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maggio 2013 - I Siciliani giovani

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I <strong>Siciliani</strong><br />

www.isiciliani.it<br />

<strong>maggio</strong><br />

“A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?”<br />

<strong>giovani</strong><br />

Il braccio destro di Dell’Utri, Micchichè,<br />

di nuovo al ministero.<br />

Berlusconi, di nuovo<br />

a cavallo, minaccia<br />

i giudici per non<br />

finire in galera.<br />

Invece<br />

di Falcone<br />

Ma non doveva arrivare il cambiamento?<br />

Grillo Bersani e Renzi sono riusciti a gettarlo via.<br />

Ma è proprio finito tutto? No, dice la base<br />

Mazzeo MUOS, IPOCRISIE E RICATTI Cavalli LOMBARDIA: VIA LIBERA ALL’INVASIONE<br />

Caruso QUARTO STATO Gubitosa LA VERA CASTA Orsatti LA MAFIA A ROMA<br />

Di Maggio LEGGE ANTICORRUZIONE Giordano LA COSTITUENTE DEI BENI COMUNI<br />

CATANIA LE INDAGINI SU CIANCIO CATANIA 7 MILIONI IN PIU’ A VIRLINZI<br />

Gulisano IL GIOCO DELLE PARTI Giacalone ANDREOTTI, TRAPANI E I MAFIOSI<br />

Berra/Manisera GIUSTIZIA PER LEA Pettinari UN "SAGGIO" PER LE COSCHE<br />

De Gennaro ADDIO PD JACK DANIEL Capezzuto IL FORTINO ASSEDIATO<br />

Abbagnato GOVERNO FORZATO “MAMMA” Salvo Vitale PEPPINO, SEMBRA IERI<br />

Vita LE NOZZE SEGRETE FRA GOOGLE E ASSANGE Iacopino ACHTUNG, RAGAZZINI<br />

Dalla Chiesa/ I 33 anni del Centro Impastato<br />

Caselli/ Ma la mafia è un interlocutore?<br />

<strong>2013</strong><br />

Italia/<br />

I nuovi<br />

eroi<br />

ebook<br />

L’Era Alemanna<br />

18 <strong>maggio</strong><br />

La Fiom<br />

in piazza


http://www..it/<br />

www.isiciliani.it<br />

facciamo<br />

rete<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 2


I giorni<br />

di Falcone<br />

DA' UNA MANO: I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>, Banca Etica,<br />

IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />

www.isiciliani.it<br />

Ventun anni dopo i giorni di Falcone - che per noi antimafiosi<br />

segnano una svolta nella storia - l'Italia è ancora lontana dai suoi<br />

ideali. Una parte del popolo è molto regredita sul piano civile. E<br />

quella che invece resta fedele alla democrazia è estremamente<br />

divisa e priva di riferimenti politici e organizzativi adeguati.<br />

La crisi economica - dovuta a una lunga gestione rozza e egoista<br />

- ha la sua parte in questo. Ma pesano ancor più i lunghi<br />

anni di democrazia “liquida”, di politica-spettacolo, di leader<br />

“carismatici”, di delega a qualcun altro. Quel che avevano conquistato<br />

i cittadini, lo perdono gli spettatori. In questo senso la<br />

crisi è “morale” - non come moralità astratta, ma come insieme<br />

di valori comuni - e non solo politica o istituzionale.<br />

* * *<br />

L'antimafia, in tutti questi anni, ha fatto da collante per i migliori.<br />

Indicando un servizio comune, un'etica condivisa, un<br />

modo militante e civile di vivere il bene comune. Per due generazioni<br />

di <strong>giovani</strong>, essa è stata una scuola e una Città.<br />

Adesso, probabilmente, è arrivato il momento di fare un passo<br />

avanti. Portare questi valori in un ambito più vasto, organizzarne<br />

la realizzazione pratica, farne - in una parola - una “politica”<br />

militante. Non per dividere ancora, ma anzi per unire.<br />

E di unità c'è bisogno, fra i cittadini non-sudditi, in questo<br />

momento. Sono la <strong>maggio</strong>ranza, ma non riescono a farsene uno<br />

strumento. Le loro lotte “plebee”, che sono numerosissime, continuamente<br />

ondeggiano fra protesta senza seguito e riassorbimento<br />

in questa o quella lotta “patrizia” di palazzo.<br />

L'elementare concetto dell'unità fra i poveri, della solidarietà<br />

fra vite simili e simili interessi, sembra ancora un'utopia strana.<br />

Noi dell'antimafia sociale affrontiamo ogni giorno e direttamente<br />

dei poteri. Non delle ideologie, non delle costruzioni<br />

complesse, ma semplicemente dei potenti che comandano e vogliono<br />

continuare a farlo. Questa è una buona metafora, e anche<br />

un modello, che potrebbe utilmente estendersi all'intera società.<br />

La rete, i beni comuni, la mobilitazione a-ideologica su singoli<br />

obiettivi sono altri modelli che s'intrecciano ad esso, e che nella<br />

nostra pratica noi cerchiamo di unire sempre più strettamente.<br />

* * *<br />

Da qui la buona politica, che verrà coi suoi tempi. Dobbiamo<br />

accelerarli il più possibile, perché la crisi - lasciata a se stessa - è<br />

inumana. E lancia segnali “non-politici” (in realtà profondamente<br />

politici) di disumanità e de-civilizzazione, come questo:<br />

venticinque donne, nei primi quattro mesi del <strong>2013</strong>, uccise da<br />

altrettanti uomini. Bisogna fare presto.<br />

I <strong>Siciliani</strong><br />

(r.o.)<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 3


www.isiciliani.it<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>maggio</strong> <strong>2013</strong> numero quattordici<br />

RIEPILOGANDO<br />

Fra i tanti premi giornalistici che si danno ogni giorno in Italia<br />

uno - per fortuna non dei più importanti - è andato a finire da<br />

noi, nelle persone di alcuni compagni che, a pensarci un<br />

momento, sono un condensato preciso dell'intera nostra banda.<br />

C'è Claudia, la giornalista giovane, ma già professionista e<br />

“regolare” con le sue inchieste fatte a norma di manuale. C'è<br />

Ester, che in poco più d'un anno s'è vista piombare addosso<br />

sindaci, 'ndranghetisti, politici collusi, e tutti li ha affrontati<br />

bravamente, né impaurita dalle minacce né confusa dai tentativi<br />

di corruzione. Ci sono - onnipresenti - Enrica, Daniela,<br />

Francesco, Angela, Antonio, quelli del “Clandestino”, questi<br />

Asterix siciliani che dalla loro piccola città in fondo all'Italia<br />

non hanno paura di niente e di nessuno.<br />

C'è infine Fabio, il più ragazzino di tutti nel ricordo ma ormai<br />

un uomo fatto e maturo, che da più di vent'anni (non ne aveva<br />

sedici quando venne ai<strong>Siciliani</strong>) segue la nostra strada. Una strada<br />

difficile, specialmente per lui: solo, non sostenuto da nessuno,<br />

eppure professionalmente agguerrito, difficile da smontare.<br />

Ci piacerebbe che i colleghi “importanti”, fra i loro molti e<br />

importantissimi pensieri, ne trovassero uno anche piccolo per<br />

lui. Per dirgli “grazie”, magari, visto che è grazie a lui, e a quelli<br />

come lui, che i <strong>Siciliani</strong> – cioè il giornalismo libero, cioè<br />

Giuseppe Fava – sono ancora qua.<br />

*<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 4<br />

Questo numero<br />

I giorni di Falcone/ I <strong>Siciliani</strong> 3<br />

Andreotti Rimozioni e realtà/ di Gian Carlo Caselli 6<br />

La memoria che non si arrende/ di Nando dalla Chiesa 7<br />

Polis<br />

Lombardia Mano libera all'invasione/ di Giulio Cavalli 8<br />

Muos Fra ipocrisie e ricatti/ di Antonio Mazzeo 9<br />

L'Italia della Mezza Repubblica/ di Riccardo Orioles 11<br />

Le mafie a Roma/ di Pietro Orsatti 12<br />

Comuni Un voto di coscienza/ di Giovanni Caruso 14<br />

Subito la legge anticorruzione/ di Umberto Di Maggio 15<br />

La costituente dei beni comuni/ di Giulia Giordano 16<br />

18 <strong>maggio</strong> La parola agli operai/ di Pietro Orsatti 17<br />

Poteri<br />

Nuovo intervento in Libia da Sigonella?/ di Antonio Mazzeo 19<br />

La casta più pericolosa: i politici?/ di Carlo Gubitosa 20<br />

Le indagini su Mario Ciancio/ 22<br />

In 23 anni 7 milioni in più ai Virlinzi/ di Salvo Catalano 23<br />

Muos Gioco delle parti/ di Sebastiano Gulisano 24<br />

Memoria<br />

Noi e Peppino/ E sembra ieri/ di Salvo Vitale 26<br />

Mafie<br />

Andreotti, Trapani e i mafiosi/ di Rino Giacalone 30<br />

Giustizia per Lea / di Valerio Berra e Sara Manisera 33<br />

Trapani La miseria e le mazzette/ di Rino Giacalone 36<br />

Chiude la sede Dia della Malpensa/ di Roberto Nicolini 37<br />

Un "saggio" guida le cosche/ di Aaron Pettinari 38<br />

Cronistoria di fuoco/ di Pino Maniaci e Salvo Ognibene 40


SOMMARIO<br />

Terre<br />

Avvertimento al sindaco anti-discarica?/ di Carmelo Catania 42<br />

Antimafia nella piccola città/ di Rosanna Chillemi 43<br />

Istanbul, guerre "diverse"/ di Alessandro Romeo e G.Caruso 44<br />

Il cielo di Librino/ di Stefania Di Filippo 46<br />

Satira<br />

MAMMA/ a cura di Gubitosa, Kanjano e Biani 49<br />

Italia<br />

Munnizza e omertà/ di Domenico Pisciotta 54<br />

Emergenza rifiuti/ di Carmelo Catania 55<br />

Modica Il miracolo tarocco/ di Francesco Ragusa 56<br />

Il grido della farfalla/ 53<br />

Achtung ragazzini / di Bruna Iacopino 58<br />

Le donne si raccontano/ di Norma Ferrara 60<br />

Culture<br />

'U Parrinu/ di Claudio Zappalà 61<br />

Gli omaggi di William Manera/ di Salvo Ognibene 62<br />

"Lei disse sì"/ di Teresa Campagna 63<br />

Storia<br />

Ma chi fu Antonio Canepa?/ di Elio Camilleri 64<br />

Storie<br />

Alla ricerca del tempo perduto/ di Jack Daniel 65<br />

Italia<br />

Un governo forzato/ di Giovanni Abbagnato 66<br />

Il fallimento del Pd/ di Riccardo De Gennaro 67<br />

Palermo La mafia sottovalutata/ di Giovanni Abbagnato 68<br />

Messina Un sindaco "bene comune"?/ di Tonino Cafeo 69<br />

www.isiciliani.it<br />

DA' UNA MANO: I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>, Banca Etica,<br />

IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />

L'acqua la città la polis/ di Giovanni Caruso 70<br />

Palagonia La primavera ferita/ di Claudia Campese 72<br />

Napoli Il fortino assediato/ di Arnaldo Capezzuto 74<br />

Pio La Torre trentun anni dopo/ di Antonio Cimino 75<br />

Mestieri<br />

La Sartoria/ di Marcella Giammusso e Paolo Parisi 76<br />

Pianeta<br />

Le nozze segrete fra Google e Assange/ di Fabio Vita 78<br />

Giornalismo<br />

L'informazione precaria / di Attilio Occhipinti 80<br />

Laboratorio Scrivere di mafia di Stampoantimafioso 82<br />

Nord e Sud/ di Tito Gandini 86<br />

Il filo<br />

Il potere in Italia/ di Giuseppe Fava 88<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 5<br />

ebook<br />

Pietro Orsatti<br />

L'Era Alemanna<br />

Un pamplet<br />

scintillante e spietato<br />

sull'ultima invasione<br />

barbarica dell'Urbe:<br />

gli Alemanni<br />

DISEGNI DI MAURO BIANI


www.isiciliani.it<br />

Andreotti/ Rimozioni e realtà<br />

Ma la mafia è<br />

un interlocutore?<br />

di Gian Carlo Caselli<br />

Tutti coloro (e sono un esercito tra-<br />

sversale, politici e media) che hanno<br />

nascosto o stravolto la verità sull’esito<br />

del processo palermitano a Giulio An-<br />

dreotti hanno reso un pessimo servizio<br />

alla trasparenza democratica del no-<br />

stro paese. I fatti incontestabili sono<br />

questi.<br />

Il sen. Andreotti era imputato (in estre-<br />

ma sintesi) di rapporti con la mafia. In<br />

primo grado c’è stata assoluzione. In ap-<br />

pello la sentenza del tribunale è stata par-<br />

zialmente ribaltata. Mentre per i fatti<br />

successivi il sen. Andreotti è stato ancora<br />

assolto, per quelli fino alla primavera del<br />

1980 è stato dichiarato colpevole, per<br />

aver COMMESSO il reato contestatogli.<br />

Il reato COMMESSO è stato dichiarato<br />

prescritto, ma resta ovviamente COM-<br />

MESSO.<br />

La Cassazione ha confermato la sen-<br />

tenza d’appello anche nella parte in cui si<br />

afferma la penale responsabilità<br />

dell’imputato fino al 1980. Processual-<br />

mente è questa la verità definitiva.<br />

La verità processuale<br />

Parlare di assoluzione è fuori di ogni<br />

realtà. Difatti fecero ricorso in cassazio-<br />

ne sia l’accusa che la difesa. Non ho mai<br />

visto, in oltre 50 anni di magistratura, un<br />

imputato che ricorre contro la sua assolu-<br />

zione. Non esiste in natura. Ecco la pro-<br />

va provata, secondo una logica elementa-<br />

re, che non vi fu “assoluzione” per i fatti<br />

fino al 1980.<br />

La corte d’appello (confermata, ripeto,<br />

in Cassazione) si è basata su prove sicure<br />

e riscontrate. In particolare ha ritenuto<br />

provati due incontri del senatore, in Sici-<br />

lia, con Stefano Bontade, all’epoca capo<br />

dei capi, e altri mafiosi dello stesso cali-<br />

bro. Negli incontri (lo dice la sentenza) si<br />

discusse di fatti criminali gravissimi rela-<br />

tivi a Pier Santi Mattarella, capo della<br />

DC siciliana, politico onesto che pagò<br />

con la vita l’essersi opposto a Cosa no-<br />

stra.<br />

Principale fonte di prova fu il collabo-<br />

ratore di giustizia Francesco Marino<br />

Mannoia, un “pentito” rivelatosi sempre<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag.6<br />

analiticamente preciso (già con Giovanni<br />

Falcone) e mai smentito<br />

“Una vera e propria partecipazione”<br />

La corte d’appello sottolinea poi che<br />

l’imputato non ha denunziato le respon-<br />

sabilità dei mafiosi incontrati, “in parti-<br />

colare in relazione all’omicidio di Matta-<br />

rella, malgrado potesse al riguardo offri-<br />

re utilissimi elementi di conoscenza”. In<br />

conclusione, la Corte d’appello ha ravvi-<br />

sato a carico di Andreotti “una vera e<br />

propria partecipazione all’associazione<br />

mafiosa apprezzabilmente protrattasi nel<br />

tempo”.<br />

Rapporti anche organici con la mafia<br />

Negare tutte queste verità documentate<br />

da una sentenza della Cassazione signifi-<br />

ca non voler elaborare la memoria di ciò<br />

che è stato perché si teme il giudizio sto-<br />

rico su come (in una certa fase) si è for-<br />

mato almeno in parte il consenso in Ita-<br />

lia.<br />

Significa pure legittimare, per il passa-<br />

to per il presente e per il futuro, un modo<br />

di fare politica che contempla anche rap-<br />

porti organici con la mafia. Significa in-<br />

debolire la nostra già fragile democrazia.


www.isiciliani.it<br />

I 33 anni del Centro Impastato<br />

La memoria<br />

che non si arrende<br />

Maggio1980: il Centro<br />

siciliano di documentazione<br />

sulla mafia viene<br />

intitolato a “Giuseppe<br />

Impastato”<br />

di Nando dalla Chiesa<br />

Tutto era iniziato nel 1977, quando<br />

due <strong>giovani</strong> contestatori, Umberto Santino<br />

e Anna Puglisi, marito e moglie dal<br />

‘72, scelsero di pensare un po’ meno<br />

all’imperialismo e più alla forza crescente<br />

della mafia e fondarono il centro.<br />

Sembrava una iniziativa retrò, provinciale,<br />

in un’Italia che viveva il canto del<br />

cigno della rivoluzione <strong>giovani</strong>le, tra agguati<br />

all’alba, indiani metropolitani e p38<br />

agitate e usate per le strade.<br />

Passò un anno e un giovane di Cinisi,<br />

Peppino appunto, venne fatto a brandelli<br />

dalla mafia di Tano Badalamenti nel modo<br />

che sappiamo. Vite parallele, poiché anche<br />

Peppino testimoniava lo slancio rivoluzionario<br />

attraverso un sessantotto tutto suo:<br />

altrove Vietnam e centralità operaia, lui<br />

Cosa nostra e l’eroina. Si era presentato<br />

alle elezioni comunali di quell’anno nelle<br />

liste di Democrazia proletaria. E, da morto,<br />

venne eletto.<br />

Questo lo sanno tutti. Quel che però non<br />

si sa è che l’ultimo comizio, l’11 di <strong>maggio</strong><br />

del ‘78, venne tenuto al suo posto proprio<br />

da Umberto Santino, chiamato dai<br />

compagni di Peppino a reagire alla violenza<br />

mafiosa. Due anni esatti dopo Umberto<br />

decise con Anna di intitolargli il Centro.<br />

“Non perché fosse mio amico , non ci frequentavamo,<br />

io avevo nove anni più di lui.<br />

Ma perché seppi che veniva da una famiglia<br />

di mafia. E questo per noi ebbe subito<br />

un valore enorme. Doveva diventare il<br />

simbolo di ciò che era possibile”.<br />

www.ilfattoquotidiano.it<br />

Decenni di battaglie<br />

Sono trascorsi decenni. Marito e moglie,<br />

che apparivano allora così diversi a chi li<br />

avesse visti per la prima volta, si sono andati<br />

assomigliando sempre di più. L’antimafia<br />

li ha modellati, li ha come fusi,<br />

mentalmente, fisicamente, nella realizzazione<br />

del loro generoso progetto. Decenni<br />

trascorsi a raccogliere materiale, a cercare<br />

testimonianze, a catalogare, a organizzare<br />

convegni. A scrivere, anche; perché in particolare<br />

Umberto ha scritto decine di libri,<br />

alcuni di valore assoluto. “A quale tengo<br />

di più? Alla Storia del movimento antimafia,<br />

questa grande storia di liberazione, iniziata<br />

con i Fasci siciliani e che non si è ancora<br />

conclusa”.<br />

Loro due e, con loro, un pugno di volontari.<br />

Con la sede ricavata eroicamente nella<br />

propria abitazione divisa a metà: di qui<br />

casa Santino-Puglisi, di lì il Centro Impastato.<br />

Chi faceva tesi di laurea sulla mafia<br />

veniva mandato qui da tutta Italia, nella<br />

certezza che avrebbe trovato consigli e bibliografie<br />

di eccellenza. Oltre a qualche<br />

ironia al vetriolo sul proprio relatore, perché<br />

Umberto è scorbutico, polemico, anche<br />

se capace di dolcezze imprevedibili.<br />

Ma uno dei veri, grandi meriti storici del<br />

Centro è stata una battaglia da molti e a<br />

lungo considerata marginale: quella, infinita,<br />

per dare giustizia a Peppino Impastato.<br />

Chinnici prima e Caponnetto poi<br />

E a Felicia, la mamma ribelle, e a Giovanni,<br />

il fratello minore. “Abbiamo fatto<br />

dossier, ricostruzioni, abbiamo ottenuto<br />

che Chinnici prima e Caponnetto poi dichiarassero<br />

quella morte orribile un omicidio<br />

di mafia, anche se non se ne poteva<br />

identificare l’autore; abbiamo fatto riaprire<br />

l’inchiesta quando poi si seppe che Salvatore<br />

Palazzolo, membro di una famiglia vicina<br />

a Badalamenti, si era pentito. Finché<br />

la giustizia della Repubblica ha indicato<br />

nel boss di Cinisi, che era poi uno dei più<br />

grandi capimafia in assoluto, il mandante<br />

dell’assassinio”.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 7<br />

E non basta. Perché Umberto e Anna si<br />

sono pure battuti per fare istituire dalla<br />

Commissione parlamentare antimafia uno<br />

speciale comitato, presieduto da Giovanni<br />

Russo Spena, per ricostruire il depistaggio<br />

delle indagini sull’assassinio. “E anche lì<br />

abbiamo vinto. Visto che il depistaggio era<br />

prescritto, volevamo che almeno la storia<br />

non dimenticasse. E alla fine la tesi delle<br />

deviazioni compiute da uomini della magistratura<br />

e dei carabinieri, è stata messa<br />

nero su bianco da una larga <strong>maggio</strong>ranza”.<br />

L’Italia avrebbe capito l’importanza di<br />

quella ventennale battaglia solo nel 2000,<br />

quando a Venezia un film destinato a fare<br />

epoca e cultura, “I cento passi”, avrebbe<br />

raccontato a una platea di spettatori commossi<br />

fino alle lacrime la storia del giovane<br />

di Cinisi salutato ai funerali da una selva<br />

di bandiere rosse. Umberto e Anna ora<br />

hanno un altro, più ambizioso progetto. È<br />

la loro eredità per Palermo.<br />

“Un Memoriale della lotta alla mafia”<br />

“Sogno un Memoriale della lotta alla<br />

mafia. Uno spazio grandissimo, dove si<br />

possa coltivare la memoria, vedere film,<br />

studiare. Un museo internazionale perché<br />

Palermo è stata capitale di mafia ma anche<br />

di antimafia. Gli regaleremmo i 7500 volumi<br />

del Centro, e anche i miei 2000 libri<br />

di storia e scienze sociali. Ho 74 anni, e<br />

questo Memoriale vorrei vederlo nascere e<br />

crescere insieme con Anna. Palermo se lo<br />

merita. Sto rivolgendo appelli al Comune<br />

e a tutte le istituzioni. Ma perché, non sarebbe<br />

giusto farlo?”.<br />

L’intellettuale polemico, aspro, torna<br />

dolce sotto gli occhialini. Lui che non ha<br />

mai avuto finanziamenti pubblici (“tranne<br />

una volta per una ricerca europea sulla<br />

droga, scriva di darci il 5 per mille”) sogna<br />

quel che da solo non potrà mai fare. Lo<br />

guardi e provi ammirazione. Dietro, c’è<br />

una storia dedicata alla più grande e rischiosa<br />

causa della sua Sicilia. Da quel comizio<br />

dell’11 <strong>maggio</strong> del 1978, in cui arringava<br />

chi lo guardava da sotto le finestre<br />

chiuse, fino ai dibattiti di questi giorni.<br />

Giorni di anniversari. Pio La Torre, Portella<br />

delle Ginestre. E Cinisi, naturalmente.


Lombardia<br />

E adesso<br />

mano libera<br />

all'invasione<br />

La sconfitta di Umberto Ambrosoli e il<br />

centrosinistra in Lombardia è (anche)<br />

una sconfitta dell’antimafia lombarda.<br />

Inutile negarlo; peggio ancora fingere di<br />

non volerlo analizzare perché sarebbe<br />

troppo totalizzante, secondo alcuni. Non<br />

c’è cultura antimafiosa nel formigonismo,<br />

non ce n’è nel percorso ciellino che<br />

ha demolito la meritocrazia nel mondo<br />

della sanità e non ce n’è nella Lega Nord<br />

che in Consiglio Regionale in passato ha<br />

negato l’istituzione di una Commissione<br />

Antimafia archiviandola con un sorriso<br />

di sufficienza.<br />

Poi c’è stato Maroni, e su Maroni si è<br />

scritta una certa letteratura (figlia di un<br />

berlusconissimo revisionismo e di una<br />

neodeclamazione dei numeri e degli arresti)<br />

che l’ha avvicinato a rappresentazione<br />

di “antimafioso nonostante Berlusconi”.<br />

Dalla denuncia alla connivenza<br />

Sarebbe inutile elencare per l’ennesima<br />

volta solamente le colpe storiche del movimento<br />

leghista che è passato dal latrato<br />

www.isiciliani.it<br />

Passata la tempesta Ambrosoli, le classi dirigenti<br />

lombarde tornano a ficcare la testa sotto la sabbia<br />

di fronte all'invasione mafiosa. Abbandonando<br />

i <strong>giovani</strong> che lottano per difendere da mafia e<br />

'ndrangheta la Regione<br />

di Giulio Cavalli<br />

antiberlusconiano con la foto di Dell’Utri<br />

in prima pagina de ‘La Padania’ alla convivenza<br />

sopita fino alla connivenza più<br />

spietata nell’ultimo periodo del Governo<br />

Berlusconi (quello contro la magistratura,<br />

la trattativa, il reato di concorso esterno,<br />

lo scudo fiscale e troppo altro<br />

ancora). Eppure la verginella Maroni è<br />

riuscita a scrollarsi di dosso le gocce della<br />

melma e ripresentarsi candido, candidabile<br />

e perfino nuovo Governatore della<br />

regione cameriera delle mafie, ‘ndrangheta<br />

in primis: la sfiorita Lombardia.<br />

C’è stata in campagna elettorale la solita<br />

desolante sensazione di un centrosinistra<br />

applicato ad un’antimafia di “maniera”<br />

che si è ritenuta sazia dell’avere<br />

candidato il figlio dell’avvocato Ambrosoli.<br />

Troppo facile - si diceva - vincere<br />

contro una parte politica decaduta dal governo<br />

regionale sotto le accuse di uno<br />

scambio mafioso di voti. Troppo facile -<br />

pensavano. E pensavano male.<br />

Tant’è che mentre nel sottobosco lombardo<br />

si vive una primavera di <strong>giovani</strong><br />

attivi, preparati e consapevoli (vengono<br />

in mente i ragazzi di Stampo Antimafioso,<br />

per fare un esempio) il centrosinistra<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 8<br />

ha balbettato qualche ovvietà di cortesia<br />

sulla mafia che è brutta, sporca e cattiva<br />

poi qualche pensierino di memoria e carità<br />

e speravano che bastasse così. E non<br />

è bastato.<br />

Nessun piano a lunga scadenza<br />

Alla fine nella Lombardia leghista<br />

Bobo Maroni ha comunque deciso di istituire<br />

una Commissione Antimafia (ex<br />

post, si direbbe) aprendo uno spazio di<br />

azione possibile.<br />

Verrebbe da pensare che i partiti (tutti i<br />

partiti) con il centrosinistra in testa colgano<br />

l’occasione per scaldare i propri uomini<br />

migliori e per chiedere ad Umberto<br />

Ambrosoli di guidare la praticata diversità<br />

e discontinuità conclamate tante volte<br />

su questo tema, ci si aspetterebbe un “tirare<br />

su le reti” delle esperienze sociali di<br />

tutti questi anni per cogliere l’eccellenza.<br />

E invece? E invece le nomine che trapelano<br />

non prevedono Ambrosoli e nemmeno<br />

un piano a lunga scadenza. E tutti<br />

qui ci auguriamo che non sia così. Perché<br />

perseverare è diabolico, no?


www.isiciliani.it<br />

Sicilia<br />

Cresce la base Muos<br />

fra ipocrisie siciliane<br />

e ricatti romani<br />

A parole, tutte le forze politiche sono contrarie,<br />

in Sicilia, alle pericolosissime installazioni Muos<br />

di Niscemi. Però a contrastarle lasciano solo i<br />

ragazzi dei movimenti: difendono la terra e la<br />

pace coi loro corpi e con le loro vite. E sono soli<br />

di Antonio Mazzeo<br />

Ci hanno messo di tutto. Il cuore. La<br />

rabbia. Mille speranze. Le illusioni. Gli<br />

splendidi volti segnati dai tanti sorrisi e<br />

pure dalle lacrime. Ma soprattutto ci hanno<br />

messo i corpi. Corpi che gli apparati<br />

repressivi dello Stato hanno violato, ferito,<br />

sradicato dalla Madre Terra che loro, i<br />

No MUOS di Niscemi, difendono dal<br />

mostro della guerra e della morte.<br />

Un’orgia di violenze, menzogne, tradimenti.<br />

Ministri, politici e funzionari dalla<br />

lingua biforcuta. Promettono sospensioni<br />

ai lavori illegittimi ma intanto alle imprese<br />

in odor di mafia assicurano il pass nella<br />

riserva naturale convertita in base di distruzione<br />

di massa. Un territorio stuprato,<br />

desertificato, avvelenato da un quarto di<br />

secolo dalle invisibili microonde. Mentre<br />

intanto tanti altri corpi si piegano per le<br />

mutazioni genetiche e il cancro infestante.<br />

Un gelido inverno insonne. Presidi no<br />

stop, sit-in, blocchi stradali, sabotaggi e<br />

invasioni simboliche. L’azione diretta e la<br />

disobbedienza civile per testimoniare antiche<br />

verità. Per invocare diritti e libertà.<br />

Per rifiutare l’inesorabilità della guerra<br />

globale e permanente. Per riappropriarsi<br />

della sovranità della terra e dell’acqua,<br />

delle cento specie della flora e della fauna<br />

che i superguerrieri del XXI secolo vorrebbero<br />

estinte. Per costruire nuove soggettività<br />

e sperimentare pratiche politiche<br />

dal basso, l’autogestione e il rifiuto delle<br />

deleghe in bianco.<br />

Per costruire solidarietà, radicalità, percorsi<br />

e progetti di antimafia sociale. Migliaia<br />

di <strong>giovani</strong>, donne, disoccupati e lavoratori<br />

precari che tornano nelle piazze a<br />

chiedere pace, lavoro e giustizia.<br />

I governi accecati dall’arroganza e dallo<br />

stillicidio dei golpe bianchi sono inamovibili.<br />

Il MUOS s’ha da fare, in nome della<br />

vecchia amicizia con l’Impero a stelle e<br />

strisce e degli affari del complesso militare-industriale-finanziario<br />

di casa nostra.<br />

Stracciando quel poco che resta della Costituzione<br />

antifascista, negando il diritto<br />

alla vita, alla salute, alla difesa del<br />

territorio e dell’ambiente. Violando leggi,<br />

decreti, regolamenti, i principi di cittadinanza<br />

e perfino le fondamenta stessa della<br />

democrazia formale.<br />

Gli accordi della Guerra Fredda<br />

Il Governo dei poteri forti ha la fiducia<br />

delle grandi intese mentre il sommo presidente<br />

vigila a vita sul rispetto degli accordi<br />

della Guerra Fredda con il grande<br />

fratello d’oltreoceano.<br />

Eppure, paradossalmente, le partite sul<br />

MUOS, i droni, gli F-35 e le famigerate<br />

basi USA e NATO, sono tutt’altro che definite.<br />

I movimenti di opposizione alla militarizzazione<br />

crescono dalla Val di Susa<br />

al Nord-est e alla Sicilia, mobilitando altri<br />

corpi e altri volti.<br />

Che allora ci mettano almeno la faccia e<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 9<br />

un po’ più di coraggio quelle forze politiche<br />

che si dicono vicine ai bisogni di<br />

cambiamento e partecipazione della <strong>maggio</strong>r<br />

parte degli italiani. Aprendo lo scontro<br />

nelle legittime sedi istituzionali, le Camere,<br />

dove prima possibile devono essere<br />

imposti le discussioni e il voto contro i<br />

nuovi programmi di morte, a partire appunto<br />

dal MUOS, il sistema di telecomunicazioni<br />

satellitari che sancirà la trasformazione<br />

della Sicilia in piattaforma avanzata<br />

per le guerre iper-tecnologiche - disumanizzate<br />

e disumanizzanti - delle forze<br />

armate degli Stati Uniti d’America.<br />

All’Assemblea Regionale Siciliana, il<br />

fronte politico-istituzionale anti-MUOS è<br />

stato unanime. La mozione per imporre<br />

all’esecutivo la revoca a delle autorizzazioni<br />

ai lavori è stata votata da tutti quei<br />

gruppi che oggi siedono al Governo nazionale<br />

o tra i banchi dell’opposizione in<br />

Parlamento. Ci mettano la faccia allora e<br />

dicano se e perché quello che si fa a<br />

Roma può essere il contrario di quello che<br />

si è fatto a Palermo.<br />

I No MUOS non sono certo ingenui,<br />

sanno benissimo con chi hanno a che fare.<br />

Lo hanno pagato a suon di manganellate e<br />

denunce. Ma hanno il sacrosanto diritto a<br />

una risposta chiara. Non fosse altro per<br />

capire come e dove estendere le pratiche<br />

di lotta e, in comunione con i movimenti<br />

sociali del pianeta, continuare a difendere<br />

l’umanità dall’Olocausto finale.


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I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

Sicilia i<strong>giovani</strong><br />

– pag. p 19


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Politica<br />

L'Italia della<br />

Mezza Repubblica<br />

Il governo Napolitano<br />

di Riccardo Orioles<br />

Prima e seconda repubblica, poi terza...<br />

In realtà, viviamo ormai in una Mezza Repubblica,<br />

che non solo ha poco a che vedere<br />

con la repubblica di prima, ma è ormai<br />

alcunchè d'intermedio fra repubblica e<br />

monarchia. E' il secondo “governo del<br />

Presidente” consecutivo. L'unico precedente<br />

è il governo Salandra del 1914, legale<br />

- come questo - certamente, ma altrettanto<br />

irrituale, e altrettanto lontano dalla<br />

<strong>maggio</strong>ranza elettoralmente espressa.<br />

Nel 1914, la <strong>maggio</strong>ranza era senza<br />

dubbio di sorta giolittiana. Ma il capo dello<br />

Stato scavalcò il leader del centrosinistra<br />

e dette - legalmente - l'incarico a Salandra,<br />

che fu poi confermato dal Parlamento.<br />

Nel <strong>2013</strong>, le urne avevano espresso<br />

una precisa volontà di cambiamento (divisa<br />

fra due partiti, che entrambi avevano<br />

esplicitamente escluso qualsiasi accordo<br />

col centro-destra) ma il capo dello Stato<br />

imbrigliò il leader del centrosinistra e dette<br />

- legalmente - l'incarico a Letta, che fu<br />

poi confermato dal Parlamento.<br />

In entrambi i casi il governo, teoricamente<br />

“tecnico” e d'union sacrée, bloccò<br />

le spinte sociali, emarginò la sinistra e affrontò<br />

l'emergenza nel modo più catastrofico,<br />

liberando spinte eversive e abbassando<br />

il livello civile, che già non era altissimo,<br />

del Paese.<br />

Il Sudamerica (quello di prima)<br />

Siamo arrivati così al Sudamerica (quello<br />

di prima): il capo dei fazenderos minaccia<br />

i giudici in piazza (né il capo dello<br />

stato, Rey o Presidiente che sia, interviene);<br />

fra i liberales regna l'anarchia.<br />

ALCUNE COSE UTILI DA FARE<br />

- Confiscare tutti i beni mafiosi o frutto di malversazione,<br />

corruzione o grande evasione fiscale;<br />

assegnarli a cooperative di <strong>giovani</strong> lavoratori,<br />

e sostenerle adeguatamente;<br />

- Legge anticorruzione (riforma art. 416ter);<br />

- Trasparenza bancaria;<br />

- Applicare l’art.41 della Costituzione (“programmi<br />

e controlli opportuni perché l'attività<br />

economica pubblica e privata possa essere<br />

indirizzata e coordinata a fini sociali”);<br />

Questi ultimi si dividono in due partiti,<br />

nemicissimi fra di loro. Il primo, guidato<br />

da un caudillo che per i suoi è ”come un<br />

padre che accompagna un bambino che<br />

cammina ancora carponi”, punta tutte le<br />

sue carte sull'imminente révolucion, e non<br />

discute nemmeno con chiunque non ne sia<br />

più che convinto. Il secondo, fra i suoi numerosi<br />

caciques, periodicamente elegge<br />

un Secretario Général entusiasticamente<br />

acclamato da tutti ma che poi, nel segreto<br />

dell'urna, viene sistematicamente trombato<br />

dai suoi seguaci.<br />

Altro che gollismo. E' Pétain<br />

“In realtà, se non facevamo così i tedeschi<br />

ci facevano a pezzi - fa trapelare qualcuno<br />

- La banca centrale, i mercati...”.<br />

Ahimé, neanche questa è nuova. “Tenersi<br />

buoni i tedeschi”, “Ordine prima di<br />

tutto”, “Tutti col Capo dello Stato!” l'hanno<br />

già fatto a suo tempo in Francia, e non<br />

con un governo gollista (sogno di tanti notabili)<br />

ma con Pétain.<br />

* * *<br />

S'è vista, in questa crisi, una incredibile<br />

differenza di “professionalità politica” -<br />

per così dire - fra destra e sinistra. Da un<br />

lato l'indeciso Bersani, l'adolescente presuntuoso<br />

Renzi, il simpatico pasticcione<br />

Grillo; dall'altro dei professionisti freddi e<br />

duri - i Letta, i Napolitano, i Berlusconi.<br />

Non c'era partita.<br />

Ha contato relativamente poco (anche se<br />

centouno deputati “traditori” su quattrocento<br />

non son cosa da poco) il “tradimento”.<br />

A contare è stata la superficialità, il<br />

personalismo, il leaderismo da quattro soldi.<br />

L'Italia profonda, insomma. Che ormai<br />

da molti anni - da quando è ricca - in politica<br />

si esprime così. Qua, in questa “autobiografia<br />

della nazione”, bisogna mettere<br />

mano. Ma i vecchi non possono farlo.<br />

- Applicare l’art.42 della Costituzione (esproprio<br />

per motivi d'interesse generale) per sanzionare<br />

le delocalizzazioni, l’abuso di precariato<br />

e il mancato rispetto degli accordi di lavoro;<br />

- Separazione fra capitale finanziario e industriale;<br />

tetto alle partecipazioni finanziarie<br />

nell’editoria; Tobin tax;<br />

- Regolarizzare per legge i rapporti di lavoro di<br />

fatto;<br />

- Gestione pubblica dei servizi pubblici essen-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 11<br />

Un segretario di trent'anni, e antimafioso<br />

Conosciamo diversi trentenni - antimafiosi<br />

militanti - che potrebbero ben dirigere<br />

un partito, fra i <strong>giovani</strong> del Pd. Sarebbe<br />

un cambiamento vero, non demagogico e<br />

di facciata. Potrebbe persino inalberare<br />

(cosa che nessuno ora osa o vuol fare) il<br />

nome di Berlinguer, chiaro e solare.<br />

Lo accetterebbe, il partito, uno scossone<br />

del genere? Un segretario di trent'anni? La<br />

base, sì certo. Ma quanto conta la base?<br />

I Cinque stelle, in parte per loro merito,<br />

si son trovati a gestire i ventisette milioni<br />

di voti del referendum Rodotà sull'acqua<br />

pubblica di due anni fa. Sono all'altezza i<br />

Grillo e i Casaleggio, e i loro immediati<br />

seguaci, di dirigere un simile movimento?<br />

Esistono nel Cinque stelle militanti <strong>giovani</strong><br />

(<strong>giovani</strong>, ma con una storia precisa, non<br />

dei “vaffanculisti” generici di quest'ultima<br />

annata) in grado di farlo al posto dei loro<br />

vecchi, ormai evidentemente dannosi?<br />

Fra queste due domande - apparentemente<br />

generazionali, ma in realtà profondamente<br />

politiche – si gioca la politica italiana<br />

di questi anni. Da queste generazioni<br />

e dal loro incontro (e l'attuale governo non<br />

è stabile, e le occasioni di rovesciarlo non<br />

sarebbero poche) noi ci attendiamo la riscossa,<br />

non dagli anziani capibranco.<br />

Abbiamo ragione - e trent'anni di lotta<br />

mai nel palazzo ma sempre orgogliosamente<br />

dalla strada ci danno qualche diritto<br />

di rivolgerci a loro – nell'affidare le nostre<br />

speranze a questi <strong>giovani</strong>, in questo difficilissimo<br />

momento?<br />

Niente “pacificazione” con i padroni<br />

d'Italia, niente guerra fra chi, anche confusamente,<br />

gli vuole andare contro. E un primo<br />

momento di lotta e di unità già da subito<br />

può essere l'antimafia, come dice<br />

(v.pag.15) don Ciotti.<br />

ziali (scuola, università, difesa, acqua,<br />

energia, infrastrutture tecnologiche, credito internazionale);<br />

ristrutturazione della Rai su<br />

base pubblica; limite regionale per l’emittenza<br />

privata;<br />

- Progetto nazionale di messa in sicurezza del<br />

territorio, sul modello TVA, come volano economico<br />

soprattutto al Sud; divieto di ulteriori<br />

cementificazioni;<br />

- Controllo del territorio nelle province ad alta<br />

intensità mafiosa.


Italia<br />

Le mafie<br />

a Roma<br />

Le mafie a Roma ci<br />

sono, da decenni. E a<br />

Roma è in corso una<br />

guerra di mafia e non<br />

slegati regolamenti di<br />

conti fra qualche bullo<br />

di periferia. Una guerra<br />

sanguinosa e nascosta.<br />

Dai media e soprattutto<br />

dalla politica<br />

di Pietro Orsatti<br />

www.orsattipietro.wordpress.com<br />

Una storia già vista, quella della negazione<br />

dell'esistenza del potere mafioso<br />

in un determinato territorio. E che<br />

oggi nella capitale si ripete.<br />

Guardiamo al passato per capire l'oggi.<br />

Fra il 1983 e il 1993 in Italia le mafie<br />

uccisero diecimila persone. In Sicilia,<br />

Campania, Calabria e Puglia principalmente.<br />

Ma anche in altre zone del paese i<br />

boia procedettero tranquillamente nella<br />

loro contabilità di morte. Ce lo ricorda,<br />

spietatamente, Enrico Deaglio nel lbro<br />

“Raccolto Rosso” che quella strage ha<br />

cercato di raccontarci. Una guerra, o la<br />

somma di più guerre contemporanee che<br />

insanguinarono la penisola in un silenzio,<br />

il più delle volte, assordante. Per il controllo<br />

del traffico dell’eroina, degli appalti,<br />

del racket, del rapporto preferenziale<br />

con pezzi della politica e della<br />

finanza. In tutto il paese.<br />

www.isiciliani.it<br />

Numeri impressionanti<br />

Numeri impressionanti e terribili. Che<br />

si tentò all’epoca in tutti i modi – da parte<br />

della politica – di disgregare dalle statistiche<br />

e spesso sminuire e che oggi abbiamo<br />

affrettatamente dimenticato. Certo<br />

oggi ricordiamo ile troppe vittime innocenti,<br />

gli appartenenti agli organi dello<br />

Stato, i giornalisti, testimoni, imprenditori,<br />

semplici cittadini caduti. Troppi, si,<br />

ma che sono comunque una frazione minima<br />

di quei diecimila. E quell’enormità<br />

ora abbiamo dimenticato irresponsabilmente.<br />

Perché se gran parte dei caduti di<br />

questo terrificante conflitto erano appartenenti<br />

alle organizzazioni mafiose il bilancio<br />

del “Raccolto Rosso” colpisce e<br />

lacera l’intera società italiana. Ancora<br />

oggi.<br />

Perché anche se si uccide meno si continua<br />

a uccidere anche in questi anni. La<br />

guerra, anche se meno visibile, prosegue.<br />

Non c’è zona del paese che non vi sia<br />

stata coinvolta. La famosa linea della<br />

palma di Leonardo Sciascia, quella che<br />

descrive nel libro Il giorno della Civetta,<br />

si è affermata da decenni, salendo lentamente<br />

e inesorabilmente a Nord. È nelle<br />

cose, l’abbiamo cosi metabolizzata nella<br />

nostra geografia interiore fino ad averne<br />

una percezione fatalistica se non addirittura<br />

di normalità.<br />

Si uccide ancora, con regolarità. In<br />

questo momento uno dei luoghi dove si<br />

uccide di più in Italia è Roma. È in corso<br />

da alcuni anni una guerra di mafia nella<br />

capitale e nessuno la chiama con il suo<br />

nome. Perché si ha una paura terribile di<br />

pronunciare la parola “mafia”. Sembra<br />

quasi che ci si vergogni di aver abbassato<br />

la guardia e di aver sottovalutato la penetrazione<br />

e il radicamento delle mafie nel<br />

tessuto economico e sociale della capita-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 12<br />

le, e allora meglio negare che<br />

assumersene pubblicamente la responsabilità.<br />

E ancora, temo – anche se sempre<br />

più spesso trovo conferma dei miei timori<br />

-, a qualcuno conviene non definire,<br />

non chiamare con il proprio nome, la mafia<br />

o le mafie per pura convenienza. Perché<br />

le mafie portano soldi e affari. E potere.<br />

Come trent’anni fa. Come anche<br />

prima.<br />

Mafia o “criminalità organizzata”?<br />

Ma la mafia, a Roma, si dice che non<br />

esista. Si dice.<br />

Quando invece di parlare di mafia o<br />

mafie si usa il termine “criminalità organizzata”<br />

già si mette in atto una sottovalutazione<br />

consapevole del problema.<br />

Quando un’esecuzione di mafia viene definita<br />

come “regolamento di conti fra<br />

bande” si mette in atto un’operazione di<br />

rimozione che abbiamo già vissuto e subito<br />

nel passato e che ha causato enormi<br />

tragedie a tutta la nostra comunità.<br />

“Finché si ammazzano fra loro”. Esattamente<br />

quello che accadeva all’alba della<br />

mattanza a Palermo, la scalata dei corleonesi<br />

di Liggio, Riina e Provenzano ai<br />

vertici di Cosa nostra. L’ho sentita oggi<br />

quella frase. A Roma, “Finché si ammazzano<br />

fra loro” e quindi non si definisce<br />

questa emergenza, usare il termine “mafia”<br />

è pericoloso, anzi no, è consapevole<br />

disfattismo, attentato all’economia della<br />

città, del paese.<br />

Anzi, le mafie<br />

La mafia è a Roma. Anzi le mafie, perché<br />

ci sono tutte e prosperano da decenni<br />

anche se di tanto in tanto ci scappa un<br />

morto o, peggio, qualche arresto a disturbare<br />

quel pacifico prosperare.


www.isiciliani.it<br />

“Cosa nostra siciliana, i casalesi,<br />

la 'ndrangheta, i camorristi, gli scissionisti campani<br />

e i discendenti della banda della Magliana”<br />

Ci sono Cosa nostra siciliana, i casalesi<br />

e i camorristi e gli scissionisti campani,<br />

la ‘ndrangheta calabrese e pure la nuova<br />

mafia autoctona figlia della vecchia banda<br />

della Magliana. Senza poi parlare delle<br />

organizzazioni straniere come quella<br />

cinese. Negli anni ’70 e ’80 le parole<br />

d’ordine delle mafie che operavano nella<br />

capitale erano quattro: eroina, politica,<br />

appalti, affari. Oggi è cambiato solo un<br />

fattore, la cocaina ha sostituito l’eroina<br />

(anche se quest’ultima sta lentamente riprendendo<br />

piede).<br />

Il conflitto sanguinoso in atto in questi<br />

anni ha proprio la droga al centro delle<br />

sue motivazioni. Attenzione, non si uccide<br />

solo per il controllo delle piazze dello<br />

spaccio. Quello si è una ragione del conflitto,<br />

ma la questione è altra e con ben<br />

altre dimensioni. Si uccide per il traffico<br />

di cocaina a livello nazionale e internazionale.<br />

Almeno il 30% (ed è la stima più<br />

ottimistica) di tutta la coca trafficata in<br />

Europa transita per il Lazio e la capitale.<br />

Miliardi di euro<br />

Parlo di un affare di molti miliardi di<br />

euro l’anno. E il cartello delle organizzazioni<br />

mafiose tradizionali (calabresi,<br />

campane e siciliane) hanno l’assoluta necessità<br />

di garantirsi un controllo totale<br />

del territorio. Si, un cartello mafioso,<br />

sperimentato e consolidato negli anni a<br />

Fondi nel basso Lazio (la presenza del<br />

più grande mercato ortofrutticolo<br />

d’Europa a fare da copertura a ogni traffico<br />

possibile) e che ora sta imponendo<br />

anche con il sangue la propria dittatura<br />

nell’hinterland e nella capitale.<br />

Perché a Roma, in continuità con quello<br />

che fu la banda della Magliana, si è ricreata<br />

un’organizzazione autoctona di<br />

stampo mafioso – a volte con l’aiuto di<br />

fuoriusciti dalle altre organizzazioni –<br />

che ha cercato di occupare spazi strategici<br />

nello spaccio e nel traffico. Hanno alzato<br />

il tiro, hanno chiesto la loro fetta<br />

della grande torta della cocaina e forse<br />

anche degli altri affari che l’incredibile<br />

liquidità garantita dal traffico e dallo<br />

spaccio di droga garantisce soprattutto in<br />

questa fase di crisi economico/finanziaria<br />

dove credito e liquidità legali sono diventati<br />

un miraggio.<br />

Da qui l’esplosione di un conflitto unidirezionale.<br />

A riprova il fatto che la <strong>maggio</strong>r<br />

parte dei “caduti”, sicuramente di<br />

quelli “eccellenti”, appartengono a questa<br />

organizzazione. il cartello non tollera<br />

nuovi concorrenti. Soprattutto non tollera<br />

che i gregari e la manovalanza cerchino<br />

di salire un gradino nella gerarchia degli<br />

affari.<br />

Ma andiamo ai numeri di questa guerra<br />

di mafia. Ufficialmente non ce ne sono.<br />

Non c’è una certa contabilità di morte.<br />

Quasi tutti gli omicidi – e si tratta di esecuzioni<br />

e non conflitti a fuoco – vengono<br />

derubricati -spero solo nei comunicati<br />

stampa e non nelle indagini – come “regolamenti<br />

di conti” strettamente locali.<br />

Questo il messaggio lanciato all’opinione<br />

pubblica. Poco più che criminalità comune.<br />

Un coro anestetizzante<br />

Poche le voci discordanti e stonate in<br />

questo coro anestetizzante. Qualche dichiarazione<br />

proveniente dalla procura<br />

(puntualmente inascoltata e pubblicata in<br />

taglio basso dai giornali) altre da parte di<br />

alcuni esponenti delle forze di polizia.<br />

Ma la versione più accreditata dalla politica<br />

e dalla stampa capitolina è quella<br />

minimalista. Si, forse la mafia c’è a<br />

Roma come in tutto il paese del resto, ma<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 13<br />

certo non è in atto alcuna guerra. State<br />

tranquilli.<br />

Ho fatto una veloce ma faticosa verifica<br />

sull’archivio dell’Ansa usando come<br />

parametri di selezione le modalità di esecuzione<br />

degli omicidi e il “curriculum”<br />

degli uccisi. Questo dopo l’ultima esecuzione<br />

alla vigilia di Pasqua in un bar di<br />

Tor Bella Monaca. In 30 mesi 64 fatti di<br />

sangue nella capitale e nell’hinterland.<br />

Ed è certo un numero calcolato per difetto.<br />

Assoluto controllo sul territorio<br />

Se poi dovessimo andare a censire il<br />

numero di intimidazioni verso imprenditori<br />

e commercianti, gli attentati incendiari<br />

a mezzi e negozi, i casi di usura,<br />

non finiremo più.<br />

Si tratta non di segnali tutti da interpretare<br />

ma delle innumerevoli prove<br />

dell’assoluto controllo che le mafie esercitano<br />

sull’intero territorio di Roma. Intero,<br />

non solo in pezzi delle più degradate<br />

periferie.<br />

Ho avuto più di una segnalazione di<br />

atti di intimidazione in pieno centro a<br />

Roma. Uno in particolare mi ha colpito<br />

perché fisicamente avvenuto a metà strada<br />

fra la Camera dei deputati e la sede<br />

dell’ordine dei giornalisti. Una zona della<br />

città dove il controllo dello Stato sul<br />

territorio dovrebbe essere fortissimo. E<br />

invece…<br />

Quanti morti dovremo censire, quante<br />

infiltrazioni, quante penetrazioni nel tessuto<br />

economico attraverso il racket e<br />

l’usura, quanti appalti truccati, quante<br />

tonnellate di cocaina trafficata dovremo<br />

contare prima che si abbia il coraggio di<br />

pronunciare la parola mafia?<br />

Mafia. Usiamola questa parola. Mafia.


