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p27-144 (1).pdf - Dipartimento di Analisi dei processi economico ...

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La Finanza genovese e il sistema imperiale spagnolo 1<strong>di</strong>Manuel Herrero SánchezUniversitá Pablo de Olavide, Siviglia1. Una monarchia <strong>di</strong> cortigiani e mercantiL’importanza data negli ultimi anni allo stu<strong>di</strong>o della Corte e della CasaReale come principale nesso <strong>di</strong> coesione fra gli eterogenei territori compresinella Monarchia spagnola, ha messo in risalto come, nonostante la sua <strong>di</strong>versastruttura sociale e la mancanza <strong>di</strong> un’amministrazione unificata, l’esistenza <strong>di</strong>un complesso sistema clientelare, basato su <strong>di</strong> un’attiva politica <strong>di</strong> patronatoregio e su <strong>di</strong> un’ampia rete <strong>di</strong> relazioni non istituzionali, permise <strong>di</strong> dotare <strong>di</strong>una certa unitá i <strong>di</strong>stinti domini riuniti sotto l’autoritá personale <strong>dei</strong> sovranidella <strong>di</strong>nastia degli Absburgo 2 .1 Il presente lavoro si inquadra all’interno del progetto “Una repubblica mercantilenell’Europa <strong>dei</strong> principi: natura e trasformazioni del complesso imperiale hispano-genovese(1528-1700)”, che é stato finanziato dal Ministerio de Educación y Ciencia <strong>di</strong> Spagna(HUM 2006-10206/HIST) e del quale lo scrivente é responsabile. Desidero ringranziareLaura Bei e Gaetano Sabatini per la traduzione e revisione del testo in italiano. Unaprima versione in spagnolo <strong>di</strong> questo lavoro é stata e<strong>di</strong>ta in Álvarez-Ossorio Alvariño,Antonio e García García, Bernardo (ed.), La Monarquía de las Naciones.Patria, nación y naturaleza en la Monarquía de España, Madrid, 2004, pp. 530-562.2 Afferma uno <strong>dei</strong> principali rappresentanti <strong>di</strong> questo para<strong>di</strong>gma cortigianista, chesembra abbia sostituito con successo il precedente modello statalista: “La Monarquía Católicase vertebró institucionalmente a través de un universo multipolar de cortes donde residían losrepresentantes personales de la Corona: desde Bruselas a Nápoles o de Milán a México, la Corteasumía una preeminencia política, social y cultural en continua interacción con el entremado corporativo.Por ello se puede caracterizar a la Monarquía Católica como una verdadera Monrquía delas Cortes” Cfr. Álvarez-Ossorio Alvariño, Antonio, “Gobernadores, agentes y corporaciones:la Corte de Madrid y el estado de Milán (1669-1675)” in Signorotto,Gianvittorio (ed.), L’Italia degli Austria. Monarchia cattolica e domini italiani nei secoli27


Tuttavia, senza sminuire l’importanza del ruolo esercitato da questo insieme<strong>di</strong> relazioni cortigiane e nobiliari, é necessario sottolineare che il sistema <strong>di</strong> poterespagnolo funzionava anche grazie al fatto <strong>di</strong> comprendere al suo interno, oltrea città politicamente importanti come Madrid, Napoli, Bruxelles, Milano oCagliari, anche i piú attivi nuclei mercantili e finanzieri d’Europa.Anversa, Siviglia o Genova offrivano una varia gamma <strong>di</strong> servizi fondamentaliper il buon funzionamento del sistema e per la possibilità <strong>di</strong> trasferireprodotti, persone e mezzi militari al suo interno. Questi centri garantivanola comunicazione fra i vari territori della Monarchia, <strong>di</strong>ffondendo, allo stessotempo, una serie <strong>di</strong> valori che finirono per confermare un modello culturalecapace d’imporsi nel resto del continente durante quasi due secoli. In questomodo, coerentemente con principi messi in luce da Frederic Lane, alle componenti<strong>di</strong> cultura <strong>di</strong> governo e <strong>di</strong> controllo del territorio, che sono state sempremesse in risalto, questi <strong>di</strong>namici centri urbani aggiunsero un necessarioelemento <strong>di</strong> cultura mercantile che assicurò un certo livello <strong>di</strong> operatività edefficienza al sistema imperiale spagnolo 3 .La presenza <strong>di</strong> questa commistione fra ricerca della ricchezza e pratica <strong>di</strong>governo nel sistema spagnolo rende necessario ri<strong>di</strong>mensionare uno <strong>dei</strong> topicistoriografici <strong>di</strong> maggiore durata quale quello espresso in maniera contundenteda Peter Burke che ha descritto tale sistema come un classico esempio <strong>di</strong>cultura antimpresariale dove i principi politico-religiosi avevano sempre laprecedenza su quelli meramente economici 4 . La protezione data dalla Monar-XVI e XVII, Mantova, 1993, p. 262. Una nuova maniera <strong>di</strong> analizzare la storia politicache, come ha segnalato Xavier Gil, non concerne solo le istituzioni, ma comprende uninsieme <strong>di</strong> valori <strong>di</strong> un aspetto piú personale come la grazia, l’amicizia del re, la gestionedomestica o la religione. Al rispetto vid. Gil Pujol, Xavier, “Del Estado a los lenguajespolíticos, del centro a la periferia. Dos décadas de historia política sobre la España de losiglos XVI y XVII” in De Bernardo Ares, José Manuel (ed.), El hispanismo anglonorteamericano:Aportaciones, problemas y perspectivas sobre Historia, Arte yLiteratura española(siglos XVI-XVII), Cordova, 2001, vol. II, pp. 883-918.3 Lane, Frederic, Profits from power. Rea<strong>di</strong>ngs in Protection Rent and Violence-ControllingEnterprises, Albany, 1979.4 Burke, Peter, “Republics of Merchants in Early Modern Europe”, in Baecheler,Jean, Hall, John e Mann, Michael, (ed.), Europe and the Rise of Capitalism, Oxford,1988, pag. 230. Un’affermazione che, senza l’eccessiva carica peggiorativa <strong>dei</strong> postulati<strong>di</strong> Burke, s’incontra in linea con la tesi sostenuta recentemente da Henri Kamen secondoil quale, e seguendo i principi della sua famosa polemica con Jonathan Israel nellepagine della rivista “Past and Present” nel 1978: “España era un país pobre que <strong>di</strong>ó el saltoa la con<strong>di</strong>ción imperial porque a cada paso recibió la ayuda del capital, la experiencia, los conocimientosy la mano de obra de otros pueblos asociados” in Kamen, Henry, Imperio. La forja deEspaña como potencia mun<strong>di</strong>al, Madrid, 2003, p. 559. Ambedue punti <strong>di</strong> vista entrano incontrad<strong>di</strong>zione con la prospettiva piú ponderata <strong>di</strong> Giovanni Muto che sottolinea il carat-28


chia Cattolica, lungi dal costituire una barriera per lo sviluppo delle attivitámercantili, offriva importanti vantaggi comparativi. Insieme alle lucrose possibilitá<strong>di</strong> affari che derivavano dall’essere governati dallo stesso sovrano - eche in molti casi erano anteriori al proprio ingresso nella Monarchia - questimercanti avevano la sicurezza che non sarebbero stati colpiti dalla sistematicapolitica <strong>di</strong> embarghi commerciali che ostacolavano in maniera evidente l’attività<strong>dei</strong> propri rivali in mercati tanto ampli e strategici 5 .Ma, a parte questi motivi <strong>di</strong> natura economica che, insieme all’unitá religiosae alla fedeltà allo stesso sovrano, costituivano i principali fattori <strong>di</strong> coesione<strong>dei</strong> territori che formavano l’aggregato imperiale, vi era un altro elementoche serviva a mettere un freno ad ogni possibile tendenza centrípeta. Afronte della chiara pre<strong>di</strong>sposizione annessionista e centralizzatrice adottatadall’altra grande potenza territoriale del momento, Francia, la Monarchia spagnolamostró sempre un gran rispetto per le <strong>di</strong>versitá <strong>dei</strong> suoi territori e mantenne,in particolar modo dopo i <strong>di</strong>sastrosi avvenimenti della ribellione delleFiandre, un atteggiamento <strong>di</strong> decisa salvaguar<strong>di</strong>a delle libertá e <strong>dei</strong> privilegilocali. Un principio che si confermò ulteriormente dopo i falliti intenti <strong>di</strong>riforma intrapresi da Olivares e che spiega, in grande misura l’alto grado <strong>di</strong>stabilitá politica esperimentato da questo sistema 6 .tere innovatore del modello imperiale ispanico al quale descrive come il primo stato europeocon la sufficente capacitá <strong>di</strong> sviluppare un sistema solido <strong>di</strong> relazioni fra lo stato e ilmondo delle finanze grazie alla sua capacitá burocratica <strong>di</strong> gestione, alla sua <strong>di</strong>sposizioneper mantenere un’economia aperta agli intercambi internazionali, grazie all’abbondanza<strong>di</strong> metalli preziosi e all’insistenza delle autoritá per penetrare nel mondo delle finanzeattraverso relazioni privilegiate con gli impresari e i mercanti banchieri. Cfr. Muto, Giovanni,“Le système espagnol: centre et pérphérie”, in Bonney, Richard, Systèmes Économiqueset Finances publiques, Parigi, 1998, pp. 225-258.5 Lo stu<strong>di</strong>o delle relazioni fra la Monarchia Ispanica e le comunitá europee degliuomini d’affari ha costituito uno <strong>dei</strong> nostri principali ambiti d’analisi. In questo sensoabbiamo avuto occasione <strong>di</strong> offrire varie contribuzioni sull’impatto che il cambiamento <strong>di</strong>socio mercantile comportò nella posizione internazionale della Corona e sulle <strong>di</strong>fferenzedegli accor<strong>di</strong> raggiunti con i genovesi, gli ebreo-conversi portoghesi, gli olandesi e gliinglesi. Al rispetto si puó consultare Herrero Sánchez, Manuel, El acercamiento hispano-neerlandés(1648-1678), Madrid, 2000, “La Monarquía Hispánica y las comunidadesextranjeras. El espacio del comercio y del intercambio en Madrid y Cá<strong>di</strong>z en el sigloXVII”, Torre de los Lujanes, 46 (2002), pag. 97-116 e, più recentemente “La MonarchieHispanique et le capital marchand. Les limites de la guerre économique et la lutte pourla suprématie dans l’espace atlantique” in S. Marzagalli y B. Marnot (eds.), Guerre etéconomie dans l’espace atlantique du XVIe au Xxe siècle, Bordeaux, 2006, pp. 195-209.6 Desiderio <strong>di</strong> conservazione e <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa dello status quo internazionale che, come hasegnalato giustamente Wacquet, rispondevano ad un’ideologia politica secondo la qualela funzione <strong>di</strong> un buon principe cristiano si ra<strong>di</strong>cava nell’evitare tuti i cambi che potes-29


Non si fa qui riferimento esclusivamente a quei territori ricevuti in ere<strong>di</strong>táo conquistati con la forza delle armi. Parliamo, ugualmente, <strong>di</strong> altri spaziche, pur conservando intatta la propria sovranitá, preferirono optare per sottomettersialla protezione del monarca Cattolico come miglior mezzo per assicurarela propria in<strong>di</strong>pendenza. La fermezza con la quale gli Absburgo mantennerogli accor<strong>di</strong> <strong>di</strong> alleanza raggiunti nel 1528 con la repubblica <strong>di</strong> Genova siconvertí nella prova piú eloquente dello stile del loro governo e, come avremooccasione <strong>di</strong> analizzare piú avanti, rifletteva anche gli stretti vincoli esistentifra questo tipo <strong>di</strong> repubblica mercantile e i sistemi <strong>di</strong>nastici europei 7 . Relazioni<strong>di</strong> mutua <strong>di</strong>pendenza che servirono per preservare l’autonomia genovesadalle minacce franco-piemontesi e che appaiono come una delle principalichiavi per spiegare il predominio spagnolo nel continente.2. Le basi della rete <strong>di</strong> potere ispano-genoveseLo scarso interesse storico suscitato da Genova, specialmente se si comparacon l’attenzione riservata alle Province Unite o a Venezia, é quasi sempre damettere in relazione con la ristretta autonomia politica <strong>di</strong> cui la repubblica godevarispetto alla Monarchia spagnola e al suo limitato peso nel contesto internazionale8 . Una visione scarsamente definita, che aquista contorni chiari soloquando si tratta d’abbordare l’instaurazione della sua imponente rete mercantiseroalterare l’or<strong>di</strong>ne naturale delle istituzioni; un’ideologia che, osservavano i nemicidella Spagna, si configurava come una strategia destinata ad assicurare gli interessi imperialidegli Asburgo. Wacquet, Jean-Claude, “Politique, institutions et société dans l’Italiedu ‘Seicento’”, in L’Italie au XVIIe siècle, Parigi, 1989, pp. 32-34.7 Un primo avvicinamento ad una tematica che costituisce la nostra principale linea<strong>di</strong> ricerca nell’attualitá, si puó incontrare in Herrero Sánchez, Manuel, “Las repúblicasmercantiles, ¿Alternativa al modelo <strong>di</strong>nástico? Génova, las Provincias Unidas y laMonarquía Hispánica en la segunda mitad del siglo XVII”, in Crespo Solana, Ana yHerrero Sánchez, Manuel (ed.), España y las 17 Provincias de los Países Bajos. Una revisiónhistoriográfica (siglos XVI-XVIII), Cordova, 2002, vol. I, pp. 189-227.8 Un <strong>di</strong>sinteresse che non deve essere soltanto messo in rapporto con gli apprezzamentidegli attuali storici. Come segnala Bitossi, mentre le restanti repubbliche dell’epocas’incaricarono d’elaborare programmi d’autoaffermazione o mitificarono altri modellirepubblicani, come successe con il caso veneziano, Genova non finanzió una storiografialaudatoria e i suoi pubblicisti stettero piú attenti a lanciare recriminazioni che a realizzareesercizi <strong>di</strong> autocelebrazione. Vid. Bitossi, Carlo, Il governo <strong>dei</strong> magnifici. Patriziatoe politica a Genova fra Cinque e Seicento, Genova, 1990, pp. 26-27. Sulla posizione internazionaledella repubblica è ancora fondamentale il lavoro <strong>di</strong> Vitale, Vito, Breviariodella Storia <strong>di</strong> Genova. Lineamenti storici ed orientamenti bibliografici, 2 vol., Società Ligure <strong>di</strong>Storia Patria, Genova, 1955.30


le e finanziaria, che ha monopolizzato l’attenzione degli storici. Non invano,Ruiz Martin avvertiva che non era possibile capire il funzionamento dellaMonarchia Cattolica senza analizzare nel dettaglio le attivitá <strong>di</strong> questi uominid’affari, che sembravano controllarlo del tutto facendo, <strong>di</strong>pendere dalle lorodecisioni il futuro stesso del sistema imperiale spagnolo 9 .Anche se, come <strong>di</strong>mostrano i lavori <strong>di</strong> Heers, Ladero Quesada o SanzAyán, la penetrazione del capitale cosmopolita genovese in Castiglia comincióa rendere con forza dalla metá del XV secolo 10 , la completa integrazione <strong>di</strong>questi due mon<strong>di</strong> non si realizzò fino alla firma dell’accordo <strong>di</strong> condotta fraCarlo V e Andrea Doria nel 1528. Un’alleanza che, come ha analizzato dettagliatamenteArturo Pacini, riposava su <strong>di</strong> una scrupolosa <strong>di</strong>visione <strong>di</strong> competenciasfra i due soci e la cui durata era garantita dagli ampi benefici che le dueparti ricavavano 11 .La protezione concessa dall’Imperatore comportava per Genova una serie<strong>di</strong> restrizioni alla propria autonomia, ma serviva per garantire la sua libertá e<strong>di</strong>n<strong>di</strong>pendenza 12 . Una situazione <strong>di</strong>versa da quella creatasi durante il periodo <strong>di</strong>9 Ruiz Martín, Felipe, Pequeño capitalismo y gran capitalismo. Simón Ruiz y sus negociosen Florencia, Barcelona, 1992, p. 12. Da parte sua, Enrique Otte segnalava che sarebbepiú corretto riferirsi all’impero <strong>di</strong> Carlo V come “Imperio genovés”, Otte, Enrique, “Elimperio genovés, 1522-1556”, in Banchi pubblici, banchi privati e monti <strong>di</strong> pietà nell’Europapreindustriale. Amministrazione, tecniche operative e ruoli economici. Atti della Società Ligure <strong>di</strong>Storia Patria, XXXI (1991), pp. 247-263.10 Al rispetto si veda, Heers, Jacques, “Los genoveses en la sociedad andaluza delsiglo XV: orígenes, grupos, solidaridades”, in Actas del II Coloquio de Historia Me<strong>di</strong>evalandaluza, Sevilla, 1983, pp. 419-441; Ladero Quesada, Miguel Ángel, “La Haciendacastellana de los Reyes Católicos: 1493-1504”, Moneda y Cré<strong>di</strong>to, 103 (1967), pp. 81-111y Sanz Ayán, Carmen, “La presencia del capitalismo cosmopolita durante el reinado delos Reyes Católicos: claves para una interpretación” in El tratado de Tordesillas y su época,Tordesillas, 1995, pp. 467-477.11 I due libri che Arturo Pacini de<strong>di</strong>ca all’accordo ispano-genovese costituiscono unavisione completa sul tema a partire dell’uso <strong>di</strong> fonti documentali sia italiane che spagnole.Pacini, Arturo, I presuposti politici del ‘secolo <strong>dei</strong> Genovesi’: la Riforma del 1528, Génova,1990 e, dello stesso autore, La Genova <strong>di</strong> Andrea Doria nell’Impero <strong>di</strong> Carlo V, Firenze,1999. Una riproduzione integra del trattato raggiunto fra Andrea Doria e Carlo V, e <strong>di</strong>una serie d’interessanti documenti relazionati con il medesimo, l’incontriamo in Cadenasy Vicent, Vicente de, El protectorado de Carlos V en Génova. La “Condotta” de AndreaDoria, Madrid, 1977. Da parte nostra abbiamo realizzato un’avvicinamento a queste questioniin Herrero Sánchez, Manuel, “Una república mercantil en la órbita de laMonarquía Católica (1528-1684)” in Anatra, Bruno y Manconi, Francesco (ed.),Sardegna, Spagna e Stati Italiani nell’età <strong>di</strong> Carlo V, Roma, 2001, pp. 183-200.12 In effetti, questa libertá era assicurata sempre e quando si compissero le seguenticon<strong>di</strong>zioni: che la repubblica riservasse i suoi porti esclusivamente alle forze spagnole; chei suoi uomini d’affari e i suoi appaltatori <strong>di</strong> galere offrissero i suoi servizi solamente31


alleanza con la Francia che, nonostante l’ostensibile aumento della pressionefiscale o delle misure destinate a potenziare il porto <strong>di</strong> Savona, non era statacapace <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere il territorio della repubblica dell’attacco delle truppeimperiali nel 1522 13 . La vicinanza <strong>di</strong> Francia era una minaccia in<strong>di</strong>scutibileper l’integritá della repubblica e i suoi mercati erano infinitamente menolucrativi per i suoi uomini d’affari che quelli situati sotto la giuris<strong>di</strong>zione delsuo nuovo alleato.Grazie alle prerogative derivate dall’accordo con Carlo V, i genovesi ottenneroun accesso privilegiato nella <strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> prodotti agrari <strong>di</strong>gran valore come la lana castigliana o la seta e il grano napoletano e siciliano cheservivano per rifornire con materie prime <strong>di</strong> alta qualitá all’industria tessile epermisero <strong>di</strong> compensare la chiusura <strong>dei</strong> mercati <strong>di</strong> cereali della Provence.L’accordo con la corona aprí anche importanti vie <strong>di</strong> promozione ai poderosibanchieri della repubblica. La sua alta tassa <strong>di</strong> liqui<strong>di</strong>tá, unita al controllo cheesercitavano sui principali mercati <strong>di</strong> cambio e a una estesa rete <strong>di</strong> corrispondenti,gli permetteva sod<strong>di</strong>sfare le crescenti necessitá <strong>di</strong> capitali della MonarchiaIspanica 14 . Presto i genovesi si convertirono nei principali provve<strong>di</strong>tori dellacorona 15 che, a cambio <strong>dei</strong> loro servizi e nonostante la dura legislazione castiglianadestinata a evitare l’uscita <strong>dei</strong> metalli preziosi dal regno, finirono conall’Imperatore; che l’ambasciatore del re cattolico fosse l’unico delegato <strong>di</strong>plomatico riconosciuto.Anche se quest’ultima esigenza sparí con il tempo, Genova mantenne un chiaroallineamento a favore della Monarchia Ispanica fino alla fine del XVII secolo. Sui limitidella sovranitá veda, Bitossi, Carlo, “Genova, Spagna e Me<strong>di</strong>terraneo nel secondo cinquecento:bilanci e prospettive”, in Anatra, Bruno y Manconi, Francesco, (ed.),Sardegna, Spagna e Stati italiani nell’età <strong>di</strong> Filippo II, Cagliari, 1999, p. 176. Il migliorlavoro sul riconoscimento degli onori e della prelazione della repubblica <strong>di</strong> Genova nellascena internazionale,e <strong>dei</strong> limiti imposti dalla corona spagnola, continua ad essere quello<strong>di</strong> Vitale, Vito, La <strong>di</strong>plomazia genovese, Milano, 1941.13 Si veda la comparazione che stabilisce Pacini fra i due modelli <strong>di</strong> dominio spagnoloe francese, Pacini op. cit. (nota 11, 1990), pp. 51-145.14 All’inizio, la crisi con Francia e le con<strong>di</strong>zioni restrittive imposte a partire dal1533 da Francisco I agli uomini d’affari genovesi per operare nel suo regno supposeroil <strong>di</strong>slocamento delle fiere <strong>di</strong> cambio in Lione, il che stimoló lo sviluppo <strong>di</strong> nuovi mercatiin Besanzone e dopo in Piacenza. Al rispetto é in<strong>di</strong>spensabile il libro <strong>di</strong> Gioffrè,Domenico, Gênes et les foires de changes de Lyon à Besançon, Parigi, 1960. Un breve riassuntoMarsilio, Clau<strong>di</strong>o, « Las ferias en Europa : da la Edad Me<strong>di</strong>a a la Edad Moderna» in El comienzo de la banca de inversiones y la economía financiera, Madrid, 2006, pp.1-47.15 Abbiamo giá informato dell’abbondante bibliografia relativa al denominato“secolo <strong>dei</strong> genovesi”. I contributi <strong>di</strong> Carande, Ruiz Martín, Sanz Ayán, ÁlvarezNogal, Neri, Doria, Muto, Otte o Kellebenz sono raccolti nel recente bilancio realizzatoda Canosa, Romano, Banchieri genovesi e sovrani spagnoli tra Cinquecento e Seicento,Roma, 1998.32


strappare una serie <strong>di</strong> licenze <strong>di</strong> esportazione che facilitarono il loro dominiosulla maggior parte delle partite d’argento che venivano dall’America 16 .Le successive bancherotte, lungi dall’indebolirli, spinsero i genovesi a realizzareuna migliore integrazione nel sistema, così da accedere in maniera privilegiataai principali meccanismi del patronato regio. Simili possibilitá <strong>di</strong>promozione sociale e tali lucrativi affari, furono sufficienti per placare l’ansia<strong>di</strong> autonomia propria delle repubbliche urbane. La classe <strong>di</strong>rigente genovesesembrò infatti accettare <strong>di</strong> buona voglia la tutela spagnola che, senza metterein questione il modello del governo repubblicano, esercitó sempre con grandeefficienza il suo ruolo <strong>di</strong> protettore, come fu evidente in occasione dell’invasionefrancese della Corsica nel 1553 17 o durante i successivi attacchi francopiemontesidel 1625 e del 1672 18 .16 Come segnala Ruiz Martín, prima del 1551 e fra il 1560 ed il 1566, a causa delrigore con il quale venivano concesse le licenze per estrarre numerario del regno, il capitalismogenovese si vide obbligato a tenere in Castiglia una forte faccetta mercantile. Lalibertá con la quale, a partire da questa data, si concedono le licenze d’esportazione e lemaggiori facilitá d’arricchimento e <strong>di</strong> stima sociale derivate dai negozi meramente finanzierisupposero un progressivo abbandono dell’attivitá commerciali da parte <strong>di</strong> questiuomini d’affari. Nonostante, si dovrebbe sfumare questa affermazione attraverso uno stu<strong>di</strong>opiú dettagliato sul comportamento eterogeneo delle <strong>di</strong>verse comunitá genovesi adagiatenei <strong>di</strong>stinti territori della Monarchia. Ruiz Martín, op. cit. (nota 9), pp. 16-25.17 Per la pace <strong>di</strong> Cateau-Cambrésis nel 1559, per la quale si sanzionava l’egemoniaspagnola in Italia, i francesi accettarono ritirare gli effettivi che ancora rimanevano nell’isola<strong>di</strong> Corsica. Dunque, il costante stato <strong>di</strong> ribellione che caratterizzava l’isola fece che siarrivasse a progettare una possibile occupazione spagnola, che alla fine non si realizzò. Suquesto, cfr. Emmanuelli, René, Gênes et l’Espagne dans la guerre de Corse (1559-1569),Parigi, 1964.18 Sul conflitto del 1625 si veda, Casanova, Giorgio, La Liguria centro-occidentale el’invasione franco-piemontese del 1625, Genova, 1983. Nel 1673, nonostante gli aiuti militarimandati da Milano per evitare l’avanzata delle truppe <strong>dei</strong> Savoia sul territorio dellarepubblica, questa raggiunse un accordo con Francia che fu valorato dall’ambasciatorespagnolo nell’Aia, Francisco Manuel de Lira, con questi drammatici termini: “Parece queestemos en la era climatérica de las repúblicas [questo stesso anno i francesi avevano occupatobuona parte del territorio delle Province Unite] según el ajuste de la de Génova en que notenemos que sentir tanto sus pocas ventajas como la subor<strong>di</strong>nación con que queda a la Francia paraadelante que es pie que puede arrastrarnos grandes inconvenientes en cuyo mal presagio no peligrapoco esta república con tanto riesgo de nuestros intereses.” Archivo General de Simancas (AGS),Estado, Embajada de España en la Haya, leg. 8652, Lettera <strong>di</strong> Lira all’ambasciatore spagnolo,marchese <strong>di</strong> Villagarcía, La Haya, 10-4-1673. I cattivi presagi segnalati da Lira simanifestarono durante il bombardamento <strong>di</strong> Genova effettuato dalla squadra francese nel1684. La Monarchia Ispanica, nonostante la sua debolezza, mandó effettivi in appoggioalla repubblica per limitare i danni, il che serví a <strong>di</strong>sminuire l’ascendenza del partitopro-francese. Al rispetto consultare la Lettera del Dux al governo <strong>di</strong> Madrid ringraziando“los socorros que se han servido mandar y ponderando la puntualidad y fineza con que33


