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L’arsenale bellico dei presìdi spagnoli di Toscana
nella seconda metà del Cinquecento
di
Simone Martinelli
1. Organizzazione e strutture fortificate presidiali
Con i trattati di Londra e Firenze, sottoscritti rispettivamente nel maggio
e luglio del 1557, si ristabiliscono importanti equilibri nella Toscana medicea,
a due anni dalla conclusione della guerra di Siena 1, che aveva visto affrontarsi
le truppe francesi, alleate dei senesi, con le truppe imperiali, sostenute dal
duca di Firenze Cosimo I. Il primo trattato impone la restituzione da parte di
Cosimo I dello Stato di Piombino, insieme all’isola d’Elba, – ad esclusione di
Porto Ferrajo – a Jacopo VI Appiani e l’insediamento di alcuni contingenti
militari spagnoli a Piombino e Scarlino, che vanno a costituire il nucleo dei
presìdi settentrionali. La Corona di Spagna si riserva, inoltre, la possibilità di
poter fortificare l’isola d’Elba; come accadrà nella primavera del 1605, quando
inizieranno i lavori di fortificazione di Porto Longone.
Il secondo trattato, invece, stabilisce la cessione del feudo di Siena al duca
di Firenze, ma lo estromette dal controllo di importanti sbocchi sul mare
quali Porto Ercole e Talamone, oltre ad Orbetello, Porto Santo Stefano e tutto
l’Argentario, che sarebbero rimasti in mano alla Corona a costituire i presìdi
meridionali, anch’essi difesi da truppe spagnole. Se sul versante settentrionale
sussiste una difficile convivenza tra il governo degli Appiani e le milizie spagnole,
i presìdi meridionali risultano esclusivamente difesi da queste ultime e
godono di un’autonoma capacità impositiva in ambito fiscale. Del resto, era
1 Per quanto concerne la guerra di Siena, si rinvia ai lavori di R. Cantagalli, La
Guerra di Siena, in L. Rombai (a cura di), I Medici e lo Stato Senese 1555-1609. Storia e territorio,
Grosseto, De Luca, 1980, pp. 9-22; S. Losi, Diego Hurtado de Mendoza; ambasciatore di
Spagna presso la Repubblica di Siena (1547-1552), Monteriggioni (Siena), Il Leccio, 1997; I.
Tognarini, La guerra di Maremma, in L. Rombai (a cura di), I Medici, cit., pp. 23-34.
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stato durante i difficili anni di scontri con la Francia nel senese che Filippo II
aveva individuato e maturato, proprio in quella stretta fascia costiera maremmana
tra il promontorio dell’Argentario e Piombino, l’idea di integrare e consolidare
il sistema difensivo tirrenico contro le frequenti incursioni turco-barbaresche,
ottenendo allo stesso tempo l’inibizione delle aspirazioni francesi e
l’ampliamento di quella più ampia strategia di deterrenza che stava coinvolgendo
tutto il mediterraneo occidentale 2.
Per quanto riguarda la struttura governativa ed amministrativa dei Presìdi,
questa risponde direttamente al Regno di Napoli e prevede, oltre ai profili
militari (governatori 3, ufficiali, sottufficiali e soldati), alcune figure con
compiti giuridico-amministrativi-contabili. Emergono, soprattutto, le figure
dell’auditore (di nomina vicereale), con incarichi di amministrazione della
giustizia civile e criminale; del veditore, responsabile della gestione economico-finanziaria
dei lavori di fortificazione e della gestione dei soldati delle compagnie
(paghe, licenze e congedi), nonché dell’approvvigionamento di artiglieria
e munizioni; dello scrivano di razione, che coadiuva il veditore, oltre a
redigere e sottoscrivere le ricevute di pagamento del pagatore dei Presìdi; del
mastro portolano, residente a Orbetello, che presiede al controllo delle merci
in entrata e in uscita dai porti, la cui presenza risulta saltuaria nei Presìdi, in
quanto la funzione viene spesso assorbita dall’arrendatore (appaltatore delle
entrate fiscali presidiali 4); del pagatore presidiale, che si occupa del pagamento
degli stipendi dei soldati di tutti i Presìdi e degli esborsi legati alla costruzione
e manutenzione delle fortificazioni.
Le citate professionalità sono figure uniche per tutti i presìdi di Toscana,
contrariamente ai munizionieri dell’artiglieria, uno per ciascun presidio
(Piombino, PortoErcole, Orbetello), incaricati dell’approvvigionamento, immagazzinamento
e distribuzione di armi e vettovaglie.
2 Un profilo più dettagliato sulla funzione svolta dai presìdi di Toscana nell’ambito
delle strategie mediterranee di Filippo II, sulla loro costituzione ed organizzazione, è offerto
dal recente articolo di S. Martinelli, I Presìdi spagnoli di Toscana: una intuizione strategica di
Filippo II per la difesa del Mediterraneo, in “Le Carte e la Storia”, n. 1, 2006, pp. 162-178.
3 Tre risultano essere i governatori operanti nell’area presidiale: uno, al comando
della compagnia di soldati del presidio di Porto Ercole, gli altri due, rispettivamente in
carico ai Presìdi e alle compagnie di Orbetello e Piombino (a partire dal 1571, i due Presìdi
raddoppiano i propri contingenti passando entrambi da una a due compagnie). Cfr.
S. Martinelli, Le spese per le milizie dei presìdi di Toscana sotto Filippo II, in “Società e Storia”,
in corso di pubblicazione.
4 Uno studio approfondito sul finanziamento delle spese presidiali attraverso il sistema
dell’arrendamento delle entrate fiscali e l’emissione di cambiali napoletane, è disponibile
in S. Martinelli, Il finanziamento delle spese militari dei presìdi spagnoli di Toscana
sotto il regno di Filippo II, in “Nuova Rivista Storica”, in corso di pubblicazione.
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Relativamente alle strutture fortificate dei Presìdi 5, è nell’intervallo 1563-
1571 che si concentrano gli interventi più importanti. Infatti, subito dopo l’editto
del 1563 del viceré di Napoli, Don Perafán de Ribera, si avvia un progetto
di costruzione di torri costiere nel Regno di Napoli che si estende anche ai presìdi
toscani. I ritmi di costruzione – ma soprattutto di riadattamento e riattivazione
di strutture preesistenti – sono particolarmente serrati. Dalle quattro torri
attive nel 1564 nelle giurisdizioni di Orbetello e Porto Ercole, si giunge alle
diciassette del 1571, per lo più distribuite sul promontorio dell’Argentario. Più
sguarnito, invece, il fronte dei presìdi settentrionali. Nel 1589, le isole di Palmaiola,
Pianosa e Montecristo (che appartengono allo Stato di Piombino), come
del resto il canale di Piombino, risultano scarsamente fortificati, ma non mancano
progetti e proposte mirate ad una chiusura balistica del canale ed al rafforzamento
delle strutture di terra ferma. Contrariamente alla quasi esclusiva funzione
di avvistamento (di derivazione medioevale) riservata alle torri, che ne suggerisce
la costruzione sulla sommità dei rilievi costieri, le nuove strutture presidiali,
privilegiando la funzione difensiva e dissuasiva, si posizionano a mezza costa
per sfruttare il tiro radente, decisamente più incisivo rispetto al tiro “ficcante” da
altezza superiore (con parabola accentuata ed efficacia limitata).