Comuni/ Quarto Stato<br />

Un voto<br />

di coscienza<br />

Nel povero quartiere, i<br />

galoppini sono scatenati<br />

a cercare i voti.<br />

La destra ha distrutto<br />

Catania, il centrosinistra<br />

presenta un vecchio<br />

barone, i grillini<br />

(benintenzionati) credono<br />

di essere alle elezioni<br />

di Stoccolma e<br />

non a quelle di una città<br />

divorata da mafia e<br />

ingiustizia sociale...<br />

di Giovanni Caruso<br />

www.associazionegapa.org<br />

Tante volte, da questo foglio, ci siamo<br />

appellati al popolo di San Cristoforo<br />

e degli altri quartieri affinché si rifletta<br />

prima di andare a votare.<br />

Infatti, in occasione delle elezioni che<br />

ci dovrebbero dare un nuovo sindaco e<br />

un nuovo consiglio comunale, rilanciamo<br />

un appello a tutti e tutte voi affinché prima<br />

di votare riflettiate!<br />

Noi non siamo certo qui per indicarvi<br />

chi votare, ma semmai per ricordarvi chi<br />

fino ad oggi ha governato Catania, come<br />

l'ha amministrata e sopratutto cos'ha fatto<br />

per i nostri quartieri.<br />

www.isiciliani.it<br />

Abbiamo avuto negli anni '90 il sindaco<br />

Bianco, seguito da momenti di crisi<br />

politica. Poi è arrivato Scapagnini e poi<br />

Stancanelli. Tutti hanno contribuito al disastro<br />

economico, ai "comitati d'affari",<br />

al clientelismo, attraverso i consulenti<br />

superpagati o peggio alle connessioni tra<br />

mafia e politica.<br />

Dimenticano sempre le periferie<br />

Insomma, una mala politica che ha<br />

amministrato con atti di "facciata" senza<br />

mai risolvere i problemi della giustizia<br />

sociale, del lavoro, di come conservare il<br />

territorio e l'ambiente, mapensando piuttosto<br />

a come cementificare sempre di più<br />

attraverso varianti del piano regolatore,<br />

che questa città peraltro non ha mai avuto.<br />

L'hanno fatto favorendo gli amici degli<br />

amici e i privati, attraverso i "progetti<br />

di finanza"o con appalti poco trasparenti.<br />

Tutto questo, dimenticando il popolo<br />

dei quartieri popolari e delle periferie.<br />

La loro presenza in questi territori è<br />

stata costante solo durante le campagne<br />

elettorali, affidandola ai "capibastone" o<br />

allo scambio di voti per un "pacco di pasta",<br />

speculando sulla vostra povertà.<br />

Oggi questi vecchi e consumati politici<br />

si fanno passare per "il nuovo che avanza"!<br />

Unica novità - che non vuol dire necessariamente<br />

progresso, ma staremo a vedere!<br />

- è il movimento cinque stelle. Leggiucchiando<br />

qua e là i loro programmi,<br />

più o meno sono uguali. Poco si parla di<br />

quartieri, di lotta alla corruzione e alla<br />

mafia, che sono i mali assoluti che distruggono<br />

il nostro vivere civile.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 14<br />

Secondo noi, e con i dovuti distinguo,<br />

nessuna di queste formazioni politiche ha<br />

un vero progetto politico, nessuna ha<br />

adottato una vera politica che venga dal<br />

basso, nessuna ha adottato una vera democrazia<br />

partecipata. Non vi ha chiesto,<br />

cioè cosa vogliate realmente per il vostro<br />

quartiere.<br />

Se ci avessero chiesto un parere,<br />

avremmo risposto:<br />

- vogliamo la riqualificazione urbanistica<br />

del nostro quartiere;<br />

- vogliamo un'economia sostenibile, rivolta<br />

alle attività turistiche e in particolare<br />

al parco archeologico (che potrebbe<br />

dare molto lavoro a <strong>giovani</strong> e disoccupati):<br />

- vogliamo il recupero di tutte mestieri<br />

artigianali che con l'apprendistato potrebbero<br />

reclutare i tanti adolescenti che non<br />

lavorano e non vanno a scuola, e finiscono<br />

in preda alla manovalanza mafiosa;<br />

- vogliamo il recupero delle piazze -<br />

costruite e abbandonate allo spaccio - per<br />

renderle fruibili alle famiglie, agli anziani<br />

e ai bambini che non hanno spazio per<br />

i loro giochi e per una sana crescita.<br />

L'ingiustizia che genera la crisi<br />

Allora, uomini e donne di San Cristoforo,<br />

quando entrerete nella cabina elettorale<br />

riflettete!<br />

Pensate non solo al vostro bisogno,<br />

pensate e votate per una intera collettività,<br />

perché essa si esprima come una sola<br />

voce, che urli democrazia, costituzione, e<br />

un forte no alla mafia e all'ingiustizia sociale,<br />

che genera la crisi che stiamo attraversando.


www.isiciliani.it<br />

Politica/ Parlamento<br />

Subito la legge<br />

anticorruzione!<br />

Ce la facciamo a unirci<br />

tutti gli antimafiosi almeno<br />

per portare<br />

avanti in Parlamento la<br />

legge, richiesta da don<br />

Ciotti di Libera e firmata<br />

da migliaia di cittadini,<br />

contro la corruzione<br />

politica e il voto<br />

di scambio?<br />

di Umberto DI Maggio<br />

Libera Sicilia<br />

La corruzione è un cancro che, al<br />

pari delle mafie, rende impossibile<br />

l'applicazione di politiche di sviluppo e<br />

lavoro e diminuisce la fiducia degli investitori<br />

esteri.<br />

Per sostenere la legge<br />

ADERISCONO PARLAMENTARI SEL, PD, M5S<br />

7 <strong>maggio</strong>. Oltre 200mila cittadini chiedono di cambiare la legge<br />

sulla corruzione. E di fare presto e bene. Dopo i primi cinquanta<br />

giorni dalle elezioni del Parlamento, con un nuovo Governo appena<br />

nato, i parlamentari che hanno aderito alla piattaforma di<br />

proposte contro la corruzione della campagna “Riparte il futuro”<br />

si sono incontrati questa mattina a Palazzo Giustiniani a Roma<br />

per dare inizio ai lavori. Un impegno che hanno preso pubblicamente<br />

sottoscrivendo la proposta di “Riparte il futuro”che mira a<br />

migliorare la legge anticorruzione varata dal precedente Parla-<br />

Sessanta miliardi di euro<br />

Aggredendola davvero si potrebbero<br />

recuperare ogni anno quei sessanta miliardi<br />

di euro (fonte: Corte dei Conti<br />

2012) che darebbero alle tasche degli italiani<br />

quei mille euro necessari a tirare<br />

avanti la carretta, ammortizzando la sfilza<br />

infinita di tasse e balzelli che avviliscono<br />

la nostra economia.<br />

Confiscare i patrimoni corrotti<br />

Ma allora perché non fare subito una<br />

legge anti-corruzione che migliori<br />

l'impianto della norma voluta dall'ex ministro<br />

Severino e aggredisca, tanto per<br />

cominciare, lo scambio elettorale politico-mafioso?<br />

Perché non tagliare di netto<br />

questo strumento - lo scambio di voti -<br />

che rende così forti quei politicanti che<br />

con clientele e favoritismi riescono a occupare<br />

gli scranni più importanti della<br />

rappresentanza istituzionale? Perché non<br />

applicare i risultati ottenuti con la confisca<br />

dei patrimoni dei mafiosi anche a<br />

quelli dei corrotti?<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 15<br />

E perché non farlo adesso, con un Parlamento<br />

con una composizione tra le più<br />

<strong>giovani</strong> d'Europa?<br />

Duecentosettantasei parlamentari di diverso<br />

colore politico - eletti tra gli 878<br />

candidati che hanno aderito agli impegni<br />

di trasparenza chiesti dalla campagna Riparte<br />

il Futuro - prima delle elezioni si<br />

erano impegnati a dare un segnale netto e<br />

deciso, e non solamente formale.<br />

A questi parlamentari (il trenta per cento<br />

del Parlamento) vanno sommati i<br />

214mila cittadini che hanno firmato la<br />

petizione per una Politica che agisca con<br />

i fatti contro la corruzione.<br />

Pene più severe e ineleggibilità<br />

Qualche esempio? Pene più severe ed<br />

evitare il rischio di prescrizione, il falso<br />

in bilancio, l'autoriciclaggio, l'incandidabilità<br />

e l'ineleggibilità per avere vere "liste<br />

pulite".<br />

Che questi passaggi però non siano<br />

solo meri auspici. Del resto, come recita<br />

il proverbio dei nostri nonni, "chi vive di<br />

speranza, disperato muore".<br />

mento, sulla quale – come ricorda nel suo intervento il presidente<br />

di Libera e Gruppo Abele, Don Luigi Ciotti “sono stati fatti alcuni<br />

compromessi” che hanno bloccato l’efficacia del testo di Legge.<br />

I parlamentari si sono riuniti oggi per formare un gruppo interparlamentare<br />

che possa procedere con il primo intervento sul<br />

416 ter: punire lo scambio fra voti e “altre utilità”. In caso di<br />

corruzione a fini elettorali (strumento utilizzato soprattutto dalle<br />

mafie per inquinare il voto), infatti, attualmente è sanzionabile il<br />

voto di scambio, solo se dietro c’è un passaggio di denaro.<br />

Norma Ferrara<br />

Liberainformazione


www.isiciliani.it<br />

Società civile<br />

La costituente<br />

dei beni comuni<br />

Roma, L'Aquila, Pisa,<br />

Ancona, Padova, Sicilia,<br />

Valdisusa, Napoli e<br />

tante altre comunità di<br />

cittadini sono le protagoniste<br />

della costituente<br />

dei beni comuni<br />

di Giulia Giordano<br />

teatropinellioccupato.wordpress.com<br />

Il percorso della commissione Rodotà<br />

riparte con la società civile, su proposta<br />

dei movimenti che in questi anni<br />

hanno portato avanti lotte di riappropriazione<br />

e liberazione di beni comuni,<br />

a partire dalla vittoria del referendum<br />

sull'acqua e dalle occupazioni di teatri<br />

e spazi culturali, alle lotte per il diritto<br />

all'abitare e il diritto alla città.<br />

Ma cosa sono i beni comuni? Se per<br />

l’acqua, l’aria, la cultura sembra una categoria<br />

abbastanza condivisa il dibattito<br />

si accende su tutto il resto e su come si<br />

possano gestire i beni comuni. Una cosa<br />

è certa: i beni comuni emergono attraverso<br />

le lotte, attraverso l'uso, la riappropriazione<br />

di una ricchezza che è stata<br />

sottratta, ed è percepito dalla collettività<br />

come necessario per la comunità e per le<br />

generazioni future.<br />

I beni comuni si oppongono alla sterile<br />

dicotomia tra pubblico e privato, sono un<br />

superamento che tiene conto dei processi<br />

di partecipazione reale alla gestione di<br />

tali beni.<br />

Questa inedita alleanza tra movimenti<br />

e giuristi della ex commissione Rodotà si<br />

propone l'arduo obbiettivo di raccontare<br />

e “normare” i beni comuni, partendo proprio<br />

dalle pratiche di lotta e non da un<br />

mera catalogazione dei beni. è il momento<br />

in cui le vecchie istituzioni implodono<br />

mentre proliferano occupazioni, si sperimentano<br />

pratiche di autogoverno.<br />

In molti hanno deciso di non essere più<br />

sudditi di pochi notabili che detengono il<br />

potere portando avanti interessi di privati<br />

privanti della ricchezza collettiva. È il<br />

momento in cui attraversando insieme<br />

l'Italia migliaia di cittadini la ricostruiscono<br />

per permanere, per rafforzare relazioni,<br />

creare le condizioni per la vita delle<br />

generazioni future.<br />

Un mondo di diritti<br />

La costituente è frutto del lavoro di chi<br />

pensa al diritto come qualcosa di vivo,<br />

che sgorga attraverso le lotte dei cittadini<br />

e non come un organismo repressivo a<br />

servizio di chi detiene il potere.<br />

Ogni giorno una larga parte della società<br />

civile contribuisce a far vivere i<br />

beni comuni, le istituzioni troppo impegnate<br />

a dismettere beni e privatizzare<br />

servizi provano a reprimere riducendo<br />

conflitti politici a questioni di ordine<br />

pubblico, da qui emerge la necessità di<br />

avere un riconoscimento anche giuridico<br />

per i beni comuni e delle leggi che tutelino<br />

i cittadini che se ne prendono cura<br />

(anche il diritto penale deve essere riformato).<br />

I beni comuni sono beni inalienabili,<br />

indisponibili al mercato, ma fruibili<br />

a tutti, partendo dalla valorizzazione delle<br />

comunità che li fanno vivere.<br />

Le lotte per beni comuni aprono un<br />

mondo di di diritti, ma anche di conflitti:<br />

puntano il faro sulle speculazioni, sugli<br />

interessi della mafia, su i soprusi di chi<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 16<br />

pratica il saccheggio delle risorse collettive<br />

per trarre profitti. Vengono fatti molti<br />

attacchi ideologici ai beni comuni:<br />

sono frutto di anni di individualismo<br />

spietato per cui i diritti della persona<br />

vengono prima dei diritti della comunità.<br />

Ma il problema è: i diritti di quali persone?<br />

Nel mondo neocapitalista vengono<br />

tutelati solo gli interessi di pochi, mentre<br />

i più poveri, i migranti non sono riconosciuti,<br />

i più fragili spesso sono torturati<br />

ed emarginati dalla vita sociale. L'individuo<br />

può essere libero nell'essere, ma limitato<br />

nell'accumulo.<br />

È il momento di mettere al centro la<br />

comunità, come ha dichiarato il giurista<br />

Ugo Mattei nel corso dell’assemblea costituente<br />

a L’Aquila. Ed è proprio in questa<br />

città distrutta che si apre il discorso<br />

del diritto alla città: lo spazio urbano è<br />

un bene comune della collettività che se<br />

ne prende cura, non può essere sottratto<br />

da uno stato-catastrofe che interviene<br />

portando avanti distruzione dei legami<br />

sociali, speculazione, privatizzazione e<br />

mercificazione dei beni.<br />

Come difenderli dal mercato?<br />

Come difendere i beni comuni dal mercato,<br />

come affrontare la questione della<br />

proprietà, come garantire l’accesso<br />

all’abitare, sono molte le domande aperte<br />

che però sono forti di pratiche che resistono<br />

e ogni giorno si diffondono sempre<br />

su tutto il territorio, dal cinema palazzo<br />

al colorificio di Pisa, dal teatro Pinelli di<br />

Messina all’ex asilo Filangieri di Napoli,<br />

dal teatro Valle alle case occupate a Tor<br />

di Nona, dalla lotta contro la Tav, ai comitati<br />

No Muos, alla lotta contro le grandi<br />

opere e le grandi navi: tanti laboratori<br />

culturali e politici esplodono e contagiano<br />

pratiche che forniscono risposte creative<br />

a questa crisi.


18 <strong>maggio</strong>: la Fiom in piazza<br />

La parola<br />

agli operai<br />

Non solo una manifestazione<br />

sindacale<br />

di Pietro Orsatti<br />

www.orsattipietro.wordpress.com<br />

La Fiom, oggi, sembra essere l’unica<br />

organizzazione a sinistra che abbia tenuto<br />

dritto il timone davanti alla crisi<br />

economica e politico-istituzionale che<br />

sta attraversando il paese, e alle conseguenze<br />

dell’implosione del Partito Democratico.<br />

La Fiom, in questa fase, è l’unica organizzazione<br />

che chiede e progetta un<br />

cambiamento anche dopo le ultime aperture<br />

da parte di settori ampi della produzione<br />

a trovare con le forze sindacali formule<br />

di proposte comuni chiudendo la<br />

stagione dei veti e dei blocchi ideologici<br />

degli ultimi anni.<br />

“Il lavoro al centro”<br />

“Il lavoro al centro, un piano straordinario<br />

di investimenti, il reddito di cittadinanza,<br />

l'incentivazione alla riduzione di<br />

orario, la cancellazione dell'articolo 8.<br />

Piani per i trasporti, la mobilità. Lotta<br />

all'evasione fiscale, alla corruzione e alla<br />

criminalità. Una legge per la rappresentanza<br />

e la democrazia”, ecco quello che il<br />

segretario del primo sindacato dei metalmeccanici<br />

italiani propone.<br />

Questi saranno i punti della manifestazione<br />

del 18 <strong>maggio</strong> e della mobilitazione<br />

che seguirà: pur essendo nata su una<br />

piattaforma sindacale essa “si rivolge a<br />

tutti i cittadini che vogliono un vero<br />

cambiamento” - ha spiegato Landini, annunciando<br />

la partecipazione di “studenti,<br />

precari, <strong>giovani</strong>, movimenti e<br />

associazioni che non vogliono più aspettare<br />

e chiedono un nuovo corso”.<br />

www.isiciliani.it<br />

In questa fase la piattaforma<br />

della Fiom sembra la<br />

cosa più seria e concreta<br />

messa in gioco a sinistra. Il<br />

Pd ormai non riesce a guardare<br />

al paese, travolto da<br />

una lotta interna fra le troppe<br />

personalità e anime di un<br />

partito mai nato. Rivalità insanabili,<br />

giochi di potere interni,<br />

che cancellano l’azione<br />

e le idee delle persone<br />

per bene presenti nel partito<br />

che sono state travolte e<br />

marginalizzate dalle lotte interne.<br />

Altrettanto insufficiente<br />

sembra delinearsi il<br />

tentativo di Rodotà di far<br />

dialogare alcuni pezzi della<br />

sinistra e il M5S: non basta<br />

il prestigio dell’intellettuale<br />

a creare connessioni,<br />

soprattutto quando la linea di una delle<br />

parti che si vorrebbe coinvolgere viene<br />

dettata da strategie di marketing come<br />

quelle disegnate dalla Casaleggio<br />

Associati per Grillo. E, ancora, Sel -<br />

nonostante la buona volontà - sta<br />

mettendo in campo un’iniziativa fondata<br />

sul vecchio metodo (dall’Arcobaleno in<br />

poi assolutamente fallimentare) di unire<br />

ceti politici e organizzazioni e non<br />

puntando alla riorganizzazione dal basso<br />

di una sinistra diffusa che non trova più<br />

un riferimento nelle organizzazioni<br />

politiche in campo.<br />

Una credibilità senza pari<br />

Per questo la mobilitazione della Fiom<br />

assume ancora più importanza. Perché è<br />

evidente che un sindacato non si può fare<br />

partito, ma è altrettanto chiaro che<br />

un’organizzazione come quella guidata<br />

da Landini che ha resistito e tenuto il<br />

campo nonostante gli attacchi e l’isolamento<br />

degli ultimi anni ha una capacità e<br />

una credibilità che nessun’altro ha di<br />

progetto e azione politica.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 17<br />

Ricordiamoceli, quei tentativi ossessivi<br />

di cancellare la radicalità della Fiom portati<br />

avanti dai governi Berlusconi e<br />

Monti e dalla Confindustria e in particolare<br />

dalla direzione della Fiat targata<br />

Marchionne e da quelle due aziende ex<br />

pubbliche come Fincantieri e Finmeccanica<br />

al centro oggi di inchieste giudiziarie.<br />

Sono stati anni terribili. Ma il sindacato<br />

ha retto – nonostante gli auspici dei<br />

presunti rivoluzionari Grillo e Casaleggio<br />

che il sindacato lo vorrebbero cancellare<br />

– e la Fiom in particolare ha fatto<br />

passi enormi sul piano della coerenza e<br />

della credibilità.<br />

Per queste ragioni l’iniziativa del 18<br />

<strong>maggio</strong> ha un’importanza enorme. Per il<br />

paese e per la sinistra. Perché è l’unico<br />

luogo dove si potrà cercare un sentire comune<br />

fra sindacato, movimenti, persone<br />

e perfino pezzi della politica per avviare<br />

un tentativo difficile e lungo di ricostruzione<br />

di un’area progressista che oggi i<br />

partiti tradizionali – e anche la nuova politica<br />

- non rappresentano.


www.isiciliani.it<br />

In rete, e per le strade<br />

Diffondilo anche<br />

nella tua città!<br />

Il foglio dei <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 18


www.isiciliani.it<br />

Sicilia base avanzata<br />

Pronto nuovo intervento<br />

in Libia da Sigonella<br />

Gli Stati Uniti starebbero<br />

pensando di lanciare<br />

un nuovo attacco militare<br />

in Libia dalla stazione<br />

aeronavale di Sigonella<br />

di Antonio Mazzeo<br />

Cinquecento marines sono stati trasferiti<br />

nei giorni scorsi in Sicilia dalla<br />

base di Rota in Spagna. Gli uomini fanno<br />

parte della Marine Air Ground Task<br />

Force (MAGTF), la forza speciale costituita<br />

nel 1989 per garantire al Corpo<br />

dei Marines flessibilità e rapidità<br />

d’azione nei differenti scacchieri di<br />

guerra internazionali.<br />

L’unità di Rota è stata attivata dal Pentagono<br />

solo due mesi fa per sostenere il<br />

Comando Usa in Africa (Africom) nell’<br />

addestramento e la formazione delle forze<br />

armate dei partner continentali e intervenire<br />

rapidamente in Africa in caso di crisi.<br />

La decisione di dar vita alla nuova task<br />

force è stata presa nel settembre 2012<br />

dopo l’attentato terroristico contro il consolato<br />

Usa di Bengasi in cui persero la<br />

vita quattro funzionari tra cui l’ambasciatore<br />

in Libia, Christopher Stevens.<br />

Secondo il portavoce del Pentagono<br />

George Little, i marines potranno intervenire<br />

da Sigonella in tempi rapidissimi nel<br />

caso di nuovi attacchi al personale diplomatico<br />

o ai cittadini Usa presenti in Libia<br />

per “effettuarne eventualmente l’evacuazione”.<br />

“Siamo preparati a rispondere se<br />

necessario, se le condizioni peggiorassero<br />

o se venissimo chiamati” ha aggiunto.<br />

Qualche giorno fa il Dipartimento di<br />

Stato ha ridotto sensibilmente lo staff<br />

dell’ambasciata di Tripoli, ordinando di<br />

contro il rafforzamento del dispositivo gestito<br />

in loco da una dozzina di militari<br />

Usa.<br />

Inoltre sono stati invitati i cittadini<br />

statunitensi a viaggiare a Tripoli solo per<br />

necessità improcrastinabili ed evitare in<br />

assoluto Bengazi o altre località in Libia.<br />

Washington parla di “crescente clima<br />

d’instabilità e violenza” e di “deterioramento<br />

delle condizioni di sicurezza”.<br />

Così è stato decretato lo stato d’allerta<br />

per gli special operations team di stanza a<br />

Stoccarda (Germana) e per la task force<br />

dei marines in Spagna che prima del trasferimento<br />

a Sigonella, il 19 aprile aveva<br />

raggiunto da Rota la base aerea di Morón<br />

de la Frontera. Il 3 e 4 aprile, i Comandi<br />

delle forze navali Usa in Europa e Africa<br />

e della VI Flotta avevano pure ospitato a<br />

Napoli i responsabili della neo-costituita<br />

marina militare libica e del corpo della<br />

guardiacoste per discutere di “sicurezza<br />

marittima” e “cooperazione strategica”.<br />

Otto Boeing CV-22<br />

Insieme ai marines sono giunti a Sigonella<br />

pure otto velivoli da trasporto e assalto<br />

anfibio Bell Boeing CV-22 “Osprey”<br />

(falco pescatore). Si tratta dei controversi<br />

“convertiplani” (bi-turboelica in grado di<br />

atterrare e decollare come un elicottero e<br />

volare come un normale aereo), costo unitario<br />

129 milioni di dollari circa, in grado<br />

di trasportare fino a 24 soldati del tutto<br />

equipaggiati, alla velocità di 509 Km<br />

all’ora. Numerosi esperti militari hanno<br />

ripetutamente messo sotto accusa<br />

l’“Osprey” per le sue scarse condizioni di<br />

sicurezza in volo. Da quando è divenuto<br />

operativo, il velivolo è stato al centro di<br />

numerosi incidenti e una trentina tra contractor<br />

e militari sono morti durante test<br />

ed esercitazioni.<br />

Quando nel 2000 un velivolo in forza<br />

all’US Navy cadde negli Stati Uniti causando<br />

la morte di 23 marines il Pentagono<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 19<br />

pensò di abbandonare il programma ma<br />

sotto il pressing della potente lobby dei<br />

costruttori, esso fu presto riavviato e gli<br />

“Osprey” furono destinati alla guerra in<br />

Iraq e Afghanistan. Nella primavera dello<br />

scorso anno due “Osprey” si sono schiantati<br />

al suolo, il primo durante un’esercitazione<br />

militare in Marocco (morti due marines)<br />

e il secondo in Florida.<br />

Per l’alto rischio di incidenti e l’insostenibile<br />

rumore emesso dal velivolo durante<br />

le operazioni di decollo e atterraggio, migliaia<br />

di cittadini giapponesi hanno dato<br />

vita a numerose manifestazioni di protesta<br />

contro la decisione di dislocare 12 convertiplani<br />

nella grande base aerea Usa di<br />

Okinawa.<br />

Special Purpose Marine<br />

Il Corpo dei marines ha progressivamente<br />

ampliato il proprio impegno di contrasto,<br />

congiuntamente ad Africom, delle<br />

milizie islamiche operanti nelle regioni<br />

settentrionali del continente.<br />

Nel 2011, nello specifico, fu creata proprio<br />

a Sigonella una forza speciale di<br />

pronto intervento del tutto simile a quella<br />

di Rota, la Special Purpose Marine Air<br />

Ground Task Force (SPMAGTF-13). Gli<br />

uomini sono impegnati periodicamente<br />

come consiglieri e formatori degli eserciti<br />

africani o in attività di supporto logistico<br />

e “gestione di tattiche anti-terrorismo”.<br />

“La task force di Sigonella ha come<br />

compiti prioritari la fornitura d’intelligence<br />

e l’addestramento dei militari africani<br />

che combattono i gruppi terroristici in<br />

Maghreb e Corno d’Africa o svolgono attività<br />

di peacekeeping in Somalia”, ha dichiarato<br />

il <strong>maggio</strong>re Dave Winnacker, responsabile<br />

del gruppo dei marines.<br />

La SPMAGTF-13 include componenti<br />

navali, terrestri ed aeree caratterizzate da<br />

notevole flessibilità; conta su circa 200<br />

marines organizzati in team aviotrasportabili<br />

dai grandi velivoli KC-130. Con i 500<br />

uomini giunti dalla Spagna, Sigonella accresce<br />

ancora di più il ruolo di gendarme<br />

armato del Mediterraneo e del continente<br />

africano.


www.isiciliani.it<br />

Economia<br />

Ma la casta più<br />

pericolosa è davvero<br />

quella dei politici?<br />

E' arrivato il momento<br />

di fare i conti...<br />

di Carlo Gubitosa<br />

www.mamma.am<br />

Quando la foga contro i privilegiati e<br />

le analisi economiche superficiali fanno<br />

perdere lucidità negli obiettivi delle lotte<br />

sociali. sprechi, rischia di essere una<br />

misura inutile e velleitaria se ci fa perdere<br />

di vista i problemi più devastanti<br />

legati al dilagare della finanza predatoria.<br />

Il Movimento Cinque Stelle ha presentato<br />

una proposta che consentirebbe di tagliare<br />

più o meno quarantadue milioni di<br />

euro dai costi della politica, e sulla mia<br />

bacheca Facebook sono fioriti commenti<br />

di segno opposto che si dividono in plaudenti<br />

e benaltristi, in altre parole equamente<br />

suddivisi tra chi applaude all'iniziativa<br />

e chi dice che i problemi sono ben altri.<br />

Il mio giudizio si colloca in una via di<br />

mezzo, e considero questa cosa da applaudire<br />

sul piano etico ma poco efficace sul<br />

piano pratico. E provo a dimostrarlo leggendo<br />

i dati economici che sono riuscito a<br />

raccogliere al meglio della mia capacità di<br />

documentazione, sintetizzati anche nel fumetto<br />

"Raschiatutto", realizzato a quattro<br />

mani con Marco Pinna.<br />

● Un'analisi Confcommercio del<br />

28/10/11 dice che la politica spreca 9 miliardi<br />

di euro all'anno.<br />

● La "relazione sul rendiconto generale<br />

dello Stato per il 2008" della Corte dei<br />

Conti dice che "il fenomeno della corruzione<br />

nella pubblica amministrazione" ci<br />

costa "50/60 miliardi di euro/anno".<br />

● Il Ministero dell'Economia ha stimato<br />

nel 2010 una evasione fiscale di 120 miliardi<br />

di euro/anno.<br />

● Il 17 <strong>maggio</strong> 2011 il presidente della<br />

Commissione Parlamentare Antimafia ha<br />

parlato di "150 miliardi di fatturato annuo<br />

delle mafie".<br />

● Il supplemento del bollettino statistico<br />

Bankitalia del 16/12/2009 ha rilevato che<br />

nel 2008 "a prezzi costanti, la riduzione<br />

della ricchezza complessiva rispetto al<br />

2007 è risultata pari a circa 433 miliardi<br />

di euro del 2008" ma "la dinamica delle<br />

attività reali è risultata positiva" (+3%). In<br />

breve, 88 miliardi di euro risparmiati sono<br />

stati travolti da 521 miliardi di euro persi<br />

nel casinò della finanza.<br />

10 ricchi = 3 milioni di poveri<br />

Seguite quei soldi e scoprirete con chi<br />

prendervela: "In Italia i 10 individui più<br />

ricchi posseggono una quantità di ricchezza<br />

che è all'incirca equivalente a quella<br />

dei 3 milioni di italiani più poveri". (Bankitalia,<br />

Occasional Papers 115, 02/12).<br />

Ma l'Irpef per i ricchi è sceso dal 72%<br />

del 1974 (aliquota applicata a chi guadagnava<br />

più di 500 milioni di vecchie<br />

lire/anno, che attualizzati corrispondono a<br />

2 milioni di euro/anno) fino al 43% del<br />

2012, il minimo storico di sempre.<br />

Nel frattempo il supplemento al bollettino<br />

statistico Bankitalia del 25/01/12 dice<br />

che "la quota di individui poveri risulta<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 20<br />

pari al 14,4% e la percentuale di famiglie<br />

indebitate è pari al 27,7%".<br />

Dov'è la progressività fiscale?<br />

La nostra Costituzione stabilisce all'articolo<br />

53 un principio di progressività fiscale<br />

funzionale alla redistribuzione del reddito.<br />

Ma l'unico "sacrificio" che non ci è<br />

stato chiesto come misura anticrisi è proprio<br />

il ripristino di una aliquota del 72 per<br />

cento per quei dieci fortunati intoccabili<br />

che da soli fanno reddito come i tre milioni<br />

più poveri: un'entrata fiscale che permetterebbe<br />

di rilanciare l'economia e alleggerire<br />

le tasse sui più deboli.<br />

E non ci vengano a dire che quei soldi<br />

risparmiati servono a rilanciare l'economia,<br />

perchè finora sono stati soltanto bruciati<br />

in finanza, per inseguire profitti <strong>maggio</strong>ri<br />

in tempi più brevi.<br />

La guerra di chi accumula contro chi<br />

tira a campare è invisibile sui mass media,<br />

è totalmente assente dal dibattito parlamentare,<br />

dove anche il movimento politico<br />

più rivoluzionario e agguerrito contro<br />

le ruberie si è finora limitato a ragionare<br />

sul primo dei dati che ho fornito, quei<br />

nove miliardi di sprechi, concentrando le<br />

proprie energie sugli stipendi troppo alti<br />

dei Parlamentari mentre il vero male<br />

oscuro che divora il nostro benessere e le<br />

nostre speranze di futuro si chiama finanza<br />

predatoria.<br />

I “cerotti” servono a poco<br />

Ma per combattere questo cancro con<br />

una terapia efficace servono a poco i "cerotti"<br />

dei risparmi anticasta (poco impattanti<br />

sul piano economico anche se altamente<br />

condivisibili sul piano etico).


Bisognerebbe invece separare le banche<br />

d'affari dalle banche di risparmio a cui si<br />

rivolgono i cittadini, ad esempio con<br />

l'introduzione in Italia di una normativa<br />

simile al Glass-Steagall Act, la legge Usa<br />

che proteggeva i risparmiatori dal fallimento<br />

delle banche, purtroppo abrogata<br />

nel 1999 dal presidente Clinton ("non c'è<br />

niente di meglio di un governo di sinistra<br />

per far politiche di destra"...).<br />

Questa legge – riporta Wikipedia - è<br />

stata "la risposta del Congresso Usa alla<br />

crisi finanziaria iniziata nel 1929 che<br />

all'inizio del 1933 mise in ginocchio numerose<br />

banche americane. Prevedeva<br />

l'introduzione di una netta separazione tra<br />

attività bancaria tradizionale e attività<br />

bancaria di investimento. La ratio di tale<br />

provvedimento era di evitare che il fallimento<br />

dell'intermediario comportasse anche<br />

il fallimento della banca tradizionale,<br />

impedendo che l'economia reale fosse direttamente<br />

esposta al pericolo di eventi<br />

negativi prettamente finanziari. Per via<br />

della sua successiva abrogazione, nella<br />

crisi del 2007 è accaduto proprio questo,<br />

quando l'insolvenza nel mercato dei mutui<br />

subprime ha scatenato una crisi di liquidità<br />

che si è trasmessa all'attività bancaria<br />

tradizionale".<br />

Separare speculazione e risparmio<br />

Sarebbe bastato separare le banche votate<br />

alla speculazione da quelle orientate<br />

al risparmio per scongiurare la grande<br />

truffa del Monte dei Paschi di Siena: un<br />

regalo da quattro miliardi di soldi pubblici,<br />

possibile non solo per gli intrecci tra il<br />

mondo bancario e quello politico, ma anche<br />

e soprattutto perchè le banche che<br />

giocano d'azzardo sui tavoli della finanza<br />

www.isiciliani.it<br />

"tengono in ostaggio" i risparmiatori e i<br />

loro conti correnti.<br />

Quando le cose si mettono male per gli<br />

squali della finanza, per cavarsela basta<br />

minacciare di far andare a fondo assieme<br />

a loro anche chi ha guadagnato onestamente<br />

i propri risparmi, e con questa "offerta<br />

impossibile da rifiutare" i governi ci<br />

obbligano a tappare di tasca nostra i buchi<br />

causati dall'utilizzo spregiudicato di strumenti<br />

finanziari senza regole.<br />

Strumenti finanziari senza regole<br />

Per questa ragione, ciò che andrebbe<br />

frenato e combattuto come prima misura<br />

di emergenza sono le fughe di capitali<br />

all'estero, cioè il casinò della finanza che<br />

arricchisce le grandi banche d'affari, per<br />

la <strong>maggio</strong>r parte straniere,<br />

Ma i parlamentari a cinque stelle sembrano<br />

ancora troppo concentrati sui costi<br />

della Politica per studiare i danni della Finanza,<br />

e Beppe Grillo si è limitato a proporre<br />

sui temi economici una soluzione<br />

che non prende posizione: facciamo decidere<br />

ai cittadini se restare o meno nell'<br />

euro. Purtroppo però la finanza predatoria<br />

è ormai in grado di fare danni enormi sia<br />

dentro che fuori dall'euro se lasciata agire<br />

indisturbata e senza freni.<br />

E c'è anche un problema di redistribuzione<br />

del reddito tale da rendere auspicabile<br />

l'aumento delle tasse ai più ricchi per<br />

sollevare dai sacrifici le famiglie a basso<br />

reddito che finora hanno pagato da soli il<br />

prezzo della crisi con più Imu, più Iva, più<br />

accise sulla benzina e più tasse sui servizi.<br />

Per questa ragione, mi sembra piuttosto<br />

velleitario basare il rilancio dell'economia<br />

sulle decine di milioni di euro all'anno che<br />

si potrebbero risparmiare tagliando stipen-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 21<br />

“Le banche che<br />

giocano d'azzardo<br />

sui tavoli della finanza<br />

tengono in ostaggio<br />

i risparmiatori<br />

e i loro conti<br />

correnti”<br />

di e rimborsi ai parlamentari, se non si decide<br />

prima di aggredire i problemi di una<br />

finanza predatoria che sottrae ricchezza<br />

per centinaia di miliardi di euro l'anno.<br />

La finanziarizzazione dell'economia<br />

La "foga anticasta" non è cosa buona se<br />

distrae da un altro problema che per entità<br />

e dimensioni è di quattro ordini di grandezza<br />

superiore al problema che assorbe<br />

la tua attenzione. Il cancro non si cura con<br />

l'aspirina, e se arriva l'ambulanza per un<br />

grave incidente, prima si sistemano emorragie<br />

e fratture, e poi con calma si pensa a<br />

lividi ed escoriazioni.<br />

Se proprio vogliamo semplificare il discorso<br />

con slogan di facile comprensione,<br />

oltre ai nemici più noti che si chiamano<br />

mafie, sprechi, corruzione ed evasione, c'è<br />

un nemico più devastante di tutti che si<br />

chiama finanziarizzazione dell'economia.<br />

Eppure, gli strumenti ci sono<br />

C'è un alleato per combattere questo nemico:<br />

si chiama costituzione repubblicana.<br />

Ci sono strumenti che si chiamano redistribuzione<br />

del reddito basata sulla progressività<br />

del prelievo fiscale, c'è un settore<br />

di attività legalmente lecite ma moralmente<br />

odiose che si chiama speculazione<br />

finanziaria, e che va nettamente separato<br />

dalla lecita e morale attività di risparmio<br />

dei cittadini.<br />

Nel combattere questa battaglia dobbiamo<br />

essere consapevoli che il giro d'affari<br />

della speculazione ci ha succhiato negli<br />

ultimi anni centinaia di miliardi di euro,<br />

mentre i costi della “casta” non arrivano<br />

nemmeno alla decina.


www.isiciliani.it<br />

Ennio<br />

Catania/ 1<br />

Le indagini<br />

su Mario Ciancio<br />

E' vicina la data dei<br />

150 giorni fissata a novembre<br />

dalla Procura<br />

per approfondire l’in-<br />

chiesta a carico di Mario<br />

Ciancio Sanfilippo<br />

Ciancio, editore fra l'altro del quotidiano<br />

La Sicilia, proprietario lo stabilimento<br />

in cui vengono stampati i quotidiani<br />

nazionali per tutta la Sicilia, è uno<br />

dei massimi imprenditori edili siciliani.<br />

Dal marzo 2009 è indagato dalla Procura<br />

di Catania per concorso esterno in<br />

associazione mafiosa.<br />

Diversi gli elementi, reali e da accertare,<br />

al vaglio dei magistrati.<br />

● Una intercettazione del 2001 in cui un<br />

indagato per mafia dice di aver individuato<br />

con Ciancio (avrebbe anche "garantito"<br />

per le autorizzazioni necessarie ) i terreni<br />

per un nuovo centro commerciale. Anni<br />

dopo, questi diventeranno edificabili con<br />

una variante al piano regolatore.<br />

● Mancata pubblicazione - per «decisione<br />

insindacabile del direttore Mario Ciancio<br />

» - su La Sicilia dei necrologi del giornalista<br />

Giuseppe Fava e del commisario di<br />

Polizia Beppe Montana, uccisi dalla mafia<br />

rispettivamente nel 1984 e '85.<br />

● Articoli pubblicati durante le indagini<br />

per il delitto Fava sulle dichiarazioni del<br />

collaboratore di giustizia Maurizio Avola,<br />

ritenuti un tentativo di depistaggio.<br />

● Presunti rapporti col boss Pippo Ercolano,<br />

piombato - secondo il collaboratore<br />

di giustizia Angelo Siino - nella redazione<br />

de La Sicilia per minacciare un cronista.<br />

● Pubblicazione senza commenti della<br />

nomina di Angelo Ercolano, incensurato<br />

nipote del boss, a capo della Federazione<br />

autotrasportatori di Catania.<br />

● Pubblicazione di una lettera (trapelata<br />

in circostanze non chiare nell'ottobre<br />

2008) di Vincenzo Santapaola, figlio del<br />

boss Nitto, detenuto al carcere duro e<br />

quindi impossibilitato a comunicare con<br />

l'esterno.<br />

● Aquisizione di una quota del pacchetto<br />

azionario del Giornale di Sicilia, che<br />

secondo Massimo Ciancimino avrebbe<br />

coinvolto anche suo padre don Vito Ciancimino,<br />

ex sindaco mafioso di Palermo vicino<br />

al boss Bernardo Provenzano.<br />

Centri commerciali<br />

Sotto indagine anche alcune operazioni<br />

imprenditoriali di Ciancio, come il centro<br />

commerciale «nei territori limitrofi la tangenziale<br />

di Catania, direzione Siracusa».<br />

Antonello Giostra, di Scaletta Zanclea,<br />

a suo tempo condannato per bancarotta<br />

fraudolenta per riciclo di denaro proveniente<br />

da usura mafiosa, è indagato con<br />

Ciancio per riciclaggio con l’aggravante<br />

di aver favorito l’associazione mafiosa.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 22<br />

Mario Ciancio<br />

Tra i progetti da realizzare con costui,<br />

un centro commerciale da costruire a<br />

Misterbianco, per il quale Ciancio compra<br />

terreni per milioni di euro in contrada<br />

Cardinale. A un certo punto sorge<br />

l'interesse di un’altra società e di Cosa<br />

nostra (secondo la parallela indagine<br />

Iblis) a costruire un diverso centro<br />

commerciale nella confinante contrada<br />

Cubba, l'attuale Centro Sicilia: ma i due<br />

soggetti mantengono rapporti cordiali, si<br />

accordano e (come emerge da alcune intercettazioni<br />

di mafiosi) Cosa nostra si<br />

vede costretta a “rallentare” il proprio<br />

progetto per il contemporaneo interesse di<br />

Ciancio.<br />

“Personaggi vicini a Cosa Nostra”<br />

Indagate anche altre attività: l’Outlet Sicilia<br />

Fashion Village ad Agira, appaltato<br />

in associazione temporanea a imprese<br />

come quelle di Mariano Incarbone e Sandro<br />

Monaco, entrambi imputati per concorso<br />

in associazione mafiosa; il "villaggio<br />

degli americani", residence per militari<br />

Usa di Sigonella da realizzarsi a fine<br />

2004 presso Lentini, anche stavolta in<br />

concorrenza con un progetto simile che<br />

interessava, secondo i magistrati, il boss<br />

Vincenzo Aiello. Casi che renderebbero<br />

«sempre inverosimile la casuale presenza,<br />

in occasione della realizzazione di grandi<br />

opere, accanto al Ciancio Sanfilippo di<br />

personaggi vicini a Cosa Nostra». Come<br />

nel caso del centro commerciale Porte di<br />

Catania, il primo a essere indagato.


www.isiciliani.it<br />

Ennio<br />

Catania/ 2<br />

In 23 anni<br />

ai Virlinzi<br />

7 milioni in più Ennio<br />

Per la costruzione di<br />

piazza Europa, grazie a<br />

un “accordo bonario”<br />

col Comune<br />

di Salvo Catalano<br />

www.ctzen.it<br />

7 <strong>maggio</strong>. Inaugurata stamattina la<br />

nuova piazza Europa: 2300 metri quadrati,<br />

di cui 1400 di verde pensile, mentre<br />

continuano i lavori nei piani interrati<br />

dove sorgeranno un parcheggio e<br />

attività commerciali.<br />

I cambiamenti dividono i cittadini.<br />

«Mai vista una piazza con un buco al centro»,<br />

denuncia una residente. Mentre fa<br />

discutere l’accordo siglato il 2 <strong>maggio</strong> tra<br />

il Comune e la società Parcheggio Europa:<br />

un risarcimento da 325mila euro<br />

all’anno per 23 anni a causa dei cinque<br />

anni di stop ai lavori.<br />

La nuova piazza Europa torna a disposizione<br />

dei cittadini. A distanza di undici<br />

anni dal progetto voluto dall’ex sindaco<br />

Umberto Scapagnini e dopo sei anni di sequestro<br />

ordinato dai giudici per una<br />

vicenda giudiziaria risolta in appello con<br />

l’assoluzione degli imputati, stamattina i<br />

catanesi hanno potuto vedere il nuovo<br />

volto della piazza. Un restyling profondo,<br />

mentre nei piani interrati continuano i lavori<br />

per la realizzazione del parcheggio e<br />

del piano commerciale.<br />

«Come promesso, riconsegniamo ai catanesi<br />

questo parte della città», annuncia<br />

il sindaco Raffaele Stancanelli che non<br />

nasconde la felicità per il fatto che «ciò<br />

avvenga proprio in questo momento».<br />

Cioè in campagna elettorale.<br />

«Un regalino ai Virlinzi (gli imprenditori<br />

proprietari della società Parcheggio Europa<br />

ndr)», secondo Catania Bene Comune<br />

e il candidato sindaco Matteo Iannitti.<br />

Mentre i cittadini presenti all’inaugurazione<br />

si dividono tra entusiasti e scettici.<br />

La piazza sul livello della strada copre<br />

2300 metri quadrati, di cui 1400 di verde<br />

pensile, mentre sono 1500 i metri quadrati<br />

destinati ad attività al coperto. E poi, non<br />

ancora pronta, una piazza sul mare da 800<br />

metri quadrati, di cui 600 a verde pensile.<br />

«I cittadini, che a differenza di qualcun altro<br />

non hanno retro pensieri sono contenti<br />

di riappropriarsi di questo bene comune»,<br />

sottolinea Stancanelli.<br />

“Ma hanno rovinato la piazza”<br />

Non la pensano allo stesso modo alcune<br />

signore, residenti della zona, che, sedute<br />

su una panchina, esprimono le loro critiche<br />

al passaggio del sindaco. «Questa non<br />

è una piazza, chiamatela come volete ma<br />

non ho mai visto una piazza con al centro<br />

un buco enorme – spiega la signora Simona<br />

Mirenda – Io qui ci sono cresciuta e si<br />

poteva correre liberamente, ora non più.<br />

Ben vengano i privati quando migliorano<br />

la città, ma non è questo il caso. Sotto<br />

possono farci quello che vogliono, parcheggi,<br />

uffici, ma hanno rovinato la piazza».<br />

A far discutere è anche l’accordo bonario<br />

siglato tra il Comune di Catania e la<br />

Parcheggio Europa lo scorso 2 <strong>maggio</strong>.<br />

Accordo che cambia i termini economici<br />

del progetto.<br />

La novità è che il Comune dovrà versare<br />

alla società 325mila euro all’anno per<br />

23 anni. E ciò avverrà tramite la concessione<br />

di 230 stalli a raso limitrofi al par-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 23<br />

Virlinzi<br />

cheggio, attualmente nella disponibilità<br />

della comunale Sostare. «Un risarcimento<br />

che ammonta a sette milioni e mezzo di<br />

euro», attacca Iannitti. In più la ditta dei<br />

Virlinzi potrà far pagare servizi come i<br />

bagni, le docce e gli spogliatoi.<br />

Per Lorena Virlinzi, amministratore delegato<br />

della Parcheggio Europa, questo è<br />

dovuto alle nuove condizioni per raggiungere<br />

l’equilibrio economico e finanziario<br />

del progetto in project financing.<br />

«L’accordo – spiega – è motivato da cinque<br />

anni di arresto del cantiere, tre aggiornamenti<br />

dei prezzi del prezziario regionale,<br />

un aumento del 25 per cento del costo<br />

dei lavori. Le spese sono lievitate da sette<br />

milioni a dieci milioni e mezzo».<br />

L’amministratore delegato sottolinea<br />

inoltre che il bando prevedeva l’alternativa<br />

di scelta per tutti i partecipanti alla<br />

gara, tra 600 stalli o il dieci per cento di<br />

superficie del parcheggio da utilizzare a<br />

discrezione del gestore, anche a fini commerciali.<br />

«Avevamo scelto gli stalli perché<br />

ci garantivano più certezza di liquidità.<br />

Ma nel 2006 il Comune ci ha chiesto di<br />

tornare indietro, per non arrecare altri problemi<br />

alla Sostare. Noi abbiamo accettato<br />

la proposta e abbiamo costruito il piano<br />

commerciale con <strong>maggio</strong>ri oneri».<br />

“Potevamo ottenere di più”<br />

Adesso quindi la Parcheggio Europa<br />

avrà sia la gestione per quarant'anni delle<br />

attività commerciali realizzate nei piani<br />

interrati, sia per ventitrè anni quella di<br />

230 stalli in superficie.<br />

«Non è un risarcimento – conclude Virlinzi<br />

– perché se avessimo voluto, avremmo<br />

potuto fare causa civile e sicuramente<br />

avremmo ottenuto di più». E’ prevista a<br />

settembre la consegna dei lavori del parcheggio<br />

e del piano commerciale.


