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Numero 4 - Caritas Italiana

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editoriale<br />

legge 328/00. La famiglia: purtroppo viene vista, di volta<br />

in volta, solo come fattore di contrasto del decremento<br />

demografico oppure come fattore di compensazione delle<br />

lacune del welfare.<br />

I soggetti sociali: l’esperienza accumulata consente di<br />

mettere meglio a fuoco il ruolo dei vari soggetti sociali in<br />

rapporto al welfare, distinguendo quelli che hanno vocazione<br />

imprenditoriale (impresa sociale) regolata dal profitto,<br />

anche se non redistribuito, e quelli che hanno vocazione<br />

compassionevole o meglio solidaristica, regolata<br />

dalla logica del dono. In ogni caso va posto in evidenza il<br />

problema dell’indipendenza dei soggetti e delle opere. Le<br />

opere cattoliche potrebbero assumere al riguardo un ruolo<br />

di prima linea.<br />

I comportamenti pubblici negativi: le convenienze della<br />

politica tendono ad ammortizzare gli aspetti etici negativi<br />

dei comportamenti pubblici. La catechesi di Giovanni<br />

Paolo II, basata sul Salmo 100, si è concentrata sulle virtù<br />

dell’onestà, della lealtà, del rigore, del disinteresse personale<br />

come caratteristiche del servizio agli altri. Il mancato<br />

contrasto di comportamenti eticamente riprovevoli si ripercuote<br />

sul popolo come una sorta di lasciapassare: se si<br />

accetta una situazione moralmente riprovevole in alto,<br />

perché censurarla in basso? Va ripresa senza riserva l’educazione<br />

alla legalità.<br />

I riferimenti costituzionali: nella ricerca dell’etica comune<br />

i riferimenti ai principi costituzionali hanno un valore<br />

importante. Si tratta di concetti costruiti sulla base di<br />

un consenso espresso da soggetti diversi, con matrici e<br />

orientamenti difformi. Potersi richiamare a principi condivisi<br />

in materia di famiglia, lavoro, tutele sociali, regole<br />

del buon governo è un vaccino contro le derive degenerative<br />

della democrazia, che fallisce quando si riduce a mera<br />

legge del numero.<br />

Sprerare dentro il quotidiano<br />

Dobbiamo nutrire soprattutto un sogno: che quanto<br />

diciamo in difesa degli ultimi a livello internazionale e<br />

nazionale (ma anche locale e diocesano) risuoni come<br />

condiviso nei nostri territori, non perché diremo parole<br />

meno esigenti, ma in quanto saranno parole familiari,<br />

ascoltate e vissute, che hanno già aperto il cuore e la<br />

mente delle nostre comunità parrocchiali, che le hanno<br />

già liberate dai luoghi comuni, dagli slogan di divisione,<br />

dalle culture di esclusione. L’essere a servizio deve<br />

essere sempre più una scelta consapevole e matura,<br />

non un fardello pesante da portare, una servitù ingrata<br />

a un mondo e a un territorio spesso difficili, a storie e a<br />

volti che faticano a liberarsi dalle schiavitù a cui sono<br />

costretti. L’essere a servizio deve portare a sperare dentro<br />

l’orizzonte, pure difficile, del quotidiano. Non c’è<br />

che da accogliere, tutti, l’invito di Benedetto XVI rivolto<br />

ai cardinali nel Concistoro: «Conto su di voi perché,<br />

grazie all’attenta valorizzazione dei piccoli e dei poveri,<br />

la Chiesa offra al mondo in modo incisivo l’annuncio e<br />

la sfida della civiltà dell’amore».<br />

MONSIGNOR VITTORIO NOZZA<br />

CONFERMATO DIRETTORE DI CARITAS ITALIANA<br />

Il Consiglio episcopale permanente della Cei, nel corso della sessione primaverile svoltasi a Roma dal 20<br />

al 22 marzo, ha proceduto a varie nomine. Tra queste, figura la conferma di monsignor Vittorio Nozza a direttore<br />

della <strong>Caritas</strong> <strong>Italiana</strong> per un altro quinquennio. Nato nel 1948, sacerdote della diocesi di Bergamo,<br />

già cappellano del carcere orobico e direttore della <strong>Caritas</strong> diocesana, monsignor Nozza era stato nominato<br />

direttore di <strong>Caritas</strong> <strong>Italiana</strong> nel marzo 2001, dopo aver ricoperto l’incarico di responsabile dell’area Promozione<br />

