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editoriale<br />
legge 328/00. La famiglia: purtroppo viene vista, di volta<br />
in volta, solo come fattore di contrasto del decremento<br />
demografico oppure come fattore di compensazione delle<br />
lacune del welfare.<br />
I soggetti sociali: l’esperienza accumulata consente di<br />
mettere meglio a fuoco il ruolo dei vari soggetti sociali in<br />
rapporto al welfare, distinguendo quelli che hanno vocazione<br />
imprenditoriale (impresa sociale) regolata dal profitto,<br />
anche se non redistribuito, e quelli che hanno vocazione<br />
compassionevole o meglio solidaristica, regolata<br />
dalla logica del dono. In ogni caso va posto in evidenza il<br />
problema dell’indipendenza dei soggetti e delle opere. Le<br />
opere cattoliche potrebbero assumere al riguardo un ruolo<br />
di prima linea.<br />
I comportamenti pubblici negativi: le convenienze della<br />
politica tendono ad ammortizzare gli aspetti etici negativi<br />
dei comportamenti pubblici. La catechesi di Giovanni<br />
Paolo II, basata sul Salmo 100, si è concentrata sulle virtù<br />
dell’onestà, della lealtà, del rigore, del disinteresse personale<br />
come caratteristiche del servizio agli altri. Il mancato<br />
contrasto di comportamenti eticamente riprovevoli si ripercuote<br />
sul popolo come una sorta di lasciapassare: se si<br />
accetta una situazione moralmente riprovevole in alto,<br />
perché censurarla in basso? Va ripresa senza riserva l’educazione<br />
alla legalità.<br />
I riferimenti costituzionali: nella ricerca dell’etica comune<br />
i riferimenti ai principi costituzionali hanno un valore<br />
importante. Si tratta di concetti costruiti sulla base di<br />
un consenso espresso da soggetti diversi, con matrici e<br />
orientamenti difformi. Potersi richiamare a principi condivisi<br />
in materia di famiglia, lavoro, tutele sociali, regole<br />
del buon governo è un vaccino contro le derive degenerative<br />
della democrazia, che fallisce quando si riduce a mera<br />
legge del numero.<br />
Sprerare dentro il quotidiano<br />
Dobbiamo nutrire soprattutto un sogno: che quanto<br />
diciamo in difesa degli ultimi a livello internazionale e<br />
nazionale (ma anche locale e diocesano) risuoni come<br />
condiviso nei nostri territori, non perché diremo parole<br />
meno esigenti, ma in quanto saranno parole familiari,<br />
ascoltate e vissute, che hanno già aperto il cuore e la<br />
mente delle nostre comunità parrocchiali, che le hanno<br />
già liberate dai luoghi comuni, dagli slogan di divisione,<br />
dalle culture di esclusione. L’essere a servizio deve<br />
essere sempre più una scelta consapevole e matura,<br />
non un fardello pesante da portare, una servitù ingrata<br />
a un mondo e a un territorio spesso difficili, a storie e a<br />
volti che faticano a liberarsi dalle schiavitù a cui sono<br />
costretti. L’essere a servizio deve portare a sperare dentro<br />
l’orizzonte, pure difficile, del quotidiano. Non c’è<br />
che da accogliere, tutti, l’invito di Benedetto XVI rivolto<br />
ai cardinali nel Concistoro: «Conto su di voi perché,<br />
grazie all’attenta valorizzazione dei piccoli e dei poveri,<br />
la Chiesa offra al mondo in modo incisivo l’annuncio e<br />
la sfida della civiltà dell’amore».<br />
MONSIGNOR VITTORIO NOZZA<br />
CONFERMATO DIRETTORE DI CARITAS ITALIANA<br />
Il Consiglio episcopale permanente della Cei, nel corso della sessione primaverile svoltasi a Roma dal 20<br />
al 22 marzo, ha proceduto a varie nomine. Tra queste, figura la conferma di monsignor Vittorio Nozza a direttore<br />
della <strong>Caritas</strong> <strong>Italiana</strong> per un altro quinquennio. Nato nel 1948, sacerdote della diocesi di Bergamo,<br />
già cappellano del carcere orobico e direttore della <strong>Caritas</strong> diocesana, monsignor Nozza era stato nominato<br />
direttore di <strong>Caritas</strong> <strong>Italiana</strong> nel marzo 2001, dopo aver ricoperto l’incarico di responsabile dell’area Promozione<br />
<strong>Caritas</strong> diocesane e formazione. A monsignor Nozza Italia <strong>Caritas</strong> formula i migliori auguri di buon<br />
lavoro per il nuovo importante mandato pastorale.<br />
OFFRIRE SE STESSI,<br />
L’ARMA CHE VINCE L’INIMICIZIA<br />