Parallelamente allo sviluppo delle torri, si accompagna il consolidamento
delle rocche e dei forti presidiali. Ad esclusione di Porto Longone all’Isola d’Elba,
le fortificazioni preesistenti all’atto della costituzione dei Presìdi subiscono
interventi di ammodernamento e ampliamento a partire dal 1557 6. A Porto
Ercole si interviene sulla Rocca – identificata come Castillo Viejo o de la Tierra –
su Forte Filippo – denominato Castillo Nuevo o Monte Filippo –, entrambi posizionati
sulla sommità dei colli, sul bastione di Santa Barbara, situato più in
basso per il tiro radente a difesa del porto, e sul fortino dell’Avvoltore – anche
detto Forte Stella – costruito a copertura della Rocca. Le due fortezze principali
(il Castillo Viejo ed il Nuevo) subiscono vari interventi che si protraggono per
circa un ventennio. Interventi che coinvolgono anche la Rocca, il bastione di
Santa Maria e la cinta muraria di Orbetello. Risale al 1596, invece, il completamento
del bastione Guzmano, dal nome del viceré Enrique de Guzman, conte
de Olivares. Porto Santo Stefano dispone solo di una semplice torre ed è particolarmente
vulnerabile ed esposto agli attacchi dal mare (solo nel 1607 inizieranno
i lavori per la Rocca). Altri interventi di consolidamento e fortificazione
si attuano al castello e alle fortezze di Piombino, Scarlino, Populonia, Suvereto
5 Per una panoramica completa sulle fortificazioni presidiali toscane (torri e fortezze)
e sulle spese per gli interventi strutturali, si rimanda all’articolo di S. Martinelli, Le
spese per l’edilizia militare nei presìdi spagnoli di Toscana (1557-1606), in “Storia Economica”,
n. 2, 2005, pp. 375-426.
6 Archivo General de Simancas (d’ora in poi A.G.S.), Nápoles, 1054/180.
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e Buriano, tutte strutture precedenti alla costituzione dei Presìdi. L’impianto
piombinese prevede quattro fortificazioni disposte ortogonalmente: la cittadella,
la Torre della Porta, la Rocca del Mare e la fortezza. Infine, la costruzione della
fortezza di Porto Longone all’isola d’Elba, proposta nel 1560 7, nel 1562 8 e nel
1589 9, ma poi rimandata al secolo successivo, rappresenta lo sforzo costruttivo
più impegnativo e costoso, sopperendo alle inefficienze dei Presìdi settentrionali
e definendone il sistema difensivo globale.
Il potenziale bellico delle fortezze e delle torri presidiali risulta dagli inventari
dei munizionieri e dei governatori, redatti annualmente oppure al momento
della presa di possesso del comando del presidio. Nel 1549 l’imperatore Carlo
V si impegna, senza successo, nel progetto di uniformare i calibri dell’artiglieria
spagnola 10. Il fallimento impedisce la razionalizzazione di un arsenale scompaginato
e costoso, dove si evidenziano sprechi ed inefficienze dovuti al moltiplicarsi
della gamma di artiglieria pesante, per la quale è previsto un corrispondente
munizionamento. Infatti, può capitare che alcune tipologie di calibri risultino
inutilizzate per molti anni proprio per la mancanza di palle adeguate, pregiudicando
il sistema difensivo e l’efficienza stessa del pezzo, come è possibile che
alcune munizioni immagazzinate non trovino il corrispondente calibro per essere
sparate. In una lettera del 20 luglio 1558, il veditore dei Presìdi, Tomas de
Zuazola, riferisce a Cosimo I sull’opportunità di rifornire il presidio di Porto
Ercole di palle di cannone “de menore peso por que las que aqui han traydo son
algo grandes para estas piezas” 11. In effetti, le 360 palle di cannone disponibili
sono da 25 libbre 12, mentre i pezzi predisposti hanno calibri da 20 libbre. In
questi casi il cannone, come le munizioni, possono essere eventualmente scambiati
all’interno del circuito presidiale, in relazione alle diverse esigenze, ma non
sono rare le situazioni per cui l’artiglieria venga smontata dal proprio affusto a
cassa e destinata alla fusione. Le casse stesse, come del resto le ruote su cui inca-
7 A.G.S., Nápoles, 1052/84.
8 A.G.S., Genova, 1391/5.
9 A.G.S., Nápoles, 1091/103, 1090/126, 131.
10 Cfr. C.M. Cipolla, Vele e cannoni, Bologna, Il Mulino, 1983, p. 53.
11 Archivio di Stato di Firenze (d’ora in poi A.S.F.), Mediceo del Principato, 472, f. 413.
12 Per quanto concerne le misure di peso adottate nei presìdi toscani si evidenziano,
in ambito militare, soprattutto quelle di derivazione ispano-napoletana, con le seguenti
equivalenze: 1 cantaro = 100 rotoli; 1 rotolo = 2,78 libbre = 33 once, 1 libbra = 12 once
= 320,5 grammi, 1 oncia = 26,7 grammi, 1 quintale = 100 libbre = 46 chilogrammi.
Cfr. G. Fenicia, Il Regno di Napoli e la difesa del Mediterraneo nell’età di Filippo II (1556-
1598). Organizzazione e finanziamento, Bari, Cacucci, 2003, pp. XIV-XVI; P. Fanciulli,
Storia documentaria dei reali Presidios di Toscana, vol. I, Pitigliano, Laurum, 1999, pp. 319-
324; Archivio di Stato di Napoli (d’ora in poi A.S.N.), Dipendenze della Sommaria,
228/4, 5; A.G.S., Nápoles, 1102/79; A.G.S., Venecia, 1532/164.
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valcare l’artiglieria, possono costituire “merce di scambio” per i munizionieri
presidiali; nel 1581 alcuni cubi di olmo, destinati alla fabbricazione di ruote,
vengono trasferiti da Piombino a Porto Ercole, riducendo spese e tempi che
avrebbe richiesto un ordine su Napoli 13. Anche nella realtà presidiale è presente
un potenziale bellico piuttosto composito, così come risulta dagli inventari dei
munizionieri che ne evidenziano le disponibilità delle fortezze, lasciando supporre
quelle delle torri. I piccoli calibri , falconetti da 2 a 5 libbre, sagri e mezzi
sagri da 5 a 11 libbre, ma anche smerigli da 1 libbra o moschetti da posta,
meglio si attagliano alle terrazze delle torri, dove lo spazio limitato favorisce
un’artiglieria di peso leggero (6 quintali massimo), facilmente direzionabile, con
gittate tese sugli 800 metri 14. Il calibro, espresso in libbre, è in questo caso la
misura del peso del proiettile sparato. Naturalmente, nonostante la diversa collocazione
dell’intero apparato difensivo delle torri costiere presidiali, per potenziarne
il ruolo dissuasivo, forse a discapito di quello di avvistamento, si cerca di
non pregiudicarne la funzione di allerta e autodifesa. A tali scopi sono deputati
i cannoni petrieri in grado di sparare contro gli assalitori, con molto fragore,
micidiali proiettili frammentati con ampia rosa. Il calibro del cannone petriero
oscilla tra le 14 e le 20 libbre ma le palle sparate, in questo caso, sono di pietra.
Infatti, il munizionamento prevede palle di bronzo o piombo per i piccolissimi
calibri quali falconetti e smerigli e per tutta l’artiglieria leggera da braccio o da
posta, come gli archibugi e i moschetti, palle di ferro per tutta la varietà di artiglieria
di grosso calibro quali cannoni, mezzi cannoni, quarti di cannone, colubrine,
mezze colubrine, sagri e mezzi sagri e palle di pietra per i cannoni petrieri.
I calibri maggiori evidenziati, con munizioni comprese tra le 15 e le 60 libbre,
trovano invece una loro collocazione sulle fortezze presidiali dotate di casematte
e bastioni terrazzati. L’artiglieria pesante predisposta, soggetta a saltuari
interventi di “nettatura” (manutenzione e pulizia), costituisce una immobilizzazione
materiale, piuttosto composita per tipologia e provenienza, le cui disponibilità
si mantengono pressoché costanti per tutto il cinquantennio.