La ferrea <strong>di</strong>fesa dell’integritá territoriale della repubblica ligure e la costanteme<strong>di</strong>azione per evitare ogni movimento destabilizzatore nel seno dellaclasse <strong>di</strong>rigente genovese, non costituivano un atto <strong>di</strong>sinteressato da parte dellaMonarchia spagnola. Al contrario questa attitu<strong>di</strong>ne costituiva un elementoprezioso per la sua sicurezza. La funzione <strong>di</strong> principale fornitrice <strong>di</strong> capitaliesercitata da Genova e il suo ruolo insostituibile <strong>di</strong> interme<strong>di</strong>ario finanziariosu scala internazionale, sarebbero venuti meno se gli Asburgo avessero optatoper annettere un enclave che, peraltro, aveva un enorme valore strategico perle comunicazioni fra i loro <strong>di</strong>spersi territori. A parte poche occasioni, come peresempio la congiura <strong>di</strong> Gian Luigi Fieschi del 1547, la corona non prese maiin considerazione l’eventualità <strong>di</strong> sottomettere la repubblica con la forza dellearmi o <strong>di</strong> stabilire nel suo territorio una guarnigione armata permanente 19 . Leuniche <strong>di</strong>spute che segnarono la buona intesa fra le due parti furono quellelos ministros de Italia han obrado en esta ocasión.” AGS, Estado, leg. 3620, Lettera del Dux,Genova, 7-7-1684. Riguardo a questo assunto si veda, Bitossi, Carlo, “Il picolo sempresuccombe al grande: la Repubblica <strong>di</strong> Genova tra Francia e Spagna, 1684-1685” in Ilbombardamento <strong>di</strong> Genova nel 1684. Atti della Giornata <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o nel terzo centenario, Génova,1988, pp. 39-69. Sui rapporti fra Genova e la Monarchia spagnola durante il Seicento siveda anche Herrero Sánchez, Manuel, “La quiebra del sistema hispano-genovés(1627-1700)”, Hispania, LXV, 219, (2005), pp. 115-152. Un eccellente compen<strong>di</strong>o èquello <strong>di</strong> Bitossi, Carlo, “L’antico regime genovese, 1576-1797” in Puncuh, D. (ed.),Storia <strong>di</strong> Genova. Me<strong>di</strong>terraneo, Europa, Atlantico, Genova, 2003, pp. 435-439.19 L’instabilitá generale che si viveva nella penisola italiana durante l’anno 1547, conmovimenti insurrezionali in Napoli, Siena, Piacenza e Genova, dettero un’impulso a queisettori che competivano per un maggior intervenzionismo da parte della Monarchia Ispanica.In linea con le proposte del duca d’Alba e del Ferrante Gonzaga, il principe Felipe,che l’anno dopo sbarcó in Genova come primo scalo del suo viaggio <strong>di</strong> presentazione nell’Impero,suggerí a Carlo V l’idea <strong>di</strong> costruire un forte o l’installazione <strong>di</strong> una guarnigionespagnola nel Castelleto della cittá. L’oggettivo <strong>di</strong> questa aggressione all’in<strong>di</strong>pendenzadella repubblica si deve al timore che una nuova rivolta potesse favorire la vittoria dellafazione pro-francese. Dopo un burrascoso soggiorno a Genova –con incidenti fra la suaguar<strong>di</strong>a personale e la guarnigione genovese- Felipe decise <strong>di</strong> dare il visto buono all’attitu<strong>di</strong>nepiú conciliatrice dell’ambasciatore spagnolo nella repubblica, Gómez Suárez deFigueroa, ed in un informe mandato a suo padre a Erbesperg, il 13 febbraio del 1649,decideva <strong>di</strong> non cambiare i fondamenti del patto accordato fra l’Imperatore e AndreaDoria. Per piú informazioni su queste questioni si veda, Pacini, op. cit. (nota 11, 1999),pp. 610-627 y Cadenas y Vicent, op. cit. (nota 11), pp. 239-249. Álvarez-Ossorio ciin<strong>di</strong>ca come, nel 1563, Felipe II sondó il suo governatore <strong>di</strong> Milano, il duca <strong>di</strong> Sessa, perchévalutasse la possibiltá d’effettuare un’occupazione militare della repubblica, il qualesegnaló che: “pu<strong>di</strong>endo Vuestra Majestad mantener a Génova como hasta aquí, sería lomejor, pues no se alteraría Italia con una cosa que de Vuestra Majestad les haría mayornovedad que de ningún otro príncipe.” In Álvarez-Ossorio Alvariño, Antonio,Milán y el legado de Felipe II. Gobernadores y corte provincial en la Lombardía de los Austrias,Madrid, 2001, p. 33.34


elative all’enclave portuario <strong>di</strong> Finale 20 , ma, in generale, la Corona optó sempreper adottare un’attitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> massimo rispetto verso il contenuto dell’accordostipolato nel 1528.Era evidente che questa collaborazione aveva costituito uno <strong>dei</strong> principalicolpi che fecero decantare dalla parte spagnola la bilancia nel conflitto con laFrancia per la supremazia in Italia 21 . La ritirata francese da Napoli lo stessoanno 1528 e la posteriore aquisizione del ducato <strong>di</strong> Milano da parte dell’Imperatore(1535) avrebbero conosciuto non pochi ostacoli nel caso in cui laCorona non avesse potuto contare sull’appoggio delle poderosi flotte <strong>di</strong> galeregenovesi. Cosí lo rimarcava Carlo V quando, nella istruzione del governo del1548, si rivolgeva a suo figlio in questi termini:20 Il controllo spagnolo <strong>di</strong> questo piccolo porto della costa ligure suscitó costantiproteste genovesi specialmente quando, a partire dalla decade del 1650 e prima <strong>dei</strong>tentativi da parte della repubblica <strong>di</strong> aumentare la sua autonomia rispetto a Madrid,si cominció a stu<strong>di</strong>are seriamente il suo utilizzo come alternativa per le comunicazionicon Milano. L’attivitá con i corsari <strong>di</strong> Finale e i problemi doganali per la <strong>di</strong>stribuzionedel sale peggiorarono l’ambiente e portarono al piú grande momento <strong>di</strong> tensioneispano-genovese con l’embargo <strong>dei</strong> beni <strong>dei</strong> genovesi residenti nei territori italianidella Monarchia nel 1654. Riguardo a questo assunto si veda, AGS, Estado, leg. 3607,Informe del Consiglio d’Italia sull’assunto <strong>di</strong> Finale con informazioni del medesimoenclave dal XVII secolo, 9-5-1654. Nella stessa filza, vari documenti relativi al problemadel sale in Finale, Milano, 25-9-1653. Si veda anche AGS, Estado, leg. 3608,Risoluzione del consiglio <strong>di</strong> Stato intorno al tema <strong>di</strong> Finale fra i quali risalta lo scritto<strong>di</strong> Raffaele della Torre sulla questione, Madrid, 20-7-1655. Il punto <strong>di</strong> vista genoveseal rispetto si puó incontrare anche nelle lettere scritte a Madrid da Paolo VicenzoSpinola sulle trattative con il governo della Monarchia in, Archivio <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong>Genova (ASG), Archivio Segreto, Lettere <strong>dei</strong> Ministri <strong>di</strong> Spagna, leg. 2447. Un buonriassunto sui principali episo<strong>di</strong> <strong>di</strong> tensione derivati dall’enclave <strong>di</strong> Finale si trova inArchivio <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Napoli (ASN), Segreteria <strong>dei</strong> Viceré, leg. 175, Lettera <strong>di</strong> Diegode Laura al conte <strong>di</strong> Castrillo, Genova, 29-12-1653. Sul porto <strong>di</strong> Finale si veda ancheEdelmayer, Friedrich, “Il Sacro Romano Impero nel Cinquecento ed i piccoli feu<strong>di</strong> italiani:l’esempio del marchesato finalese” in Atti <strong>dei</strong> convegni internazionali sulla storiadel Finale. La Spagna, Milano ed il Finale: il ruolo del marchesato tra me<strong>di</strong>oevo ed età moderna,Finale, 1994, pp. 43-61.21 Nel 1677 la funzione esercitata dalla repubblica genovese nell’equilibrio <strong>di</strong> poterinella penisola italiana veniva accolta ancora con <strong>di</strong>sgusto dal delegato spagnolo, Coloma,con questi termini: “he rastreado la grande soberbia en que esta república se halla persua<strong>di</strong>daha de ser ésta la coyuntura de adelantar sus mayores ventajas teniéndose en sus ideas por árbitrosde la quietud de Italia, de la seguridad del estado de Milán y con sus me<strong>di</strong>os aplicándose auna o a otra corona de hacer subir o bajar la balanza de ambas monarquías a que se añade queesto, en confidencia, ha rebosado su hinchazón.” AGS, Estado, leg. 3615, Lettera <strong>di</strong> Coloma alre sui problemi che ha perché gli ammettino le sue lettere credenziali, Genova, 30-10-1677.35


“...no dejar las galeras de Génova, y que conviene, para entretener el favor degenoveses, y también que si se despi<strong>di</strong>esen podrían ir en mano de franceses, los cuales sise hallasen superiores en la mar, lo de Italia sería en manifiesto peligro, y asimismo podríapasar trabajo lo de las de Cataluña y otras marítimas de España.” 22Insieme agli importanti servizi finanzieri, i genovesi si mostravano insostituibilial momento <strong>di</strong> assicurare in maniera adeguata il trasporto <strong>di</strong> persone,soldati, munizioni, cereali e capitali nel Me<strong>di</strong>terraneo occidentale. In piú,i loro servizi navali erano uno <strong>dei</strong> principali strumenti per frenare l’avanzataottomana, come in<strong>di</strong>ca il loro attivo intervento in occasione della presa <strong>di</strong>Tùnisi, l’asse<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Algeri o la battaglia <strong>di</strong> Lepanto.Genova non tardó in convertirsi nel punto nevralgico del sistema imperialespagnolo. Non era solamente, come segnalava Filippo Spinola, “la chiaved’Italia” e il nodo centrale delle comunicazioni fra i domini italiani e ibericidella Corona 23 . In qualitá <strong>di</strong> porto naturale del ducato <strong>di</strong> Milano, Genova costituivail vettore principale <strong>di</strong> comunicazioni con i territori imperiali degliAbsburgo e, a partire dallo scoppio della ribellione delle Fiandre e dello spostamentodell’asse <strong>dei</strong> conflitti internazionali verso la frontiera <strong>dei</strong> Paesi Bassi,essa finì per convertirsi nel principale enclave strategico della Monarchia.22 Testamento politico <strong>di</strong> Carlo V, Augusta, 18-1-1548, preso da Fernández Álvarez,Manuel (ed.), Corpus documental de Carlos V, Salamanca, 1975, vol. II, pp. 569-592. In questoscritto, l’Imperatore sottolinea, in maniera contundente, la necessitá <strong>di</strong> preservare l’alleanzacon la repubblica: “De Génova pienso asegurarme más por ahora y en lo venidero, y efectuándosela cosa o no, deberéis tener cuidado que ella esté en vuestra devoción por lo que toca e importaa la seguridad de toda Italia y a los reinos y estados de Nápoles, Sicilia y Milán; y no solamentepara esto, más aún para los otros reinos de España, islas de Cerdeña, Mallorca y Menorca, de loscuales también los <strong>di</strong>chos genoveses tienen necesidad, y señaladamente de la vecindad de Milán. Y poresta consideración, y por los servidores que tengo dentro de la <strong>di</strong>cha ciudad, por beneficios recibidos demí, y con buena dexteridad, espero que ellos se podrán tener en vuestra devoción, también por el respetodel rey de Romanos, mi hermano y por ser amparados de la protección y sombra del Imperio de locual reconocen su libertad.” I criteri strategici dell’Imperatore si manterranno come uno <strong>dei</strong>principali assiomi della Monarchia Cattolica per buona parte del XVII secolo. Nel 1685,l’ambasciatore spagnolo in Genova, Juan Carlos Bazán, ricordava ancora l’apprezzazione <strong>di</strong>Carlo V sulle squadre <strong>di</strong> galere <strong>di</strong> Genova con questi termini: “Y sobre este presupuesto puedorecelar volver a entrar en otra <strong>di</strong>ficultad para el apresto de esta primavera como Vuestra Majestad lotiene mandado y es tan conveniente y necesario y siendo tan de su Real Servicio la conservación de estaescuadra sobre cuya grande importancia traigo a la Real memoria de Vuestra Majestad la singularrecomendación que hizo de ella el Señor Emperador Carlos V en las instrucción que desde Augustaenvió al Señor Rey Felipe II su hijo ambos gloriosos progenitores de Vuestra Majestad” AGS, Estado,leg. 3621, Lettera <strong>di</strong> Bazán sulle galere <strong>di</strong> Genova, Genova, 1-3-1685.23 ASG, Archivio Segreto, leg. 2447, Memoriale <strong>di</strong> Filippo Spinola al viceré <strong>di</strong>Napoli, conte <strong>di</strong> Oñate, senza data ma incluso in una serie <strong>di</strong> lettere spe<strong>di</strong>te da Genovaal suo ambasciatore in Madrid, Pallavicino, sul maltrattamento che i genovesi stavanosoffrendo in Napoli, Genova, 18-1-1649.36


3. L’accordo con la Monarchia spagnola e la trasformazione dell’élitegenoveseLa convergenza d’interessi fra la Monarchia e la repubblica <strong>di</strong> San Giorgiosi sosteneva, come giá ricordato, sull’assoluto rispetto per l’autonomia genoveseda parte della Corona, sempre e quando alla guida della repubblica vifosse stato il cosiddetto partito spagnolo, il cui potere continuamente rafforzatocon crescenti privilegi, onori e nuove possibiltá <strong>di</strong> affari. Da questi postulati,<strong>di</strong>scendeva la necessità <strong>di</strong> porre termine alle lotte tra fazioni – i bianchi ei neri, i popolari e i nobili, i guelfi e i ghibellini, gli Adorni e i Fregosi, etc.- che avevano attraversato la repubblica dal XIV secolo e che avevano facilitatol’ingenerza, e anche l’occupazione del suo territorio, da parte del re <strong>di</strong> Franciae del duca <strong>di</strong> Milano, durante lunghi perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> tempo.Pacini ha sottolineato la concomitanza fra l’entrata <strong>di</strong> Genova nell’orbitaispano-imperiale, nel settembre del 1528, e l’approvazione, poco dopo, <strong>di</strong> unaprofonda riforma istituzionale destinata a unificare la classe <strong>di</strong>rigente attraversol’iscrizione in un “libro delle descrizioni” <strong>dei</strong> nomi <strong>di</strong> quelle famigliealle quali erano riservati i carichi pubblici 24 . Il potere sarebbe rimasto, a partired’allora, nelle mani <strong>di</strong> quei membri che formassero parte solamente <strong>di</strong> 28alberghi 25 , classico proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> aggregazione verticale <strong>di</strong> tipo nobiliarioche serviva per unire famiglie e gruppi con interessi comuni. In questo modo,ci si attendeva porre freno ai conflitti <strong>di</strong> fazione, con un processo simile aquello che, come ha <strong>di</strong>mostrato Gerard Delille, si stava producendo in granparte del Me<strong>di</strong>terráneo occidentale nello stesso periodo 26 . Una tendenza allapacificazione che andava in parallelo con una marcata oligarchizzazione, auspicatadalla Monarchia Ispanica, che serví per rinforzare la posizione <strong>di</strong> queigruppi piú affini alla causa spagnola, nei quali, non a caso, si contavano lefamiglie piú agiate e con maggiori interessi nei domini del re Cattolico 27 .24 Per un completo panorama sulla storiografia relativa alla <strong>di</strong>fferente natura delle<strong>di</strong>visioni interne che caratterizzarono la repubblica <strong>di</strong> Genova dalla <strong>di</strong>stribuzione <strong>dei</strong>carichi fra nobili e popolari nel 1290 fino alla riforma del 1528 consultare Pacini, op.cit.(nota 11, 1990), pp. 15-48. Dello stesso autore, Pacini, Arturo, “La tirannia delle fazionie la repubblica <strong>dei</strong> ceti. Vita politica e istituzioni a Genova tra Quattro e Cinquecento”,Annali dell’Istituto storico italo-germanico in Trento, 17 (1992), pp. 57-119.25 Le migliori considerazioni sul fenomeno degli alberghi le dobbiamo a EdoardoGren<strong>di</strong>. Fra i suoi multipli contributi al rispetto si veda, Gren<strong>di</strong>, Edoardo, “Profilostorico degli alberghi genovesi”, Mélanges de l’École Française de Rome, 87 (1975), pp. 241-302, cosí come la raccolta <strong>di</strong> articoli Gren<strong>di</strong>, Edoardo, La repubblica aristocratica <strong>dei</strong>genovesi. Politica, carità e commercio fra Cinque e Seicento, Bologna, 1987.26 Delille, Gérard, Le maire et le prieur: pouvoir central et pouvoir local en Mé<strong>di</strong>térrannéeoccidentale (XV-XVIII siècles), Roma, 2003.27 Processo parallelo a quello che, come abbiamo avuto giá occasione <strong>di</strong> segnalare, si37


Senza dubbio, tanto la riforma política come l’allineamento al lato degliAbsburgo erano lontani dal comportare <strong>di</strong> per sé la fine <strong>dei</strong> conflitti interni.In consonanza con la instabilitá che, secondo l’opinione <strong>dei</strong> contemporanei,costituiva una caratteristica propria <strong>dei</strong> regimi aristocratici, la repubblica fuscossa da nuovi scontri. E come temevano i ministri del re Cattolico, la <strong>di</strong>visionefra i nobili nuovi e i nobili vecchi aprí un nuovo varco per un possibileintervento straniero. Il fallimento della congiura <strong>di</strong> Gian Luigi Fieschi nel1547 e i tumultuosi avvenimenti del 1575 furono seguiti da vicino dallaMonarchia Ispanica che, senza bisogno <strong>di</strong> ricorrere alle armi, riuscí a me<strong>di</strong>areattivamente per ristabilire l’unitá del patriziato genovese 28 . L’approvazionedelle Leggi <strong>di</strong> Casale nel 1576, che con pochi ritocchi durarono fino alla finedel XVIII secolo, fu con<strong>di</strong>zionata, in parte, dagli effetti negativi della bancarottacastigliana del 1575 29 . In una curiosa manovra, la Monarchia spagnola,lungi dal decantarsi a favore <strong>dei</strong> nobili vecchi, fra i quali si incontravano i suoiprincipali finanziatori e i gran<strong>di</strong> appaltatori <strong>di</strong> flotte, optó per forzarli a negoziarecon i nuovi che, a loro volta, avevano conseguito forti legami mercantilicon Anversa, Siviglia, Napoli e la Sicilia 30 . L’accordo generale del 1577 miseprodurrá nelle Province Unite con posterioritá alla pace <strong>di</strong> Westfalia come conseguenzadelle trasformazioni interne derivate dai nuovi legami nati fra Madrid e l’Aia. Herrero,op.cit. (nota 5, 2000), pp. 287-303.28 Al riguardo consultare il rigoroso lavoro <strong>di</strong> Savelli, Rodolfo, La Repubblica oligarchica.Legislazione, istituzioni e ceti a Genova nel ‘500, Milano, 1981, cosí come le pagineche gli de<strong>di</strong>ca Costantini. Costantini, Clau<strong>di</strong>o, La Repubblica <strong>di</strong> Genova nell’etàmoderna, Torino, 1978. Un recente stu<strong>di</strong>o sulle <strong>di</strong>scussioni intavolate nel seno del Consiglio<strong>di</strong> Stato sul modo d’intervenire negli assunti <strong>di</strong> Genova, nel quale si sfumano le considerazionirealizzate al riguardo da Manuel Rivero Rodríguez é quello <strong>di</strong> Pacini, Arturo,“El ‘padre’ y la ‘república perfecta’: Génova y la Monarquía española en 1575” in BravoLozano, Jesús (ed.), Espacios de poder. Vol. II: Cortes, Ciudades y Villas (s. XVI-XVIII),Madrid, 2002, pp. 119-132 e Pacini, Arturo, “Grandes estrategias y pequeñas intrigas.Génova y la Monarquía Católica de Carlos V a Felipe II”, Hispania, LXV, 219, (2005),pp. 21-44.29 Riguardo a questa questione si veda, Doria, Giorgio, “Un quadriennio critico:1575-1578. Contrasti e nuovi orientamenti nella società genovese nel quadro della crisifinanziaria spagnola”, in Fatti e idee <strong>di</strong> storia economica nei secoli XII-XX. Stu<strong>di</strong> de<strong>di</strong>cati aFranco Borlan<strong>di</strong>, Bologna, 1977, pp. 377-394. Una visione sulla sospensione <strong>di</strong> pagamentiinserita all’interno <strong>dei</strong> conflitti fazionali della corte <strong>di</strong> Filippo II é quella <strong>di</strong> CarlosMorales, Carlos Javier de, El Consejo de Hacienda de Castilla, 1523-1602. Patronazgoy clientelismo en el gobierno de las finanzas reales durante el siglo XVI, Ávila, 1996.30 In un memoriale elaborato nel 1575, in pieno conflitto civile con i nobili vecchiespulsi dal governo, i loro rivali, i nobili nuovi, spiegavano in questi termini i forti interessiche avevano concentrato nei mercati della Monarchia, il che valeva da solo a smentirele insinuazioni <strong>di</strong> chi li accusava <strong>di</strong> favorire gli interessi <strong>di</strong> Francia: “quelli citta<strong>di</strong>ninobili li quali oggidì governano [si riferesce ai nuovi], sono tanto interessati nelli regni e stati <strong>di</strong>38


fine ai progetti destinati a soppiantare agli uomini d’affari della repubblicacon i capitalisti autoctoni e, in maniera paradossale, serví per ampliare ilnumero <strong>di</strong> banchieri genovesi interessati a mettere a <strong>di</strong>sposizione del monarcaCattolico le loro immense risorse. I legami fra la repubblica e la monarchia sirinforzavano mentre si stringevano le relazioni fra le principali famiglie dellanobiltá vecchia, come i Doria, gli Spinola, i Grimal<strong>di</strong>, i Pinelli o i Lomelini,o quelle che appartenevano alla nuova nobiltá, come i Balbi, gli Invrea, i Giustiniani,i Durazzo o i Sauli.Durante il XVII secolo, la bancarotta finanziaria della Monarchia spagnolae la sua progressiva debolezza militare misero in crisi la rete del potere ispano-genovesee auspicarono l’apparizione del denominato partito repubblichistache puntava sulla neutralitá o almeno sulla ricerca <strong>di</strong> alleati alternativi, capaci<strong>di</strong> emancipare la repubblica dalla tutela spagnola 31 . La messa in pratica <strong>di</strong>un poderoso programma <strong>di</strong> costruzione navale e gli sforzi per recuperare ilpotere mercantile della repubblica attraverso la creazione <strong>di</strong> un porto franco,la promozione <strong>di</strong> una politica d’espansione coloniale in Asia e nel Levanteottomano e l’istituzione <strong>di</strong> convogli navali destinati a solcare le acque me<strong>di</strong>terranee,ebbero risultati piú che scoraggianti 32 . I rivali mercantili anglo-olan-V.M., quanto quelli li quali hanno abbandonato la soa patria [si riferisce ai vecchi]. Il che oltrele altre cose, chiaramente si vede, poichè il tratto delle lane in Ispagna si fa da loro e quello dellesete nel Regno <strong>di</strong> Napoli e quello <strong>dei</strong> frumenti in Sicilia dove ogni anno espongono milioni d’oro,oltre li negotii de Milano, Anversa et altri luoghi nelli regni <strong>di</strong> V.M., a tale che quantunque nonfaccino questi gran partiti in Corte e cosí gran guadagni, bonificano peró li dritti delle lane e ledugane delle sete e la tratte <strong>dei</strong> frumenti, et hanno <strong>di</strong> continuo le loro sostanze ne’ Stati <strong>di</strong> V. M. Enon è alcuno del governo della Repubblica oggidì che non vi abbia o figlio o fratello o parente benstretto, laonde e per non perdere il negocio e traffico, e per non perdere le sostanze e parenti, ben puòogniuno conoscere che non sola così convenghi, ma che bisogna.” Extraído del “Memoriale allaMaestà del Re Filippo <strong>di</strong> Spagna”, 25-X-1575 in Ciasca, Raffaele, Istruzioni e relazionidegli Ambasciatori Genovesi. Spagna (1494-1617), Roma, 1951, vol. 1, pp. 201-202.31 In questo senso, la bancarotta del 1627, che colpí specialmente gli uomini d’affarigenovesi, e la sconfitta spagnola nella guerra <strong>di</strong> Mantova, evidenziarono i limiti dellacollaborazione ispano-ligure. I lavori <strong>di</strong> Bitossi sul repubblicanismo <strong>di</strong> Andrea Spinola e<strong>di</strong> Ansaldo Cebá, cosí come le sue interessanti pagine sui <strong>di</strong>battiti interni nel seno delpatriziato genovese, sono raccolte in Bitossi, op. cit. (nota 8), cap. VI a VIII. Dello stessoautore si veda anche “Il tempo degli oligarchi. Note sulla storia política genovese nellaprima età moderna” in Annali dell’Università <strong>di</strong> Ferrara, Sezione Lettere, nuova serie, nº4,(2003), pp. 121-160.32 Si veda Kirk, Thomas, Genoa and the Sea. Policy and Power in an Early ModernMaritime Republic, 1559-1684, Baltimore, 2005 e il suo articolo previo, “A Little Countryin a World of Empires: Genoese Attempts to Penetrate the Maritime Tra<strong>di</strong>ng Empiresin the Seventeenth Century”, The Journal of European Economic History, 25, n° 2 (1996),pp. 407-421. Sul convoio destinato a controllare il traffico d’argento fra Ca<strong>di</strong>ce eGenova e che fu operativa fra il 1655 ed il 1680 si veda, Calcagno, Gian Carlo, “La39


desi, protetti dai gran<strong>di</strong> privilegi che erano riusciti a strappare a Madrid dal1648, non esitarono a ostacolare, perfino con l’uso della forza, l’applicazionedel programma 33 . Inoltre, gli interessi che legavano i principali membri dellaclasse <strong>di</strong>rigente genovese alla Monarchia spagnola erano troppo forti perché,anche a causa della crescente aggressivitá mostrata dalla Francia <strong>di</strong> Luigi XIV,si potesse affermare una fazione contraria al partito spagnolo. Un fenomenoche fu ben percepito ancora nel 1690 da parte del delegato francese in Genovache, nella sua proposta per conquistare il territorio della repubblica, segnalavacon preoccupazione che una delle maggiori barriere per portar alla praticadetto progetto consisteva nel fatto che:“...el partito de España siempre ha prevalecido en ella. Los principales y más ricosde la nobleza han estado siempre unidos y encadenados a los intereses de esta monarquíaa causa de los feudos y tierras considerables que poseen en los estados de su MajestadCatólica o ganados por las grandes utilidades que hacían en el comercio con los españoleso, finalmente, por su temor viéndose cada día a las puertas las fuerzas del estado deMilán.” 344. Il meccanismo d’inserimento <strong>dei</strong> genovesi nel sistema imperiale spagnoloLa consolidazione del partito spagnolo nella repubblica corrispondeva all’imponentera<strong>di</strong>camento che la comunitá genovese era riuscita a raggiungere nelleprincipali cittá e piazze commerciali della Monarchia cattolica, dove godeva <strong>di</strong>prerogative in molte occasioni ad<strong>di</strong>rittura superiori a quelle <strong>dei</strong> propri sud<strong>di</strong>ti delre 35 . Grazie a una estesa e ben coor<strong>di</strong>nata rete <strong>di</strong> soci e parenti, i genovesi vinconavigazioneconvogliata a Genova nella seconda metà del Seicento”, Miscellanea StoricaLigure. Nuova serie perio<strong>di</strong>ca, III, 1 (1971), pp. 267-391. Si veda anche, Bitossi, Carlo,“Navi e política nella Genova del Seicento” Atti dell’Accademia Ligure <strong>di</strong> Scienze e Lettere,Serie VI, Vol. V, (2000), pp. 261-283. Sul sistema <strong>di</strong> galee e fondamentale Lo Basso,Luca, Uomini <strong>di</strong> remo, Galee e galeotti del Me<strong>di</strong>terráneo in età moderna, Milano, 2003.33 Gli intenti genovesi <strong>di</strong> creare compagnie privilegiate per commerciare in Asiafurono smantellate dagli olandesi che arrivarono a catturare i due navigli inviati dallarepubblica per evitare ogni possibile erosione del monopolio che pretendevano esercitarein queste acque. Al riguardo si veda, Subrahmanyam, Sanjay, “On the significance ofGadflies: the Genoese East In<strong>di</strong>a Company of the 1640s”, Journal of European EconomicHistory, 17, 3 (1988), pp. 559-582.34 Biblioteca Nacional (BN), Mss. 11021, fols. 120-172, Riflessione fatta al re <strong>di</strong>Francia dal suo ambasciatore in Genova nel 1690 sulla situazione <strong>di</strong> quella repubblica ei mezzi che giu<strong>di</strong>cava convenienti per conquistarla.35 Nel caso <strong>di</strong> Siviglia, gli ampi privilegi concessi da Fernando III risalivano al 1251.Sulla natura e la consolidazione <strong>dei</strong> medesimi durante la bassa Etá Me<strong>di</strong>a, si veda Gon-40


larono fortemente alla Monarchia molti territori e d’altro canto, come ha sottolineatoGalasso, inserirono nei circuiti finanzieri e mercantili internazionali anchezone marginali 36 . Con l’obbiettivo <strong>di</strong> rinforzare questa posizione <strong>di</strong> privilegio e <strong>di</strong>limare la concorrenza delle altre comunitá degli uomini d’affari 37 , i genovesiricorsero alle classiche strategie <strong>di</strong> solidarietá e reciprocitá interna proprie delle<strong>di</strong>aspore mercantili. L’eccelente lavoro <strong>di</strong> Edoardo Gren<strong>di</strong> sui Balbi illustra inmaniera esauriente la varietá <strong>di</strong> mezzi utilizzati da questa agiata famiglia dellanobiltá nuova per riuscire a ra<strong>di</strong>carsi in luoghi cosí <strong>di</strong>stanti come Anversa,zález Jiménez, Manuel, “Genoveses en Sevilla (siglos XIII-XV)” in Presencia italiana enAndalucía, siglos XIV-XVII. Actas del I Coloquio Hispano-italiano, Siviglia, 1985, pp. 115-130. Per l’Italia spagnola si veda, Muto, Giovanni, “La presenza <strong>dei</strong> Genovesi neidomini spagnoli in Italia” in Dino Puncuh (ed.), Stu<strong>di</strong> in memoria <strong>di</strong> Giorgio Costamagna.Atti della Società Ligure <strong>di</strong> Storia Patria, Nuova Serie XLIII (CXVIII), fasc. I, Genova,2003, pp. 659-671.36 Al riferirsi al regno <strong>di</strong> Napoli, Galasso segnala: “I genovesi fecero precocemente sentire nelRegno il soffio del grande boom che agitò la vita commerciale europea del secolo XVI; dettero un contributodeterminante alle fortune <strong>di</strong> Napoli come metropoli commerciale del Mezzogiorno; promossero,attraverso i pagamenti e le partite <strong>di</strong> giro <strong>di</strong> banchi napoletani, una gran parte delle attività economichemeri<strong>di</strong>onale; sciamarono da Napoli nelle più remote parti del Mezzogiorno per comprare o amministrare,si napolitizzarono, durante residenze lunghissime.”, in Galasso, Giuseppe, Economia esocietà nella Calabria del Cinquecento, Napoli, 1992 (1ª ed, 1967), p. 228. Riguardo a questequestioni consultare anche Otte, Enrique, “Il ruolo <strong>dei</strong> Genovesi nella Spagna del XV edel XVI secolo” in Maddalena, Aldo de y Kellebenz, Hermann (ed.), La repubblicainternazionale del denaro tra XV e XVII secolo, Bologna, 1986, pp. 27-56.37 Nel luglio del 1654, in pieno conflitto ispano-genovese, a causa della giá riferitaquestione <strong>di</strong> Finale, e a fronte della decisione spagnola <strong>di</strong> sequestrare i loro beni nei territoriitaliani della corona, i genovesi minacciarono <strong>di</strong> pubblicare una norma con la quales’impe<strong>di</strong>sse\ alle galere d’obbe<strong>di</strong>re agli or<strong>di</strong>ni <strong>dei</strong> principi stranieri e - ció che era assaipeggio in piena congiuntura bellica con la Francia - si proclamasse l’esilio in Corsica <strong>di</strong>quanti realizzavano prestiti fuori dalla repubblica. Nonostante l’apertura <strong>di</strong> trattative, ilConsiglio <strong>di</strong> Stato segnalava che, in caso <strong>di</strong> mancato raggiungimento <strong>di</strong> un accordo, sisarebbe potuto procedere a sequestrare anche i beni <strong>dei</strong> genovesi in Castiglia, una soluzioneche avrebbe obbligato a cercare finanziatori alternativi; per questo si proponeva: “seprocurase esto suplir viendo si habrá flamencos, holandeses o ingleses con quien poder tratar lo cualsería muy conveniente no sólo en caso de no ajustarse genoveses con Vuestra Majestad sino en el de noromper pues cuantos más hombres de negocios hubiera menos tirana darán la ley ni los unos ni losotros asentistas.” AGS, Estado, leg. 3607, Consulta del Consiglio <strong>di</strong> Stato sulla negoziazionecon l’ambasciatore <strong>di</strong> Genova, Madrid, 12-11-1654. Il problema stava nel fatto che,come abbiamo giá avuto occasione <strong>di</strong> segnalare, a <strong>di</strong>fferenza <strong>dei</strong> genovesi, i nuovi finanziatorinon intendevano farsi coinvolgere negli affari <strong>di</strong> una Monarchia alla bancarotta, nési <strong>di</strong>mostravano interessati ad accedere al patronato della corona. Il loro unico obbiettivo,grazie alla protezione che ricevevano dai loro rispettivi stati, era quello <strong>di</strong> strappare sempremigliori concessioni sui mercati spagnoli, ció che avrebbe messo la Monarchia in unaposizione <strong>di</strong> mera <strong>di</strong>pendenza economica. Il sistema imperiale spagnolo sarebbe cosíentrato in una fase <strong>di</strong> <strong>di</strong>ssoluzione. Herrero, op. cit. (nota 5, 2000).41