Anni fa un importante prelato, rimproverandomi per quello che lui<br />
ritiene un mio eccessivo “pacifismo”, citava il Vangelo secondo<br />
Giovanni e l’immagine del Buon Pastore per ricordarmi che l’assalto<br />
del lupo richiede la difesa delle pecore. Un certo timore reverenziale<br />
per il personaggio non mi consentì di rispondere con prontezza, e<br />
quando volli provarci era già scomparso tra i suoi molti impegni. Avrei<br />
voluto dirgli che il lupo è talmente potente che non è pensabile abbatterlo<br />
con i sistemi della solita violenza. Ne occorre una nuova e ben più<br />
potente: ed è la potenza-potere di<br />
“offrire la vita per le pecore”.<br />
Il vecchio gesto di Caino si rivela<br />
sempre più non solo inadeguato a<br />
risolvere il dramma della storia, ma<br />
addirittura fonte di nuovi mali,<br />
spesso ben più gravi di quelli che si<br />
vorrebbero risolvere. Non molti mesi<br />
fa, guai a protestare per l’inutile<br />
strage della guerra nell’antica terra<br />
tra i due fiumi, la terra della famiglia<br />
di Abramo! Oggi questo non lo si<br />
sente ricordare dai censori di ieri,<br />
tutti infervorati (allora) intorno alla<br />
difesa dei valori dell’occidente e solerti esportatori delle<br />
democrazie occidentali.<br />
La Pasqua è invece l’assunzione della storia da parte<br />
di questo Pastore Buono, che ci regala l’arma più potente,<br />
veramente l’unica, per abbattere il grande Nemico,<br />
che è l’Inimicizia. Noi, i suoi amici, suoi discepoli e fratelli,<br />
dispersi nelle nostre piccole chiese in mezzo ai popoli,<br />
abbiamo il dono e la responsabilità di essere i testimoni<br />
del Pastore. Di Lui si dice che conosce le sue pecore<br />
con la preziosità di una relazione intima e profonda,<br />
paragonabile solo alla conoscenza tra il Figlio e il Padre.<br />
Anche l’agnello più piccolo e ferito Egli conosce per<br />
nome. E lo chiama e lo conduce fuori da ogni prigionia<br />
perchè gli è caro.<br />
Il vecchio gesto<br />
di Caino non risolve<br />
il dramma della storia<br />
e si rivela, anche oggi,<br />
fonte di nuovi mali.<br />
Invece il Buon Pastore,<br />
che si offre per le pecore<br />
di ogni ovile, ci salva.<br />
E comunica<br />
il suo potere<br />
a chi lo accoglie<br />
parola e parole<br />
di Giovanni Nicolini<br />
Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore. (Giovanni 10, 11-18)<br />
Prendere le parti di tutti<br />
Questo Pastore delle pecore non lo è<br />
di un solo ovile. Non è un pastore “di<br />
parte”, non si identifica con una nazione<br />
o una cultura. Se mai, è capace<br />
di entrare in tutte le etnìe e in tutte<br />
le culture, di purificarle, e di rinnovarle<br />
per la potenza della sua Parola,<br />
che è Spirito e Vita. La sua signorìa<br />
non è quella fragile, estrinseca,<br />
di un impero mondano. È invece<br />
il potere che gli viene riconosciuto<br />
da chi ascolta la sua voce, ed entra<br />
nella sua sapienza d’amore.<br />
Il Pastore, infatti, non solamente<br />
salva, ma anche comunica il suo<br />
potere a chi lo accoglie. A partire dal<br />
tessuto più ordinario della vita quotidiana,<br />
tutti possiamo esprimere e<br />
affermare la potenza del Pastore.<br />
Non si tratta di sperare in un illusorio<br />
disarmo, ma nell’assunzione<br />
della nuova arma del “dono di sé”.<br />
Dono reciproco, s’intende. E nessuno<br />
può toglierci questa vita nuova<br />
che abbiamo ricevuto da Lui. Siamo noi, e solo noi, che<br />
possiamo offrirla per poi riprenderla di nuovo.<br />
Dice un antico canto cristiano che la morte ha inghiottito<br />
la vita. Ma ha dovuto poi vomitarla, perchè è impossibile<br />
che la morte possa tenere prigioniera la vita. Le<br />
comunità cristiane sono caldamente invitate dal loro Signore<br />
a ritrovare la loro forza pasquale. Davanti alla grande<br />
ferita del mondo non si può essere di parte. E neanche<br />
neutrali. Bisogna prendere le parti di tutti perchè tutti sono<br />
cari al Padre, fino al Sangue del Figlio. E per fare questo<br />
bisogna abbattere il muro di separazione, il muro dell’inimicizia,<br />
da Gerusalemme a Pechino, da casa nostra<br />
alle nostre relazioni più preziose e delicate. Il Vangelo del<br />
Signore e il Signore del Vangelo: questa è l’arma.<br />
4 ITALIA CARITAS | MAGGIO 2006 ITALIA CARITAS | MAGGIO 2006 5