2. Porto Ercole e Orbetello
Porto Ercole, rispetto alle altre realtà presidiali toscane, offre maggiori e
più interessanti spunti in merito a prezzi, composizione e provenienza dell’artiglieria
spagnola disponibile 15. Le ristrettezze finanziarie spagnole al termine
13 A.S.N., Dipendenze della Sommaria, 227(I)/6.
14 Cfr. F. Russo, La difesa costiera dello Stato dei Reali Presidi di Toscana dal XVI al
XIX secolo, Roma, Ufficio Storico Stato Maggiore Esercito, 2002, p. 91.
15 La documentazione archivistica conservata a Simancas e Napoli, nella fattispecie piut-
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della guerra di Siena, che da molti mesi impediscono il pagamento degli arretrati
delle paghe della fanteria spagnola e tedesca, così come della cavalleria, spingono
Filippo II a vendere a Cosimo I, per 11.000 scudi, munizioni e vettovaglie
presenti nel castello di Siena. L’introito ottenuto, insieme ad altri 7.000 scudi
presi a prestito da mercanti locali, consente che si proceda ai primi pagamenti
delle truppe che si concludono quando altri 4.000 scudi, ricavati dalla vendita di
polvere, scarpe e picche allo stesso duca, affluiscono nelle casse spagnole. Cosimo
I invia a presidiare il territorio 1.500-2.000 tedeschi, mentre 300 italiani presidiano
il castello senese. La situazione, relazionata in una lettera di Juan de Figueroa,
castellano di Milano, al re del 21 agosto 1557, fotografa un’area senese saldamente
sotto il controllo ducale, contrariamente ai Presìdi costieri che deficitano
di strutture e artiglieria. In effetti, “el inconveniente que ha avido en dar al
duque tanto de lo que avia en el castello es no aver quedado casi nada para Ponblin
y para Puerto Ercules” 16. Lo stesso anno, perciò, si dispone l’invio nei tre
Presìdi di 2 cannoni nuovi, 2 mezzi cannoni, 1 colubrina bastarda, 2 mezze colubrine
e 2 sagri 17. Nel triennio successivo l’approvvigionamento militare è intenso
e, il 6 gennaio 1560, le due fortezze di Porto Ercole contano 35 pezzi di artiglieria
e 1.928 palle, così come mostrato nella tabella 1.
La tabella, tra l’altro, evidenzia un dato già anticipato: la possibilità che
si verifichino giacenze di munizioni incompatibili con i calibri disponibili e,
pertanto, inutilizzabili. In questo caso, è probabile che le palle appartengano
a pezzi rotti o che siano rimanenze di un’artiglieria preesistente utilizzata
durante la guerra di Siena, magari dislocata nei sette fortini fatti erigere da
Pietro Strozzi, comandante delle truppe francesi, a difesa del territorio. La
terza colonna della tabella evidenzia il numero di palle presenti nelle strutture
presidiali di Porto Ercole e, laddove non specificato, sono da considerarsi
munizioni in ferro.
Nel triennio 1561-1563, il munizioniero di Porto Ercole, Diego de Castrillo,
registra la presenza di 38 pezzi di artiglieria nelle due fortezze 18.
Un’importante relazione del 1564 di Hieronimo de Salinas, governatore e
tosto ricca, è anche un po’ la misura degli enormi sforzi compiuti per difendere ed armare il
più importante dei presìdi toscani. Se è vero che gli aspetti giuridico-amministrativi ruotano
attorno alla “capitale” Orbetello, il presidio di Porto Ercole rappresenta la “santabarbara”
meridionale, dove si concentrano maggiormente le risorse vicereali. Sotto Filippo II, dal
1558 al 1598, su 150.000 ducati investiti sulle strutture di tutta l’area presidiale (fortezze,
torri, alloggiamenti), almeno il 65% (circa 100.000 ducati) convergono esclusivamente su
Porto Ercole. Cfr. S. Martinelli, Le spese per l’edilizia militare…, cit..
16 A.G.S., Estados Pequeños, 1446/34.
17 A.G.S., Estados Pequeños, 1446/37.
18 A.S.N., Dipendenze della Sommaria, 16/1.
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Tab. 1 – Composizione dell’artiglieria presente a Porto Ercole il 6 gennaio1560*
TIPOLOGIA CALIBRO NUM. DI PALLE NUM. DI PALLE
(in libbre) UTILIZZABILI INUTILIZZABILI
Nella Rocca
1 Cannone 55 312
1 Mezza colubrina 12 304
1 Quarto di cannone 14 82
1 Sagro 6 29
1 Sagro 8 132
2 Mezzi cannoni petrieri ND 40
1 Mezza colubrina bastarda 12 ND
5 Smerigli di ferro 1 ND
5 Moschetti
16 238
25 354
In Monte Filippo
1 Mezzo cannone bastardo 16 87
2 Mezzi cannoni 20 250
3 Falconetti 2 100 palle di bronzo per
falconetti e smerigli
6 Smerigli ND ND
5 Moschetti ND ND
* A.G.S., Estados Pequeños, 1475/100.
castellano del presidio, evidenzia, su più punti, “las cosas que son necesarias
para la guardia y defensa de los castillos y tierra de Puerto Hercules” 19. Per
quanto concerne l’artiglieria venivano richieste 4 colubrine, 4 mezze colubrine,
4 cannoni, 4 mezzi cannoni e 4 cannoni petrieri, da distribuire equamente
nelle due fortezze. Esattamente un anno dopo, il 20 luglio 1565, una relazione
del marchese di Trevico al viceré di Napoli, duca di Alcalà, oltre ad
esporre la possibilità di edificare un castello a Orbetello, aggiornava sugli
approvvigionamenti da effettuare nei Presìdi. Per Monte Filippo si prevedono
673 palle per i due mezzi cannoni da 22 libbre e 166 palle per il mezzo cannone
da 18, in modo tale da rifornire ogni pezzo di 400 palle; per il falconetto
da 2 libbre sono necessarie 300 palle mentre, per i 3 smerigli, occorrono
500 palle di piombo. Per la Rocca si dispongono almeno 400 palle di ferro per
ogni mezza colubrina, 400 palle di pietra per i mezzi cannoni petrieri e 1.000
palle di piombo per gli smerigli 20. A quanto pare, emerge dalla relazione, che
un adeguato munizionamento per i medio-grandi calibri preveda almeno 400
palle per pezzo. Inoltre, i calibri evidenziati per Monte Filippo differiscono
19 A.G.S., Nápoles, 1053/130.
20 A.G.S., Nápoles, 1054/158, 159.
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ispetto al potenziale del 1560, segno di qualche integrazione o sostituzione
avvenuta nella prima metà degli anni ’60 del secolo. Il calcolo delle munizioni
previste sarebbe allora di 4.600 palle, nelle tre tipologie già esposte, più del
doppio di quelle riscontrate nel 1560. Nell’agosto del 1565 vengono trasportate
da Napoli 1.906 palle e un cannone di bronzo da 50-55 libbre di calibro,
lungo 12,5 palmi 21 (un palmo napoletano equivale a circa 0,26 metri). L’anno
successivo, dalle rilevazioni contabili del munizioniero Antonio Serra risultano,
a carico del presidio, 4.586 palle, in linea con gli approvvigionamenti previsti
dal marchese di Trevico 22. Dopo gli intensi interventi strutturali alle fortezze,
il presidio appare anche sufficientemente armato per rispondere ad
eventuali attacchi o assedi. Più incerto risulta, invece, il grado di efficienza del
potenziale disponibile. L’utilizzo e il tempo usurano l’artiglieria nei suoi vari
elementi: ruote, casse ferrate, affusti, cannoni. Incaricato della manutenzione
ordinaria dei cannoni e delle armi in genere, è il nettatore, che provvede alla
pulizia dell’artiglieria percependo uno stipendio, tra i più bassi riscontrati nei
presìdi toscani, pari a 1,5 scudi mensili 23. La manutenzione straordinaria prevede,
invece, professionalità meglio retribuite. Un maestro d’ascia, incaricato,
tra le molte attività, di ricavare ruote per cannoni da cubi di olmo, guadagna
7 scudi mensili, mentre, un fabbro ferraio, assegnato alla ferratura di casse e
ruote, percepisce 5 scudi mensili 24. Spesso alcuni guasti irreparabili alle bocche
da fuoco impongono la fusione del pezzo o di più pezzi, per ricavarne un
calibro nuovo. Il 28 aprile 1571 risulta, dalla relazione del veditore Pedro de
Mata, che l’artiglieria di Porto Ercole è in parte rotta, per cui converrebbe
portarla a Genova per farla fondere e sostituire 25. Il 2 agosto 1571, il Comendador
Mayor de Castilla riferisce a Filippo II della richiesta del Granvela (viceré
di Napoli) di acquistare a Genova alcuni pezzi di artiglieria da destinare ai
presìdi toscani, per i quali sarebbe anche opportuna una “muta” (avvicendamento)
