You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
internazionale<br />
Evoluzione del debito nei due Paesi africani<br />
oggetto dell’iniziativa italiana<br />
(dati in mililoni di dollari)<br />
1982 1996 2001 2004<br />
Guinea (Hipc: decision point)<br />
Debito estero totale 1365,60 3240,30 3254,30 3538,40<br />
Servizio del debito pagato 88,90 113,50 105,40 171,80<br />
Zambia (Hipc: completion point)<br />
Debito estero totale 3658,00 7060,10 6069,10 7245,80<br />
Servizio del debito pagato 333,70 250,70 185,00 419,40<br />
38 ITALIA CARITAS | MAGGIO 2006<br />
Fonte: elaborazione su dati della Banca Mondiale<br />
La politica indiscriminata di<br />
importazione di prodotti-chiave<br />
strozza i contadini di Diakolidou<br />
e non permette loro di potenziare<br />
la propria produzione agricola,<br />
dunque l’autosufficienza alimentare<br />
del villaggio. E c’è di più: ogni<br />
contadino di Diakolidou ha sulle<br />
proprie spalle, come accade a<br />
ciascuno dei suoi connazionali,<br />
un debito immobilizzante, che<br />
paga ogni giorno attraverso una mancanza di opportunità<br />
per il miglioramento delle proprie condizioni di vita<br />
e di quelle della propria famiglia, a cominciare da educazione<br />
e salute.<br />
Fondo guineano-italiano<br />
Diakolidou è solo uno delle migliaia di insediamenti rurali<br />
della Guinea, che nonostante tutto dimostrano una adattabilità<br />
notevole ai rovesci della natura e della storia, ovvero<br />
una capacità arcaica di gestire piogge, stagioni secche,<br />
invasioni di cavallette, ma anche effetti dell’aggiustamento<br />
strutturale, del debito estero, di politiche commerciali irresponsabili.<br />
Diakolidou però ha avuto anche l’opportunità di beneficiare<br />
di una concreta leva di sviluppo, resa disponibile dal<br />
Foguired (Fonds Guineo-Italien de Reconversion de la Dette,<br />
Fondo guineano-italiano di riconversione del debito).<br />
Creato nel 2003 per iniziativa della Conferenza episcopale<br />
italiana tramite la Fondazione Giustizia e Solidarietà, il Foguired<br />
è lo strumento che sta lavorando, grazie alla compartecipazione<br />
di soggetti istituzionali e della società civile<br />
guineani, per tradurre in progetti di sviluppo comunitario<br />
e contro la povertà i fondi raccolti in Italia in vista del Giubileo<br />
del 2000 e il corrispettivo messo a disposizione dal<br />
governo guineano. Le sue disponibilità sono pari a 7,5 milioni<br />
di euro; 1,5 sono versati dal governo guineano (in va-<br />
africa<br />
luta locale) e corrispondono a una parte del debito verso<br />
l’Italia cancellato dall’accordo bilaterale, i restanti 6 sono<br />
versati da Giustizia e Solidarietà. Finora sono stati approvati<br />
dal Foguired 200 progetti, per<br />
RIPARTIRE<br />
2,2 milioni di euro; sono in istrut-<br />
DAL BASSO<br />
toria avanzata circa 500 altri pro-<br />
Un progetto<br />
getti (per altri 2 milioni di euro).<br />
rurale finanziato<br />
in Guinea<br />
Ulteriori iniziative sono state già<br />
dal Foguired<br />
identificate e si prevede che entro<br />
fine 2006 verrà allocata la totalità o<br />
quasi dei fondi disponibili.<br />
A Diakolidou il Foguired sta<br />
cercando di valorizzare capacità,<br />
risorse e saperi locali, con un intervento<br />
che mira a migliorare le<br />
produzioni rurali. Analoghi progetti<br />
sono in corso in diverse zone<br />
della Guinea: oltre agli interventi a<br />
supporto di attività produttive, il<br />
fondo opera nel settore sanitario,<br />
dell’educazione, della formazione<br />
degli adulti e dei diritti sociali.<br />
Nel caso di Diakolidou, come in tante altre comunità<br />
toccate in questi anni, la scommessa è però più ambiziosa:<br />
si punta, infatti, ad andare oltre il puro e semplice appoggio<br />
alla produzione, per creare dinamiche virtuose<br />
nella società civile, affinché ai diversi livelli di partecipazione<br />
e nei diversi ambiti istituzionali, in città come in periferia,<br />
si organizzino presenze capaci di favorire un cambiamento,<br />
concreto e democratico.<br />
Un altro esempio di partecipazione attiva della società<br />
civile lo fornisce il Carp (College Acteurs pour la Réduction<br />
de la Pauvreté), sostenuto dal Foguired e direttamente da<br />
Giustizia e Solidarietà. Questa rete di ong e associazioni<br />
lavora capillarmente in scuole, università e luoghi di lavoro,<br />
con l’intento di aiutare gli abitanti di alcuni quartieri di<br />
Conakry a comprendere i meccanismi che li mantengono<br />
in condizioni di esclusione, cercando di fare luce sulle<br />
cause politiche, economiche e sociali della povertà. Anche<br />
in questo caso, in città come a Diakolidou in piena brousse,<br />
l’obiettivo ultimo è rafforzare la società civile e creare<br />