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Muos Niscemi<br />

Un maldestro<br />

gioco delle parti fra<br />

governi e regione<br />

Non si sa chi è Ponzio<br />

e chi Pilato... Intanto<br />

la base militare cresce,<br />

e con essa il malcontento<br />

popolare<br />

di Sebastiano Gulisano<br />

sebastianogulisano@wordpress.com<br />

Il ministero della Difesa italiano che<br />

cita per danni la Regione siciliana è<br />

l'ultimo paradosso nella vicenda del<br />

Muos di Niscemi, il sistema di telecomunicazioni<br />

satellitari della marina<br />

militare Usa che governerà l'apparato<br />

bellico Usa nei prossimi decenni.<br />

Diario<br />

UNA RESISTENZA ARMATA DI PACE<br />

La vedi sventolare proprio lì dove non ti saresti mai aspettato<br />

che fosse. E sembra così vivace e stabile che proprio non sembra<br />

possibile. La bandiera NO MUOS sopra un' antenna piazzata<br />

proprio al centro della base. E' stato Nicola a portarla, mentre<br />

c' era chi in tranquillità si trovava davanti ad una tazza di caffè,<br />

chi davanti al televisore, comodamente seduto sul divano, con<br />

la camicia appena stirata e le mani pulite...e la coscienza anche.,<br />

dato che con essa ci fa i conti troppe poche volte.<br />

Lì, fuori da quella base, tra i No Muos, ormai sono conosciuti<br />

Turi, col suo flauto, Nicola, Desi e Simona, che hanno raggiunto<br />

le antenne, arrampicandovisi tranquillamente sopra. Le forze<br />

dell' ordine non hanno potuto fare altro che rimanere a guardare,<br />

mentre Turi scavalcava il filo spinato che recinta la base di<br />

Niscemi e, con una naturalezza da bambino, percorreva tutto il<br />

Il 10 <strong>maggio</strong>, al Tar del Lazio, decisione<br />

sul ricorso del dicastero guidato da<br />

Mario Mauro, ma promosso dal suo predecessore,<br />

l'ex comandante del fronte<br />

Sud della Nato, ammiraglio Giampaolo<br />

Di Paola, che vorrebbe spillare dalle tasche<br />

dei siciliani venticinquemila euro al<br />

giorno a partire dal 29 marzo scorso, data<br />

in cui l'assessorato regionale al Territorio<br />

ha revocato le autorizzazioni necessarie a<br />

realizzare l'opera, all'interno della Riserva<br />

della Sughereta di Niscemi, un sito<br />

Sic, cioè protetto dalla Comunità europea.<br />

Vicenda paradossale perché i siciliani<br />

potrebbero presto trovarsi nella situazione<br />

di dovere sborsare altri soldi qualora,<br />

com'è probabile, la Ue dovesse avviare la<br />

procedura d'infrazione per avere consentito<br />

la devastazione dell'area protetta. Insomma,<br />

c'è il rischio di dovere pagare<br />

due volte: per avere consentito lo scempio<br />

e per avere impedito che proseguisse.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 24<br />

È un paradosso perché non si capisce a<br />

che titolo il Governo italiano sarebbe<br />

danneggiato dal blocco dei lavori di una<br />

base militare Usa (non Nato, come invece<br />

cercano insistentemente di fare credere<br />

governo e regione) costruita dal colosso<br />

bellico dell'apparato militare industriale<br />

statunitense Lockheed Martin.<br />

Vicenda paradossale<br />

Il presidente regionale, Rosario Crocetta,<br />

bolla come “infondato” il ricorso<br />

ministeriale e ricorda che la sospensione<br />

dei lavori è stata concordata dalla giunta<br />

da lui retta con governo Monti, nel corso<br />

di un incontro al quale era presente lo<br />

stesso ministro, accordo sigillato con un<br />

comunicato congiunto dal quale abbiamo<br />

appreso che il futuro del Muos sarebbe<br />

legato a un parere “indipendente” affidato<br />

all'Istituto superiore di sanità (Iss), che<br />

il 31 <strong>maggio</strong> dovrebbe esitare una relazione<br />

“scientifica” per spiegare se le<br />

tratto che separa la recinzione dall' antenna, fino ad arrampicarsi<br />

su di essa. Ho sognato che scoppiava la terza guerra mondiale<br />

e poi è anche importante dare visibilità alla vicenda". Nulla<br />

di concordato con Nicola, Simona e Desi, che si sono lasciati<br />

trascinare da quel vento di ribellione pacifica che s'era svegliato:<br />

"Avevo buttato un berretto dentro la base e sono entrato per<br />

riprenderlo. Poi mi sono convinto che ormai ero dentro e valeva<br />

la pena di rischiare...".<br />

L' azione del 22 aprile e quella bandiera appesa su un'<br />

antenna NTRF-8 della base si portano dietro un grande merito,<br />

quello di aver creato la consapevolezza di poter fare molto di<br />

più. Con la sola forza della pace, esercitata li a Niscemi, contro<br />

una gigantesca macchina da guerra, due uomini e due donne,<br />

che al cospetto di essa appaiono come delle formiche, hanno<br />

creato coscienza, hanno dato forza e hanno allargato la visibilità<br />

di uno scempio che ancora tiene in bilico Niscemi e la Sicilia.<br />

Rosanna Chillemi


onde elettromagnetiche emesse dall'ordigno<br />

bellico statunitense possono causare<br />

danni alla salute dei niscemesi e dei residenti<br />

nei comuni del centro-sud orientale<br />

dell'isola.<br />

La situazione rasenta il grottesco se si<br />

considera che l'Iss è tutt'altro che indipendente,<br />

essendo parte del ministero<br />

della Salute, cioè dipende dal governo<br />

nazionale che il Muos lo vuole a ogni costo<br />

perché “fondamentale” per gli assetti<br />

difensivi della nazione e dei Paesi alleati<br />

(lo stesso assessore regionale Mariella<br />

Lo Bello ha più volte sottolineato che il<br />

Muos s'ha da fa).<br />

Posizioni minimizzanti<br />

Se poi si considera pure che l'Iss ha<br />

fama consolidata per le sue posizioni<br />

minimizzanti circa l'impatto sulla salute<br />

delle persone a contatto prolungato con<br />

onde elettromagnetiche, non ci vuole<br />

molto a indovinare le conclusioni.<br />

“L'Iss ce lo siamo trovati sempre contro,<br />

anche nella vertenza sull'antenna di<br />

Radio vaticana, a Roma” ricorda il professore<br />

Massimo Zucchetti, il docente<br />

del Politecnico di Torino autore, col collega<br />

Massimo Coraddu, della relazione<br />

per il comune di Niscemi che ha consen-<br />

www.isiciliani.it<br />

tito l'azzeramento delle autorizzazioni<br />

edilizie concesse per la costruzione della<br />

megaopera, che, ricordiamocelo, andrebbe<br />

a sommarsi all'attuale sistema di telecomunicazioni<br />

a bassa frequenza NRFT,<br />

composto da 46 antenne che da vent'anni<br />

deturpano il cuore della Riserva e sovente<br />

superano il limite di 6 volt/metro fissato<br />

per impedire danni alla salute delle<br />

persone.<br />

L'ironia del professore<br />

Zucchetti, al quale era stato fatto<br />

credere che avrebbe fatto parte di una<br />

commissione di esperti, sulla sua pagina<br />

Facebook si dichiara pronto a scrivere in<br />

anticipo le conclusioni cui approderanno<br />

i tecnici dell'Iss, in cambio di una granita<br />

siciliana. Ironizza, Zucchetti.<br />

E la sua ironia pare l'unica cosa seria<br />

in quest'Opera Buffa in cui si revocano<br />

autorizzazioni edilizie, urbanistiche e<br />

ambientali e si tenta di metterci una<br />

pezza con una relazione “scientifica<br />

indipendente” sulla salute che c'entra<br />

come i cavoli a merenda e, comunque,<br />

dovrebbe essere un ulteriore passaggio<br />

autorizzativo e non l'unico “semaforo”<br />

istituzionale sulla strada del Muos.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 25<br />

“I militari Usa<br />

completano i lavori<br />

in barba alle leggi.<br />

Le autorità italiane<br />

lasciano fare.<br />

Sono solo i NoMuos<br />

a prendere sul serio<br />

decreti e leggi”<br />

Gli unici a prendere sul serio la legge<br />

In questo guazzabuglio, la giunta Crocetta<br />

e le istituzioni nazionali stanno inscenando<br />

un maldestro gioco delle parti<br />

svelato dal fatto che i soli a tentare di<br />

fare rispettare il decreto regionale di revoca<br />

delle autorizzazioni sono i militanti<br />

del Coordinamento regionale dei comitati<br />

No Muos, che da otto mesi presidiano<br />

pacificamente la base Usa tentando di<br />

impedire il transito di mezzi e operai, opponendo<br />

i propri corpi.<br />

Quasi finita la terza torretta<br />

Malgrado ciò e in barba alle leggi, gli<br />

statunitensi hanno quasi completato la<br />

terza torretta d'acciaio su cui dovrà<br />

poggiare una delle tre parabole del<br />

sistema bellico.<br />

Dopo il decreto del 29 marzo, né la<br />

Regione, né il Governo centrale, né la<br />

Procura della Repubblica di Caltagirone<br />

hanno mosso un dito per bloccare i lavori<br />

abusivi, nemmeno di fronte all'inconfutabile<br />

documentazione video e fotografica<br />

fornita dagli attivisti No Muos.<br />

Rimossi con la forza i blocchi<br />

Anzi: le Istituzioni hanno usato le<br />

forze dell'ordine per rimuovere con la<br />

forza i blocchi del “tappeto umano” che<br />

si oppone alla costruzione dell'opera e<br />

pretende lo smantellamento delle 46<br />

antenne esistenti, per la salvaguardia<br />

della salute, del territorio e della pace.


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Trentacinque anni<br />

E sembra ieri<br />

I compagni di Peppino:<br />

cosa fanno ora?<br />

di Salvo Vitale<br />

10 <strong>maggio</strong> 1978: davanti alla casa di<br />

Peppino, a partire dal primo pomeriggio,<br />

c’era un gruppo di persone. Il nostro<br />

avvilimento, la nostra tristezza era<br />

legata non solo alla perdita di un amico,<br />

ma anche al modo in cui si stavano conducendo<br />

le indagini, con le quali il baldo<br />

<strong>maggio</strong>re Subranni sperava di trovare,<br />

nella profonda Sicilia mafiosa, un<br />

gruppo di terroristi emuli delle bravate<br />

delle Brigate Rosse.<br />

Arrivarono i resti di Peppino, sottoposti<br />

prima ad l’autopsia: si trattava solo del<br />

troncone di una gamba, perché il resto era<br />

stato polverizzato.<br />

A “Casa 9 <strong>maggio</strong>”, (d’ora in avanti, sia<br />

pure in modo unilaterale, la chiameremo<br />

così, perché ci siamo stancati di chiamarla<br />

ex-casa Badalamenti ed essere costretti a<br />

nominare abitualmente il nome di un mafioso<br />

assassino), esponiamo una mostra<br />

che rappresenta momenti di quel giorno,<br />

quando ci sostituimmo alle forze<br />

dell’ordine e ci mettemmo a fare le indagini:<br />

arrivammo sul posto, vedemmo la<br />

macchina di Peppino, che era stata lasciata<br />

lì, senza alcun rilievo delle impronte,<br />

raccogliemmo, per terra, sulle agavi, sui<br />

fili dell’alta tensione, i resti di Peppino,<br />

lasciati in pasto ai corvi, ne riempimmo<br />

tre sacchetti, che la sera consegnammo al<br />

prof. Ideale del Carpio, direttore dell’istituto<br />

di medicina legale di Palermo. Poi<br />

cominciarono ad affluire dal fondo del<br />

corso, i tipi più strani, capelli lunghi, zaino,<br />

bandiere rosse.<br />

Quando arrivò la bara fu una pioggia di<br />

fiori, e allora, tra la folla, per la prima<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 26<br />

volta gettai un grido, uno slogan che poi<br />

ci siamo portati appresso in tutti questi<br />

anni: “Peppino è vivo e lotta insieme a<br />

noi, le nostre idee non moriranno mai”.<br />

Sapevo benissimo che di Peppino era rimasto<br />

ben poco, che era morto, che avevano<br />

tentato di far saltare in aria, con lui,<br />

anche le sue idee, ma sentivo anche che i<br />

lunghi anni di vita politica comune,<br />

avrebbero lasciato un segno indelebile<br />

della sua presenza.<br />

“Ogni anno, prima del corteo...”<br />

Ogni anno, prima del corteo del 9 <strong>maggio</strong><br />

penso che, come tutte le cose di questo<br />

mondo, anche la dinamica che ruota<br />

attorno a Peppino dovrebbe avere le caratteristiche,<br />

diciamo biologiche, di tutte le<br />

cose, ovvero dovrebbe invecchiare, come<br />

sono invecchiati i compagni di Peppino,<br />

come sono invecchiati tutti coloro che, a<br />

partire dai sognatori del 68 ad oggi hanno<br />

creduto che esistessero dinamiche di forte<br />

intervento dal basso per cambiare le regole<br />

della storia, cioè per costruire una società<br />

dell’uguaglianza.


E ogni anno, inevitabilmente, constato<br />

che Peppino è rimasto giovane, che <strong>giovani</strong>,<br />

e non solo anagraficamente, sono la<br />

gran parte di coloro che partecipano al<br />

corteo, che <strong>giovani</strong> sono “le nostre idee”<br />

che “non moriranno mai”.<br />

Le idee <strong>giovani</strong><br />

Conosco molti compagni che vengono<br />

da ogni parte d’Italia per “rigenerarsi”,<br />

per “ricaricarsi” dopo tempi di delusioni,<br />

di sconfitte e di amarezze, per tornare a<br />

fare un bagno in quelle idee nelle quali in<br />

passato hanno creduto e che poi sono state,<br />

piano piano occultate dalla quotidianità,<br />

dal martellamento mediatico, dall’ab-<br />

bandono progressivo di tanta gente che<br />

era con noi e che, piano piano, ci ha lasciato<br />

soli. E d’altra parte possiamo calcolare<br />

che oggi Peppino avrebbe sessantacinque<br />

anni, possiamo immaginare quel<br />

che avrebbe potuto essere: di fatto egli<br />

rimane un uomo di trent’anni, si è fermato<br />

a quell’età perché la sua vita è stata<br />

rubata in quel momento.<br />

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La sua giovinezza non è quella di Antinoo,<br />

che si uccise a vent’anni, per rimanere<br />

giovane e bello nella memoria<br />

dell’imperatore Adriano, suo amante. Oltre<br />

la bellezza, la prestanza dell’età, in<br />

Peppino ci sono le “idee”, che si possono<br />

riassumere nelle due parole che il fratello<br />

Giovanni ha fatto scrivere sulla sua tomba:<br />

“comunista rivoluzionario”. Dove il<br />

comunismo non à quella parola “offensiva”<br />

che un l’uomo più ricco d’Italia, un<br />

salame imbragato, ha fatto diventare,<br />

snaturandone il significato, soprattutto<br />

per cautelare la sua condizione. Comunismo<br />

non è la lontana utopia che il riformismo<br />

socialista ha escluso, "relegando<br />

Marx in soffitta”, come diceva Turati.<br />

9-10-11 <strong>maggio</strong>: Forum nazionale antimafia<br />

CRONACA DI TRE GIORNATE DIMENTICATE<br />

Come al solito la stampa, sia locale che nazionale, di tutto si<br />

occupa tranne che di quello che succede nel mondo dell’antimafia<br />

e soprattutto di quel che succede a Cinisi nei giorni in cui si ricorda<br />

la figura di Peppino Impastato attraverso le sue lotte, ma anche attraverso<br />

un’attenta riflessione su quanto succede, sia in Italia che<br />

in altre parti del pianeta, nel tempo della crisi.<br />

Per quel che riguarda le iniziative del 9 <strong>maggio</strong>, si è parlato della<br />

sfilata dei sindaci, una decina, ma non della lapide lignea che i<br />

compagni di Peppino sono andati a piantare sul muro del casolare<br />

e del lavoro di pulizia dello stesso, che, quantomeno, ha reso visitabile<br />

il posto, ancor oggi affidato a un vaccaro che vi porta a pascolare<br />

i suoi animali. Doveva intervenire il presidente della Regione<br />

Crocetta, che ancora una volta ha dato forfaitt. Da lui si sperava<br />

in un impegno per l’acquisizione del casolare e per l’apposizione<br />

di un vincolo quale bene culturale.. In tal senso, per iniziativa di<br />

Radio Cento Passi, sono state raccolte online 30mile firme che al<br />

più presto saranno inviate agli organi competenti.<br />

Anche la casa di Badalamenti, attualmente suddivisa in tre parti,<br />

una del Comune di Cinisi, una dell’Associazione Impastato, una di<br />

Casamemoria, versa in uno stato di degrado e avrebbe bisogno di<br />

una ristrutturazione, ma al momento le richieste di finanziamento<br />

per il recupero del bene confiscato, sono tutte bloccate. Comunque<br />

le varie realtà che compongono il Forum Sociale Antimafia anche<br />

quest’anno ne hanno fatto il centro propulsore e organizzativo<br />

delle varie iniziative. Al piano superiore è stato installato un mediacenter,<br />

visitatissimo, che trasmetteva in diretta tutte le iniziative<br />

con commenti, interviste, testimonianze, musica.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 27<br />

“Due tipiche situazioni<br />

di uguaglianza<br />

”<br />

“Il comunismo non è un oggetto di libera<br />

scelta intellettuale, né vocazione artistica.<br />

E’ una necessità materiale e psicologica”.<br />

Così scrive Peppino. Significa<br />

che il comunismo è un elemento essenziale<br />

e basilare della condizione umana,<br />

legato alle caratteristiche biologiche<br />

dell’uomo, è un modo di esistere, è vita.<br />

“Una necessità materiale”<br />

E d’altronde, cosa c’è di più vicino alla<br />

natura se non la coscienza dell’uguaglian<br />

za, la consistenza di realtà in cui sia bandito<br />

il privilegio, si escluda la negazione<br />

di qualcosa al più debole, ci si senta parte<br />

di un tutto in cui ci siano uguali condizioni<br />

di partenza , senza mortificare le<br />

capacità singole? Forse che l’uomo nasce<br />

con tutti gli orpelli di cui si è circondato<br />

con la civiltà? Nasce nudo. Nascita e mor<br />

te sono due tipiche situazioni di uguaglianza,<br />

di comunismo, anche se poi i resti<br />

del più ricco riposano nella piramide o<br />

in un’artistica cappella, mentre quelli del<br />

povero finiscono nella terra nuda.<br />

Nessun accenno, su nessun giornale, al forum tenutosi a Casa 9<br />

<strong>maggio</strong> sul tema: ”Conflitti di classe: processi di ricomposizione da<br />

Nord a Sud”. Affollatissimo, con la partecipazione di numerose<br />

realtà, dagli extracomunitari di Rosarno, agli operai dell’Ilva di Taranto,<br />

a quelli della Fiat e di numerosi call center.<br />

Nessun accenno neanche alle mostre esposte nella casa che fu<br />

del boss Badalamenti: una di foto e documenti inerenti al Solarium<br />

di Terrasini, una sorta di stabilimento balneare che rappresenta un<br />

vero scempio paesaggistico, oltre che una sorta di furto di un bellissimo<br />

angolo di costa, sinora proprietà di tutti e che finirà col diventare<br />

proprietà di pochi speculatori. Molto belle anche le immagini<br />

sulle lotte territoriali, dagli operai Fiat di Termini Imerese, alle<br />

lotte NoMuos di Niscemi. Sono intervenute alcune madri NoMuos,<br />

una delle quali ha cantato il dramma degli abitanti di quella zona<br />

con un pezzo eseguito nel tipico stile dei cantastorie siciliani. Una<br />

terza mostra comprendeva una ventina di fotografie scattate da<br />

Paolo Chirco la mattina del 9 <strong>maggio</strong>; una quarta i quadri del pittore<br />

antimafia Gaetano Porcasi, di cui diversi dedicati a Peppino.<br />

Il 10 <strong>maggio</strong> si è parlato di solidarietà di classe, e delle varie prospettive<br />

che si riscontrano attualmente non solo in Italia ma anche<br />

in Argentina e in altre parti del mondo. Il giorno dopo, l'11, ci si è<br />

occupati del tema: “Di chi è il territorio, percorsi autogestiti di riappropriazione”,<br />

con particolare riguardo alle lotte dei No-Tav, dei<br />

No-Muos a Niscemi e contro il Solarium di Terrasini. Nel<br />

pomeriggio ha avuto luogo l’ultimo forum sul tema “Antimafie a<br />

confronto”: sono state prese in esame le varie attività antimafia, da<br />

quelle istituzionali a quelle sociali, per chiedersi quale efficacia e<br />

risultati possono avere alcune forme di antimafia troppo legate alla<br />

ritualità o ai finanziamenti dello stato. S.V.


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“Nessuno può essere completamente libero o felice<br />

se accanto c'è qualcun altro che non è libero o che soffre”<br />

E comunque, il ricco non potrà mai comprare<br />

la vita: forse potrà solo allungarsela<br />

se riesce a trovare buoni medici e buoni<br />

protettori. Ma anche su questo, noi che<br />

siamo abituati a illuderci che “la legge è<br />

uguale per tutti” dobbiamo poi essere obbligati<br />

ad accettare il contrario, ovvero<br />

che “la furca è pi li poviri, la giustizia pi<br />

li fissa”.<br />

Una “condizione dell'animo”<br />

E non sono bastati secoli di storia, per<br />

smontare questo assunto della diseguaglianza<br />

di fatto. Non secoli di cristianesimo<br />

a rendere concreta la condanna delle<br />

ricchezze nelle mani di pochi. Il comunismo,<br />

“necessità materiale e psicologica”<br />

conserva la caratteristica categoria marxista<br />

del materialismo storico, ma vi aggiunge<br />

quella “psicologica”.<br />

Senza bisogno di scrivere trattati, in<br />

una semplice frase, Peppino dice sempli-<br />

Maggio <strong>2013</strong><br />

SE CI FOSSE PEPPINO<br />

Se ci fosse Peppino<br />

anche oggi forse lo prenderebbero per pazzo,<br />

se ci fosse Peppino<br />

non tutti lo capirebbero,<br />

se ci fosse Peppino<br />

sarebbe facile ancora denigrarlo,<br />

isolarlo, allontanarlo,<br />

se ci fosse Peppino<br />

qualcuno degli amici e dei compagni<br />

oggi farebbe finta di niente, tranne qualcuno,<br />

se ci fosse Peppino.<br />

Lui sì, a dispetto<br />

di tutti questi nuovi rivoluzionari del "mi piace",<br />

dei cosiddetti nuovi borghesi e reazionari,<br />

contrari al vento nuovo,<br />

luì si che non avrebbe aspettato un solo attimo.<br />

Anche da solo.<br />

Altro che stelle e stelline,<br />

tanto attaccate al rigido controllo del piffero,<br />

al mediatico streaming solo virtuale,<br />

se ci fosse Peppino<br />

sarebbe un giorno bellissimo e coraggioso,<br />

sempre,se noi solo lo volessimo qui accanto a noi<br />

e non solo il nove <strong>maggio</strong>,<br />

a prescindere dai fastidi dei benpensanti<br />

e degli imprenditori del nulla,<br />

allora non dovremmo più dire<br />

"se ci fosse Peppino".<br />

Anonimo, 1 <strong>maggio</strong> <strong>2013</strong><br />

cemente che il comunismo è “condizione<br />

dell’animo”, è la situazione, per tornare a<br />

Marx, in cui “la felicità, la libertà<br />

dell’uno è condizione della libertà e della<br />

felicità di tutti”, in cui nessuno può<br />

essere libero o felice se accanto a lui o<br />

lontano da lui c’è qualche altro che non è<br />

libero o che soffre. Come siamo lontani<br />

dall’arroganza di chi esibisce le sue ricchezze<br />

e la sua condizione per dimostrare<br />

di essere al di sopra di tutto e di tutti,<br />

ma soprattutto per non preoccuparsi minimamente<br />

di chi soffre e muore di fame.<br />

Una sorta di comunità<br />

Certe distanze tra cristianesimo e comunismo<br />

diventano minime, se si esclude<br />

che il regno della presunta uguaglianza<br />

e della presunta giustizia per i cristiani<br />

è nell’aldilà, per i riformisti è un’ utopia ,<br />

invece, per i comunisti, è un progetto che<br />

si realizza giornalmente attraverso le lotte<br />

e attraverso un continuo superamento<br />

dell’immobilità. Il comunismo di Peppino<br />

era, è quello di una sorta di comunità,<br />

che egli sognava di fare, costruendo in<br />

un suo terreno un centro dove avrebbero<br />

potuto ritrovarsi tutti i rivoluzionari del<br />

mondo.<br />

E qua siamo all’altro termine “rivoluzionario”.<br />

Non si tratta di ipotizzare la<br />

rivoluzione come evento finale che,<br />

prima o poi dovrà arrivare, “l’addà venì<br />

Baffone” degli stalinisti italiani. Non si<br />

tratta nemmeno del disperato che si arma<br />

per sparare su due carabinieri, davanti a<br />

Montecitorio, per uccidere un giornalista<br />

o per rapire, processare e uccidere il povero<br />

Aldo Moro, accumunato a Peppino<br />

nello stesso giorno della morte.<br />

“Sentirsi” rivoluzionario<br />

Essere rivoluzionario è, prima di tutto<br />

“sentirsi rivoluzionario”,cioè, anche in<br />

questo caso, “una necessità materiale e<br />

psicologica,” un modo di leggere ogni<br />

momento della propria vita, ogni scelta,<br />

come un tassello, un frammento di<br />

cambiamento, uno stimolo costante di<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 27<br />

superamento dell’attuale momento di<br />

vita verso uno stadio successivo che<br />

comporti la liberazione progressiva di<br />

vincoli, orpelli, leggi, clausole, barriere<br />

che costituiscono la zavorra che<br />

impedisce il volo verso l’infinito. La fine<br />

dell’utopia, diceva Marcuse nel ’68. Insomma,<br />

una rinascita costante di riappropriazione<br />

di se stessi e di tutto quello che<br />

ci è stato sottratto nel corso della storia.


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“Come se in questo momento ci dicesse: guardiamoci in faccia<br />

prima di esplodere in una risata che ci faccia sentire più vicini”<br />

Protagonisti di un insieme<br />

E’ come se, in questo momento, Peppino<br />

ci dicesse: guardiamoci in faccia, negli<br />

occhi, “na 'u biancu ri l’uocchi” prima<br />

di esplodere in una risata che ci faccia<br />

sentire più vicini, non monadi isolate, ma<br />

protagonisti di un insieme in cui non c’è<br />

più tempo né spazio per compiangersi,<br />

per intristire, per avvilirsi, per odiarsi,<br />

per azzannarsi, per incupirsi.<br />

Respingere il puzzo di morte che viene<br />

dai domicili dei mafiosi, dalle stanze del<br />

potere e della politica, dagli incunaboli<br />

dove si nasconde il delitto, l’odio, la sopraffazione.<br />

Ridere del perbenismo borghese<br />

Proviamo a ridere, ora, adesso, e poi a<br />

rifarlo ogni qualvolta che il disgusto per<br />

le perversioni che ci circondano minaccia<br />

di soffocarci.<br />

Ridere del perbenismo borghese,<br />

dell’ipocrisia di tutti quelli che ci guardano<br />

disgustati, si voltano dall’altra parte,<br />

mormorano: “Ma chi vannu circannu?<br />

Chi vannu arriminannu ancora a merda<br />

n’cannistru? Ma che stanno ancora a<br />

fare, perché non si stanno a casa, invece<br />

di venire a disturbare la nostra quiete?<br />

Non hanno avuto tutto quello che volevano?<br />

Che vogliono ancora? Perché non ci<br />

lasciano in pace?”.<br />

Ridere delle persone in cravatta, di<br />

quelli che scendono dalla limousine o si<br />

fanno scortare, di quelli che obbediscono<br />

come pecoroni a tutti gli ordini, senza<br />

chiedersi se ce ne siano di sbagliati, ridere<br />

di chi ha bisogno di un capo cui asservirsi,<br />

di un pastore, e opertanto, accettare<br />

per se stesso il ruolo di pecora.<br />

E poi ricostruire una società<br />

E poi ricostruire, dalle ceneri di un circuito<br />

che comprenda politica, economia,<br />

banche, onorevoli, disoccupazione,<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 29<br />

morte, suicidi per l’impossibilità di<br />

portare avanti dignitosamente la propria<br />

vita, euro, ambizioni, droghe, pizzo, tangenti,<br />

rimborsi elettorali, ruberie vari e<br />

altre porcate, una società in cui si possa<br />

essere - come ci insegna Peppino -<br />

comunisti e restare sempre rivoluzionari.


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Il verbale di un ispettore di polizia<br />

Andreotti, Trapani<br />

e i mafiosi<br />

“Il giorno 19.8.1985,<br />

in occasione di una visita<br />

a Mazara dell'on.<br />

Giulio Andreotti...”<br />

di Rino Giacalone<br />

Giulio Andreotti uscì dal processo<br />

istruito dalla Procura antimafia di Palermo<br />

con una sentenza di prescrizione.<br />

I suoi rapporti con l’associazione<br />

mafiosa per i giudici furono veri, e<br />

passavano per la provincia di Trapani.<br />

Episodi però che risalivano ad un periodo<br />

così antico rispetto alla celebrazione<br />

del processo che l’unico pronunciamento<br />

giudiziario possibile fu quello<br />

della prescrizione.<br />

“Il giorno 19.8.1985, in occasione di<br />

una visita a Mazara del Vallo dell’on.<br />

Giulio Andreotti, fui incaricato, dall’allora<br />

Dirigente del Commissariato di P.S. di<br />

Mazara del Vallo dott. Germanà, di sovraintendere<br />

al servizio d’ordine predisposto<br />

presso l’Hotel Hopps, ove il parlamentare<br />

doveva recarsi e pernottare.<br />

Era con me altro personale del Commissariato,<br />

tra cui ricordo l’Agente di<br />

P.S. Giorgio Mangiaracina. Il mio compito<br />

era di controllare le sale dell’albergo<br />

onde prevenire pericolo di attentati, nonché<br />

di controllare le persone che entravano,<br />

per verificare se non compivano<br />

qualche atto sospetto (come ad es. lasciare<br />

borse o bagagli in qualche sala). L’on.<br />

Andreotti, provenendo dal Consiglio Comunale,<br />

giunse all’Hotel Hopps ove tenne<br />

un breve discorso in una delle sale.<br />

Dopo di ciò, io notai, innanzi alla porta<br />

di una saletta dove si trovava un apparecchio<br />

televisivo, l’on. Andreotti, il Sindaco<br />

di Mazara Zaccaria, e un giovane che<br />

riconobbi in Manciaracina Andrea.<br />

Riconobbi il giovane perché l’avevo<br />

già visto in Commissariato e sapevo che<br />

era uno dei figli di Manciaracina Vito,<br />

quest’ultimo persona che sapevo essere<br />

agli arresti domiciliari. Ebbene, notai –<br />

come ho detto – i tre insieme, e vidi che<br />

Zaccaria presentava il giovane Manciaracina<br />

all’on. Andreotti, che gli strinse la<br />

mano.<br />

Ricordo che rimasi un po’ sorpreso di<br />

ciò, poiché pensai che l’on. Andreotti<br />

trattava cortesemente una persona del<br />

tipo di Manciaracina e magari poi a noi<br />

della polizia neanche ci guardava.<br />

Dopo la presentazione, l’on. Andreotti<br />

e Manciaracina Andrea entrarono nella<br />

saletta di cui ho detto, e chiusero la porta.<br />

Il sindaco Zaccaria rimase invece fuori<br />

della stanza, davanti alla porta chiusa,<br />

senza muoversi.<br />

Passarono circa dieci minuti, quindi, la<br />

porta si riaprì, il giovane Manciaracina<br />

uscì, e si introdusse nella stanza il sindaco<br />

Zaccaria che richiuse la porta dietro di<br />

sé. Io seguii il Manciaracina il quale si<br />

diresse verso l’uscita dell’Hotel, e andò<br />

via. Per quanto io ricordo, non vidi l’on.<br />

Andreotti intrattenersi a parlare con nessun<br />

altro, né in quella stanza, né altrove<br />

nell’albergo”.<br />

L'incontro con Mangiaracina<br />

Il verbale finito agli atti del processo<br />

contro il senatore a vita Giulio Andreotti<br />

è stato così reso da un ispettore di Polizia,<br />

Francesco Stramandino. Segna uno<br />

dei rapporti pericolosi che l’on. Andreotti<br />

nella sua carriera avrebbe avuto con la<br />

mafia. Il “bacio” con Riina è leggenda,<br />

l’incontro con Andrea Manciaracina è<br />

dato certo.<br />

In quel periodo a Mazara del Vallo trascorreva<br />

le sue “vacanze” proprio Totò<br />

Riina, “protetto” dalla potente mafia mazarese<br />

e della quale Manciaracina, padre<br />

e figlio facevano parte.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 30<br />

L'”aggiustamento” del processo Rimi<br />

Antecedente al faccia a faccia mazarese<br />

vi è un altro episodio. Si tratta<br />

dell’”aggiustamento” del processo a carico<br />

degli alcamesi Vincenzo e Filippo<br />

Rimi celebratosi nei vari gradi di giudizio<br />

tra Roma e Perugia tra il 1968 ed il<br />

1979, per gli omicidi di Giovanni Giangreco,<br />

ucciso il 5 settembre 1960 a Villabate,<br />

nel palermitano e di Leale Lupo,<br />

ucciso il 30 gennaio 1962 a Palermo:<br />

questi era figlio di Serafina Battaglia la<br />

donna che nell’aula della Corte di Assise<br />

era andata ad accusare i sicari del figlio,<br />

ucciso perchè si dava da fare per cercare<br />

di vendicarsi dei killer del padre ucciso<br />

anni prima. Lui stesso era andato ad Alcamo<br />

per cercare i due Rimi ed ucciderli.<br />

Il racconto di Buscetta<br />

Il processo ai due Rimi si concluse a<br />

Roma il 13 febbraio 1979 con l’assoluzione<br />

di Filippo Rimi, il padre era uscito<br />

dal processo, Vincenzo Rimi era morto 4<br />

anni prima.<br />

Del processo aggiustato in favore dei<br />

Rimi per primo parlò Tommaso Buscetta,<br />

l’avvicinamento ad Andreotti sarebbe<br />

stato possibile grazie all’intervento di<br />

don Tano Badalamenti, cognato di Filippo<br />

Rimi, i due avrebbero discusso della<br />

cosa direttamente con Andreotti, a Roma,<br />

nel suo studio. Buscetta svela di averr saputo<br />

da Badalamenti che in quell’occasione<br />

Andreotti ebbe a dire a don Tano<br />

che “uomini come lui ce ne voleva uno<br />

per ogni strada di ogni città italiana”.<br />

I Rimi costituiscono da sempre uno dei<br />

riferimenti mafiosi più forti del trapanese.<br />

Il tentato golpe Borghese aveva previsto<br />

per i Rimi un ruolo preciso, la loro<br />

partecipazione per le cose che i pentiti<br />

hanno dettocome sentite dall’interno di<br />

Cosa Nostra era collegata proprio alla<br />

loro adesione al tentativo eversivo.


Il processo “Iside 2”<br />

“Badalamenti spingeva – confermò ai<br />

giudici il pentito Calderone - spingeva<br />

moltissimo, avrebbe fatto la qualunque,<br />

voleva risolvere questo processo in qualsiasi<br />

modo e in qualsiasi maniera, tutta<br />

Cosa Nostra si muoveva intorno al processo<br />

contro i Rimi.<br />

Non ci si ferma però qui. Sparpagliati<br />

qua e là ci sono altri episodi.<br />

Nel processo sulla loggia massonica<br />

Iside 2 scoperta a metà degli anni ’80 a<br />

Trapani, la loggia dove erano scritti mafiosi,<br />

politici, colletti bianchi, super burocrati,<br />

venne fuori la circostanza che per<br />

un periodo a controllare l’aeroporto di<br />

Trapani c’erano dei massoni, che si sarebbero<br />

fatti carico di fare scomparire alcuni<br />

piani di volo particolari, tra questi<br />

quelli relativi a missioni con aerei privati<br />

che Andreotti avrebbe fatto per giungere<br />

senza essere notato in Sicilia. Trapani per<br />

lui sarebbe stato un aeroporto sicuro.<br />

Le accuse del giudice Almerighi<br />

Il nome di Andreotti compare poi sullo<br />

sfondo della vicenda processuale relativa<br />

alla corruzione dell’ex pm di Trapani Antonio<br />

Costa.<br />

Nel processo contro il senatore a vita a<br />

Palermo un giorno andò a deporre un<br />

giudice, Mario Almerighi, che da Andreotti<br />

fu definito, per la testimonianza<br />

resa, «pazzo» e «falso teste».<br />

Almerighi infatti riferì dei contatti tra<br />

il senatore Andreotti e il presidente di<br />

Cassazione, Corrado Carnevale, svelò la<br />

confidenza ricevuta da un suo collega,<br />

Piero Casadei Monti, allora capo di gabinetto<br />

del ministro della Giustizia Virginio<br />

Rognoni. E il «segreto» svelato passava<br />

per l’indagine sul giudice Costa, arrestato<br />

nel 1985.<br />

Accadeva che la Cassazione, presidente<br />

Carnevale, accogliendo una richiesta<br />

www.isiciliani.it<br />

della difesa dell’ex pm Costa, fece celebrare<br />

il processo a Messina, sottraendolo<br />

alla competenza del Tribunale nisseno.<br />

La cosa portò il pm che indagava,<br />

Claudio Lo Curto, a fare un esposto al<br />

Csm e al ministro Rognoni. Ma tutto finì<br />

in archivio.<br />

Secondo la testimonianza di Almerighi,<br />

il Csm avrebbe insabbiato il «procedimento»,<br />

stando alle confidenze del<br />

capo di gabinetto del ministro, «per le<br />

pressioni di Andreotti» che all’esito di<br />

questa testimonianza rispose dandogli<br />

del pazzo. Almerighi querelò Andreotti<br />

per quelle dichiarazioni ingiuriose, e vinse<br />

la causa.<br />

Le indagini di Carlo Palermo<br />

Il nome di Andreotti compare poi nel<br />

racconto dell’ex pm Carlo Palermo, il<br />

magistrato sfuggito ad un attentato a Pizzolungo<br />

(Erice) il 2 aprile 1985.<br />

A Trapani era giunto dopo che era stato<br />

sollevato da indagini che conduceva da<br />

pm di Trento. Mentre era pm a Trento<br />

Carlo Palermo conduceva una indagine<br />

su traffici di armi e droga, su riciclaggio<br />

di denaro e su politici collusi e corrotti.<br />

Un'inchiesta molto scottante. Il 15 dicembre<br />

1983 da pm trentino andò alla<br />

Farnesina a Roma per sentire come teste<br />

l’allora ministro degli Esteri. Giulio Andreotti.<br />

Finita quell’attività partì per<br />

Brindisi dove doveva partecipare ad un<br />

convegno. All’arrivo in serata nella città<br />

pugliese trovò una chiamata del presidente<br />

del Tribunale di Trento che gli comunicava<br />

che il procuratore generale<br />

della Cassazione aveva minacciato la sua<br />

sospensione dal servizio per avere fatto<br />

una attività di indagine nei confronti di<br />

parlamentari senza autorizzazione.<br />

Fu il primo atto questo che lo avrebbe<br />

portato nel febbraio 1985 a prendere servizio<br />

alla Procura di Trapani e dove dopo<br />

40 giorni dall’insediamento trovò lungo<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 31<br />

“Carlo Palermo<br />

sopravvisse<br />

ma fu indotto<br />

a lasciare<br />

le indagini<br />

e la toga”<br />

la strada che ogni giorno percorreva una<br />

autobomba il cui timer fu azionato dalla<br />

mafia alcamese.<br />

Carlo Palermo si salvò, vennero stritolati<br />

dal tritolo Barbara Rizzo Asta ed i figlioletti<br />

della donna, Salvatore e Giuseppe,<br />

che in auto percorrevano la stessa<br />

strada. Carlo Palermo sopravvisse ma per<br />

lo Stato fu come fosse morto. Dapprima<br />

gli fu proposto di cambiare identità e lasciare<br />

l’Italia, al suo rifiuto fu fatto in<br />

modo che lasciasse la toga e le sue indagini.<br />

Il sostegno a Giammarinaro<br />

L’ultima presenza certa di Andreotti a<br />

Trapani risale al 1991, quando venne a<br />

sostenere un suo “figlioccio”, il salemitano<br />

Pino Giammarinaro, eletto alla Regione<br />

con 50 mila preferenze e qualche<br />

mese dopo costretto a fuggire dalla Sicilia<br />

per evitare l’arresto.<br />

Pochi anni addietro Andreotti partecipò<br />

ad una cena in Senato offerta da un consorzio<br />

ittico di Mazara. Apprezzò molto<br />

ciò che venne servito a fine cena commentò<br />

che una cena del genere l’avrebbe<br />

potuta fare solo tornando in Sicilia, a<br />

Mazara, ma considerato quello che gli<br />

era capitato (l’incontro col mafioso nel<br />

frattempo svelato dal processo di Palermo)<br />

aveva deciso di non tornarvi più.<br />

Sarà stato vero? Oramai oggi non può<br />

più sapersi, questo è l’ultimo e meno importante<br />

dei segreti che si è adesso portato<br />

nella tomba.


Michele Gambino<br />

Andreotti<br />

Il Papa nero<br />

Antibiografia<br />

del divo Giulio<br />

www.isiciliani.it<br />

Giulio Andreotti, detto anche il<br />

divo Giulio, Belzebù, il Papa nero, è<br />

il personaggio più longevo della<br />

storia italiana e al tempo stesso il<br />

più controverso. L’unico politico di<br />

statura nazionale di cui sono stati<br />

accertati i rapporti con la mafia<br />

almeno fino al 1980, ma anche<br />

l’amico sincero di molti pontefici e il<br />

generoso dispensatore di oboli agli<br />

orfani e alle vedove. Ascetico nei<br />

comportamenti ma capace di<br />

accumulare enormi quantità di fondi<br />

occulti per mantenere il potere. Nemico storico della sinistra, ma anche<br />

primo fautore di un governo appoggiato dai comunisti. Da Sindona a<br />

Moro, da Pecorelli a Dalla Chiesa, dai militari golpisti a Licio Gelli, dai<br />

palazzinari romani ai mafiosi siciliani, l’intera vita di Andreotti è costellata<br />

di delitti, di misteri, di nemici per bene e di amici impresentabili.<br />

Dal secondo dopoguerra all’era Berlusconi, Michele Gambino traccia un<br />

profilo del personaggio in larga parte inedito, ricostruendone, oltre alle<br />

vicende giudiziarie e storiche, la psicologia, la religiosità, i sentimenti e le<br />

pulsioni celate dietro la maschera di cera.<br />

Michele Gambino, giornalista, ha iniziato la carriera con “I <strong>Siciliani</strong>”,<br />

mensile fondato da Giuseppe Fava. Ha lavorato a lungo per il settimanale<br />

“Avvenimenti” occupandosi di malaffare politico e criminalità organizzata,<br />

è stato inviato e autore per molti programmi Rai e nel 1996 ha vinto il<br />

premio “Ilaria Alpi” per i suoi reportage dall’Afghanistan occupato dai<br />

Taliban. Con Manni ha pubblicato Orgogli e pregiudizi. Islam e Occidente<br />

dopo le Twin Towers (2001) e Il cavaliere<br />

B. (2001), biografia non autorizzata di<br />

Berlusconi. Attualmente è condirettore<br />

dell’agenzia televisiva “H24”.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 32


Documenti<br />

Giustizia<br />

per Lea<br />

Milano. La Corte d'Ap-<br />

pello è riunita a giudicare<br />

gli assassini di<br />

Lea Garofalo, rapita e<br />

uccisa per essersi ribellata<br />

alla 'ndrangheta.<br />

In aula la <strong>giovani</strong>ssima<br />

figlia, Denise, a<br />

testimoniare contro gli<br />

assassini di sua madre.<br />

In aula e fuori, le ragazze<br />

e i ragazzi del<br />

presidio di Libera:<br />

“Non lasciamo Denise<br />

sola” è il tam-tam che<br />

da due mesi gira in tutte<br />

le scuole della città<br />

di Valerio Berra<br />

e Sara Manisera<br />

www.stampoantimafioso.it<br />

www.isiciliani.it<br />

ATTO I: LA CONFESSIONE<br />

13 aprile. L'udienza è finita. Gli avvocati<br />

si stanno togliendo le toghe, i giudici<br />

cominciano ad alzarsi e il pubblico già si<br />

avvia verso l'uscita. Dalla gabbia degli<br />

imputati si solleva una voce tremante, dal<br />

forte accento calabrese che chiede ai giudici<br />

di poter leggere un foglio che tiene<br />

stretto tra le mani.<br />

Sono le 14.30 di martedì 9 aprile e nel<br />

tribunale di Milano si sta per concludere<br />

la prima udienza del processo d'appello<br />

per il caso Lea Garofalo, la testimone di<br />

giustizia rapita e uccisa nel novembre<br />

2009. A parlare è Carlo Cosco, ex compagno<br />

della donna, uomo di 'ndrangheta e<br />

condannato con altri cinque imputati<br />

all'ergastolo per il suo omicidio. La presidente<br />

della corte, Anna Conforti, invita<br />

tutti i presenti a sedersi. Davanti al<br />

microfono Cosco comincia la sua dichiarazione<br />

spontanea. «Mi assumo la totale<br />

responsabilità per questo omicidio. Chiedo<br />

di poter vedere mia figlia che è sotto<br />

protezione. Da chi deve essere protetta?<br />

Io adoro mia figlia. Guai a chi la tocca. Io<br />

prego di avere un giorno il suo perdono».<br />

Il clima di terrore<br />

La figlia a cui si riferisce è Denise,<br />

classe 1991, una ragazza che ora vive sotto<br />

protezione per aver testimoniato contro<br />

chi ha ucciso sua madre. Anche lei è in<br />

aula. Nascosta da un paravento per proteggere<br />

la sua identità, Denise ha già dovuto<br />

raccontare nel primo processo il clima<br />

di terrore in cui viveva con la madre e<br />

nelle prossime udienze dovrà testimoniare<br />

ancora. Per sostenerla, per farle sapere<br />

che non è più sola, ci sono anche molti ragazzi<br />

di Libera, alcuni provenienti addirittura<br />

da Reggio Emilia. Per tutta l'udienza<br />

sono rimasti fra il pubblico, fianco a fianco<br />

con i parenti degli imputati.<br />

Questi sono stati gli ultimi atti di<br />

un'udienza iniziata verso le 9.30 con la<br />

lettura della sentenza del processo di primo<br />

grado, che risale al marzo 2012. Dopo<br />

questo atto formale, sono state avanzate le<br />

richieste da parte degli avvocati. Il Procuratore<br />

Generale Marcello Tatangelo,<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 33<br />

pubblico ministero alla corte d'Assise, ha<br />

richiesto che venga ascoltato come<br />

testimone Carmine Venturino. Si tratta<br />

di uno dei condannati in primo grado per<br />

il processo, che dal luglio 2012 ha<br />

cominciato a collaborare con la giustizia.<br />

Immobilke nella cella<br />

Venturino segue l'udienza dal carcere e<br />

la sua presenza è testimoniata da una telecamera<br />

predisposta nella sua cella. L'in-<br />

quadratura è fissa, l'uomo immobile, più<br />

che un filmato sembra un fermo immagine.<br />

Venturino chiede ai giudici: «Vorrei<br />

testimoniare in tribunale, non dalla mia<br />

cella. Se è possibile, se non ci sono rischi<br />

vorrei venire in prima persona a raccontare<br />

quello che è successo». Grazie alle informazioni<br />

da lui fornite, la magistratura<br />

sta ora indagando su un altro uomo coinvolto<br />

nell'omicidio, Damian Jancaza, un<br />

polacco vicino alla famiglia Cosco.<br />

Il Procuratore Generale richiede l'acquisizione<br />

dei sopralluoghi avvenuti dove si<br />

è consumato il delitto, fra cui il magazzino<br />

di Crivaro, dove sono stati trovati i resti<br />

della donna. L'avvocato di Denise Cosco,<br />

Enza Rando ha invece chiesto<br />

l'acquisizione di due denunce, che provano<br />

il furto e l'incendio dell'auto di Lea<br />

Garofalo. Avvenuti nel 2002, questi due<br />

fatti insieme al tentativo di sequestro avvenuto<br />

a Campobasso nel 2009 evidenziano<br />

quanto il rapimento della donna sia<br />

stato ben meditato e preparato da molto<br />

tempo. Gli avvocati che difendono gli imputati<br />

hanno invece proclamato ancora<br />

una volta la totale innocenza dei clienti.<br />

Alla luce di queste informazioni, le dichiarazioni<br />

fatte da Carlo Cosco al termine<br />

del processo, appaiono tutt'altro che<br />

spontanee. Più che un reale pentimento<br />

sembra una strategia difensiva in due direzioni:<br />

tentare di assumersi totalmente la<br />

colpa del delitto, scagionando così i fratelli<br />

Vito e Giuseppe; e rimarcare il proprio<br />

amore paterno – per una una ragazza<br />

di cui ha ucciso la madre - nel tentativo di<br />

mostrare un lato umano ai giudici e forse<br />

anche quella di far crollare la figlia, portandola<br />

a ritirare la sua fondamentale testimonianza.