Madrid, Milano o l’impero coniugando attivitá assai <strong>di</strong>verse, dal commercio dellaseta ai gran<strong>di</strong> prestiti alla corona o alla <strong>di</strong>stribuzione del mercurio <strong>di</strong> Idria, masenza rompere i legami con il suo luogo <strong>di</strong> origine 38 .Insieme alle classiche unioni endogamiche con altri membri della nobiltágenovese, specialmente con le principali famiglie <strong>dei</strong> nobili nuovi come gliInvrea, i Giustiniani o i Durazzo, ma senza <strong>di</strong>sprezzare per questo lo stabilimento<strong>di</strong> vincoli con i piú cospicui membri della nobiltá vecchia come gliSpinola, i Balbi operarono attraverso compagnie <strong>di</strong> fratria, che permettevanola partecipazione nei piú variati affari <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenti rami della famiglia residentitanto a Genova come altrove nella Monarchia spagnola 39 .L’attaccamento e il vincolo esistenti verso il proprio luogo d’origine si manifestavanoanche nei legati testamentari <strong>di</strong> alcuni <strong>dei</strong> principali uomini d’affarigenovesi. Ottavio Centurione, che nella sua con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> marchese del Monasteriosembrava aver optato per una piena integrazione nella societá <strong>di</strong> accoglienza,decise destinare le sue ren<strong>di</strong>te provenienti dalle alcabalas <strong>di</strong> Madrid perre<strong>di</strong>mere esclusivamente quei prigionieri o schiavi che fossero oriun<strong>di</strong> <strong>di</strong>Genova o del regno <strong>di</strong> Corsica, nominando come unico incaricato dell’esecuzione<strong>di</strong> detta opera pia il Serenissimo Senato della repubblica 40 .38 Gren<strong>di</strong>, Edoardo, I Balbi. Una famiglia genovese fra Spagna e Impero, Torino,1997. Álvarez Nogal sottolinea come gran parte dell’esito degli uomini d’affari genovesira<strong>di</strong>cava in questa strategia <strong>di</strong> <strong>di</strong>versificazione nel seno della propria famiglia. Il primogenitorimaneva a Genova da dove offriva l’appoggio finanziero al resto <strong>dei</strong> membri dellafamiglia, -incaricato <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi negozi in un’amplia rete <strong>di</strong> piazze europee, grazie all’accessoalle fiere <strong>di</strong> cambio italiane- il che gli permetteva affrontare maggiori rischi che aisuoi competitori. Álvarez Nogal, Carlos, Sevilla y la Monarquía Hispánica en el sigloXVII, Siviglia, 2000, pp. 129-128.39 Un meccanismo che facilitava una supervisione dell’attivitá financiaría e mercantiledella compagnia da parte <strong>di</strong> tutti i membri che la componevano. Gren<strong>di</strong> riprende iltesto integrale dell’atto <strong>di</strong> costituzione <strong>di</strong> una <strong>di</strong> queste compagnie, quella creata nel1623 fra Stefano, Antonio e Bartolomeo Balbi per i loro affari a Genova, nelle fiere <strong>di</strong>Besançon e in Spagna, e che, nel suo 4º capitolo, segnalava: “In fine d’ogn’anno o pochi mesidopo saranno obligati detti nominati a levar bilanci da libri che resteranno a cura loro, et si manderannoi bilanci <strong>di</strong> Genova in Madrid, e quelli <strong>di</strong> Madrid in Genova afinché resti ogn’uno beninformato <strong>di</strong> ciòi che passa, et occorren<strong>di</strong> replicar qualche cosa sopra i negozi fatti si possa fare.” InGren<strong>di</strong>, op. cit. (nota 38), p. 314. Si veda anche, per il caso degli Spinola, ÁlvarezNogal. Carlos; Lo Basso, Luca e Marsilio, Clau<strong>di</strong>o, “La rete financiaría della famigliaSpinola: Spagna, Genova e le fiere <strong>dei</strong> cambi (1610-1656)” Quaderni Storici, 124,XLII, nº1 (2006), pp. 1-14 e Álvarez Nogal, Carlos, “Las compañías bancarias genovesasen Madrid a principios del siglo XVII”, Hispania, LXV, 219, (2005), pp. 67-90.40 ASG, Archivio Segreto, Lettere <strong>dei</strong> Ministri <strong>di</strong> Spagna, leg. 2450, Capitoli dellascrittura del patronato della chiesa della Santissima Trinitá <strong>dei</strong> Trinitari scalzi <strong>di</strong> Alcaláche trattano la fondazione che fece il marchese del Monasterio dell’opera pia per la redenzionedegli schiavi, incluso in una lettera da Madrid, 29-10-1659.42


La nazione genovese, come il resto delle comunitá mercantili situate neiprincipali porti della Monarchia, ricorse pure a meccanismi <strong>di</strong> protezione corporativacome forma piú adeguata per salvaguardare i suoi interessi e mantenerela sua identitá collettiva attraverso della fondazione <strong>di</strong> confratèrnite,ospedali, cappelle o centri <strong>di</strong> devozione o sepolture riservati in maniera esclusivaai genovesi 41 .Un posto speciale in questa rete associativa era riservato ai consoli incaricatia vigilare il rispetto <strong>dei</strong> privilegi e <strong>di</strong> risolvere le <strong>di</strong>spute che potevanosorgere nel seno della comunitá. A parte nella Corte, dove la Corona nonaccettó mai la creazione <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> organismi, i genovesi riuscirono astabilire un’imponente rete <strong>di</strong> consolati nelle principali cittá e porti della41 In Siviglia, s’incontravano fortemente vincolati alla confraternita dell’Assunzione<strong>di</strong> Nostra Signora, conosciuta come confraternita <strong>dei</strong> cavallieri che fra le sue regole includevalo statuto <strong>di</strong> purezza <strong>di</strong> sangue. Fra i membri piú <strong>di</strong>staccati figuravano Juan Bautista,Francisco y Sebastián Pinelo, Nicolás de Spinola, Gaspar Centurión o Andrés Cataneo.Si veda Archivo de la Diputación Provincial de Sevilla, Amor de Dios, leg. 1. Ringrazioa María Hermoso Mellado-Damas, che sta realizzando un lavoro rivelatore sullariduzione degli ospedali nel 1587, per avermi facilitato questa informazione. Anche inSiviglia, il console della nazione sollicitó nel 1591 il permesso alla repubblica per fondareuna cappella nella chiesa <strong>dei</strong> carmelitani, per il quale chiedeva un quinto su tutte lemercanzie genovesi che entrassero o uscissero dalla cittá. I genovesi sarebbero stati ricevuticome confratelli della Vergine del Carmine e collocarono nell’altare maggiore delconvento <strong>dei</strong> carmelitani la statua <strong>di</strong> San Giorgio. Al riguardo si veda, Gil-BermejoGarcía, Juana, “Naturalizaciones de italianos en Andalucía” in Presencia italiana enAndalucía, siglos XIV-XVII. Actas del I Coloquio Hispano-italiano, Siviglia, 1985, pp. 185-186. Per il caso <strong>di</strong> Ca<strong>di</strong>ce e <strong>di</strong> Jerez consultare, Sancho de Sopranis, Hipólito, “Losgenoveses en la región ga<strong>di</strong>tano-xericense de 1460 a 1800”, Hispania, 8 (1948), pp. 376-377. In Cartagena i genovesi fondarono alla fine del XVI secolo la confraternita <strong>di</strong> SanGiorgio, Montojo Montojo, Vicente, “Crecimiento mercantil y desarrollo corporativo enEspaña: los consulados extraterritoriales de extranjeros (ss. XVI-XVII)”, Anuario de Historiadel Derecho Español, (1992), pp. 48-49. In Napoli, in piena espansione della comunitágenovese, questi abbandonarono la piccola chiesa <strong>di</strong> Santa Maria la Nova per costruire,nel 1587, quella <strong>di</strong> San Giorgio Martire, Musi, Aurelio, Mezzogiorno spagnolo. La vianapoletana allo stato moderno, Napoli, 1991, p. 164. Una recente contribuzione sulla figuradelle confratèrnite <strong>di</strong> mercanti come meccanismo d’integrazione sociale é quella <strong>di</strong>Crespo Solana, Ana, “Nación extranjera y cofradía de mercaderes: el rostro piadoso dela integración social” in Villar García, María Begoña e Pezzi Cristóbal, Pilar(ed.), I Coloquio Internacional. Los extranjeros en la España Moderna, Málaga, 2003, Vol. II,pp. 175-187. Dalla sua parte Manuel Rivero offre un’interessante valutazione intornoall’ospedale degli italiani in Madrid dove i genovesi <strong>di</strong>sponevano <strong>di</strong> un posto permanente,Rivero, Manuel, “La preeminencia del Consejo de Italia y el sentimiento de la naciónitaliana” in Álvarez-Ossorio Alvariño, Antonio e García García, Bernardo(ed.), La Monarquía de las Naciones. Patria, nación y naturaleza en la Monarquía de España,Madrid, 2004, pp. 505-528.43


Monarchia 42 . Cosí lo testimonia la ricca corrispondenza conservata nell’Archivio<strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Genova, che ci permette ricostruire gran parte dell’attivitá mercantile<strong>di</strong> dette colonie, i conflitti giuris<strong>di</strong>zionali nei quali si videro coinvolte, lefranchigie e le immunitá delle quali godevano, il loro grado <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>camento e lecontroversie relazionate con i loro incarichi e con gli espe<strong>di</strong>enti utilizzati perfinanziare le loro attivitá 43 . Il potere <strong>dei</strong> consoli variava in funzione del peso dellacomunitá genovese, <strong>dei</strong> privilegi che questa era riuscita a conseguire nel passatoe della capacitá <strong>dei</strong> membri della nazione per mantenere la loro autonomia, nonsolo rispetto alle autoritá locali, ma anche nei loro rapporti con il governo dellarepubblica.Curiosamente, in quei luoghi dove i genovesi si incontravano meno ra<strong>di</strong>catinel seno della societá locale, l’azione <strong>dei</strong> consoli risultó piú effettiva e meno causante<strong>di</strong> conflitti. Al contrario in cittá come Ca<strong>di</strong>ce, Napoli o Siviglia, dove illoro inserimento era pieno e dove arrivarono ad accappararsi gran parte dell’attivitámercantile e finanziaria, le <strong>di</strong>spute si convertirono in una costante 44 .42 Il fracasso del progetto del 1623 per creare un consolato che raggruppasse ai membri<strong>di</strong> tutte le nazioni che formavano parte della Monarchia é documentato da DomínguezOrtiz, Antonio, Los extranjeros en la vida española durante el siglo XVII y otros artículos,Siviglia, 1996 (1ª ed. 1960), p. 46. La presenza <strong>dei</strong> delegati <strong>di</strong>plomatici offrivaun’adeguato meccanismo <strong>di</strong> protezione ma <strong>di</strong>minuiva l’autonomia agli uomini d’affaririspetto ai suoi rispettivi governi d’origine. Il desiderio della Monarchia per regolare leattivitá degli innumerevoli consolati nei suoi porti spiega il desiderio <strong>di</strong> Filippo IV anominare un unico console per tutte le nazioni nelle principali cittá. Una misura destinatasoprattutto a controllare il contrabbando e a ricavare nuovi ricorsi fiscali dato che eraprevisto vendere il carico al miglior offerente. Al riguardo si veda, Montojo op. cit. (nota41), p. 57. Sul consolato genovese a Napoli si veda l’interessante lavoro <strong>di</strong> Brancaccio,Giovanni, “Nazione genovese”. Consoli e colonia nella Napoli moderna, Napoli, 2001.43 La corrispondenza consolare del Archivio <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Genova é a volte frammentariae si riferisce in particolare alla seconda metá del XVII secolo. Ma comunque é <strong>di</strong> una ricchezzain<strong>di</strong>scutibile e, confrontata con altre fonti alternative come quelle notariali o i ricchi<strong>processi</strong> per cause <strong>di</strong> contrabbando archiviati in Simancas, ci puó aiutare a ricostruirele reti mercantili istituite dalla comunitá genovese nei porti della Monarchia. Sulle possibilitá<strong>di</strong> quest’ultimo tipo <strong>di</strong> fonti si veda, Herrero Sánchez, Manuel, “La política deembargos y el contrabando de productos de lujo en Madrid (1635-1673). Sociedad cortesanay dependencia de los mercados internacionales”, Hispania, 201, LIX/1 (1999), pp.171-191.44 Galasso riprende le parole del console genovese <strong>di</strong> Napoli, Paolo Grillo, dove siosserva come l’integrazione <strong>dei</strong> genovesi in tutti gli ambiti della vita locale rendeva ognivolta piú innecessario questo tipo <strong>di</strong> strumenti <strong>di</strong> organizzazione privilegiata e corporativaper una nazione: “che hoggi<strong>di</strong> è in Napoli la più <strong>di</strong>sunita et men zelante del honore et reputacionedelle cose pubbliche.” Preso da Galasso, op. cit. (nota 36), p. 228. Conflitti nel senodelle comunitá nazionali che non erano un’esclusiva <strong>dei</strong> genovesi come osservava il segretariodel Granduca <strong>di</strong> Toscana al parlare delle rivalitá fra i mercanti fiorentini residenti in44


Collado Villalta ci offre una eccezionale testimonianza sui conflitti chescossero la poderosa comunitá genovese in Siviglia a causa della elezione consolarenel 1623 45 . La grande contesa fra quelle famiglie che facevano partedella Giunta <strong>dei</strong> Nobili e che, in consonanza con la costituzione aristocraticadella repubblica, si consideravano in <strong>di</strong>ritto a monopolizzare questo posto, e imeno agiati settori mercantili, per i quali la carica <strong>di</strong> console era un passonecessario per passare a più alti riconoscimenti, terminó a favore <strong>dei</strong> primigrazie alla pressione esercitata dall’ambasciatore genovese a Madrid, presso ilConsiglio <strong>di</strong> Stato. La controversia metteva in rilievo il predominio raggiuntoin Siviglia da quelle famiglie dell’aristocrazia finanziaria genovese con importanticonnessioni, tanto con la Corte come con la sua cittá <strong>di</strong> origine, e il cuipeso negli organi del governo sivigliano e fra la nobiltá autoctona si era consolidatodurante il XVI sec. grazie ad una abile politica matrimoniale e al controllodelle finanze municipali 46 .Un’altra abituale via d’inserimento nelle societá locali era il ricorso allanaturalizzazione. I lavori <strong>di</strong> Dominguez Ortiz mettono in risalto che, nonostanterestassero assai in<strong>di</strong>etro rispetto alle nazioni portoghese e fiamminga, iCa<strong>di</strong>ce: “non si confonda su questi rivalità ed invi<strong>di</strong>e che passano tra quelli della nostra nazioneperché è cosa naturale alla quale non c’è rime<strong>di</strong>o e si rende comune anche alle altre nazioni...lo stessofanno i genovesi fra <strong>di</strong> loro, e gli inglesi che sono a Livorno vorrebbero poter esterminarsi l’unoall’altro.” Archivio <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Firenze (ASF), Me<strong>di</strong>ceo del Principato, filza 4261, Lettera<strong>di</strong> Bassetti a Ferroni, Firenze, 25-VIII-1672.45 Collado Villalta, Pedro, “La nación genovesa en la Sevilla de la Carrera deIn<strong>di</strong>as: declive mercantil y pér<strong>di</strong>da de la autonomía consular” in Presencia italiana enAndalucía, siglos XIV-XVII. Actas del I Coloquio Hispano-italiano, Siviglia, 1985, pp. 53-114. L’autore raccoglie in un annesso l’informe elaborato dall’U<strong>di</strong>enza <strong>di</strong> Siviglia sullacausa riguardante la nomina del console, cosí come il memoriale presentato dall’ambasciatoredella repubblica nel 1632 e l’opinione contraria della comunitá <strong>di</strong> mercantigenovesi in Siviglia.46 Come ha evidenziato Vila Vilar, i gran<strong>di</strong> appaltatori della Corona contavano conuna serie <strong>di</strong> corrispondenti in Siviglia che s’incaricavano <strong>di</strong> informarli sulla situazione delmercato dell’argento e d’amministrargli una serie <strong>di</strong> ren<strong>di</strong>te assai lucrative. A questamaniera, Tomás de Mañara sarebbe il corrispondente dell’influente Factor General, BartolomeoSpinola, <strong>di</strong> Octavio Centurión o <strong>di</strong> Carlos Strata per quelli che riscuotevano le sueren<strong>di</strong>te in Siviglia, Ca<strong>di</strong>ce, Malaga e Jerez e effettuava operazioni <strong>di</strong> cambio da vellone adargento nella Casa della Moneda, si veda Vila Vilar, Enriqueta, Los Corzo y los Mañara.Tipos y arquetipos del mercader con América, Siviglia, 1991, pp. 128-129. Il peso <strong>di</strong> Siviglianel sistema finanziero genovese cadde in maniera considerevole lungo il XVII secolo,in particolare dal momento in che la Tesoreria Generale <strong>di</strong> Madrid finí per assumerele funzioni della Casa de Contratación con l’obbiettivo <strong>di</strong> attendere con maggior efficaciaai banchieri della Corte, Álvarez Nogal, Carlos, El cré<strong>di</strong>to de la Monarquía Hispánicaen el reinado de Felipe IV, Ávila, 1997, p. 86.45


genovesi ricorsero in varie occasioni a questo meccanismo <strong>di</strong> assimilazione perpoter accedere senza barriere al commercio con l’America 47 . Le forti protesteespresse nella Corte o per altre istanze locali, come il Consolato <strong>di</strong> Siviglia,obbligarono a rendere piú severi i requisiti per ottenere un certificato <strong>di</strong> naturalizzazione.In questo modo si spiega il decreto reale del 1608 che stabilivapotesse accedere a questo privilegio reale solo chi avesse risieduto 20 anni nelregno, 10 <strong>dei</strong> quali sposato con un residente, e che fosse in possesso <strong>dei</strong> sufficientibeni stabili 48 . Tali con<strong>di</strong>zioni cosí rigorose e il desiderio delle gran<strong>di</strong>famiglie genovesi <strong>di</strong> imparentarsi con la élite locale per meglio ra<strong>di</strong>carsi nellavita economica e sociale del luogo, spiegano il gran numero <strong>di</strong> matrimonimisti, che comunque furono compatibili con la conservazione <strong>dei</strong> tra<strong>di</strong>zionalimatrimoni endogamici da parte <strong>di</strong> altri rami della famiglia 49 .47 Secondo i dati ottenuti da Domínguez Ortiz, lungo il XVII secolo i genovesiottennero 42 naturalizzazioni e furono ampliamente superati dai fiamminghi, con 98 permessi,e dai portoghesi con 91. Domínguez Ortiz, Antonio, “La concesión de naturalezaspara comerciar con In<strong>di</strong>as durante el siglo XVII”, Revista de In<strong>di</strong>as, 76 (1959), pp. 227-259. Al riguardo é necessario sottolineare che le buone relazioni fra la repubblica liguree la Monarchia Ispanica rendevano meno necessario il dover contare con un permesso <strong>di</strong>naturalizzazioni al momento <strong>di</strong> evitare l’embargo commerciale che colpì duramente i portoghesi,i francesi, gli inglesi e anche i fiamminghi, che solitamente si confondevano congli olandesi. Da parte sua, Sanz Ayán appunta che nell’epoca <strong>dei</strong> Re Cattolici, i permessi<strong>di</strong> naturalizzazione erano necessari per partecipare nell’incasso delle ren<strong>di</strong>te reali e neinegozi bancari in consonanza con quello che pretendeva la Cedula Reale del 1499 secondola quale i banchi pubblici solamente potevano essere <strong>di</strong>retti da residenti. In piú cioffre un’interessante lista <strong>di</strong> dove predominano ancora i genovesi, Sanz, op.cit. (nota 10),pp. 473 y 477.48 Gil-Bermejo realizza alcune sfumature sulle cifre date da Domínguez Ortiz e offrealcuni esempi sui problemi sperimentati dai genovesi per ottenere la naturalizzazione. Le<strong>di</strong>sposizioni volte a rendere più restrittivi i requisiti crebbero fino a culminare nellaCedula Reale del 1645, che arrivó ad annullare un buon numero <strong>di</strong> permessi <strong>di</strong> naturalizzazione.Gil Bermejo, op. cit. (nota 41), pp. 178-179.49 Musi ci offre l’esempio della famiglia De Mari installata in Napoli all’inizio delXVI secolo e che finirá con ra<strong>di</strong>carsi nella societá del sud d’Italia nella metá del XVIIsecolo con Giovan Battista De Mari, marchese <strong>di</strong> Assigliano. Un clan familiare con attivitámolto <strong>di</strong>versificate, con relazioni con la madre patria che gli permetteva operare nellefiere <strong>di</strong> cambio, con una politica matrimoniale mista e con una crescente tendenza a controllarei carichi pubblici, specialmente quelli relativi agli assunti finanzieri. In Musi, op.cit. (nota 41), pp. 153-156. Nel suo classico stu<strong>di</strong>o sulla presenza genovese in Siviglia,Ruth Pike stabilisce un’importante <strong>di</strong>fferenza – che sarebbe interessante contrastare- fraquei genovesi residenti e vicini della cittá che, come i Pinelo o i Negrone, si ispanizzanoe si assimilano attraverso matrimoni con la nobiltá locale, e quei genovesi “<strong>di</strong> passaggio”,de<strong>di</strong>ti soprattutto al commercio, che mantengono relazioni endogamiche e vivono al marginedella societá sivigliana, Pike, Ruth, Enterprise and Adventure: the Genoese in Sevilleand the Opening of the New World, Cornell, 1966, pp. 1-5. Senza dubbio le succulenti doti46


Tale modello <strong>di</strong> strategia matrimoniale poteva funzionare solo e quando igenovesi fossero ben accetti presso i gruppi <strong>di</strong>rigenti <strong>dei</strong> territori dove operavano.Fu cosí che gli uomini d’affari della repubblica godettero <strong>di</strong> un vantaggiorispetto alle altre comunitá mercantili, che permise loro <strong>di</strong> prosperare e cresceresenza problemi all’interno del sistema del potere spagnolo. Al controllo sui flussiinternazionali <strong>di</strong> capitali e alla loro estesa rete <strong>di</strong> contatti, i genovesi potevanoaggiungere, rispetto ai loro rivali portoghesi, inglesi e olandesi, il fatto <strong>di</strong>possedere un lustro aristocratico, che si era consolidato grazie al processo <strong>di</strong> oligarchizzazioneportato a termine dal governo della repubblica <strong>dei</strong> Magnificidurante il XVI sec. Un ascendente che permise ai genovesi <strong>di</strong> ottenere una serie<strong>di</strong> incarichi riservati al ceto patrizio e che facilitó la loro promozione sociale,situandoli in una ottima posizione per accedere ai principali meccanismi delpatronato regio 50 .L’indebitamento della Monarchia e le sue successive bancherotte portaronoad una profonda trasformazione degli investimenti e dello status sociale <strong>di</strong>questi uomini d’affari genovesi che, a cambio <strong>dei</strong> prestiti, si videro ricompensarecon ogni tipo <strong>di</strong> prebenda e finirono con accaparrarsi le ren<strong>di</strong>te piú lucrativedella Corona e <strong>dei</strong> governi locali 51 . I genovesi riuscirono a incrementare illoro patrimonio me<strong>di</strong>ante la fondazione <strong>di</strong> maggiorascati, l’investimento massiccioin beni immobili, il controllo sui maggiori prestiti alla Corona o graziealla facilitá nell’acquistare l’abito <strong>dei</strong> principali Or<strong>di</strong>ni Militari o determinatititoli nobiliari. Le loro capacità come amministratori, i loro vincoli con leche i genovesi erano capaci <strong>di</strong> offrire facilitavano i matrimoni con le migliori famiglie.Vila Vilar, nel suo dettagliato stu<strong>di</strong>o sulle reti familiari <strong>dei</strong> Corzo e <strong>dei</strong> Mañara in Siviglia,ci parla della favolosa dote, niente meno che 250.000 ducati, che Juan AntonioCorzo offrí per sposare sua figlia che si sarebbe convertita in duchessa <strong>di</strong> Veragua e contessa<strong>di</strong> Gelves, Vila , op. cit. (nota 46), p. 173.50 Dubost ha osservato che, almeno fino alla chiusura sociale imposta dalla nobiltáfrancese nella tappa finale del regno <strong>di</strong> Luigi XIV, i “gentilshommes” italiani erano facilitatirispetto agli altri stranieri nel contrarre matrimoni con l’aristocrazia locale. Inoltreci offre dati sul grado <strong>di</strong> endogamia <strong>dei</strong> matrimoni italiani in Francia che fra il 1520 e<strong>di</strong>l 1690 era intorno al 30% del totale. Si veda, Dubost, Jean-François, La France italienne,XVI e -XVII e siècle, Parigi, 1997, pp. 343 y 354.51 Abbiamo giá avuto occasione <strong>di</strong> riferirci alla sua attivitá come prestatori <strong>di</strong> capitalinella Corte. Un primato che vantarono anche nei regni periferici della Monarchia,come testimonia il lavoro <strong>di</strong> Calabria sul controllo delle finanze napolitane da parte <strong>dei</strong>genovesi, Calabria, Anthony, “Finanzieri genovesi nel Regno <strong>di</strong> Napoli nel Cinquecento”,Rivista Storica Italiana, 101, (1989), pp. 578-613, e nei governi municipali come spiccadai dati offerti da Vila Vilar sulla massiva partecipazione nelle finanze della cittá <strong>di</strong> Sivigliain, Vila Vilar, Enriqueta, “Participación de capitales italianos en las rentas deSevilla en el siglo XVI” in Presenza italiana nell’Andalusia del basso me<strong>di</strong>oevo, Bologna,1990, pp. 85-102 cosí come Vila, op. cit., (nota 46), pp. 145-150.47


migliori famiglie e la loro amplia rete <strong>di</strong> influenze spianarono la strada, nonostantele proteste, al loro ingresso nei governi delle cittá piú prospere dellaMonarchia, attaverso l’acquisto sistematico degli uffici municipali e <strong>di</strong> ognitipo <strong>di</strong> carichi pubblici 52 .I genovesi non solo entrarono negli organismi municipali, ma finironocon raggiungere posti <strong>di</strong> grande rilievo nella Corte, me<strong>di</strong>ante un’attiva partecipazionenei principali Consigli e Giunte <strong>di</strong> governo. La necessitá della Corona<strong>di</strong> circondarsi <strong>di</strong> persone con la sufficiente competenza per amministrare ipropri affari e controllare il complesso apparato finanziario della Monarchia,spiega durante tutto il XVII secolo la massiccia presenza <strong>di</strong> genovesi nel Consejode Hacienda, massimo organo <strong>di</strong> amministrazione delle finanze della Monarchia,o le loro reiterate nomine come Factores Generales, incaricati della gestionedel debito pubblico, come testimoniano i casi <strong>di</strong> Bartolomeo Spinola,Gian Luca Pallavicino o Andrea Pichenotti, che esercitarono con efficenza dettafunzione durante un lungo periodo <strong>di</strong> tempo 53 .52 Per il caso <strong>di</strong> Siviglia si vedano i lavori giá ricordati <strong>di</strong> Vila Vilar e <strong>di</strong> Pike. Perquanto riguarda Ca<strong>di</strong>ce rimane valido il libro <strong>di</strong> Sancho de Sopranis, Hipólito, Los genovesesen Cá<strong>di</strong>z antes de 1600, Larache, 1939 cosí come le interessanti memorie <strong>di</strong> RaymundoLantéry che mettono in risalto il potere raggiunto dai genovesi. Al rispetto si veda lo stu<strong>di</strong>o<strong>di</strong> Bustos Rodríguez, Manuel, Un comerciante saboyano en el Cá<strong>di</strong>z de Carlos II, Ca<strong>di</strong>ce,1983. Da parte sua Montojo ci parla <strong>dei</strong> conflitti faziosi nel seno dell’oligarchia <strong>di</strong> Cartagenaalla fine del XVI secolo fra quelli che pretendevano privare ai genovesi <strong>dei</strong> carichicomunali che occupavano e i parenti e amici –sia allevatori che commercianti e gran<strong>di</strong> proprietariterrieri - che vennero in suo aiuto, in Montojo Montojo, Vicente, “Matrimonioy patrimonio en la oligarquía de Cartagena (ss. XVI-XVII)” in Chacón Jiménez,Francisco, Hernández Franco, Juan e Peñafiel Ramón, Antonio (ed.), Familia,grupos sociales y mujer en España (siglos XVI-XVII), Murcia, 1990, pp. 49-93. Sulle protestesollevate dalla Corte per l’entrata degli uomini d’affari nei consigli delle cittá castigliane siveda, Fortea Pérez, José Ignacio, Monarquía y Cortes en la Corona de Castilla: las ciudadesante la política fiscal de Felipe II, Salamanca, 1990. Una prova elocuente sul rifiuto cheprovocava l’ascesa sociale <strong>dei</strong> genovesi la incontriamo nei memoriali <strong>di</strong> Martínez de la Matache, a metá della decade del 1650, segnalava: “Con lo que han robado a la Real Hacienda losgenoveses, han comprado oficios, preeminencias, hábitos y honores, y vasallos en estos Reinos contra lavoluntad de los mismos pueblos [...] Los oficios y honores que han comprado genoveses en estos reinos ydemás estados con la hacienda adquirida con usuras y los mejores y más interesados casamientos, pertenecena los naturales, contraviniendo a las leyes y con<strong>di</strong>ción de millones que especialmente lo niegan yderogan las cartas de naturaleza que han dado a genoveses. Demás de que en su república no dejanque ningún extranjero gane con su trabajo la comida, en ningún trato o modo de vivir que puedatener.” Martínez de la Mata, Francisco, Memoriales y Discursos. E<strong>di</strong>ción crítica a cargo deGonzalo Anes, Madrid, 1971, pp. 267-268.53 Al riguardo si veda, Álvarez Nogal, op. cit. (nota 46); Sanz Ayán, Carmen, Losbanqueros de Carlos II, Valladolid, 1988 e Ruiz Martín, Felipe, Las finanzas de la MonarquíaHispánica en tiempos de Felipe IV (1621-1665), Madrid, 1990, pp. 57-58. Intorno a48