dei soldati 26. Poco dopo, il 7 agosto 1571, vengono sbarcati a Porto
Ercole 6 pezzi d’artiglieria provenienti dalla Dominante e un mezzo cannone
ottenuto dalla fusione di 4 smerigli, 1 falconetto, 1 sagro, 1 masculo, tutti
rotti e precedentemente trasportati a Genova, per un totale di 8 cantara e 74
21 A.S.N., Dipendenze della Sommaria, 16/4.
22 Archivio di Stato di Napoli Sezione Militare (d’ora in poi A.S.N.S.M.), Presìdi di
Toscana, 2.
23 A.S.N., Dipendenze della Sommaria, 16/7. Per un’analisi sugli stipendi dell’organico
militare ed amministrativo dei Presìdi si rimanda a S. Martinelli, Le spese per le
milizie…, cit..
24 A.S.N., Dipendenze della Sommaria, 18/22; A.S.N.S.M., Presìdi di Toscana, 6.
25 A.G.S., Nápoles, 1060/121-124.
26 A.G.S., Estados Pequeños, 1483/16.
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otoli di metallo. Se si considera che un mezzo cannone, con calibro compreso
tra le 15 e le 24 libbre, pesava tra i 26 e i 36 quintali circa, se ne deduce come
l’artiglieria fusa è possibile che venga integrata in loco con altro metallo. Il 24
ottobre 1571, il viceré Granvela scrive a Filippo II aggiornandolo sul fatto che
anche l’artiglieria, come del resto i soldati, risente del pessimo clima dei Presìdi,
risultando in parte inutilizzabile contro i corsari. Prosegue il viceré riferendo
di un suo ordine in merito al trasporto da Genova di due colubrine
rinforzate 27. Il 7 febbraio 1572, il viceré di Napoli rassicura Filippo II sulla
produzione dei due pezzi genovesi per rifornire i Presìdi 28. L’8 agosto 1572, il
Granvela riscrive al re che le due colubrine sono pronte per essere trasportate
da Genova a Porto Ercole 29. Ancora, il 27 ottobre 1572, arriva da Napoli l’ordine
di acquistare a Genova 12 cannoni per i presìdi di Toscana. Per quanto
riguarda le due colubrine, queste sarebbero molto utili a Porto Ercole, dove i
corsari riescono ad avvicinarsi quasi sotto le mura; le colubrine “alcanzaran en
mar poco menos de tres millas de punteria” 30. Ma, il 2 dicembre 1572, le due
colubrine portate a Porto Ercole si rompono al primo sparo e devono essere
riportate a Genova 31.
L’inventario del 17 maggio 1574 fornisce una situazione più dettagliata
dell’artiglieria di Porto Ercole che, per maggiore chiarezza, viene proposta
nella tabella 2. Rispetto agli anni precedenti ci si trova di fronte ad un ingente
arsenale che sembra però privilegiare i grossi calibri (cannoni e mezzi cannoni)
piuttosto che i medio-piccoli (mezze colubrine, sagri e mezzi sagri),
tanto che un gran numero di munizioni risultano non utilizzabili. Probabilmente,
rispetto ai primi anni è anche aumentata la capacità di immagazzinamento
delle munizioni e si è andata ultimando la costruzione delle strutture
bastionate che possono accogliere i calibri maggiori. Inoltre, il dopo Lepanto
segna l’incremento del numero di compagnie presidiali dislocate, nonché una
maggiore attenzione per l’armamento costiero in funzione anti-corsara.
Il numero di munizioni presenti sfiora le 9.000 palle, circa il doppio di
quelle inventariate otto anni prima, mentre i pezzi utilizzabili risultano essere
29. Le consistenti giacenze di magazzino di proietti di vario calibro sono la
testimonianza dell’elevato grado di usura dell’artiglieria, soprattutto per i piccolissimi
calibri rappresentati dai moschetti da posta e da braccio che mostrano
un forte calo rispetto alle precedenti inventariazioni.
27 A.G.S., Nápoles, 1060/62.
28 A.G.S., Nápoles, 1065/52.
29 A.G.S., Nápoles, 1061/46-48; Estados Pequeños, 1483/256.
30 A.G.S., Nápoles, 1061/71, 72.
31 A.G.S., Nápoles, 1061/81, 82.
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Tab. 2 – Composizione dell’artiglieria presente a Porto Ercole il 17 maggio 1574*
ARTIGLIERIA CALIBRO NUM. DI PALLE NUM. DI PALLE
(in libbre) UTILIZZABILI INUTILIZZABILI
Nella Rocca:
1 cannone di bronzo 55 160
1 mezzo cannone di bronzo 24 166
1 mezzo cannone di bronzo 18 338
1 mezzo cannone bastardo 18 86
1 cannone di bronzo 55 274
1 mezzo cannone petriero 14-18 300
1 quarto di cannone 15 86
1 mezza colubrina di bronzo 20 ND
6 smerigli di bronzo
1 archibugio da posta
ND 82 di piombo da smeriglio
10 62 da sagro
4 134 da mezzo sagro
4, 7, 10 79 da sagro
ND 468 di pietra da mezzo cannone
20 22 da colubrina
4, 5 118 da mezzo sagro
60 294 da cannone
53 117 da cannone
ND 194 da cannone
4 e 10 588 da sagro
10 61 da sagro
4 134 da mezzo sagro
ND 468 di pietra da cannone
ND 32 palle di piombo
60 298 da cannone
20 12 da colubrina
ND 118 da mezzo sagro
In Monte Filippo:
1 mezzo cannone 24 150
1 mezzo cannone 20 698
1 mezzo cannone ND ND
1 mezzo cannone 26 27
1 mezzo cannone bastardo 15 30 a)
1 mezzo cannone bastardo 15
1 falconetto ND 0
1 falconetto 22 0
1 smeriglio 2 2
2 moschetti 0
ND 19 da sagro e falconetto
ND 138 non specificate
Nella casamatta di S. Francesco:
24 151 da mezzo cannone
28 175 da mezzo cannone
25 157 da mezzo cannone
Nella casamatta:
30 147
1 mezzo sagro 5 208
1 sagro 10 407
1 mezzo cannone petrieri ND 200
65 222
40-44 46
11 165
6 410
7 733
8 18
* A.G.S., Nápoles, 1064/116. a) “No ay mas balas de las 30 para los dos medios canones”. Ibidem.
98

I mezzi cannoni presenti nella Rocca provengono quasi tutti da Genova.