LA VERSIONE DI VENTURINO<br />

20 aprile. Separato da un paravento<br />

bianco da coloro che «per tre anni sono<br />

stati – così come li ha definiti – la mia famiglia»,<br />

Carmine Venturino, collaboratore<br />

di giustizia dal 31 luglio 2012, si è<br />

trovato nel secondo giorno di udienza del<br />

processo di secondo grado per la morte<br />

di Lea Garofalo a dover confermare le<br />

dichiarazioni fatte nei mesi scorsi al pubblico<br />

ministero e ad autoaccusarsi del<br />

concorso all’omicidio della madre della<br />

ragazza che lui stesso dice di amare.<br />

Il 10 aprile dichiara dunque davanti alla<br />

corte d’Assise del Tribunale di Milano:<br />

«È una scelta d’amore per Denise perché<br />

deve sapere come sono andate le cose<br />

sull’omicidio di sua madre». Con queste<br />

parole Carmine Venturino, nato a Crotone<br />

nel 1987 da una famiglia di incensurati,<br />

inizia la ricostruzione di tutte le fasi di organizzazione<br />

dell’omicidio di Lea Garofalo;<br />

dal progetto sventato a Campobasso<br />

nel <strong>maggio</strong> del 2009 fino al giorno, il 24<br />

novembre 2009, in cui la donna viene rapita,<br />

torturata e uccisa. Strangolata con un<br />

nastro floreale delle tende dell’appartamento<br />

di Via Fioravanti, il cadavere messo<br />

in uno scatolone e alla fine trasportata<br />

in un garage. Lì l’ordine di Carlo Cosco:<br />

«La dovete carbonizzare».<br />

“La dovete carbonizzare”<br />

Poche parole quelle dell’ex compagno<br />

della donna ma soprattutto poche domande,<br />

afferma Venturino: «Non si fanno domande<br />

nella ‘ndrangheta, significherebbe<br />

poca serietà; l’unico commento di Carlo<br />

Cosco è stato ‘la bastarda se n’era accorta’».<br />

Il collaboratore poi prosegue il suo<br />

agghiacciante racconto sulla distruzione<br />

del cadavere di Lea Garofalo: «Apriamo<br />

lo scatolone e rovesciamo il corpo a testa<br />

in giù nella benzina; si intravedevano solo<br />

le scarpe. Poi abbiamo buttato la benzina<br />

ma il cadavere bruciava lentamente, così<br />

mentre il corpo bruciava venivano spaccate<br />

le ossa con un badile. Ciò che rimaneva<br />

l’abbiamo messo in una borsa e coperto<br />

da una lamiera».<br />

www.isiciliani.it<br />

Continua poi la sua ricostruzione, raccontando<br />

alla corte il recupero degli abiti<br />

sporchi di sangue di Carlo Cosco, nascosti<br />

vicino al cimitero monumentale e recuperati<br />

da Rosario Curcio perché “erano<br />

firmati”. Dettagli che lasciano intravedere<br />

lo scenario ‘ndranghetista dentro il quale<br />

si è consumato il terribile omicidio: «Lui<br />

doveva ammazzare la compagna per le regole<br />

della ‘ndrangheta; io non sono un affiliato,<br />

sono un contrasto onorato, ho preso<br />

parte a questo disegno criminoso perché<br />

facevo parte della famiglia, in quanto<br />

spacciavo per loro e quindi dovevo loro<br />

dei soldi; non potevo dire di no; a Pagliarelle<br />

non si muove una foglia che i Cosco<br />

non voglia».<br />

“Le regole della 'ndrangheta”<br />

E sulla dichiarazione spontanea rilasciata<br />

da Carlo Cosco il 9 aprile, alla fine<br />

della prima udienza, Carmine Venturino<br />

dichiara: «Secondo Carlo Cosco si doveva<br />

dovevano uccidere anche Denise; nel processo<br />

di primo grado c’è stato un episodio<br />

in cui l’avvocato ha mostrato delle fotografie<br />

rimaste appoggiate sul banco della<br />

difesa e Carlo Cosco quando le ha viste ha<br />

detto, ‘ancora davanti a me la metti questa<br />

puttana’».<br />

Carmine Venturino ha dovuto riportare<br />

tutto quello che ha detto anche nel corso<br />

della terza udienza, tenutasi venerdì 11<br />

aprile. In questa giornata la corte ha ascoltato<br />

anche altri due testimoni, che hanno<br />

definito meglio l’ambiente malavitoso in<br />

cui si è consumato l’omicidio di Lea.<br />

L’udienza si è aperta con il contro esame<br />

da parte degli avvocati difensori, in<br />

primo luogo il legale diCarlo Cosco, Daniele<br />

Sussman Steinberg. La <strong>maggio</strong>r<br />

parte delle domande era mirata ad un unico<br />

tema: la ‘ndrangheta. Sussman ha cercato<br />

di far cadere le informazioni che<br />

Venturino aveva rilasciato riguardo a<br />

quell’ambiente malavitoso in cui operava<br />

Carlo Cosco. Incalzato dall’avvocato,<br />

Carmine Venturino dichiara le doti, i gradi<br />

di potere, che avevano i membri della famiglia<br />

Cosco. Giuseppe avrebbe il grado<br />

di sgarrista, Massimo di picciotto, Vito di<br />

camorrista e infine Carlo avrebbe la dote<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 34<br />

di Santa, facendo così parte della Società<br />

Maggiore. Con questa dichiarazione viene<br />

quindi sollevata l’ipotesi che non solo<br />

l’imputato sia vicino alla ‘ndrangheta, ma<br />

che ne ricopra una posizione di rilievo nei<br />

vertici. Certo davanti a lui ci sono altre<br />

doti, altri gradi, da raggiungere prima di<br />

arrivare in cima, ma comunque lui sarebbe<br />

un capo zona.<br />

“Carlo Cosco era il capo”<br />

Il collaboratore di giustizia ha quindi<br />

chiarito anche alcune dinamiche interne al<br />

gruppo degli imputati. «Carlo Cosco era il<br />

capo. Rosario Curcio era uno dei suoi<br />

soldati. Suo fratello Giuseppe invece era<br />

quello più indipendente della famiglia, si<br />

occupa dello spaccio di droga». Per quanto<br />

riguarda poi la sera dell’omicidio, Venturino<br />

afferma ancora l’estraneità dei fatti<br />

per Massimo Sabatino, mentre a Giuseppe<br />

Cosco attribuisce solo un ruolo organizzativo.<br />

«Carlo non è che abbia tutto<br />

questo cervello, a preparare tutto quanto,<br />

per me può essere stato solo Giuseppe».<br />

Sembra infine che Rosario Curcio fosse<br />

già sulla lista nera dei Cosco, colpevoli di<br />

averli insultati in pubblico.<br />

«I Cosco avevano aperto un’impresa<br />

edile, la Olimpia srl, che si occupava di<br />

cartongesso. Avevano fatto diversi lavori<br />

in giro, per esempio a Desio o Buccinasco.<br />

Nella ditta c’era anche Curcio, ma lui<br />

non aveva preso nemmeno un euro per<br />

tutte queste opere. Una sera allora, dopo<br />

che si era ubriacato, aveva insultato i Cosco<br />

in mezzo al cortile, apertamente. Da<br />

quel momento Carlo ha sempre avuto<br />

l’idea di ucciderlo».<br />

Venturino non ha risposto a tutte le domande,<br />

spesso si è riservato di non parlare<br />

perché le informazioni richieste erano<br />

coperte da segreto istruttorio. L’ipotesi più<br />

probabile è che dalle sue dichiarazioni sia<br />

iniziato un altro procedimento penale, che<br />

riguarda invece l’usura, lo spaccio e tutte<br />

le altre attività criminali dei Cosco.<br />

Il processo è continuato poi con la deposizione<br />

di Giulio Buttarelli, tenente<br />

colonnello dei carabinieri, che ha riportato<br />

l’esito dei sopralluoghi fatti grazie alle indicazioni<br />

di Venturino.


Ha confermato il ritrovamento di una<br />

scheda sim distrutta e poi nascosta in una<br />

grata e ha dichiarato anche che dal suo appartamento<br />

mancava la corda di una tenda,<br />

quella usata per strangolare Lea.<br />

Il coraggio di Denise<br />

Ultima ad avvicinarsi al microfono è<br />

stata Denise. La ragazza si è mostrata subito<br />

decisa, disposta a rispondere a qualsiasi<br />

tipo di domanda le venisse rivolta.<br />

La sua testimonianza è stata breve, ha dovuto<br />

solo riconoscere dei gioielli che portava<br />

la madre il giorno della sua scomparsa.<br />

Questo piccolo esame è servito per<br />

identificare ancora il corpo di Lea Garofalo,<br />

dato che, per adesso, non si è ancora<br />

riusciti ad estrarre il suo Dna dai resti.<br />

Prima di andarsene Denise ha però voluto<br />

chiarire una cosa. Era stato detto infatti<br />

che lei aveva partecipato alla festa<br />

organizzata da suo padre Carlo in occasione<br />

del suo diciottesimo compleanno. Era<br />

il 4 dicembre del 2009, pochi giorni dopo<br />

la scomparsa di sua madre. «Io a quella<br />

festa non ci sono mai andata, non volevo<br />

neanche che la organizzasse. Mia madre<br />

era appena scomparsa. Io non avevo niente<br />

da festeggiare, forse gli altri sì».<br />

Tramite il suo legale, Carlo Cosco ha<br />

infine chiesto di poter testimoniare in au-<br />

la. Dopo essersi sempre dichiarato inno-<br />

cente fino alla prima udienza del processo<br />

di secondo grado, il principale imputato<br />

per la morte di Lea Garofalo si siederà per<br />

la seconda volta davanti ai giudici.<br />

www.isiciliani.it<br />

CARLO COSCO: “NDRANGHETA?<br />

IO NON LE APPARTENGO”<br />

25 aprile. La quarta udienza di secondo<br />

grado di giudizio per l’omicidio di Lea<br />

Garofalo si è aperta martedì 16 aprile<br />

<strong>2013</strong> con la testimonianza dei consulenti<br />

di medicina legale dell’università degli<br />

Studi di Milano. I periti hanno riportato<br />

alla Corte i risultati dei resti rinvenuti nel<br />

tombino indicato dal collaboratore di giustizia<br />

Carmine Venturino, tra via Canonica<br />

e Via Lomazzo; risultati che – nonostante<br />

le difficoltà ad identificare la donna<br />

- «sono coerenti con i racconti del Venturino»,<br />

afferma il perito. Il cadavere, infatti,<br />

bruciato ad altissime temperature, i cui<br />

resti sono stati meccanicamente frammentati<br />

in seguito alla combustione, è stato<br />

identificato grazie alle protesi dentarie<br />

comparate ad una lastra trovata dalla figlia<br />

Denise tra gli oggetti della madre.<br />

Dai dati scientifici dei consulenti tecnici<br />

si è poi passati all’interrogatorio di Carlo<br />

Cosco da parte del suo avvocato. Una difesa,<br />

quella di Daniele Sussman Steinberg,<br />

interamente costruita sull’amore di<br />

Carlo Cosco per la figlia Denise, sui difficili<br />

anni passati separati quando lui era in<br />

carcere, sulle sue preoccupazioni derivate<br />

dalla decisione di Lea Garofalo, all’epoca<br />

ventunenne, di trasferirsi a Bergamo con<br />

la figlia di quattro anni. Solo paure e ansie<br />

per la figlia Denise dunque. Tanto che, per<br />

punire la madre di sua figlia per un litigio<br />

con la suocera, Carlo Cosco ordina a Massimo<br />

Sabatino di recarsi a Campobasso –<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 35<br />

dove all’epoca vivevano le donne – per<br />

picchiare Lea Garofalo.<br />

«Non la volevo assolutamente uccidere,<br />

ma solo darle due schiaffi, per la storia di<br />

mia madre», chiosa l’imputato. Che rivela<br />

poi i dettagli dell’omicidio, indicando nelle<br />

ragioni che lo hanno portato a compiere<br />

quel gesto solo un raptus di follia scaturita<br />

dalle minacce di Lea di non fargli vedere<br />

più la figlia. «Mi ha detto brutte parole;<br />

che non mi faceva vedere mia figlia e<br />

queste cose qua; allora l’ho presa e l’ho<br />

sbattuta a terra. Se non mi sono consegnato<br />

subito è stato per paura di perdere<br />

mia figlia; il mio errore è stato quello».<br />

“Mai fatto parte di una 'ndrina”<br />

Raptus di follia e non omicidio premeditato<br />

collegato alla cultura mafiosa. «E’<br />

vero che fa parte di un’associazione criminale<br />

di stampo mafioso chiamata<br />

‘ndrangheta?», domanda Steiner all’imputato,<br />

«No, assolutamente no, mai fatto<br />

parte di una ‘ndrina».<br />

Con questo tentativo, la difesa ha così<br />

cercato di mostrare sotto una luce diversa,<br />

legata a dinamiche di amore tra padre e figlia,<br />

l’omicidio di Lea Garofalo. Nello<br />

stesso tempo viene screditata anche la deposizione<br />

di Carmine Venturino, che non<br />

è fondamentale solo per questo processo,<br />

ma potrebbe far aprire anche altri procedimenti<br />

penali, legati agli affari della famiglia<br />

Cosco. Insomma, il solito delitto passionale.<br />

La ‘ndrangheta? No, di quella<br />

nessuno fa parte.<br />

I PRESIDII DEGLI STUDENTI AL PROCESSO<br />

Non lasciamo sola Denise!<br />

Il 15, 16 e 21 <strong>maggio</strong> avranno luogo altre udienze del processo. Gli studenti<br />

antimafiosi fanno appello a tutte le ragazze e i ragazzi di Milano perché vengano in<br />

massa a testimoniare la loro solidarietà con Lea e Denise.<br />

Per partecipare, contattare i responsabili dei presidii nelle varie giornate:<br />

- per mercoledì 15: Lucia pres.<strong>giovani</strong>mi@libera.it<br />

- per giovedì 16: Arianna pres.<strong>giovani</strong>mi@libera.it<br />

- per martedì 21: Giulio pres.<strong>giovani</strong>mi@libera.it<br />

Per ogni altra informazione: Presidio <strong>giovani</strong> di Libera pres.<strong>giovani</strong>mi@libera.it<br />

oppure Redazione di Stampoantimafioso redazione@stampoantimafioso.it


Qua in periferia come<br />

al centro, la crisi non è<br />

arrivata per caso...<br />

di Rino Giacalone<br />

E’ il mondo moderno, ragazzi. Stiamo<br />

combattendo una guerra in Europa, ma<br />

non tutti ce ne rendiamo conto. Non ci<br />

sono palazzi sfondati dalle bombe, ma<br />

ci sono intere classe sociali distrutte.<br />

Chi sostiene che lo spread è stata una<br />

invenzione per far dimettere Berlusconi,<br />

chi che la crisi serve a fare il Governo<br />

dell’”inciucio”, pardon, “di servizio”<br />

come lo chiama il <strong>giovani</strong>ssimo presidente<br />

del Consiglio Enrico Letta.<br />

Come una guerra<br />

E’ guerra invece, se è vero com'è vero<br />

che ci sono famiglie che non arrivano alla<br />

fine del mese, sono lavoratori che da un<br />

giorno all’altro si trovano senza lavoro,<br />

gente che in preda a sconforto uccide e si<br />

uccide. Non c’è bisogno di sentircelo dire<br />

che siamo ancora in fondo al tunnel, guardando<br />

a quelle che accade nelle periferie<br />

del Paese, a Trapani per esempio, dove un<br />

esercito di precari, anche donne e uomini<br />

ultracinquantenni, si trova a inseguire<br />

un'assunzione qualunque, dove ci sono<br />

operai che occupano palazzi delle istituzioni,<br />

e <strong>giovani</strong> che ogni giorno lasciano<br />

questa terra per cercare fortuna altrove,<br />

come negli anni bui del dopoguerra.<br />

Certamente tutto questo non è avvenuto<br />

perché si sono mossi autonomamente i<br />

grandi eserciti dell’economia internazionale,<br />

ma perché c’è stata una politica, ci<br />

sono stati Governi che hanno colpito da<br />

dentro il Paese. A Roma come a Trapani.<br />

Le “mazzette” hanno mosso la politica.<br />

Ma nessuno, dei politici della casta, se lo<br />

vuol sentire dire.<br />

www.isiciliani.it<br />

Trapani<br />

La miseria<br />

e le mazzette<br />

La magistratura scopre appalti truccati,<br />

opere mal costruite, senatori - come il trapanese<br />

pidiellino-berlusconiano Tonino<br />

D’Alì - che a leggere le intercettazioni<br />

avrebbe assicurato grandi appalti a questo<br />

e a quello, e nessuno - a cominciare dai<br />

presunti avversari - si è mostrato capace<br />

di dire qualcosa.. Non “qualcosa di sinistra”<br />

alla Moretti, almeno qualcosa di<br />

buono per il Paese.<br />

“Bisogna convivere con la mafia”<br />

Restando a Trapani, di cose, malfatte, di<br />

cuis parlare ce ne sono parecchie. I risultati<br />

sono dinanzi agli occhi di tutti, il porto<br />

che doveva essere volano di sviluppo<br />

ha visto la crisi dei grandi cantieri navali.<br />

La petroliera che doveva costituire esempio<br />

tangibile di rilancio resta non consegnata<br />

al committente, per mesi qui si sono<br />

asserragliati gli operai che l’hanno costruita,<br />

licenziati su due piedi.<br />

La trasformazione del porto, fatta con<br />

fior di milioni (pubblici), è stata un'occasione<br />

di infiltrazione che la mafia non si è<br />

fatta sfuggire, e le conseguenze sono palesi.<br />

Ci sono banchine finanziate con 40<br />

milioni di euro, che dovevano essere<br />

pronte nel 2005 e invece oggi costituiscono<br />

una grande opera incompiuta.<br />

Nessuno si aspettava che quando tanti<br />

anni fa il ministro Pietro Lunardi auspicava<br />

che lo Stato sapesse convivere con la<br />

mafia, a Trapani si facessero le prove generali<br />

di questo “inciucio”. E quando Lunardi<br />

venne a vedere i lavori in corso al<br />

porto, accompagnato dai “potenti”, il senatore<br />

D’Alì, il sindaco Fazio, il prefetto<br />

Finazzo, praticamente fu come mettere il<br />

sigillo a quell’accordo.<br />

Trapani, città del sale e del vento, c’è<br />

scritto sui cartelloni di benvenuto nei punti<br />

d'ingresso della città. Trapani città silente,<br />

città della distensione, tanta distensione<br />

che forse nemmeno piacerebbe del<br />

tutto al presidente Napolitano che in questi<br />

giorni ha fatto tanto uso di questa parola,<br />

città dove la politica segue regie trasversali,<br />

dove non ci sono steccati se non<br />

quelli apparenti che servono solo a fare<br />

scena.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 36<br />

Corrotti da Cosa Nostra<br />

Uno scenario dove sparisce, per comparire<br />

solo nelle poche ore che seguono un<br />

blitz o un'operazione di sequestro e confisca,<br />

la perdurante latitanza del sanguinario<br />

boss mafioso Matteo Messina Denaro,<br />

il campiere dei borghesi trapanesi, l’interlocutore<br />

dei politici, il titolare di segreti<br />

inconfessabili sulla trattativa stato-mafia,<br />

il custode del papello di Totò Riina, lo<br />

stratega delle stragi, il colpevole delle<br />

bombe assassine di Firenze, Roma e Milano<br />

del 1993.<br />

Attorno a Matteo Messina Denaro si<br />

sono scoperte collusioni, funzionari pubblici<br />

corrotti da Cosa nostra che si arricchiva<br />

grazie al sostegno di politici, si sono<br />

sequestrati e confiscati beni e casseforti. E<br />

tutto questo è stato circondato da silenzi,<br />

o da apprezzamenti ipocriti alla magistratura<br />

e alle forze dell’ordine operanti. Poi<br />

tutto è continuato come sempre, l’area<br />

grigia della mafia ha proseguito a pulsare.<br />

Le condanne e le carriere<br />

Eppure, per citare i fatti più recenti, ci<br />

sono stati consiglieri provinciali arrestati<br />

e condannati, Sacco e Pellerito, consiglieri<br />

comunali, come tale Giuseppe Ruggirello,<br />

che si è scoperto si faceva corrompere<br />

in cambio anche di incontri a luci<br />

rosse, sindaci come quello di Valderice<br />

Camillo Iovino rimasti in carica sebbene<br />

condannati per favoreggiamento ad un<br />

imprenditore mafioso, consiglieri condannati<br />

per corruzione che, riabilitati, hanno<br />

fatto carriera come l’attuale presidente del<br />

Consiglio comunale di Trapani Peppe<br />

Bianco.<br />

Oggi a Trapani c’è una società che è costretta<br />

a inseguire i suoi bisogni che quando<br />

esauditi non suonano come un diritto<br />

riconosciuto ma come un favore concesso,<br />

e la malapolitica, come la mafia, con la<br />

mafia, ha bisogno per vivere di avere attorno<br />

gente allo stremo che chiede e che<br />

garantisce consenso sociale. E’ da questi<br />

scenari che bisogna fuggire via.


www.isiciliani.it<br />

Lombardia<br />

Chiude la sede Dia<br />

della Malpensa<br />

Era utile per l'Expo,<br />

dove diversi cantieri<br />

odorano di mafia, ma<br />

evidentemente la sicurezza<br />

e legalità<br />

dell'Expo non è stata<br />

giudicata una priorità<br />

di Roberto Nicolini<br />

www.stampoantimafioso.it<br />

La lotta alle infiltrazioni criminali in<br />

Expo “sarà una delle nostre ossessioni.<br />

Ovviamente lo faremo applicando le<br />

leggi, ma anche mettendoci qualcosa di<br />

più in termini di attenzione e<br />

impegno”.<br />

Diceva così il neo premier Enrico Letta<br />

pochi giorni fa, lasciando ben sperare.<br />

Ma a poche ore di distanza arriva un fatto<br />

per niente positivo: l’altro ieri il Nucleo<br />

Informativo della Direzione Investigativa<br />

Antimafia, dell’aeroporto di Malpensa<br />

viene chiuso.<br />

Stando a quanto riportato dal sindacato<br />

dei lavoratori di polizia della Cgil le motivazioni<br />

sarebbero da legare ad esigenze<br />

di ottimizzazione.<br />

Pochi giorni fa, per voce del suo segretario<br />

generale, Daniele Tissone, la Silp<br />

Cgil aveva denunciato l’irresponsabilità<br />

dell’atto poiché non rappresenta altro che<br />

“un segnale decisamente negativo nella<br />

lotta contro la criminalita’ organizzata”.<br />

Lo stesso sgomento è arrivato anche<br />

dal sindacato Siulp legato alla Cisl che,<br />

inoltre, in un comunicato stampa ha richiamato<br />

una nota del direttore della<br />

DIA, del 12 gennaio 2012, nella quale si<br />

sosteneva l’importanza del mantenimento<br />

del Nucleo Informativo proprio in vista<br />

di Expo.<br />

Uno scenario preoccupante<br />

I lavori di Expo procedono a rilento<br />

mentre la criminalità avanza infiltrandosi<br />

sempre più. Due cantieri sono nel mirino<br />

della magistratura e un’azienda, la Ventura<br />

Spa, è già stata estromessa dai lavori<br />

di Expo perché avrebbe intrattenuto rapporti<br />

con la cosca mafiosa di Barcellona<br />

Pozzo di Gotto, e altre imprese sono sotto<br />

inchiesta.<br />

È in questo scenario che si inserisce la<br />

chiusura della sede operativa della Dia<br />

nell’aeroporto di Malpensa, luogo che,<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 37<br />

vista la vicinanza alla zona dove sorgerà<br />

Expo, sarà destinato a diventare uno dei<br />

punti di snodo principali per l’evento.<br />

Oltre a questa vicinanza, Malpensa è<br />

situata nel varesotto, una zona non certo<br />

immune dalla presenza della criminalità<br />

organizzata e nella quale è stata dimostrata<br />

la presenza attiva di locali di<br />

‘ndrangheta in due comuni limitrofi<br />

all’aeroporto, Busto Arsizio e Lonate<br />

Pozzolo, quest’ultimo adiacente all’aeroporto.<br />

Fatti, non parole<br />

Se il governo Letta è davvero intenzionato<br />

a mantenere alta l’attenzione sulle<br />

infiltrazioni criminali in Expo, dia un segnale<br />

concreto e operi affinche il Nucleo<br />

Informativo sia ripristinato.<br />

Appelli al Ministero degli Interni sono<br />

stati presentati sia dal livello locale, in<br />

maniera congiunta da Gabriele Ghezzi,<br />

vice presidente della commissione sicurezza<br />

del Comune di Milano e da David<br />

Gentili, presidente della Commissione<br />

Antimafia del Comune di Milano, sia a<br />

livello nazionale, da Emanuele Fiano capogruppo<br />

Pd in commissione Affari Costituzionali<br />

della Camera.<br />

Il governo deve rispondere e agire per<br />

tener fede alle parole pronunciate pochi<br />

giorni fa dal Primo Ministro. Come ha<br />

scritto Giulio Cavalli sul suo blog, non<br />

bisogna passare “dalla mafia che non esiste<br />

all’antimafia che chiude”.


www.isiciliani.it<br />

Cosa Nostra<br />

Un “saggio” guida<br />

le cosche provinciali<br />

palermitane<br />

Partinico e San Giuseppe<br />

Jato riunite in<br />

un unico mandamento,<br />

quello di Camporeale<br />

di Aaron Pettinari<br />

www.antimafiaduemila.com<br />

L'unione fa la forza. Devono aver<br />

pensato questo le famiglie mafiose di<br />

Partinico e San Giuseppe Jato, negli ultimi<br />

anni colpite duramente da una serie<br />

di operazioni da parte delle forze<br />

dell'ordine.<br />

L'ultima di queste, avvenuta lo scorso<br />

aprile, ha portato all'arresto di 37 persone<br />

permettendo di smantellare il nuovo “supermandamento”<br />

di Camporeale, sorto<br />

dalla fusione dei due mandamenti storici.<br />

Le indagini, condotte dai Pm della Dda<br />

Francesco Del Bene, Sergio De Montis e<br />

Daniele Paci, hanno ben edivenziato<br />

l'opera di rifondazione da parte di Cosa<br />

Nostra per riorganizzare le proprie fila.<br />

L'uomo designato per il “rinnovamento”<br />

era Antonino Sciortino, 51enne allevatore<br />

di Camporeale, tornato in libertà nel 2011<br />

dopo essere stato condannato per mafia e<br />

detenuto al carcere duro per dodici anni.<br />

Un tempo infinito in cui non ha mai risposto<br />

ad una domanda postagli dai magistrati.<br />

Una nomina non frutto dell'improvvisazione<br />

visti gli stetti legami avuti sia con i<br />

capi indscussi del mandamento di Partinico,<br />

Leonardo e Vito Vitale, che con il capomafia<br />

di Altofonte, Domenico Raccuglia,<br />

arrestato il 15 novembre 2009.<br />

Una volta libero, seppur limitato negli<br />

spostamenti a causa delle prescrizioni e<br />

delle limitazioni imposte dalla misura di<br />

prevenzione personale della Sorveglianza<br />

Speciale, si è subito adoperato per il riassetto<br />

del territorio prendendo in mano le<br />

redini del comando, riservandosi un ruolo<br />

di supervisore, una sorta di “saggio” a cui<br />

erano tenuti a dar conti i “delegati” alla<br />

direzione sul territorio, Salvatore Mulé a<br />

San Giuseppe Jato e Giuseppe Speciale,<br />

genero di Vito Vitale, a Partinico.<br />

Un riassetto necessario nel cuore della<br />

Sicilia Occidentale che riveste una grande<br />

importanza, soprattutto economica,<br />

all'interno di Cosa Nostra. E in cinque<br />

mesi il nuovo mandamento diventa realtà.<br />

Il primo intervento è stato proprio quello<br />

di dare una nuova collocazione alle famigie<br />

mafiose di Monreale ed Altofonte,<br />

transitate nel frattempo sotto Villagrazia e<br />

Santa Maria di Gesù di Palermo. Lo stesso<br />

è valso per quelle di Montelepre e Girdinello,<br />

in quel periodo subordinate a San<br />

Giuseppe Jato rispetto all’assetto tradizionale<br />

nel mandamento di Partinico. A parlarne<br />

gli stessi boss in un'intercettazione<br />

ambientale in cui veniva evidenziato il<br />

ruolo apicale di Sciortino, appena pochi<br />

giorni dopo la scarcerazione. “I tempi<br />

cambiano” diceva Giuseppe Libranti,<br />

esponente della famiglia mafiosa di Monreale,<br />

al cugino Francesco Vassallo. E riferito<br />

a Sciortino raccontava: “ha fatto tre<br />

ore sempre a discutere lui, no però... come<br />

discutiamo noialtri!Non ti dico quando ha<br />

finito il discorso metteva l'accento, ma ti<br />

faceva capire che già là era finito e ne iniziava<br />

un'altro, finiva e ne iniziava<br />

un'altro, finiva e ne iniziava un altro!...<br />

Un cretino solo non poteva capire... tu<br />

vedi … quattro, cinque, quanti minchia<br />

erano, nessuno ha parlato!... (ride) no...<br />

passiamo al cambio, cominciava e finiva,<br />

cominciava un'altro e finiva... dalle dieci<br />

all'una e un quarto, l'una e venti che erano<br />

là... l'una e mezza, una cosa di questa!”.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 38<br />

Per riorganizzarsi Cosa Nostra non aveva<br />

lasciato nulla al caso ed anzi aveva<br />

puntato ancora una volta sulla forte tradizione,<br />

come la “punciuta”, con cui venivano<br />

affiliate le nuove reclute. Una mafia<br />

che, oltre a fare affari (in particolare<br />

estorsioni e controllo nella gestione dei<br />

confini delle terre), non aveva neanche<br />

paura di tornare ad uccidere. Tra gli elementi<br />

raccolti anche un caso di “lupara<br />

bianca” con tanto di frase registrata dalle<br />

microspie degli inquirenti (“Pigliami due,<br />

tre lacci. Due tre lacci puliti prendimi”). E<br />

sarebbero stati quelli i lacci utilizzatti per<br />

uccidere Giuseppe Billitterri, scomparsi<br />

mesi fa dopo che, è l'ipotesi degli inquirenti,<br />

si era messo di traverso all'azione<br />

del nuovo capomafia.<br />

Il rapporto mafia-politica<br />

Affari, racket e appalti. Cosa nostra riparte<br />

e come sempre non manca il legame<br />

con la politica. Tra gli arrestati spicca il<br />

nome del sindaco di Montelepre, il paese<br />

noto ai più per aver dato i natali al bandito<br />

Salvatore Giuliano, Giacomo Tinervia, ex<br />

Grande Sud di Micciché, alle ultime regionali<br />

siciliane candidato con Fli. L'accusa<br />

contro di lui è di estorsione e concussione<br />

e ad incastrarlo vi sarebbero le intercettazioni.<br />

Gli inquirenti, che seguivano<br />

i passi del capomafaia del paese Giuseppe<br />

Lombardo, hanno registrato un dialogo<br />

in cui il boss ha raccontato un episodio<br />

riguardante una mazzetta intascata<br />

dallo stesso sindaco. “Che è Giacomino?<br />

Quanto ti sei fottuto? - ricordava - Minchia<br />

ma io… Quanto ti sei fottuto tu?<br />

Dice, ma che c’entra. Giacomino, allora<br />

non lo hai capito, quanto ti sei fottuto tu?<br />

Giusè, dice, che in tutto il lavoro mi può<br />

dare sei, settemila euro? Ah, lo hai messo<br />

a posto tu? Ma che c’entra, io poi te li facevo<br />

avere. Giacomino, me li facevi avere<br />

che? Gli ho detto, duemila euro? Dice,


quelli che restavano. Quelli che restavano?<br />

Gli ho detto, ventimila euro voglio”.<br />

E dopo quell'incontro il sindaco avrebbe<br />

fatto da intermediario con l’imprenditore,<br />

per non scontentare Cosa nostra, che dovette<br />

così pagare 20mila euro come “pizzo”.<br />

Soldi che si erano aggiunti ai 7mila<br />

euro già intascati dal primo cittadino.<br />

Ma i legami con la politica si sviluppano<br />

anche nel piccolo comune di Giardinello<br />

con i boss che festeggiano l'elezione<br />

a sindaco di Giovanni Geloso. “Vedi che<br />

noialtri abbiamo fatto un figurone. Il botto<br />

noialtri lo abbiamo fatto, no loro” commenta<br />

al telefono con la propria amante il<br />

capomafia Giuseppe Abbate. Un capomafia,<br />

sì, strafottente e sicuro di sé tanto da<br />

lasciare più volte il telefono aperto con la<br />

sua donna, mentre parlava con i propri sodali<br />

o con alcuni politici locali.<br />

Come quando il boss rimproverò il consigliere<br />

comunale Vito Donato perchè<br />

aveva discusso dello spostamento di un<br />

candidato da una lista all'altra senza interpellarlo:<br />

“Vedi che si muore Vitù, la politica<br />

non si fa così, la politica noialtri la<br />

dobbiamo fare giusta, precisa”. In un altro<br />

dialogo con l'amante commentava poi la<br />

richiesta di aiuto di un altro candidato sindaco,<br />

Marcello Bommarito, mentre il primo<br />

cittadino uscente di Giardinello, Salvatore<br />

Polizzi, chiese aiuto per il figlio,<br />

candidato consigliere.<br />

Nell'operazione è stata anche sequestrata<br />

una impresa edile, riconducibile a Lucido<br />

Libranti, che ha permesso alla famiglia<br />

di far muovere grossi flussi economici,<br />

garantendo il monopolio degli appalti in<br />

tutto il territorio monrealese e l'assunzione<br />

di personale indicato nelle altre imprese.<br />

Come se non bastasse, secondo quanto<br />

emerso dalle intercettazioni, fra le azioni<br />

promosse dalla cosca ci sarebbero anche<br />

quattro distinti furti di bestiame.<br />

Altro elemento importante raccolto durante<br />

le indagini è il legame sempre vivo<br />

con la mafia statuintense. Per ammettere<br />

www.isiciliani.it<br />

nei suoi ranghi un nuovo membro la famiglia<br />

mafiosa Gambino di New York pretendeva<br />

garanzie scritte dalle cosche siciliane.<br />

Così uno degli arrestati, Salvatore<br />

Lombardo, che da 20 anni viveva in America,<br />

era tornato in Italia con una lettera<br />

dei Gambino che chiedevano per iscritto<br />

alle famiglie palermitane garanzie sulla<br />

qualità di uomo d'onore di Lombardo e la<br />

conferma che questi fosse stato messo<br />

fuori dalla “famiglia” di Montelepre, requisito<br />

minimo per poter esser affiliato<br />

formalmente negli Usa. Prima di rispondere<br />

a tale lettera, Lombardo si è visto costretto<br />

a recarsi da Salvatore Mulè, l'unico<br />

che sul momento avrebbe potuto "certificare"<br />

tale autorizzazione.<br />

Secondo il procuratore capo di Palermo<br />

Francesco Messineo l'operazione “dimostra<br />

la perdurante presa di Cosa nostra<br />

sulle strutture politiche locali” e “conferma<br />

lo spiccatissimo interesse per le strutture<br />

comunali da cui può controllare gli<br />

appalti”. Inoltre l’indagine è “molto importante<br />

perché conferma la fortissima<br />

aspirazione di Cosa nostra ad accrescere<br />

la sua presa sul territorio, con l'intento dei<br />

boss di riorganizzare le strutture territoriali<br />

con l’eliminazione di due mandamenti:<br />

San Giuseppe Jato e Partinico, per formarne<br />

uno solo, Camporeale, cioè un Super<br />

Mandamento, questo per rafforzare le<br />

periferie rispetto al centro”.<br />

E proprio quest'ultimo aspetto non è da<br />

sottovalutare. Sono gli stessi boss Salvatore<br />

Mulé e Giuseppe Lo Voi, in un'intercettazione<br />

del marzo 2012, a sottolineare<br />

la forza della fusione: “Eh? Si… che questi<br />

sono passati qua… una potenza di questa<br />

maniera non c’è stata mai – dicono -<br />

Io non é che sono minchia che non ho capito<br />

che Partinico è passato a San Giuseppe!”.<br />

Segno di una nuova scalata al potere<br />

della Provincia verso Palermo? Indagini<br />

sono in corso, anche se gli stessi inquirenti<br />

non smentiscono che vi siano stati contatti.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 39<br />

“L'uomo<br />

di garanzia,<br />

l'unico<br />

a garantire<br />

i segreti”<br />

Messina-Denaro in libertà<br />

L'indagine sul mandamento di Camporeale,<br />

a quanto è dato sapere, non presenta<br />

particolari elementi a indicare contatti tra<br />

il “saggio” Sciortino e il superlatitante trapanese<br />

Matteo Messina Denaro. Ma appare<br />

improbabile che il boss di Castelvetrano<br />

fosse all'oscuro di questa operazione di<br />

riorganizzazione. Le operazioni degli ultimi<br />

anni, “Perseo” nel 2008 ed “Araba Fenice”<br />

del 2011 (quella del summit mafioso<br />

a Villa Pensabene nel mandamento di San<br />

Lorenzo-Tommaso Natale), hanno dimostrato<br />

come siano le stesse famiglie palermitane<br />

a ricercare il parere della Provincie,<br />

in particolare proprio quella trapanese.<br />

Messina Denaro non rappresenta solo<br />

“l'ultimo padrino” in libertà.<br />

E' dei giorni scorsi la denuncia rivelazione<br />

dell'attuale caposcorta di Di Matteo,<br />

il maresciallo Masi, che ha parlato di indagini<br />

bloccate o intralciate tra il 2001 e il<br />

2007 nel tentativo di catturare prima Bernardo<br />

Provenzano (arrestato nel 2006) e<br />

poi lo stesso boss di Castelvetrano.<br />

E' lui l'uomo di garanzia, capace di unire<br />

davvero le famiglie siciliane, a cui ci si<br />

affida per un parere ma anche per avere la<br />

“benedizione” sull'operato. Arrestati uno<br />

dopo l'altro Riina, Bagarella, Provenzano<br />

ed i Lo Piccolo, è sul boss trapanese che<br />

gravita la “guida” di Cosa nostra. Matteo<br />

Messina Denaro, custode di segreti inimmaginabili,<br />

è pronto a far suonare nuovamente<br />

il suono delle bombe nche ad uccidere<br />

i magistrati. L'avvertimento ricevuto<br />

da un “anonimo” da parte del pm della<br />

trattativa Nino Di Matteo, non lascia dubbi:<br />

“Amici romani di Matteo (Messina<br />

Denaro, ndr) hanno deciso di eliminare il<br />

pm Nino Di Matteo in questo momento di<br />

confusione istituzionale, per fermare<br />

questa deriva di ingovernabilità. Cosa<br />

Nostra ha dato il suo assenso, ma io non<br />

sono d'accordo”.


www.isiciliani.it<br />

Partinico<br />

Cronistoria di fuoco<br />

Fra Borgetto e Partinico<br />

– tradizionali domini<br />

di Cosa Nostra – trent'<br />

anni di guerra mafiosa<br />

per il controllo del territorio.<br />

La risposta<br />

della società civile<br />

di Pino Maniaci<br />

e Salvo Ognibene<br />

www.telejato.globalist.it<br />

Mentre Giuseppe Giambrone detto<br />

“U Stagnalisi” e Nicolò Salto da alcuni<br />

chiamato “Lazzaro” continuano a passeggiare<br />

per le vie del paese e le istituzioni<br />

portano con successo a termine<br />

l’operazione “Nuovo Mandamento”<br />

sgominando l’organizzazione criminale<br />

del nostro comprensorio in fase di costituzione<br />

e riportando nella patrie galere<br />

alcuni presunti affiliati.<br />

Noi di TeleJato continuiamo instancabilmente<br />

a chiedere agli imprenditori di<br />

Borgetto, Partinico ed altri paesi del comprensorio<br />

di non cedere ai ricatti della mafia,<br />

di non pagare il pizzo e soprattutto di<br />

denunciare ogni forma di estorsione alle<br />

forze dell’ordine.<br />

Agli imprenditori che continuano a pagare<br />

il pizzo, che partecipano negli appalti<br />

seguendo il protocollo di legalità “Accordo<br />

quadro Carlo Alberto Dalla Chiesa”<br />

stipulato il 12 luglio 2005 fra la Regione<br />

siciliana, il Ministero dell’interno, le Prefetture<br />

dell’Isola, l’Autorità di vigilanza<br />

sui contratti pubblici, l’INPS e l’INAIL,<br />

in cui si impegnano a collaborare con le<br />

forze di polizia, denunciando ogni tentativo<br />

di estorsione, intimidazione o condizionamento<br />

di natura criminale) chiediamo<br />

di denunciare, chi denuncia non è<br />

solo, noi di Telejato, insieme alle Associazioni<br />

Antiracket ed Antiusura Liber Jato,<br />

Libero Futuro e Addio Pizzo, siamo sempre<br />

pronti ad accompagnare in Questura e<br />

dai Carabinieri chi denuncia un estorsore,<br />

noi siamo disposti anche a firmare insieme<br />

alla vittime le denunce come accompagnatori<br />

solidali. Ai mafiosi diciamo che<br />

non abbiamo paura, ai mafiosi chiediamo<br />

di pentirsi e raccontare tutto il loro passato<br />

alle istituzioni, in particolar modo di far<br />

luce sugli omicidi del passato, al fine di<br />

far ritrovare i cadaveri delle persone<br />

scomparse nel tempo con il metodo della<br />

lupara bianca .<br />

Ma facciamo una cronistoria di tutti gli<br />

omicidi di mafia commessi tra Borgetto e<br />

Partinico a partire dal 1984.<br />

Lupara bianca a Borgetto<br />

Nel 1984 venne inghiottito dalla lupara<br />

bianca a Borgetto, Francesco Zuccarello,<br />

un giovane pregiudicato, di Borgetto,<br />

l’ultima persona che lo vide vivo, fu Vito<br />

Giambrone (fratello di Giuseppe Giambrone<br />

detto “U Stagnatisi”), Zuccarello<br />

infatti sali sulla sua auto e nessuno ebbe<br />

più notizie di lui. Per quella vicenda Vito<br />

Giambrone venne indagato nell’ambito<br />

della prima maxi inchiesta sulla mafia, assieme<br />

ad altri quaranta indagati indiziati<br />

ma in corte d’Assisi venne assolto per insufficienza<br />

di prove. Successivamente il<br />

Pentito Giovanni Mazzola di Montelepre<br />

lo tirò nuovamente in ballo, ma Vito<br />

Giambrone evitò l’arresto perchè per i fatti<br />

narrati dal collaboratore di giustizia era<br />

già stato assolto in via definitiva.<br />

Nel 1991 venne inghiottito dalla lupara<br />

bianca a Borgetto, Giuseppe Badalà di 34<br />

anni, i giornali dell’epoca scrissero che<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 40<br />

non era un mafioso ma frequentava persone<br />

vicine all’organizzazione. Un giovane<br />

assessore che in pochi anni aveva accumulato<br />

un bel po’ di denaro, un’auto di<br />

lusso e appartamenti alle porte di Borgetto.<br />

La famiglia sporse denuncia dopo 48<br />

ore. Il corpo non venne mai ritrovato.<br />

Corpo mai ritrovato<br />

Nel 1998 venne ucciso Salvatore Riina<br />

(omonimo del boss di Corleone), esecutori<br />

materiali del delitto, furono Michele<br />

Seidita e Francesco Salvatore Pezzino,<br />

che sparò a Riina, con una calibro 38 che<br />

Giusi Vitale consegnò al killer insieme<br />

con una bicicletta che servì a Pezzino, vestito<br />

con una tuta da ciclista con tanto di<br />

guanti bucati, per recarsi verso l’ abitazione<br />

della vittima che fu uccisa nel garage.<br />

«Chiesi a Pezzino e a Seidita – disse Giusi<br />

Vitale se preferivano una 7.65 o una calibro<br />

38. Pezzino mi rispose che gli avrebbe<br />

fatto piacere usare una calibro 38 perchè<br />

la 7.65 poteva incepparsi». La pistola venne<br />

procurata dalla stessa Vitale .<br />

«La consegnai a Seidita, che poi la dette<br />

a Pezzino – dichiarò al processo Giusi Vitale<br />

ai Pm della Dda di Palermo, Maurizio<br />

De Lucia e Francesco Del Bene – e andammo<br />

insieme nel mio garage dove recuperai<br />

anche la bicicletta. La pistola era<br />

nascosta in un soppalco tra la biancheria<br />

del mio bambino». Giusi Vitale all’epoca<br />

rese la testimonianza mentre era in collegamento<br />

il fratello, che l’ha ripudiò dopo<br />

essere venuto a conoscenza della sua collaborazione<br />

con la magistratura.<br />

«L’ordine di ucciderlo mi era stato dato<br />

da mio fratello durante un colloquio in<br />

carcere – disse la Vitale che scelse di pentirsi<br />

e collaborare per amore dei figli –<br />

Riina era vicino a Provenzano ed in paese<br />

(a Partinico) stava spargendo la voce che i<br />

Vitale non li rappresentava più nessuno.


La cosa, mi disse Leonardo, andava fatta<br />

altrimenti quelli l’avrebbero fatta a noi».<br />

“O lo fate o lo facciamo a voi”<br />

Nel 1998 in via Crocifisso a Borgetto<br />

venne ucciso Vito Giambrone (fratello di<br />

Giuseppe Giambrone detto “U Stagnalisi”)<br />

mentre usciva dalla carnezzeria Riina,<br />

lui non si accorse di nulla, i colpi gli<br />

furono sparati alla schiena ed il colpo di<br />

grazia alla tempia, il fratello Giuseppe era<br />

stato arrestato insieme a Vito Vitale qualche<br />

mese prima, e gli inquirenti ipotizzarono<br />

che Vito fu punito con la morte poiché<br />

voleva prendere il comando del paese<br />

in accordo con la famiglia dei Nania.<br />

Nel 1999 Francesco Paolo Alduino (in<br />

contrasto con il clan Vitale-Fardazza) e<br />

Roberto Rossello persero la vita all’interno<br />

del forno che gestivano, Salvatore Bagliesi<br />

aveva pedinato le vittime avvisando<br />

il gruppo di fuoco della loro posizione. A<br />

far fuoco con il fucile era stato Michele<br />

Sedita che successivamente divenne collaboratore<br />

di Giustizia. Salvatore Bagliesi<br />

dopo anni di latitanza venne arrestato a<br />

Partinico in via delle Capre nel 2009.<br />

Nel 2002 scomparve a Partinico, il meccanico<br />

Antonino Vitale. Si pensò da subito<br />

ad un omicidio per lupara bianca” perché<br />

la sua auto venne ritrovata bruciata.<br />

Vitale era stato arrestato per favoreggiamento<br />

nel ’98 (ma successivamente scagionato)<br />

perché era l ‘affittuario di una<br />

casa di campagna dove erano stati trovati<br />

i due latitanti, Nicolò Salto, considerato il<br />

braccio destro del capomafia Vito Vitale,<br />

e Giuseppe Lo Bianco, ricercato per un<br />

omicidio. Il corpo non è stato mai ritrovato.<br />

Nel 2005, il 24 di giugno, venne ucciso<br />

Mario Rappa, Imprenditore ed affiliato<br />

alla famiglia dei Vitale, I killers gli tesero<br />

un agguato in aperta campagna, freddan-<br />

www.isiciliani.it<br />

dolo con diversi colpi di pistola.. Il corpo<br />

venne rinvenuto a Grisì, nel territorio di<br />

Monreale.<br />

Nel 2005 venne ucciso a Partinico Maurizio<br />

Lo Iacono, figlio del capomafia<br />

Francesco in carcere da diverso tempo.<br />

Un solo colpo mortale giunse a bersaglio,<br />

solo dopo essere rimbalzato sulla portiera<br />

dell’auto da cui la vittima stava scendendo.<br />

L’ucciso era sorvegliato speciale sotto<br />

processo per associazione mafiosa<br />

Ex uomo di fiducia del capomafia Vito<br />

Vitale, dopo l’arresto di quest’ultimo si<br />

sarebbe alleato a Bernardo Provenzano.<br />

Gli inquirenti ipotizzarono che l’omicidio<br />

fu ordinato da Mimmo Raccuglia, alleato<br />

dei Vitale, che avrebbe così voluto dare<br />

un avvertimento a Provenzano e una risposta<br />

all”uccisione di Mario Rappa, del<br />

clan Vitale, ucciso a giugno dello stesso<br />

anno.<br />

Una fucilata al viso<br />

Nel 2007, il 19 <strong>maggio</strong>, scomparve Antonino<br />

Frisella, meccanico, alcuni giorni<br />

dopo in contrada Cicala a Partinico, un<br />

agricoltore ritrovò l’autovettura della vittima<br />

interamente bruciata. Il corpo non è<br />

mai stato ritrovato.<br />

Nel 2007, Giuseppe Lo Baido, venne<br />

ucciso da alcuni sicari che lo attendevano<br />

nei pressi dell’abitazione di proprietà nel<br />

territorio Partinico e, dopo avergli aperto<br />

lo sportello dell’auto dallo stesso guidata,<br />

gli spararono diversi colpi di pistola a<br />

bruciapelo. Venne freddato con un colpo<br />

di fucile in viso.<br />

Nel 2007, Antonino Giambrone, figlio<br />

di Vito Giambrone ucciso nel 1998, e nipote<br />

del odierno boss del paese Giuseppe<br />

Giambrone detto “U Stagnalisi” venne<br />

ammazzato all’interno dell’officina da lui<br />

gestita all’entrata di Borgetto, i killers a<br />

bordo di uno scooter con il volto coperto<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 41<br />

da casco, fecero irruzione nell’officina<br />

sorprendendolo ed attingendolo con 11<br />

colpi di pistola di cui 4 colpi al viso.<br />

Nel 2008, due killers sorpresero i due<br />

fratelli Giuseppe e Gianpaolo Riina vicino<br />

ad un Bar, a bordo di motocicletta e con il<br />

volto coperto e gli spararono diversi colpi<br />

di pistola esplosi a bruciapelo, nonostante<br />

un disperato tentativo di fuga da parte di<br />

entrambe le vittime. Giuseppe e Gianpaolo<br />

Riina erano figli di Salvatore Riina<br />

(omonimo del boss di Corleone Totò Riina)<br />

ucciso nel 1998 da Michele Sedita e<br />

Francesco Paolo Pezzino<br />

Nel 2008. Alcuni killer Tentarono di uccidere<br />

Nicolò Salto, odierno boss del paese.<br />

I killers lo attesero nei pressi della propria<br />

abitazione ubicata in Borgetto in contrada<br />

Carrubbella e, dopo essere entrati<br />

dal piazzale antistante, gli spararono 4<br />

colpi di pistola, di cui tre esplosi da un revolver,<br />

ferendolo gravemente.<br />

Ogniqualvolta viene effettuata una retata<br />

dai carabinieri, <strong>giovani</strong> leve di mafia<br />

cercano di riorganizzarsi.<br />

A loro noi di TeleJato vogliamo dire le<br />

seguenti parole: “Nun è strata chi spunta”.<br />

La mafia vi usa a suo piacimento e poi<br />

quando vi arrestano e buttano la chiave,<br />

nessuno vi pagherà l’avvocato, nessuno<br />

darà i soldi alle vostre famiglie per campare,<br />

sarete abbandonati e le vostre famiglie<br />

finiranno in mezzo ad una strada.<br />

“Nun è strata chi spunta”<br />

Oggi siamo sempre più convinti che la<br />

mafia è destinata a scomparire, la gente<br />

non ha più paura di denunciare, ed imprenditori<br />

una volta collusi hanno saltato<br />

la barricata passando dall’illegalità alla legalità<br />

iscrivendosi anche alle nascenti associazioni<br />

antiracket.<br />

Noi di TeleJato denunciamo e denunceremo<br />

sempre ogni forma d’illegalità.


www.isiciliani.it<br />

Sicilia<br />

Bruciata l’auto al sindaco<br />

anti-discarica<br />

Da anni Mario Foti,<br />

sindaco di Furnari nel<br />

messinese, è impegnato<br />

contro gli abusi e gli<br />

effetti della vicina discarica<br />

di Mazzarrà<br />

Sant’Andrea e gli interessi<br />

criminali legati al<br />

ciclo dei rifiuti<br />

di Carmelo Catania<br />

«Da mesi subisco delle minacce per le<br />

mie denunce contro gli affari delle cosche<br />

che ruotano attorno alla discarica<br />

di Mazzarrà Sant’Andrea che si trova<br />

vicino al mio comune».<br />

È la spiegazione che Mario Foti, avvocato,<br />

sindaco di Furnari nel messinese si<br />

dà per l’attentato incendiario che ha distrutto<br />

la notte del 16 aprile l’autovettura<br />

che utilizzava per i suoi spostamenti.<br />

SCHEDA<br />

MARIO FOTI<br />

Mario Foti, 57 anni, avvocato, dal 1984 al 1997 ha ricoperto la carica<br />

di consigliere comunale e anche di Presidente del Civico consesso furnarese.<br />

È stato eletto sindaco nelle elezioni amministrative indette anticipatamente<br />

nel novembre del 2011 dopo 18 mesi di commissariamento<br />

seguiti allo scioglimento per infiltrazione mafiosa degli organi amministrativi<br />

del Comune di Furnari nel dicembre del 2009. Tra il 2008 e il<br />

2010, le indagini condotte dal Ros e dalla Dda di Messina – da cui sono<br />

scaturiti i procedimenti denominati “Vivaio” e “Torrente” – in particolare le<br />

intercettazioni telefoniche ed ambientali, hanno dimostrato un pesante<br />

condizionamento del voto esercitato dal clan dei Mazzarroti sulle elezioni<br />

Pochi giorni prima aveva avuto sentore<br />

di un possibile attentato ai suoi danni (da<br />

una “strana” conversazione tra due<br />

persone casualmente ascoltata da una sua<br />

parente) e per sicurezza, aveva fatto<br />

installare diverse telecamere attorno alla<br />

sua abitazione e chiesto un intervento anche<br />

dei carabinieri per monitorare gli spostamenti<br />

sul territorio.<br />

I responsabili – tre <strong>giovani</strong> del luogo<br />

poco più che ventenni – sono stati subito<br />

individuati dai carabinieri proprio grazie<br />

alle riprese delle telecamere e alle dichiarazioni<br />

del sindaco e dei suoi familiari.<br />

Atto vandalico di balordi, o esecutori su<br />

mandato altrui? Ha colto nel segno Foti<br />

nel sostenere che sono state le sue denunce<br />

contro la discarica a scatenare la rappresaglia<br />

di certi ambienti criminali?<br />

C’entra la discarica?<br />

Una battaglia – quella contro la discarica<br />

e i connessi impianti industriali per i<br />

trattamento dei rifiuti attualmente in costruzione<br />

– che Mario Foti, porta avanti<br />

da tempo, ancora prima dell'elezione.<br />

Grazie anche alle sue denunce, la procura<br />

di Barcellona P.G. ha attivato diverse<br />

indagini sulla discarica riscontrando numerose<br />

anomalie gestionali e attualmente<br />

sono sotto processo l’attuale amministratore<br />

delegato di Tirrenoambiente Pino Innocenti<br />

e l’ex presidente della stessa società<br />

Nello Giambò – condannato in primo<br />

grado a 14 anni per concorso esterno<br />

in associazione mafiosa nel processo Vivaio<br />

alla mafia delle discariche.<br />

Al centro delle inchieste penali sono fi-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 42<br />

nite anche le strane modalità attraverso<br />

cui la Tirrenoambiente ha ottenuto le autorizzazioni<br />

a costruire l'impianto di produzione<br />

di energia elettrica dalla combustione<br />

di biogas – sequestrato dalla magistratura<br />

– e l'impianto fotovoltaico.<br />

“Difendo la salute dei furnaresi”<br />

Un’opposizione a tutto campo e in tutte<br />

le sedi istituzionali.<br />

Lo scorso 7 dicembre due sentenze del<br />

Tar di Catania – accogliendo il ricorso di<br />

alcuni privati cittadini furnaresi – hanno<br />

annullato i due decreti regionali del 2009<br />

con i quali si consentiva lʼampliamento<br />

della discarica, la realizzazione di un impianto<br />

di biostabilizzazione e quindi<br />

l’esercizio dell’attività di smaltimento rifiuti.<br />

Per i giudici amministrativi «Non è<br />

stato valutato, secondo le previsione di<br />

legge, lʼimpatto sulle popolazioni vicine<br />

dei cattivi odori. Non si è considerato che<br />

a pochi passi dalla discarica di Mazzarà<br />

esiste lʼabitato di Furnari».<br />

I “vizi formali”<br />

Il Cga di Palermo – in attesa di pronunciarsi<br />

sul merito – ha intanto accolto il ricorso<br />

di Tirrenoambiente e sospeso<br />

l’immediata esecutività delle sentenze. Ha<br />

prevalso la tesi, sostenuta dai legali di Tirrenoambiente,<br />

che deve prevalere l'interesse<br />

generale su eventuali vizi formali in<br />

quanto la discarica ha una funzione di<br />

pubblico servizio nelle emergenze igienico<br />

sanitarie di ben 78 comuni siciliani.<br />

amministrative nel Comune di Furnari nel <strong>maggio</strong> 2007, con una serie di<br />

appoggi elettorali che sarebbero stati messi in atto a favore del candidato<br />

Salvatore Lopes e a danno di Foti, sconfitto per soli 17 voti. Lopes<br />

una volta eletto avrebbe poi ricambiato gli esponenti del clan dando appalti<br />

per lavori pubblici e concessioni per l’apertura di attività commerciali.<br />

Il “patto” prevedeva la spartizione tra le imprese “amiche” delle somme<br />

urgenze affidate dopo l’alluvione del dicembre 2008 nei Comuni di<br />

Mazzarrà Sant’Andrea e Furnari. L’operazione Torrente, portò nel 2010<br />

all’arresto anche dell’ex sindaco furnarese Lopes, attualmente imputato<br />

per concorso esterno in associazione mafiosa nell’omonimo processo in<br />

corso presso il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto (Me) dove Foti<br />

oltre ad essersi costituito parte civile è anche uno dei principali testi<br />

dell’accusa.


