part. sulle opere viarie da realizzare, G.<br />

GUIDA, Il Lagonegrese nel XIX secolo, Napoli 1961, pp. 149-154.<br />

3) La tradizione ha conservato memoria di una costruzione più antica, di cui peraltro<br />

non si conosce né la data, né l’aspetto.<br />

4) G. GUIDA, Profili di personaggi lagonegresi, Cosenza 1988, p.127.<br />

5) Sulla figura dell’architetto Rinaldo, si veda il testo in appendice, redatto da P. Bottini.<br />

6) Per la bibliografia, si rinvia ugualmente al testo citato sopra.<br />

7) Si ringrazia l’architetto Giulio Pane, dell’Università di Napoli, per le ricerche svolte, il<br />

cui esito negativo è attribuibile solo agli eventi.<br />

8) La cifra indicata si desume dalle puntigliose annotazioni fatte dallo stesso <strong>Nitti</strong> nelle<br />

sue agende: F. BARBAGALLO, Francesco S. <strong>Nitti</strong>, Torino 1984, p. 639; per l’appellativo<br />

di cui gratifica l’architetto, vd. il testo di C. Magistro che segue.<br />

9) Il casolare che sorge nei pressi di <strong>Villa</strong> <strong>Nitti</strong>, è uno dei pochi superstiti che rispondono alla<br />

cosiddetta “tipologia marateina”, ormai destinata a scomparire per la mancata sensibilità<br />

alla conservazione. La corrispondenza di questo caso con la tipologia è quasi piena, e presenta<br />

il piano terra e il primo piano con stanze comunicanti.<br />

Nella ormai quasi perduta tipologia, il piano terra comprendeva la cucina con forno e<br />

focolare, mentre le stanze adiacenti erano per il ricovero degli animali o per la conservazione<br />

di utensili per il lavoro dei campi. Il primo piano comprendeva le stanze da letto. La<br />

pavimentazione era in lastricato. Al primo piano si accedeva attraverso una scala esterna,<br />

in pietra o in cotto, con portico sottostante, ad arco. Sull’apice degli spioventi del tetto era<br />

situata un’anfora, ad indicare il luogo di mare, mentre sottostante all’apice, nella muratura,<br />

era affogata una lastra o delle mattonelle con raffigurazioni sacre, ad indicare il forte<br />

sentimento religioso che animava gli abitanti della zona. Le varianti, in questo specifico<br />

casolare, consistono nel portico sottostante la scala, che presenta due archi, anziché uno, e<br />

la pavimentazione interna in piastrelle. Quest’ultima è sicuramente segno di trasformazioni<br />

avvenute nel tempo, come la mancanza dell’anfora e della raffigurazione sacra, sicuramente<br />

scomparse.<br />

Questa tipologia, per lo più, la si riscontrava nella zona della valle di Maratea. A volte<br />

venivano effettuate alcune modifiche nella scala esterna, la quale poteva essere racchiusa<br />

anche da un muro di cinta, senza copertura, per cui i gradini non erano visibili da fuori.<br />

Il lato più corto del muro presentava un portone, con caratteristico portale e tettoia interna.<br />

A volte, la scala si allungava nel pianerottolo, dando origine ad un loggiato, sempre<br />

VILLA NITTI A MARATEA: IL LUOGO DEL PENSIERO<br />

con portico sottostante e, in tal caso, erano presenti più archi, anche tre. Nel centro storico,<br />

invece, questa tipologia era rispettata nella scala, sempre esterna, ma presentava, al piano<br />

superiore, logge coperte e abbellite da archi. I portoni di accesso presentavano bellissimi e<br />

caratteristici portali, il cui fascino era determinato non solo dalle raffigurazioni, ma anche<br />

nell’uso vario dei materiali. Grande fantasia si riscontrava anche nella realizzazione dei<br />

comignoli; oggi, purtroppo, ne sopravvivono pochissimi esemplari (Ginetta Fabiano).<br />

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