La città ligure è tra le fornitrici, nonché riparatrice, dell’artiglieria presidiale,
ma è certo che il porto rivesta anche un ruolo di stoccaggio – come nel caso
di Napoli – e quindi di ponte, per le esportazioni delle fonderie del milanese,
del bresciano o del bergamasco, – anche se queste ultime due forniscono
soprattutto artiglieria leggera portatile in ferro – se non addirittura per le produzioni
che giungono via mare dalla lontana Amsterdam, destinate ai domini
spagnoli in Italia 32. Importanti approvvigionamenti presidiali di cannoni, ma
soprattutto di palle e polvere da sparo, provengono anche da Napoli e dal
piombinese. Questa è senza dubbio la conferma dell’esistenza di un circuito di
approvvigionamento presidiale concentrato sull’asse Genova-Napoli, frutto
della politica e delle strategie militari tese ad estromettere qualsiasi rapporto
con gli stati limitrofi del granducato di Toscana o della Chiesa. Eccezion fatta
per gli approvvigionamenti granari 33, i presìdi di Toscana non possiedono
un’autonoma capacità di sostentamento, reggendosi su un triangolo commerciale
e soprattutto militare, progettato e voluto dalla Corona, consapevole
dello sforzo finanziario ma anche degli eventuali ritorni strategici.
Nella relazione del 1575 sull’artiglieria del Regno di Napoli ricompaiono,
relativamente a Porto Ercole, gli stessi calibri rilevati l’anno precedente, al netto
dei pezzi più piccoli quali smerigli, falconetti e moschetti 34. Porto Ercole, con i
suoi 5 artiglieri, sui 140 stipendiati dalla Regia Corte del Regno di Napoli, si
posiziona al sesto posto dopo Napoli (con 29 artiglieri), Brindisi (con 22 artiglieri),
Gaeta (con 14 artiglieri e 2 aiutanti), Otranto (con 7 artiglieri), Gallipoli
(con 6 artiglieri), e a pari merito con i presìdi di Pescara, Taranto e Piombino.
L’inventario redatto da Francesco de Bustamente, il 3 settembre 1588, oltre a fornire
l’elenco dell’artiglieria del presidio di Porto Ercole (dopo 13 anni sostanzialmente
invariata), specifica il peso di alcuni calibri. Una colubrina da 28 libbre
pesa 38 quintali e 57 rotoli, un mezzo cannone da 24 pesa 36 quintali e 93 roto-
32 Cfr. C.M. Cipolla, Vele e cannoni…, cit., pp. 60, 139-140. Lo stretto rapporto che
lega Genova al Regno di Napoli è anche testimoniato dalle speciali franchigie, emesse nell’aprile
del 1572 da Filippo II, in favore delle galere genovesi per l’acquisto per tre anni di
munizioni nel Regno di Napoli e in Sicilia. A.G.S., Genova, 1402/25, 186. Il ruolo della
Dominante è fondamentale non solo per i Presìdi e per il Regno di Napoli, ma anche per la
Spagna e la Sardegna. In una lettera dell’ambasciatore Don Sancho de Padilla a Filippo II, del
14 agosto 1572, risulta che la produzione genovese di palle di ferro colato sia piuttosto elevata
ed a prezzi competitivi. Il costo delle munizioni sarebbe inferiore a quello che si sosterrebbe
a Milano, tenuto conto anche del trasporto dal ducato a Genova, il cui costo sembrerebbe
essere pari a circa 1/3 del prezzo d’acquisto. A.G.S., Genova, 1402/57.
33 Sulla produzione ed importazione di grano nei Presìdi si veda S . Martinelli, Le
spese per le milizie…, cit..
34 A.G.S., Nápoles, 1066/13.
99

li, un mezzo cannone da 18 pesa 26 quintali e 58 rotoli (ma ve ne sono di più
leggeri), un cannone petriero da 20 pesa 15 quintali e 39 rotoli. I pezzi sono
esclusivamente in bronzo, anche se alcuni piccoli calibri come falconetti, smerigli,
aspidi e moschetti possono essere fabbricati in ferro. Le palle in ferro inventariate
sono 7.215, contro i 21.320 pallini in piombo destinati agli archibugi e
ai moschetti. Il 28 luglio 1592, sbarcano nel presidio 24 pezzi di artiglieria,
comprensivi di ruote e guarnimenti, provenienti da Napoli 35. Evidentemente,
alcuni calibri devono essere sostituiti o integrati, ma non è da escludere che un
certo numero di cannoni venga dirottato sugli altri Presìdi. Certamente ne beneficia
anche Porto Ercole, visto che l’inventario del munizioniere Hernando de
Inciso conta, nel 1599, ben 45 pezzi di artiglieria, 11.534 palle di ferro e 392
palle di pietra 36. Per lo stesso anno risultano 6 moschetti da posta distribuiti a
coppie nella torre di Ansedonia, nel torrione della Porta e nella munizione, a conferma
dell’esclusiva presenza di piccoli calibri sulle torri costiere. Nel 1604, la
munizione del presidio dispone ancora di 45 bocche da fuoco (inclusi i piccolissimi
calibri), 11.543 palle di ferro e 1.271 palle di pietra, segnale di una certa
stabilizzazione dell’arsenale bellico, ormai attestato su collaudati livelli di potenzialità
ed efficienza 37.
Sicuramente meno consistente è l’arsenale orbetelliano che, nel 1565, appare
piuttosto deficitario. La proposta di trasferire da Piombino a Orbetello un
grosso calibro da 65 si ritiene sia stata disattesa, visto che gli inventari del 1575
non ne registrano la presenza neanche tra l’artiglieria rotta. Invece, è probabile
che siano stati trasferiti dal presidio settentrionale un mezzo cannone da 30, un
sagro da 8 e un sagro da 7. Il rifornimento di palle di ferro dovrebbe giungere
da Napoli: 600 palle di ferro da 14 libbre per due quarti cannoni, 600 palle da
5 libbre per due mezzi sagri. Per le palle di pietra e di piombo si suggerisce di
produrle in loco; le prime, per il mezzo cannone petriero, le seconde, per i 15
smerigli 38. Precedentemente era stata trasportata da Napoli una mezza colubrina
da 18 39. Un primo conteggio prevederebbe a disposizione del presidio di
Orbetello, 2 mezzi cannoni, 2 sagri, 2 quarti cannoni, 2 mezzi sagri, 1 mezza
colubrina, 2 falconetti, 1 cannone petriero e 15 smerigli. L’elenco degli approvvigionamenti
previsti, però, è sicuramente sovrastimato; alcune consegne si
dubita siano andate in porto. Solo nell’agosto del 1571 si ha notizia dell’arrivo
da Genova di tre pezzi di artiglieria 40 ma, nell’inventario del 20 gennaio 1575,
35 A.S.N., Dipendenze della Sommaria, 17/14.
36 A.S.N., Dipendenze della Sommaria, 227(II)/5.
37 A.S.N., Dipendenze della Sommaria, 18/24.
38 A.G.S, Nápoles, 1054/160.
39 A.S.N., Dipendenze della Sommaria, 16/4.
40 A.S.N.S.M., Presìdi di Toscana, 3.
100

il governatore Cristobal de Ezpeleta deve registrare una situazione piuttosto critica.
La munizione conta pochi pezzi per lo più rotti. Risultano un sagro piccolo
da 5, due falconetti, due mezzi cannoni da 20 e 25, un terzo cannone da 16,
un quarto cannone da 14, una mezza colubrina da 12 e quattro smerigli, ma la
maggior parte dei calibri è inutilizzabile. Nella rocchetta della Porta della Marina
sono presenti uno smeriglio e un falconetto, mentre nella Rocca di Talamone
figurano due mezzi sagri e alcuni moschetti in pessime condizioni 41. Anche la
relazione dell’artiglieria del Regno di Napoli (già citata), stilata lo stesso anno,
non rispecchierebbe, quindi, l’effettivo potenziale utilizzabile, indicando indistintamente
i pezzi in uso e quelli dismessi. Il presidio disporrebbe di un mezzo
cannone da 24, quattro quarti cannoni da 15, 14, 12, 10, un terzo cannone da
18, due mezze colubrine da 12, tre mezzi sagri, tre falconetti, un mezzo falconetto,
più altri due mezzi sagri collocati a Talamone 42. I due inventari del 1575
si differenziano profondamente, ma il grado di dettaglio e le descrizioni del
primo lo rendono sicuramente più attendibile relativamente all’effettiva capacità
difensiva ed interdittoria. A conti fatti, nel 1575, il presidio di Orbetello è scarsamente
armato ma, del resto, Napoli deve scontare quelle asimmetrie informative,
dovute alla distanza, alla scarsa professionalità dei propri incaricati, o ai
resoconti, drammaticamente impoveriti o oculatamente “pompati” dai governatori,
che rendono disomogenee e poco confrontabili alcune importanti rilevazioni.