A cambio <strong>di</strong> tali servizi o come forma <strong>di</strong> ricompensa per l’attività svoltanei momenti <strong>di</strong> massima <strong>di</strong>fficoltà finanziaria, la Corona gratificó i suoi banchiericon titoli nobiliari e altri tipi <strong>di</strong> riconoscimenti: Bartolomé Spinolavenne nominato conte <strong>di</strong> Pezuela de las Torres; Giovanni Stefano Invrea, conte<strong>di</strong> Yebes; Ottavio Centurione, marchese del Monesterio e membro del Consejode Hacienda e del Consejo de Guerra, cavalliere <strong>di</strong> Calatrava e cameriere dellaregina; Gio Francesco Balbi, conte Villalvilla; Tobia Pallavacino, cavaliere <strong>di</strong>Santiago e familiare dell’Inquisizione, mentre suo fratello, Francesco, riusciì a<strong>di</strong>ventare membro del Consiglio della Suprema Inquisizione 54 .Allo stesso modo, le principali famiglie dell’aristocrazia genovese ebberoun’attiva partecipazione nei quadri militari della Monarchia. Insieme al loroin<strong>di</strong>scutibile protagonismo come capitani generali delle <strong>di</strong>fferenti squadre <strong>di</strong>galere che operavano nel Me<strong>di</strong>terraneo, alcuni riuscirono a conseguire carichi<strong>di</strong> prim’or<strong>di</strong>ne nella rete <strong>dei</strong> coman<strong>di</strong> degli eserciti reali che operavano neiPaesi Bassi, in Catalogna o nel nord d’Italia. Al rispetto basta pensare nel ruolodeterminante giocato da Ambrogio Spinola durante la fase piú virulentadella guerra delle Fiandre e nella meno felice partecipazione nell’asse<strong>di</strong>o <strong>di</strong>Casale, che gli costó la vita, alcuni anni dopo essere stato ricompensato, a partealtri riconoscimenti, con il titolo <strong>di</strong> marchese <strong>dei</strong> Balbases 55 .questo assunto, <strong>di</strong>amo <strong>di</strong> nuova la parola a Martínez de la Mata che, riferendosi alle <strong>di</strong>sastroseconseguenze del Me<strong>di</strong>o Generale del 1577 per i progetti <strong>di</strong> nazionalizzazione dellefinanze castigliane legati alla bancarotta del 1575, in<strong>di</strong>ca come le cose peggioraronoancora <strong>di</strong> piú alla morte <strong>di</strong> Filippo II: “El santo decreto, que tanto exclamó por él Murcia deLlana, que salió contra genoveses el año de 1575, sentido mucho en Génova; por lo cual escribieron,suplicando a su Majestad <strong>di</strong>versas veces declarase lo que quería de ellos para que lo hiciesen. [...[Después de los días del Señor Rey D. Felipe II, pu<strong>di</strong>eron más las astucias y negociaciones de losgenoveses alcanzar el que se fiase de ellos el desempeño de la Real Hacienda siendo ellos la causa desu mayor empeño como quien fía de los lobos el aumento y conservación del ganado.” Martínez dela Mata, op. cit. (nota 52), p. 261.54 Domínguez Ortiz, Antonio, Política y Hacienda de Felipe IV, Madrid, 1983 (1ªed. 1960), pp. 104-107.55 Ambrogio Spinola si era incaricato <strong>di</strong> sostenere gli elevati costi dell’asse<strong>di</strong>o <strong>di</strong>Ostenta, che cadde nel 1604, un’operazione che gli permise essere nominato Maestro <strong>di</strong>Campo Generale dell’Esercito delle Fiandre, incarico che ebbe per piú <strong>di</strong> due deca<strong>di</strong>. Isuoi servizi finanzieri e militari furono ricompensati nel 1621 con il titolo <strong>di</strong> marchesede los Balbases e con l’immissione nel novero <strong>dei</strong> Gran<strong>di</strong> <strong>di</strong> Spagna. La presa <strong>di</strong> Breda nel1625 sará il suo ultimo trionfo nelle Fiandre. In <strong>di</strong>saccordo con Olivares, sará nominatogovernatore <strong>di</strong> Milano e morirá nell’asse<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Casale nel settembre del 1630. I principalistu<strong>di</strong> monografici su Ambrogio Spinola continuano ad essere: Rodríguez Villa,Antonio, Ambrosio Spinola, primer marqués de los Balbases. Ensayo biográfico, Madrid, 1904;Brants, Victor, “Ambroise Spinola (1569-1630), généralissime des armes de Flandres”,Revue Générale Belge, 1 (1915), pp. 172-202 e Lefevre, Joseph, Spinola et la Belgique,49


L’ascesa sociale <strong>di</strong> quelle famiglie che, come i Doria o gli Spinola, avevanoprestato maggiori servizi alla Corona, culminava con l’ingresso nellanobiltà <strong>dei</strong> Gran<strong>di</strong> <strong>di</strong> Spagna, il che suscitó ripetuti risentimenti da parte delresto del patriziato genovese al considerare che queste <strong>di</strong>fferenze in seno dell’aristocraziadella repubblica andavano contro lo spirito delle leggi unitariedel 1528 e del 1576.Durante uno <strong>dei</strong> momenti piú critici nelle relazioni ispano-genovesi,dovuto alla questione <strong>di</strong> Finale, l’ambasciatore Diego <strong>di</strong> Laura manifestava ilsuo <strong>di</strong>sgusto per i gravi danni che soffrivano, da parte del governo dellarepubblica, gli interessi del principe Doria, del duca <strong>di</strong> Tursi e del marchese<strong>dei</strong> Balbases, dovuto all’affinitá con la causa spagnola <strong>di</strong> cui davano prova questiultimi: “La mala voluntad – affermava l’ambasciatore in una lettera spe<strong>di</strong>taa Madrid nel 1655 - que tienen a estas tres casas contínua y continuará siempre,pareciéndoles que con hacerles uno y otro desaire y darles cada día <strong>di</strong>sgusto les echaránde Génova. No gustando ni viendo de buena gana que haya aquí quien sea más que elmás mínimo noble, por bajo y nuevo que sea en la nobleza, llegando la locura a términoque creen que todos son iguales y esta enfermedad crece y crecerá cada día mientraslos tiempo no lo reme<strong>di</strong>aren. Dios les dé juicios” 56 .Bruselas, 1947. Si veda anche, Colomer, José Luís, « Ambrosio Spinola. Fortuna iconográficade un genovés al servicio de la Monarquía », Boccardo, Piero ; Colomer, JoséLuís e Di Fabio, Clario, España y Génova. Obras, artistas y coleccionistas, Madrid, 2004, pp.157-175.56 AGS, Estado, leg. 3608, Lettera <strong>di</strong> Diego de Laura nella quale si avverte sullamisura presa dalla repubblica per togliere al duca <strong>di</strong> Tursi la loggietta che aveva nella darsenadel porto come magazzino per gli attrezzi necessari per le squadre <strong>di</strong> galere al serviziodel re, Genova, 9-8-1655. Cinque anni prima, l’ambasciatore spagnolo in Genova,Antonio Ronquillo, si era anche rammaricato per il comportamento offensivo che avevasofferto il duca <strong>di</strong> Tursi da parte del governo della republica. Il motivo, argomentava,ra<strong>di</strong>cava nel fatto che: “el fin de esta república es bajar estas tres casas del Príncipe Doria,Duque de Tursi y marqués de los Balbases no pu<strong>di</strong>endo sufrir su grandeza ni que haya desigualdadde ellas a las demás.” In un’altra lettera spe<strong>di</strong>ta il giorno dopo, Ronquillo segnalava:“De esta locura, en que son pocos los que no hayan caído, ha nacido que muchos se persuaden a queel Príncipe Doria, duque de Tursi y marqués de los Balbases son menos por grandes que por ciudadanosgenoveses y ha muchos días que procuran mortificarlos y que se entienda que el grado de grandezano les hace valer nada en Génova y que han de pasar por la me<strong>di</strong>da de los demás ciudadanos.”AGS, Estado, leg. 3604, Lettere <strong>di</strong> Ronquillo al re, Genova, 12 e 13-XII-1649. Daparte sua Antonio Brignole Sale, in un memoriale presentato a Filippo IV, nel quale pretendevache la Monarchia riconoscesse alla repubblica il titolo <strong>di</strong> Serenissima per possedereil regno <strong>di</strong> Corsica, <strong>di</strong>mostrava la sua contrarietá perché, invece, si elevava alla categoria<strong>di</strong> Grande a qualcuno <strong>dei</strong> suoi citta<strong>di</strong>ni: “Más <strong>di</strong>go yo, cuando los reyes de España hannobilitado con el título de grandes a algunos ciudadanos de mi república no es indubitable que debíade haber muchísimos que mal sufrieran tal engrandecimiento [...] ¿Por qué las honras reales quehan po<strong>di</strong>do alcanzar ciudadanos que no eran más que caballeros particulares de mi república, mi50


L’accesso alla piú alta <strong>di</strong>stinzione della nobiltá castigliana poteva dunqueprovocare l’ostilità del resto del patriziato genovese, ma le possibili rappresaglieche la repubblica era capace <strong>di</strong> realizzare ai danni <strong>dei</strong> sostenitori delmonarca cattolico, venivano compensate dalle amplie possibilitá <strong>di</strong> promozionesociale che questo titolo comportava.Il caso <strong>dei</strong> marchesi <strong>dei</strong> Balbeses illustra alla perfezione i benefici che sipotevano estrarre da questa posizione <strong>di</strong> privilegio. Il suo primo titolare,Ambrogio Spinola, riuscí a far sposare sua figlia Polissena con il marchese <strong>di</strong>Leganés, mano destra del conte-duca <strong>di</strong> Olivares, mentre suo figlio, Filippo,in consonanza con la classica politica <strong>di</strong> matrimoni misti utilizzata dalle gran<strong>di</strong>famiglie genovesi, si univa con una Doria. L’amicizia del secondo marchese<strong>dei</strong> Balbeses con suo cognato, insieme al quale aveva servito nei campi <strong>di</strong> battaglia<strong>dei</strong> Paesi Bassi, facilitó la sua ascensione nel governo della Monarchia,dove raggiunse il carico <strong>di</strong> consigliere <strong>di</strong> Stato e quello <strong>di</strong> Presidente del Consigliodelle Fiandre. A partire del 1655, sará chiamato a Milano dal nuovofavorito del sovrano, Don Luis <strong>di</strong> Haro, con il quale collaborerá in qualitá <strong>di</strong>ricevitore d’ambasciatori, oltre ad esercitare una notoria attivitá <strong>di</strong>plomatica 57 .Il suo successore, Paolo Vincenzo, sposato con la figlia del Principe <strong>di</strong> Paliano,Marcantonio Colonna, sará anche consigliere <strong>di</strong> Stato e <strong>di</strong> Guerra e, dopoun breve periodo come governatore del ducato <strong>di</strong> Milano, servirá come ambasciatorein Vienna e in Parigi, oltre ad avere un ruolo come plenipotenziarionelle trattative della pace <strong>di</strong> Nimega 58 .Il peso della famiglia Spinola non rimaneva limitato al suo forte ra<strong>di</strong>camentonei principali organi <strong>di</strong> decisione politica della Monarchia spagnola.república, que posee reinos no podrá alcanzarlas de Vuestra Majestad en su embajador que la representa?[...] Con una palabra sola, con un cubríos embajadores de Génova, Vuestrad Majestaddando gana, hace feliz a mi república y la obliga a derrarmar hasta la sangre por el servicio de laReal Corona” ASG, Archivio Segreto, Leg. 2447, Memoriale <strong>di</strong> Antonio Brignole Sale alRe, Madrid, 8-4-1646.57 Sul II Marchese <strong>dei</strong> Balbases e la sua appartenenza insieme a Monterrey, Peñaranda,Castrillo e Leganés alla fazione degli Haro si veda, Malcolm, Alistair, Don Luis deHaro and the Political Elite of the Spanish Monarchy in the Mid-Seventeenth Century, Tesi dottoraleine<strong>di</strong>ta, Universitá <strong>di</strong> Oxford, 1999. Da parte mia ho documentato come, in assenza<strong>di</strong> Haro impegnato nel raggiungimento dell’accordo <strong>di</strong> pace con Francia, Filippo Spinolasi fará carico della negoziazione <strong>di</strong> un accordo con l’ambasciatore delle ProvinceUnite in Madrid per realizzare insieme un attacco contro il Portogallo in cambio dellaconcessione per estrarre sale <strong>di</strong> Araya, in Herrero Sánchez, Manuel, “La explotaciónde las salinas de Punta de Araya. Un factor conflictivo en el proceso de acercamientohispano-neerlandés (1648-1677)” in Cuadernos de Historia Moderna, nº 14, (1993), pp.179-200.58 Il suo primogenito ed erede del titolo si sposerá con la figlia del duca <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>nacelie raggiungerá il carico <strong>di</strong> viceré e Capitano generale del regno <strong>di</strong> Sicilia.51


Agostino Spinola, terzo figlio del conquistatore <strong>di</strong> Ostenda e Breda, dopo unaclassica carriera universitaria in Salamanca e Alcalá, arriverá a occupare le se<strong>di</strong>dell’arcivescovado <strong>di</strong> Granada, Santiago <strong>di</strong> Compostela e Siviglia. Quest’ultimocarico ricadrá nel 1669 su <strong>di</strong> un altro membro della famiglia, il nipote efiglio del marchese <strong>di</strong> Leganés, Ambrogio Ignacio Spinola, che anteriormenteaveva servito nella Corte come paggio del Principe Baltasar Carlos, e che daallora si trasferí a Salamanca, in qualitá <strong>di</strong> Rettore della Universitá, prima <strong>di</strong>arrivare successivamente all’arcivescovado <strong>di</strong> Oviedo, Santiago e Siviglia 59 .La forte stabilitá e l’ascendente della famiglia Spinola in Castiglia eranostate precedute da un ra<strong>di</strong>camento ancora piú intenso nel regno <strong>di</strong> Napoli,principale riserva <strong>di</strong> feu<strong>di</strong> <strong>di</strong> che <strong>di</strong>sponeva la Corona in Italia per ricompensarele piú cospicue famiglie del patriziato genovese per i servizi prestati. Nel1612, Ambrogio Spinola era riuscito a elevare alla categoria <strong>di</strong> ducato il marchesato<strong>di</strong> Sesto che aveva ricevuto da suo padre. Un’altro ramo della famigliaotterrá il principato <strong>di</strong> Molfetta, come i Doria che, dopo l’accordo del 1528,erano stati ricompensati con il titolo <strong>di</strong> Principi <strong>di</strong> Melfi e i Grimal<strong>di</strong> con ilmarchesato <strong>di</strong> Campagna e il principato <strong>di</strong> Salerno.Come hanno sottolineato i lavori <strong>di</strong> Colapietra, Musi, Galasso o Spagnoletti,durante il XVI e il XVII secolo, grazie alle loro funzione <strong>di</strong> prestatori <strong>di</strong>capitali e <strong>di</strong> appaltatori <strong>di</strong> tasse nonché per il tratto <strong>di</strong> favore sempre riservatoalla Corona, i genovesi finirono con ra<strong>di</strong>carsi pienamente nella societá napoletana60 . La <strong>di</strong>fficoltá a <strong>di</strong>stinguerli dal resto <strong>dei</strong> nativi del regno si manifestóquando fu realizzato il sequestro <strong>dei</strong> loro beni nel 1654, su consiglio del marchese<strong>di</strong> Caracena, governatore <strong>di</strong> Milano, e contro l’opinione del viceré <strong>di</strong>Napoli, il conte <strong>di</strong> Castrillo, che protestó <strong>di</strong> maniera energica per i gran<strong>di</strong>danni che questa decisione avrebbe potuto comportare per la stabilitá delregno e per la <strong>di</strong>fficile applicazione della medesima 61 . Anche se alla fine la59 Nel 1673, Ambrosio Ignacio incaricherá a Valdés Leal un ciclo iconogràfico <strong>di</strong> 7quadri pieni <strong>di</strong> connotazioni simboliche sulla vita <strong>di</strong> San Ambrosio, vescovo <strong>di</strong> Milano,per l’oratorio del palazzo arcivescovile <strong>di</strong> Siviglia.60 Insieme agli stu<strong>di</strong> giá menzionati <strong>di</strong> Aurelio Musi, si vedano anche i lavori <strong>di</strong>Galasso, Giuseppe, Alla periferia dell’Impero: il Regno <strong>di</strong> Napoli nel periodo spagnolo (secoliXVI-XVII), Torino, 1994 e i multipli lavori <strong>di</strong> Colapietra, Raffaele, “I genovesi aNapoli nel primo Cinquecento”, Storia e politica, 6-7(1968) pp. 386-419; “Le ren<strong>di</strong>te genovesein Terra <strong>di</strong> Bari alla fine del Seicento” Rivista Storica del Mezzogiorno, 2, (1967) pp. 153-167 e, dello stesso autore, “Genovesi in Calabria nel Cinque e Seicento”, Rivista storica calabrese,2, (1981) pp. 15-89. Per ultimo, sono rivelatori gli apprezzamenti <strong>di</strong> Spagnoletti sullamassiva presenza genovese in Napoli e sulla varietá <strong>di</strong> <strong>di</strong>gnitá, onori e trattamenti dati dallaMonarchia Ispanica che legava la nobiltá italiana agli interessi del re Cattolico in, Spagnoletti,Angelantonio, Prìncipi italiani e Spagna nell’età barroca, Milano, 1996.61 Il conte <strong>di</strong> Castrillo avvertí il marchese <strong>di</strong> Caracena sulla <strong>di</strong>fficoltá d’applicare il52


maggior parte <strong>dei</strong> beni vennero restituiti ai suoi proprietari, <strong>di</strong>sponiamo <strong>di</strong>una impressionante relazione con la lista <strong>dei</strong> genovesi che si videro colpitidalla decisione, i sol<strong>di</strong> che avevano nei banchi locali, le entrate annuali procedentidalle varie attivitá finanziere e dalle ren<strong>di</strong>te feudali, il numero <strong>di</strong> animaliche possedevano e le alte somme <strong>di</strong> cui erano debitori 62 . Una lista che,giá da sola, ci permette osservare l’alto grado d’integrazione <strong>di</strong> queste famigliegenovesi nel seno della Monarchia spagnola senza perdere gli stretti vincoliche sempre conservarono con il suo luogo <strong>di</strong> origine 63 .sequestro poiché, cosí segnalava: “...como en este reino hay tantos interesados ausentes y presentesque aquí gozan de rentas y tienen casas y feudos y muchos están casados y naturalizados con privilegiosde napolitanos no dejará la materia de tener sus resultas y embarazos y no ha faltado eneste primer ingreso si la orden comprendía entrar por las casas y secuestrar los bienes que se hallasenen ellas y cómo se habían de asegurar por dejarles el uso de sus alhajas y sobre estas contingencias ycómo la orden de Su Majestad está tan general nos asiremos más a ella hasta saber mejor lo que semanda, y Vuestra Excelencia se servirá de avisarme cuanto antes cómo se ha enten<strong>di</strong>do allá esta pláticay se ha <strong>di</strong>spuesto y ejecutado pues podrá hacer buena consecuencia <strong>di</strong>ciéndome todo lo que se leofreciere en que yo también le iré avisando.” ASN, Segreteria <strong>dei</strong> Vicerè, leg. 181, Lettera <strong>di</strong>Castrillo al governatore <strong>di</strong> Milano, 2-V-1654. In concreto il viceré temeva che la decisionepotesse affettare al marchese <strong>dei</strong> Balbases, che, come lui, apparteneva alla fazione <strong>di</strong>Haro. Pertanto non tardó a scrivergli per informarsi sulla sua situazione, con questi termini:“Digame Vuestra Excelencia si también ha sido compren<strong>di</strong>do en esta orden pues ya se veque como tan verdadero servidor de Vuestra Excelencia no pu<strong>di</strong>era yo dejar de sentirlo.” ASN,Segreteria <strong>dei</strong> Viceré, leg. 181, Lettera <strong>di</strong> Castrillo al marchese <strong>dei</strong> Balbases, Napoli,5-5-1654.62 AGS, Estado, leg. 3607, Relazione sui beni genovesi sequestrati. Senza data ma allegataad una proposta del Consiglio <strong>di</strong> Stato in luglio del 1654. Comprende solamente i dati<strong>di</strong> 7 delle 12 province del regno. Sulla forma con la quale si mette in atto il decreto <strong>di</strong>sequestro sono interessanti gli or<strong>di</strong>ni dati dal presidente Barragán al viceré Castrillo <strong>dei</strong>quali pren<strong>di</strong>amo solamente questo estratto: “A modo de ejemplo y porque <strong>di</strong>cha nación tienemuchos feudos en este Reino que en el cedulario están notados, tanto en cabeza de los mismos genovesescuanto de otras personas, pero han declarado que a ellos pertenecen, por esto dará Vuestra Señoría ordenque se saque luego de <strong>di</strong>cho cedulario nota de todos <strong>di</strong>chos feudos, con <strong>di</strong>stinción en cabeza de quiénestán y en cuáles Provincias, la cual nota con toda brevedad se habrá de enviar en poder de Su Excelenciapara que se puedan dar las órdenes necesarias así por el secuestro de las juris<strong>di</strong>cciones cuanto dela rentas que poseen en <strong>di</strong>chos feudos, que por que toca a las rentas que tienen sobre los arrendamientostanto de Corte como de la ciudad se ha dado orden a los delegados de ellos que las envíen secuestradasen los bancos en los mandatos generales que habrán de hacer.” ASN, Segreteria <strong>dei</strong> Vicerè, leg.181, Lettera <strong>di</strong> Barragán al conte <strong>di</strong> Castrillo, Napoli, 2-5-1654.63 In questo senso sono rivelatrici le parole rivolte al conte <strong>di</strong> Castrillo da parte dell’ambasciatorespagnolo nella repubblica, Diego de Laura, che, riferendosi alla conoscenzache si aveva in Genova delle misure adottate dal viceré <strong>di</strong> Napoli, segnalava: “De todolo que ahí se hace suelen ser avisados porque como siempre ha habido genoveses introducidos a ministrospuede ser que con esta autoridad y con su maña adquieran las noticias de lo que pasa aunquesea secreto.” ASN, Segreteria <strong>dei</strong> Viceré, leg. 175, Lettera del de Laura al viceré Castrillo,Genova, 29-12-1653.53


5. L’impatto <strong>di</strong> Genova sul sistema imperiale spagnoloLa profonda integrazione <strong>dei</strong> genovesi nel sistema imperiale spagnolo nonprovocò solamente un processo <strong>di</strong> trasformazione in seno al governo e alla classe<strong>di</strong>rigente della repubblica, ma comportó anche importanti cambiamenti neiprincipali territori della Monarchia e costituì uno <strong>dei</strong> fattori essenziali <strong>di</strong> unmodello sociale e culturale capace <strong>di</strong> esercitare un’influente supremazia sulresto d’Europa fino a buona parte del XVII secolo.A parte i giá ricordati benefici <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne strategico derivati dall’alleanzacon Genova e dell’importanza cruciale esercitata dai suoi poderosi uominid’affari per provvedere della necessaria liqui<strong>di</strong>tá le sempre esigenti arche dellaCorona, questo accordo e la facilitá con la quale i piú illustri membri delpatriziato della repubblica riuscirono a fondersi con l’élite locale in Castiglia,Napoli, Sicilia o Milano, dettero luogo ad una grande varietá <strong>di</strong> trasformazionie innovazioni. Il massiccio acquisto <strong>di</strong> incarichi municipali, feu<strong>di</strong>, titoli eterre, sommato all’accesso privilegiato ad una serie <strong>di</strong> onori e <strong>di</strong>gnitá concessedalla Corona a cambio <strong>dei</strong> loro servizi finanzieri, spiega perché, sino ad ora,si sia posto l’accento soprattutto sul lento abbandono dell’identitá mercantilepropria del patriziato genovese in beneficio <strong>di</strong> un aspetto propriamente nobiliario.Secondo questo schema d’analisi, l’aristocrazia genovese non farebbealtro che imitare i comportamenti sociali <strong>dei</strong> baroni napoletani o della nobiltá<strong>di</strong> sangue castigliana; tutt’al piú, essa si limiterebbe a offrire, attraverso unionimatrimoniali <strong>di</strong> convenienza o prestiti, il capitale necessario alle gran<strong>di</strong>case aristocratiche per partecipare con successo alla gara nelle manifestazioni<strong>di</strong> sfarzo che l’ingresso nella nobiltá degli stessi genovesi, dotati <strong>di</strong> grandeliqui<strong>di</strong>tá, scatenava o comunque alimentava fortemente 64 .Una passiva attitu<strong>di</strong>ne d’emulazione che, in ogni caso, sarebbe servita perstimolare il consumo <strong>di</strong> beni <strong>di</strong> lusso, ma che, a nostro modo <strong>di</strong> vedere, nonesaurisce il vero impatto che l’ingresso dell’élite genovese ebbe nello sviluppo<strong>di</strong> nuove modalitá <strong>di</strong> gestione del patrimonio e nella <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong>norme culturali e <strong>di</strong> forme raffinate <strong>di</strong> comportamento, che servirono a dareuna certa omogeneitá alle élite della Monarchia spagnola.Lungi dall’abbandonare le loro attivitá finanziere e mercantili, l’accesso alpossesso feudale serví per <strong>di</strong>versificare le entrate e per ottenere nuove possibilitá<strong>di</strong> affari. Come precisava Savary, al riferirsi alla massiccia penetrazione <strong>dei</strong>64 Quello che spiega l’importanza delle leggi suntuarie come meccanismo destinatoa preservare il consumo <strong>dei</strong> prodotti <strong>di</strong> lusso ad un segmento determinato della societá.Al riguardo si veda l’articolo <strong>di</strong> Álvarez-Ossorio Alvariño, Antonio, “Rango y apariencia.El decoro y la quiebra de la <strong>di</strong>stinción en Castilla (ss. XVI-XVII)”, Revista deHistoria Moderna. Anales de la Universidad de Alicante, 17, (1999), pp. 263-278.54


genovesi in Sicilia, l’acquisto delle migliori proprietá era il passaggio necessarioper assicurarsi il controllo delle esportazioni <strong>di</strong> seta, essenziali per rifornirel’industria tessile genovese 65 .A Napoli e in Castiglia succedeva altrettanto: la forte integrazione <strong>dei</strong>genovesi in seno alle piú celebri famiglie aristocratiche permise l’introduzione<strong>di</strong> sostanziali miglioramenti nella gestione delle risorse feudali e giuris<strong>di</strong>zionali,l’accesso all’esportazione delle eccedenze agrarie e in piú ad un controllo<strong>di</strong>retto sulla fiscalitá locale, con nuove possibilitá <strong>di</strong> prestiti. Sebbene un buonnumero <strong>di</strong> famiglie genovesi avessero concentrato i loro interessi nell’appaltodelle dogane della Corona, altre, dai loro domini feudali e grazie al controllod’importanti canali <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione, svilupparono attivitá illecite, coinvolgendoun buon numero <strong>di</strong> famiglie dell’aristocrazia locale nel contrabbando,ciò che configurava un incremento del proprio potere <strong>economico</strong> e sociale ascapito delle entrate della Monarchia.In questo senso, concor<strong>di</strong>amo con Villari e Musi quando sottolineano il pesodeterminante esercitato dal capitale mercantile genovese tanto nella messa inmoto <strong>di</strong> una imponente macchinaria fiscale a livello statale, quanto nel dotare <strong>di</strong>rinnovate forze il sistema feudale nel quale – e non poteva essere <strong>di</strong>versamente– s’inserirono come membri <strong>di</strong> pieno <strong>di</strong>ritto 66 . Siamo dunque in presenza piúche <strong>di</strong> una semplice imitazione <strong>di</strong> vecchie norme <strong>di</strong> comportamento, <strong>di</strong> un fenomeno<strong>di</strong> mutua trasformazione e <strong>di</strong> piena reciprocitá fra l’aristocrazia locale e lenuove famiglie originarie <strong>di</strong> Genova che, nonostante il parziale abbandono dellaloro funzione <strong>di</strong> élite internazionale d’affari, continuarono ad interessarsi <strong>di</strong> que-65 Nel suo famoso manuale per commercianti, Jacques Savaty segnala al riguardo:“Les génois y ont acquis dès longtemps des seigneuries dans les endroits meilleurs et les plus abondantsen soie; dont ils sont les maîtres et par ces acquisitions que les rendent citoyens, ils sont exemptsde tous droits de sortie et les douanes que les étrangers sont obligés de payer ce qui est un avantagequ’aucun français ne peut avoir ; ainsi quand il leur plaira ils peuvent troubler les entreprises desachats sur le lieux en les baillant à meilleur prix qu’on ne pourrait faire. » in Savary, Jacques,Le parfait négociant, Parigi, 1679, (1ª ed. 1675), vol. II, p. 137. Riguardo alla commercializzazionedella seta siciliana si veda, Aymard, Maurice, “Commerce et productionde la soie sicilienne en XVI et XVII siècles”, École française de Rome. Mélanges d’archéologieet d’histoire, 75, (1965), pp. 609-640.66 Sulle nuove <strong>di</strong>nastie feudali e sulla forte integrazione, nonostante i notevoli episo<strong>di</strong>conflittivi, nel seno dell’aristocrazia tra<strong>di</strong>zionale napolitana si veda, Villari, Rosario,La revuelta antiespañola en Nápoles. Los orígenes (1585-1647), Madrid, 1979 (1ª ed. in italiano,Bari, 1967). Intorno a questa questione consultare l’eloquenti pagine che gli de<strong>di</strong>caMusi, op. cit. (nota 41, pp. 163-172) dove mette in questione l’esistenza <strong>di</strong> un partitogenovese <strong>di</strong>retto dal console della nazione in Napoli, Cornelio Spinola, le cui proposte,con forti punti statalisti, erano in contrapposizione con gli interessi della maggioranza<strong>dei</strong> genovesi ra<strong>di</strong>cati nel regno. Si veda anche il capitolo V del libro <strong>di</strong> Brancaccio,Giovanni, op. cit. (nota 42), pp. 119-148.55


stioni finanziarie e mercantili e saranno capaci d’introdurre nuove e efficentiforme d’amministrazione e gestione delle risorse.Inoltre, la sua estesa rete <strong>di</strong> delegati mercantili in tutti i territori dellaMonarchia e il mantenimento <strong>dei</strong> suoi vincoli con la madre patria, convertirannola repubblica in una delle principali enclaves attraverso cui si fuse e si<strong>di</strong>ffuse una serie <strong>di</strong> valori, forme culturali, nuovi gusti e modelli <strong>di</strong> consumo,che finirono con l’imporsi in tutta Europa 67 . Nella sua con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> nessoarticolatore <strong>dei</strong> territori italiani, iberici e fiamminghi della Corona, Genovaappariva come un privilegiato luogo d’incontro e <strong>di</strong> transito, dove circolavanoeserciti, passavano rappresentanti del sovrano – che fossero <strong>di</strong>plomatici o sempliciburocrati - o transitavano i cortei che accompagnavano viceré o principessereali, quest’ultime in viaggio all’interno dell’ampia politica <strong>di</strong> matrimonimisti fra i due rami della famiglia degli Absburgo.La piccola repubblica si convertí cosí, nella piattaforma <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong>un modello culturale ibrido <strong>di</strong> un marcato carattere internazionale, nel qualesi fondevano elementi che originavano dai vari domini della Corona. Il costantericorso a pittori come Rubens e Van Dick, in qualitá <strong>di</strong> ritrattisti delle piúagiate famiglie dell’aristocrazia genovese, costituisce una prova preziosa <strong>dei</strong>forti contatti fra la repubblica e i Paesi Bassi e della sua capacitá nel propagarenel resto d’Italia nuovi modelli artistici 68 .Il collezionismo <strong>di</strong> opere d’arte appariva cosí come una dell’attivitá piúricorrenti <strong>di</strong> un patriziato che, lungi da una teorica frugalitá propria <strong>dei</strong> sistemirepubblicani, osservava nell’accumulo <strong>di</strong> opere d’arte una palpabile prova<strong>di</strong> prestigio e <strong>di</strong> capacitá per rivaleggiare incluso con le piú eccelsi famiglieregnanti europee. La magnifica collezione <strong>di</strong> pittura veneziana della famigliaBalbi o la presenza <strong>di</strong> quadri <strong>di</strong> Rubens e <strong>di</strong> Durer nel testamento <strong>di</strong> FilippoSpinola, secondo i gusti della Corte, esprimono eloquentemente il forte inve-67 In questo senso, la rete commerciale e finanziera che gli permette controllare gliintercambi in Europa serve a sua volta come la miglior maniera <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffondere ogni tipo<strong>di</strong> notizie. Al riguardo si veda, Doria, Giorgio, “Conoscenza del mercato e sistema informativo:il know-how <strong>dei</strong> mercanti-finanzieri genovesi nei secoli XVI e XVII” in DeMaddalena, Aldo e Hermann (ed.), La repubblica internazionale del denaro tra XV eXVII secolo, Bologna, 1986, pp. 57-122.68 L’impatto della pittura <strong>di</strong> Rubens e Van Dick nella repubblica si puó osservare inBoccardo, Pietro, “Ritratti <strong>di</strong> genovesi <strong>di</strong> Rubens e Van Dyck” in Barnes, Susan J.y Wheelock, Arthur K. (eds.), Van Dyck 350. National Gallery of Art, Washington,1986; Tagliaferro, Laura, Rubens e Genova, Genova, 1977 e Ostrowski, Jan K., VanDyck et la peinture génoise du XVIIe siècle: aux sources du baroque dans un milieu artistique italien,Cracovia, 1981. Sulle importanti collezioni <strong>di</strong> pittura flamenca nella repubblica siveda, Boccardo, Pietro e Di Fabio, Clario (ed.), Pittura fiamminga in Liguria (secoliXIV-XVII), Cinisello Balsamo, 1997.56