Il sindaco si sta inoltre opponendo al<br />

progetto della stessa società (in fase di approvazione<br />

presso l’Arta) di ampliamento<br />

e completamento di un impianto di smaltimento<br />

dei percolati da discarica, ritenuto<br />

pericoloso per la salute «considerato che<br />

in quel luogo, a meno di 300 metri, esiste<br />

una riserva idrica protetta, i pozzi del Comune<br />

di Furnari utilizzati per il consumo<br />

umano e a circa un chilometro il mare con<br />

porti e strutture turistiche ed alberghiere».<br />

Un episodio a sé o una strategia?<br />

È legato all’attività amministrativa del<br />

sindaco – sembra che gli inquirenti stiano<br />

indagando in tal senso – oppure c’è un<br />

filo rosso che lega l’attentato a Foti con<br />

gli altri gravissimi episodi che in poche<br />

settimane hanno colpito un maresciallo<br />

dei Carabinieri della Compagnia di Barcellona,<br />

il cronista della Gazzetta del Sud,<br />

Leonardo Orlando, l’imprenditore barcellonese<br />

Coppolino proprietario degli storici<br />

Magazzini Lea, ed un altro sindaco della<br />

zona tirrenica, Alessandro Portaro primo<br />

cittadino di Castroreale? Un “colpo di<br />

coda” dei “Barcellonesi” i cui vertici sono<br />

stati decapitati dalle ultime operazioni antimafia<br />

e dalle defezioni di alcuni dei<br />

principali esponenti del suo “gotha” che<br />

hanno deciso di collaborare con la giustizia?<br />

Di certo è inquietante la recrudescenza<br />

degli atti criminali ed intimidatori indice<br />

che sono saltati gli equilibri nel barcellonese.<br />

Per l’associazione antimafie “Rita<br />

Atria” «l’attentato intimidatorio che ha distrutto<br />

i “Magazzini Lea” di Barcellona<br />

certifica che siamo in “guerra”. Una guerra<br />

condotta a colpi di pistola, teste mozzate<br />

di animali, auto bruciate e, ora, l’incendio<br />

di ben quattro piani di un magazzino<br />

storico. Una “guerra” dichiarata da una<br />

criminalità organizzata che, persi, almeno<br />

momentaneamente, i propri riferimenti<br />

storici, tenta di riprendersi il territorio con<br />

il terrore».<br />

www.isiciliani.it<br />

Sicilia<br />

Antimafia in una<br />

piccola città<br />

A Falcone, non lontano<br />

da Furnari, intanto...<br />

di Rossana Chillemi<br />

«Micciché dice è stato un errore intitolare<br />

l'aeroporto di Palermo a Falcone<br />

e Borsellino, perché chi arriva in Sicilia<br />

si ricorda di essere in terra di mafia…<br />

No! Si ricorda piuttosto di essere in terra<br />

di antimafia!».<br />

La manifestazione “Venti di legalità democratica”,<br />

organizzata dall'associazione<br />

Un’altra storia a Falcone, piccolo centro<br />

della Messina tirrenica, è stata l’occasione<br />

di parlare dell’antimafia che parte dalla<br />

società civile e non più chiusa dietro le<br />

mura dei tribunali, un’azione sociale con<br />

cui ogni cittadino può eliminare dalla propria<br />

vita la minaccia del potere mafioso..<br />

Le due facce della mafia<br />

«La mafia ha due facce - dice Santo Laganà<br />

dell’Associazione Rita Atria - Quella<br />

impresentabile dei vari boss che si sono<br />

resi famosi per una serie di omicidi, e<br />

quella presentabile di coloro che frequentano<br />

i salotti borghesi. E' qui che occorre<br />

colpire: negli ambiti della politica, locale<br />

o nazionale, della finanza, nei settori che<br />

con le loro scelte condizionano la società.<br />

Se la mafia è questa, l'antimafia non può<br />

solo essere fatta di cortei, slogan o ricordi.<br />

È antimafia l’azione di denuncia verso i<br />

mafiosi, ma soprattutto verso i loro compari<br />

che non sono indicati come mafiosi<br />

dalla Giustizia».<br />

Oggi la denuncia non è più una questione<br />

di coraggio, ma forse d’intelligenza e<br />

ne è la prova l’esperienza di Giuseppe<br />

Scandurra, un imprenditore che ha reagito<br />

e che ne ha trascinato con sé altri, tessendo<br />

un percorso di reazione per chi li seguirà.<br />

«La risposta dello Stato deve essere<br />

sicuramente migliorata, però è anche vero<br />

che c’è gente che di fronte all’uccisione di<br />

un genitore non collabora, ma di fronte<br />

alla confisca di un bene, al sequestro di un<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 43<br />

bene decide di farlo. Anche noi dobbiamo<br />

collaborare affinché si cambi».<br />

Cambiare è possibile, basta evitare la<br />

zona grigia, quella in cui tutti sono complici<br />

ma nessuno appare esserlo, affiancando<br />

alla necessità di una politica trasparente<br />

quella di una collaborazione attiva<br />

della società, che deve avvenire attraverso<br />

un approccio culturale nuovo e la mobilitazione<br />

di idee, penetrando nelle coscienze<br />

della gente, indignandosi di fronte a chi<br />

fa affari con soggetti dalle posizioni discutibili,<br />

boicottando l'economia del malaffare.<br />

Azioni semplici ma efficaci se<br />

rese concrete da tutti e da ogni singolo cittadino.<br />

Semplici azioni da buon cittadino<br />

«Non sono obbligato ad entrare in quel<br />

negozio se so che il titolare è in odor di<br />

mafia, c è tanta altra scelta, basta prendere<br />

le distanze, scegliere da che parte stare».<br />

Non si può in ogni caso chiudere gli occhi<br />

di fronte al passato; questo nuovo vento<br />

di speranza che si respira innegabilmente,<br />

è sicuramente importante ma è la<br />

memoria, la capacità di ricordare che deve<br />

insegnare – soprattutto ai <strong>giovani</strong> – che il<br />

ricordo non può essere il confine ultimo<br />

di ciò che è stato. Ricordare sempre, parlarne,<br />

senza paura, come la madre di Attilio<br />

Manca: «Parlare di mafia non era possibile<br />

fino a qualche anno fa a Barcellona<br />

P.G. ma oggi, possiamo dire che le tre C,<br />

mi riferisco a Cassata, Canali e Cattafi,<br />

sono state estirpate e Barcellona ora è più<br />

libera».<br />

Un grande insegnamento la nostra società<br />

ha da percepire, un antidoto a questa<br />

cappa irrespirabile: il ricordo delle stragi,<br />

delle vittime cadute per mano mafiosa, la<br />

memoria che diventa maestra di una<br />

società malata e soggiogata dalle logiche<br />

dell’omertà e della connivenza, ma<br />

soprattutto il dovere che essa ha di<br />

risvegliarsi, d’ indignarsi, e di compiere<br />

l'abbraccio ad una legalità che parte dal<br />

basso, dalla coscienza dei cittadini, in un<br />

terra che per troppo tempo ha sopportato<br />

il fardello di essere conosciuta come terra<br />

di mafia.


Periferie/ Istanbul<br />

Le guerre<br />

”diverse”<br />

Parla un giovane curdo,<br />

che non può dire il<br />

suo nome. Parla di vite<br />

martoriate dalla violenza.<br />

In nome di un razzismo<br />

– turchi contro<br />

curdi – che forse è solo<br />

l'etichetta di un conflitto<br />

fra emarginazione e<br />

potere. Come qui da<br />

noi, nei nostri ghetti<br />

di Alessandro Romeo<br />

e Giovanni Caruso<br />

www.associazionegapa.org<br />

Le vie strette, i bambini che giocano<br />

in strada e gli anziani nei bar, le piccole<br />

botteghe colorate, le strade un po sporche<br />

animate da quella parte della società<br />

legata a lavori umili, alle scelte obbligate<br />

o precluse. Periferie.<br />

Halil è un giovane universitario, ha<br />

vent'anni poco più e tante idee in testa,<br />

come ogni suo coetaneo ha il sogno e la<br />

volontà di cambiare se non il mondo almeno<br />

il suo mondo. Halil vive la sua periferia<br />

due volte, in quanto circoscritta ad<br />

una zona vecchia e povera della città (ma<br />

piena di bellezza e di storia, come spesso<br />

accade anche nelle nostre “periferie del<br />

centro”), ed in quanto periferia dei diritti<br />

dei popoli. Perché Halil vive e studia ad<br />

Istanbul ed e’ di etnia curda, che in Turchia<br />

significa appartenere non solo una<br />

minoranza, ma ad una cultura in ostaggio.<br />

www.isiciliani.it<br />

“Spiegherò i problemi che il popolo<br />

Curdo ha qui in Turchia. Voglio parlare<br />

prima di tutto del passato e di come siamo<br />

arrivati a questa situazione. Quando guardiamo<br />

indietro vediamo i Curdi sotto una<br />

continua oppressione. La loro identità non<br />

riconosciuta”.<br />

Ci vuole parlare Halil della sua gente,<br />

quando diciamo di essere italiani, di<br />

essere interessati alle vicende curde è lui a<br />

chiederci di essere di ascoltato, vuole<br />

rilasciare un’intervista “politica”.<br />

“Il Governo cominciò una politica<br />

fascista discriminatoria. A causa di ciò<br />

molti <strong>giovani</strong> Curdi furono imprigionati e<br />

torturati. Questo diventò motivo per molti<br />

di spostarsi sulle montagne in gruppi e da<br />

lì combattere per mettere fine a questa<br />

tortura ed oppressione verso il proprio popolo.<br />

Cominciarono un offesa militare nominandosi<br />

partito PKK "Partiya Karkeren<br />

Kurdistan”, che in Turco significa Partito<br />

dei lavoratori Curdi”.<br />

Un'intervista “politica”<br />

Come hai detto molti <strong>giovani</strong> hanno deci-<br />

so di nascondersi sulle montagne del Kurdi-<br />

stan per iniziare una resistenza partigiana.<br />

Quali ideali hanno portato ad una decisione<br />

cosi’ difficile?<br />

“Il PKK cominciò l'offesa militare per<br />

liberare il proprio popolo, per la propria<br />

identità. Molte persone persero la vita.<br />

Curdi e Turchi morirono in questa guerra.<br />

Ma essendo una guerra, le persone muoiono<br />

da entrambe le parti. Il motivo di tutto<br />

questo è che i fascisti Turchi non vogliono<br />

accettare e riconoscere il popolo Curdo.<br />

Ma i Curdi arrivano dalla Mesopotamia,<br />

dalla loro terra. I Turchi vi hanno allargato<br />

i loro confini e colonizzato i Curdi che<br />

non accettano questa sottomissione e decidono<br />

di resistergli”.<br />

Credi che oggi, dopo tutte le morti da en-<br />

trambe le parti, abbia ancora senso una resi-<br />

stenza militare?<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 44<br />

“L'offesa militare non ha perso la sua<br />

importanza anche se i Curdi cercano di ottenere<br />

i loro diritti legalmente, democraticamente,<br />

lavorando anche diplomaticamente.<br />

Come fanno? Cominciarono in<br />

Turchia con il loro partito politico, prima<br />

HADEP, poi DTP ed oggi BDP. HADEP e<br />

DTP furono chiusi a causa delle oppressioni<br />

fasciste turche. Molte persone furono<br />

imprigionate, torturate ed alcune persero<br />

la vita. Ma nonostante tutto, oggi i Curdi<br />

sono più organizzati ed ancora continuano<br />

a combattere per i loro diritti in<br />

maniera diplomatica”.<br />

Cosa impedisce allora di trovare un punto<br />

di incontro, di pace, tra il popolo curdo e<br />

quello turco?<br />

“In migliaia hanno perso la vita. Per<br />

questo motivo, Curdi e Turchi oggi vogliono<br />

la pace. Ma alcuni non vogliono<br />

che questa pace avvenga. Forse è l'Iran o<br />

la Syria. Tre donne attiviste del PKK sono<br />

state uccise [il 10 Gennaio nei locali<br />

dell’Istituto curdo di Parigi], un massacro.<br />

Può essere stata la mano Turca, o Iraniana<br />

o Siriana.<br />

I Curdi oggi sono molti e organizzati e<br />

vivendo anche in questi paesi c'è la paura<br />

che possano muoversi bene anche lì. Può<br />

essere che il massacro delle tre attiviste<br />

sia stato fatto per prevenire questa pace.<br />

Noi Curdi la vogliamo la pace, e credo<br />

che anche i Turchi la vogliono. Sono sicuro<br />

che arriverà presto e che vivremo pacificamente<br />

insieme”.<br />

“Un giorno vivremo in pace insieme”<br />

La libertà di un popolo passa sicuramente<br />

dalla sua capacita’ di avere dei figli istruiti.<br />

Tu hai deciso di non limitarti al liceo e iscri-<br />

verti all’università’.<br />

“Essere uno studente è difficile perché<br />

studiare è possibile solo se hai soldi. Ciò<br />

crea ingiustizie e disuguaglianze. Una famiglia<br />

che lavora regolarmente non può<br />

educare i suoi figli come vorrebbe.


Quindi alcuni di loro interrompono lo<br />

studio per il lavoro, mentre quelli che<br />

continuano a studiare non riescono ad ottenere<br />

a scuola i loro diritti. I bambini di<br />

famiglia burjuva possono frequentare<br />

qualsiasi università vogliano, anche se<br />

non studiano, perché queste sono private.<br />

Gli studenti devono indossare un solo tipo<br />

di uniforme. Non siamo contro le uniformi<br />

ma vengono imposte come se fossero<br />

militari. In alcune università c'è la polizia<br />

che non vuole che gli studenti abbiano<br />

una propria visione ideologica e quindi li<br />

opprimono”.<br />

Polizia nelle università<br />

E della condizione delle donne curde cosa<br />

puoi dirci?<br />

“In Turchia le donne Turche e Curde<br />

hanno gli stessi problemi. Ma con una<br />

leggera differenza per le donne Curde. I<br />

loro figli sono stati perseguitati e le "Madri<br />

del Sabato", come le chiamiamo noi,<br />

sono madri che cercano i loro figli dispersi.<br />

In linea generale l'uomo predomina<br />

sulla donna. Accade che le donne non<br />

possano camminare da sole in strada e che<br />

gli uomini irrompono in ogni parte della<br />

vita di una donna, limitandone i diritti”.<br />

In Turchia parlare della situazione curda<br />

può essere pericoloso, perciò hai chiesto di<br />

non essere ripreso per timore di rappresa-<br />

glie della polizia. Hai voluto invece essere<br />

rappresentato da un quadro con un fiore.<br />

“Il colore del fiore è rosso, verde e giallo.<br />

Fatto artigianalmente da un amico in<br />

prigione, i colori simboleggiano la bandiera<br />

Curda. Noi lo guardiamo come un<br />

fiore che si apre alla libertà”.<br />

www.isiciliani.it<br />

“Territori militarmente occupati:<br />

il Kurdistan o un quartiere siciliano.<br />

Da un esercito in divisa<br />

oppure da un potere mafioso”<br />

Nella civile<br />

Italia, invece...<br />

Via delle Salette, quartiere di San Cristoforo,<br />

Catania. Un vento primaverile<br />

spazza le strade e svuota i cassonetti stracolmi<br />

per via dello sciopero dei netturbini,<br />

accanto a questi un uomo e una donna<br />

anziani litigano: “stu cassunettu è do me!”<br />

l’altro risponde: “No, arrivai prima iù!”<br />

Si, litigano perché la miseria e la povertà<br />

li ha portati a questo punto, sono armati<br />

di due bastoni con uncini e con questi rovistano<br />

i cassonetti, chissà o per cercare<br />

qualcosa da poter vendere, o semplicemente<br />

per cercare qualcosa da mangiare.<br />

Certo è strano che a Catania in Sicilia,<br />

in Italia, fra gli otto paesi più ricchi del<br />

mondo si possa assistere a queste scene.<br />

“Mi chiamo Cettina, sono già una donna<br />

matura, quasi anziana e da tanti anni<br />

lavoro presso un’organizzazione religiosa,<br />

come donna delle pulizie, e dai preti non<br />

me l’aspettavo che mi sfruttassero! Infatti<br />

è da diversi mesi che mi danno sempre<br />

meno lavoro e nelle ore che mi rimangono<br />

mi fanno lavorare anche di più.<br />

Ho paura, ogni settimana mi dicono di<br />

ridurre i giorni di lavoro, ho paura che mi<br />

vogliano licenziare, cosa farò? Come andrò<br />

avanti con un figlio che non riesce a<br />

trovare lavoro?”<br />

“Non riesce a trovare lavoro”<br />

“Ho sedici anni e mi chiamo F. ho tanta<br />

voglia di fare un regalo alla mia ragazza,<br />

ho tentato di trovare un lavoro e l’ho trovato,<br />

mi danno venti euro alla settimana<br />

per scaricare i camion pieni di confezioni<br />

d’acqua, mi ammazzo di fatica e a causa<br />

di questo non vado più a scuola, anche<br />

perché la scuola non mi piace più, non mi<br />

dà più niente!<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 45<br />

Mi hanno proposto di “iri a’ spacciari,<br />

mi dissuru ca si vadagna bonu, a’ cosa<br />

m’interessa, accussì ci possu fari u rialu a’<br />

me carusa, i me cumpagni mi dissuru di<br />

stari attentu, picchi a galera è brutta e su<br />

dicuni iddi ca’ l’hannu pruvatu, fossi è<br />

veru!”<br />

Questi frammenti di storia vissute nel<br />

quartiere di San Cristoforo a prima vista<br />

possono non essere paragonate alla storia<br />

di Halil ragazzo curdo che vive in Turchia?<br />

Certo a San Cristoforo non c’è la<br />

guerra, almeno quella guerreggiata, ma<br />

esiste la guerra “a bassa intensità”.<br />

Una guerra “a bassa intensità”<br />

L’esercito turco che opprime con le<br />

armi il popolo curdo potrebbe essere la<br />

mano armata delle mafie o la mala politica<br />

che ti toglie il diritto di avere diritti, togliendoti<br />

le scuole senza possibilità di futuro,<br />

che ti compra un voto “per un pacco<br />

di pasta”.<br />

Un potere politico e mafioso che speculando<br />

sulla povertà dei quartieri fa in<br />

modo di organizzare “un’economia mafiosa”<br />

che costringe intere famiglie a vendere<br />

droga. Famiglie che durante la notte<br />

subiscono le irruzioni armate dentro casa<br />

da parte delle forze dell’ordine che cercano<br />

gli stupefacenti, unica risorsa per guadagnare<br />

quel tanto per vivere la giornata,<br />

perché quelli che guadagnano veramente<br />

sono i pusher e le cosche mafiose del<br />

quartiere.<br />

Certo, diversi anni fa anche qui c’era<br />

una guerra guerreggiata e i morti ammazzati<br />

erano a decine sui selciati delle strade<br />

di San Cristoforo, adesso non si spara più<br />

per uccidere ma la guerra esiste ancora,<br />

così come non esiste la libertà di ogni abitante<br />

del quartiere di scegliere la propria<br />

vita, la propria onestà, di essere considerati<br />

uomini e donne in un Paese che si<br />

dice democratico e si chiama Italia.


www.isiciliani.it<br />

Periferie/ Catania<br />

Il cielo è più grande<br />

qui a Librino<br />

Ghetti dove i bambini<br />

giocano al buio, fra i<br />

rifiuti, fra carcasse<br />

d'automobili e odore<br />

di liquami... Non è il<br />

Terzo mondo, ma la<br />

faccia nascosta delle<br />

nostre città<br />

di Stefania Di Filippo<br />

www.associazionegapa.org<br />

“Sei della televisione?’ Con questa<br />

domanda mi sorprendono dei ragazzini<br />

alti poco più di un metro. Devo proprio<br />

dare l’impressione di un corpo<br />

estraneo al contesto. Il palazzo visto da<br />

giù appare una massa inerte, sventrata.<br />

Un cadavere con gli occhi cavi.<br />

I liquami fognari occupano interamente<br />

la superficie del piano terra, colano giù<br />

dal soffitto, per i gradini delle scale, rendono<br />

il passaggio impraticabile, l’aria insalubre.<br />

Rifiuti d'ogni genere<br />

Rispondo che... no, non sono della televisione.<br />

Mi infilo dentro un buco praticato<br />

nel muro e mi fanno da guida nel<br />

buio di questo mondo sotterraneo, che è<br />

per loro un grande parco giochi.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 46


www.isiciliani.it<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 47<br />

“Non<br />

vivono<br />

qui. Ci<br />

giocano<br />

e basta”


I garage sono pieni di rifiuti di ogni genere.<br />

Brandelli di materassi, carcasse di<br />

elettrodomestici, di automobili bruciate.<br />

Ogni oggetto sembra essere stato catapultato<br />

qui all’interno con l’unico scopo<br />

di depositarsi al suolo e iniziare lentamente<br />

a decomporsi. Natura morta con<br />

caos.<br />

www.isiciliani.it<br />

Non puoi dire a nessuno che vivi qui<br />

No, loro non vivono qui, ci giocano e<br />

basta. Non lo puoi dire a nessuno che<br />

abiti dentro al palazzo. E’ un’onta che<br />

persino un bambino capisce fin troppo<br />

bene. Sarà passata un’ora, due, ho perso<br />

ogni riferimento con l’esterno, nemmeno<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 48<br />

i rumori trapassano più il cemento. Fino<br />

a quando sono di nuovo fuori, alla luce.<br />

Sembra più grande il cielo, qui a<br />

Librino..


www.isiciliani.it<br />

I <strong>Siciliani</strong>g Sicilia i<strong>giovani</strong><br />

v ni – pag. p 49


www.isiciliani.it<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 50


www.isiciliani.it<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 51


no alla guerra,<br />

no al nucleare<br />

Un libro per scoprire che<br />

non esiste un “nucleare<br />

civile” senza applicazioni<br />

militari derivate, non esiste<br />

“energia atomica pulita” senza<br />

rischi inaccettabili, non esistono<br />

“armi sicure” all’uranio impoverito<br />

senza vittime di guerra.<br />

Il figlio di una sopravvissuta alle<br />

radiazioni di Nagasaki ha trasformato<br />

in una appassionata<br />

denuncia a fumetti la cronaca<br />

degli incidenti alle centrali nucleari<br />

giapponesi e statunitensi, che<br />

sono stati nascosti da un velo di<br />

silenzio.<br />

Nana Kobato, studentessa delle<br />

medie, si affaccia sul “lato oscuro<br />

del nucleare”, e scopre i pericoli<br />

delle centrali atomiche, gli effetti<br />

dei proiettili all’uranio impoverito,<br />

le devastazioni ambientali che<br />

uccidono adulti e bambini. In un<br />

racconto a fumetti chiaro e documentato,<br />

Rokuro haku descrive<br />

gli effetti delle guerre moderne<br />

sull’uomo e sull’ambiente, e mette<br />

a nudo i poteri occulti che sostengono<br />

l’energia nucleare.<br />

www.mamma.am/nonuke<br />

ISBN 9788897194002<br />

www.isiciliani.it<br />

rokuro aKu g autor d scaricabi e<br />

mP<br />

the Holy Bile<br />

Il libro degli autori di Scarica-<br />

Bile, il “pdf satirico di cattivo<br />

gusto” che ha ridefinito su<br />

internet la soglia dell’indecenza<br />

con 32 numeri di puro genio e<br />

follia, centinaia di pagine maleducate,<br />

migliaia di lettori incoscienti.<br />

Da oggi lo spirito del magazine<br />

più scorretto d’Italia rivive nel libro<br />

“The holy Bile”, una raccolta<br />

differenziata di scritti e fumetti<br />

inediti su qualunquismo, castità,<br />

religione e sondini terapeutici.<br />

Un concentrato purissimo di<br />

anticlericalismo, blasfemia, coprofagia,<br />

incesto, morte, pedofilia,<br />

prostituzione, sessismo, sodomia,<br />

violenza e volgarità gratuite. In<br />

breve, uno specchio perfetto<br />

dell’Italia moderna, per chi non<br />

ha paura di guardare in faccia la<br />

realtà con le lenti deformanti della<br />

satira.<br />

Testi e disegni di Daniele Fabbri,<br />

Pietro Errante, Jonathan Grass,<br />

Tabagista, MelissaP2, Vladimir Stepanovic<br />

Bakunin, Eddie Settembrini,<br />

Blicero, G., Ste, Perrotta,<br />

Marco Tonus, Mario Gaudio, Flaviano<br />

Armentaro, Maurizio Boscarol,<br />

Mario Natangelo, Alessio<br />

Spataro, Andy Ventura.<br />

www.mamma.am/bile<br />

ISBN 9788897194026<br />

nicola.<br />

r–esistenza precaria<br />

Certi fumetti non possono<br />

farli i radical chic col culo<br />

parato o gli intellettuali<br />

da salotto. Ci voleva un lavoratore<br />

emigrato come Marco “MP”<br />

Pinna, che si è bruciato due settimane<br />

di ferie per partorire la<br />

saga di Nicola, l’antieroe in tuta<br />

blu del terzo millennio.<br />

Un mondo precario dove Nicola<br />

lotta per salvare la sua fabbrica<br />

dalla chiusura, e scopre i trucchi<br />

più loschi con cui i padroni fregano<br />

le classi medio–basse.<br />

Più spericolato di Batman, più<br />

sfigato di Fantozzi, più ribelle di<br />

Spartacus e più solo di Ulisse:<br />

Nicola è il simbolo della nostra<br />

voglia di resistere alle ingiustizie.<br />

Contro di lui un padrone senza<br />

scrupoli e una famiglia senza vergogna,<br />

incarognita dalle mode più<br />

devastanti del momento.<br />

Uno spietato “reality show” a<br />

fumetti, un micromanuale di economia<br />

finanziaria, un prontuario<br />

di autodifesa sindacale ma soprattutto<br />

lo sfogo di satira rabbiosa<br />

di un “artista–operaio”.<br />

Ottanta pagine di sopravvivenza<br />

proletaria: astenersi perditempo.<br />

www.mamma.am/nicola<br />

ISBN 9788897194019<br />

I <strong>Siciliani</strong>giov Sicili i<strong>giovani</strong><br />

ni – pag. p 52<br />

puoi richiedere i volumi su<br />

www.mamma.am/libri<br />

KaNJaNo & car o gubi osa<br />

La mia terra<br />

la difendo<br />

La storia di Giuseppe Gatì, 22<br />

anni, pastore per vocazione,<br />

produttore di formaggi per<br />

mestiere, attivista antimafia per<br />

passione.<br />

Il suo volto è salito agli onori delle<br />

cronache nel dicembre 2008 per<br />

la contestazione al “pregiudicato<br />

Vittorio Sgarbi”, che ha scosso la<br />

città di Agrigento al grido di “Viva<br />

Caselli! Viva il pool antimafia!”<br />

Con l’aiuto degli amici e dei familiari<br />

di Giuseppe, Gubi e Kanjano<br />

hanno scoperto gli scritti, le<br />

esperienze e il grande amore<br />

per la terra di Sicilia di questo<br />

ragazzo, che ha lasciato una eredità<br />

culturale preziosa prima di<br />

morire a 22 anni per un banale<br />

incidente sul lavoro.<br />

Un racconto a fumetti che non<br />

cede alle tentazioni del sentimentalismo<br />

e della commemorazione,<br />

per restituire al lettore tutta la bellezza<br />

di una intensa storia di vita.<br />

www.mamma.am/giuseppe<br />

ISBN 9788897194033


www.isiciliani.it<br />

S C A F F A L E<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 53


Periferie<br />

Munnizza<br />

e omertà<br />

Pochi teppisti e molti<br />

che fanno finta di niente.<br />

E la diossina dilaga<br />

di Domenico Pisciotta<br />

www.associazionegapa.org<br />

Angolo via del Principe – via Mulino<br />

a Vento, è notte a San Cristoforo,<br />

quartiere del centro storico di Catania.<br />

Un uomo si agita, nervosamente, in<br />

mezzo alla strada. La sua voce risuona<br />

tra le case mentre chiede, telefonicamente,<br />

l’intervento dei pompieri. Alle<br />

sue spalle un intero angolo di strada,<br />

ricoperto da spazzatura, sta prendendo<br />

fuoco.<br />

www.isiciliani.it<br />

Altri roghi sono accesi in via Cordai e<br />

in via Plebiscito. Colonne di fumo si alzano<br />

un po’ ovunque.<br />

Sono, ormai, giorni che gli operatori<br />

addetti alla raccolta sono in sciopero.<br />

Cumuli di rifiuti ingombrano le vie, gli<br />

incroci e i marciapiedi, rendendo difficoltosa<br />

la circolazione stradale e pedonale.<br />

Mi fermo con la macchina vicino a un<br />

gruppo di persone e li informo che vicino<br />

le loro abitazioni stanno prendendo fuoco<br />

alcuni cassonetti.<br />

Loro allungano lo sguardo nella direzione<br />

da me indicata, e poi tornano a<br />

chiacchierare come<br />

facevano prima che li<br />

disturbassi.<br />

Nessuna preoccupazione<br />

segna i loro<br />

visi. Non so se si tratta<br />

di disinteresse o<br />

complicità verso chi<br />

ha acceso i roghi; ad<br />

ogni modo, mi allontano<br />

stupito dal loro<br />

disinteresse, per<br />

qualcosa che sta accadendo<br />

a dieci metri<br />

da loro, per qualcosa<br />

che produce diossina<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 54<br />

che può nuocere a loro e alle loro<br />

famiglie.<br />

Mi allontano, mentre risuonano le sirene<br />

dei vigili del fuoco e mentre un palo<br />

della linea telefonica, già gravemente devastato<br />

da precedenti incendi, subisce il<br />

colpo di grazia, lasciando l’intero isolato<br />

senza collegamenti telefonici per qualche<br />

settimana.<br />

Giorni dopo, mentre, ancora, un odore<br />

acre si alza dai cumuli di immondizia,<br />

andata a fuoco, una signora, dal primo<br />

piano della sua abitazione, mi ferma e mi<br />

chiede di gettare, nell’unico cassonetto<br />

rimasto indenne, una bottiglia di plastica<br />

vuota.<br />

Una strana sensazione sulle spalle<br />

Compiuta l’operazione mi fermo a parlare<br />

con lei e, a fine discussione, le dico:<br />

“Certo signora che qualcuno, sicuramente,<br />

avrà dato fuoco ai cassonetti, lei che<br />

dice?”, la signora allarga le braccia e,<br />

successivamente, si porta l’indice della<br />

mano destra davanti al naso. Me ne vado<br />

con una strana sensazione sulle<br />

spalle.Munnizza e omertà.


www.isiciliani.it<br />

Sicilia<br />

L’emergenza rifiuti,<br />

l’incubo Tares e la<br />

miopia della politica<br />

Palermo, Caltanissetta,<br />

Messina. Sono solo<br />

le ultime, in ordine di<br />

tempo, "emergenze" rifiuti<br />

che da più di dieci<br />

anni tormentano<br />

l'Isola del Sole in un<br />

Mare di Luce.<br />

di Carmelo Catania<br />

Quotidianamente i telegiornali, anche<br />

nazionali, ci riversano addosso immagini<br />

di chilometri e chilometri di<br />

munnizza accatastata per le strade.<br />

Ci sono stati anche amministratori<br />

pubblici che hanno addirittura invocato<br />

lo stato di calamità, come se la smisurata<br />

produzione di rifiuti degli isolani sia paragonabile<br />

ad un terremoto o ad un alluvione.<br />

Non scherziamo. La disastrosa situazione<br />

in cui ci troviamo non è frutto di<br />

eventi imprevedibili e incontrollabili<br />

dall'uomo, anzi è proprio l'opposto. È<br />

proprio colpa nostra!<br />

Siamo noi con il nostro ormai non più<br />

sostenibile modello di sviluppo e consumo<br />

a produrre troppi rifiuti e troppo<br />

velocemente per la capacità finanziaria e<br />

gestionale degli enti locali.<br />

È stata la miopia dimostrata dalla politica,<br />

a tutti i livelli, che ha generato lo<br />

stato attuale di emergenza finanziaria degli<br />

enti.<br />

Ce lo dice l’Europa<br />

Qualche esempio? A Messina, capoluogo<br />

e provincia producono circa<br />

350.000 tonnellate all’anno di rifiuti, il<br />

cui costo di conferimento in discarica è<br />

di decine di milioni di euro. Sembrerebbe<br />

dunque ovvio che per affrontare<br />

l’emergenza, sanitaria e finanziaria, i<br />

principali e più urgenti provvedimenti<br />

dovrebbero essere tesi ad una riduzione<br />

dei quantitativi che vengono conferiti in<br />

discarica.<br />

In verità il Decreto Legislativo n. 205<br />

del 3/12/2010, che ha recepito la Direttiva<br />

Europea 2008/98/CE “La società del<br />

Riciclaggio”, stabilisce che prima del<br />

conferimento in discarica si debbano attuare<br />

in ordine di priorità a) la prevenzione<br />

dei rifiuti; b) il riuso ed il recupero dei<br />

materiali post-consumo; c) il riciclo; d)<br />

l’eventuale recupero energetico e in ultimo,<br />

per quel poco che resta, e) lo smaltimento.<br />

Tutti gli enti locali che non operano<br />

secondo questa gerarchia sono dunque<br />

fuorilegge ed esposti sanzioni europee,<br />

con ulteriore aggravio dei costi per i<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 55<br />

contribuenti.<br />

Le soluzioni pratiche ci sono, come<br />

quella portata avanti dalla Rete nazionale<br />

Rifiuti Zero – che in questi mesi sta raccogliendo<br />

le firme per una legge di iniziativa<br />

popolare – improntata al massimo<br />

recupero dei materiali post-consumo.<br />

Sembrerebbe l’uovo di Colombo e visto<br />

che la raccolta differenziata in Sicilia è<br />

ferma a pochi punti percentuale, bisognerebbe<br />

chiedersi quali interessi economici<br />

la riduzione dei rifiuti lede.<br />

La Tares peggiorerà la situazione<br />

Intanto l’emergenza finanziaria sarà ulteriormente<br />

aggravata dall'entrata in vigore,<br />

ancora non si sa quando, ma è solo<br />

questione di pochi mesi, della Tares, la<br />

nuova imposta comunale che accorpa in<br />

sé tutta una serie di servizi (strade, illuminazione<br />

pubblica) tra i quali la gestione<br />

del servizio di igiene urbana.<br />

Un’imposta che per come è stata, malamente,<br />

concepita porterà al raddoppio<br />

dell’imposizione e, conseguentemente,<br />

all’evasione. Essendo basata sulla metratura<br />

degli immobili invece che sulla produzione<br />

effettiva dei rifiuti, non incentiverà<br />

il cittadino a tenere separati in casa i<br />

rifiuti e meno che mai a servirsi delle<br />

isole ecologiche, visto che pagherà quanto<br />

chi, meno responsabilmente, produce<br />

montagne di spazzatura. Una soluzione<br />

insostenibile che non incentiva la riduzione<br />

dei rifiuti e quindi non risolverà<br />

l’emergenza.


www.isiciliani.it<br />

Modica/ Prestiti a tassi minimi per truffare le aziende<br />

Attenti al miracolo<br />

tarocco...<br />

Profonda crisi, profondo<br />

rosso: aziende in<br />

panne davanti al miraggio<br />

di un prestito a<br />

tassi minimi. Ma la<br />

truffa è dietro l'angolo<br />

di Francesco Ragusa<br />

www.ilclandestino.info<br />

Una congiuntura finanziaria, divenuta<br />

praticamente uno status quo,<br />

continua a mettere in ginocchio le piccole<br />

e medie imprese. Una crisi cronica<br />

di liquidità per le aziende che innesca<br />

un circolo vizioso paradossalmente letale:<br />

fidi bancari esauriti, serie di cartelle<br />

Serit / Equitalia come incubi, RID<br />

rispediti al mittente, nuovi ordini bloccati,<br />

Enel sul piede di guerra.<br />

É a questo punto che prende il via<br />

una faticosa ed estenuante, ma allo stesso<br />

tempo vitale, ricerca di denaro. Corsa a<br />

ostacoli che può contare su metodi più o<br />

meno legali per raggiungere l'obiettivo.<br />

Primo e naturale approdo è rappresentato<br />

dagli istituti bancari, assai restii negli ultimi<br />

tempi a concedere credito.<br />

Ragioni più o meno valide conducono<br />

al rifiuto della richiesta di prestito. Un<br />

“no” pesante che porta l'imprenditore a<br />

rivolgersi ad “amici” in grado di prestare<br />

denaro con tassi di interessi a livelli di<br />

usura.<br />

Ma non basta: c'è chi propone vie<br />

d'uscita miracolose, a mò di specchietti<br />

per allodole, nel tentativo di trarre in<br />

“trappola” soggetti già duramente colpiti<br />

a livello economico.<br />

É il caso di S. J., truffatore francese che<br />

ha scelto Modica e la provincia di Ragusa<br />

come terreno di battaglia..<br />

Tutto parte da un messaggio, assai allettante,<br />

inserito strategicamente su diversi<br />

siti di annunci: si offrono prestiti, fino al<br />

milione di euro, con interessi al 2%, rimborsabili<br />

in un lasso di tempo a scelta.<br />

Fino a un milione, al 2% di interesse<br />

Roba da far sbrilluccicare gli occhi<br />

ad un imprenditore in panne che si ritroverebbe<br />

davanti ad una manna dal cielo<br />

in versione 2.0, un'iniezione di liquidità<br />

con tassi praticamente nulli rispetto a<br />

quelli proposti dalle banche (nell'ordine<br />

dell'8%). Basta mandare una mail, e<br />

chiedere <strong>maggio</strong>ri informazioni.<br />

Alla richiesta la controparte, con il<br />

nome italianizzato S. G., risponde in una<br />

lingua evidentemente ricavata da una traduzione<br />

fatta con Google Translate. Si ribadisce<br />

la disponibilità del prestito e si<br />

invita ad inviare una serie di dati, alcuni<br />

sensibili: nome, cognome, città, carta<br />

d'identità, iban su cui ricevere la somma<br />

richiesta. E poi reddito mensile, durata<br />

del prestito, occupazione.<br />

Si chiede qualche delucidazione, le<br />

risposte possono sembrare sensate.<br />

Vengono inviati i parametri del credito:<br />

importo richiesto 100.000 euro rimborsato<br />

in sessanta mesi. Rate mensili di<br />

1.752,78 euro, la prima nel Giugno <strong>2013</strong>.<br />

Il totale rimborsato, dopo i cinque anni,<br />

sarà di 105.166,56 euro, interessi veramente<br />

minimi. Non si chiede nessuna garanzia,<br />

nessuna prova dei dati poco prima<br />

inviati. Cosa succede nel caso che<br />

una rata non venga pagata? Giusto una<br />

“piccola” penale di 48 euro.<br />

A questo punto entra in campo un<br />

nuovo soggetto, assolutamente fittizio: il<br />

notaio.<br />

Contratto maccheronico<br />

Nel giro di poche ore giunge una bozza<br />

di contratto, anch'esso redatto in una lingua<br />

“maccheronica”, da rimandare indietro<br />

firmato e scannerizzato. Si tratta di un<br />

pdf, sullo sfondo un logo con la scritta<br />

“le notaire”. L'aria è fortemente farlocca.<br />

Indicazione del prestatore, del mutua-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 56<br />

tario. E qualche<br />

clausola:<br />

“L'istituto di<br />

credito concede<br />

in comodato<br />

per l'uso principalmente<br />

rimborso in<br />

conformità con<br />

le disposizioni<br />

degli articoli<br />

1875 e seguenti<br />

del codice<br />

civile, che il<br />

destinatario lo accetta, secondo le<br />

condizioni, i termini e gli obblighi di<br />

legge e la pratica, e specialmente in<br />

quelli specificato nel presente contratto,<br />

il seguente importo: 100.000,00 €<br />

(euro) / tasso di interesse: 2%. Scopo del<br />

prestito via [indirizzo indicato poco<br />

prima via mail]”.<br />

Firma del prestatore, spazio per la firma<br />

del mutuatario, e il timbro del notaio appositamente<br />

tagliato nel punto in cui dovrebbe<br />

essere indicata città e numero di<br />

telefono. Una piccola genialata.<br />

Il contratto, compilato, viene rispedito<br />

via mail. A questo punto la svolta: per il<br />

prestito è tutto ok, basta fare un piccolo<br />

versamento per spese notarili di 330<br />

euro, e poi la somma di 100.000 euro<br />

sarà accreditata nel giro di quarantotto<br />

ore. Sembra quasi un miracolo. Miracolo<br />

francese, miracolo tarocco.<br />

S.J. chiede di ricevere la somma<br />

tramite trasferimento Western Union.<br />

Western Union è, in maniera assai<br />

rinomata, la modalità di pagamento<br />

preferita dai truffatori e quella meno<br />

tracciabile dalle Forze dell'Ordine.<br />

I 330 euro inviati, considerati a mò di<br />

obolo per spese notarili, appaiono come<br />

un sacrificio accettabile per poter risolvere<br />

i problemi economici.<br />

Il truffatore, intascato il contante, scappa<br />

via. E scompare. Ogni suo riferimento<br />

è falso, il magheggio è compiuto. Tutto è<br />

pronto per “colpire” un nuovo soggetto.<br />

L'annuncio è ancora lì, e attende un'altra<br />

azienda della provincia.


Ottantanove<br />

inchieste<br />

hanno partecipato alla seconda edizione del<br />

“Premio Gruppo dello zuccherificio per il<br />

giornalismo d’inchiesta”. Fra i vincitori diverse<br />

"firme" della rete dei <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>: Antonio<br />

Mazzeo per l'inchiesta “Mafia-Stato. La trattativa<br />

continua ora”, Claudia Campese per<br />

“Confiscate e abbandonate” (su CtZen), i ragazzi<br />

del "Clandestino" di Modica per l'inchiesta<br />

"Amici strozzini", Ester Castano per le inchieste<br />

su "Stampoantimafioso" e "Altomilanese".<br />

www.isiciliani.it<br />

Giornalisti coraggiosi<br />

Un premio speciale - per il lunghissimo e<br />

costante impegno di giornalismo e militanza antimafia<br />

- è stato assegnato a Fabio D'Urso, uno<br />

dei primissimi redattori dei <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> che<br />

domenica 19, insieme a Luciano Bruno e altri<br />

colleghi, parlerà al meeting dell'informazione<br />

libera su “Combattere la mafia... questione di<br />

coraggio?”.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 57


Italia/ Minori sotto tiro<br />

Achtung<br />

ragazzini<br />

Roma, pesante operazione<br />

nei centri accoglienza.<br />

Tre minorenni<br />

finiscono al Cie<br />

di Bruna Iacopino<br />

www.liberainformazione.org<br />

Valentina riaggancia il telefono e la<br />

gioia esplode sul suo viso. L'incubo<br />

sembra essere finito, i ragazzi sono<br />

tornati al centro di accoglienza dopo la<br />

notte passata al Cie di Ponte Galeria.<br />

“Andiamo a trovarli?” dice guardando<br />

Eva con gli occhi pieni di lacrime.<br />

“Certo che ci andiamo” risponde Eva,<br />

allargando le labbra in un sorriso. La<br />

tensione accumulata negli ultimi giorni<br />

vola via in pochi secondi.<br />

Eva e Valentina sono due volontarie<br />

dell'associazione Yomigro, e negli ultimi<br />

giorni, alla vigilia di Pasqua, sono state<br />

involontarie protagoniste di un caso di<br />

“mala gestione” da parte del comune di<br />

Roma ai danni di alcuni minori stranieri<br />

non accompagnati, ospiti di uno dei tanti<br />

centri sorti nella capitale anche in seguito<br />

alla cosiddetta emergenza Nord-Africa.<br />

Una vicenda con pesanti anomalie ma<br />

che per essere capita necessita di un paio<br />

di passi indietro.<br />

Ottobre 2012. La cronaca locale di Repubblica<br />

titola: “La Procura indaga sui<br />

finti minorenni - Nel fascicolo i nomi di<br />

400 falsi adolescenti. Ai raggi X gli atti<br />

dei vigili e i certificati medici, nel mirino<br />

ci sono gli immigrati indagati per aver<br />

detto il falso.”<br />

www.isiciliani.it<br />

In sostanza sembra che a un certo punto,<br />

in seguito alla gestione emergenziale<br />

e caotica seguita agli ingressi del 2011,<br />

con l'emergenza nord Africa, ci si sia accorti<br />

che la <strong>maggio</strong>r parte delle persone<br />

che avevano ricevuto ospitalità dentro i<br />

centri tutto fosse tranne che minorenne,<br />

grazie anche all'aiuto di medici, avvocati<br />

e vigili compiacenti. Un business vero e<br />

proprio alimentato abbondantemente dai<br />

fondi stanziati per l'emergenza e ormai<br />

finiti. Passano i mesi e dell'inchiesta non<br />

si trovano notizie o riscontri recenti. I<br />

centri però continuano a riempirsi di<br />

nuovi ragazzi che nulla hanno più a che<br />

fare con l'emergenza Nord-Africa e che<br />

per la <strong>maggio</strong>r parte provengono dal<br />

Bangladesh.<br />

Ottocento ragazzi<br />

Primi di marzo <strong>2013</strong>. Ai centri di accoglienza<br />

per minori cominciano ad arrivare<br />

una serie di fax con elenchi di nomi di<br />

presunti finti minori a cui viene richiesto<br />

di presentarsi in dipartimento per una verifica:<br />

“ Qui ai ragazzi viene offerta la<br />

possibilità di dichiararsi <strong>maggio</strong>renni, lasciare<br />

immediatamente il centro e beccarsi<br />

un'espulsione” si legge nel comunicato<br />

diramato da Yomigro. “In caso di rifiuto,<br />

il giorno seguente vengono sottoposti<br />

ad una seconda visita medica di accertamento<br />

dell’età presso l’Ospedale<br />

militare del Celio, e lì dichiarati <strong>maggio</strong>renni.<br />

Allontanati immediatamente dal<br />

centro con un provvedimento di espulsione<br />

e una denuncia penale per esibizione<br />

di documenti falsi, falso ideologico e<br />

truffa ai danni dello Stato.” L'operazione,<br />

sostiene Yomigro, potrebbe riguardare<br />

fino a ottocento ragazzi.<br />

Il tutto, dicono le due volontarie senza<br />

che sia data loro una spiegazione ed, essendo<br />

minori (anche se presunti), senza<br />

la possibilità di una tutela legale essendo<br />

tutore per loro il responsabile del centro.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 58<br />

Direttamente a Ponte Galeria<br />

L'incubo inizia martedì 26 marzo, di<br />

sera verso l'ora di cena. Tre ragazzi bengalesi,<br />

precedentemente portati al Celio<br />

per l'accertamento dell'età in seguito ad<br />

una visita piuttosto invasiva e che niente<br />

hanno a che fare con gli arrivi dell'emergenza<br />

Nord Africa, mi spiegano le due<br />

volontarie, vengono prelevati dal centro<br />

di accoglienza San Michele e, in quanto<br />

giudicati <strong>maggio</strong>renni, “buttati” letteralmente<br />

in strada insieme ai loro effetti<br />

personali con l'obbligo di presentarsi il<br />

giorno dopo presso l’U.O. di Sicurezza<br />

Pubblica della Polizia Locale di Roma<br />

Capitale a Ponte di Nona.<br />

Quando arrivano a Ponte di Nona con<br />

un giorno di ritardo rispetto a quello loro<br />

indicato, dopo aver vagato per la città e<br />

aver passato un'altra notte all'addiaccio<br />

accade il peggio: in quanto <strong>maggio</strong>renni<br />

vengono accompagnati direttamente al<br />

Cie di Ponte Galeria per non aver ottemperato<br />

all'obbligo di recarsi all'ufficio<br />

operativo il giorno stabilito.<br />

Visibilmente molto <strong>giovani</strong><br />

I tre, visibilmente molto <strong>giovani</strong> anche<br />

agli occhi del personale del Cie, vengono<br />

sottoposti ad una nuova visita, e per uno<br />

di loro la minore età verrà dichiarata la<br />

mattina successiva, in ogni caso dovrà<br />

trascorrere la notte al Cie, nella sezione<br />

maschile.Per gli altri due l'attesa sarà più<br />

lunga.<br />

In seguito alle pressioni esercitate<br />

dall'associazione, e, probabilmente in<br />

virtù dei dubbi ancora legati alla loro età<br />

anagrafica, i due ragazzi rimasti trascorrono<br />

la notte di venerdì nella sezione<br />

femminile, in una stanza a parte. Potranno<br />

uscire solo nel pomeriggio di sabato<br />

30 marzo, dopo ulteriori accertamenti<br />

fatti in altre strutture.