coscienza. Perché da essa nasca un atteggiamento di responsabilità,<br />
da parte della popolazione, nei confronti del<br />
“bene comune”. È la sola condizione per influenzare la<br />
politica, che lasciata a se stessa minaccia di trascinare il<br />
paese nel baratro della guerra civile. Ed è una scommessa<br />
di maturazione collettiva, che prova a fiorire sul terreno<br />
della liberazione dal debito.<br />
internazionale<br />
DIRITTI UMANI,<br />
L’ORA DEL CATTIVO CONSIGLIO<br />
di Alberto Bobbio<br />
L’<br />
ultimo pasticcio si chiama Consiglio Onu per i diritti umani. È<br />
stato appoggiato dai premi Nobel e dalle ong, ma farne una<br />
rappresentazione buonista non serve. L’idea di un’entità so-<br />
vranazionale per vigilare sui diritti umani è ottima, però non basta. Occorre<br />
che cammini e risulti efficace. Proprio quello che il nuovo Consiglio<br />
non è. Finora a occuparsi di diritti umani c’era la vecchia Commissione,<br />
con sede a Ginevra. Era discreditata soprattutto dopo che, di recente,<br />
alla sua presidenza era stato eletto il rappresentante della Libia,<br />
paese campione del rispetto dei diritti umani… Da qualche tempo, su<br />
sollecitazione di 160 ong, si discuteva della possibilità di superare la<br />
Commissione con uno strumento<br />
più agile e ristretto, in grado di reagire<br />
con rapidità ed efficacia alle violazioni<br />
dei diritti umani nelle diverse<br />
parti del mondo. La costituzione del<br />
nuovo Consiglio è stata approvata da<br />
tutti i paesi membri dell’Onu, eccetto<br />
isole Palau, isole Marshall, Israele e<br />
Stati Uniti. Così si è gridato insieme<br />
alla vittoria e allo scandalo.<br />
Ma cos’è il Consiglio? Una cosetta<br />
simile alla vecchia Commissione.<br />
Sarà composto da 47 membri invece<br />
di 53. Si riunirà almeno tre volte all’anno. Potrà fare studi,<br />
indagini, inchieste, ma non avrà poteri decisionali. Per<br />
qualsiasi decisione, secondo statuto, occorre la maggioranza<br />
dei due terzi; essendo la maggior parte dei membri<br />
dell’Onu paesi deficitari, per varie ragioni, in tema di diritti<br />
umani, è evidente che il Consiglio è solo uno dei tanti<br />
modi per ripulirsi pubblicamente la coscienza.<br />
Gli Stati Uniti chiedevano maggiore potere per il Consiglio,<br />
ben sapendo che il livello di compromessi bilanciati<br />
sui quali si regge qualsiasi decisione che si prende alle<br />
Nazioni Unite avrebbe impedito di arrivare a tanto. La<br />
posizione Usa è schizofrenica: vanno in giro per il mondo<br />
a imporre democrazia in punta di fucile, ma consentono<br />
l’esistenza di Abu Ghraib e Guantanamo. Non si sono<br />
È stato approvato<br />
da tutti i paesi<br />
del mondo meno quattro<br />
(tra cui Usa e Israele).<br />
Ma non è un grande<br />
affare: il nuovo<br />
organismo Onu<br />
è farraginoso come<br />
la vecchia Commissione.<br />
Servirà solo<br />
a lavare le coscienze?<br />
contrappunto<br />
quindi dati da fare per cercare ulteriori<br />
mediazioni. Forse a Washington<br />
bastava che la vecchia Commissione<br />
saltasse al più presto, per evitare che<br />
prendesse in esame il Rapporto su<br />
Guantanamo, assai pesante per<br />
l’amministrazione americana.<br />
Arnesi imbarazzanti<br />
Chi siederà nel nuovo consiglio? I<br />
membri verranno eletti dall’Assemblea<br />
generale a maggioranza assoluta.<br />
Ma non è certo che si riesca a<br />
tener fuori, per esempio, Sudan,<br />
Iran o Cuba. E poi chi avrà il coraggio<br />
di analizzare i casi di Cina, Russia<br />
o Turchia, insomma di occuparsi<br />
davvero di sanzionare chi non rispetta<br />
i diritti umani?<br />
Nell’ultimo decennio si è pensato<br />
che le sanzioni dovessero essere di tipo<br />
giudiziario, quando il mancato rispetto<br />
dei diritti umani sfociava nelle<br />
tragedie dei genocidi. Si è inventato<br />
prima il Tribunale penale dell’Aja per<br />
la ex Jugoslavia e poi quello di Arusha<br />
per il Ruanda e quello della Sierra Leone per giudicare i<br />
criminali, ma in realtà anche i sistemi politici. Eppure,<br />
anche in questi casi, le regole previste hanno bloccato<br />
qualsiasi possibilità di ricostruire memorie giudiziarie e<br />
punire i colpevoli. È sufficiente, per la scena mediatica e<br />
per la politica scellerata delle consegne in cambio di silenzio,<br />
rifilare ai tribunali ogni tanto qualche vecchio arnese<br />
che imbarazza. È accaduto per Milosevic, per il generale<br />
croato Gotovina, recentemente per Taylor, macellaio<br />
della Liberia, arrestato in Nigeria e spedito in Sierra<br />
Leone. Ma quella dei diritti umani rischia di essere una<br />
battaglia persa, se viene isolata dal contesto della giustizia<br />
economica e sociale, della costruzione della pace, della<br />
questione delle armi.<br />
ITALIA CARITAS | MAGGIO 2006 39