stimento in spese improduttive che caratterizzerá all’aristocrazia genovese 69 . Ilsuo raffinato gusto influì in maniera decisiva sulle aristocrazie napolitane, sicilianee castigliane.Nella Corte i genovesi, grazie alla vicinanza al monarca, dovuta alla loroattivitá <strong>di</strong> principali fornitori <strong>di</strong> capitali della Corona, e alle loro squisiteforme, all’interno della piú elegante tra<strong>di</strong>zione cortigiana, dettavano legge,introducendo nuovi modelli e linguaggi estetici. La famosa festa organizzatada Carlo Strata nel 1637 nella sua residenza in via San Geronimo, nella qualesia Filippo IV come il suo favorito furono ospiti d’onore, costituí un’esuberantespettacolo e un atto d’ostentazione, massima prova <strong>di</strong> affetto e devozionecon la quale il banchiere onorava il re. A parte l’elevato costo della festa,Carlo Strata omaggió Filippo IV <strong>di</strong> alcuni <strong>dei</strong> suntuosi oggetti che decoravanola sua casa: una croce <strong>di</strong> cristallo, un letto, una stupenda tappezzeria d’oroe <strong>di</strong> seta, un bracere con bruciaprofumi che, come segnala il cronista Gascón<strong>di</strong> Torquemada, furono molto apprezzati dal re, che li mise nella sala da pranzoprincipale del recentemente costruito Palazzo del Buon Retiro 70 . Un palazzoche, secondo le parole dell’ambasciatore De Mari, in una memoria sulla suaprima u<strong>di</strong>enza a Madrid, non sembrava essere troppo vistoso, specialmente perl’esigua <strong>di</strong>mensione delle sue stanze, e che non aveva niente da invi<strong>di</strong>are allesuntuose <strong>di</strong>more innalzate dalle gran<strong>di</strong> famiglie dell’aristocrazia genovesenella Strada Nuova e in Via Balbi durante i successivi interventi urbanisticiintrapresi dalla repubblica fra il XVI e il XVII secolo 71 .69 Sulla collezione della famiglia Balbi e lo stu<strong>di</strong>o degli inventari <strong>di</strong> protocollo <strong>dei</strong>suoi rappresentanti in Madrid si veda le pagine che gli de<strong>di</strong>ca Gren<strong>di</strong>, op. cit. (nota 38),pp. 121-133. Secondo Alistair Malcolm, l’interesse al collezionismo da parte della fazione<strong>di</strong> Haro era un chiaro meccanismo <strong>di</strong> coesione ed identitá nel seno del gruppo e dellasua lealtá a Filippo IV, un appassionato della pittura. In questo senso, il marchese <strong>dei</strong>Balbases lascia a Don Luis de Haro nel suo testamento un San Sebastián <strong>di</strong> Rubens, e alconte <strong>di</strong> Peñaranda un San Jeronimo <strong>di</strong> Durer. Malcolm, op. cit., (nota 57), p. 168.70 Sui particolari della mascherata si veda Brown, Jonathan e Elliott, John,Un palacio para el rey. El Buen Retiro y la corte de Felipe IV, Madrid, 1981, pp. 210-212 cosícome la selezione <strong>dei</strong> testi <strong>di</strong> Gascón de Torquemada que raccoglie Sanz Ayán, Carmen,“Bajo el signo de Júpiter: negocios y hombres de negocios en el Madrid del seiscientos”,Morán, M. e García García, Bernardo (ed.), El Madrid de Velázquez y Calderón. Villa yCorte en el siglo XVII.Vol. I. Estu<strong>di</strong>os históricos, Madrid, 2001, pp. 73-76.71 De Mari manifestó il suo stupore <strong>di</strong>fronte all’esigue <strong>di</strong>mensioni dove fu ricevutodalla regina: “entrai nella galleria la quale per essere piccola come sono tutte le stanze al Retiro”.ASG, Archivio Segreto, leg. 2447, Memoria <strong>di</strong> De Mari al Senato della repubblica,Madrid, 5-2-1650. Con rispetto al programma <strong>di</strong> riforma urbana impreso in Genova siveda Doria, Giorgio, “Investimenti della nobiltà genovese nell’e<strong>di</strong>lizia <strong>di</strong> prestigio(1530-1630)” in Doria, Giorgio, Nobiltà e investimenti a Genova in Età Moderna,Genova, 1995, pp. 235-285; Poleggi, Ennio, Strada Nuova. Una lottizzazione nella57


L’influenza <strong>dei</strong> modelli architettonici e delle forme estetiche precedentidalla repubblica si fece sentire anche in maniera evidente in quei nuclei urbanidove esisteva una forte colonia genovese. Gli imponenti palazzi costruitiprincipalmente dalle famiglie residenti in Napoli, Palermo o Siviglia dettaronoun nuovo stile e in<strong>di</strong>viduarono il modello che il resto dell’aristocrazie localidoveva seguire, come testimonia il Palazzo Mañara-Vicentelo, <strong>di</strong> cui l’elegantefacciata e il cortile mostrano l’influsso della produzione genovese <strong>di</strong>marmi fra la nobiltá sivigliana 72 .A Siviglia, i genovesi, lungi dall’accontentarsi <strong>di</strong> imitare il modo <strong>di</strong> vitadelle élite locali, introdussero nuove forme <strong>di</strong> consumo e fecero risaltare il loroostentato stile <strong>di</strong> vita e le loro abitu<strong>di</strong>ni, provocando l’ammirazione da parte<strong>di</strong> Luis de Peraza che, nel suo libro Historia de la ciudad de Sevilla, segnalava:“Los genoveses son gente a mi parecer de mucha prudencia, con la cual allegan muy grannúmero de <strong>di</strong>nero y van riquísimos a su tierra, y no sólo son en esto prudentes [...] porquecasi todos ellos son muy caritativos y entienden bien el latín, como en el reposo corporal,porque todos tienen muy lindas y alegras casas, con agua de pie y vergeles. Asimismocomen excelentes comidas y muy sana, son muy regalados y a esta causa viven enmucha sanidad” 73 .Questo tipo d’apprezzamento apologetico non aveva niente a che vederecon l’opinione generale che si aveva sui genovesi nella maggior parte <strong>dei</strong>domini del re cattolico. Anche se nessuno metteva in questione la loro ortodossiareligiosa e le loro evidenti prove <strong>di</strong> devozione, il che costituiva un’importantevantaggio comparativo rispetto ad altre comunitá forestiere 74 , la lorofunzione <strong>di</strong> prestatori <strong>di</strong> capitali e <strong>di</strong> appaltatori <strong>di</strong> tasse e il crescente controllosu gran parte degli scambi commerciali, spiegano l’ostilità <strong>di</strong> cui soffrivanopresso la maggior parte <strong>dei</strong> settori produttivi della Monarchia 75 .Genova del Cinquecento, Genova, 1972; Boccardo, Piero; Di Fabio, Clario e Besta,Raffaella (eds.), El siglo de los genoveses e una lunga storia <strong>di</strong> arte e splendori nel palazzo <strong>dei</strong>dogi, Milano, 1999. e, per il caso <strong>dei</strong> Balbi, Gren<strong>di</strong>, op. cit. (nota 38), pp. 106-121.72 Tomás de Mañara compró la casa al giurista Don Juan de Almansa che aveva commissionatoad Antonio María Aprile la costruzione con marmi <strong>di</strong> Carrara. Mañara intraprenderáuna profonda riforma e finirá per trasformarla in una delle migliori <strong>di</strong>more dellacittá. L’inventario <strong>dei</strong> suoi beni del 1649, stu<strong>di</strong>ato da Vila Vilar, ci parla dell’esotismo edella varietá <strong>di</strong> prodotti <strong>di</strong> lusso che decoravano il palazzo: tappezzerie <strong>di</strong> Bruxelles,mobili importati, paraventi <strong>di</strong> Cina, pitture, gioielli <strong>di</strong> lusso, argenti elaborati, varieschiave, due carrozze con ten<strong>di</strong>ne, ecc. Si veda,Vila Vilar, op. cit. (nota 46), pp. 163-165.73 Estratto del libro <strong>di</strong> Peraza presi da Vila Vilar, Enriqueta, “Colonias extranjerasen Sevilla: tipologías de los mercaderes” in González Sánchez, Carlos Alberto(ed.), Sevilla, Felipe II y la Monarquía Hispánica, Siviglia, 1999, p. 38.74 Si veda Pike, op. cit., (nota 49), pp. 14-15.75 L’o<strong>di</strong>o e l’ostilitá verso gli italiani ha il suo correlato anche in Francia dove insiemead un anti-italianismo <strong>di</strong> tipo culturale e politico incontriamo costanti denunce per58


Nelle Cortes castigliane, le ammonizioni contro <strong>dei</strong> privilegi che i genovesipossedevano nel regno, furono costanti e si rispecchiarono negli scritti <strong>dei</strong>vari arbitristas che, preoccupati <strong>di</strong> applicare una politica mercantilista capace<strong>di</strong> proteggere la produzione locale dalla concorrenza straniera, adottarono unachiara posizione <strong>di</strong> xenofobia e finirono con accusare i genovesi <strong>di</strong> quasi tuttii mali del regno. In questo senso, Martínez de Mata, erettosi a portavoce dellecritiche sollevate anteriormente da Tomás de Mercado, Sancho de Moncada eFrancisco Murcia de la Llana, concludeva una sua furibonda requisitoria controi genovesi con queste chiare parole: “El comercio y amistad fingida de Génovaha sido y es el cuchillo de España y la tiene pobre y desacre<strong>di</strong>tada. [...] porque fundasus medras, creces y aumentos en el daño ajeno; y ha sido y es la Real Hacienda de VuestraMajestad y la de los vasallos despojo y presa de su co<strong>di</strong>cia; porque no tienen otroDios que su interés, ni otra ley que su conveniencia” 76 .La prevalenza degli interessi particolari sopra il bene comune, caratteristicanelle repubbliche mercantili, spiegava, secondo i critici <strong>dei</strong> genovesi, ilcarattere incostante e la scarsa fiducia <strong>di</strong> alleati come questi che, nonostante ibenefici derivati dalla protezione militare offerta dalla Monarchia, si comportavanocon ingratitu<strong>di</strong>ne e pretendevano ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> ergersi ad arbitri dellaquiete d’Italia 77 . Superbia, codar<strong>di</strong>a, cupi<strong>di</strong>gia, usura e ambizione servironoquin<strong>di</strong> per identificare i genovesi, non solamente negli scritti economici o neimemoriali realizzati dagli inviati <strong>di</strong>plomatici, ma anche nella letteratura dellasua capacitá a danneggiare il commercio e la manifattura nazionale Dubost, op. cit.(nota 50), pp. 311-31276 Martínez de la Mata, op. cit., (nota 52) pp. 275-276. In un memoriale del 1656,Juan Bautista Cicardo tornava ad utilizzare il testo <strong>di</strong> Martínez de la Mata per rinforzare isuoi propositi anti-genovesi. Li accusava <strong>di</strong> agire come vere sanguisughe capaci <strong>di</strong> spogliarealla Monarchia <strong>di</strong> tutti i suoi metalli preziosi: “Los genoveses – segnalava – han sacado deesta Corte y generalmente de España muchos millones de reales de a ocho con haber introducido meteren ella y enviar a In<strong>di</strong>as mercadurías como son terciopelos, damascos, ormeses, piñuelas, rasos, tafetanes,telas de plata y de oro, puntas de los mismos, me<strong>di</strong>as de seda y de hilo, listonería, guantes y abanicosde lo cual ha producido la conocida y lastimable pér<strong>di</strong>da que en Toledo, Sevilla, Granada, Córdoba,Ciudad Real, Valencia, Ocaña y demás ciudades de Castilla han tenido [...]el tiempo hamostrado el gran daño que los genoveses han causado no tan solamente a estos reinos sino también al deNápoles, Sicilia y estado de Milán que no negocian ni na<strong>di</strong>e va a <strong>di</strong>chos reinos a comprar como losolían hacer los que tratan de embarcar mercaderías para las In<strong>di</strong>as porque los genoveses llevan tantaabundancia de las suyas a Cá<strong>di</strong>z y las embarcan para <strong>di</strong>chas In<strong>di</strong>as que han quitado tráfico y salidade las de España y <strong>di</strong>chos reinos y estados.” Preso da ASG, Lettere <strong>dei</strong> Ministri <strong>di</strong> Spagna,leg. 2450, Memoriale <strong>di</strong> Juan Bautista Cicardo, 1656.77 Al rispetto l’ambasciatore Diego de Laura aveva sottolineato l’inconstanza e l’ingratitu<strong>di</strong>ne<strong>dei</strong> genovesi ai quali li definisce come: “las mujercillas que hacen mayores finezaspor el galán que las maltrata que por el que las favorece y quiere bien” in AGS, Estado, leg.3611, Lettera de Laura, Genova, 14-4-1663.59


l’epoca. Le acide ammonizioni <strong>di</strong> Quevedo, Cervantes o Mateo Alemán restanocompen<strong>di</strong>ate nella denuncia lanciata da Lastanosa nel prologo al libro <strong>di</strong>Gracián, El Discreto contro un preteso plagiatore genovese, dove segnalava conironia: “Contentole tanto a un genovés el Arte de la Agudeza que la tradujo luego enitaliano y aún se la apropió, que no se contentan éstos con traducir el oro y la plata deEspaña sino que quieren chuparla hasta los ingenios” 78 .Questa visione della nazione genovese cosí carica <strong>di</strong> tratti peggiorativi,costituisce, in veritá, la prova del suo forte ra<strong>di</strong>camento nel sistema imperialeispanico. Dal 1528 la Monarchia e la repubblica <strong>di</strong> Genova avevano creato ungrande conglomerato <strong>di</strong> potere, che si tradusse in un processo mutuo e continuo<strong>di</strong> scambio <strong>di</strong> favori, a conferma delle molteplici coincidenze <strong>di</strong> interessifra due modelli <strong>di</strong> societá, in apparenza contrapposti, ma fortemente inter<strong>di</strong>pendenti.La piccola repubblica mercantile portava con efficacia al sistema inecessari flussi <strong>di</strong> capitali destinati a sostenere il faticoso sforzo militare, cheil mantenimento dell’egemonia nel continente richiedeva, e finí per <strong>di</strong>ventareil principale enclave strategico per unire i <strong>di</strong>stanti territori sotto la giuris<strong>di</strong>zionedel monarca cattolico. In cambio, i suoi uomini d’affari godettero <strong>di</strong> untratto <strong>di</strong> favore nei mercati più lucrosi, allo stesso tempo in cui le principalifamiglie del patriziato genovese vedevano consolidare la loro posizione in senoalla repubblica. Il loro accesso privilegiato all’attivo sistema del patronatoregio, offerto dalla Monarchia, che seppe compiere con esito felice la sua funzionegarante del sistema fino al termine del XVII secolo, aprí nuove e importantivie <strong>di</strong> promozione sociale.La facile integrazione dell’aristocrazia genovese nel seno del sistema imperialespagnolo e la sua capacitá nel dotare <strong>di</strong> rinnovate forze il modello cortigiano-feudaledominante, non comportò un completo abbandono delle sueattivitá mercantili e costituì la prova esauriente <strong>dei</strong> potenti legami che univanole repubbliche mercantili dell’etá moderna con i più importanti sistemi<strong>di</strong>nastici.78 Testo preso dalla critica realizzata da Antonio Prieto sul libro <strong>di</strong> Baltasar Gracián,El Criticón, Madrid, 1985, p. 121. Una buona analisi sul sentimento anti-genovesenella letteratura castigliana é quella <strong>di</strong> Pike, Ruth, “The Image of the Genoese in GoldenAge Literature”, Hispania, Stanford University, 46, (1963), pp. 705-714.60


Le azioni collettive (Class Action)tra formazioni sociali e solidarietà<strong>di</strong>Lucia Paura*Sommario - 1. Profili <strong>di</strong> costituzionalità delle azioni collettive - 2. Brevi cenni all’ontologiadelle class actions nell’esperienza americana - 3. L’art. 99 della Finanziaria. Autonomiadelle azioni collettive italiane - 4. Le azioni collettive e la ricostruzione del <strong>di</strong>battitopolitico - 5. Gli emendamenti al testo base - 6. La reazione della Confindustria - 7. Lecritiche della dottrina al testo licenziato dal Senato - 8. Riflessioni sugli effetti socio-economicidelle azioni collettive; profili procedurali - 9. Le mo<strong>di</strong>fiche ed i “ritocchi” al testobase… - 10… segue. Interventi definitivi - 11. Il problema della retroattività della <strong>di</strong>sciplinadelle azioni collettive - 12. Conclusioni1. Dopo alcuni anni <strong>di</strong> spora<strong>di</strong>ci progetti <strong>di</strong> legge e costruzioni dottrinariede iure condendo, la class action è approdata nel panorama giuri<strong>di</strong>co italiano.È stato un vero e proprio colpo <strong>di</strong> teatro, quello con cui il Senato con unsolo (e ambiguo) voto <strong>di</strong> maggioranza aveva approvato un emendamento allaFinanziaria firmato dai senatori Bordon e Manzione. Il provve<strong>di</strong>mento, in controtendenzacon i tra<strong>di</strong>zionali orientamenti capitalistici e neocapitalistici <strong>di</strong>assoluto dominio dell’impresa nell’economia <strong>di</strong> mercato, apriva spiragli perl’attuazione costituzionale del consenso sociale nell’ottica del contemperamentodegli interessi intersoggettivi, teleologicamente orientato alla realizzazione<strong>di</strong> obiettivi <strong>di</strong> sussi<strong>di</strong>arietà e solidarietà economica tra le componenti sociali.Class action o azione collettiva. L’art. 99 della Legge finanziaria 2008 ègiunto all’approvazione definitiva del Senato, malgrado le aspre critiche delmondo impren<strong>di</strong>toriale ed alcune perplessità (solo in parte motivate) della* Dottoranda <strong>di</strong> ricerca in <strong>di</strong>ritto dell’economia, in<strong>di</strong>rizzo in <strong>di</strong>ritto privato, pressol’Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Napoli Federico II, facoltà <strong>di</strong> Economia.61


dottrina, superate in larga misura nell’ultima stesura. A noi sembra, invece,che nel suo complesso la class action all’italiana (la definiremo in seguito azionecollettiva, adeguando l’intitolazione al contenuto), rechi in sé, pur nei filtriprocessuali, una imponente forza innovativa che apre larghi squarci nel panorama<strong>di</strong> attuazione nel <strong>di</strong>ritto dell’economia del dettato costituzionale, attuandoneprincipi prioritari sul tema del consenso o contatto sociale: <strong>di</strong> qui probabilmenteil nervosismo dell’impren<strong>di</strong>torialità e della dottrina dominante. Silamentano, così, presunte violazioni costituzionali: è il classico e ritornanterefrain dell’uguaglianza formale tirato in gioco per contrastare qualsivogliariforma che abbia ad oggetto garanzie <strong>di</strong> compensazione sociale che valganoad alleviare con<strong>di</strong>zioni umane e giuri<strong>di</strong>che <strong>di</strong> soggetti socialmente più deboli;riforma che sia quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> per se stessa oggetto <strong>di</strong> interventi <strong>di</strong> uguaglianzasostanziale (<strong>di</strong>sparità <strong>di</strong> trattamento).Ritornando all’azione collettiva, lo schema normativo prende ad oggetto“formazioni sociali” (art. 2 Cost.) <strong>di</strong> gruppi <strong>di</strong> consumatori, verificatane la“serialità” degli interessi in gioco per garantirne la tutela “solidale” rispettoad attività impren<strong>di</strong>toriali lesive che la debolezza non solo economica <strong>dei</strong> soggettinon riuscirebbe a contrastare. Vengono così rimossi nell’azione collettivaostacoli <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne <strong>economico</strong>-sociale (art. 3 Cost.), tutelandosi l’uguaglianzasostanziale nel mentre che viene contrastato il “rapporto <strong>economico</strong>” che lederebbela libertà (<strong>di</strong> azione) e le libertà umane (art. 41 Cost.).Oggi in una società profondamente frammentata è mutata la tipologiadelle “formazioni sociali” non più in<strong>di</strong>viduabile per automatica contrapposizione(proprietario- non proprietario, impren<strong>di</strong>tore-operaio; latifon<strong>di</strong>sta-coltivatore<strong>di</strong>retto), ma rapportabile a situazioni <strong>di</strong> fatto, anche casualmente coese,che vedono contrapposte alle gran<strong>di</strong> imprese, alle multinazionali, gruppi resiomogenei negli interessi (perciò “formazioni”), le nuove categorie <strong>di</strong> consumatori,utenti , <strong>di</strong>fensori dell’ambiente e della salute 1 .Una “formazione sociale”, il consumatore, tipologia trasversale, categoriaseriale <strong>di</strong> soggetti che si coagulano nella <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> propri interessi, socialmenterilevanti, che possono riguardare i più svariati campi, da quello <strong>economico</strong>,alla sanità, all’ambiente.Incidendo sulla nuova <strong>di</strong>mensione globale del <strong>di</strong>ritto, lo strumento giuri<strong>di</strong>code quo impone una <strong>di</strong>versa chiave <strong>di</strong> lettura ermeneutica delle formazionisociali costituzionalmente garantite agli artt. 2 e 3 della Carta fondamentale,nella misura in cui la considerazione legislativa <strong>di</strong> situazioni giuri<strong>di</strong>co-patrimonialiafferenti a categorie sempre più ampie, soggettivamente impersonali,quale quella suddetta <strong>dei</strong> consumatori, sembra evocare l’autonomia <strong>di</strong> nuovi1 Per un’ampia trattazione sul tema, cfr. F. Lucarelli, L’operatore giuri<strong>di</strong>co, la formadell’acqua, Modena 2006 pag.15 ss.62


status <strong>di</strong> interessi <strong>di</strong>ffusi, postulanti un giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> valore <strong>di</strong> solidarietà economica,che va a <strong>di</strong>spiegarsi nel senso <strong>di</strong> interventi equitativi sui rapporti privatistici,proiezione della volontà del potere pubblico <strong>di</strong> garanzia della tuteladella personalità in<strong>di</strong>viduale nelle formazioni sociali; e ciò attraverso strumenti<strong>di</strong> empirica realizzazione del principio <strong>di</strong> uguaglianza sostanziale a <strong>di</strong>fesa<strong>dei</strong> soggetti economicamente più deboli dagli attori forti del mercato.L’intervento legislativo, dunque, non si esaurisce sul piano della soggettivitàgiuri<strong>di</strong>co- patrimoniale del <strong>di</strong>ritto, ma <strong>di</strong>viene strumentale all’assunzione<strong>dei</strong> poteri dello Stato <strong>di</strong> garantire la tutela della considerazione sociale <strong>di</strong> interessi<strong>di</strong>rettamente inferenti la personalità umana, che trovano realizzazionenelle formazioni sociali.I rapporti intersoggettivi protagonisti del nuovo substrato socio-<strong>economico</strong>,<strong>di</strong> cui humus giuri<strong>di</strong>co è il <strong>di</strong>ritto dell’economia, <strong>di</strong>vengono occasione <strong>di</strong>interventi compositivi <strong>di</strong> interessi soggettivamente plurimi o seriali per l’attuazione<strong>di</strong> obiettivi <strong>di</strong> utilità collettiva e <strong>di</strong> benessere sociale, spiegando lastrada all’introduzione <strong>di</strong> concezioni tecnicistiche a favore della socialità <strong>dei</strong>rime<strong>di</strong> satisfattivi, quali l’azione <strong>di</strong> risarcimento collettivo.2.Prodromicamente alla trattazione delle problematiche poste dal recente<strong>di</strong>battito politico in or<strong>di</strong>ne al provve<strong>di</strong>mento, contenuto nella Finanziaria,introduttivo della class action, si rendono opportune delle considerazioni.L’ontologia delle class actions, quali azioni processuali <strong>di</strong> gruppo connotantil’esperienza giuri<strong>di</strong>ca americana, si realizza nella gestione <strong>di</strong>ffusa <strong>di</strong> interessi<strong>di</strong> natura in<strong>di</strong>viduale, cui sono ascrivibili i pre<strong>di</strong>cati <strong>di</strong> omogeneità e<strong>di</strong>somorfismo. Più precisamente, la class action costituisce uno strumento legalecapace <strong>di</strong> conferire tutela a <strong>di</strong>ritti ed interessi afferenti ad una moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong>soggetti lesi da condotte plurioffensive, laddove il danno sofferto dal singolosarebbe insufficiente a giustificare l’esercizio <strong>di</strong> un’azione in<strong>di</strong>viduale.Lo schema operativo <strong>di</strong> tale modello <strong>di</strong> azione è strutturato sulla instaurazione<strong>di</strong> un processo che vede quale attore un singolo, agente per se stesso eper la c.d. classe, la cui esatta composizione viene sostanzialmente definita conil concorso del giu<strong>di</strong>ce in sede <strong>di</strong> certification dell’azione <strong>di</strong> gruppo.L’ammissione <strong>di</strong> siffatta tutela, successiva all’empirica valutazione giu<strong>di</strong>ziale<strong>dei</strong> presupposti positivizzati dal referente normativo in materia dellaFederal rule of Civil procedure 23, comporta l’estensione della portata deglieffetti ascrivibili al giu<strong>di</strong>cato all’intera classe.Soprassedendo sulle precisazioni operative dell’istituto che postulerebberoun’ampia trattazione dell’argomento, preme in tal sede puntualizzare la <strong>di</strong>fferenteprospettiva <strong>di</strong> tutela offerta dal modello processuale introdotto in Italianel provve<strong>di</strong>mento contenuto in Finanziaria. Siamo in presenza <strong>di</strong> un’azionecollettiva, facente capo alle associazioni, legislativamente riferibile al modello63


<strong>di</strong> azioni collettive inibitorie già tipizzate nel Co<strong>di</strong>ce del Consumo e che siarricchiscono dell’effetto risarcitorio che mirano a garantire. Solo impropriamente,dunque è stata ascritta la qualificazione <strong>di</strong> class action allo strumentogiuri<strong>di</strong>co-processuale de quo.Il modello scelto, dunque, non conferisce al singolo leso nella sua posizionegiuri<strong>di</strong>ca la legittimazione ad avvalersi <strong>di</strong> un’azione giuri<strong>di</strong>ca processualeidonea a tutelare interessi soggettivamente plurimi (afferenti alla c.d. classe),con la conseguente portata estensiva del giu<strong>di</strong>cato.3.Ricostruendo il <strong>di</strong>battito politico che ha circostanziato l’introduzionedel provve<strong>di</strong>mento, la Commissione giustizia della Camera, su proposta delrelatore Alessandro Maran, aveva adottato un testo base sul quale i gruppiparlamentari sono stati chiamati a <strong>di</strong>scutere. Il provve<strong>di</strong>mento altro non erache la revisione del <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> legge del ministro dello sviluppo <strong>economico</strong>Pierluigi Bersani del luglio 2006 (AC 1495, proponente un modello <strong>di</strong> azionerisarcitoria collettiva che solo impropriamente viene correlata alla classaction, che invece è uno strumento giuri<strong>di</strong>co <strong>di</strong> gestione <strong>di</strong>ffusa <strong>di</strong> interessiin<strong>di</strong>viduali). Due erano le principali mo<strong>di</strong>fiche rispetto al testo originarioinserite dal ministro Maran: l’allargamento <strong>dei</strong> soggetti legittimati ad intraprenderel’azione collettiva con l’intervento del giu<strong>di</strong>ce in or<strong>di</strong>ne alla valutazionedella rappresentatività e la previsione <strong>di</strong> una responsabilità aggravata ed’ufficio nel caso <strong>di</strong> riproposizione <strong>di</strong> un’azione collettiva successiva al passaggioin giu<strong>di</strong>cato della sentenza <strong>di</strong> rigetto della precedente azione respinta. Ilddl Bersani, infatti, prevedeva che le azioni collettive potessero essere avviatesolo da enti certificati, che nella versione proposta da Maran sarebbero <strong>di</strong>venutetutte le associazioni <strong>dei</strong> consumatori e degli utenti (senza specificarecome prima anche quelle <strong>dei</strong> professionisti e le camere <strong>di</strong> commercio), rimettendoperò al giu<strong>di</strong>ce il controllo sulla loro rappresentatività 2 . (Sembrerebbequasi un ritorno al meccanismo previsto dal <strong>di</strong>sposto dell’art.1469 sexies, <strong>di</strong>cui la dottrina ha sempre messo in rilievo il problema <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>namento conla l. 281/98).Il ministro ne aveva motivato la scelta al fine <strong>di</strong> conferire un criterio <strong>di</strong>maggiore elasticità e maggiore aderenza alla vita evolutiva delle associazioni.In tal sede ci limita alla sola precisazione in or<strong>di</strong>ne alla scelta opzionale per ilmodello <strong>di</strong> azione afferente al filone <strong>di</strong> proposte introduttive della c.d. classaction all’italiana, sottoposto all’attenzione del Parlamento alternativamente adaltre tipologie <strong>di</strong> progetti maggiormente aderenti alla class action vera e propria.2 Cfr. “Camera - Class action - Ripartono i lavori”, articolo <strong>di</strong> Chiara Cinti, tratto daItalia oggi, Giustizia e società, 8-11-2007.64