Vittime due volte<br />

“Noi non sappiamo se dietro la storia<br />

dei finti minori ci sia un business vero e<br />

proprio- commenta Valentina prima di<br />

correre dai “suoi ragazzi”- quello che<br />

sappiamo per certo è che con questa operazione<br />

sono vittime due volte, vittime<br />

della tratta, di cui peraltro nessuno si è<br />

preoccupato di chiedere loro conto, vittime<br />

di questa operazione che colpevolizza<br />

loro, ultimo anello della catena spingendoli<br />

verso le dimensione del nero e<br />

del sommerso.”<br />

“Quando tutto questo sarà finito si legge<br />

ancora nel comunicato di denuncia-<br />

quanti minori non accompagnati avranno<br />

ancora il coraggio di emergere? Quante<br />

<strong>giovani</strong> e <strong>giovani</strong>ssime vittime di traffico<br />

o truffe saranno disposte a denunciare<br />

chi si è approfittato di loro? Sicuramente<br />

pochissimi. Gli altri troveranno nuovi<br />

faccendieri, pronti a vendergli a caro<br />

prezzo la speranza di un futuro<br />

migliore.”<br />

L'emergenza Nord Africa<br />

I centri di accoglienza per minori, stando<br />

al sito del comune di Roma sarebbero<br />

solo sei, divenuti molti di più ( 19 in tutto<br />

il Lazio) con una capienza che si aggira<br />

intorno alle 2.000 persone in seguito<br />

all'emergenza Nord Africa e foraggiati<br />

fino a dicembre dello scorso anno dai<br />

fondi stanziati per la stessa dal Ministero<br />

dell'interno.<br />

In data 20 febbraio il sindaco Alemanno<br />

scrive così in una lettera inviata al ministro<br />

dell'Interno, Anna Maria Cancellieri,<br />

e al prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro<br />

per chiedere il rimborso di quanto<br />

anticipato dal comune in fatto di accoglienza<br />

minori: ''Roma Capitale vive da<br />

anni la difficile condizione di “Città di<br />

secondo sbarco”, per ciò che riguarda la<br />

www.isiciliani.it<br />

tematica dei Minori Stranieri Non<br />

Accompagnati (i cosiddetti 'Misna') che<br />

pone nella diretta responsabilita' del<br />

Sindaco della Città nella quale viene<br />

identificato il minore, l'onere della<br />

protezione dello stesso. Già prima degli<br />

eventi socio politici che hanno<br />

interessato il Nord Africa, Roma<br />

sopportava l'accoglienza del 30% dei<br />

Misna presenti sul territorio nazionale<br />

(1.500 su un totale di 5.000), con uno<br />

sforzo a carico del Bilancio comunale di<br />

circa 15 milioni di euro, solo parzialmente<br />

coperto dai trasferimenti dello Stato<br />

(circa il 20% delle risorse necessarie).<br />

Dalla emanazione dell'Ordinanza 3933<br />

del 2011, stiamo inoltre affrontando la<br />

difficile situazione dei Minori provenienti<br />

dall'Emergenza Nord Africa per la quale<br />

Roma Capitale ha subito il raddoppio<br />

delle ordinarie presenze di minori che<br />

sono divenuti quasi 2.800, comportando<br />

una spesa straordinaria nel 2012 di quasi<br />

20 milioni''.<br />

Stando alla cronaca, e all'inchiesta avviata<br />

dalla procura, la cifra versata per<br />

ogni ospite si aggirerebbe intorno ai 70<br />

euro al giorno, cifra che tuttavia, denunciano<br />

alcune associazioni, non corrisponderebbe<br />

a effettivi servizi erogati, a partire<br />

dai kit personali, alla biancheria, al<br />

pocket money, fino all'abbonamento per i<br />

mezzi pubblici. E che il più delle volte,<br />

come sembra ormai accertato va a coprire<br />

anche quelli che sono i falsi minori.<br />

Quante anomalie in questa vicenda<br />

Secondo Salvatore Fachile avvocato<br />

dell'Asgi (Associazione studi giuridici<br />

sull'immigrazione) che sta seguendo la<br />

vicenda nel complesso e nello specifico<br />

in seguito al mandato affidatogli da 4 ragazzi<br />

ormai ex-ospiti dei centri di accoglienza,<br />

le anomalie in questa vicenda<br />

sarebbero molteplici.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 59<br />

“Nessuno<br />

giochi<br />

con le nostre<br />

vite”<br />

Senza ordine della magistratura<br />

“Quello che sappiamo per certo è che<br />

si tratta di un controllo a tappeto a partire<br />

dagli ultimi arrivi per andare a ritroso nel<br />

tempo fino agli arrivi della cosiddetta<br />

emergenza nord Africa; la procedura è di<br />

carattere amministrativo dunque non c'è<br />

un ordine individuale da parte della magistratura<br />

- e qui sta il suo punto debole,<br />

sottolinea Fachile - Diventa penale solo<br />

successivamente, quando l'ospite, dichiarato<br />

<strong>maggio</strong>renne, oltre al decreto di<br />

espulsione viene accusato di reati pesantissimi”.<br />

“Come Asgi - continua - ci stiamo<br />

muovendo per intraprendere azioni di<br />

carattere politico e poter fermare questa<br />

assurda procedura”.<br />

La protesta delle associazioni<br />

Quanto al caso dei tre ragazzi bengalesi<br />

riconosciuti minorenni in seguito alla<br />

visita fatta nel Cie, Fachile non ha dubbi:<br />

“Questa è la dimostrazione di come la<br />

macchina messa in moto abbia diverse<br />

falle e gli accertamenti fatti al Celio non<br />

siano infallibili, il caso di questi tre ragazzi<br />

ne è la dimostrazione... e poi c'è il<br />

fatto grave che tre minori abbiano dormito<br />

dentro un Cie...”. Ovvero tutti gli<br />

estremi per intraprendere un'azione legale<br />

pesante quanto questa operazione.<br />

A reagire però in maniera convinta<br />

sono stati i ragazzi ospiti dei centri, che<br />

in prima battuta hanno deciso di presidiare<br />

il dipartimento delle politiche sociali<br />

in via Merulana per un'intera mattinata e<br />

successivamente, accompagnati da associazioni<br />

e comitati, hanno fatto sentire il<br />

loro grido di protesta a piazza Venezia,<br />

come a dire: “ Nessuno giochi con le nostre<br />

vite...” ottenendo la promessa di un<br />

interlocuzione con il Comune.<br />

Peccato che, a distanza di un mese, attendano<br />

ancora di essere convocati.


www.isiciliani.it<br />

Società civile<br />

Il Sud, le mafie<br />

Le donne si raccontano<br />

Magistrate, letterate,<br />

sociologhe, amministratrici,<br />

fotografe e<br />

giornaliste. Insieme<br />

per costruire una nuova<br />

antimafia<br />

di Norma Ferrara<br />

www.liberainformazione.org<br />

Alla Casa internazionale delle donne,<br />

tre giorni di dibattiti, performance teatrali<br />

e musicali, analisi e confronto su<br />

“I Sud e le mafie e le donne” universi<br />

per troppo tempo considerati distanti e<br />

raccontati per stereotipi.<br />

L’iniziativa, organizzata in collaborazione<br />

con la Società Italiana delle Letterate,<br />

Libera e daSud, ha messo al centro<br />

l’analisi delle “trasformazioni messe in<br />

atto dalle donne nel contesto in cui vivono,<br />

portando al centro del convegno da un<br />

lato le testimonianze delle donne impegnate<br />

in prima linea contro mafie e corruzione<br />

e dall’altro la narrazione del sé e dei<br />

tanti Sud in cui le donne vivono e operano,<br />

come luogo di partenza e ”re/esistenza”<br />

alle mafie.<br />

E ha ragionato sui tanti ”Sud” come<br />

paesaggi interiori, come luoghi<br />

dell’immaginario, che entrano in relazione<br />

con le donne, diventando da luogo<br />

dell’assenza e dello spaesamento, luogo<br />

della presenza, dell’essenza e della trasformazione<br />

collettiva del sé e della società.<br />

Molte di loro sono giornaliste, impegnate<br />

nei Sud dell’informazione, come<br />

Angela Corica, Marilena Natale e Ester<br />

Castano. Altre sono amministratrici locali,<br />

“le sindache” Elisabetta Tripodi, prima<br />

cittadina di Rosarno, Maria Carmela<br />

Lanzetta, sindaca di Monasterace. Ma<br />

anche registe, scrittrici, studiose del<br />

femminismo, come Gisella Modica e<br />

Emma Baeri. Tre giorni in cui la storia di<br />

donne come Lea Garofalo, uccisa a<br />

Milano nel 2009 e Giusi Pesce, attuale<br />

collaboratrice di giustizia in Calabria,<br />

sono state al centro della riflessione<br />

attuale sul potere di cambiamento e<br />

rottura dei sistemi e della subcultura<br />

mafiosa che le donne hanno dentro e fuori<br />

dall’organizzazione criminale nei tanti<br />

Sud in cui vivono.<br />

Un punto di ri-partenza<br />

Franca Imbergamo, magistrata, ha ricordato<br />

alle donne che l’unico modo per capire<br />

e contrastare un fenomeno così radicato<br />

nella nostra società come quello criminale,<br />

nel quale le donne hanno fatto anche<br />

la loro parte, è abbandonare l’atteggiamento<br />

dell’entomologo “quello di chi<br />

studia un insetto, un qualcosa che è altro<br />

da sé. L’unico modo per essere efficaci è<br />

sporcarsi le mani, scegliere la giusta di<br />

stanza dal fenomeno che vogliamo capire,<br />

trovare il coraggio di guardare interrogandoci<br />

con <strong>maggio</strong>re franchezza, con più<br />

onestà”.<br />

Un convegno che è un punto di ri-partenza,<br />

che ha permesso a molte donne impegnate<br />

da anni sui territori di prendere la<br />

parola, confrontare i metodi dell’analisi<br />

narrativa e sociologica, per un nuovo percorso<br />

antimafia che parta soprattutto dalle<br />

tante donne che sui territori, dalla Cala-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 60<br />

bria alla Lombardia, hanno scelto da che<br />

parte stare nella battaglia antimafia.<br />

Una lotta che per molte di loro coincide<br />

con l’affermazione di sé dei propri diritti<br />

di persona, una battaglia individuale che<br />

diventa immediatamente politica. E che<br />

appartiene, dunque, immediatamente a<br />

tutti noi.<br />

Alcuni interventi della tre giorni “I Sud,<br />

le mafie. Le donne si raccontano”<br />

La sindaca di Rosarno, Elisabetta Tripodi<br />

– “Chi me lo fa fare? il mio senso civico,<br />

la necessità di non restare alla finestra<br />

a guardare il disastro che si stava compiendo<br />

sotto i nostri occhi”<br />

Maria Carmela Lanzetta, sindaca di<br />

Monasterace, interviene via skype al convegno<br />

e racconta la sua lotta contro la<br />

‘ndrangheta fatta solo di buona amministrazione,<br />

di un comune che funzioni, di<br />

un territorio che valorizzi le sue risorse<br />

culturali e storiche.<br />

Ludovica Ioppolo, ricercatrice e sociologa,<br />

impegnata con Libera. Al convegno<br />

porta il suo contributo di analisi<br />

dell’impegno antimafia delle donne sui<br />

territori, la loro lotta per “re/esistere” alle<br />

mafie, le storie di “Al nostro posto” il libro<br />

scritto a quattro mani con Martina<br />

Panzarasa, che racconta le storie di sei<br />

donne impegnate sul fronte ”antimafia”.<br />

Alessandra Clemente, figlia di “Silvia<br />

Ruotolo”, vittima innocente della camorra.<br />

Attualmente è neo assessore al Comune<br />

di Napoli. Alessandra è impegnata da<br />

anni nei percorsi di educazione alla legalità<br />

e memoria. In questi mesi ha intrapreso<br />

una nuova sfida: portare questo percorso<br />

antimafia direttamente al servizio dei <strong>giovani</strong>,<br />

attraverso l’azione dell’amministrazione<br />

pubblica. “Una sfida che mi appassiona,<br />

che mi mette anche un po’ di paura.<br />

Ma è più forte la voglia di farcela”.


Memoria<br />

'U Parrinu<br />

“Storia di Padre Pino<br />

Puglisi ucciso dalla<br />

mafia”. La vicenda di<br />

un cristiano che ha difeso<br />

il suo popolo, senza<br />

odio e senza paura<br />

di Claudio Zappalà<br />

Nel ventesimo anniversario della<br />

morte di Padre Pino Puglisi, la Chiesa,<br />

il 25 <strong>maggio</strong>, lo proclamerà Beato. La<br />

cerimonia si svolgerà allo stadio Barbera<br />

di Palermo e si prevede<br />

un’affluenza di 35 mila persone.<br />

Tra gli eventi che fanno da contorno<br />

alla cerimonia di beatificazione si inserisce<br />

lo spettacolo U parrinu – Storia di<br />

Padre Pino Puglisi ucciso dalla mafia<br />

che andrà in scena il 22 <strong>maggio</strong> nella<br />

chiesa di S.Gaetano a Brancaccio.<br />

Lo spettacolo è scritto e interpretato da<br />

Christian Di Domenico, attore e insegnate<br />

di recitazione 44enne, figlio di genitori<br />

meridionali, vissuto in Lombardia per<br />

trent’anni e che adesso, per un caso di<br />

emigrazione al contrario, vive e lavora a<br />

Bari.<br />

www.isiciliani.it<br />

Titoletto<br />

Come affronti il tema della mafia in<br />

questo spettacolo, tu che la mafia l’hai<br />

sempre vista da lontano?<br />

“Non vivendo quelle realtà ho avuto<br />

solo la possibilità di sfiorare episodi. Ho<br />

passato, da quando ero piccolo fino<br />

all’adolescenza, ogni estate tra Gela e<br />

Manfria, e ogni estate episodi ne accadevano,<br />

e avevano a che fare, non voglio<br />

chiamarlo malcostume, con attitudini.<br />

Poi ho avuto una ragazza calabrese, e<br />

cambiamo settore, Ndrangheta, e per sette<br />

anni le estati le passavo li. Adesso<br />

vivo a Bari, e i miei suoceri hanno dovuto<br />

aprire e chiudere diversi negozi per<br />

non pagare il pizzo. Tutto questo io non<br />

so se sia mafia, o quella mafia. Sicuramente<br />

sono molto lontano da Palermo e<br />

dalla Sicilia.”<br />

Lo storia che Christian vuole raccontare,<br />

più che del Beato Padre Pino Puglisi,<br />

o del prete antimafia, è la storia di una<br />

persona di famiglia: “Mia madre era finita<br />

in collegio a Palermo e in quegli anni<br />

ha avuto la fortuna di conoscere Padre<br />

Pino come guida spirituale, come confessore,<br />

come insegnante di religione.<br />

Quando poi è emigrata in un paese vicino<br />

Monza, a Brugherio, dove io sono<br />

nato, sono sempre stati in contatto; è venuto<br />

a celebrare il matrimonio dei miei<br />

genitori; ogni anno, quando poteva, qual-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 61<br />

che giorno di vacanza li veniva a passare<br />

da noi”.<br />

Lo spettacolo del 22 <strong>maggio</strong> in realtà è<br />

un evento speciale, più che una prima nazionale:<br />

“Ho voluto offrire questo ricordo.<br />

Non volevo essere al di fuori<br />

dell’organizzazione della Chiesa di Palermo.<br />

Stiamo ancora cercando fondi per<br />

avere una produzione che mi permetta di<br />

raggiungere le parrocchie senza avere<br />

una ricaduta sul costo dei biglietti per i<br />

ragazzi.”<br />

Lo spettacolo infatti verrà rappresentato<br />

principalmente negli oratori di tutte<br />

le chiese d’Italia che vorranno ospitarlo.<br />

“Vorrei caricarmi della piacevole<br />

responsabilità di portare a quanti più ragazzi<br />

possibile questa storia, far conoscere<br />

questa parabola; ma non l’apologia<br />

di un santo, ma le azioni semplici che lui<br />

conduceva da uomo, profondamente radicati<br />

nella Fede e nel senso del giusto.<br />

Lui diceva: Se ognuno di noi fa qualcosa<br />

allora si può fare tanto”.


www.isiciliani.it<br />

Dalla Sicilia a Bologna<br />

Gli omaggi di<br />

William Manera<br />

Nella città di Lucio Dalla<br />

è successo qualcosa...<br />

di Salvo Ognibene<br />

www.diecieventicinque.it<br />

Abbiamo conosciuto William Manera<br />

l’anno scorso, grazie a Bologna e agli amici<br />

di Caracò (qui) suonava il piano con<br />

un’incredibile allegria e ironizzava “sul<br />

suo naso” con fare cabarettistico. In estate<br />

ha pubblicato il suo album “I miei omaggi”,<br />

un disco da ascoltare e riascoltare.<br />

Dieci canzoni uguali e diverse tra loro.<br />

Uguali perché è facile intuirlo, riconoscerlo,<br />

nei testi mai noiosi e incolore. Diversi<br />

perché le sue basi musicali spaziano dal<br />

blues allo swing al jazz con una straordinaria<br />

facilità.<br />

Manera è uno che si diverte con le parole<br />

e col pianoforte, e si vede. Testo e musica,<br />

un binomio esplosivo che si riversa<br />

nella quotidianità di un siciliano che vive a<br />

Bologna da anni. La città che gli ha regalato<br />

il premio più importante della prima<br />

edizione di “Una canzone per Bologna”,<br />

vinto a casa di Lucio, a Piazza Maggiore,<br />

“A due passi da qui”.<br />

L’abbiamo incontrato qualche giorno fa,<br />

in un bar sotto le due torri.<br />

William Manera, dalla Sicilia a Bologna.<br />

“I miei omaggi”.<br />

I miei omaggi a te, è il titolo dell album<br />

no?<br />

C’è molta sicilianità nel titolo, se lo<br />

dovessimo spiegare ad un bolognese?<br />

(ride) Ha una duplice iniziativa, la prima<br />

“i miei omaggi” detto da un siciliano è una<br />

cosa bella, positiva ed ossequiosa (in<br />

modo simpatico). Inoltre il mio album è<br />

un contenitore di omaggi a persone, luoghi<br />

e circostanze che sono avvenute.<br />

Nei tuoi testi descrivi sempre bene<br />

quello che ti circonda e che c è intorno,<br />

anche di Bologna, dove di recente hai<br />

vinto un premio abbastanza importante.<br />

Si c’è tanto di Bologna, del mio paese di<br />

origine, di persone che hanno influito sul<br />

mio modo di essere, non solo sotto l’aspetto<br />

artistico ma anche umamente.<br />

Uno di questi è Vincenzo Consolo, un<br />

illustre vicino di casa, a cui dedichi la<br />

traccia numero nove…<br />

“Tra la mensola e il muro”. Consolo ha<br />

avuto una voce importante nella letteratura<br />

del ‘900, per me è stato un prezioso esempio,<br />

soprattutto nel modo che ha avuto di<br />

vivere il distacco dalle origini.<br />

E Bologna? Vivi qua da dieci anni…<br />

Bologna è bellissima ed è la città dove<br />

ho trascorso un terzo della mia vita, gli altri<br />

due terzi li ho passati in Sicilia.<br />

Sono delle proporzioni che rispetti anche<br />

nel disco?<br />

Direi che il disco è un 50 e 50. Ci sono<br />

dei rimandi a Dalla, Guccini ma anche alla<br />

musica popolare. E’ un miscuglio e di canzone<br />

in canzone viene fuori una parte, o<br />

l’altra, o anche tutte e due assieme.<br />

C’è anche un brano dedicato a Paolo<br />

Borsellino, una bella sorpresa…<br />

E’ stata una sorpresa per molti, non tanto<br />

per il tema della canzone ma perché è la<br />

traccia che più si discosta dalla soluzione<br />

del genere musicale che ho trovato per<br />

l’album ossia lo swing e il blues.<br />

È di intermezzo…<br />

Appunto sta al centro del disco ed è ovviamente<br />

un o<strong>maggio</strong>. È un brano più riflessivo,<br />

più intimo rispetto a tanti altri<br />

che sono espliciti e anche grazie a questo è<br />

messo in risalto.<br />

Sciascia divideva l’umanità in cinque<br />

categorie, gli ultimi erano i quaquaraquà<br />

“che dovrebbero vivere come le<br />

anatre nelle pozzanghere, ché la loro<br />

vita non ha più senso e più espressione<br />

di quella delle anatre...”. Come sono i<br />

tuoi quaquaraquà?<br />

Devo dire che è una parola foneticamente<br />

spettacolare, senti già cosa vuol dire<br />

(ride). Il quaquaraquà è un personaggio<br />

particolare che fa poco ma fa capire di far<br />

troppo, che parla, parla, promette… ne conosco<br />

parecchi anche da queste parti...<br />

Un 2012 da incorniciare: un premio<br />

importante nella tua città, un premio<br />

importante anche a Bologna, il <strong>2013</strong><br />

com’è iniziato?<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 62<br />

Siamo ancora in fase promozionale ma<br />

stiamo lavorando abbastanza, vogliamo<br />

farci trovare pronti per quello che diventerà<br />

il passaggio alla fase due, far conoscere<br />

il disco e il progetto. L’album è in vendita<br />

su tutto il territorio nazionale e dal 22<br />

marzo anche in 107 webstore online.<br />

Continueranno a fioccare date perché la<br />

mia musica trova la giusta dimensione dal<br />

vivo, sarò in gara in qualche concorso, talvolta<br />

con band al completo, talvolta con<br />

soluzioni più acustiche. Stiamo pensando<br />

ad alcune sorprese...<br />

Quindi?<br />

Live, presentazioni in tutta Italia, <strong>maggio</strong>ri<br />

città dove poter acquistare l’album<br />

e… le cose belle per l’estate non le posso<br />

ancora dire.<br />

E Lucio Dalla? Noi di Dieci e Venticinque<br />

gli abbiamo dedicato il mensile<br />

di marzo…<br />

Io ricordo che Bologna un anno fa era a<br />

lutto. Ma non era un lutto con strazio e dolore<br />

bensì un lutto allegro, ci ha lasciato di<br />

stucco ma in bellezza. Quando se ne va un<br />

grande artista sei contento per quello che<br />

ha fatto e lo saluti con il sorriso.<br />

Lascia un vuoto enorme a Bologna. Era<br />

come lo zio burlone della famiglia. Quello<br />

che ti fa ridere e a cui vuoi tanto bene.<br />

Quello che risolve le cose e con il quale<br />

vivi momenti felici. Quello che quando<br />

muore lo ricordi sempre con un pizzico di<br />

tristezza ma col sorriso stampato in faccia.<br />

Punti vendita:<br />

@Bologna: Disco D'Oro, Via Galliera 23.<br />

@Milano: MusicaMusica, Via Giulio Romano 21.<br />

@Roma: L'Allegretto Dischi, Via Oslavia 44.<br />

@Firenze: Dischi Fenice, Via Santa Reparata 8.<br />

@Napoli: Giancar, Piazza Garibaldi 44.<br />

@Taranto: Musica è, Via Cesare Battisti, 23.<br />

@Modena: We Rock Music Store, Via Bacchini 11.<br />

@ReggioEmilia: Tosi Dischi, Via Emilia S.Pietro 57.<br />

@S.Agata Militello: Tabaccheria Ninone; Edicola stazione.<br />

@Varese: Record Runners Varese, Via Albuzzi 8.<br />

oppure via mail richiedendolo a williammaneraofficial-<br />

@gmail.com<br />

www.williammanera.com<br />

williammaneraofficial@gmail.com<br />

www.facebook.com/WilliamManeraOfficial<br />

@WilliamManera<br />

www.youtube.com/user/WilliamManeraChannel


Storie d'amore<br />

“Lei disse sì”<br />

Un matrimonio<br />

contrastato nell'Italia<br />

del Medioevo<br />

di Teresa Campagna<br />

www.arcisicilia.info<br />

Lorenza: A volte un po’ “burbi” (burbera)<br />

ma con un cuore tenero, da 7 anni è<br />

fidanzata con Ingrid che la sopporta e<br />

supporta nonostante tutto… Mediatrice<br />

di conflitti per studi e lavoro, non è in<br />

pace se non sente armonia tra le persone<br />

che la circondano e per questo è promotrice,<br />

con Ingrid, di pranzi, cene, concertini<br />

tra amici in cui stare bene tutti insieme...<br />

Dopo anni di basket si è data alla<br />

pallavolo con scarsissimi risultati. Vorrebbe<br />

un cane (ma non lo dice ad Ingrid<br />

perché altrimenti domani potrebbe trovarselo<br />

già a casa).<br />

Ingrid: Ha il passaporto svedese ma è<br />

nata a Firenze e cresciuta a Rifredi.<br />

Un’educazione “tormentata” tra religione<br />

e pianoforte. Architetto per passione,<br />

chef per talento, oggi insegna visual design<br />

e comunicazione. Di facile entusiasmo,<br />

ha la sventata tendenza a volare<br />

troppo in alto e per questo è eternamente<br />

riconoscente a Lorenza che l’aiuta a tenere<br />

i piedi per terra. Avrebbe voluto la<br />

proposta di matrimonio in ginocchio e<br />

con un diamante ma non demorde, è<br />

pronta ad aspettare le nozze d’argento.<br />

Una storia normale<br />

“Lei disse si" è una normale storia<br />

d’amore. Ma in Italia, la normalità per le<br />

coppie omosessuali è fantascienza. Due<br />

<strong>giovani</strong> donne fiorentine che hanno deciso<br />

di mettere in piazza il loro privato per<br />

cercare di sfondare delle porte che in Ita-<br />

www.isiciliani.it<br />

lia sembrano essere inesorabilmente<br />

chiuse. E quindi il loro racconto in giro<br />

per l’Italia, scanzonato ed ironico, ha un<br />

risvolto sociale: parità di diritti per tutti.<br />

Perché in Italia no?<br />

Il loro scopo è quello di sensibilizzare<br />

l'opinione pubblica italiana su un argomento<br />

così delicato e dibattuto come<br />

l'unione civile tra persone dello stesso<br />

sesso. Ingrid e Lorenza per fare questo<br />

hanno messo su un blog (Lei disse si),<br />

sono su Repubblica D con una rubrica<br />

fissa, sono apparse in tv (con un servizio<br />

su LA7) e radio nazionali, ed ora hanno<br />

anche avviato un crowdfunding (racolta<br />

fondi) per autofinanzare "dal basso" la<br />

produzione di un documentario. Ecco<br />

cosa scrivono sul sito della"Produzioni<br />

dal Basso".<br />

"Lei disse sì" è il racconto dei mesi che<br />

precedono il matrimonio di Ingrid e Lorenza,<br />

che si sposeranno a giugno in Svezia<br />

perché in Italia due persone dello<br />

stesso sesso non possono farlo.<br />

Ingrid e Lorenza raccontano che l'esperienza<br />

del matrimonio è la stessa per tutti<br />

e che per organizzarlo i passi tradizionali<br />

sono sempre quelli: annunciarlo a parenti<br />

ed amici, trovare un posto in cui fare la<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 63<br />

Foto di<br />

Grazia Bucca<br />

festa, fare la lista<br />

degli invitati,<br />

pensare agli abiti,<br />

alle fedi, al cibo,<br />

etc.<br />

"Lei disse sì" è<br />

un progetto crossmediale<br />

che<br />

attraverso un blog<br />

attivo da<br />

dicembre 2012 e<br />

una pagina<br />

facebook sta<br />

raccontando<br />

questo percorso,<br />

in modo più o meno leggero, incontrando<br />

la partecipazione di un'intera community.<br />

“I diritti che spettano a tutti”<br />

Ingrid e Lorenza sono state due giorni<br />

a Palermo, invitate da Arci Palermo, che<br />

ha voluto dare un suo contributo per Verso<br />

il Pride <strong>2013</strong>. Hanno incontrato gli<br />

studenti del duca Abruzzi, rispondendo<br />

con semplicità e gioiosità a tutte le domande<br />

dei ragazzi, cercando di far capire<br />

l’obiettivo delle loro iniziative: “siamo<br />

normali e vogliamo una vita normale,<br />

con i diritti che spettano a tutti”. Hanno<br />

partecipato ad un incontro istituzionale<br />

con il Comune di Palermo e con il comitato<br />

del Pride <strong>2013</strong>.<br />

Nessuna differenza<br />

E ancora, hanno preso parte ad un incontro<br />

in cui hanno messo a confronto la<br />

loro esperienza pre matrimonio con una<br />

giovane coppia etero sposata da pochi<br />

mesi. Risultato: nessuna differenza.<br />

Ingrid e Lorenza, dopo il matrimonio<br />

in Svezia, torneranno in Italia e cominceranno<br />

la loro battaglia, fra carte, avvocati<br />

e tribunali, per rivendicare il diritto, non<br />

solo loro, a vivere una vita normale.


w.isiciliani.it<br />

Storia<br />

Ma chi fu<br />

Antonio Canepa?<br />

Il fascismo e la sua<br />

fine, la guerra e la Resistenza,<br />

il separatismo e<br />

la sua guerra furono gli<br />

ambiti in cui si svolse la<br />

turbinosa esistenza di<br />

Antonio Canepa<br />

di Elio Camilleri<br />

Il delitto Matteotti (10 giugno 1924)<br />

indusse il giovane Canepa, che non aveva<br />

ancora compiuto sedici anni, ad<br />

esprimere tutto il suo sdegno contro il<br />

governo fascista.<br />

Questa ostilità contro il fascismo si materializzò<br />

nella preparazione di un attentato<br />

a Mussolini: attraverso un passaggio<br />

segreto aveva progettato di giungere addirittura<br />

nella Sala del Mappamondo, a Palazzo<br />

Venezia, ma la chiusura del passaggio<br />

fece fallire il piano.<br />

Ma, poi, nel 1937 ottenne la cattedra di<br />

Dottrina del Fascismo, con tre volumi dal<br />

titolo “Sistema della Dottrina del Fascismo.<br />

Una formidabile contraddizione che<br />

lo stesso Canepa ammette, ma che invita a<br />

sciogliere attraverso una lettura attenta del<br />

testo, dal quale si può capire che il fascismo<br />

è pericoloso per l’Italia e per gli altri<br />

Stati, che il fascismo si può combattere,<br />

che ci sono molti scrittori che lo giudicano<br />

negativamente.<br />

Allo scoppio della seconda guerra mondiale<br />

entrò in contatto dei servizi segreti<br />

britannici, preparò ed attuò con successo,<br />

la notte del 10 giugno 1943, l’attentato<br />

all’aeroporto di Gerbini, neutralizzando i<br />

caccia tedeschi, distruggendo bombe,<br />

armi e munizioni.<br />

Come si sa bene, dopo trenta giorni gli<br />

angloamericani sbarcarono dalle parti di<br />

Gela non incontrando, anche per merito<br />

del sabotaggio alla postazione tedesca di<br />

Gerbini, un’adeguata resistenza.<br />

A questo punto ecco un altro fatto inspiegabile<br />

o, quanto meno, difficile da<br />

spiegare: Canepa lasciò la Sicilia e si recò<br />

tra l’Abruzzo e la Toscana a fare il partigiano.<br />

La lotta partigiana intrapresa da Canepa<br />

fu assolutamente finalizzata alla liberazione<br />

dai nazifascisti in particolare dei territori<br />

in cui operò tra l’Abruzzo e la Toscana.<br />

Avendo conseguito questo risultato e<br />

giunto a Firenze nel <strong>maggio</strong> del 1944, lanciò<br />

un’operazione politica di segno divergente<br />

rispetto alla linea politica dei CLN e<br />

del governo: in nome del Partito Dei Lavoratori,<br />

diffuse, il 20 giugno, un appello<br />

in cui, per un verso si ringraziavano gli alleati<br />

per il decisivo aiuto fornito per la liberazione<br />

dai nazifascisti, per un altro si<br />

chiedeva agli Alleati di collaborare con i<br />

partigiani ed in particolare con la componente<br />

comunista, per l’instaurazione di un<br />

governo liberato dalla “borghesia – un pugno<br />

di capitalisti, di speculatori e di parassiti<br />

– (che) ha portato l’Italia alla rovina”.<br />

I contenuti del manifesto non potevano<br />

essere condivisi neppure dagli Alleati, sicché<br />

Canepa – Tolù perse i riferimenti con<br />

il SIS (Secret Intelligence Service), il<br />

CLN (Comitato di Liberazione Nazionale)<br />

lo arrestò e lo condannò a venti giorni di<br />

reclusione con la condizionale e a mille<br />

lire di multa.<br />

Decise, quindi, nell’autunno del 1944,<br />

di tornare in Sicilia, di morire come Canepa<br />

–Tolù e di rinascere come Mario Turri.<br />

Molto probabilmente dopo l’eccidio di<br />

Palermo, il 19 ottobre 1944, Mario Turri<br />

incontrò Andrea Finocchiaro Aprile , riuscendo<br />

a convincerlo dell’opportunità di<br />

istituire l’EVIS.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 64<br />

Canepa tenne conto, necessariamente,<br />

degli intendimenti espressi da Finocchiaro<br />

Aprile e da Togliatti: certamente nel primo,<br />

il “fatto” istituzionale contava di più<br />

di quello sociale e non poteva che essere<br />

così (non dimentichiamo che Andrea Finocchiaro<br />

Aprile faceva parte di un triunvirato<br />

in cui c’era il conte Luigi Tasca, latifondista,<br />

e Calogero Vizzini, ex gabelloto<br />

e ora latifondista mafioso), mentre per<br />

Togliatti, condizionato ancora dalla “svolta<br />

di Salerno”, e lui stesso al governo,<br />

considerava la soluzione “autonomistica”<br />

quella più avanzata, oltre la quale non era<br />

lecito, per impedimenti nazionali ed internazionali,<br />

pensare di potere andare; in<br />

ogni caso, per Togliatti, restava la monumentale<br />

questione sociale della riforma<br />

agraria ancora da risolvere e i comunisti<br />

ne sarebbero stati ancora i grandi protagonisti.<br />

Indipendentista o comunista?<br />

Non si sa bene se Canepa fu più indipendentista<br />

o comunista, ma, forse, Tasca,<br />

Finocchiaro Aprile e Vizzini lo considerarono<br />

più comunista e forse anche per questo<br />

fu tolto di mezzo a Murazzu ruttu il 17<br />

giugno 1945, colpito a morte in uno scontro<br />

a fuoco con una pattuglia di carabinieri<br />

che lo intercettarono a bordo di un furgone<br />

guidato da Pippo Amato. Assieme a<br />

Canepa quel giorno morirono Carmelo<br />

Rosano e Giuseppe Lo Giudice.<br />

Nessuno ha mai saputo come si svolsero<br />

i fatti, chi dette inizio alla sparatoria, chi<br />

avvisò i carabinieri di Randazzo del passaggio<br />

del furgone, perché i corpi furono<br />

sepolti in tombe senza nome. La storia<br />

della Sicilia è soprattutto storia di persone<br />

difficili da capire, di fatti difficili da capire<br />

e da spiegare perché volutamente censurati<br />

e tacitamente dimenticati.


Storie<br />

www.isiciliani.it<br />

Alla ricerca<br />

del tempo perduto<br />

Girotondi, marce, manifestazioni, l'impegno di<br />

una vita: ma ne valeva la pena, per poi vedere<br />

alla fine il partito di Prodi allearsi con quello di<br />

Berlusconi? di Jack Daniel<br />

. Gli insetti, per esempio. Leggi qua,<br />

un interessantissimo resoconto della Società<br />

italiana delle Scienze del 1853 :”È<br />

innegabile la somma affinità della Thoreyella<br />

coi Rafigastri. Le particolarità<br />

delle antenne dello scutello e delle ale<br />

superiori sono differenze di poco momento<br />

e non escono dalle file de caratteri<br />

meramente specifici. Ma non così<br />

quelle della struttura del capo. Il notevole<br />

avvanzamento delle gene al di là della<br />

fronte è sufficiente a dimostrare l’ impossibilità<br />

dell’ innalzamento del primo articolo<br />

della mascella al di sopra dell’ asse<br />

longitudinale del corpo durante l’atto<br />

della manducazione, impossibilità che<br />

non sarebbe manifesta nei casi frequenti<br />

in cui l’origine della mascella è attigua<br />

all’ apertura della bocca e in cui l’apertura<br />

della bocca è all’ estremità anteriore<br />

della testa.”.<br />

Decisivo, chissà perché mi era sfuggito<br />

sino ad ora...<br />

Nel silenzio di casa mia<br />

Non solo: mi rendo conto di aver trascurato,<br />

e molto, anche la mineralogia.<br />

Illuminante questo ricordo di Pini del<br />

1832, strano che non l’abbia letto prima:<br />

“I feldspati trovati dal Pini sul S Gottardo<br />

erano generalmente o bianchi, o lattei,<br />

e tra questi secondi alcuni pochi ave-<br />

vano una tinta verdiccia; non crepitavano<br />

al fuoco, sebbene cristallizzati, il che,<br />

come nota il N.A., è un'eccezione al<br />

principio asserito da Kirvan, il quale<br />

sembra perciò non avere conosciuti i<br />

feldspati del S Gottardo: la <strong>maggio</strong>r parte,<br />

spezzati, esalano un odore quasi simile<br />

a quello della pietra suilla, indizio<br />

dello sviluppamento di qualche sostanza<br />

volatile combinata con qualche acido”.<br />

Ma cosa è questo fracasso? Ah, la televisione<br />

dei vicini a tutto volume. Il telegiornale:<br />

voto di fiducia al Governo,<br />

Berlusconi e il partito di Prodi votano insieme.<br />

“Analizzando poi scrupolosamente e<br />

coll’ appoggio di apposite figure la struttura<br />

lamellare di questi feldspati trova il<br />

Pini ch’essa è ben diversa da quella, che<br />

il signor De Saussure ha riconosciuta in<br />

altre pietre di tale natura, e che il signor<br />

De l’Isle non solo riguarda come generale<br />

ai feldspati, ma assume anche come<br />

un principio per ispiegare le diverse cristallizzazioni<br />

de medesimi.”<br />

Quanto tempo ho sprecato… Perché, in<br />

tutti questi anni, non ho letto queste pagine?<br />

Cosa mi ha distratto? E la bellezza<br />

della matematica? Perché non l’ho coltivata?<br />

Senti, senti...<br />

“Dunque: il seno iperbolico è la lunghezza<br />

della perpendicolare calata<br />

dall’estremità dell’arco iperbolico corri-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 65<br />

dajackdaniel.blogspot.it/<br />

spondente ad un dato settore, sul<br />

prolungamento dell’asse principale che<br />

passa pel vertice della iperbole equilatera.<br />

La lunghezza CP dicesi coseno iperbolico.<br />

Dunque: il coseno iperbolico è<br />

quella distanza che corre tra il centro<br />

della iperbole equilatera ed il piede del<br />

seno."<br />

La tv dei vicini<br />

Ancora la televisione dei vicini. Le<br />

notti passate ad aspettare i risultati elettorali.<br />

Chilometri di girotondi, marce, manifestazioni<br />

contro Berlusconi. Ma non<br />

distraiamoci ”La retta AT dicesi tangente<br />

iperbolica del settore ACM onde :<br />

La tangente iperbolica è quella porzione<br />

della tangente al vertice della iperbole<br />

equilatera limitata da quella retta che<br />

partendo dal centro va all’estremità dell<br />

arco corrispondente al settore.<br />

La retta CT dicesi secante iperbolica<br />

onde...”<br />

Applausi in aula. Deputati del PD<br />

stringono la mano ai berlusconiani.<br />

Quanto tempo buttato.<br />

“La seconda iperbolica è quella porzione<br />

della retta, la quale dal centro della<br />

iperbole equilatera andando al punto<br />

estremo dell’ arco corrispondente al settore...


www.isiciliani.it<br />

Politica<br />

Le incredibili<br />

ragioni<br />

di un governo forzato<br />

E' cambiato moltissimo<br />

– nei fatti – il sistema<br />

istituzionale italiano.<br />

Dietro la ripetizione<br />

dei riti, cosa c'è<br />

davvero?<br />

di Giovanni Abbagnato<br />

Non servono riferimenti tecnicopolitici<br />

per definire un governo – quello<br />

nominalmente affidato a Enrico<br />

Letta - “condannato ad esistere” da<br />

un’incredibile serie di vicissitudini incrociatesi<br />

tra il complessivo decadimento<br />

del sistema politico-istituzionale<br />

e le vicissitudini interne al Partito Democratico.<br />

Quello che è forse più interessante - e<br />

anche più significativo - è provare a ragionare<br />

sulle mutazioni, di fatto intervenute<br />

nel sistema istituzionale italiano<br />

che, come la storia insegna, sono la spia<br />

più evidente di una disgregazione della<br />

sostanza delle Istituzioni stesse.<br />

Conseguenzialmente, tali mutazioni -<br />

di fatto - rendono, più che obsoleto, pressoché<br />

insignificante il complesso della<br />

normativa e delle prassi che in tutti i sistemi<br />

democratici sta a guardia della solennità,<br />

in senso di importanza e straordinarietà,<br />

dei passaggi modificativi di atti<br />

costitutivi delle Istituzioni.<br />

Non è, infatti, insignificante, per il presente<br />

e per gli sviluppi futuri, una trasformazione<br />

“ in automatico” in questa<br />

fase politica del ruolo del Presidente della<br />

Repubblica, dalla funzione di rappresentatività<br />

e garanzia a quella più squisitamente<br />

di governo.<br />

Attenzione, funzioni di governo ancor<br />

più cogenti perché prescindono dalle<br />

scelte tecnico-politiche di un Esecutivo<br />

“nominato”, come in una sorta di “grande<br />

fratello” e, quindi, obbligato a fare<br />

quello che in buona parte è già scritto,<br />

non essendo prevista la sottrazione<br />

In questo senso cambia pure il ruolo<br />

del Presidente del Consiglio, che oggi<br />

definire ancora Premier suscita qualche<br />

amara ilarità, perché in realtà si tratta di<br />

un esecutore di indicazioni che non hanno<br />

nemmeno un preciso profilo tecnicopolitico<br />

del Presidente, come può succedere<br />

ai capi del governo, per esempio<br />

francesi o russi.<br />

Giaculatorie prive di senso<br />

In Italia, ormai, c’è solo un Presidente<br />

del Consiglio che dovrà portare avanti un<br />

governo. Il resto – programmi, prospettive<br />

programmatiche, ecc. – sono solo giaculatorie<br />

prive di senso e, come tutto<br />

quello che è privo di senso in politica<br />

può diventare pericoloso per la democrazia,<br />

almeno quella sostanziale.<br />

In estrema sintesi, questo è un terreno<br />

che potrà piacere o no, che potrà essere<br />

considerato inevitabile o no, ma che in<br />

ogni caso sfugge al senso politico delle<br />

cose perché non si baserà più su scelte<br />

orginali, nel senso letterale del termine,<br />

ma su di un paradigma di governabilità<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 66<br />

fine a se stesso che, paradossalmente,<br />

avrà un rapporto assai relativo con le reali<br />

necessità del Paese.<br />

C’è un governo. Punto. E questo basti.<br />

In questo ulteriore passo verso l’abdicazione<br />

della politica, è evidenza logica<br />

che chi potrà trarre il massimo dei vantaggi<br />

da questa situazione sarà Silvio<br />

Berlusconi, il più “im-politico” dei soggetti<br />

in campo che confermerà il valore<br />

dell’immagine del Caimano, sempre vivo<br />

e mimetizzato, che un preveggente film<br />

ha consegnato alla cronaca.<br />

Alle condizioni di Berlusconi<br />

Il cavaliere potrà mostrare al mondo<br />

quanto ingiusto e insensato era il giudizio<br />

di impresentabilità su di lui e i suoi<br />

ministri ai quali è richiesta adesso “leale”<br />

collaborazione dopo averli demonizzati<br />

considerandoli irresponsabili incompetenti<br />

attentissimi solo ai “casi loro” e del<br />

loro principale.<br />

Potrà dire che è vero che la legittimazione<br />

elettorale può consentire di superare<br />

norme di ineleggibilità, di attaccare,<br />

senza limiti e con occupazioni, delle loro<br />

sedi tutte le Istituzioni più importanti –<br />

dalla Magistratura alla Corte Costituzionale<br />

– perché, se non fosse così, non si<br />

chiederebbe a lui di risalire sul suo predellino<br />

stavolta per vestire i panni dello<br />

Statista che, addirittura calma i suoi più<br />

facinorosi sottoposti per consentire al governo<br />

di vivere, almeno fin quando vorrà<br />

lui e i suoi avvocati.<br />

In estrema sintesi, avere fatto il governo<br />

alle condizioni di Berlusconi è considerato<br />

un atto di grande responsabilità<br />

istituzionale. Incredibile ma vero.


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Politica<br />

La casta nella casta<br />

e il fallimento<br />

del Pd<br />

Un governo democristiano,<br />

con in più Berlusconi:<br />

è l'esito finale<br />

di un progetto politico<br />

che, partito per unire<br />

“anime” politiche differenti,<br />

ha finito col sacrificare<br />

i valori della<br />

sinistra ai disvalori<br />

delle destre<br />

di Riccardo De Gennaro<br />

Un presidente della Repubblica di 88<br />

anni, che ne avrebbe 95 alla fine del<br />

suo secondo mandato, un governo<br />

Letta-Alfano che ricorda quelli del<br />

vecchio pentapartito a guida democristiana,<br />

ma con l’aggravante dell’anomalia<br />

Berlusconi, il quale vincolerà<br />

ancora una volta le decisioni all’andamento<br />

dei suoi processi.<br />

L’Italia non è un paese per <strong>giovani</strong>,<br />

l’Italia non è un paese votato al cambiamento.<br />

Dopo il congresso del Pd potrà<br />

anche nascere un nuovo soggetto politico<br />

di sinistra, costruito intorno a Vendola,<br />

Rodotà, Barca, Civati, Cofferati e<br />

quant’altri, ma le forze della conservazione<br />

continueranno a prevalere su quelle<br />

che vogliono davvero cambiare le<br />

cose.<br />

“Mai al governo col Pdl”<br />

“Mai al governo con il Pdl”, aveva giurato<br />

il segretario dimissionario Bersani,<br />

ma la diga è crollata al primo soffio. Era<br />

chiaro che, nel momento in cui si sarebbe<br />

dovuto passare dalle parole ai fatti, il Pd<br />

avrebbe scaricato Vendola, tagliato fuori<br />

Grillo e guardato a destra, fino ad accettare<br />

come vicepresidente del Consiglio e<br />

ministro dell’Interno il “pupazzo” di<br />

Berlusconi (gli altri ministri non contano,<br />

ad eccezione di Saccomanni, che guiderà<br />

l’economia con l’auricolare della Bce).<br />

“Una parte è ricattabile”<br />

Come ha detto Barbara Spinelli in una<br />

recente intervista, “parte del Pd è ricattabile”.<br />

Non è difficile individuare quale,<br />

basta trovare i 101 franchi tiratori spuntati<br />

in occasione della votazione di Romano<br />

Prodi e sapere chi li ha armati.<br />

Qualche anno fa uno scrittore ungherese,<br />

ricordando i fatti del ’56, mi disse<br />

questa verità: “Quando i comunisti prendono<br />

il potere i primi ad essere eliminati<br />

sono i comunisti”. Funziona così anche<br />

da noi: quando la sinistra potrebbe prendere<br />

il potere i primi a tagliare fuori sono<br />

gli uomini di sinistra.<br />

Perché faceva paura Rodotà<br />

C’è cattiva coscienza nel mancato appoggio<br />

a Rodotà: Fassino l’ha spiegata<br />

col fatto che era un candidato grillino,<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 67<br />

Fassina dicendo che non aveva i numeri,<br />

ma la verità è che l’ex garante della privacy<br />

e presidente del Pds si sarebbe<br />

schierato, in primo luogo nella scelta del<br />

presidente del Consiglio, a favore di quel<br />

cambiamento (rispetto agli interessi dei<br />

potentati economici, nazionali ed europei)<br />

che in Italia non è dato.<br />

“Io non la sento, la base”<br />

Tra il sostegno a Rodotà e quello a<br />

Berlusconi (che qualcuno addirittura prevede<br />

già senatore a vita e successore di<br />

Napolitano al Quirinale), il gruppo dirigente<br />

del Pd ha scelto la seconda innaturale<br />

opzione, infischiandose della <strong>maggio</strong>ranza<br />

dei suoi elettori. Come ha detto<br />

la dalemiana Finocchiaro all’uscita del<br />

cinema Capranica: “Io non la sento la<br />

base”.<br />

Il problema della credibilità<br />

Un errore che i dirigenti del Pd, quasi<br />

una casta nella casta, pagheranno sicuramente<br />

caro alle prossime elezioni. Il problema<br />

che riassume tutti i problemi è che<br />

non hanno più credibilità.<br />

È questa la ragione principale del fallimento<br />

di un progetto che, per ragioni di<br />

potere, puntava a tenere insieme anime<br />

politiche totalmente differenti tra loro e<br />

che, a partire dalla legge sul conflitto di<br />

interessi e da quella sui Dico per arrivare<br />

al governo Letta-Alfano, ha portato a sacrificare<br />

i valori della sinistra a favore<br />

dei disvalori delle destre.