L’inventario del 1592 ricalca, a grandi linee, la relazione del 1575, evidenziando
un arsenale che privilegia i medi calibri (mezze colubrine, mezzi cannoni
e quarti di cannone) piuttosto che i piccoli, scarsamente rappresentati. In
totale figurano 11 pezzi, esclusi i piccolissimi calibri distribuiti sulle torri dell’Argentario
43. Infatti, le torri costiere che ricadono nella giurisdizione del presidio
orbetellano sono armate per lo più di smerigli e moschetti da posta 44. La
posizione geografica del presidio, protesa sul promontorio dell’Argentario, la
minore esposizione al mare aperto e alle scorrerie turche, nonché la vicinanza di
Porto Ercole, fanno sì che venga privilegiata una politica di armamento costiero
delle torri a discapito di un adeguamento delle strutture fortificate della città,
come anche dei magazzini e degli alloggiamenti, che soffrono cronici ritardi e
scarsi investimenti. Dei quattro presìdi principali (incluso Porto Longone),
Orbetello è sicuramente il meno armato; alla funzione strettamente difensiva
il presidio privilegia il ruolo di centro amministrativo, di smistamento di
truppe e di immagazzinamento di risorse 45.
41 A.G.S., Nápoles, 1066/120.
42 A.G.S., Nápoles, 1066/13.
43 A.S.N., Dipendenze della Sommaria, 17/15.
44 A.S.N., Dipendenze della Sommaria, 227(II)/6.
45 A.G.S., Nápoles, 1066/119.
101

3. Piombino e Porto Longone
Piombino, invece, almeno fino al 1605, non smette mai di esercitare il
duplice ruolo di ago della bilancia nei difficili rapporti diplomatici tra Appiani,
Medici, francesi e spagnoli e di baluardo settentrionale contro le
scorrerie turco-barbaresche. Infatti, il presidio ha l’ingrato compito di
mantenere un efficiente apparato difensivo e di allerta a protezione dell’omonimo
stretto, per contrastare le frequenti incursioni, razzie e sequestri, a
scopo di schiavitù o riscatto, che contraddistinguono la pirateria barbaresca.
Tale funzione poco si sposa con le difficoltà strutturali e finanziarie più
volte presentate dai suoi governatori alle alte sfere del potere spagnolo. Le
molteplici difficoltà, oltre ad impedire la realizzazione di programmi difensivi
a “largo plazo”, finiscono anche col compromettere un ordinario
controllo costiero, imponendo la meno nobile politica di tamponamento
delle emergenze, con mezzi più o meno leciti. Proprio dalla relazione inviata
dal governatore Juan de Espuche al re, il 3 luglio 1565, si apprende l’effettiva
dotazione bellica di Piombino (e Scarlino), suddivisa tra le sue fortificazioni,
così come sintetizzata in tabella 3.
Salta subito agli occhi la squilibrata distribuzione di artiglieria tra le
strutture presidiali, che sembra privilegiare i piccoli calibri in quelle periferiche
e una dotazione più completa e sostanziosa nel castello. Anche nel 1575,
Tab. 3 – Composizione dell’artiglieria presente a Piombino il 3 luglio 1565*
ARTIGLIERIA E MUNIZIONI
Nel Castello nuovo: Nella Rocca del Mare:
1 cannone petriero da 60 libbre 2 falconetti da 5 libbre
1 cannone 1 smeriglio da 3 libbre
1 mezzo cannone da 25 libbre 6 mascoli
1 mezzo cannone 59 palle da 5
1 colubrina bastarda da 22 libbre 66 pallini di piombo per moschetti da posta
1 mezza colubrina da 18 libbre 30 pallini di piombo per archibugi da posta
1 mezza colubrina da 16 libbre
1 quarto cannone Nella Torre della Porta:
1 sagro da 8 libbre 4 archibugi da posta
1 sagro
2 sagri da 6 libbre Nella Rocca di Scarlino:
1 sagro da 5 libbre 2 moschetti da 1 libbra
4 falconetti da 5 libbre 1 bombarda
1 falconetto da 4,5 libbre 1 mezza bombarda
2 falconetti da 4 libbre 96 palle da cannone
259 palle da 30 127 palle da mezzo cannone
272 palle da 25 70 palle da sagro
122 palle da 20
182 palle da 18
548 palle da 16
210 palle da 14
765 palle da 7
68 palle da 4
754 palle di pietra
* A.G.S., Estados Pequeños, 1479/69.
102

il castello risulta armato di 20 pezzi 46. In questo caso, però, la relazione dell’artiglieria
del Regno di Napoli individua una diversa composizione di tipologie
e calibri, che sembra propendere verso le medie grandezze. In realtà, la
cosa più probabile è che calibri uguali vengano indicati con nomi diversi,
come nel caso dei falconetti trasformati in sagri, ma non è neanche da escludere
un certo ricambio, nel corso del decennio, soprattutto dei piccoli calibri.
La prima ipotesi è comunque la più accreditata, visto che l’inventario stilato
il 31 gennaio 1581 ripropone esattamente la stessa tipologia e gli stessi
calibri del 1565 cioè: 2 cannoni, 2 mezzi cannoni, 1 colubrina, due mezze
colubrine, 1 quarto cannone, 5 sagri e 6 falconetti, oltre a 5.541 palle di ferro
(più del doppio) e 760 palle di pietra 47. Relativamente alle fortificazioni
minori, nella Rocca del Mare sono ancora presenti e funzionanti due falconetti
da 5 e un moschettone da 3, nella Torre della Porta figurano alcuni archibugi
da posta e un falconetto di bronzo da 4, mentre nella Rocca di Scarlino
ci sono due moschettoni di bronzo. Anche l’artiglieria piombinese necessita di
un’opportuna manutenzione; tra le cautele del munizioniere Federico de la
Sala, del 6 luglio 1585, risulta l’incavalcatura di 14 pezzi d’artiglieria e la
consegna di 7.502 libbre di ferro nuovo e 7.397 libbre di ferro vecchio al
mastro ferraio per ferrare le 14 casse e le 14 coppie di ruote dei pezzi 48. In
effetti, più che il calibro, sono soprattutto le casse e le ruote, in legno, a subire
le maggiori sollecitazioni e i processi d’invecchiamento, dovuti ai rinculi, al
trasporto e alle intemperie. L’inventario del 1594 evidenzia una diminuzione
della dotazione del castello a 15 pezzi e un contemporaneo rinfoltimento dei
piccoli calibri, soprattutto mezzi sagri e “pasabolanti” (specie di piccole colubrine
con calibri compresi tra le 5 e le 9 libbre), nelle altre strutture. Tutte le
altre fortificazioni, infatti, appaiono meglio armate, ed il circuito difensivo
viene integrato dall’armamento della cittadella con tre falconetti e un aspide.