Già numerose erano state le voci critiche a sostegno della necessità <strong>di</strong> unarevisione del testo, tra cui lo stesso relatore alla manovra, Giovanni Legnini(Ulivo), “Il testo va perfezionato, la perfezione e la fretta non sono conciliabili…” 3 . Edello stesso avviso era stato il <strong>di</strong>rettore generale <strong>di</strong> Confindustria, nell’esprimerel’enorme <strong>di</strong>sagio per la scelta del contesto normativo della legge <strong>di</strong> bilancio,quale sede per l’introduzione <strong>di</strong> un istituto con essa inconferente, tanto da considerarloun intervento “sospetto, incomprensibile, da stralciare”, rappresentativo <strong>di</strong>una minaccia per il sistema <strong>economico</strong> e i lavoratori con danni potenziali devastantiper le imprese e benefici risibili per i consumatori-utenti 4 .Questo era già il primo segnale della volontà degli impren<strong>di</strong>tori <strong>di</strong> frapporreostacoli all’approvazione <strong>di</strong> qualsiasi provve<strong>di</strong>mento legislativo che contenesseazioni collettive.4. L’intento politico <strong>di</strong> inserire la class action quale emendamento allalegge Finanziaria ha trovato recentemente realizzazione empirica. Il testo haottenuto per un solo voto (tra l’altro ritenuto nato da un errore, come si è anticipato)il via libera del Senato come articolo della legge <strong>di</strong> bilancio. La norma,definita “<strong>di</strong> portata epocale” dai senatori <strong>di</strong> maggioranza e opposizione nel<strong>di</strong>battito a Palazzo Madama – che travolgerebbe centocinquant’anni <strong>di</strong> assolutopredominio dell’impresa nell’economia capitalista e neocapitalista, ponendoper la prima volta l’impren<strong>di</strong>tore in una posizione <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa rispetto al nuovosoggetto del mercato globale, il consumatore – risultava molto articolata (13commi 5 ) ed ha subito tre variazioni prima <strong>di</strong> approdare in aula. Ma siamo già3 Così G. Legnini (Ulivo), nell’articolo “La fretta sulla class action” <strong>di</strong> I. Bufacchi, delSole 24 ore, 14-11-07, n. 313.4 Così M. Beretta, <strong>di</strong>rettore generale <strong>di</strong> Confindustria, nell’articolo “La fretta sullaclass action”<strong>di</strong> I. Bufacchi, del Sole 24 ore, 14-11-07, n. 313.5 Dopo l’articolo 53, inserire il seguente: «Art. 53-bis. (Disciplina dell’azione collettivarisarcitoria a tutela <strong>dei</strong> consumatori)1. Il presente articolo istituisce e <strong>di</strong>sciplina l’azione collettiva risarcitoria a tutela <strong>dei</strong>consumatori, quale nuovo strumento generale <strong>di</strong> tutela nel quadro delle misure nazionalivolte alla <strong>di</strong>sciplina <strong>dei</strong> <strong>di</strong>ritti <strong>dei</strong> consumatori e degli utenti, conformemente ai princìpistabiliti dalla normativa comunitaria volti ad innalzare i livelli <strong>di</strong> tutela.2. Dopo l’articolo 140 del co<strong>di</strong>ce del consumo, <strong>di</strong> cui al decreto legislativo 6 settembre2005, n. 206, è inserito il seguente:“Art. 140-bis - (Azione collettiva risarcitoria). - 1. Le associazioni <strong>dei</strong> consumatori edegli utenti <strong>di</strong> cui al comma 1 dell’articolo 139 e gli altri soggetti <strong>di</strong> cui al comma 2 delpresente articolo, fermo restando il <strong>di</strong>ritto del singolo citta<strong>di</strong>no <strong>di</strong> agire in giu<strong>di</strong>zio perla tutela <strong>dei</strong> propri <strong>di</strong>ritti e interessi legittimi conformemente a quanto previsto dall’articolo24 della Costituzione, possono richiedere singolarmente o collettivamente al tribunaledel luogo ove ha la residenza il convenuto, la condanna al risarcimento <strong>dei</strong> dannie la restituzione delle somme dovute <strong>di</strong>rettamente ai singoli consumatori o utenti inte-65


alle mo<strong>di</strong>fiche che ne verranno apportate (<strong>di</strong> cui si segnaleranno a breve lenovità). Lo stesso ministro dello Sviluppo Economico Pier Luigi Bersani, nelressati, in conseguenza <strong>di</strong> atti illeciti commessi nell’ambito <strong>di</strong> rapporti giuri<strong>di</strong>ci relativia contratti cosiddetti per adesione, <strong>di</strong> cui all’articolo 1342 del Co<strong>di</strong>ce Civile, che all’utentenon è dato contrattare e mo<strong>di</strong>ficare, <strong>di</strong> atti illeciti extracontrattuali, <strong>di</strong> pratichecommerciali illecite o <strong>di</strong> comportamenti anticoncorrenziali, messi in atto dalle societàfornitrici <strong>di</strong> beni e servizi nazionali e locali, sempre che ledano i <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> una pluralità<strong>di</strong> consumatori o <strong>di</strong> utenti.2. Con decreto del Ministro della giustizia, <strong>di</strong> concerto con il Ministro dello sviluppo<strong>economico</strong>, sentite le competenti Commissioni parlamentari, sono in<strong>di</strong>viduate le ulterioriassociazioni <strong>di</strong> consumatori, investitori e gli altri soggetti portatori <strong>di</strong> interessi collettivilegittimati ad agire ai sensi del presente articolo.3. L’atto con cui il soggetto abilitato promuove l’azione collettiva <strong>di</strong> cui al comma 1produce gli effetti interruttivi della prescrizione ai sensi dell’articolo 2945 del co<strong>di</strong>cecivile, anche con riferimento ai <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> tutti i singoli consumatori o utenti conseguential medesimo fatto o violazione.4. Con la sentenza <strong>di</strong> condanna il giu<strong>di</strong>ce determina i criteri in base ai quali deve esserefissata la misura dell’importo da liquidare in favore <strong>dei</strong> singoli consumatori o utenti.5. In relazione alle controversie <strong>di</strong> cui al comma 1, davanti al giu<strong>di</strong>ce può altresìessere sottoscritto dalle parti un accordo transattivo nella forma della conciliazione giu<strong>di</strong>ziale.6. La definizione del giu<strong>di</strong>zio rende improce<strong>di</strong>bile ogni altra azione ai sensi del presentearticolo nei confronti <strong>dei</strong> medesimi soggetti e per le medesime fattispecie.7. Contestualmente alla pubblicazione della sentenza <strong>di</strong> condanna <strong>di</strong> cui al comma4 ovvero della <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> esecutività del verbale <strong>di</strong> conciliazione, il giu<strong>di</strong>ce, per ladeterminazione degli importi da liquidare ai singoli consumatori o utenti, costituiscepresso lo stesso tribunale apposita Camera <strong>di</strong> Conciliazione, composta in modo paritariodai <strong>di</strong>fensori <strong>dei</strong> proponenti l’azione <strong>di</strong> gruppo e del convenuto e nomina un conciliatore<strong>di</strong> provata esperienza professionale iscritto all’albo speciale per le giuris<strong>di</strong>zioni superioriche la presiede. A tale Camera <strong>di</strong> Conciliazione tutti i citta<strong>di</strong>ni interessati possono ricorreresingolarmente o tramite delega alle associazioni <strong>di</strong> cui al comma 1. Essa definisce,con verbale sottoscritto dalle parti e dal presidente, i mo<strong>di</strong>, i termini e l’ammontare persod<strong>di</strong>sfare i singoli consumatori o utenti nella loro potenziale pretesa. La sottoscrizionedel verbale rende improce<strong>di</strong>bile l’azione <strong>dei</strong> singoli consumatori o utenti per il periodo <strong>di</strong>tempo stabilito dal verbale per l’esecuzione della prestazione dovuta.8. In caso <strong>di</strong> inutile esperimento della composizione <strong>di</strong> cui al comma 7, il singoloconsumatore o utente può agire giu<strong>di</strong>zialmente, in contrad<strong>di</strong>ttorio, al fine <strong>di</strong> chiederel’accertamento, in capo a se stesso, <strong>dei</strong> requisiti in<strong>di</strong>viduati dalla sentenza <strong>di</strong> condanna <strong>di</strong>cui al comma 4 e la determinazione precisa dell’ammontare del risarcimento <strong>dei</strong> danniriconosciuto ai sensi della medesima sentenza.9. La sentenza <strong>di</strong> condanna <strong>di</strong> cui al comma 4, unitamente all’accertamento dellaqualità <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>tore ai sensi <strong>dei</strong> commi 7 e 8, costituisce ai sensi dell’articolo 634 delco<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> procedura civile, titolo per la pronuncia da parte del giu<strong>di</strong>ce competente <strong>di</strong>ingiunzione <strong>di</strong> pagamento, richiesta dal singolo consumatore o utente, ai sensi degli articoli633 e seguenti del medesimo co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> procedura civile.10. La sentenza <strong>di</strong> condanna <strong>di</strong> cui al comma 4, ovvero l’accordo transattivo <strong>di</strong> cui66


ispondere alle numerose critiche abbattutesi sul provve<strong>di</strong>mento, si era espressonel senso della necessità <strong>di</strong> un miglioramento specie sotto il profilo dell’introduzione<strong>di</strong> un filtro <strong>di</strong> garanzia rispetto a possibili pratiche <strong>di</strong>storsive eabusive nei ricorsi.L’emendamento, come precedentemente precisato, ripropone in largaparte il ddl Bersani, ripresentato da Maran. Tra gli elementi innovativi piùsignificativi si segnalano la maggiore elasticità <strong>dei</strong> criteri <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduazionedelle associazioni legittimate ad agire (in luogo dell’in<strong>di</strong>cazione tassativa dellaproposta AC 1495), l’inserimento della <strong>di</strong>sciplina della nullità contrattualecon effetti estensivi per tutti i consumatori e gli utenti vittime della <strong>di</strong>ffusione<strong>di</strong> messaggi pubblicitari ingannevoli, conseguente alla promozione <strong>di</strong> azionicollettive aventi ad oggetto prodotti o servizi venduti secondo le modalità<strong>di</strong> cui all’art.1342 c.c (previsione questa, come si è avuto modo <strong>di</strong> trattare inprecedenza, presente nell’altra categoria <strong>di</strong> progetti, assimilabili al modellostatunitense e successivamente eliminata, come si vedrà <strong>di</strong> qui a breve trattando<strong>dei</strong> recentissimi emendamenti), la determinazione dell’importo fisso del<strong>di</strong>eci per cento del valore della controversia, quale tetto massimo per il compenso<strong>dei</strong> <strong>di</strong>fensori del promotore dell’azione collettiva (anche siffatta previsioneè stata completamente eliminata). Tuttavia, prima del voto al Senato(158 sì, 40 no, 116 astenuti e “un errore” del senatore FI Roberto Antonione),lo stesso Manzione aveva tentato <strong>di</strong> “riformulare”, non “emendare” , il testo:estendendo da 180 a 300 gg dall’entrata in vigore della Finanziaria il periodoper la determinazione dell’efficacia della norma ed introducendo un filtro, ilvoto a maggioranza qualificata delle commissioni parlamentari competentisentite dal ministro <strong>di</strong> Giustizia , <strong>di</strong> concerto con il ministro dello Sviluppo,per l’in<strong>di</strong>viduazione con decreto delle associazioni <strong>di</strong> consumatori, “investitori”(termine introdotto in extremis nel testo Manzione) ed altri soggetti abilialcomma 5 debbono essere opportunamente pubblicizzati a cura e spese della parte convenuta,onde consentire la dovuta informazione alla maggiore quantità <strong>di</strong> consumatori eutenti interessati.11. Nelle azioni collettive aventi ad oggetto prodotti o servizi venduti attraversocontratti conclusi secondo le modalità previste dall’articolo 1342 del co<strong>di</strong>ce civile, la <strong>di</strong>ffusione<strong>di</strong> messaggi pubblicitari ingannevoli, accertati dall’autorità competente, rendenulli i contratti nei confronti <strong>di</strong> tutti i singoli consumatori o utenti nel periodo <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusionedel messaggio stesso. La nullità può essere fatta valere solo dal promotore dell’azione<strong>di</strong> gruppo.12. In caso <strong>di</strong> soccombenza, anche parziale, del convenuto, lo stesso è condannato alpagamento delle spese legali. In ogni caso, il compenso <strong>dei</strong> <strong>di</strong>fensori del promotore dellaazione collettiva non può superare l’importo massimo del 10 per cento del valore dellacontroversia”.13. Le <strong>di</strong>sposizioni <strong>di</strong> cui al presente articolo <strong>di</strong>ventano efficaci decorsi 180 giornidalla data <strong>di</strong> entrata in vigore della presente legge».67


tati all’azione collettiva; in aggiunta alle se<strong>di</strong>ci associazioni del Cncu (ConsiglioNazionale consumatori ed utenti) legittimate automaticamente dallanorma. Queste due mo<strong>di</strong>fiche non avevano trovato concretizzazione, per evitaresubemendamenti <strong>di</strong>latori del voto finale sulla Finanziaria; pertanto è trasferitoalla Camera il compito <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficare taluni profili.Numerosi esponenti 6 della Casa delle libertà, e non solo, hanno ripetutamentesostenuto l’inammissibilità con la legge <strong>di</strong> bilancio.Tra le reazioni politiche più significative ed estreme 7 , quella del ministroSacconi, che ha reputato la norma “rozza e sbagliata”, non risolutiva del problemadelle azioni temerarie e spregiu<strong>di</strong>cate che potranno essere lanciate controsocietà gran<strong>di</strong> e piccole senza alcun filtro della magistratura. Il suo voto contrariomirava proprio a riba<strong>di</strong>re la pochezza delle mo<strong>di</strong>fiche introdotte dal relatore.Secondo l’opinione del ministro, la legge così come approvata non seleziona leassociazioni abilitate ad intentare un’azione collettiva sulla base della loro effettivarappresentatività, oltre che creare un conflitto <strong>di</strong> interessi palese tra le stessee la classe <strong>dei</strong> consumatori raggruppati in una causa collettiva ed a conferireun tetto troppo elevato al legale che intenta la causa, potendo giungere fino al10% della lite e creando un vero e proprio incentivo per azioni legali destinatea chiudersi con onerosissime conciliazioni stragiu<strong>di</strong>ziali a danno delle imprese(quest’ultimo aspetto sembra ora non più rilevare nella misura in cui si considerinole recentissime evoluzioni normative che ne hanno determinato l’eliminazione).Il tentativo <strong>di</strong> scongiurare la votazione era stato motivato dal ministrocon l’intento <strong>di</strong> evitare l’enorme incertezza in cui verrebbero a trovarsi le imprese,configurandosi la class action proposta, come <strong>di</strong>sincentivo agli investimentistranieri in Italia a favore <strong>di</strong> una delocalizzazione degli stessi all’estero. Anche lesocietà minori, dunque tutti i soggetti della filiera produttiva, la grande e la piccola<strong>di</strong>stribuzione, vengono considerate pericolosamente esposte alle più spregiu<strong>di</strong>cateazioni <strong>di</strong> responsabilità collettive.Ad avviso del ministro una migliore tutela degli interessi e anche <strong>dei</strong><strong>di</strong>ritti del citta<strong>di</strong>no-consumatore dovrebbe percorrere un’altra strada, ovveroquella <strong>di</strong> un processo civile più celere ed efficace.5. La posizione del Governo si è presentata irremovibile sulla introduzionedella cd. class action in Finanziaria ma fin da subito <strong>di</strong>sponibile ai miglioramentidella norma.Per il ministro dello Sviluppo Economico l’Italia ha fatto «un passo avanti»con l’introduzione <strong>di</strong> un istituto a <strong>di</strong>fesa della parte più debole del merca-6 Ciccanti, D’Onofrio, Caruso, Bion<strong>di</strong>, Schifani.7 La reazione del ministro è stata paragonata a quella <strong>di</strong> Nikita Kruscev all’Assembleagenerale dell’Onu del 1960, poiché anche Sacconi ha sbattuto una scarpa sul suoscranno come segno <strong>di</strong> protesta.68


to, il citta<strong>di</strong>no consumatore – utente, muovendosi nella stessa <strong>di</strong>rezione dell’Europa.È stato però proprio sul come mo<strong>di</strong>ficare in maniera sostanziale iltesto dell’emendamento Manzione Bordon che la Camera ha preso una posizione.In commissione Giustizia a Montecitorio si stava già <strong>di</strong>scutendo untesto base ed il presidente Pino Pisicchio in un primo momento riteneva chel’emendamento doveva essere sostituito del tutto o ad<strong>di</strong>rittura stralciato, inquanto imperfetto e largamente incoerente con il lavoro svolto alla Camera.Sull’an della mo<strong>di</strong>fica si era registrata univocità <strong>di</strong> voci, laddove sul quomodogli orientamenti si sono presentati <strong>di</strong>fferenti. Tra le strade percorribili si eranoprofilate, in una prima fase della <strong>di</strong>scussione politica, due possibilità: stralciarel’articolo 53-bis dalla Finanziaria oppure mo<strong>di</strong>ficare in larga misura l’emendamentoManzione-Bordon nel senso della riaffermazione del testo base,ovvero il ddl Bersani con talune aggiunte. La determinazione <strong>dei</strong> soggetti legittimatiad agire e l’assenza <strong>di</strong> un adeguato filtro per evitare le azioni infondate,temerarie e pretestuose fin dai primi <strong>di</strong>battiti figuravano come i duepunti più deboli.Lo stesso Stefano Pe<strong>di</strong>ca, capo segreteria dell’Italia <strong>dei</strong> valori, avevaminacciato <strong>di</strong> non votare una class action che non garantisse l’automatico risarcimento<strong>dei</strong> danni alle vittime e l’estensione ad ogni tipo <strong>di</strong> reato, non soloagli illeciti <strong>di</strong> natura contrattuale.6. La reazione della Confindustria al blitz del Senato a favore della classaction si è rivelata durissima ed imme<strong>di</strong>ata: con una nota ufficiale ha bollatol’emendamento, approvato inizialmente (delle ultime novità si <strong>di</strong>rà breve)come “un atto <strong>di</strong> grave ostilità”, “ru<strong>di</strong>mentale”, “che espone le aziende italiane e i lorolavoratori a gravi rischi, con benefici per i consumatori sostanzialmente risibili”.Il comunicato <strong>di</strong> Confindustria ha presentato la norma come affetta dachiari profili <strong>di</strong> incostituzionalità nella misura in cui, prima <strong>dei</strong> recentissimiemendamenti, consentiva la possibilità <strong>di</strong> agire in qualità <strong>di</strong> soggetto collettivoad associazioni da in<strong>di</strong>viduare senza previa in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> alcun parametroin termini <strong>di</strong> rappresentatività e, contrariamente agli or<strong>di</strong>namenti <strong>di</strong>altri paesi, in assenza <strong>di</strong> qualsivoglia delimitazione della platea nei cui confrontil’eventuale provve<strong>di</strong>mento del giu<strong>di</strong>ce dovrebbe produrre effetti.Ma al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> obiezioni formali, non rilevante certo il profilo <strong>di</strong> costituzionalità(che sicuramente costituisce uno <strong>dei</strong> maggiori punti <strong>di</strong> riflessionedella dottrina italiana in merito all’an dell’introduzione dello strumento processualede quo in un or<strong>di</strong>namento <strong>di</strong> civil law, ontologicamente connotato daforti garanzie costituzionali per quel che concerne i principi che animano ilprocesso civile italiano) la verità è che la nota impren<strong>di</strong>toriale critica la circostanzache la maggioranza <strong>di</strong> governo abbia anteposto logiche <strong>di</strong> puro equilibrioparlamentare alle ragioni del mondo produttivo, accogliendo una propo-69


sta improvvisata ed estemporanea in un contesto inopportuno quale la leggeFinanziaria. Con una fretta sospetta, evitando qualsiasi <strong>di</strong>battito e qualsiasiconfronto, si è ritenuto si volesse approvare un provve<strong>di</strong>mento rappresentativo<strong>di</strong> una pesante minaccia per gli unici soggetti che possono assicurare la crescitaeconomica.È significativo che, anche <strong>di</strong> fronte ad una normativa in itinere, l’impren<strong>di</strong>torialocale già reagisca in maniera aggressiva. Ciò <strong>di</strong>mostra come la classaction possa costituire un’inversione <strong>di</strong> tendenza rispetto all’assoluto predominiodell’impresa nell’economia <strong>di</strong> mercato.7. Guido Alpa, docente <strong>di</strong> punta della new age civilistica, nonché Presidentedel Consiglio Nazionale Forense, all’indomani dell’approvazione dell’emendamentosulla class action 8 , ha ritenuto la norma “un mostro giuri<strong>di</strong>co che, selo si vuole mantenere in vita, deve essere completamente riscritto, pena lo scar<strong>di</strong>namentodel sistema processuale vigente e l’accelerazione della crisi della macchina della giustizia”9 .L’osservazione nasce da <strong>di</strong>verse ragioni. In primis la mancata <strong>di</strong>fferenziazione,come se fossero situazioni equipollenti, tra le “small claims” e altre azionirisarcitorie. Le “small claims” richiedono una <strong>di</strong>sciplina a sé, un filtro moltorigido per evitare inconsistenti riven<strong>di</strong>cazioni, o manovre ricattatorie, nonchéla conversione <strong>di</strong> modestissimi danni – pur moltiplicati per migliaia <strong>di</strong> persone– nella <strong>di</strong>struzione <strong>di</strong> servizi o apparati produttivi utili per il Paese e rilevantiper il mercato.Secondo l’autorevole voce dottrinale gli episo<strong>di</strong> sconcertanti <strong>dei</strong> danni dablack-out o da lievi ritar<strong>di</strong> <strong>dei</strong> servizi ferroviari, assecondati da qualche giu<strong>di</strong>ce<strong>di</strong> pace, dovrebbero costituire un monito per il legislatore, in quanto delleclass actions promosse contro le Ferrovie dello Stato o contro l’Enel rischierebbero<strong>di</strong> privare l’intero Paese <strong>di</strong> due servizi essenziali, attesi gli ingenti danniche i due enti dovrebbero subire, se fossero tenuti a risponderne già sulla base<strong>di</strong> una valutazione preliminare della fondatezza della domanda. Come cartina<strong>di</strong> tornasole della legittimità <strong>di</strong> un’azione collettiva va inquadrato piuttosto ilrecente episo<strong>di</strong>o in cui 452 persone sono rimaste bloccate per 21 ore nel trenoveloce (?!) Lecce-Roma (compresi bambini, persone bisognose <strong>di</strong> aiuto,…). Inquesto senso (ed è la prima ricaduta della Finanziaria approvata), si parlaespressamente <strong>di</strong> class action intesa come azione collettiva contro le Ferrovie.8 Sul punto si cfr. l’ampia trattazione prospettata nel saggio I nuovi soggetti delmercato globale, Il risarcimento collettivo <strong>dei</strong> consumatori tra sussi<strong>di</strong>arietà e solidarietà,L.Paura, in corso <strong>di</strong> pubblicazione.9 Cfr. “Un «mostro giuri<strong>di</strong>co» da riscrivere integralmente” <strong>di</strong> Guido Alpa , il Sole 24 ore,Commenti, 17 novembre 2007.70


Saranno risarciti i 452 viaggiatori costretti ad una notte da incubo in apertacampagna a Capua, al freddo e senza servizi, e ad un’o<strong>di</strong>ssea che li ha visti trasbordareper ben due volte su treni <strong>di</strong>versi nel tentativo <strong>di</strong> raggiungere la lorometa, alla quale sono giunti dopo oltre venti ore dall’inizio del viaggio.Per loro le organizzazioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa <strong>dei</strong> consumatori hanno imme<strong>di</strong>atamentestrappato alle Ferrovie 800 euro <strong>di</strong> risarcimento in un’azione collettivaritenuta, come si <strong>di</strong>ceva, una prima prova <strong>di</strong> azione collettiva, da poco a pieno<strong>di</strong>ritto nell’or<strong>di</strong>namento italiano.L’accordo per il risarcimento (agli 800 euro andrà aggiunto il prezzo delbiglietto) è stato firmato da Federconsumatori, Adusbef, A<strong>di</strong>consum, Assoutentie Adoc, mentre il Codacons ha manifestato opinione <strong>di</strong>fferente, convintoche tra danno emergente (freddo, ritardo, privazione <strong>di</strong> cibo, spavento…) edanno biologico il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> ciascun consumatore possa essere anche superioreai mille euro. Ma le prime associazioni hanno parlato <strong>di</strong> “svolta storica per ilmovimento <strong>dei</strong> consumatori italiani”.Fino al momento attuale i risarcimenti avvenivano per compensazioneattraverso forme <strong>di</strong> rimborso parziale o totale del valore del titolo <strong>di</strong> viaggio.Ristori più concreti erano conseguibili solo con il ricorso al giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> pace.Secondo l’A<strong>di</strong>consum, l’accordo con Trenitalia rappresenta un importante risultatodestinato ad influire sugli altri servizi. Anche l’Adoc si è espressa nelsenso <strong>di</strong> un cambio <strong>di</strong> strategia <strong>di</strong> Trenitalia, da sempre auspicata, qualeprima prova <strong>di</strong> class action, essendosi giunti ad una soluzione con<strong>di</strong>visa in sedesostanzialmente conciliativa paritetica. Lo stesso Presidente, Pileri, ha osservatoche si tratta della prima volta che viene riconosciuto il <strong>di</strong>ritto al risarcimentoper danni causati da un ritardo <strong>di</strong> un servizio <strong>di</strong> trasporto. Dopo questoprimo passo, l’ad <strong>di</strong> Ferrovie, Moretti, si aspetta che lo stesso metodovenga applicato ai ritar<strong>di</strong> <strong>di</strong> tutti i giorni, e non solo agli Eurostar.Il Presidente <strong>di</strong> Altroconsumo Paolo Martinello, ha qualificato l’episo<strong>di</strong>ocome “class action transata prima ancora <strong>di</strong> iniziare l’azione legale”.L’indennizzo, più l’eventuale rimborso per coloro che non l’avessero ancorarichiesto, è stato fissato a partire dal 2 gennaio, con l’esibizione <strong>di</strong> un documento<strong>di</strong> riconoscimento e del titolo <strong>di</strong> viaggio, presentando domanda pressole sale Eurostar o gli sportelli o con invio <strong>di</strong> una raccomandata.Trattandosi nella specie <strong>di</strong> una soluzione atipica della azione collettivarecentemente regolata, sorge il problema delle eventuali azioni esperibili dacoloro i quali non abbiano aderito alla forma transattiva concordata dalle associazioni.In tal caso essi potranno anche esperire un’azione collettiva tipizzatadall’art. 99 della finanziaria, il che è anche adombrato dalla circostanza cheuna delle associazioni <strong>dei</strong> consumatori, Codacons, forse la più rappresentativa,non ha aderito alla transazione, ipotizzando un oggetto risarcitorio più ampioe articolato.71