Palermo/ Cantieri navali<br />

La mafia<br />

sottovalutata<br />

A Palermo non fanno a<br />

tempo ad abbassarsi<br />

gli echi dei proclami di<br />

improvvidi osservatori<br />

di un presunto declino<br />

inarrestabile delle<br />

cosche mafiose che la<br />

cronaca s'incarica di<br />

palesare esattamente il<br />

contrario<br />

di Giovanni Abbagnato<br />

L'ultimo esempio di queste “scoperte”,<br />

di norma frutto di gravi sottovalutazioni,<br />

ha riguardato il cantiere navale,<br />

l'ultimo stabilimento industriale del<br />

Capoluogo ancora degno di tale definizione,<br />

nonostante il suo notevole ridimensionamento<br />

produttico e occupazionale.<br />

Uno stabilimento che fin dall'inzio del<br />

'900 ha rappresentato un sito da aristocrazia<br />

operaia, significativamente sindacalizzata<br />

e capace di una notevole attività<br />

vertenziale, fin dai tempi del segretario<br />

della Fiom Giovanni Orcel, assassinato<br />

nel 1920. Maestranze, quelle del Cantiere,<br />

in grado di condurre, oltre ad evolute<br />

vertenze contrattuali, un contrasto con la<br />

mafia del quartiere Montalbo-Acquasanta,<br />

da sempre interessatissima al controllo<br />

delle attività economiche nel cantiere<br />

e nel porto.<br />

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Questo scontro è culminato nel 1947 in<br />

uno scontro nel quale gli sgherri del boss<br />

Nicola D'Alessandro spararono a degli<br />

operai che a loro volta stavano per impiccare<br />

un mafioso e pretesero l'allontanamento<br />

del dirigente fascista Emilio<br />

Ducci, voluto dalla proprietà dei Piaggio<br />

e connivente con i mafiosi.<br />

Nei decenni successivi si è attenuata<br />

notevolmente la capacità di reazione democratica<br />

e antimafiosa degli operai e<br />

della dirigenza politico-sindacale e tanto<br />

era impunita quanto risaputa la presenza<br />

invasiva nello stabilimento dei mafiosi<br />

dell'Acquasanta, soprattutto i Galatolo.<br />

Questa antica ed influente dinastia mafiosa<br />

controllava, il quartiere del cantiere,<br />

avendo addirittura in mano la locale<br />

Stazione dei Crabinieri, e facendo il bello<br />

e cattivo tempo nello stabilimento<br />

controllando i subappalti e il caporalato<br />

dei lavoratori avventizi.<br />

Le denunce di Basile<br />

Verso la fine degli anni '80 la situazione<br />

esplose quando le indagini della Procura<br />

di Palermo dimostrarono la fondatezza<br />

delle denunce dell'operaio Gioacchino<br />

Basile - minacciato dai mafiosi, licenziato<br />

dalla Fincantieri e perfino<br />

espulso dal sindacato della Cgil – circa<br />

l'asfissiante controllo del cantiere ancora<br />

ad opera dei Galatolo e dei loro affiliati. I<br />

conseguenti provvedimenti giudiziari, oltre<br />

a colpire alcuni esponenti influenti<br />

della cosca, suscitarono alcune utili iniziative<br />

extragiudiziarie come l'adozione<br />

di un protocollo di legalità, ma senza approfondire<br />

adeguatamente le responsabilità,<br />

personali ed oggettive, del management<br />

del cantiere che pure dalle carte<br />

giudiziarie non usciva con una buona immagine.<br />

Sembrava a qualcuno che il clamore di<br />

quella indagine, con i suoi sviluppi giudiziari,<br />

potesse avere creato una sorta di<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 68<br />

cordone di legalità attorno allo stabilimento,<br />

ma, in realtà, chi viveva nel quartiere<br />

coglieva i segni non scalfiti del potere<br />

dei Galatolo, con i suoi esponenti e<br />

affiliati a piede libero, non solo nel cantiere,<br />

ma anche nel porticciolo turistico<br />

dell'Acquasanta.<br />

La realtà raccontata da recentissime indagini,<br />

culminati in una retata di mafiosi,<br />

hanno confermato il controllo mafioso<br />

dei Galatolo – direttamente ma anche<br />

mediante il prestanome Giuseppe Corradengo,<br />

tutt'altro che insospettabile come<br />

titolato dai giornali - non solo del cantiere<br />

di Palermo, ma anche di quelli di Trapani,<br />

Messina e di altri cantieri del nord<br />

come Porto Marghera e La Spezia.<br />

Questa vicenda suscita parecchi dubbi<br />

e, tuttavia, è probabilmente utile concentrare<br />

la riflessione in due domande-chiave.<br />

Nello specifico, c'è da chiedersi se<br />

non c'è una costante sottovalutazione<br />

della capacità di adattamento della mafia<br />

anche da parte degli organi investigativi<br />

tendenti a svolgere indagini troppo legate<br />

ad episodi eclatanti e non ad un controllo<br />

costante del territorio che potrebbe<br />

monitorare per tempo l'effettiva presenza<br />

e pericolosità delle famiglie mafiose.<br />

Le responsabilità aziendali<br />

Dalle azioni repressive a seguito delle<br />

denunce di Basile ad oggi sono trascorsi<br />

circa 25 anni in cui del declino del controllo<br />

mafioso del territorio del cantiere<br />

navale non si è accorto nessuno. Inoltre,<br />

c'è da chiedersi come mai il management<br />

del Cantiere reiteratamente non ha notato<br />

nulla di sospetto dentro lo Stabilimento e<br />

se non sarebbe il caso di approfondire responsabilità<br />

di gestione aziendale, a partire<br />

delle procedure per l'affidamento e la<br />

gestione complessiva dei subappalti in<br />

Fincantieri, visto che la Magistratura sostiene<br />

che da Palermo si controllavano<br />

anche gli altri cantieri del nord?


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Messina<br />

Un sindaco<br />

“bene comune”?<br />

Un candidato anomalo<br />

in una “normale” catastrofe:<br />

come finirà?<br />

di Tonino Cafeo<br />

Renato Accorinti, professore di educazione<br />

fisica, è diventato - in quarant’anni<br />

di battaglie civili, pacifiste e<br />

ambientaliste - quasi un'icona<br />

dell’impegno disinteressato e della politica<br />

fatta per passione, in strada.<br />

Renato era a Comiso negli anni ottanta,<br />

era a Messina quando i quattro gatti<br />

che si opponevano allo scempio del Ponte<br />

sullo Stretto sono piano piano diventati<br />

ventimila e poi sempre di più. E' stato<br />

con i rom e tutti gli emarginati, con le<br />

vittime di mafia come Graziella Campagna<br />

e Attilio Manca, con i ragazzi e le ragazze<br />

del Teatro Pinelli Occupato.<br />

Nel campetto di atletica “ Santamaria “<br />

ex Gil, in quella che una volta era la periferia<br />

sud di Messina, ha allenato generazioni<br />

di <strong>giovani</strong> atleti che lo ricordano<br />

più come un maestro di vita che come un<br />

semplice trainer. Come le centinaia di ragazzi<br />

che lo hanno avuto per insegnante<br />

alle medie, in ore che – fra una canzone<br />

di de Andrè e un ricordo di Don Milani-<br />

sono state molto più che semplice scuola<br />

dell’obbligo.<br />

La candidatura a sindaco di Renato Accorinti<br />

matura in un momento drammatico<br />

della storia messinese. In una città ancora<br />

una volta commissariata, dopo<br />

un’amministrazione di centrodestra sui<br />

cui uomini si addensa un fondato giudizio<br />

di assoluto disinteresse per il bene<br />

comune, tremila cittadini dalle più varie<br />

estrazioni sociali e culturali, firmano una<br />

petizione in cui gli chiedono di mettere<br />

la faccia per la prima volta anche in una<br />

battaglia franca ed esplicita di conquista<br />

delle istituzioni.<br />

E’ l’autunno 2012, quello dello Tsunami<br />

grillino e dello sfacelo politico: il Pd<br />

pensa al fidanzamento con l’Udc sperimentato<br />

a Palazzo dei Normanni, persino<br />

Sel di Nichi Vendola (che Renato non ha<br />

mai nascosto di apprezzare) si limita a rivolgergli<br />

un appello a partecipare alle<br />

primarie. Finisce che, dopo un momento<br />

di incertezza, Accorinti, in una fredda<br />

mattina di gennaio, annuncia la sua corsa<br />

in solitaria a una emozionata e gremita<br />

platea, nel Salone delle Bandiere del municipio<br />

di Messina.<br />

Gruppi parrocchiali, volontariato...<br />

Da quel giorno è un crescendo di adesioni<br />

e di iniziative. Renato batte, come<br />

del resto ha sempre fatto per le innumerevoli<br />

cause per cui si è impegnato, strade<br />

e villaggi. Uno per uno. Rifondazione<br />

Comunista è con lui, così come la galassia<br />

del sindacalismo di base e del movimentismo<br />

messinese. Ma questo schieramento<br />

non si cristallizza in un’etichetta.<br />

Aderiscono a “Cambiare Messina dal<br />

Basso” (come la lista di Accorinti s'è voluta<br />

chiamare) soggetti e personalità non<br />

riconducibili al piccolo mondo della sinistra<br />

antagonista. Molto volontariato cattolico,<br />

molti gruppi parrocchiali di periferia,<br />

intellettuali miti e ragionatori come<br />

l’economista Guido Signorino, la “mente”<br />

accademica del movimento. E soprattutto<br />

la cosiddetta gente comune.<br />

Mai prima d’ora a Messina, per strada,<br />

nei mercatini rionali, nei villaggi in collina,<br />

un candidato dal look così apertamente<br />

“alternativo” era stato applaudito<br />

o perlomeno ascoltato senza pregiudizi<br />

quanto Renato Accorinti.<br />

Ma perché un uomo che a sessant’anni<br />

mantiene l’aspetto gioioso e un po’ naif<br />

degli hippies anni 60 riscuote un successo<br />

così vasto in una città in fondo provinciale<br />

e venata di bigottismo come Messina?<br />

Sicuramente c’entra molto la crisi<br />

del vecchio sistema di potere. Potenti<br />

clientele mantenute nel corso dei decenni<br />

con un sapiente controllo della spesa<br />

pubblica sono in affanno per le ricadute<br />

della crisi del debito sulla realtà siciliana.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 69<br />

Il clan di Totò Cuffaro e quello - tutto<br />

sommato omologo - di Raffaele Lombardo<br />

sono crollati sotto i colpi delle inchieste<br />

giudiziarie e soprattutto per il prosciugamento<br />

delle risorse che alimentavano<br />

stipendifici e fabbriche di privilegi.<br />

Il welfare locale, mai di alto livello, è<br />

definitivamente entrato in affanno a causa<br />

dei debiti che stanno portando le finanze<br />

del Comune sull’orlo del default. a<br />

città è quotidianamente percorsa da cortei<br />

e punteggiata da presidi di lavoratori<br />

disperati, che non hanno più nemmeno<br />

una controparte con cui scontrarsi. I punti<br />

di <strong>maggio</strong>r sofferenza si chiamano Servizi<br />

sociali, Teatro Vittorio Emanuele,<br />

Birra Messina, ATM (trasporti pubblici).<br />

In questo quadro drammatico il Partito<br />

che fu di Bersani non ha saputo nè voluto<br />

candidarsi a rappresentare un’alternativa<br />

credibile, preferendo il piccolo cabotaggio<br />

degli accordi coi pezzi del vecchio potere<br />

in fuga da posizioni discreditate.<br />

Una città da cui si fugge<br />

Se a livello regionale questa strategia<br />

si è concretata nell’esperienza per certi<br />

versi anomala della giunta Crocetta, a<br />

Messina la proposta politica del PD in<br />

sostanza consiste nel patto fra i due golden<br />

boys dei <strong>giovani</strong> Dc anni '80: Francantonio<br />

Genovese e il neo-ministro<br />

Giampiero D’Alia. Troppo poco per una<br />

sinistra priva di memoria e marginale, e<br />

soprattutto troppo poco per una città in<br />

cui si vive male, da cui i <strong>giovani</strong> fuggono<br />

a gambe levate.<br />

Accorinti ai messinesi parla di cose antiche<br />

come la politica come servizio, la<br />

dignità, la qualità della vita. Quando racconta<br />

delle scuole materne di Reggio<br />

Emilia o delle biblioteche pubbliche berlinesi<br />

allude a cose che in un paese civile<br />

sarebbero persino banali ma che in riva<br />

allo stretto sembrano fantascienza.<br />

I cittadini, però, sembrano credergli<br />

davvero. Forse perché prima delle parole<br />

astratte l’esperienza politica di Renato è<br />

costruita sulla quotidianità di una persona<br />

che parla come pensa e agisce allo<br />

stesso modo.


Catania<br />

L'acqua<br />

la città<br />

la polis<br />

Sara Giorlando è stata<br />

una delle protagoniste<br />

del forum dell’acqua<br />

che ha portato alla vittoria<br />

del referendum<br />

“acqua bene comune”.<br />

Una grande vittoria di<br />

popolo che ha sancito<br />

il diritto alla partecipazione<br />

democratica e il<br />

principio che le decisioni<br />

d'interesse comune<br />

debbono partire da<br />

una “polis” costruita<br />

dal basso<br />

di Giovani Caruso<br />

www.associazionegapa.org<br />

Puoi raccontarci in breve le motivazioni<br />

ideali che ti spinsero a partecipare<br />

ai movimenti dell’acqua bene comune?<br />

È stato un percorso naturale, fin dai<br />

collettivi studenteschi ci siamo resi conto<br />

che stavano privatizzavano la scuola,<br />

l’università, i saperi. Nel frattempo arrivò<br />

Seattle, il movimento no-global, e<br />

così ci siamo accorti che ci battevamo, in<br />

tanti e in Paesi diversi, contro la mercificazione<br />

dell’esistenza.<br />

www.isiciliani.it<br />

Poi nel 2000 migliaia di persone manifestarono<br />

a Cochabamba contro la privatizzazione<br />

dell’acqua, venduta ad una<br />

multinazionale. Una risorsa indispensabile<br />

alla vita veniva trasformata in una<br />

merce.<br />

Un piccola rete di cittadini<br />

E così, anche, in Italia nacque una piccola<br />

rete formata da chi pensava che la<br />

privatizzazione dell’Acqua fosse<br />

l’emblema degli effetti delle politiche<br />

neoliberiste di sottrazione degli spazi e<br />

dei beni comuni. Per noi parlare di acqua<br />

vuol dire parlare di tutte le privatizzazioni<br />

dei beni pubblici e dei danni che crea<br />

questo modello economico.<br />

Inoltre, ha permesso di unire approcci<br />

e percorsi diversi: perché parlando di acqua<br />

parliamo di tutela del territorio, di<br />

cambiamenti climatiche, di grandi infrastrutture;<br />

di mafia e di guerre dell’acqua,<br />

di immigrazione; di salute e di qualità<br />

delle acque; di inquinamento, risparmio,<br />

riuso e riciclo; di lavoro; di che tipo di<br />

agricoltura e di che produzione vogliamo,<br />

quali bisogni soddisfare, come soddisfarli<br />

e con quali priorità.<br />

Nel frattempo discutevamo anche di<br />

democrazia partecipativa, guardando a<br />

Porto Alegre, e arrivammo alla costituzione<br />

del Forum Italiano dei Movimenti<br />

per l’Acqua, che dal basso e mettendo insieme<br />

l’esperienza dei tecnici e dei militanti<br />

dei vari comitati locali, scrisse una<br />

legge di iniziativa popolare, che però rimase<br />

chiusa in un cassetto e così, coraggiosamente<br />

ci lanciammo nell’avventura<br />

del referendum.<br />

I movimenti per l'acqua bene comune<br />

vinsero nel 2011 il referendum e i<br />

“si” furono la stragrande <strong>maggio</strong>ranza,<br />

pensi che a due anni dal referendum<br />

questa vittoria sia stata rispettata<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 70<br />

dalle amministrazioni ed enti pubblici<br />

in tutto il territorio nazionale?<br />

Purtroppo no. Anche il Comune di Catania,<br />

in barba al referendum, qualche<br />

mese fa ha tentato di privatizzare la Sidra,<br />

la società di gestione dell’acqua, ma<br />

presidiando il Consiglio Comunale siamo<br />

riusciti ad impedirlo. Abbiamo dimostrato<br />

che la lotta paga, che l’unico modo per<br />

difendere i diritti e i beni comuni è partecipare.<br />

Il nostro assedio continuo al consiglio<br />

comunale ha dato i suoi frutti. Se<br />

non fossimo stati lì presenti per mesi a<br />

spiegare che non era vero che la privatizzazione<br />

fosse un obbligo e che privatizzare<br />

l’acqua fosse addirittura illegittimo<br />

non avremmo ottenuto questo risultato.<br />

Tuttavia abbiamo salvato solo l’acqua:<br />

l’amministrazione ha imposto di votare<br />

una delibera con cui ha deciso di privatizzare<br />

le altre società partecipate.<br />

Però il referendum ha cambiato tante<br />

cose e da lì dobbiamo ripartire. Innanzitutto,<br />

ha dimostrato che la <strong>maggio</strong>ranza<br />

degli italiani si sta risvegliando dal “pensiero<br />

unico”, che non è vera la favoletta<br />

del “privato è bello” e che possiamo sperimentare<br />

un pubblico nuovo basato sulla<br />

partecipazione diretta dei cittadini.<br />

Un salto di qualità<br />

Cosa ti ha fatto decidere di entrare<br />

in un movimento politico come “Catania<br />

bene comune”, che parteciperà alla<br />

competizione elettorale per le amministrative<br />

catanesi del 9 giugno?<br />

Penso che i movimenti debbano continuare<br />

il proprio percorso compiendo un<br />

ulteriore salto di qualità: proporsi come<br />

capaci di amministrare. Ed è proprio dal<br />

livello comunale che si possono sperimentare<br />

nuove forme di governo partecipato<br />

ed è da qui che si può organizzare<br />

una mobilitazione vincente contro le politiche<br />

di austerità.


Ciò si può fare, innanzitutto, chiarendo<br />

che la creazione del debito comunale è<br />

andata a vantaggio di pochi e non della<br />

<strong>maggio</strong>ranza delle persone. Occorre dire<br />

che non abbiamo intenzione di pagare<br />

debiti che riteniamo illegittimi, perché<br />

sono serviti non a realizzare politiche di<br />

sviluppo sociale della città, ma a coltivare<br />

gli interessi di pochi.<br />

Partendo dalla ripubblicizzazione dei<br />

servizi pubblici locali (acqua, rifiuti,<br />

energie…) si può pensare un’economia<br />

nuova, che salvaguardi insieme ambiente,<br />

occupazione, redditi ed equità; che<br />

valorizzi le professionalità e le esperienza<br />

esistenti; che valorizzi i quartieri riscoprendoli<br />

e rispettandoli, che grazie ad<br />

una pianificazione urbanistica partecipata<br />

rilanci un turismo equo e sostenibile.<br />

Questo è “Catania Bene Comune”.<br />

“Catania Bene Comune”<br />

Ma l’idea di partecipare alla costruzione<br />

di “Catania Bene Comune” nasce, per<br />

me, anche da un’altra esigenza: dire che<br />

sono di sinistra e lo sono perché voglio<br />

invertire le politiche dei ricchi contro i<br />

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“Prendersi cura della città”<br />

poveri, perché voglio liberarmi dal fascismo,<br />

dalle mafie e dall’affarismo.<br />

Uno dei limiti del movimento è stato<br />

quello di non far emergere esplicitamente<br />

come vi sia una classe sociale che paga e<br />

arricchisce le altre e di non essersi soffermato<br />

ad analizzare da chi è composta<br />

questa classe. Adesso credo sia giunto il<br />

momento di farlo.<br />

Per l’affermazione di tali diritti, per<br />

la tutela del territorio, per la salvaguardia<br />

delle periferie e dei quartieri<br />

di Catania, ritieni che l’ostacolo più<br />

grande siano la corruzione e le mafie?<br />

E come pensi di combattere questi due<br />

fenomeni in modo concreto?<br />

L’esperienza che ho raccontato sopra<br />

sul consiglio comunale è l’esempio di<br />

un’Amministrazione che utilizza i servizi<br />

pubblici come ammortizzatori sociali, i<br />

lavoratori come bacino di voti e i consigli<br />

di amministrazione per piazzare i politici<br />

non eletti. È l’ulteriore riprova che i<br />

Comuni oggi sono svuotati di legittimità.<br />

Un Comune che trasforma i propri cittadini<br />

in “clienti” addirittura del proprio<br />

Sindaco (azionista dentro le partecipate)<br />

rompe ogni idea di comunità e quindi di<br />

democrazia. Tutto ciò nel nostro<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 71<br />

territorio vuol dire lasciare spazio ai<br />

poteri affaristici e mafiosi.<br />

Ricostruire da basso il “Comune”<br />

Per questo l'unica arma capace di sconfiggere<br />

le mafie è ricostruire dal basso il<br />

“Comune”, liberare pezzo per pezzo questa<br />

città combattendo l’abbandono scolastico,<br />

creando delle scuole nuove che<br />

sappiano essere inclusive e aperte ai bisogni<br />

dei quartieri, creando un’alternativa<br />

economica che non si basi sullo sfruttamento<br />

del territorio, ma su piccoli interventi<br />

decisi insieme agli abitanti, che<br />

crei spazi di socialità e condivisione (orti<br />

collettivi, luoghi per lo sport e il<br />

gioco…) e quindi di democrazia e responsabilità.<br />

Un Comune che risponda<br />

alle reali esigenze dei suoi abitanti. Una<br />

nuova idea di città, che parte dal prendersi<br />

cura della città stessa.<br />

Il percorso è solo all’inizio ed è lungo,<br />

anche perché richiede un profondo cambiamento<br />

culturale, ma se non iniziamo a<br />

coltivare il sogno di una Catania diversa<br />

questa non vivrà mai.<br />

Foto di Pasqualino Cacciola


Sicilia/ Società civile<br />

Palagonia,<br />

la primavera<br />

ferita<br />

Fra debiti e vandali,un<br />

anno dopo le elezioni<br />

del rinnovamento<br />

di Claudia Campese<br />

www.ctzen.it<br />

Si aspettavano le casse vuote, ma<br />

hanno trascorso i primi 12 mesi di<br />

nuova amministrazione tra i conti pignorati<br />

e i continui atti di vandalismo<br />

verso scuole, strutture comunali e persino<br />

la stessa auto del presidente del<br />

consiglio Salvo Grasso.<br />

E’ il bilancio del primo anno del sindaco<br />

Valerio Marletta e della sua giovane<br />

giunta. I palagonesi, intanto, restano in<br />

attesa: «Per come ha trovato il Comune,<br />

è passato ancora troppo poco tempo per<br />

giudicare»<br />

Un anno fa gridavano alla liberazione.<br />

Scheda<br />

SICILSALDO: IERI PAGAVA LA MAFIA<br />

OGGI PIGNORA ILCOMUNE<br />

Il passato del Comune di Palagonia è spesso al centro delle<br />

udienze del processo Iblis, che si svolgono nel carcere di<br />

Bicocca di Catania. A marzo, mentre la nuova amministrazione<br />

stringeva la cinghia al limite, a testimoniare in aula è stato<br />

Angelo Brunetti, titolare della Sicilsaldo, la stessa ditta che in<br />

un primo momento aveva ottenuto il pignoramento delle casse<br />

pubbliche palagonesi. Una delle tante aziende vittime di<br />

estorsione non solo da parte di Cosa nostra, secondo i<br />

magistrati, ma anche dell'area grigia tra mafia e politica.<br />

Un caso di imprenditoria connivente, invece, secondo i legali<br />

della difesa di alcuni imputati. E quello che viene tratteggiato in<br />

aula è in effetti uno scenario contorto. Rappresentante della<br />

ditta appaltatrice dal 1999 di diversi lavori a Palagonia - dalla<br />

via di fuga «da un paio di milioni di euro» al metanodotto -,<br />

Brunetti racconta che «fin dal primo lavoro, il sindaco Salvino<br />

www.isiciliani.it<br />

Oggi è ancora di attesa l’aria che si respira<br />

a Palagonia, dove i cittadini conservano<br />

un ricordo di quella che doveva essere<br />

la primavera palagonese in parte sbiadito<br />

dai tanti problemi di questi mesi.<br />

Dopo anni di governo gestito da una<br />

sola famiglia – i Fagone, nonno, padre e<br />

figlio – e macchiati da indagini e processi<br />

antimafia, l'elezione di un sindaco, una<br />

giunta e un consiglio per lo più <strong>giovani</strong> e<br />

provenienti da Rifondazione comunista<br />

erano stati il riscatto di una comunità.<br />

Col settanta per cento<br />

A dirlo, lo scorso <strong>maggio</strong>, un ballottaggio<br />

lampo, durato meno di un'ora, con il<br />

quale Valerio Marletta si è imposto sullo<br />

sfidante Francesco Di Stefano con oltre il<br />

70 per cento delle preferenze dei palagonesi.<br />

Eppure a quell'entusiasmo sembra<br />

essersi sostituita la stanchezza del primo<br />

cittadino Marletta e del presidente del<br />

consiglio comunale Salvo Grasso, così<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 72<br />

come la rassegnazione dei cittadini. Che<br />

da mesi assistono a continui atti<br />

vandalici contro le scuole e altre strutture<br />

del Comune.<br />

“Eppure nessuno ha parlato”<br />

«Non può essere un caso», commentava<br />

il sindaco a proposito del raid vandalico<br />

di novembre contro le scuole materne<br />

di via Amedeo e via Archi. Arredi distrutti,<br />

libri e quaderni strappati, i nuovi<br />

pannelli fotovoltaici scomparsi. Un danno<br />

di circa cinquemila euro, secondo<br />

l’amministrazione.<br />

«Una risposta da parte di qualcuno ce<br />

l’aspettavamo, ma è anche impossibile<br />

che nessuno dei cittadini abbia visto<br />

niente – continua Marletta – Eppure nessuno<br />

ha parlato. Noi l’avevamo detto<br />

chiaramente: non era cambiando l’amministrazione<br />

che si creava il bene comune,<br />

ma preservandolo»<br />

Fagone mi aveva detto che dovevo rivolgermi a ditte e<br />

personale del luogo, anche se noi avevamo tutte le<br />

attrezzature». Società di personaggi oggi imputati o condannati<br />

in primo grado per associazione mafiosa o ancora sospettati di<br />

concorso esterno a Cosa nostra.<br />

Dal subappalto alla richiesta della cosiddetta messa a posto il<br />

passo è stato breve: in due tranches da 50 e 60mila euro.<br />

Richieste che però non sarebbero bastate a Brunetti per<br />

prendere le distanze dai suoi presunti estorsioni, ipotizzano gli<br />

avvocati della difesa. C’è chi mostra una foto del testimone a<br />

una cerimonia di famiglia a casa di un imputato. E chi ricorda<br />

invece come la moglie di Brunetti, proprietaria di una cantina<br />

vinicola, abbia fatto affari vendendo il proprio vino nel bar del<br />

distributore di benzina del presunto boss di Ramacca Rosario<br />

Di Dio.<br />

Di certo c'è solo che, 14 anni dopo e ormai trascorsi diversi<br />

governi di Fagone padre e figlio, la Sicilsaldo avanza e richiede<br />

un credito dal Comune di Palagonia per due milioni e 400mila<br />

euro.


E che non si tratti di comuni atti di<br />

vandalismo è dimostrato anche dall'ultimo<br />

caso quando, pochi giorni prima del<br />

25 aprile, l'impianto elettrico della basilica<br />

di San Giovanni, dove l’amministrazione<br />

aveva deciso di festeggiare la ricorrenza<br />

della Liberazione, è stato danneggiato<br />

e il contatore rubato.<br />

L'automobile bruciata<br />

Il motivo di questi attacchi, secondo i<br />

nuovi amministratori, sarebbe il nuovo<br />

corso della gestione della cosa pubblica<br />

inaugurato a Palagonia. Servizi sociali<br />

controllati «mentre prima erano gestiti in<br />

modo clientelare», appalti pubblici ad<br />

importi più contenuti, convenzioni a titolo<br />

gratuito come per il fotovoltaico o il<br />

wifi libero.<br />

«Quando dici dei no e torni a regolarizzare<br />

tutto, a qualcuno dà fastidio»,<br />

spiega Salvo Grasso. Che ha dicembre ha<br />

ritrovato la sua auto bruciata. Un evento<br />

di certo doloso, ma sul quale i carabinieri<br />

stanno ancora indagando. «Colpendo me<br />

hanno voluto avvertire l’amministrazione»,<br />

commenta Grasso, senza lasciarsi<br />

www.isiciliani.it<br />

tropo trasportare dall’emozione. «Abbiamo<br />

visto Salvo tranquillo e anche la sua<br />

famiglia, quindi l’intimidazione non ci<br />

ha sconvolto più di tanto», aggiunge il<br />

sindaco.<br />

Anche perché di cose a cui pensare, a<br />

Palagonia, in questi mesi ce ne sono state<br />

tante. Il macigno più pesante per la nuova<br />

amministrazione è stato di certo il<br />

contenzioso con la SicilSaldo. Azienda –<br />

tra le protagoniste del processo Iblis sulle<br />

presunte collusioni tra politica, mafia e<br />

imprenditoria nel Catanese – che aveva<br />

svolto alcuni appalti nel Comune.<br />

La SicilSaldo<br />

Correva l’anno 1999 e, da allora, nessuno<br />

aveva mai pagato alla ditta gli adeguamenti<br />

di fine lavori. Una cifra che,<br />

nel tempo, è lievitata fino a raggiungere<br />

un credito di due milioni e 400mila euro.<br />

L’azienda in un primo momento ottiene il<br />

pignoramento delle anticipazioni di cassa<br />

del Comune.<br />

Si tratta del prestito che ti concede la<br />

banca per pagare la spesa corrente: dagli<br />

stipendi dei dipendenti alla manutenzio-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 73<br />

“Quando dici<br />

di no<br />

e imponi<br />

le regole<br />

della legge,<br />

a qualcuno<br />

dà fastidio”<br />

ne spicciola – spiega Grasso – Il necessario<br />

per andare avanti quotidianamente». I<br />

netturbini non raccolgono più i rifiuti. I<br />

dipendenti comunali non ricevono gli<br />

stipendi. «Da due mesi siamo costretti a<br />

mettere anche di tasca», spiega il<br />

sindaco. Fino alla decisione del giudice,<br />

arrivata lo scorso 27 marzo, di sbloccare<br />

le casse comunali. Comunque vuote.<br />

E il passato ritorna ancora una volta a<br />

Palagonia a fine aprile, quando al Comune<br />

vengono chiesti altri 400mila euro per<br />

un debito che risale al 2003: il mancato<br />

pagamento del conferimento in discarica<br />

dei rifiuti. «I debiti che hanno lasciato gli<br />

altri, se li è caricati lui», sospira un anziano<br />

cittadino.<br />

Un debito di dieci anni fa<br />

«Per quello che c’era al Comune, che<br />

era disastroso, è passato ancora troppo<br />

poco tempo», aggiunge un ragazzo.<br />

«Cambiamenti ce ne sono stati pochi,<br />

però il signor sindaco ha la buona volontà<br />

di rimettere in sesto questo paese che<br />

va a rotoli da dieci anni», gli fa eco un<br />

altro. Non tutti sono d’accordo. «L’ho<br />

votato perché mi sembrava una persona<br />

perbene, ma sicuramente ha da mangiare<br />

qualcosa anche lui – commenta un giovane<br />

– Qua lavoro non ce n’è, non c’è niente,<br />

Palagonia fa schifo».<br />

Una voce non del tutto isolata, ma che<br />

sembra comunque minoritaria nel clima<br />

di attesa generale. I più disillusi sono gli<br />

anziani palagonesi, che tante ne hanno<br />

vissute in questi anni. «Se fosse stato per<br />

me – sentenzia un cittadino, interrompendo<br />

la sua partita a carte – Io avrei<br />

dato le dimissioni».


www.isiciliani.it<br />

Napoli<br />

Il fortino assediato<br />

Un sindaco in bilico, stretto all'angolo e stritolato<br />

da proteste e ritorsioni. Un saldatura tra<br />

ambienti apparentemente lontani che puntano su<br />

Palazzo San Giacomo<br />

di Arnaldo Capezzuto<br />

www.ladomenicasettimanale.it<br />

Cosa sta accadendo a Napoli? Un<br />

clima pesante sembra aver avvolto la<br />

città. Esplosione di ordigni sotto la<br />

sede del Comune di Napoli, finti funerali,<br />

ripetuti allarmi bomba contro il<br />

municipio e le stazioni della metropolitana,<br />

blitz improvvisi e occupazioni dei<br />

palazzi delle istituzioni.<br />

Serrate a tappeto dei commercianti<br />

contro i provvedimenti di Ztl (zona a<br />

traffico limitato), blocchi stradali, improvvisi<br />

scioperi dei dipendenti dello<br />

stesso Comune in coincidenza con manifestazioni<br />

internazionali.<br />

E se non bastasse anche la strana convergenza<br />

di una parte dei media con<br />

gruppi di pressione “talebana” sorti come<br />

funghi sui social network. Non è solo legittimo<br />

dissenso ma qualcosa in più. I<br />

successi dell'amministrazione arancione<br />

restano sullo sfondo: l'organizzazione di<br />

grandi eventi, (Coppa America, Giro<br />

d'Italia, concerto di Bruce Springsteen),<br />

l'aver cacciato una variegata vegetazione<br />

di lobbisti e strani personaggi borderline,<br />

l'aver ridotto il debito accumulato dalle<br />

gestioni precedenti e aggravatosi con i<br />

tagli dei trasferimenti del Governo e gli<br />

effetti della spending review sugli enti<br />

locali.<br />

Un assalto continuo<br />

Il sindaco Luigi de Magistris è sotto<br />

scacco. Un assalto continuo. Un assedio<br />

al fortino che scatena gli istinti più primordiali<br />

e naimaleschi. Un rancore e un<br />

odio che cova sotto le ceneri di una città<br />

abituata ai compromessi, al mercanteggiare,<br />

al barare con il gioco delle tre carte.<br />

E' difficile capire una città, dove normalmente<br />

non si capisce nulla.<br />

La domanda ritorna : Cosa sta accadendo<br />

a Napoli? E' in corso una saldatura<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 74<br />

tra ambienti apparentemente lontani che<br />

trovano un inaspettato coagulo e sintesi<br />

nella contrapposizione al primo cittadino.<br />

Commenti, per usare un eufemismo,<br />

al limite della diffamazione sono venuti<br />

fuori dai social network dopo la notifica<br />

di un avviso di garanzia al sindaco e al<br />

suo assessore al traffico per una presunta<br />

responsabilità oggettiva per la presenza<br />

delle buche nelle strade partenopee. Un<br />

venticello che soffia e fa il paio con ciò<br />

che si muove nella piazza.<br />

Strategia di spodestamento<br />

Chiariamo: non ci troviamo di fronte al<br />

legittimo protestare o l'espressione del<br />

sacrosanto dissenso; è un qualcosa che<br />

ha il sapore della ritorsione, della vendetta,<br />

delle restaurazione più bassa. Una<br />

sorta di lenta ma implacabile strategia di<br />

spodestamento. C'è la palese volontà<br />

d'imporre e dettare un'agenda al governo<br />

della città, un tentativo di riportare indietro<br />

le lancette della storia, aprire varchi<br />

per riportare dinosauri e interessi particolari<br />

nelle stanze del municipio.


www.isiciliani.it<br />

Memoria<br />

Pio La Torre<br />

trentun anni dopo<br />

La legge La Torre, fondamentale per il controllo dell'imprenditoria mafiosa,<br />

venne approvata solo dopo l'assassinio del suo promotore. Di cui,<br />

tanti anni dopo, sono ancora sconosciuti gli assassini e a malincuore tollerate<br />

le idee<br />

Il 30 aprile del 1982, la vigilia della<br />

festa dei lavoratori, veniva ucciso a<br />

Palermo Pio La Torre, segretario regionale<br />

del Partito comunista. Insieme<br />

a lui veniva trucidato il suo collaboratore<br />

Rosario Di Salvo.<br />

Morivano due comunisti, si riannodava<br />

dopo più di trent'anni anni un filo tragico:<br />

la strage di Portella Della Ginestra,<br />

l'eccidio di magistrati, sindacalisti, giornalisti<br />

e tanti altri uomini che hanno<br />

combattuto a viso aperto il sistema politico-mafioso.<br />

Alla fine degli anni 70 Pio La Torre,<br />

allora deputato al parlamento, inizia a<br />

preparare la legge che introdurrà l'artico-<br />

lo 416 bis del codice penale.<br />

Il 31 marzo del 1980 l'on. Pio La Torre<br />

presenta alla Camera Dei Deputati la<br />

proposta di legge dal titolo "Norme di<br />

prevenzione e repressione del fenomeno<br />

mafioso e costituzione di una commissione<br />

parlamentare permanente di vigilanza<br />

e di controllo".<br />

La legge che porta il suo nome viene<br />

approvata ma solo dopo la sua uccisione.<br />

Pio La Torre si era battuto contro<br />

l'installazione della base missilistica a<br />

Comiso, aveva percepito quanto fosse<br />

pericolosa questa miscela di interessi locali<br />

ed intenazionali.<br />

Alla fine Pio La Torre viene ucciso anche<br />

perchè isolato dentro il suo partito.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 75<br />

Dopo la sua uccisione si incomincia a<br />

parlare di una cosiddetta "pista interna".<br />

La moglie di La Torre dichiarò più volte<br />

che Pio era tornato in Sicilia per fare<br />

pulizia nel partito.<br />

Rifiutò la Costituzione di parte civile<br />

nel processo nella convinzione che ciò<br />

spettasse al partito.<br />

Dopo trentun anni dall'eccidio ignoti<br />

rimangono i mandanti.<br />

Il male profondo ha un solo nome, si<br />

chiama isolamento, solitudine, voglia di<br />

dimenticare.<br />

E' accaduto per Pio La Torre, sarebbe<br />

accaduto per tante altre vittime del sistema<br />

politico-mafioso.<br />

Antonio Cimino


www.isiciliani.it<br />

Mestieri<br />

Le “compagne”<br />

della sartoria<br />

Un vecchio laboratorio<br />

di taglio e cucito, nel<br />

cuore del quartiere. Ma<br />

forse qualcosa di più<br />

di Marcella Giammusso<br />

foto di Paolo Parisi<br />

www.associazionegapa.org<br />

“Sin da bambina mi piaceva cucire, e<br />

quando da ragazzina cominciai a lavorare<br />

in una fabbrica tessile, dove io facevo<br />

piccoli lavori di manovalanza, mi<br />

piaceva osservare le operaie che tagliavano<br />

le camice o i pantaloni.<br />

Avevo tanta voglia di imparare quel mestiere!<br />

Così quando una capo operaia si<br />

accorse della mia vocazione e mi diede la<br />

possibilità di imparare il taglio dei capi ne<br />

fui molto felice. Tagliavo le stoffe per<br />

molte ore della giornata, ma siccome le<br />

forbici erano molto pesanti e molto grandi<br />

rispetto alla mie piccole mani, spesso mi<br />

venivano le piaghe alle dita. Ma non mi<br />

importava, mi importava solo di imparare<br />

a tagliare e cucire!”<br />

Insegnare l'arte<br />

Con queste parole Antonella Motta, la<br />

sarta del quartiere di San Cristoforo a Catania,<br />

l'anno scorso ha iniziato il primo incontro<br />

del laboratorio di sartoria nella<br />

sede dell’associazione Gapa in via Cordai<br />

47. Un laboratorio proposto dalla stessa<br />

Antonella e sostenuto dai volontari del<br />

Gapa con l’obiettivo di insegnare a chi ne<br />

avesse voglia l’arte del cucire e nella speranza<br />

che questa potesse diventare un<br />

mezzo di lavoro e di guadagno per chi ne<br />

avesse voglia, capacità ed entusiasmo.<br />

Già, perché l’entusiasmo per il suo lavoro,<br />

la gioia di insegnare e la generosità verso<br />

gli altri sono le caratteristiche che distinguono<br />

Antonella.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 76<br />

“Io qualcosa la so fare, però mi piace<br />

frequentare perché imparo cose nuove e<br />

faccio qualcosina per me, e poi mi piace<br />

perché trovo gente accogliente e disponibile”<br />

dice Maria.<br />

“Vengo per imparare”, interviene Melina<br />

“così compro la stoffa e mi faccio i vestiti<br />

picchì sugnu ponchia.”<br />

Dopo le prime lezioni teoriche si è passati<br />

subito alla pratica e sotto la guida<br />

dell’insegnante le partecipanti hanno cucito<br />

dei capi per loro stesse, per le loro figlie<br />

e per i loro mariti ed a fine corso c’è<br />

stata una bellissima sfilata con la premiazione<br />

degli abiti più belli.<br />

Adesso siamo al secondo anno del corso<br />

di sartoria e grazie al passaparola fra le<br />

signore del quartiere c’è un’affluenza<br />

<strong>maggio</strong>re. Al laboratorio partecipano anche<br />

due ragazze laureate, Vanila e Cristina,<br />

che hanno un lavoro precario, che vogliono<br />

imparare a tagliare e cucire sia per<br />

potere guadagnare qualcosa cucendo abiti<br />

e vendendoli, sia perché questa attività<br />

può aiutarle a realizzare altri oggetti artigianali.<br />

Le signore vengono in sede, tirano<br />

fuori dalle proprie borse le stoffe, tagliano<br />

i capi, imbastiscono, cuciono, provano,<br />

riprendono le cuciture, allargano,<br />

stringono.<br />

Solidarietà e amicizia<br />

Ma il corso di sartoria non è solo questo,<br />

è qualcosa di più. E’un modo per intrecciare<br />

rapporti di amicizia e solidarietà<br />

attraverso la concretezza di un’attività<br />

manuale. Infatti durante tutta questa attività<br />

di taglio e cucito c’è un continuo parlare<br />

fra le donne, un assiduo confronto fra<br />

persone che vivono le stesse ansie che<br />

hanno le stesse preoccupazioni.<br />

Un continuo raccontare i propri problemi<br />

familiari. Il marito che non c’è più, i<br />

figli che non trovano lavoro, i soldi che


z<br />

non bastano mai. E poi il loro ruolo di<br />

donne, un ruolo pesante che non viene<br />

mai riconosciuto, ma che viene sempre<br />

portato avanti con responsabilità, forza e<br />

volontà.<br />

Occuparsi della casa e del marito, badare<br />

ai figli e spesso anche ai nipoti, farsi carico<br />

dei genitori anziani e malati e poi<br />

quando il marito non lavora quello di<br />

sbracciarsi le maniche e fare qualsiasi lavoro,<br />

anche il più umile.<br />

Senza piangersi addosso<br />

Ne parlano senza piangersi addosso.<br />

Trovano solidarietà fra loro e si danno<br />

consigli utili a superare i grossi problemi.<br />

“Qui siamo come una famiglia” afferma<br />

Lucia “ organizziamo incontri, a volte<br />

andiamo a mangiare fuori e stiamo<br />

bene insieme.”<br />

Mimma, 75 anni ”Avevo 23 anni quando<br />

sono andata in Belgio a lavorare ed ho<br />

fatto la pantalonaia per 10 anni perciò so<br />

cucire. Faccio la nonna, la mamma, la<br />

sorella e la badante. Ma nonostante tutto<br />

www.isiciliani.it<br />

zz<br />

sono una donna solare ed allegra e vengo<br />

qui perché mi piace stare in compagnia e<br />

perché mi piace fare qualcosa per gli altri...<br />

Qualche giorno mi ritiro a casa con<br />

gli occhi neri perché mi interesso sempre<br />

agli altri!”<br />

“Peccato che non sono venuta prima”!<br />

“Ho cresciuto i miei figli, i miei nipotini<br />

ed adesso ne sto crescendo un altro.”<br />

dice Enza “Ad un certo punto non mi<br />

sentivo realizzata e volevo fare qualcosa<br />

di diverso per tenere la mente occupata,<br />

anche perché ho avuto un po’ di depressione<br />

perché ho mio figlio che non lavora.<br />

Venire qui mi fa sentire bene e non<br />

penso a niente. E’ bello anche per le persone<br />

che ci sono. Peccato che non sono<br />

venuta prima!”<br />

Poi all’improvviso Mimma tira fuori<br />

una battuta di spirito e allora si ride insieme,<br />

si sdrammatizza, si parla d’altro.<br />

Basta piagnistei, basta pensare ai problemi<br />

giornalieri. Quella mattinata è dedicata<br />

a noi donne della sartoria e ce la<br />

dobbiamo godere tutta.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 77<br />

“I figli senza lavoro,<br />

i soldi che<br />

non bastano mai...”<br />

TEATRO MESSINA,26 MAGGIO<br />

POPOLARE AL PINELLI<br />

“LIBRINO”<br />

"Librino" è una parte della mia vita<br />

da ragazzino nel mio quartiere a Catania.<br />

Non è un monologo, è la mia<br />

storia raccontata agli amici. Sono i<br />

miei umori, e le voci della strada che<br />

mi sono portato dappresso; dal momento<br />

in cui sono andato via da<br />

quella periferia.<br />

Che senso ha, portarlo qui al Teatro<br />

Pinelli? Il senso sta nella voglia<br />

di denuncia di ogni violenza, di ogni<br />

violenza implicita, rimosso dai silenzi<br />

Il senso sta nel provare a incontrare<br />

qui, persone e voci e storie che<br />

legano la periferia di Catania, a quella<br />

di Messina, e di ogni altra periferia.<br />

Non voglio restare in silenzio.<br />

Tra stare zitti e gridare, preferisco<br />

la possibilità di essere solidale con<br />

ogni altra violenza, vissuta in questo<br />

paese: la violenza a quella donna, il<br />

licenziamento sul lavoro di<br />

quell'operaio, la malasanità, la compravendita<br />

del diritto a non soccombere.<br />

Dei giornali, della televisione, dei<br />

dibattiti, della piazza virtuale, dei<br />

mercati, della pubblicità, da questo<br />

o quella condizione, possiamo decidere<br />

di morire senza gridare.<br />

Oppure uscirne insieme.<br />

Luciano Bruno<br />

https://www.youtube.com/watch?<br />

v=t21vw8OBwu0


www.isiciliani.it<br />

Pianeta<br />

Le nozze segrete<br />

fra Google<br />

e Assange<br />

L'incontro, riservatissimo,<br />

è venuto fuori solo<br />

ora. Schimidt e Assange<br />

hanno parlato a lungo<br />

di strategie, e soprattutto<br />

di moneta<br />

elettronica e Bitcoin<br />

di Fabio Vita<br />

www.bitcoinquotidiano.com<br />

Poco più di un anno fa (<strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>,<br />

feb.2012) scrivevamo che il presidente<br />

di Google Eric Schmidt aveva rivelato<br />

l'intenzione della sua compagnia<br />

di studiare una moneta elettronica.<br />

Adesso, la trascrizione di un incontro -<br />

finora segretissimo - tra Schmidt e il<br />

fondatore di Wikileaks Julian Assange<br />

conferma l'interesse di Google per la<br />

moneta elettronica.<br />

Scheda<br />

BRANI DI CONVERSAZIONE<br />

Assange: Questa è la cosa più ottimista che sta accadendo. La<br />

radicalizzazione di <strong>giovani</strong> istruiti con internet. Le persone che<br />

ricevono i loro valori da internet ... e poi quando le trovano<br />

compatibili ne creano un'eco. L'eco è ormai così forte che annega<br />

le dichiarazioni originali. Completamente. Le persone che<br />

hanno affrontato, dal 1960... I radicali che hanno contribuito a<br />

liberare la Grecia e... Salazar. Dicono che questo momento è il<br />

più simile a quello che è successo in quei periodi di movimenti<br />

di liberazione negli anni '60, che hanno visto...<br />

L'incontro è avvenuto nel giugno del<br />

2011, con un Assange quindi non ancora<br />

barricato nell'ambasciata equadoriana ma<br />

già in stato di fermo in una casa della<br />

campagna inglese.<br />

Si sapeva che numerosi personaggi del<br />

mondo tecnologico e alternativo - come<br />

Steve Wozniak, co-fondatore di Apple -<br />

erano andati a visitare Assange durante le<br />

sue peripezie. Ma che fra loro ci potesse<br />

essere il capo del principale brand del<br />

pianeta nessuno l'aveva mai lontanamente<br />

immaginato.<br />

La trascrizione completa<br />

Wikileaks pubblica ora la trascrizione<br />

completa, con tanto di audio, delle cinque<br />

ore di incontro fra "il capo della gilda dei<br />

ladri" - diciamo così - e il massimo<br />

potentato dei Sette Regni. C'erano anche<br />

Jared Cohen, ex consigliere del Segretario<br />

di Stato di Hillary Clinton e coautore con<br />

Schmidt di The New Digital World<br />

(pubblicato il mese scorso), Lisa Schields,<br />

vicepresidente del Council on Foreign<br />

Relations e Scott Malcomson,<br />

speechwriting director dell'ambasciatrice<br />

Usa all'Onu Susan Rice.<br />

A un curioso Schmidt, Assange spiega<br />

l'evoluzione dei sistemi crittografici. Poi il<br />

discorso cade sul Bitcoin. "I link magnetici<br />

e così via stanno iniziando a venire. C'è<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 78<br />

La moneta senza banche<br />

Trend, tecnologia, applicazioni, mercati<br />

Tutto sul bitcoin, in tempo reale<br />

anche un bel paper in giro su Bitcoin,<br />

che... Ma tu sai qualcosa di Bitcoin?".<br />

"No".<br />

"Ok, Bitcoin è qualcosa che si è evoluto<br />

dalle cypherpunk un paio di anni fa ed è<br />

una alternativa a... si tratta di una moneta<br />

senza stato. Ha un algoritmo con cui<br />

chiunque può creare, chiunque può essere<br />

la propria zecca. Un modo semplice per<br />

dirlo è... c'è una ricerca continua di sequenze<br />

di bit zero. Una ricerca random.<br />

Quindi un sacco di lavoro di calcolo. Con<br />

ogni software Bitcoin che viene distribuito<br />

il lavoro aumenta algoritmicamente.<br />

Quindi la difficoltà di produrre Bitcoin diventa<br />

sempre <strong>maggio</strong>re col tempo.<br />

Schmidt matura un'idea...<br />

È qui che è maturata l'idea per Schmidt<br />

di creare una moneta elettronica (dei<br />

"Google bucks", scrivemmo allora sul<br />

modello di Bitcoin, o magari di utilizzare<br />

Bitcoin stesso? E presto, prima di<br />

un'eventuale concorrenza (un Amazon-<br />

coin, per esempio)?<br />

Al momento dello straordinario incon-<br />

tro, Bitcoin cominciava appena ad essere<br />

diffuso. Ma già allora Assange precisa che<br />

Bitcoin inizia a essere scambiato in<br />

dollari, e azzarda un paragone con un<br />

metallo prezioso come l'oro.<br />

Cohen: Lo vedi in ordine di grandezza diverso da quanto<br />

abbiano fatto negli anni '60?<br />

Assange: E per quanto riguarda ciò che è entrata in Occidente,<br />

perché ci sono alcune regioni del mondo, io non sono a conoscenza,<br />

ma per quanto mi rendo conto che - e naturalmente non<br />

ero in vita nel 1960 - ma come... Per quanto posso dire, questa<br />

affermazione è vera. Questa è la formazione politica di tecnici<br />

apolitici. È straordinario, nello stesso modo che il giovane...<br />

Schields: Apolitico? Vuoi dire una parola?<br />

Assange: Una parola. La gente sta andando a... I <strong>giovani</strong> stanno<br />

andando dall'apolitico alla politica. Si tratta di un passaggio<br />

molto interessante da vedere.