In totale risultano 4.684 palle di ferro e 738 palle di pietra. L’inventario del
1600 non presenta particolari novità nell’armamento, con la preferenza per i
piccoli e medi calibri; le munizioni contano 5.406 palle di ferro e 738 palle di
pietra 49. Due anni dopo, il 12 novembre 1602 figurano 15 pezzi nel castello e
piccoli calibri distribuiti nelle altre rocche, oltre a 5.453 palle di ferro di differente
calibro, ad indicare un ormai consolidato livellamento del munizionamento
alle dotazioni dell’artiglieria presidiale 50. Consistente deve essere l’approvvigionamento
interno piombinese di palle di ferro se, da Madrid, il 20
46 A.G.S., Nápoles, 1066/13.
47 A.G.S., Nápoles, 1084/5.
48 A.S.N., Dipendenze della Sommaria, 227(I)/4.
49 A.S.N., Dipendenze della Sommaria, 18/21.
50 A.S.N., Dipendenze della Sommaria, 228/2/1.
103

dicembre 1574, viene richiesta al signore di Piombino una certa quantità di
munizioni, sfruttando le abbondanti produzioni di ferro dell’Isola d’Elba 51.
Il fronte settentrionale appare sufficientemente difeso e presidiato in questo
primo scorcio di secolo, ma la politica di deterrenza da un lato e la più
orgogliosa e seducente volontà di supremazia dall’altro, impongono alla Spagna
scelte più o meno ponderate. Frutto di questa politica di “restyling” e di
riaffermazione negli equilibri mediterranei, come in tutto lo scacchiere internazionale,
è l’impegnativa decisione di fortificare Porto Longone; un grande
sforzo finanziario dai dubbi ritorni strategici.
Nel 1605 vengono ammassate nel porto di Napoli, su due navi e otto
galere, due colubrine da 25, due cannoni da 40, sei mezzi cannoni da 25, sei
mezze colubrine da 20, sei cannoni petrieri da 28, quattro sagri da 7, quattro
mezzi sagri da 4, sei falconetti da 2, 12 mortaretti da salva, 6.200 palle di
ferro e 1.200 palle di pietra, più 36 casse e coppie di ruote per ogni pezzo
imbarcato 52. La potenza di fuoco diretta all’Isola d’Elba è impressionante,
superiore a quella di Piombino e Orbetello, eguaglia l’arsenale di Porto Ercole,
ma con la differenza che verrà concentrata in una sola fortezza. L’inventario
delle munizioni consegnate al conservatore di bastimento, sergente Andres
Velez, e caricate sulle navi dal 1 gennaio al 23 aprile 1605, permette di definire
il quadro sulla provenienza dei pezzi d’artiglieria, sul calibro, sul peso,
sulla lunghezza e sulla composizione delle munizioni. La tabella 4 ne offre
un’opportuna sintesi.
Per i 36 pezzi d’artiglieria trasportata, pari a circa 610 cantara di metallo,
vengono spesi 30.600 scudi, a cui vanno aggiunti 950 scudi per i relativi
guarnimenti (ruote e assi). È previsto anche l’invio di dieci artiglieri, il doppio
di quelli previsti per Piombino e Porto Ercole, per i quali si registra una
spesa complessiva in stipendi pari a circa 1.008 scudi, secondo quanto riportato
nella relazione delle spese del maggio 1606 53. Se si ipotizza un anno di
attività (maggio 1605 - maggio 1606), il calcolo dello stipendio mensile individuale
ricalca gli importi degli artiglieri presidiali, pari a circa 8 scudi 54.
4. Provenienza e prezzo dell’artiglieria presidiale
Per quanto riguarda la provenienza dell’artiglieria pesante impiegata nei
presìdi di Toscana, si è visto come la documentazione rimandi sempre alle due
51 A.G.S., Milan y Saboya, 1239/219.
52 A.G.S., Nápoles, 1102/29; A.S.N., Dipendenze della Sommaria, 228/5.
53 Biblioteca Nacional de Madrid (d’ora in poi B.N.M.), Ms., 6722, p. 123-124.
54 Si rimanda al già citato articolo di S. Martinelli, Le spese per le milizie…, cit..
104

Tab. 4 – Composizione dell’artiglieria caricata per la fortezza di Porto Longone nel 1605*
TIPOLOGIA E CALIBRO PESO LUNGHEZZA NUMERO DI
PROVENIENZA (in libbre) (in cantara e rotoli) (in palmi) PALLE
Dalla munizione del
regio Castello Novo
1 cannone 40 28 c. 49 r. 11,5
1 cannone 40 28 c. 49 r. 11,5
1 mezzo cannone 25 21 c. 96 r. 11,5
1 mezzo cannone 25 22 c. 41 r. 11,5
1 mezzo cannone 25 22 c. 63 r. 11,5
1 mezzo cannone 25 23 c. 11 r. 11,5
1 mezzo cannone 25 21 c. 74 r. 11,5
1 mezzo cannone 25 21 c. 79 r. 11,5
1 mezza colubrina 20 24 c. 97 r. 11,5
1 mezza colubrina 20 26 c. 94 r. 11,5
1 mezza colubrina 20 24 c. 78 r. 13,5
1 mezza colubrina 20 17 c. 59 r. ND
1 mezza colubrina 20 26 c 94 r. 12
1 mezza colubrina 20 26 c. 16 r. ND
1 sagro 7 9 c. 35 r. 10
1 sagro 7 14 c. 14 r. 10
1 sagro 7 13 c. 44 r. 10
1 sagro 7 13 c. 22 r. 10
1 mezzo sagro 4 6 c. 7 r. 8
1 mezzo sagro 4 6 c. 8
1 mezzo sagro 4 5 c. 67 r. 8
1 mezzo sagro 4 5 c. 70 r. 8
1 cannone petriero 28 11 c. 29 r. ND
1 cannone petriero 28 11 c. 10 r. ND
1 cannone petriero 28 11 c. ND
1 cannone petriero 28 11 c. 35 r. ND
1 cannone petriero 28 ND ND
1 cannone petriero 28 ND ND
6 falconetti
Dalla munizione del
regio Castello di Sant’Elmo
2 colubrine 25 ND ND
50 800
40 400
30 200
25 1.600
20 1.200
18 1.200
4 800
1.200 in pietra
* A.S.N., Dipendenze della Sommaria, 228/4, 5; A.G.S., Nápoles, 1102/29.
capitali, Napoli e Genova, soprattutto per le importazioni di materiale bellico
avvenute a partire dalla seconda metà degli anni ’60 del Cinquecento.
Infatti, fatta eccezione per Porto Longone, tali importazioni sostanzialmente
integrano, e in parte sostituiscono, arsenali preesistenti composti per lo più da
vecchi calibri, o da modelli sorpassati, alcuni dei quali risultano inutilizzabili
per la mancanza di munizioni adeguate o perché alcune loro parti appaiono
difficilmente sostituibili.
Gli stemmi riportati sui cannoni possono fornire ulteriori informazioni
sulla provenienza, sul fonditore e, a volte, sull’anno di produzione del pezzo.
105

L’8 luglio 1565 sbarca ad Orbetello una mezza colubrina prodotta a Venezia 55.
Un’altra mezza colubrina e un quarto cannone, inventariati nel 1592 sempre ad
Orbetello, portano gli stemmi del Duca di Firenze e probabilmente risalgono ai
primi approvvigionamenti presidiali successivi alla guerra di Siena, mentre un
sagro con le armi del Conte di Miranda lascia pensare ad un pezzo più recente
di provenienza napoletana 56. Nel 1565 Piombino dispone, tra gli altri pezzi, di
un cannone petriero e di un falconetto con le armi di Papa Alessandro Borgia,
di un mezzo cannone, una colubrina bastarda, una mezza colubrina e un sagro
con gli stemmi del Duca di Firenze, di un sagro e due falconetti con le armi del
Signore di Piombino e di uno smeriglio con le armi di San Marco 57. In questo
caso i cannoni pontifici potrebbero addirittura risalire alla conquista di Piombino
operata da Cesare Borgia nell’estate del 1501, mentre l’artiglieria degli
Appiani rientrerebbe in quel rapporto di “pacifica” convivenza ed assistenza che
caratterizzerebbe il presidio piombinese, dove coesistono truppe spagnole e
milizie locali. Nel 1589, a Porto Ercole, figurano un cannone e una mezza colubrina
con lo scudo imperiale e un epitaffio in tedesco 58. Tutto lascia pensare ad
una cospicua eredità frutto delle guerre d’Italia del primo Cinquecento, che
rimescola e ridistribuisce artiglierie di ogni tipo, purché funzionanti, tra i possedimenti
spagnoli, o ad accordi tra Cosimo I e Filippo II, successivi al trattato
di Firenze, che prevedono la vendita di artiglieria per un primo armamento
presidiale, da accompagnare agli interventi di fortificazione. Certamente di
diversa matrice e periodo è l’artiglieria spedita da Napoli a Porto Longone. Tutti
i calibri presentano le armi reali del viceré Francisco de Castro, conte di Lemos,
e cartigli di accompagnamento datati “Año Domini 1604”, il che lascerebbe
supporre un’artiglieria di nuova fabbricazione destinata alle fortezze napoletane
e successivamente dirottata a Porto Longone 59.