<strong>Caritas</strong> diocesane e formazione. A monsignor Nozza Italia <strong>Caritas</strong> formula i migliori auguri di buon<br />

lavoro per il nuovo importante mandato pastorale.<br />

OFFRIRE SE STESSI,<br />

L’ARMA CHE VINCE L’INIMICIZIA<br />

Anni fa un importante prelato, rimproverandomi per quello che lui<br />

ritiene un mio eccessivo “pacifismo”, citava il Vangelo secondo<br />

Giovanni e l’immagine del Buon Pastore per ricordarmi che l’assalto<br />

del lupo richiede la difesa delle pecore. Un certo timore reverenziale<br />

per il personaggio non mi consentì di rispondere con prontezza, e<br />

quando volli provarci era già scomparso tra i suoi molti impegni. Avrei<br />

voluto dirgli che il lupo è talmente potente che non è pensabile abbatterlo<br />

con i sistemi della solita violenza. Ne occorre una nuova e ben più<br />

potente: ed è la potenza-potere di<br />

“offrire la vita per le pecore”.<br />

Il vecchio gesto di Caino si rivela<br />

sempre più non solo inadeguato a<br />

risolvere il dramma della storia, ma<br />

addirittura fonte di nuovi mali,<br />

spesso ben più gravi di quelli che si<br />

vorrebbero risolvere. Non molti mesi<br />

fa, guai a protestare per l’inutile<br />

strage della guerra nell’antica terra<br />

tra i due fiumi, la terra della famiglia<br />

di Abramo! Oggi questo non lo si<br />

sente ricordare dai censori di ieri,<br />

tutti infervorati (allora) intorno alla<br />

difesa dei valori dell’occidente e solerti esportatori delle<br />

democrazie occidentali.<br />

La Pasqua è invece l’assunzione della storia da parte<br />

di questo Pastore Buono, che ci regala l’arma più potente,<br />

veramente l’unica, per abbattere il grande Nemico,<br />

che è l’Inimicizia. Noi, i suoi amici, suoi discepoli e fratelli,<br />

dispersi nelle nostre piccole chiese in mezzo ai popoli,<br />

abbiamo il dono e la responsabilità di essere i testimoni<br />

del Pastore. Di Lui si dice che conosce le sue pecore<br />

con la preziosità di una relazione intima e profonda,<br />

paragonabile solo alla conoscenza tra il Figlio e il Padre.<br />

Anche l’agnello più piccolo e ferito Egli conosce per<br />

nome. E lo chiama e lo conduce fuori da ogni prigionia<br />

perchè gli è caro.<br />

Il vecchio gesto<br />

di Caino non risolve<br />

il dramma della storia<br />

e si rivela, anche oggi,<br />

fonte di nuovi mali.<br />

Invece il Buon Pastore,<br />

che si offre per le pecore<br />

di ogni ovile, ci salva.<br />

E comunica<br />

il suo potere<br />

a chi lo accoglie<br />

parola e parole<br />

di Giovanni Nicolini<br />

Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore. (Giovanni 10, 11-18)<br />

Prendere le parti di tutti<br />

Questo Pastore delle pecore non lo è<br />

di un solo ovile. Non è un pastore “di<br />

parte”, non si identifica con una nazione<br />

o una cultura. Se mai, è capace<br />

di entrare in tutte le etnìe e in tutte<br />

le culture, di purificarle, e di rinnovarle<br />

per la potenza della sua Parola,<br />

che è Spirito e Vita. La sua signorìa<br />

non è quella fragile, estrinseca,<br />

di un impero mondano. È invece<br />

il potere che gli viene riconosciuto<br />

da chi ascolta la sua voce, ed entra<br />

nella sua sapienza d’amore.<br />

Il Pastore, infatti, non solamente<br />

salva, ma anche comunica il suo<br />

potere a chi lo accoglie. A partire dal<br />

tessuto più ordinario della vita quotidiana,<br />

tutti possiamo esprimere e<br />

affermare la potenza del Pastore.<br />

Non si tratta di sperare in un illusorio<br />

disarmo, ma nell’assunzione<br />

della nuova arma del “dono di sé”.<br />

Dono reciproco, s’intende. E nessuno<br />

può toglierci questa vita nuova<br />

che abbiamo ricevuto da Lui. Siamo noi, e solo noi, che<br />

possiamo offrirla per poi riprenderla di nuovo.<br />

Dice un antico canto cristiano che la morte ha inghiottito<br />

la vita. Ma ha dovuto poi vomitarla, perchè è impossibile<br />

che la morte possa tenere prigioniera la vita. Le<br />

comunità cristiane sono caldamente invitate dal loro Signore<br />

a ritrovare la loro forza pasquale. Davanti alla grande<br />

ferita del mondo non si può essere di parte. E neanche<br />

neutrali. Bisogna prendere le parti di tutti perchè tutti sono<br />

cari al Padre, fino al Sangue del Figlio. E per fare questo<br />

bisogna abbattere il muro di separazione, il muro dell’inimicizia,<br />

da Gerusalemme a Pechino, da casa nostra<br />

alle nostre relazioni più preziose e delicate. Il Vangelo del<br />

Signore e il Signore del Vangelo: questa è l’arma.<br />

4 ITALIA CARITAS | MAGGIO 2006 ITALIA CARITAS | MAGGIO 2006 5

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