Rimane salvo in ogni caso il <strong>di</strong>ritto all’azione in<strong>di</strong>viduale.Riprendendo le questioni sollevate da Alpa, la violazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti contrattualicome quelli rappresentati nel caso Parmalat non implica problemi <strong>di</strong>accesso alla giustizia, essendo migliaia i casi, decisi favorevolmente in primogrado, con cui i risparmiatori hanno potuto ottenere sod<strong>di</strong>sfazione: l’auspicioera quello <strong>di</strong> realizzare <strong>di</strong>versi accorgimenti processuali e in<strong>di</strong>rizzi univoci <strong>di</strong><strong>di</strong>ritto sostanziale.Ancora, con riguardo ai settori in cui l’azione collettiva è ammessa: uno<strong>di</strong> essi, per la formulazione ricevuta, è considerato indecifrabile («illeciti commessinell’ambito <strong>di</strong> rapporti giuri<strong>di</strong>ci relativi a contratti cosiddetti per adesione,<strong>di</strong> cui all’art. 1342 del Co<strong>di</strong>ce civile, che all’utente non è dato contrattaree mo<strong>di</strong>ficare»).Alpa inoltre invita il Legislatore – o il Governo – a preoccuparsi delleragioni per cui le <strong>di</strong>sposizioni sulle clausole vessatorie nei contratti <strong>dei</strong> consumatori,ora contenute nel Co<strong>di</strong>ce del consumo, non hanno portato alcun beneficio,ricordando che l’illecito afferisce all’area extracontrattuale; che i contratti“cosiddetti per adesione” non riguardano solo i consumatori ma anche i professionisti;che per tutelare il consumatore sarebbe stato più opportuno richiamarele <strong>di</strong>sposizioni del Co<strong>di</strong>ce del consumo, contenute nello stesso testo nelquale si vorrebbe inserire quello delle azioni collettive; ancora, che interpretataalla lettera, la <strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong>viene inefficace se al consumatore fosse consentito<strong>di</strong> negoziare anche una sola clausola (ad es., il prezzo delle commissioni,i tassi, i rischi coperti, etc.).Si segnalano poi altri problemi, alcuni <strong>dei</strong> quali risolti dalle mo<strong>di</strong>ficheapportate a seguito <strong>dei</strong> recenti inerenti politici. È il caso della mancata inclusionenella legittimazione ad agire <strong>dei</strong> comitati, quale espressione più democraticaed efficace delle istanze <strong>dei</strong> consumatori (che come si vedrà ha trovatosoluzione nell’ ultimo emendamento estensivo della portata soggettiva dellatitolarità del potere <strong>di</strong> azione); l’omissione nel testo del riferimento agli interessicon la menzione <strong>dei</strong> soli <strong>di</strong>ritti; l’introduzione “criptica” <strong>di</strong> un sistema <strong>di</strong>opt-out, senza previa valutazione <strong>di</strong> compatibilità con il dettato costituzionale,né confronti con le esperienze già esistenti in Europa, e senza considerare comparativamentegli interessi delle categorie <strong>di</strong> consumatori e gli interessi dellecategorie degli impren<strong>di</strong>tori; ma anche questo profilo, come si vedrà, ha trovatosoluzione con l’introduzione <strong>di</strong> un meccanismo <strong>di</strong> adesione controllata, lacui efficacia dovrà trovare risposte empiriche.La gestione <strong>dei</strong> rimborsi in<strong>di</strong>viduali tramite una camera <strong>di</strong> conciliazionesuccessiva alla decisione <strong>di</strong> accertamento (e condanna?) della responsabilitàdell’impresa viene considerata come il rovesciamento della logica giuri<strong>di</strong>caprocessuale,in quanto la conciliazione, funzionalmente orientata alla preven-72


zione delle cause, finisce col <strong>di</strong>venire una “camera <strong>di</strong> transazione”; inoltre, lapossibilità <strong>di</strong> proseguire l’azione giu<strong>di</strong>ziaria nel caso che il consumatorerimanga insod<strong>di</strong>sfatto sembra porsi in antitesi a tutto l’iter processuale svoltofino a quel momento, vanificando gli scopi <strong>di</strong> concentrazione ed economia processuale;la fissazione <strong>di</strong> un importo – pari al massimo al 10% – per le spese <strong>di</strong><strong>di</strong>fesa, prima della sua eliminazione nell’ultimo emendamento, era stata valutatacome espe<strong>di</strong>ente equivalente al prodursi degli effetti <strong>di</strong> un patto <strong>di</strong> quota lite,me<strong>di</strong>ante il quale si privano i danneggiati del ristoro totale. In proposito, avevaosservato il Presidente, che il sistema avrebbe sollecitato l’applicazione delle successfees, ripu<strong>di</strong>ate dagli organismi rappresentativi della categoria forense in Italiae condannate in molte esperienze europee, dando ingresso all’accaparramento<strong>di</strong> clientela, vietato dal co<strong>di</strong>ce deontologico forense.La critica si è chiusa con riflessioni dai toni ironici e provocatori: “Consideriamol’ultima perla: la nullità <strong>dei</strong> contratti conclusi durante la campagna pubblicitariaper effetto <strong>di</strong> un messaggio pubblicitario ingannevole. Qui si potrebbe scrivere unpoema satirico. Sia sufficiente segnalare che il messaggio pubblicitario è rivolto allageneralità,che dare la prova <strong>di</strong> aver concluso il contratto per effetto del messaggio rivoltoal pubblico è pressoché impossibile, che se si dovesse formare una volontà <strong>di</strong>storta delconsumatore per effetto <strong>di</strong> quel messaggio si dovrebbe parlare <strong>di</strong> annullamento e non <strong>di</strong>nullità, che – correlato con gli effetti <strong>di</strong> un prospetto informativo lacunoso o recettivo neicontratti finanziari – il rime<strong>di</strong>o introdotto è ben più ra<strong>di</strong>cale, e, soprattutto, che il contrattoè concluso dal consumatore non con chi ha lanciato il messaggio ma con il riven<strong>di</strong>tore-dettagliante.L’esercitazione potrebbe continuare: ma non si <strong>di</strong>ceva che in Parlamentosedevano troppi giuristi?”.Anche queste osservazioni sembra abbiano trovato risposta nell’attualetesto emendato, essendo stato oggetto <strong>di</strong> eliminazione l’inciso relativo allaprevisione suddetta.8. Anche dal versante socio-<strong>economico</strong> si è avvertita fin da subito l’esigenza<strong>di</strong> esprimere le perplessità e le prospettive risolutorie ai problemi <strong>di</strong>incongruenza e laconicità del testo legislativo passato al Senato. Tra le propostepiù interessanti, ci sembra utile segnalare la riflessione <strong>di</strong> chi 10 ritieneoccorra intervenire anche successivamente all’approvazione dell’emendamentoper meglio definire aspetti <strong>di</strong> natura sostanziale e processuale.In primis con l’introduzione, come originariamente ipotizzata, della valutazionepreventiva <strong>di</strong> fondatezza dell’azione, a cura dello stesso giu<strong>di</strong>ce avantial quale la causa è promossa. In caso <strong>di</strong> esito favorevole per l’associazione <strong>dei</strong>10 Cfr. Gustavo Ghin<strong>di</strong>ni, nell’articolo “Class action: 5 mo<strong>di</strong>fiche per migliorare lalegge”, Corriere della sera, Opinioni e Commenti, 22-11-07, p.42.73


consumatori, l’impugnazione della sentenza da parte dell’impresa, postulerebbeuna seconda valutazione (da parte della corte d’Appello) sulla fondatezzadella causa. Il suggerimento si era posto non tanto nell’ottica deflattiva<strong>di</strong> iniziative avventate e strumentali, cui pur si mira, quanto piuttosto nella<strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> una tutela <strong>di</strong>retta <strong>dei</strong> consumatori, “che sia dalla promozione <strong>di</strong>cause “sballate”, sia dalla prosecuzione del giu<strong>di</strong>zio dopo una vittoria <strong>di</strong> Pirro, avrebberotutto da temere: nel primo caso per la probabilità <strong>di</strong> insuccesso, e nel secondo per ilrischio <strong>di</strong> restituzione del risarcimento ottenuto in primo grado laddove la sentenzavenga poi riformata”. Si ricorda che l’introduzione della previa valutazione delfumus boni iuris dell’azione era espressamente prevista nella tipologia <strong>di</strong> progettiafferenti al modello <strong>di</strong> class action più vicino alla logica processuale statunitense.Nell’attuale testo approvato, tra le previsioni <strong>di</strong> maggior rilievo sipone proprio l’introduzione <strong>di</strong> quella che è stata qualificata come una fase-filtro(se ne tratterà a breve).Un altro profilo da mo<strong>di</strong>ficare viene rinvenuto nel momento conciliativo,ritenuto “stravagante” se posposto alla sentenza <strong>di</strong> primo grado e funzionalizzatoal quantum del risarcimento. Ed in ciò ci si collega alle riflessioni dottrinali11 suesposte, come anche per l’ulteriore proposta <strong>di</strong> operare un <strong>di</strong>crimen fra“piccole liti” (small claims) e “maxi-<strong>processi</strong>”, nel senso <strong>di</strong> una semplificazioneprocessuale per le prime. L’auspicio è che con la recente introduzione del filtrovalutativo della fondatezza e congruità dell’azione, il problema trovi adeguatarisposta in termini <strong>di</strong> garanzie sostanziali e processuali, anche attraversouna lettura ermeneutica capace <strong>di</strong> adeguare l’istituto alla realtà sociale.Ancora, si <strong>di</strong>scorre in or<strong>di</strong>ne all’opportunità della scelta terminologicatecnico-giuri<strong>di</strong>ca circa l’ambito soggettivo <strong>di</strong> operatività della norma alleassociazioni <strong>di</strong> “consumatori” e ne viene prospettato il sospetto <strong>di</strong> incostituzionalitàper violazione del principio <strong>di</strong> uguaglianza <strong>di</strong> cui all’art. 3 Cost. nellamisura in cui non si considera l’ipotesi, empiricamente verificabile, <strong>di</strong> professionistivittime <strong>di</strong> illeciti plurioffensivi (si valuta il caso <strong>di</strong> professionisti vittime<strong>di</strong> un software gravemente errato per la compilazione delle <strong>di</strong>chiarazioni<strong>dei</strong> red<strong>di</strong>ti); si suggerisce l’estensione <strong>di</strong> eguale tutela, e non dopo un apposito“decreto del ministro della Giustizia, <strong>di</strong> concerto con il ministro dello SviluppoEconomico, sentite le competenti Commissioni parlamentari”. All’uopo,ci verrebbe da osservare che sembra evocarsi tutto il <strong>di</strong>battito che da sempreha coinvolto la legislazione a tutela del consumatore circa il contenutosostanziale da ascrivere alla categoria concettuale <strong>di</strong> riferimento, accentuatosicon il fenomeno <strong>economico</strong> della globalizzazione e la moltiplicazione <strong>dei</strong> soggetticoncorrenti alla formazione del ciclo produttivo, che porterebbero a con-11 Cfr. riflessioni <strong>di</strong> G. Alpa.74


siderare consumatore anche il piccolo professionista rispetto alle gran<strong>di</strong> multinazionali.Ma non è consentito <strong>di</strong>lungarsi sul punto in tal sede.Un ultima riflessione critica aveva riguardato la fissazione del tetto massimofisso del 10% del valore della controversia per il compenso ai <strong>di</strong>fensori.Ne venivano segnalati i contrasti con il buon senso: il 10% <strong>di</strong> un maxi-contenziosopuò corrispondere a cifre esorbitanti, tali da incentivare iniziativericattatorie (ne si suggeriva perciò la modulazione proporzionale a scaglionidelle somme risarcitorie), nonché con la logica della liberalizzazione delletariffe, e dell’abolizione del cosiddetto patto <strong>di</strong> quota lite, recentemente introdotto.Anche qui la problematica non ha attualmente ragione <strong>di</strong> porsi conl’avvenuta eliminazione della previsione.9. Se quelle appena esposte sono state le reazioni imme<strong>di</strong>ate del versantedottrinale e socio-<strong>economico</strong> alla scelta del Senato sul primo emendamentoalla class action, non meno acceso, come già si è puntualizzato, è stato il <strong>di</strong>battitopolitico sollevatosi sul punto delle prospettive mo<strong>di</strong>ficative del testo legislativo.Gli ultimi sviluppi hanno visto il leader del Pd, Walter Veltroni, invitare,attraverso una lettera ai deputati del partito, a <strong>di</strong>fendere la cd. class actionin Finanziaria, ma introducendo più filtri contro i ricorsi facili: l’idea era quella<strong>di</strong> un filtro <strong>di</strong> proponibilità dell’azione collettiva, gestito <strong>di</strong>rettamente dalgiu<strong>di</strong>ce. Il capogruppo dell’Ulivo-Pd alla Camera, Antonello Soro, destinatariodella lettera aperta, aveva risposto imme<strong>di</strong>atamente in senso positivo, inpiena linea con le in<strong>di</strong>cazioni del leader, all’introduzione <strong>di</strong> una valutazionegiu<strong>di</strong>ziale preventiva capace <strong>di</strong> neutralizzare i rischi dell’automaticità dell’azionecollettiva che ostacolerebbero le imprese, sottoponendole a ricorsi pretestuosie poco seri.Era proprio questo il punto su cui aveva insistito Veltroni, pur dandocomunque il suo via libera politico alla azione collettiva.Che il testo del Senato andasse mo<strong>di</strong>ficato era stata convinzione <strong>di</strong>ffusa,sia all’interno della maggioranza che all’esterno.Anche il Presidente dell’Antitrust, Antonio Catricalà, si era espresso intal senso, proponendo un modello <strong>di</strong> class action operativo su tre settori, vita,salute e risparmio, e rinviando al 2010 una verifica postuma sul funzionamentodell’istituto e sull’opportunità <strong>di</strong> estenderne l’ambito oggettivo <strong>di</strong>opertività ad altri settori.Sui “ritocchi” si era mostrato favorevole anche Roberto Manzione, il padredell’emendamento sulla class action: il suo testo iniziale prevedeva il filtro antiabusi;nella versione approvata in prima battuta, che ha ricevuto parere favorevoledel relatore e del Governo, il filtro era stato cassato. Dunque, il suoconsenso alla reintroduzione è stato pieno, così come relativamente a mo<strong>di</strong>ficheacceleratorie <strong>dei</strong> tempi processuali delle cause collettive.75


Il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, aveva proposto una serie<strong>di</strong> interventi, miranti a “rime<strong>di</strong>are” in or<strong>di</strong>ne alla legittimazione ad agire edal meccanismo <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduazione <strong>dei</strong> partecipanti, al fine <strong>di</strong> consentire alleimprese <strong>di</strong> quantificare il rischio <strong>di</strong> contenzioso che costituisce una posta <strong>di</strong>bilancio con relativi accantonamenti.Mentre Francesco Rutelli si preoccupava <strong>di</strong> non congestionare il sistemagiu<strong>di</strong>ziario, il responsabile giustizia dell’ex Margherita, Pierluigi Mantini,aveva in<strong>di</strong>viduato i punti su cui agire, ovvero l’introduzione <strong>di</strong> un filtro delgiu<strong>di</strong>ce sui soggetti legittimati e sulla non temerarietà della lite, un tempo <strong>di</strong>decadenza delle azioni collettive, la possibilità dell’appello, l’in<strong>di</strong>viduazione<strong>dei</strong> soggetti legittimati tra quelli già riconosciuti ed i portatori <strong>di</strong> interessicollettivi in<strong>di</strong>cati dal giu<strong>di</strong>ce.Dall’opposizione (Forza Italia), per contro, arrivava invece la richiesta <strong>di</strong>stralciare questa parte della Finanziaria: per Maurizio Sacconi, il provve<strong>di</strong>mentoè una “clava anticapitalistica”.Il <strong>di</strong>rettore generale dell’Ania, Giampaolo Galli, ha riba<strong>di</strong>to i problemi <strong>di</strong>raccordo tra le novità della azione collettiva alcune norme costituzionali, specificandoche negli Stati Uniti esiste un giu<strong>di</strong>zio definitivo e tombale <strong>di</strong> assoluzione,nel senso che l’esito vittorioso per un’azienda impe<strong>di</strong>sce che si intentiuna causa sullo stesso argomento, laddove in Italia è presente un ostacolocostituzionale, che è stato anche il motivo per cui il progetto iniziale si erafermato in commissione giustizia al Senato.Molteplici, dunque, si sono prospettati i quesiti ripresentati alla Camera.Manzione si era mostrato contrario alla limitazione del raggio operativo a tresettori, come proposto da Catricalà, ma ha con<strong>di</strong>viso l’importanza del ruoloche avrebbe potuto assumere l’Antitrust e <strong>di</strong> cui lo stesso Presidente si èmostrato convinto: “Ogni volta che l’Autorità come organo tecnico si sarà espressa inmodo chiaro su ingannevolezza o aggressività <strong>dei</strong> messaggi, allora si potrà aprire lastrada al risarcimento, con prove certe. Impren<strong>di</strong>tori ed investitori devono essere tranquillizzatiche non si tratterà <strong>di</strong> un massacro, ma saranno fatti rispettare <strong>di</strong>ritti chegià esistono nel nostro or<strong>di</strong>namento con un meccanismo più moderno” 12 .10. E veniamo all’esito dell’ampio <strong>di</strong>battito prospettato. La azione collettivaviene ri<strong>di</strong>segnata da ben 108 emendamenti all’art. 99 della Finanziaria,approdati in commissione Giustizia alla Camera a firma <strong>di</strong> una trentina <strong>di</strong>deputati, con un pacchetto <strong>di</strong> 50 mo<strong>di</strong>fiche presentate dal tandem StefanoPe<strong>di</strong>ca e Federico Palomba dell’Italia <strong>dei</strong> valori. In commissione Bilancio è12 Cfr. articolo “Cause collettive. Catricalà: partire da vita, salute e risparmio. Class action,sì a Veltroni. La Camera lavora al “filtro”, <strong>di</strong> N Picchio, il Sole 24 ore, Politica e società, 22-11-07, p.13.76


giunta la lettera del presidente della Commissione giustizia Pino Pisicchiocontenente i cento e più emendamenti, nel rispetto della scadenza per la presentazionedegli emendamenti alla Finanziaria. Il presidente si è trovatocostretto a respingerli in blocco per un motivo tecnico, ovvero il limite temporale<strong>di</strong> trenta minuti in cui la commissione avrebbe dovuto esaminarli,essendo interrotto il lavoro delle commissioni per 24 ore per la fiducia postadal Governo. Per evitare la soppressione degli emendamenti, non più ripresentabiliin commissione Bilancio oppure in aula, Pisicchio li ha in un certoqual senso “salvati”: molte mo<strong>di</strong>fiche vanno infatti nella <strong>di</strong>rezione voluta dallacommissione Giustizia, come l’estensione della legittimazione, l’incentivo allaconcorrenza tra le associazioni e i rappresentanti della classe ed il rafforzamentodel ruolo-filtro del giu<strong>di</strong>ce. Nel corso del <strong>di</strong>battito sui no<strong>di</strong> da sciogliere,tenendo conto che il risarcimento collettivo europeo non troverà concretizzazioneprima del 2009, l’azione collettiva è stata nuovamente presa <strong>di</strong>mira dal <strong>di</strong>rettore generale <strong>di</strong> Confindustria, Maurizio Beretta per il quale“così come approvata dal Senato è un mostro giuri<strong>di</strong>co e va ra<strong>di</strong>calmente mo<strong>di</strong>ficata”.Il ministro dell’Economia, Bersani ha assicurato l’impegno del Governo arecepire ed attuare le correzioni affinché lo strumento “non sia impiegato a logiche<strong>di</strong>storsive”, aggiungendo al contempo <strong>di</strong> non accettare “demonizzazioni <strong>di</strong> unostrumento che c’è in una dozzina <strong>di</strong> Paesi della Ue”. Il presidente dell’Antitrustinoltre si è augurato il riconoscimento <strong>di</strong> un ruolo <strong>di</strong> “coprotagonista” per la suaAuthority.Tra gli interveti politici <strong>di</strong> maggior rilievo, si registra il commento <strong>di</strong>Michele Vietti, deputato Udc, il quale, nel presentare forti perplessità circa l’introduzionedell’istituto de quo, ha sostenuto la necessità <strong>di</strong> un ripensamento delfunzionamento e della struttura delle associazioni <strong>dei</strong> consumatori ed utenti, “nonpotendosi conferire un potere senza correlata responsabilità”. L’idea espressa è quella <strong>di</strong>un controllo sulla democraticità della struttura, sulla necessaria specifica professionalitàed onorabilità <strong>dei</strong> membri, sui necessari controlli sul bilancio, nonchél’esigenza <strong>di</strong> un patrimonio minimo. Per il deputato, non può attribuirsi a talisoggetti un potere rilevante senza prevedere la possibilità, almeno in astratto, chegli stessi siano in grado <strong>di</strong> fronteggiare gli oneri relativi; appare pertanto impensabilel’introduzione <strong>di</strong> una <strong>di</strong>sciplina dell’azione collettiva risarcitoria priva <strong>di</strong>una puntuale <strong>di</strong>sciplina <strong>dei</strong> soggetti legittimati all’esercizio dell’azione.In secondo luogo, sembra aleggiare l’idea della “soccombenza” del convenutoall’interno dell’art. 99, <strong>di</strong> imme<strong>di</strong>ata evidenza nella previsione dell’obbligoin capo allo stesso del pagamento delle spese in caso anche <strong>di</strong> condannaparziale. L’esponente <strong>di</strong> Udc non con<strong>di</strong>vide il principio, parlando <strong>di</strong> “<strong>di</strong>menticanza”del legislatore nel prevedere una norma introduttiva dell’obbligo incapo all’attore del pagamento delle spese <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio in caso <strong>di</strong> rigetto delladomanda, dovendo il sistema <strong>di</strong> ricorso all’autorità giu<strong>di</strong>ziaria porsi necessa-77


iamente in maniera “neutra”. Inoltre, si sottolinea la mancata positivizzazionedella non peregrina ipotesi <strong>di</strong> domanda riconvenzionale (l’esempio riportatoè quello <strong>di</strong> un’azione avente ad oggetto l’anatocismo bancario trimestrale adebito del cliente, che non potrebbe non vedere una domanda riconvenzionaleda parte della Banca tesa a far <strong>di</strong>chiarare la nullità anche dell’anatocismoannuale a cre<strong>di</strong>to del cliente).Infine, ad avviso del deputato un sistema <strong>di</strong> conferimento <strong>di</strong> potere nonpuò strutturarsi in modo da accentrarsi in capo alle associazioni <strong>dei</strong> consumatorie utenti senza garantire tutela al contraente finale “rappresentato”, quantomenosotto il profilo della <strong>di</strong>sposizione “in negativo” <strong>dei</strong> propri <strong>di</strong>ritti. È ilcaso della possibilità per le associazioni <strong>di</strong> transigere la controversia, <strong>di</strong>sponendocosì “in negativo” del <strong>di</strong>ritto del rappresentato. All’uopo si renderebberonecessari <strong>dei</strong> meccanismi decisionali all’interno delle associazioni relativamenteall’ipotesi <strong>di</strong> transazione <strong>di</strong> una lite avviata.Per superare questa obiezione ricollegata al principio, costituzionalmentegarantito, per cui tutti possono agire in giu<strong>di</strong>zio per la tutela <strong>dei</strong> propri <strong>di</strong>rittied interessi legittimi, l’idea proposta è quella dell’articolazione <strong>di</strong> una precisascansione, che vede l’esercizio dell’azione, il controllo preventivo da partedell’autorità giu<strong>di</strong>ziaria sulla sussistenza <strong>dei</strong> requisiti legislativamente previsti,l’autorizzazione ad agire, nonché la pubblicizzazione dell’avvio dell’azionecollettiva con l’in<strong>di</strong>cazione del termine entro il quale i singoli interessati possonopresentare adesione (c.d. opt-in). Secondo l’impostazione suggerita la sentenzaandrebbe a svolgere i suoi effetti esclusivamente in capo ai soggetti chehanno aderito all’iniziativa. Le conclusioni <strong>di</strong> Vietti sono nette: il sistema presentatoin Finanziaria appare privo della necessaria “terzietà”, logicamentecontrad<strong>di</strong>ttorio e giuri<strong>di</strong>camente non corretto, occorrendo il coraggio politico<strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficare la <strong>di</strong>sciplina, non potendosi ritenere vigente nel campo della<strong>di</strong>sposizione da parte <strong>di</strong> terzi <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti in<strong>di</strong>viduali, il principio “meglio qualcosache nulla”.Sintetizzando i punti che hanno arricchito la fisionomia della class action,sotto il profilo <strong>dei</strong> contenuti dell’emendamento presentato dal Governo rilevanogli aspetti della estensione della legittimazione soggettiva e della pre<strong>di</strong>sposizione<strong>di</strong> un articolato filtro <strong>di</strong> ammissibilità, nel senso della valutazionedella non manifesta infondatezza, dell’assenza <strong>di</strong> conflitto <strong>di</strong> interessi e dellanon incongruità tra azione collettiva ed interessi, oltre che la cancellazione deltetto del 10 % previsto per le spese legali; sotto il versante degli obiettivi dell’accordoEsecutivo-maggioranza, il meccanismo messo a punto prevede unaforma <strong>di</strong> adesione controllata, ovvero un’adesione scritta da presentare da ogniinteressato all’associazione che ha proposto l’azione fino alla pronuncia <strong>di</strong>appello e fino all’u<strong>di</strong>enza <strong>di</strong> precisazione delle conclusioni. Ancora imprecisatele modalità <strong>di</strong> pubblicità dell’avvio della azione collettiva. Con la pronuncia78


<strong>di</strong> accoglimento della pretesa <strong>dei</strong> consumatori, il giu<strong>di</strong>ce può fissare solo i criteriper la liquidazione oppure determinare la somma che l’impresa dovrà corrispondereal singolo consumatore. L’impresa ha a <strong>di</strong>sposizione un arco temporale<strong>di</strong> 60 giorni dalla notifica per formulare una sua proposta, decorso ilquale, o in caso <strong>di</strong> mancata accettazione, si proseguirà <strong>di</strong>nanzi alla Camera <strong>di</strong>conciliazione.11.Tra gli interventi più significativi sull’art. 99 della Finanziaria su cuiha lavorato la Commissione Bilancio alla Camera, merita rilievo l’aspetto dellaretroattività della <strong>di</strong>sciplina. Il presidente della Commissione, Lino Duilio, siera espresso nel senso della non retroattività e dello stesso avviso era stato ilrelatore alla Finanziaria alla Camera, Michele Ventura (Partito Democratico-Ulivo), secondo cui il testo licenziato dal Senato, se interpretato in chiaveretroattiva avrebbe creato serie perplessità, soprattutto per le vicende economichedegli ultimi anni. La lista delle azioni risarcitorie potenziali rispetto alpassato è in effetti numerosa e comprende il crack Parmalat. Ventura ha sostenutol’opportunità <strong>di</strong> evitare misure <strong>di</strong>scutibili, ostative all’importante processo<strong>di</strong> risanamento e rilancio avviato dalle gran<strong>di</strong> aziende.All’interno della maggioranza si erano registrati orientamenti contrastanti.Secondo Federico Palombo dell’Italia <strong>dei</strong> Valori la non retroattività dellaclass action avrebbe creato una doppia ingiustificata <strong>di</strong>sparità <strong>di</strong> trattamento,<strong>di</strong>scriminando positivamente i protagonisti <strong>dei</strong> più gravi scandali finanziari,favorendoli ingiustificatamente, e negativamente i soggetti danneggiati, sfavorendoliingiustamente rispetto a tutti i danneggiati che, per le situazionigiuri<strong>di</strong>che in corso, avrebbero potuto far valere i loro <strong>di</strong>ritti.Dello stesso tenore erano state le reazioni <strong>di</strong> alcune associazioni <strong>di</strong> consumatori-risparmiatori,quali il “Siti” (sindacato italiano per la tutela dell’investimentoe del risparmio), intervenendo anche a nome delle 26 associazioni“non Cncu”, che aveva espresso “in<strong>di</strong>gnazione per l’ipotesi <strong>di</strong> escluderel’applicabilità (che solo artificiosamente può essere definita retroattività) dellanorma sulla azione collettiva a vicende quali Parmalat, Cirio e Argentina, i cuieffetti sono ancora pienamente evidenti e non sanati” 13 , nonché l’Adusbef,per la quale un limite alla retroattività equivarrebbe a “svuotare” la classaction.Gli ultimi termini <strong>di</strong> intervento si sono <strong>di</strong>spiegati nel senso della retroattivitàdella <strong>di</strong>sciplina, con la possibilità <strong>di</strong> essere utilizzata per fatti e vicendeavvenuti prima della sua entrata in vigore, anche se non è detto che sarà un’armaper gli azionisti “tra<strong>di</strong>ti” dai crack, come quello Parmalat.07.13 Cfr. “Class action solo al futuro”, articolo <strong>di</strong> Isabella Bufacchi, il sole24 ore, 7-12-79


12. Puntualizzando, dunque, le novità introdotte dal relatore alla FinanziariaMichele Ventura (Pd) nel suo emendamento al testo Manzione-Bordon,si delineano i profili concernenti la formula dell’“opt-in” all’inizio della procedura(con una semplice comunicazione scritta dell’interessato); il rafforzamentodegli accor<strong>di</strong> stragiu<strong>di</strong>ziali con la previsione, dopo la sentenza del giu<strong>di</strong>ce,<strong>di</strong> un accordo <strong>di</strong>retto tra impresa e consumatori oppure in camera <strong>di</strong> conciliazionee con la limitazione delle azioni in<strong>di</strong>viduali, con intenti deflattivi. Lemo<strong>di</strong>fiche del relatore hanno inoltre stabilito che il filtro del giu<strong>di</strong>ce sarà collegialee non monocratico ed hanno soppresso il comma 12 del Manzione-Bordonsulla nullità <strong>dei</strong> contratti per pubblicità ingannevole.Dell’impianto votato dal Senato la commissione Bilancio alla Camera hamantenuto il periodo <strong>di</strong> “assestamento” alla nuova <strong>di</strong>sciplina pari a 180 ggdall’entrata in vigore della norma (Manzione si era mostrato favorevole adestenderlo a 270 gg ma non a 360) ed ha lasciato, come si è detto, il carattereretroattivo della norma che potrà essere applicata ad illeciti extracontrattualied extracontrattuali, pratiche scorrette e comportamenti anticoncorrenzialiverificatisi prima dell’entrata in vigore della class action.A nostro avviso, l’impatto empirico <strong>di</strong> un modello processuale risarcitoriocollettivo si porrà quale realizzazione <strong>di</strong> una concreta fisionomia <strong>di</strong> profili costituzionalinon attuati nel nostro or<strong>di</strong>namento, quali la tutela delle formazionisociali, avvantaggiando la <strong>di</strong>fesa <strong>dei</strong> soggetti economicamente più deboli.Allegato: Emendamento all’articolo 99All’articolo 99 sono apportate le seguenti mo<strong>di</strong>ficazioni:al comma 2, capoverso articolo I40-bis, sostituire il comma I con il seguente:“1. Le associazioni <strong>di</strong> cui al comma 1 dell’articolo 139 e gli altri soggetti <strong>di</strong> cui alcomma 2 del presente articolo sono legittimati ad agire a tutela degli interessi collettivi <strong>dei</strong>consumatori e degli utenti richiedendo al tribunale deI luogo in cui ha sede l’impresa l’accertamentodel <strong>di</strong>ritto al risarcimento del danno e alla restituzione delle somme spettantiai singoli consumatori o utenti nell’ambito <strong>di</strong> rapporti giuri<strong>di</strong>ci relativi a contratti stipulatiai sensi dell’articolo 1 342 del co<strong>di</strong>ce civile, ovvero in conseguenza <strong>di</strong> atti illecitiextracontrattuali, <strong>di</strong> pratiche commerciali scorrette o <strong>di</strong> comportamenti anticoncorrenziali,quando sono lesi <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> una pluralità <strong>di</strong> consumatori o utenti”;al comma 2, capoverso articolo 140-bis, sostituire i commi 2 e 3 con i seguenti:“2. Sono legittimate ad agire ai sensi del comma I anche associazioni e comitatiche sono adeguatamente rappresentativi degli interessi collettivi fatti valere. I consumatorio utenti che intendono avvalersi della tutela prevista dal presente articolo devonocomunicare per iscritto al proponente la propria adesione all’azione collettiva. L’adesio-80


ne può essere comunicata, anche nel giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> appello, fino all’u<strong>di</strong>enza <strong>di</strong> precisazionedelle conclusioni. Nel giu<strong>di</strong>zio promosso ai sensi del comma I è sempre ammesso l’intervento<strong>dei</strong> singoli consumatori o utenti per proporre domande aventi il medesimo oggetto.L’esercizio dell’azione collettiva <strong>di</strong> cui al comma I o, se successiva, l’adesione all’azionecollettiva, produce gli effetti interruttivi della prescrizione ai sensi dell’articolo2945 del co<strong>di</strong>ce civile.3. Alla prima u<strong>di</strong>enza il tribunale, sentite le parti, ed assunte quando occorresommarie informazioni, pronuncia sull’ammissibilità della domanda, con or<strong>di</strong>nanzareclamabile davanti alla corte <strong>di</strong> appello, che pronuncia in camera <strong>di</strong> consiglio. Ladomanda è <strong>di</strong>chiarata inammissibile quando è manifestamente infondata, quando sussisteun conflitto <strong>di</strong> interessi, ovvero quando il giu<strong>di</strong>ce non ravvisa l’esistenza <strong>di</strong> uninteresse collettivo suscettibile <strong>di</strong> adeguata tutela ai sensi del presente articolo. Il giu<strong>di</strong>cepuò <strong>di</strong>fferire la pronuncia sull’ammissibilità della domanda quando sul medesimooggetto è in corso una istruttoria davanti ad un’autorità in<strong>di</strong>pendente. Se ritieneammissibile la domanda il giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong>spone, a cura <strong>di</strong> chi ha proposto l’azione collettiva,che venga data idonea pubblicità <strong>dei</strong> contenuti dell’azione proposta e dà i provve<strong>di</strong>mentiper la prosecuzione del giu<strong>di</strong>zio”;c) al comma 2, capoverso articolo 140-bis, sostituire il comma 4 con il seguente:“4. Se accoglie la domanda, il giu<strong>di</strong>ce determina i criteri in base ai quali liquidarela somma da corrispondere o da restituire ai singoli consumatori o utenti che hannoaderito all’azione collettiva o che sono intervenuti nel giu<strong>di</strong>zio. Se possibile allo statodegli atti, il giu<strong>di</strong>ce determina la somma minima da corrispondere a ciascun consumatoreo utente. Nei sessanta giorni successivi alla notificazione della sentenza, l’impresapropone il pagamento <strong>di</strong> una somma, con atto sottoscritto, comunicato a ciascun avente<strong>di</strong>ritto e depositato in cancelleria. La proposta in qualsiasi forma accettata dal consumatoreo utente costituisce titolo esecutivo”;d) al comma 2, capoverso articolo 140-bìs, sostituire i commi da 5 a 14 con iseguenti:“5. La sentenza che definisce il giu<strong>di</strong>zio promosso ai sensi del comma 1 fa statoanche nei confronti <strong>dei</strong> consumatori e utenti che hanno aderito all’azione collettiva. Èfatta salva l’azione in<strong>di</strong>viduale <strong>dei</strong> consumatori o utenti che non aderiscono all’azionecollettiva, o non intervengono nel giu<strong>di</strong>zio promosso ai sensi del comma I.6. Se l’impresa non comunica la proposta entro il termine <strong>di</strong> cui al comma 4 o nonvi è stata accettazione nel termine <strong>di</strong> sessanta giorni dalla comunicazione della stessa,il presidente del tribunale competente ai sensi comma I costituisce un’unica camera <strong>di</strong>conciliazione per la determinazione delle somme da corrispondere o da restituire ai consumatorio utenti che hanno aderito all’azione collettiva o sono intervenuti ai sensi delcomma 2 e che ne fanno domanda. La camera <strong>di</strong> conciliazione è composta da un avvocatoin<strong>di</strong>cato dai soggetti che hanno proposto l’azione collettiva e da un avvocato in<strong>di</strong>-81


cato dall’impresa convenuta ed è presieduta da un avvocato nominato dal presidente deltribunale tra gli iscritti all’albo speciale per le giuris<strong>di</strong>zioni superiori. La camera <strong>di</strong>conciliazione quantifica, con verbale sottoscritto dal presidente, i mo<strong>di</strong>, i termini el’ammontare da corrispondere ai singoli consumatori o utenti. Il verbale <strong>di</strong> conciliazionecostituisce titolo esecutivo. In alternativa, su concorde richiesta del promotore dell’azionecollettiva e dell’impresa convenuta, il presidente del tribunale <strong>di</strong>spone che la composizionenon contenziosa abbia luogo presso uno degli organismi <strong>di</strong> conciliazione <strong>di</strong> cuiall’articolo 38 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, e successive mo<strong>di</strong>ficazioni,operante presso il comune in cui ha sede il tribunale. Si applicano, in quanto compatibili,le <strong>di</strong>sposizioni degli articoli 39 e 40 del citato decreto legislativo 17 gennaio2003, n. 5, e successive mo<strong>di</strong>ficazioni”.e) al comma 2, capoverso articolo 140-bis, sopprimere il comma 11;f) al comma 2, capoverso articolo 140-bis, sopprimere il comma 12;g) dopo il comma 3 inserire i seguenti:“4. All’articolo 50-bis, primo comma, del co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> procedura civile, dopo il numero7) è aggiunto il seguente:“8) nelle cause <strong>di</strong> cui all’articolo 140-bis del co<strong>di</strong>ce del consumo, <strong>di</strong> cui al decretolegislativo 6 settembre 2005, n. 206”.5. Al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, la rubrica del titolo 11 dellaparte V è sostituita dalla seguente: “Accesso alla giustizia”.82