Per risalire al prezzo di un pezzo d’artiglieria pesante i migliori indicatori
sono forniti dal costo della materia prima e dal peso. Per quanto concerne
l’area presidiale, infatti, non risultano mai specificati i prezzi dei singoli elementi
disponibili. Un dato di partenza è offerto, quindi, dalla materia prima
impiegata: il bronzo. Il prezzo di 100 libbre di cannone di bronzo, relativamente
all’area iberica, per il 1578, risulta essere di 16 ducati, circa il triplo
del prezzo di 100 libbre di cannone in ferro colato 60. Il ferro, però, pur essen-
55 A.S.N., Dipendenze della Sommaria, 16/4.
56 A.S.N., Dipendenze della Sommaria, 17/15.
57 A.G.S., Estados Pequeños, 1479/69.
58 A.S.N.S.M., Presìdi di Toscana, 7.
59 A.S.N., Dipendenze della Sommaria, 228/4.
60 Cfr. C.M. Cipolla, Vele e cannoni…, cit., p. 57; A.S.N., Dipendenze della Sommaria,
17/17.
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do più economico, è meno affidabile ed è perciò destinato alla produzione di
archibugi, moschetti e palle. Se si operano le opportune moltiplicazioni, potrebbe
risultare che un mezzo cannone di bronzo da 25, del peso di 22 cantara,
costi sui 968 ducati, cioè circa 44 ducati per cantaro di metallo 61. In effetti,
già si è visto come per i 36 pezzi di artiglieria trasportati a Porto Longone
nel 1605, del peso complessivo di 610 cantara, vengano spesi circa 33.660
ducati (30.600 scudi, secondo l’equivalenza: 1 scudo = 1,1 ducati), cioè 55
ducati il cantaro, ossia una media di 935 ducati per pezzo. I grandi e pesanti
calibri (cannoni, mezzi cannoni e colubrine) sembrano quindi ruotare intorno
ai 900-1.000 ducati, ma sul prezzo sicuramente incidono il trasporto e il
nome del fabbricante che, probabilmente, ne garantisce la qualità. Per quanto
riguarda l’arsenale presidiale, alcuni documenti relativi a Porto Ercole specificano
il nome dei fonditori. Nell’inventario del 1574 figurano due mezzi
cannoni opera di Albergneti 62. Nel precedente inventario del 1560 risultano
altri tre mezzi cannoni di cui uno opera di un certo Antonio Patino e gli altri
due “con un titulo encima que paresce dezir MDXLVII opus M.ri Giberti” 63.
Sicuramente alcuni fonditori sono tedeschi, tra cui l’esperto Gregorio Leffer 64,
come è certa la presenza di maestranze bresciane tanto che, nel 1585, il podestà
di Brescia rifiuta la richiesta del signore di Piombino di continuare ad
inviargli alcuni mastri ferrai a lavorare nei forni “de purgar hyerro” piombinesi,
come era solito fare ormai da molti anni 65.
5. Conclusioni
Il potenziale bellico predisposto nei Presìdi appare sufficiente a contenere
le incursioni barbaresche e a dissuadere la Francia da progetti espansionistici
61 Nel 1566 il rifornimento di materia prima lavorata (bronzo) per la produzione di
artiglieria da destinare alle galere e alle fortificazioni del Regno di Napoli costava circa
25 ducati il cantaro, tanto che nel 1570-71, si riteneva più conveniente un approvvigionamento
di artiglieria e munizioni da Genova, dove il prezzo non superava i 12 scudi il
cantaro locale. Cfr. G. Fenicia, Il Regno di Napoli…, cit., pp. 135-136. Proprio a Genova,
già nel 1552, Filippo II si era rivolto per sopperire alla deficiente produzione nazionale
spagnola di artiglieria, i cui costi, tra l’altro, erano decisamente più elevati, per l’esigenze
degli eserciti impegnati sia nelle Fiandre che in Italia. Cfr. R. Carande, Carlos
V y sus banqueros, Barcelona, Editorial Crítica, 1977, (trad. it., Carlo V e i suoi banchieri,
Genova, Marietti, 1987, pp. 811-812).
62 A.G.S., Nápoles, 1064/116.
63 A.G.S., Estados Pequeños, 1475/100.
64 A.G.S., Estados Pequeños, 1444/4.
65 A.G.S., Venecia, 1533/83.
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nel centro Italia. Se il munizionamento può contare su una cospicua produzione
elbana, l’approvvigionamento dell’artiglieria pesante poggia, invece, su
una collaudata rotta commerciale che lega Napoli a Genova 66. Nel sistema
difensivo globale dei Presìdi, Porto Ercole rappresenta il baluardo meridionale
integrandosi, anche attraverso le torri dell’Argentario, con il cordone difensivo
costiero predisposto a sud dallo Stato della Chiesa e dal Regno di Napoli.
I presìdi settentrionali lamentano una maggiore vulnerabilità, ma la fortificazione
di Porto Longone colma il gap con il fronte meridionale, assicurando
una copertura difensiva su tutta l’area maremmana.
Fatta eccezione per il porto elbano, la documentazione non fornisce dati
importanti sul livello di spesa per l’artiglieria pesante ed il corrispondente
munizionamento nei Presìdi 67. Certamente, la spesa ricade sui bilanci del
Regno di Napoli anche se, in maggiore misura, l’esborso finanziario e l’impatto
economico sono attribuibili, per competenza, ai bilanci spagnoli, piombinesi,
medicei e senesi, precedenti la costituzione dei presìdi di Toscana,
salvo le integrazioni già esaminate. Queste ultime possono aver inciso, al massimo,
per un 50% su un arsenale bellico preesistente, ma si dubita abbiano
comportato una spesa superiore a quella sostenuta per Porto Longone. La spesa
dei cannoni, purtroppo, sfugge alle “rendicontazioni” presidiali, contrariamente
alle spese per la polvere da sparo e per l’artiglieria leggera 68, così come
sfugge il cospicuo indotto legato al trasporto via mare e via terra dei calibri,
ai “noliti” delle imbarcazioni, alle maestranze impegnate nell’allestire e mantenere
tutta l’attrezzatura di supporto.
66 Infatti, mentre al nord-Italia la “Via Spagnola” alimenta, tra alti e bassi, le Fiandre,
al centro lo sbarramento pontificio e quello mediceo costringono a delle scelte che
privilegiano i canali marittimi.
67 Se è vero che il fascino delle fonti manoscritte spagnole, conservate presso l’archivio
di Simancas, ha ispirato i contributi scientifici più recenti (Tognarini, Fanciulli,
Russo), altrettanto non può dirsi per le fonti napoletane le quali, a tutt’oggi, non godono
della rilevanza che meritano, potendo fornire, se esaminate più approfonditamente,
nuovi ed interessanti spunti per una storia economica dei presìdi di Toscana.
68 Si veda ancora S. Martinelli, Le spese per le milizie…, cit.
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