Saperne di più<br />

wikileaks.org/Transcript-Meeting-Assange-Schmidt#688<br />

www.pcmag.com/article2/0,2817,2417957,00.asp<br />

it.wikipedia.org/wiki/Hash<br />

Per la facile divisibilità, per la facilità<br />

con cui se ne puà saggiare l'autenticità, e<br />

perchè se sotterrato non decade "come<br />

mele o bistecche"<br />

Il clima dell'incontro è molto informale,<br />

Assange viene chiamato Julian, e non<br />

mancano scene memorabili come il balzo<br />

felino di Assange che capovolge il<br />

notebook di Lisa Schields per salvarlo<br />

dall'acqua distrattamente versatogli su<br />

dalla vicepresidente mentre si parlava di<br />

Pgp e di Zimmerman.<br />

Un clima molto informale<br />

"Se il sistema non fosse così inefficente<br />

- fa Jared Cohen, a proposito di tasse -<br />

tutti avrebbero i loro soldi offshore".<br />

"Non credo ai martiri - proclama Assange<br />

Fabio Vita<br />

Senza banche<br />

Bitcoin, la moneta<br />

di Internet<br />

www.isiciliani.it<br />

- Moglio combattere e scappare".<br />

"Non è trasparente, il Patriot Act" fa<br />

Eric Schmidt.<br />

Poi Assange si butta sulla filosofia.<br />

“Una battaglia in corso”<br />

"C'è una battaglia tra tutte queste cose<br />

in corso. Con persone diverse, economie<br />

diverse... non vedo una differenza tra<br />

governo e grandi corporations e piccole<br />

imprese. In realtà è tutto un continuum,<br />

sono tutti sistemi che cercano di ottenere<br />

quanto più potere possibile. Ecco, questo<br />

sono. Un generale che cerca più potere<br />

per la sua parte dell'esercito, e così via.<br />

Pubblicizzano, producono qualcosa che<br />

secondo loro è un prodotto, la gente lo<br />

compra, la gente non lo compra, lo<br />

rendono “complesso” per nasconderne i<br />

difetti...<br />

Non vedo una grande differenza tra<br />

governo e non-governativi. Ci sono<br />

differenze quanto a forza coercitiva, ma<br />

anche lì si vede che le società ben<br />

collegate sono in grado di sfruttare<br />

governo e sistema giudiziario e riescono a<br />

implementare... efficacemente anche la<br />

forza coercitiva, con l'invio di forze di<br />

polizia per fare requisizioni o buttare fuori<br />

a calci i dipendenti dell'ufficio".<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 79<br />

Il re e Robin Hood...<br />

Va avanti a lungo, lo strano incontro fra<br />

il re e Robin Hood. Il superhacker ricercato<br />

da decine di polizie e il megamanager<br />

galattico si scambiano suggerimenti e<br />

opinioni, lontani dai riflettori dei media<br />

(che per quasi due anni non ne sapranno<br />

niente) ed anche da qualsiasi riflessione<br />

su un qualsivoglia potere statale, che qui<br />

appare non meno obsoleto del regno di<br />

Bisanzio o del Sacro Romano Impero.<br />

Google e i servizi di pagamento<br />

Eric Schmidt nel lasciare il ruolo di Ceo<br />

(amministatore delegato) di Google - dal<br />

2001 al 2011: l'epoca d'oro della<br />

compagnia - per diventarne presidente<br />

disse che, nonostante tutti i traguardi<br />

raggiunti, nel campo nel social network<br />

c'era ancora molto da fare, inventandosi<br />

servizi adeguati, per raggiungere<br />

Facebook e Twitter.<br />

Da allora, Google ha investito molto in<br />

sistemi di pagamento, puntando<br />

soprattutto all'uso dello smartphone con i<br />

servizi Nfc. Ma forse Schmidt si chiede se<br />

ha perso tempo prezioso nei confronti dei<br />

"rivali" Paypal e soprattutto Bitcoin.


www.isiciliani.it<br />

Giornalismo<br />

Ma qua ormai<br />

l'informazione<br />

è precaria<br />

Si parla di giornalismo<br />

al convegno importante...<br />

di Attilio Occhipinti<br />

www.generazionezero.org<br />

L’International journalism festival,<br />

che si è tenuto a Perugia dal 24 al 28<br />

aprile, è giunto alla sua settima edizione.<br />

Si tratta di un momento importante<br />

per l’informazione, uno di quei momenti<br />

che spinge alla riflessione matura<br />

e onesta sulla situazione attuale del<br />

giornalismo nel mondo e, soprattutto,<br />

nel nostro Paese. “Per fare il giornalista<br />

in Sicilia ci vuole anche un avvocato”.<br />

Fermi tutti, forse sarebbe opportuno<br />

chiarire.<br />

L’appuntamento con questo importante<br />

festival ci ha fornito un’occasione particolare,<br />

quella cioè di prendere una bella<br />

lente di ingrandimento e di puntarla dritta<br />

sulla Sicilia. Perché? La risposta l’ha già<br />

data Vincenzo Barbagallo, giornalista e<br />

videomaker, con l’affermazione di cui sopra.<br />

Insomma, quale migliore occasione<br />

per parlare della condizione in cui verte il<br />

giornalismo siciliano di nuova<br />

generazione. A che punto siamo?<br />

Sull'equo compenso<br />

Per sfruttare al massimo questo<br />

momento abbiamo chiesto ad alcuni nostri<br />

amici e colleghi di chiarirci meglio (e di<br />

chiarirlo soprattutto a voi lettori) che<br />

cos’è il mestiere del giornalista,<br />

soprattutto se lo si relaziona al precariato,<br />

agli esigui pagamenti, all’incontro tra informazione<br />

e informati, quindi, alla Sicilia.<br />

D’altronde negli ultimi mesi si è intensificato<br />

il rapporto tra le varie realtà<br />

dell’informazione siciliana per far fronte<br />

comune contro una condizione che chiamarla<br />

precaria è poco, specie se parliamo<br />

di equo compenso: “La battaglia sull'equo<br />

compenso, portata avanti dal Presidente<br />

Iacopino e dai vari gruppi regionali di<br />

giornalisti, certifica lo stato in cui ci troviamo,<br />

gente sfruttata per fare andare<br />

avanti le piccole redazioni come le grandi<br />

redazioni di giornali ed emittenti nazionali.<br />

Purtroppo non credo che questa legge<br />

risolverà i problemi. La legge sarà applicabile<br />

solo per gli iscritti all'Ordine, ma ci<br />

sono tantissimi che,<br />

non essendo iscritti<br />

all'Ordine dei giornalisti<br />

per diversi motivi,<br />

continuano ad essere<br />

pagati, quando lo<br />

sono, una miseria”,<br />

così continua Vincenzo<br />

Barbagallo.<br />

Sempre sulla questione legata all’equo<br />

compenso l’opinione di Saul Caia, giornalista<br />

free-lance e collaboratore di<br />

diversi quotidiani, è che “l'approvazione<br />

della legge sull'equo compenso è certa-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 80<br />

mente una grande vittoria per i giornalisti,<br />

freelance e precari che siano, ma bisognerà<br />

capire come ogni regione ed Ordine<br />

recepirà la nuova norma e come sarà attuata.<br />

Conosco colleghi che per una notizia<br />

sono pagati da un minino di 2 ad un<br />

massimo di 10 euro, per non parlare dei<br />

video, dove spesso ricevi 5 o 10 euro,<br />

mentre se sei più fortunato puoi arrivare a<br />

15/20. Questo deve cambiare. Non si può<br />

certo lavorare per la gloria”. Andrea Sessa,<br />

giornalista e collaboratore de Linkiesta,<br />

è molto diretto nel dire che si tratta di<br />

“una vittoria indubbiamente, ma che lascia<br />

l'amaro in bocca. Ancora oggi essere<br />

pagati 4 euro al pezzo per tanti nostri colleghi<br />

è normale. Se un cameriere lo pagassero<br />

5 euro per 3 ore di lavoro farebbe<br />

la rivoluzione. Un giornalista non la fa e ti<br />

ho detto tutto”.<br />

Ed è stata proprio la proposta sull’equo<br />

compenso per i giornalisti che ha dato il la<br />

alla costituzione del Coordinamento<br />

Giornalisti Precari <strong>Siciliani</strong>, con tanto di<br />

sito internet. Un gruppo unito di giornalisti<br />

precari, pubblicisti, professionisti, freelance<br />

che ha le idee chiare su quanto accade<br />

nella loro (nostra) terra.<br />

Sul mestiere in Sicilia<br />

“Uscire per strada e andare a caccia di<br />

notizie è diventato un lavoro per pochi<br />

privilegiati. E’ più comodo stare a casa e<br />

scopiazzare gli altri dal proprio computer.<br />

Credo che bisognerebbe rimettere un<br />

serio ordine nel giornalismo, sia sotto<br />

l'aspetto dei pagamenti e del compenso,<br />

sia per quanto riguarda le categorie e le<br />

regole”, così Caia specifica il suo punto di


www.isiciliani.it<br />

“A un giornalista precario<br />

c'è ben poco da dire: se capisce<br />

che non ci guadagnerà nulla,<br />

eppure continua lo stesso,<br />

allora comincia a far parte di quello sparuto<br />

manipolo di eroi sporchi d'inchiostro”<br />

vista riguardo alla qualità del nostro giornalismo<br />

e gli fa eco Barbagallo poiché<br />

“fare il giornalista e fare più in generale<br />

informazione in Sicilia è quasi una missione,<br />

o per lo meno si dovrebbe<br />

interpretare così”. Ordine e missione,<br />

due parole che vogliono dire tanto e che<br />

dovrebbero stare alla base di questo<br />

mestiere, ma forse, specialmente se<br />

parliamo di ordine, siamo ancora lontani.<br />

“Pippo Fava parlava di Catania come<br />

di una donna meravigliosa e<br />

meravigliosamente facile, e credo che<br />

questo renda bene l'idea. La voglia di<br />

svelarla era troppa, e indomabile. Fatale.<br />

In Sicilia se scegli di fare<br />

il giornalista, e di<br />

raccontare la terra senza<br />

tralasciare alcun dettaglio,<br />

allora scegli di vivere di<br />

passione, ma devi farci i<br />

conti”, le parole di Sebastiano<br />

Ambra, giornalista<br />

e autore di Agendaerre, sono chiare,<br />

nette, non lasciano nulla al caso perché,<br />

precisa Giorgia Landolfo, giornalista<br />

free-lance, “essere giornalista, sottolineo<br />

precario, in Sicilia, significa lottare ogni<br />

giorno contro la legge dell'omertà che<br />

schiaccia e appanna la volontà di denuncia.<br />

Significa raccontare una terra<br />

meravigliosa ma piena di contraddizioni,<br />

nella quale peraltro senza uno stipendio<br />

che possa reputarsi tale né la possibilità<br />

di progettare il futuro, è molto difficile<br />

conservare l'entusiasmo”.<br />

Un percorso ad ostacoli quello che si<br />

affronta ogni giorno per una notizia, per<br />

una foto, per una testimonianza e a volte<br />

“ci rimetti tanto, e decidi tu quando è<br />

troppo. Conosco qualcuno che ha deciso<br />

che non sarà mai troppo, e attorno a lui la<br />

terra, adesso, è irrimediabilmente nera.<br />

Ma l'aria, quella no, è pura”, e di questo<br />

Sebastiano Ambra ne è sicuro.<br />

D’altronde la temperatura in Sicilia è<br />

alta e siamo sempre in guerra, questo non<br />

bisogna dimenticarlo: allora diventa<br />

complicato lavorare in certe condizioni,<br />

con il signorotto pronto a minacciarti con<br />

la querela o peggio e con l’altro signorotto,<br />

quello per cui lavori, che ti dà due<br />

lire.<br />

Eppure a questa guerra partecipano<br />

tanti soldati, molti di loro con spirito<br />

rivoluzionario.<br />

Sui consigli a un precario<br />

Se il meccanismo dell’informazione in<br />

Sicilia s’inceppa ed è sempre più complicato<br />

andare avanti, allora che cosa fare?<br />

In questa terra strana e pazza, colma di<br />

contraddizioni, ma dal sangue caldo, bella<br />

e dannata, ragazze e ragazzi a volte<br />

prendono una penna e scrivono, altre<br />

volte schiacciano il bottone di una macchina<br />

fotografica e immortalano luci e<br />

ombre dei nostri paesaggi. A tutti loro si<br />

rivolgono le attenzioni di Giorgia perché<br />

“fare rete tra noi inoltre è fondamentale<br />

per condividere idee e riflettere sui nostri<br />

diritti, per allontanare quel senso di solitudine<br />

nella quale spesso un cronista precario<br />

può sprofondare”.<br />

E a chi ha paura di zoppicare Saul consiglia<br />

“di non ricercare costantemente lo<br />

scoop o la notizia bomba, basta fare bene<br />

quelle piccole cose quotidiane. Evitare di<br />

scopiazzare dai colleghi (in caso citare la<br />

fonte), cercare sempre di confrontare<br />

bene quello che dice il proprio contatto o<br />

la propria fonte, e quando si snocciola un<br />

comunicato stampa è sempre meglio fare<br />

qualche chiamata in più, per avere<br />

un'intervista o un diritto di replica che<br />

possa aggiungere nuovi dettagli a quello<br />

che già si sa”.<br />

Lo spettro del precariato aleggia costantemente:<br />

“Più in generale direi ai tan-<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 81<br />

ti ragazzi di essere<br />

coscienti che di<br />

giornalismo non si<br />

campa: io per tirare a<br />

fine mese, il pomeriggio<br />

faccio lezioni private e,<br />

al mattino, faccio la<br />

guida turistica”, così<br />

prudentemente parla Andrea. Ma a<br />

prescindere dai compensi e dalla fatica<br />

“ad un giornalista precario oggi posso<br />

solo consigliare di fare il proprio mestiere<br />

con passione e con dovizia. Mirare<br />

alla qualità che alla lunga viene sempre<br />

premiata, non appiattirsi alle notizie di<br />

agenzia e di cercare sempre l'inedito anche<br />

a rischio di sembrare "inopportuno"<br />

o "aggressivo" secondo il potere”, questo<br />

il parere di Vincenzo.<br />

“L'unica vera paga”<br />

E in conclusione Sebastiano si rivolge<br />

ai <strong>giovani</strong> con molta onestà, perché dopotutto<br />

“ai giornalisti precari di utile non<br />

c'è molto da dire: chi continua a scrivere<br />

pur avendo coscienza della propria<br />

condizione retributiva, allora comincia a<br />

far parte, in questa buia epoca che vede<br />

sempre più distanti i ricchi dai poveri, di<br />

uno sparuto manipolo di eroi sporchi<br />

d'inchiostro. E a questi bisogna solo fare<br />

forza. Ai <strong>giovani</strong> giornalisti, piuttosto,<br />

quelli che affacciano la testa sul mestiere<br />

- magari dopo aver sparso manciate di<br />

parole sui social media - bisogna presentare<br />

la realtà com'è, ricordando loro che<br />

l'unico modo per non dare adito a chicchessia<br />

di attaccarli è attenersi sempre,<br />

scrupolosamente - senza mai cedere alle<br />

immancabili e pesantissime inclinazioni<br />

dell'animo - alla verità sostanziale dei<br />

fatti. E quella, per gli irriducibili precari<br />

di ogni età, vuoi o non vuoi è la prima<br />

paga. L'unica vera, spesso”.


www.isiciliani.it<br />

Un laboratorio di giornalismo antimafioso<br />

Scrivere di mafia:<br />

studiando s’impara<br />

Succede a Milano, alla facoltà di Scienze Politiche.<br />

Ecco brevi estratti degli articoli prodotti<br />

Sempre la verità<br />

Perché la negazione<br />

aiuta la mafia<br />

di Alice Bertola<br />

Negli anni Settanta a Palermo non si<br />

riusciva a parlare di mafia. Non era una<br />

possibilità accettabile socialmente e<br />

quindi negata politicamente . Circa<br />

trent’anni dopo, questa volta a Milano, si<br />

fa ancora fatica a capire l’infiltrazione<br />

delle mafie in Lombardia nonostante i<br />

processi, le condanne e gli omicidi.<br />

Pare che sia la negazione il filo conduttore<br />

tra spazio e tempo, dalla Sicilia<br />

alla Lombardia, come un disco rotto o<br />

una barzelletta raccontata troppe volte e<br />

che ormai davvero non fa più ridere. Ed<br />

è proprio questa negazione codarda che<br />

ha generato conseguenze, tragiche e varie,<br />

raccontate con precisione da due<br />

film-documentario: “Global mafia”, diretto<br />

dalla redazione di Stampo Antimafioso<br />

dell’Università degli Studi di Milano,<br />

e “Uomini soli” prodotto da Attilio<br />

Bolzoni con Paolo Santolini.<br />

82<br />

I documentari<br />

Per strada e nel mondo<br />

di Adelia Pantano<br />

Due diversi modi di fare giornalismo,<br />

due diversi modi di rivelare un fenomeno.<br />

Da una parte c'è Global Mafia, ideato<br />

dai ragazzi di stampoantimafioso.it, mentre<br />

dall'altra c'è Uomini Soli che Attilio<br />

Bolzoni, realizza nel 2012, anno di ricorrenze<br />

eccellenti. Con Bolzoni si cammina<br />

per le strade di una città che ricorda le<br />

sue vittime ad ogni angolo, Palermo appunto.<br />

Con Global Mafia sì gira per il<br />

mondo, per denunciare i numeri di un fenomeno<br />

che fa paura.<br />

Reti collettive<br />

e solitudine dei singoli<br />

di Valentina Duosi<br />

“Global Mafia” e “Uomini Soli”. Due<br />

racconti di denuncia e un grande paradosso:<br />

da un lato le “reti” alle spalle delle<br />

organizzazioni mafiose, dall'altro quelle<br />

alle spalle degli uomini delle istituzioni.<br />

Ai gemellaggi culturali, ai legami indissolubili,<br />

a un gruppo capace di mantenere<br />

una forte e compatta chiusura interna,<br />

si contrappone la drammatica solitudine<br />

degli uomini di Stato, di coloro che<br />

più di ogni altro avrebbero dovuto essere<br />

protetti dalla propria “comunità” di riferimento<br />

e invece sono stati lasciati soli a<br />

combattere la loro guerra personale. Il risultato<br />

è una lotta alla mafia personalizzata:<br />

la centralità delle singole persone<br />

come somma di scelte individuali.<br />

Stampo antimafioso<br />

- pag. I<br />

“Fuori la mafia<br />

dallo Stato”<br />

A colpi di tamburello<br />

di Vincenzo Raffa<br />

Palermo. La città mattatoio. La città<br />

come dei morti ammazzati. “Palermo<br />

come Beirut” dice qualcuno. “No è anche<br />

peggio” gli fa eco qualcun altro. Profumi<br />

di mercato. Delle verdure vengono esposte<br />

in bella vista da mercanti dalla gola<br />

secca per quanto pubblicizzano la loro<br />

mercanzia: “pesce fresco”. Una foto di<br />

un giocatore del Palermo calcio primeggia<br />

sorridente appesa ad una parete sporca<br />

di una delle tante vie della conca<br />

d’oro.<br />

Poco più in la un boato squarcia la<br />

tranquillità di un pomeriggio nella cittadina<br />

siciliana di Capaci. Un altro a via<br />

d’Amelio. Corpi dilaniati. Macchine<br />

sventrate. Morte. Tanta morte. Un fumo<br />

acre di qualche decina di metri sale imperioso<br />

e nero segnalando al mondo che<br />

qualcosa di brutto era appena successo.<br />

Le strade sono interamente divelte. I cancelli<br />

delle case sono un vago ricordo.<br />

Cocci ovunque. Un odore amaro ristagna<br />

nei polmoni ed inquina l’aria. Polvere. Il<br />

silenzio è rotto da pianti e singhiozzi di<br />

chi conosceva le vittime. Chi non piange<br />

per loro, lo fa perché ha gli occhi pieni di<br />

polvere. La folla si rivolge urlante ai politici<br />

accorsi per i funerali solenni di Falcone<br />

e Borsellino: “fuori la mafia dallo<br />

Stato”.


Un percorso formativo<br />

Il laboratorio<br />

Il giornalismo antimafioso esiste. È una<br />

combinazione di conoscenza, abilità stilistica<br />

e sensibilità civile che fa i conti con<br />

un vuoto di spazio nel sistema informativo<br />

mainstream. Un vuoto che si fatica a<br />

colmare, però, e questo è paradossale. Di<br />

più: è inaccettabile, a Milano, capoluogo<br />

della Lombardia colonizzata dalla<br />

‘ndrangheta. Da questa premessa prende<br />

le mosse il laboratorio di giornalismo antimafioso.<br />

Ideato dal professor Nando<br />

dalla Chiesa, la redazione di Stampo Antimafioso<br />

si è cimentata nel ruolo di tutor.<br />

Universitari, una studentessa liceale,<br />

un paio di giornalisti, un maresciallo dei<br />

carabinieri: loro sono gli iscritti che, da<br />

gennaio a marzo, hanno ripercorso la storia<br />

del giornalismo antimafioso, si sono<br />

misurati con i generi della scrittura, hanno<br />

ragionato sulle sfide poste dal giornalismo<br />

digitale. Ma soprattutto hanno capito<br />

che non si può scrivere di mafia senza<br />

averla studiata. E che non basta studiarla:<br />

è importante anche imparare a<br />

raccontarla. Contro l’invisibilità, saper<br />

nominare la mafia per denunciarla.<br />

Servitori dello Stato<br />

La forza dell'onestà<br />

di Giorgia Venturini<br />

Parlare di mafia vuol dire anche raccontare<br />

di chi ha sempre creduto nel riscatto<br />

di un popolo onesto. Vuol dire non dimenticare<br />

persone come Nino Agostino,<br />

il poliziotto ucciso a Palermo da .<br />

Talmente ignoti che lo stesso Totò<br />

Riina aprì un inchiesta interna a Cosa<br />

Nostra per scoprire chi sparò. Ha giurato<br />

sul nome del figlio, Vincenzo Agostino,<br />

padre di Nino. Ha giurato che finché la<br />

giustizia non gli darà un colpevole, lui, la<br />

sua barba non se la taglierà mai. Ancora<br />

dopo anni, però, quella barba, è sempre<br />

più bianca e più lunga.<br />

www.isiciliani.it<br />

La facoltà di Scienze Politiche.<br />

Salvatore Borsellino<br />

di Silvia Macellaro<br />

"...C’è un uomo poi, un uomo che resta<br />

sulle sue, nascosto rispetto agli altri; forse<br />

per cercare conforto in un ricordo, forse<br />

per rabbia. Un uomo con le spalle ricurve,<br />

con le braccia che cadono lungo i<br />

fianchi e con la testa<br />

china sul pavimento. È Salvatore Borsellino.<br />

Una testimonianza forte, dura,<br />

“un pugno nello stomaco”. Una memoria,<br />

la sua, che non è stata solo ricordo, è<br />

stata lotta, è stata ricerca della verità,<br />

benché questa non sia mai stata trovata.<br />

Rabbia, foga, sete di giustizia nelle sue<br />

parole. Un nodo alla gola, la voce spezzata<br />

dal dolore e una lacrima che gli segna<br />

il viso: “Paolo Borsellino è vivo”. Lo<br />

sdegno nei confronti delle istituzioni, il<br />

rammarico per un fratello ucciso due volte:<br />

una prima dalla mafia e una seconda<br />

dall'omertà delle persone. Un’omertà che<br />

ha massacrato ripetutamente chi era già<br />

stato ammazzato, celando con il silenzio<br />

quelle verità forse troppo sconvenienti."<br />

Stampo antimafioso<br />

- pag. II<br />

Ricordare,<br />

sempre e ovunque<br />

Percorsi di Memoria<br />

di Gemma Ghiglia<br />

L'ultimo intervento, il più toccante, è di<br />

Salvatore Borsellino. Il punto del suo discorso<br />

è semplice e chiaro: la memoria<br />

come lotta. Lotta contro un sistema:<br />

"Troppo spesso il più grande vilipendio<br />

delle Istituzioni è stato fatto dalle stesse<br />

persone che lavorano per esse". Lotta insieme<br />

a chi dopo la morte di Paolo ha<br />

avuto il coraggio di dire, a Palermo, "Io<br />

sono contro la mafia".avuto il coraggio<br />

di dire, a Palermo, "Io sono contro la mafia".<br />

Dopo vent'anni l'urgenza comunicativa<br />

è ancora irreprimibile, il ricordo ancora<br />

intenso, la lotta ancora accesa. Si<br />

alza in piedi, con il braccio e nella mano<br />

una delle sue agende rosse: la pagina è<br />

aperta su una foto del fratello. Alta, visibile<br />

a tutti.<br />

Un gesto che vale più di ogni parola.<br />

La memoria è lotta<br />

di Adriana Varriale<br />

Milano, 22 febbraio. Presentazione del<br />

Coordinamento lombardo dei familiari<br />

delle vittime di mafia<br />

A conclusione della serata interviene<br />

Salvatore Borsellino, fratello di Paolo.<br />

Per lui la memoria è la lotta contro coloro<br />

che gli hanno portato via il fratello e<br />

non permettono giustizia. Ricorda come<br />

l’omicidio di Paolo non fu una morte di<br />

mafia bensì una morte di Stato. Riporta<br />

alle menti dei presenti gli attimi successivi<br />

la morte del fratello, ricordando la<br />

scomparsa dell’agenda rossa su cui probabilmente<br />

si sarebbero trovati i mandanti<br />

dell’omicidio. Un discorso commovente<br />

e coinvolgente, una narrazione quasi<br />

urlata di quello che accadde. “La memoria<br />

è lotta” e Salvatore Borsellino lotta<br />

per la verità.<br />

83


Attenzione al nord<br />

Mafia e memoria<br />

nell'Italia del Nord<br />

di Daniele Cavalli<br />

La memoria è il tema che è si fatto strada<br />

durante l’incontro svoltosi a Vittuone<br />

il 9 Febbraio scorso, organizzato dalla<br />

sezione locale dell’ANPI. Al Nord la memoria<br />

è finita spesso in un angolo: la<br />

gente, fino all’ Operazione Crimine Infinito<br />

del 2010, non si convinceva del fatto<br />

che qui la mafia esiste, eccome. Alla<br />

base sta il problema dell’incapacità di<br />

leggere gli eventi, ma anche quello della<br />

voglia di rimuovere i segnali. C’è anche<br />

la memoria rivendicata con fervore da<br />

chi si attiva contro la mafia. Questa corre<br />

però il pericolo di essere strattonata o di<br />

perdere la propria solidità e, anche involontariamente,<br />

di allontanare da un efficace<br />

contrasto alla criminalità organizzata,<br />

in ogni luogo questa operi.<br />

Mafia e politica: il<br />

dissenso della società<br />

civile di Vittuone<br />

di Andrea Zolea<br />

Il 9 febbraio nella sede del Comune di<br />

Vittuone, ad ovest di Milano, la sezione<br />

locale dell'Anpi ha organizzato un<br />

convegno antimafia con ospiti illustri:<br />

Nando dalla Chiesa, il sindaco Fabrizio<br />

Bagini e i giornalisti del settimanale<br />

'L'Altomilanese' Ersilio Mattioni e Ester<br />

Castano. L'evento, realizzato per approfondire<br />

le questioni giudiziarie sui rapporti<br />

tra 'ndrangheta e politica dell'area<br />

magentina, ha visto molti cittadini esprimere<br />

un forte disaccordo sull'operato di<br />

esponenti politici della zona. Vincenzo<br />

Capuozzo, segretario dell'Anpi di Sedriano/Vittuone<br />

ha marcato il senso<br />

dell'incontro ''quello che accomuna la<br />

lotta alla mafia di oggi alla lotta della resistenza<br />

durante la seconda guerra<br />

mondiale è la battaglia per la libertà''.<br />

84<br />

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DISEGNO DI MARCO BRUNO<br />

Dubbi e domande<br />

sulla gestione Aler<br />

di Luana Petre<br />

Milano, Audizione in Commissione<br />

Antimafia. Loris Zaffra giustifica la nomina<br />

di Di Chiano come una prestazione<br />

d'opera che in realtà non è mai avvenuta.<br />

Nel 2012, essendo stata ALER sottodimensionata,<br />

si è deciso di ampliare<br />

l'organico, assumendo nuovo personale,<br />

tra cui Di Chiano, il quale riportava anche<br />

la certificazione di invalidità civile.<br />

Rilevanti sono i fatti collegati a Di Chiano,<br />

il suo tentato suicidio, l'intestazione<br />

di una casa dal Comune di Milano ubicata<br />

in via Ca' Granda, la condanna per associazione<br />

mafiosa, l'assunzione realmente<br />

avvenuta nonostante non abbia<br />

mai esercitato la professione presso<br />

l'azienda, la sua certificazione di invalidità<br />

ancora da verificare.<br />

Stampo antimafioso<br />

- pag. III<br />

Tempo di agire<br />

Occhi aperti<br />

allo Zucchi<br />

di Marco Bruno<br />

All'interno dell'aula magna del “Liceo<br />

Bartolomeo Zucchi" di Monza, lo scorso<br />

6 febbraio si è svolto l'incontro tra gli<br />

studenti e Stefano Paglia, volontario di<br />

Libera. Associazioni, nomi e numeri contro<br />

le mafie.<br />

L'oratore ha stuzzicato i liceali chiedendo<br />

loro come possano contrastare<br />

questo fenomeno, proponendo tre modalità<br />

di contrasto: non acquistare droghe,<br />

esprimere sempre la preferenza nelle<br />

schede elettorali e pretendere lo scontrino<br />

fiscale dopo aver acquistato qualcosa.<br />

La nave della legalità<br />

di Vincenzo Raffa<br />

Siamo noi gli unici che possono cambiare.<br />

La vita fatta come regalo per liberare<br />

chi libero non lo è. Chi vive nelle catene<br />

della mafia e non solo: una vita fatta di<br />

prostituzione, di vessazioni, di scorte, di<br />

denigrazioni, di male parole, di usura.<br />

Questa non è vita. Allora si evince che è<br />

giunto il tempo in cui noi dobbiamo fare<br />

noi stessi. Non cittadini ad intermittenza<br />

quindi, come ripete più e più volte un<br />

energico Ciotti.<br />

La scuola è l’unica che può dire ad un<br />

bambino in età scolare, che risolvere i<br />

problemi con la forza non è giusto! Che<br />

ricevere dei soldi in cambio di favori,<br />

non è giusto! Che chiedere il pizzo o praticare<br />

l’usura, non è giusto! La scuola<br />

come “progetto corale” per educare non<br />

solo una persona, ma anche tutte quelle<br />

in cui quest’ultima vive e riceve insegnamenti<br />

extrascolastici. Riuscire a staccare<br />

il figlio alla mafia, vista come madre perché<br />

ai suoi bambini questa da una forte<br />

identità (quella che secondo alcuni questo<br />

Stato oggi non dona), è l’obiettivo<br />

principale per rigenerare la società. Ma<br />

bisogna farlo subito.


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I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

Sicilia i<strong>giovani</strong><br />

– pag. p 85


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mondo su NORD &SUD mondo giù<br />

a cura di Tito Gandini<br />

Padri, figli<br />

E BUROCRAZIA<br />

Francia, matrimonio gay, il problema non<br />

è tanto il matrimonio, quanto la possibilità<br />

o meno di esercitare il ruolo genitoriale<br />

e questo, paradossalmente anche sui<br />

figli propri, oltre che su figli adottivi. Ma<br />

se la questione si risolve in maniera positiva<br />

per i figli propri ovviamente ne consegue<br />

la possibilità di adozione.<br />

Armi chimiche 1<br />

SIRIA: LE USA IL GOVERNO?<br />

Siria. L’amministrazione USA, ritiene di<br />

avere prove sufficienti che dimostrino<br />

l’utilizzo di armi chimiche, in dosi non<br />

massicce contro gli insorti. Considerato<br />

che Obama aveva determinato come<br />

punto di non ritorno per un coinvolgimento<br />

diretto degli USA proprio l’utilizzo<br />

di armi chimiche, adesso bisogna vedere<br />

che succede.<br />

Scuse<br />

PER UN MASSACRO<br />

Serbia. Il presidente nazionalista, Tomislav<br />

Nikolic, chiede scusa per il massacro<br />

di Sebrenica: “M’inginocchio e domando<br />

che la Serbia sia perdonata per il<br />

crimine commesso a Sebrenica, mi scuso<br />

per i crimini che sono stati commessi in<br />

nome del nostro stato, da qualche individuo<br />

del nostro popolo.” Allusione piuttosto<br />

evidente a Ratko Mladic, comandante<br />

in capo delle forze serbe e che comandò<br />

personalmente l’attacco all’enclave, che<br />

secondo la croce rossa è costato la vita a<br />

8000 persone.<br />

Récord<br />

SENZA GLORIA<br />

3224600 disoccupati in Francia, è record.<br />

Tre su cinque hanno accesso al sussidio<br />

di disoccupazione che copre il 69% del<br />

loro ultimo stipendio.<br />

Poveri ariani<br />

(E POVERO CHI CI CREDE)<br />

Nueva Germania è in<br />

Paraguay, una colonia<br />

fondata da due razzisti<br />

tedeschi nel 1887 con<br />

l’obbiettivo di creare<br />

una razza pura a partire<br />

da 14 famiglie ariane<br />

DOP.<br />

In capo a pochi anni il<br />

progetto fallì, malattie, povertà, manie di<br />

grandezza fecero sì che alcune famiglie<br />

siano tornate in Germania e che altre si<br />

siano progressivamente acconciate alla<br />

vita locale, superando qualunque vincolo<br />

DOP, per concentrarsi sulla mera<br />

sopravvivenza. Oggi la colonia esiste<br />

ancora, molti hanno ancora cognome<br />

tedesco, ma la "razza", quella è<br />

assolutamente indistinguibile dal resto<br />

dei paraguaiani. Tanto per dire, noi<br />

ancora ci preoccupiamo dell’impatto politico<br />

dello Ius Soli.<br />

La bpmba<br />

FAI-DA-TE<br />

Boston. Una decina d’anni fa, furoreggiava<br />

una vignetta che imitando le istruzioni<br />

di montaggio Ikea spiegava come<br />

costruire una bomba. Bene pare che le<br />

pentole a pressione di Boston, con la polvere<br />

da sparo estratta dai fuochi d’artificio,<br />

con la scelta di un evento all’aperto<br />

(quindi senza controlli d’accesso e di security),<br />

fossero fatte su istruzioni<br />

comunemente scaricabili da web.<br />

L’autore era morto per un attacco dei<br />

droni americani un paio d’anni fa, ma si<br />

sa le idee circolano.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 86<br />

Armi chimiche 2<br />

SIRIA: LE USANO I RIBELLI?<br />

Siria, pare che adesso si faccia uso di<br />

armi chimiche, ma dalla parte sbagliata.<br />

Carla Del Ponte, sostiene di avere degli<br />

indizi che siano i ribelli ad usarle. Ovvero<br />

i buoni, quelli che gli Usa vorrebbero<br />

sostenere. Nelle ultime settimane gli<br />

americani avevano iniziato a dire che se<br />

il Governo siriano avesse deciso di utilizzare<br />

armi chimiche contro i ribelli sarebbero<br />

intervenuti e ora? Ma chi li rifornisce<br />

i ribelli? Intanto Israele per non saper<br />

ne leggere ne scrivere, ha bombardato<br />

siti militari strategici a Damasco, riuscendo<br />

a tirarsi contro la lega araba. Il timore<br />

di Israele è che le armi dei depositi<br />

siriani, finiscano nelle mandi degli Hebollah.<br />

Come dargli torto? Se armi chimiche<br />

finissero per essere utilizzate contro<br />

Israele, avremmo la base strutturale di<br />

un conflitto enorme. Nethaniau si è catapultato<br />

in Cina per discuterne e ne ha<br />

parlato al telefono con Putin.<br />

Inquinare<br />

NON E' PIU' UN AFFARE<br />

I certificati CO2 avevano raggiunto un<br />

valore di 40 dollari la tonnellata in agosto<br />

2008, questo costo incoraggiava le<br />

aziende a sostituire infrastrutture obsolete<br />

e a progettare riduzioni strutturali degli<br />

agenti inquinanti emessi. Poi è venuta<br />

la crisi e le aziende hanno cominciato a<br />

produrre tanto di meno. Il business case<br />

sugli investimenti per ridurre le emissioni<br />

è cambiato drammaticamente. Oggi il<br />

valore del certificato è sceso a 2 dollari<br />

la tonnellata, le aziende sono piuttosto<br />

incoraggiate a tenere le vecchie infrastrutture,<br />

finché la crisi non sia passata.


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mondo su NORD &SUD mondo giù<br />

a cura di Tito Gandini<br />

Baa-bo-cho-nee<br />

WHAT MEANS IT?<br />

Gran Bretagna, gli inglesi scoprono i<br />

bamboccioni, secondo un recente studio<br />

pare addirittura che il 43% dei <strong>giovani</strong><br />

compresi tra i 18 e i 30 anni abbia chiesto<br />

soldi ai genitori per comprare da<br />

mangiare, il 36% abbia confessato di<br />

chiedere aiuto per pagarsi le ferie , il<br />

16% per ripianare debiti, l’8% per comprarsi<br />

casa. Insomma pare che addirittura<br />

il 31% dei ragazzi non si senta indipendente<br />

economicamente. (Ma in Italia<br />

abbiamo rinunciato a farle queste<br />

indagini?)<br />

In Germania<br />

LI PROCESSANO (I NAZI)<br />

Germania, si apre il processo per 24 omicidi<br />

ad un gruppetto neonazista di tre<br />

persone. L’obbiettivo non era avere visibilità,<br />

era uccidere, uccidere uno straniero<br />

era una cosa buona. In realtà sotto<br />

processo ci finisce tutto il lavoro di un<br />

decennio della polizia e dei servizi segreti,<br />

tutte le negligenze e le eventuali connivenze,<br />

tutto un sistema di burocrazia<br />

elefantiaca o sviste paradossali che hanno<br />

permesso al gruppetto di agire indisturbato.<br />

La Germania si auto processa in<br />

casi del genere, ed entrano in tutti i<br />

micro dettagli dei perché e dei percome e<br />

sono disposti a mettere in crisi tutto il<br />

sistema. (Diciamolo per Cucchi,<br />

Aldovrandi, …)<br />

Proteste<br />

ANTICORRUZIONE (IN RUSSIA)<br />

Mosca, dicembre<br />

2011, malgrado un<br />

freddo boia,<br />

migliaia di attivisti<br />

invadono le strade<br />

di Mosca per<br />

protestare contro la corruzione. Nella<br />

primavera 2012 la protesta aveva<br />

raggiunto la provincia, sfidando i sindaci<br />

del partito di Putin Russia Unita e<br />

spingendoli a varare delle riforme locali.<br />

La protesta raggiunse il proprio culmine<br />

a poche ore dalla rielezione Putin alla<br />

presidenza, dopo una pausa di quattro<br />

anni. Poi però scattò la controffensiva:<br />

un’ondata di arresti per atti di<br />

hooliganismo, gli Usa furono accusati di<br />

fomentare le proteste, l’agenzia<br />

americana per lo sviluppo internazionale<br />

è stata ridimensionata, la Usaid è stata<br />

cacciata malamente, ogni leader<br />

dell’opposizione fu controllato per capire<br />

se avesse o meno rapporti con organizzazioni<br />

internazionali. Ora alla velocità del<br />

bradipo la giustizia sta celebrando i processi<br />

di quella stagione e l’opposizione è<br />

ridotta al lumicino.<br />

Presidente<br />

FIGLIO DI PRESIDENTE<br />

Malesia, Najib Razak è stato rieletto presidente,<br />

conservatore, a sua volta figlio<br />

dell’ex presidente del consiglio Abdul<br />

Razak. Non ci si aspetta grande innovazione.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 87<br />

Mi son fatto<br />

LA PISTOLA<br />

Una pistola vera, realizzabile tramite una<br />

stampante 3d, in plastica dura, è stata testata<br />

con successo dall'associazione americana<br />

Defense Distributed.<br />

India e Cina<br />

E LA GUERRA DIMENTICATA<br />

Conflitti dimenticati: India e Cina si contendono<br />

dal 1962 un territorio di frontiera<br />

sull’Himalaya. Adesso stanno disarmando.<br />

Europei<br />

TUTTI IN GERMANIA!<br />

Nel 2012 369000 persone sono immigrate<br />

in Germania, +32% rispetto all'anno<br />

prima, oltre il 50% vengono da altri Paesi<br />

europei.<br />

Per oggi<br />

NON LI LANCIO PIU'<br />

La Corea del Nord ha tolto i propri missili<br />

dalle basi di lancio.<br />

900 operai<br />

AMMAZZATI<br />

Bangladesh: 912 morti in un crollo di<br />

una fabbrica tessile il 24 aprile. Si continua<br />

a scavare. E' praticamente impossibile<br />

sapere se questa mia felpa ora, sia stata<br />

fatta in quella fabbrica. Indizi? Economica,<br />

comprata al mercato di Isola a Milano.<br />

(Fra gli utilizzatori finali, anche<br />

Benetton).


Nel paese di Camporeale, provincia di<br />

Palermo, nel cuore della Sicilia, assediato<br />

da tutta la mafia della provincia palermitana,<br />

c'era un sindaco democristiano,<br />

un democristiano onesto, di nome Pasquale<br />

Almerico, il quale essendo anche<br />

segretario comunale della DC, rifiutò la<br />

tessera di iscrizione al partito ad un patriarca<br />

mafioso, chiamato Vanni Sacco<br />

ed a tutti i suoi amici, clienti, alleati e<br />

complici. Quattrocento persone. Quattrocento<br />

tessere. Sarebbe stato un trionfo<br />

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IL FILO<br />

Il potere<br />

in Italia<br />

di Giuseppe Fava<br />

Questa è la povera storia di un sindaco siciliano<br />

di tanti anni fa, uno che non vole scendere a<br />

patti con la mafia. Il partito lo scaricò, i mafiosi<br />

lo ammazzarono. Solo un giornalista coraggioso<br />

si ricordò di lui, e ce ne ha tramandato il nome<br />

____________________________________<br />

La Fondazione Fava<br />

La fondazione nasce nel 2002 per mantenere<br />

vivi la memoria e l’esempio di Giuseppe Fava,<br />

con la raccolta e l’archiviazione di tutti i suoi<br />

scritti, la ripubblicazione dei suoi principali libri,<br />

l'educazione antimafia nelle scuole, la promozione<br />

di attività culturali che coinvolgano i <strong>giovani</strong><br />

sollecitandoli a raccontare. Il sito permette<br />

la consultazione gratuita di tutti gli articoli di<br />

Giuseppe Fava sui <strong>Siciliani</strong>.<br />

Per consultare gli archivi fotografico e teatrale,<br />

o altri testi, o acquistare i libri<br />

della Fondazione, scrivere a<br />

elenafava@fondazionefava.it<br />

mariateresa.ciancio@virgilio.it<br />

____________________________________<br />

Il sito “I <strong>Siciliani</strong> di Giuseppe Fava”<br />

Pubblica tesi su Giuseppe Fava e i <strong>Siciliani</strong>, da<br />

quelle di Luca Salici e Rocco Rossitto, che ne<br />

sono i curatori. E' un archivio, anzi un deposito<br />

operativo, della prima generazione dei <strong>Siciliani</strong>.<br />

Senza retorica, senza celebrazioni,<br />

semplicemente uno strumento<br />

di lavoro. Serio, concreto<br />

e utile: nel nostro stile.<br />

politico del partito, in una zona fino<br />

allora feudo di liberali e monarchici, ma<br />

il sindaco Almerico sapeva che quei<br />

quattrocento nuovi tesserati si sarebbero<br />

impadroniti della <strong>maggio</strong>ranza ed<br />

avrebbero saccheggiato il Comune. Con<br />

un gesto di temeraria dignità, rifiutò le<br />

tessere.<br />

La segreteria della DC<br />

Respinti dal sindaco, i mafiosi ripresentarono<br />

allora la domanda alla segreteria<br />

provinciale della DC, retta in quel<br />

tempo dall'ancora giovane Giovanni<br />

Gioia, il quale impose al sindaco Almerico<br />

di accogliere quelle quattrocento richieste<br />

di iscrizione, ma il sindaco Almerico,<br />

che era medico di paese, un galantuomo<br />

che credeva nella DC come<br />

ideale di governo politico, ed era infine<br />

anche un uomo con i coglioni, rispose<br />

ancora di no. Allora i postulanti gli fecero<br />

semplicemente sapere che, se non<br />

avesse ceduto, lo avrebbero ucciso, e il<br />

sindaco Almerico, medico galantuomo,<br />

sempre convinto che la Dc fosse soprattutto<br />

un ideale, rifiutò ancora.<br />

La segreteria provinciale s'incazzò, sospese<br />

dal partito il sindaco Almerico e<br />

concesse quelle quattrocento tessere. Il<br />

sindaco Pasquale Almerico cominciò a<br />

vivere in attesa della morte. Scrisse un<br />

memoriale indirizzato alla segreteria<br />

provinciale e nazionale del partito<br />

denunciando quello che accadeva e<br />

indicando persino i nomi dei suoi<br />

probabili assassini. E continuò a vivere<br />

nell'attesa della morte. Solo,<br />

abbandonato da tutti. Nessuno gli dette<br />

retta, lo ritennero un pazzo visionario<br />

che voleva continuare a comandare da<br />

solo la città emarginando forze politiche<br />

nuove e moderne.<br />

Due scariche di lupara<br />

Talvolta lo accompagnavano per strada<br />

alcuni amici armati per proteggerlo.<br />

Poi anche gli amici scomparvero. Una<br />

sera di ottobre mentre Pasquale Almerico<br />

usciva dal municipio, si spensero tutte<br />

le luci di Camporeale e da tre punti<br />

opposti della piazza si cominciò a sparare<br />

contro quella povera ombra solitaria.<br />

Cinquantadue proiettili di mitra, due<br />

scariche di lupara. Il sindaco Pasquale<br />

Almerico venne divelto, sfigurato, ucciso<br />

e i mafiosi divennero i padroni di<br />

Camporeale. Pasquale Almerico, per<br />

anni, anche negli ambienti ufficiali del<br />

partito venne considerato un pazzo alla<br />

memoria.<br />

I <strong>Siciliani</strong>,<br />

gennaio 1983<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 88


I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>/ Reg.Trib.Catania n.23/2011 del 20/09/2011 / d.responsabile riccardo orioles<br />

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Giambattista<br />

Scidà e Gian<br />

Carlo Caselli<br />

sono stati fra<br />

i primissimi<br />

promotori della<br />

rinascita dei <strong>Siciliani</strong>.<br />

Lo spirito di un<br />

giornale<br />

"Un giornalismo fatto di<br />

verità impedisce molte<br />

corruzioni, frena la<br />

violenza e la criminalità,<br />

accelera le opere<br />

pubbliche indispensabili.<br />

pretende il funzionamento<br />

dei servizi sociali. tiene<br />

continuamente allerta le<br />

forze dell'ordine, sollecita<br />

la costante attenzione<br />

della giustizia, impone ai<br />

politici il buon governo".<br />

Giuseppe Fava<br />

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libertà<br />

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redazione: Riccardo Orioles.<br />

Progetto grafico di Luca Salici<br />

I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>/ Reg.Trib.Catania n.23/2011 del 20/09/2011 / Dir.responsabile Riccardo<br />

Orioles/ Associazione culturale I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>, via Cordai 47, Catania / 30 agosto 2012<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

Gli ebook<br />

dei <strong>Siciliani</strong><br />

I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> sono stati fra i primissimi in Italia ad<br />

adottare le tecnologie Issuu, a usare tecniche di<br />

impaginazione alternative, a trasferire in rete e su Pdf i<br />

prodotti giornalistici tradizionali. Niente di strano,<br />

perché già trent'anni fa i <strong>Siciliani</strong> di Giuseppe Fava<br />

furono fra i primi in Italia ad adottare ­ ad esempio ­ la<br />

fotocomposizione fin dal desk redazionale.<br />

Gli ebook dei <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>, che affiancano il<br />

giornale, si collocano su questa strada ed affrontano<br />

con competenza e fiducia il nuovo mercato editoriale<br />

(tablet, smartphone, ecc.), che fra i primi in Italia hanno<br />

saputo individuare.<br />

www.isiciliani.it


www.isiciliani.it<br />

Ai lettori 1984<br />

Caro lettore, sono in tanti, oggi, ad accusare la Sicilia<br />

di essere mafiosa: noi, che combattiamo la mafia in<br />

prima fila, diciamo invece che essa è una terra ricca di<br />

tradizioni, storia, civiltà e cultura, tiranneggiata dalla<br />

mafia ma non rassegnata ad essa. Questo, però,<br />

bisogna dimostrarlo con i fatti: è un preciso dovere di<br />

tutti noi siciliani, prima che di chiunque altro; di fronte<br />

ad esso noi non ci siamo tirati indietro.<br />

Se sei siciliano, ti chiediamo francamente di aiutarci,<br />

non con le parole ma coi fatti. Abbiamo bisogno di<br />

lettori, di abbonamenti, di solidarietà. Perciò ti<br />

abbiamo mandato questa lettera: tu sai che dietro di<br />

essa non ci sono oscure manovre e misteriosi centri di<br />

potere, ma semplicemente dei siciliani che lottano per<br />

la loro terra. Se non sei siciliano, siamo del tuo stesso<br />

Paese: la mafia, che oggi attacca noi, domani<br />

travolgerà anche te.<br />

Abbiamo bisogno di sostegno, le nostre sole forze non<br />

bastano. Perciò chiediamo la solidarietà di tutti i<br />

siciliani onesti e di tutti coloro che vogliono lottare<br />

insieme a loro. Se non l'avremo, andremo avanti lo<br />

stesso: ma sarà tutto più difficile.<br />

I <strong>Siciliani</strong><br />

Ai lettori 2012<br />

Quando abbiamo deciso di continuare il percorso,<br />

mai interrotto, dei <strong>Siciliani</strong>, pensavamo che questa<br />

avventura doveva essere di tutti voi. Voi che ci avete<br />

letto, approvato o criticato e che avete condiviso con<br />

noi un giornalismo di verità, un giornalismo giovane<br />

sulle orme di Giuseppe Fava.<br />

In questi primi otto mesi, altrettanti numeri dei<br />

<strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> sono usciti in rete e i risultati ci<br />

lasciano soddisfatti, al punto di decidere di uscire entro<br />

l'anno anche su carta e nel formato che fu<br />

originariamente dei <strong>Siciliani</strong>.<br />

Ci siamo inoltre costituiti in una associazione<br />

culturale "I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>", che accoglierà tutti i<br />

componenti delle varie redazioni e testate sparse da<br />

nord a sud, e chi vorrà affiancarli.<br />

Pensiamo che questo percorso collettivo vada<br />

sostenuto economicamente partendo dal basso,<br />

partendo da voi. Basterà contribuire con quello che<br />

potrete, utilizzando i mezzi che vi proporremo nel<br />

nostro sito.<br />

Tutto sarà trasparente e rendicontato, e per essere<br />

coerenti col nostro percorso abbiamo deciso di<br />

appoggiarci alla "Banca Etica Popolare", che con i suoi<br />

principi di economia equa e sostenibile ci garantisce<br />

trasparenza e legalità.<br />

I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong><br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

Chi sostiene i <strong>Siciliani</strong><br />

Una pagina dei <strong>Siciliani</strong> del 1993<br />

Nel 1986, e di nuovo nel 1996, i <strong>Siciliani</strong><br />

dovettero chiudere per mancanza di<br />

pubblicità, nonostante il successo di<br />

pubblico e il buon andamento delle<br />

vendite. I redattori lavoravano gratis, ma<br />

gli imprenditori non sostennero in alcuna<br />

maniera il giornale che pure si batteva per liberare anche<br />

loro dalla stretta mafiosa.<br />

Non è una pagina onorevole, nella storia dell'imprenditoria<br />

siciliana.<br />

SOTTOSCRIVI IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />

Associazione I <strong>Siciliani</strong> Giovani/ Banca Etica


I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

In rete, e per le strade<br />

I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> che cos'è<br />

I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> è un giornale, è un pezzo di storia,<br />

ma è anche diciotto testate di base ­ da Milano a<br />

Modica, da Catania a Roma, da Napoli a Bologna, a<br />

Trapani, a Palermo ­ che hanno deciso di lavorare<br />

insieme per costituire una rete.<br />

Non solo inchieste e denunce, ma anche il racconto<br />

quotidiano di un Paese giovane, fatto da <strong>giovani</strong>, vissuto in<br />

prima persona dai protagonisti dell'Italia di domani. Fuori dai<br />

palazzi. In rete, e per le strade.<br />

facciamo rete!<br />

www.isiciliani.it


I <strong>Siciliani</strong><br />

<strong>giovani</strong><br />

1982-2012<br />

"A che serve essere vivi, se non c'è<br />

il coraggio di lottare?"<br />

www.isiciliani.it<br />

SOTTOSCRIVI!<br />

Associazione culturale I <strong>Siciliani</strong> Giovani/ Banca Etica/ IBAN:<br />

IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />

Oppure:<br />

Conto corrente postale<br />

n. C/C 001008725614<br />

Associazione Culturale I <strong>Siciliani</strong> Giovani, via Cordai 47 Catania

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