II. DAI CONVEGNI DEL CIRSFIConcentrazione e concorrenza bancaria in Italiain prospettiva storica<strong>di</strong>Carmela ErrichielloLa concorrenza e la concentrazione bancaria non sono operazioni solo <strong>dei</strong>nostri giorni, si può <strong>di</strong>re che siano nate con la stessa nascita <strong>dei</strong> sistemi bancari“moderni”. È su tale argomento che si focalizza il V seminario CIRSFI(Centro interuniversitario <strong>di</strong> ricerca per la storia finanziaria italiana) tenutosi,il 19 ottobre 2007, presso la Facoltà <strong>di</strong> Economia dell’Università degli stu<strong>di</strong><strong>di</strong> Cassino. Tema del seminario era la “Concorrenza e concentrazione bancaria inItalia in prospettiva storica”, utilizzando, come chiave <strong>di</strong> lettura, il volume <strong>di</strong>Francesco Giordano “Storia del sistema bancario italiano”. Si tratta della riletturacritica dell’evoluzione del sistema bancario e un occasione per evidenziarnei legami con le vicende politiche ed economiche, e per analizzare la peculiareposizione italiana nel contesto internazionale, sia del passato che nelpanorama attuale. Il <strong>di</strong>battito si avvale del contributo <strong>di</strong> eminenti stu<strong>di</strong>osi cheattraverso i loro interventi rispondono a <strong>di</strong>versi interrogativi.Tommaso Fanfani, moderatore del simposio, inizia il suo <strong>di</strong>scorso esprimendoun giu<strong>di</strong>zio sul testo <strong>di</strong> Francesco Giordano. Un testo che riporta i lettorisu due livelli <strong>di</strong> riflessioni: uno storico, in quanto analizza il ruolo dellebanche miste durante i primi anni della seconda rivoluzione industriale, quando,si inizia a sentire la necessità <strong>di</strong> creare gran<strong>di</strong> infrastrutture accentrate perlo sfruttamento delle nuove tecniche <strong>di</strong> produzione e <strong>di</strong> trasporto, in quei settoriche beneficiavano delle enormi e rapide innovazioni tecniche. Un secondolivello prende in considerazione il Novecento, allorché si assiste ad una trasformazionepiù profonda come conseguenza della legge bancaria del ’26 e del’36, la ricostruzione, e la fine del Novecento, dove la concentrazione <strong>di</strong>ventala protagonista. Tommaso Fanfani ritiene che ci sono numerosi punti chefanno riflettere su quello che è il filo conduttore delle relazioni tra banca, ter-83


itorio e sviluppo <strong>economico</strong>. È su questi argomenti che si chiede ai relatoriuna propria opinione espressa anche attraverso l’interpretazione del testo <strong>di</strong>Francesco Giordano.Alfredo Gigliobianco ritiene opportuno esaminare ciò che è accaduto nelsistema bancario italiano iniziando dalla nascita dello stato impren<strong>di</strong>tore, unargomento che ha segnato la storia economica italiana e in un certo sensoanche la storia politica del paese. Egli esprime la sua opinione rileggendo ilvolume <strong>di</strong> Francesco Giordano, quando, analizza il ruolo dell’IRI e <strong>di</strong>ce “ pocodopo la sua fondazione, l’IRI assume il controllo <strong>di</strong>retto sia delle banche chedelle partecipazioni che a esse facevano capo. Ciò rappresenta la naturale evoluzionedel processo <strong>di</strong> salvataggio, ma anche il risultato, per così <strong>di</strong>re, incidentaledelle partecipazioni incrociate”. Secondo Giordano, sembra che l’IRIassuma il controllo <strong>di</strong>retto delle banche e delle partecipazioni, quin<strong>di</strong> l’IRInon prende solo partecipazioni industriali o solo le banche. Gigliobiancosostiene che le banche sono incidentalmente possedute dall’IRI solo per unpassaggio <strong>di</strong> partecipazioni industriali, atto che, a lungo andare, ha portato aconseguenze negative sul piano della concorrenza, in quanto la mancata conten<strong>di</strong>bilitànella priorità delle gran<strong>di</strong> banche è un problema <strong>di</strong> livello concorrenziale.Se ci conformiamo alla vecchia scuola storica interpretativa e <strong>di</strong>ciamoche la proprietà pubblica delle banche è stato un fatto incidentale, si sottovalutail problema ideologico che è partito da una decisione pubblica e si consideraquesto dogma un fatto incidentale. Gigliobianco conclude facendo notareche il para<strong>di</strong>gma anticoncorrenziale, che era stato messo in pratica nel1933, aveva origini molto più antiche, nato all’interno delle banche <strong>di</strong> emissione,durante la crisi <strong>di</strong> fine ‘800, quando si manifesta un eccesso <strong>di</strong> concorrenzaper sfruttare effetti speculativi e quin<strong>di</strong> in seguito a tale evento che si haun’idea anticoncorrenziale ben ra<strong>di</strong>cata e ci è voluto molto tempo perchéall’interno della banca centrale nascesse la consapevolezza che il mercato nonera soltanto guardato dal lato della concorrenza eccessiva.Franco Belli arricchisce il <strong>di</strong>battito esaminando la grande trasformazioneche si ha tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta del Novecento.Egli enuncia il processo <strong>di</strong> banchizzazione delle casse <strong>di</strong> risparmio, pone l’interrogativo<strong>di</strong> quale fosse la <strong>di</strong>fferenza tra banca privata e quella pubblica perla quale forse vi è una <strong>di</strong>fferenza non formale, ma sostanziale, pertanto l’aggettivo“incidentale”. La grande novità della metà degli anni ’80 è il decretodel Presidente della Repubblica che recepisce la seconda <strong>di</strong>rettiva europea del1976, che definisce “l’attività bancaria un’attività d’impresa”. La banca èun’impresa, ma non vuol <strong>di</strong>re niente, chi fa impresa ha un proprio para<strong>di</strong>gmaterritoriale; la banca non vende noccioline, ma vende cre<strong>di</strong>to, cioè denaro.84


L’attività bancaria non è semplice, necessita <strong>di</strong> determinate tecniche, pertanto,bisogna riprendere il <strong>di</strong>scorso della concorrenza imperfetta, il <strong>di</strong>scorso dell’oligopolio<strong>di</strong> un certo tipo, perché tale oligopolio si sta adattando al sistemabancario italiano e ai sistemi bancari europei. Un’ultima provocazioni <strong>di</strong> FrancoBelli è che “il sistema bancario si sviluppa e si trova in questa <strong>di</strong>scrasia tracrescita del sistema bancario e il sistema delle imprese”.Pietrangelo Dacrema, professore or<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> economia degli interme<strong>di</strong>arifinanziari, ritiene doveroso chiedersi cosa sta succedendo,”tutto è incidentale?”. Asuo parere, l’IRI è incidentale perché sostiene che qualsiasi ente <strong>di</strong> salvataggionasce in modo incidentale, ma quello che lo stu<strong>di</strong>oso teme è che tutta l’evoluzionedel sistema bancario italiano sia stata, da un lato, naturale e, dall’altro, èstata abbastanza incidentale, cioè nulla <strong>di</strong> previsto, nulla <strong>di</strong> pianificato. Ogniistituzione ha pianificato la propria sopravvivenza, il proprio intervento all’interno<strong>di</strong> un sistema, che è definibile complesso, ma nessuna capacità <strong>di</strong> reale pianificazionee <strong>di</strong> reale governo della struttura, per certi aspetti, non è giustificabilene auspicabile. La Banca D’Italia ha portato avanti un lavoro <strong>di</strong> salvaguar<strong>di</strong>adel sistema, da un lato, e, dall’altro, ha subito una sconfitta, cioè per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong>potere. Parlare <strong>di</strong> concorrenza e <strong>di</strong> concentrazione non è semplice, tutto è prevalentementeincidentale, in quanto anche la teoria <strong>di</strong>ce che la concorrenza, lasopravvivenza tra enti, istituzioni, imprese e organismi che si occupano <strong>di</strong> unastessa attività, è un’incidenza. Dacrema nota che è auspicabile un monopolio oanche un oligopolio. Vi sono alcune contrad<strong>di</strong>zioni a livello teorico e a livellopratico. Non è semplice capire cosa è preferibile, è <strong>di</strong>fficile in<strong>di</strong>rizzare il sistemaverso ciò che è preferibile, tanto più parlare <strong>di</strong> strategie. Non vanno estromesse<strong>di</strong>scussioni virtuose sulle economie <strong>di</strong> scala, c’è una visione pressoché unanime,in quanto un organismo finanziario, oltre una certa <strong>di</strong>mensione, ha solo <strong>di</strong>seconomie,un esempio è l’UNICREDIT. Gli stessi stu<strong>di</strong> sulle economie <strong>di</strong> scalahanno <strong>di</strong>mostrato che, dopo una certa <strong>di</strong>mensione, le banche sono utili per seper i citta<strong>di</strong>ni, ma lo sono meno <strong>di</strong> quanto lo sarebbero se fossero più piccole,per cui sorgono spontanee le domande: come possono risolversi queste <strong>di</strong>scrasie?La concentrazione fino a che punto può considerarsi utile? Dacrema sostiene cherisulta più semplice raggiungere la massimizzazione del profitto, in una qualsiasiimpresa, rispetto all’attività <strong>di</strong> una banca, in quanto, per raggiungere lasod<strong>di</strong>sfazione <strong>dei</strong> propri clienti, nel caso <strong>di</strong> un’impresa alimentare, non è la stessacosa per i clienti <strong>di</strong> una banca, visto che non esiste il denaro migliore, non esisteuna <strong>di</strong>fferenza nella qualità, tutti utilizzano il denaro per gli stessi scopi aprescindere da come viene utilizzato, lo stesso può <strong>di</strong>rsi per l’attività dellabanca, in quanto, nonostante la omogeneità del denaro, una banca situata aMilano e un’altra ubicata in Calabria si comporteranno <strong>di</strong>versamente, in funzionedella propria territorialità.85


Francesco Giordano, responsabile dell’area pianificazione, strategie e stu<strong>di</strong>del gruppo Unicre<strong>di</strong>t, pur non essendo uno storico si è impegnato in un’operache potrebbe essere o non essere <strong>di</strong> tipo storica. Il titolo del libro che l’e<strong>di</strong>toreaveva suggerito doveva essere: “Dalla banca mista alla banca universaleandata e ritorno”. Un titolo non molto affascinante, ma capace <strong>di</strong> rifletterequello che l’autore ha analizzato. La ragione che ha spinto Giordano alla ricercaè la privatizzazione del Cre<strong>di</strong>to Italiano. Egli ritiene interessante evidenziarealcune citazioni degli stessi fautori <strong>di</strong> questa operazione, i quali si sentivanomolto motivati, perché avevano l’impressione che quello che stavano facendoavesse un ruolo civico importante. Non era semplicemente la privatizzazione<strong>di</strong> una banca, ma era un passo necessario per portare l’Italia all’interno<strong>di</strong> un sistema industrializzato e a ciò aggiungono una postilla che <strong>di</strong>ce: “unasensazione che forse avevamo in comune con i padri delle riforme precedenti”.Una citazione molto interessante, perché i padri della Comit sono quelli cheportano, più o meno, incidentalmente la Comit a <strong>di</strong>ventare pubblica. Moltoutile si considera una citazione <strong>di</strong> Menichella, che rispecchia la finanza contemporanea.Egli <strong>di</strong>ceva: “avete spezzato le catene che legavano le bancheall’industria, connubio innaturale, specialmente in una nazione e in un regimeche pone a base dell’azione dello Stato non le astruserie <strong>di</strong> teorie in<strong>di</strong>vidualistichee liberali, bensì la tutela del patrimonio <strong>dei</strong> citta<strong>di</strong>ni in<strong>di</strong>fesi contro gliassalti <strong>di</strong> privilegiati pronti a sfruttare le raffinatezze della tecnica capitalisticaper convogliare, a loro profitto, il sudore e il risparmio della povera gente”.Si tratta <strong>di</strong> parole che riflettono i rapporti tra la banca e i risparmiatori delperiodo, i quali subirono non pochi danni provocati dalla troppa generositànel cre<strong>di</strong>to e la forte esposizione a rischi <strong>di</strong> liqui<strong>di</strong>tà. Il testo <strong>di</strong> Giordano ricostruiscei mutamenti e gli obiettivi raggiunti dal sistema bancario; analizza losviluppo della regolamentazione; rileva che la banca per essere sana deve essereessenzialmente pubblica, infatti in molti paesi - e vale la pena sottolinearlo,non solo in Italia - era possibile per le autorità pubbliche determinare evincolare sia l’ammontare totale, sia la <strong>di</strong>rezione dell’attività cre<strong>di</strong>tizia. InGran Bretagna, fu introdotta una legge allo scopo <strong>di</strong> liberarsi <strong>di</strong> tali forme <strong>di</strong>controllo <strong>di</strong>retto del cre<strong>di</strong>to. Infatti, Goodhart sosteneva che “le banche commercialierano in un certo senso cooptate nel settore pubblico, in forme similia pubblic utilities”. La capacità <strong>di</strong> base delle banche <strong>di</strong> valutare e gestire irischi si era atrofizzata. Allo stesso modo, vi era poca domanda <strong>di</strong> attività, o <strong>di</strong>capacità, <strong>di</strong> supervisione o regolamentazione da parte delle banche centrali; daquesta citazione Giordano sente <strong>di</strong> doversi uniformare al pensiero <strong>di</strong> Belli, ilquale sostiene che la banca è un soggetto <strong>economico</strong> molto particolare e, percerti versi, la banca può essere impresa, quin<strong>di</strong>, il sistema può acquistare unabanca come impresa in concorrenza più efficiente, più efficace, ma lo può faresolo in un sistema sufficientemente invasivo ben costruito che permette <strong>di</strong>86


contemperare il vantaggio della concorrenza con i rischi connaturati nel sistemabancario.Il convegno si chiude con i lavori della tavola rotonda dove si apre un<strong>di</strong>battito che mette a confronto non solo i relatori ma anche docenti comeFrancesco Balletta, Giuseppe Conti, Pietro Cafaro, Nicola de Ianni. Durante il<strong>di</strong>battito si mette in risalto e si chiarisce il ruolo della banca e si definiscel’attività bancaria, nonché le <strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong> tale attività esistenti sul territorioche portano non pochi ostacoli allo sviluppo <strong>economico</strong> e soprattutto alla crescitadel tessuto impren<strong>di</strong>toriale; non vengono trascurate le trasformazioni delsistema bancario indotte dalla necessità <strong>di</strong> volersi, in qualche modo, adeguareal processo internazionale.Alfredo Gigliobianco apre i lavori della tavola rotonda chiarendo la funzionedella banca, la quale spesso viene vista solo come erogatrice <strong>di</strong> denaro,sottovalutando tutte le altre funzioni, ragionamento che porta spesso ad un’unicaconclusione la quale dovrebbe essere che un ente unico statale si occupidella <strong>di</strong>stribuzione del denaro. Conclusione errata perché se veramente esistessequesto ente, in qualsiasi momento, lo stato deciderebbe se un’impresa puòcontinuare la propria attività ed è in questa fase che si evidenziano i lati positividella concorrenza, in quanto l’impren<strong>di</strong>tore pur vedendosi negare la propriarichiesta <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>to ha la possibilità <strong>di</strong> rivolgersi ad un’altra banca, e questoè l’in<strong>di</strong>ce della libertà economica.Francesco Balletta impreziosisce la <strong>di</strong>scussione della tavola rotonda conuna considerazione sull’intero sistema Italia. Egli sostiene che man manoche si va avanti negli stu<strong>di</strong> ci si rende sempre più conto che ci troviamo <strong>di</strong>fronte ad un sistema che trova la sua forza nelle gran<strong>di</strong> contrad<strong>di</strong>zioni, e cisi chiede come questo sistema abbia potuto crescere? Cita alcune contrad<strong>di</strong>zioni:pubblico e privato; piccola impresa e grande impresa; mercato enon mercato; nord e sud. Soffermandoci esclusivamente sulla concentrazionebancaria e anche sulla concorrenza ci si rende conto che si è avuta una<strong>di</strong>versa evoluzione storica della concentrazione bancaria. Quando parliamo<strong>di</strong> concentrazione bancaria non dobbiamo trascurare gli innumerevoli tentativifatti da parte della Banca d’Italia <strong>di</strong> assorbire gli altri istituti <strong>di</strong>emissione. L’unità degli istituti <strong>di</strong> emissione si è realizzata solo a seguito <strong>di</strong>una crisi, e quin<strong>di</strong> tale operazione è stata alimentata dal momento; nellostesso tempo, si dava origine ad una contrad<strong>di</strong>zione che vede da una partequesto processo <strong>di</strong> concentrazione e dall’altra una proliferazione delle piccolebanche: banche popolari, casse <strong>di</strong> risparmio e così via; e quin<strong>di</strong> sorgel’interrogativo <strong>di</strong> quale fosse la strada giusta da prendere, la grande banca87


o la piccola banca? Ma la realtà del periodo era la politica <strong>di</strong> formare lagrande banca, giustificata dal processo <strong>di</strong> crescita stimolato dalla secondarivoluzione industriale, epoca in cui si aveva la formazione della gran<strong>dei</strong>mpresa e quin<strong>di</strong> anche la grande banca.Un’altra contrad<strong>di</strong>zione rivelata da Balletta è stata la rimozione delle piccoleborse che esistevano in Italia, le quali avrebbero potuto dare un contributopositivo alla crescita delle piccole imprese. Analizzando gli anni più vicinia noi assistiamo ai profon<strong>di</strong> mutamenti che si manifestano in tempi e mo<strong>di</strong><strong>di</strong>versi da paese a paese privilegiando l’allargamento del mercato e una piùridotta presenza dello Stato. In Italia, si assiste all’approvazione <strong>di</strong> un provve<strong>di</strong>mentolegislativo universalmente noto come legge Amato, questi anni si<strong>di</strong>stinguono per il grande processo <strong>di</strong> privatizzazione e si origina la grandecontrad<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> oggi, si assiste ad un processo <strong>di</strong> concentrazione delle banchementre dall’altro lato c’è una frantumazione delle imprese commerciali eindustriali.Giuseppe Conti mette in luce alcune <strong>di</strong>fferenze tra il sistema bancario statunitensee quello europeo. Negli Stati Uniti, spesso, si assiste al fallimento <strong>di</strong>banche, motivo da ricercare nell’eccessiva regolamentazione, contraria alla formazionedelle gran<strong>di</strong> banche, per cui sono soggette facilmente a fallire. Ilsistema della finanza, negli Stati Uniti, è sempre stato visto con una certaavversione e le banche sono ingabbiate, non vi è libertà per l’apertura <strong>di</strong> filiali.Diversa si presenta la situazione del sistema bancario europeo, dal tardo‘800 agli anni ’30, allorché il sistema lascia ampia libertà alle banche. Il sistemaè costituito <strong>di</strong> banche grosse, casse <strong>di</strong> risparmio o istituti che hanno nellostatuto come obiettivo la beneficenza, ma non sono istituti <strong>di</strong> speculazione ocapitalistici. Quin<strong>di</strong> il sistema bancario italiano sembra che tenda a seguire ilsistema americano, poche banche internazionali e una miriade <strong>di</strong> banchelasciate libere <strong>di</strong> operare. Negli Stati Uniti, le conseguenze negative <strong>di</strong> un <strong>di</strong>ssestobancario ricadono sull’istituto del fallimento, infatti dove c’è mercatodeve esserci fallimento. Secondo Conti tutto ciò che si è verificato tra la finedegli anni ’70 e gli inizi degli anni ’80, non è ancora del tutto chiaro dalpunto <strong>di</strong> vista storico e quin<strong>di</strong> è interessante capire perché è nata, da parte <strong>di</strong>Ronald Regan, Margaret Thatcher e non solo, l’idea <strong>di</strong> deregolamentare moltisettori compreso quello della finanza. Ma a questo interrogativo si preferisceche sia Francesco Giordano a dare la risposta, il quale sostiene che, negli anni’70, la finanza non esiste, ma sono anni caratterizzati dalla terza rivoluzioneindustriale e questo rivolgimento ha provocato non pochi problemi a tutte leeconomie, e il sistema finanziario, in qualche modo, ha dovuto fare i conti conil ren<strong>di</strong>mento delle proprie regole. Nel caso dell’Italia, negli anni ’70, laBanca d’Italia, assieme agli altri regolatori, subisce un grosso choc, esce Guido88


Carli e si inse<strong>di</strong>a un nuovo modo <strong>di</strong> fare le regole, nasce la banca universaleche si <strong>di</strong>fferenzia non poco dalla banca mista, qui non c’è una riforma ma unviaggio in due mon<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi e se così la possiamo definire “un andata e unritorno che migliora”.Nicola De Ianni, da un giu<strong>di</strong>zio positivo del testo presentato da Giordano,il quale risulta molto critico in alcune vicende e in alcuni momenti dellastoria bancaria italiana, infatti tende a sottolineare il ruolo che ha avuto labanca mista, non sottovaluta la posizione <strong>di</strong> Beneduce e Menichella, criticadello statalismo, evidenzia la conservazione <strong>di</strong> una certa impostazione delsistema bancario italiano dal dopoguerra agli anni ’70 e ’80, quando bisognafare i conti con il miracolo industriale, il quale comporta la rapida trasformazionedel sistema cre<strong>di</strong>tizio che, a partire dalla legge Amato, ha dovuto fare iconti con il processo <strong>di</strong> integrazione, che porta a non riconoscere la bancacome qualche tempo fa, una trasformazione indotta da qualcosa, cioè dallanecessità <strong>di</strong> volersi adeguare ad un processo internazionale. Alla fine, De Iannisostiene che non esiste un’identità staccata della finanza rispetto all’economia,bisogna iniziare a riflettere sul fatto che oggi finanza e economia sono dueaspetti <strong>di</strong> una stessa realtà, fin quando si continuerà a stu<strong>di</strong>are la finanza e l’economia,la prima come l’aspetto negativo della speculazione e l’economiacome parte nobile, saremo sempre fuori, perché staremo fuori dai <strong>processi</strong>, e ilfatto che ogni giorno ci si preoccupa della crescita economica sicuramente avràun significato.Francesco Giordano si impegna a dare alcune risposte a domande posteglidai relatori. La prima cosa che sente <strong>di</strong> precisare, in qualità <strong>di</strong> bancario e non<strong>di</strong> storico, è la funzione della banca. La banca non fa sol<strong>di</strong>, ma fondamentalmentene trasforma la scadenza, non a caso lo stesso Menichella <strong>di</strong>ceva che lebanche, strutturalmente, trasformano la scadenza, perché prendono depositi avista e li prestano a lungo termine. Menichella con grande enfasi sostiene lepiccole banche, perché le gran<strong>di</strong> banche tendono ad essere <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nate e comportanonon pochi problemi all’intero sistema, per cui, più volte, si sono fatti<strong>di</strong>scorsi sul fallimento, tanto che hanno alimentato <strong>di</strong>battiti sulla necessità omeno <strong>di</strong> fare assicurazioni. Il sistema bancario ha continuato ad applicare unatecnica bancaria naturale, cose tecniche per restare in vita, ma si comincia apensare che forse il problema non è tanto pubblico o privato, ma garantire unorganizzazione efficace <strong>di</strong> un sistema <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa essenzialmente basato sull’attribuzione<strong>di</strong> capitale prima e <strong>di</strong> prestiti subor<strong>di</strong>nati dopo. Gli anni ’70 rappresentanola svolta, perché si scopre che la banca pubblica o privata salta, c’ènecessita <strong>di</strong> regole. Gli sviluppi internazionali e comunitari avevano resonecessario l’avvio <strong>di</strong> un processo <strong>di</strong> riforma, l’intensità della crisi che colpisce89


il sistema finanziario italiano – il virtuale collasso del cre<strong>di</strong>to speciale, i casiSindona, prima, Calvi poi – lo rendono più che mai urgente. Quin<strong>di</strong> Basilea Iparte fondamentalmente, da Calvi – Sindona. In quel periodo, si ha il primoincontro <strong>di</strong> Basilea I e forse, da questo momento fino alla legge Amato, laBanca d’Italia investe in tecnicismo, non garantisce depositi se non quelli italianipur sapendo <strong>di</strong> non avere una legge sulla garanzia <strong>dei</strong> depositi, cioè siinventa il comportamento, il mercato si spaventa, per qualche mese non c’èpiù liqui<strong>di</strong>tà, ma poi si comincia a ragionare e si arriva ad un sistema non più<strong>di</strong> banca mista ma banca universale. Con la seconda <strong>di</strong>rettiva europea, ognibanca deve <strong>di</strong>chiarare la proprietà delle sue azioni e ci sono <strong>dei</strong> vincoli sull’ammontare<strong>di</strong> azioni possedute da imprese industriali, perché c’è il conflittod’interesse tra cre<strong>di</strong>to e azione. Dopo queste puntualizzazioni è giusto <strong>di</strong>re chela banca deve prendere a deposito e prestare a lungo se il sistema è ben regolamentatoe ben organizzato? Per rispondere si prende in considerazione unacitazione del governatore Draghi: “abbiamo fatto tutte queste riforme alloscopo <strong>di</strong> rafforzare il sistema finanziario <strong>di</strong> tipo non cre<strong>di</strong>tizio bancario, isegni <strong>di</strong> questo sistema non cre<strong>di</strong>tizio bancario sono piuttosto deboli, forseperché, in Italia, non abbiamo industrie <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni elevate le quali trovanoterreno fertile dove c’è una finanza ben organizzata. La realtà attuale ci fanotare che le banche piccole stanno crescendo con una certa rapi<strong>di</strong>tà, nonostantealcuni stu<strong>di</strong> confermano la tesi che, oltre un certo limite, le economie<strong>di</strong> scala non ci sono più nell’industria bancaria. Le banche chiedono <strong>di</strong> esseresempre più gran<strong>di</strong> per essere sempre meno possibili prede <strong>di</strong> altre banche, unfenomeno che potrebbe scontrarsi con delle <strong>di</strong>seconomie <strong>di</strong> scala”.Pietro Cafaro sostiene che è vero che si è assistito ad una ristrutturazionebancaria, ma c’è anche una localizzazione piuttosto corporativa, che, nel casodella banca, ha raggiunto i migliori risultati. Gli anni ’70 non si presentanocosì semplici da comprendersi, sia dal punto <strong>di</strong> vista del settore delle bancheche del settore cooperative, infatti si hanno tentativi <strong>di</strong> mettere insieme lecooperative bianche e rosse. Andrebbero messe in luce, maggiormente, alcunebanche con capacità <strong>di</strong> essere presenti sul territorio. Il sistema <strong>economico</strong> equello bancario è molto congeniale per il tipo <strong>di</strong> economia che c’è in Italia, uncaso che potrebbe essere preso in considerazione è quello del Me<strong>di</strong>ocre<strong>di</strong>toLombardo, il quale, con le sue caratteristiche, corrisponde alla realtà economicadel territorio e la tipologia <strong>di</strong> impresa presente, dando alla banca la possibilità<strong>di</strong> un drenaggio <strong>di</strong> risorse in quanto possono essere convogliate altrove.Questa osservazione non viene con<strong>di</strong>visa da Gigliobianco il quale sostiene chela Banca d’Italia attualmente nega che ci sia un drenaggio <strong>di</strong> capitali dal sudal nord, quin<strong>di</strong> ritiene più giusto parlare <strong>di</strong> drenaggio dalla campagna allacittà o meglio, come <strong>di</strong>ce Cafaro, dall’Italia all’estero. Se si nega questo dre-90


naggio ipotetico <strong>di</strong> risparmio tra sud e nord non si può negare, come ci fanotare Balletta, una forbice tra i tassi del sud e quelli del nord. Le imprese delsud sono più rischiose per cui in un mondo or<strong>di</strong>nato almeno il tasso deve essereproporzionale a tale elemento. Ma Balletta sostiene che la risposta non è daricercare nella maggiore rischiosità <strong>di</strong> un’impresa ma nel fatto che la grandebanca non può capire la piccola impresa. Gli anni ’70 vanno ricordati ancheper il problema della finanza pubblica perché sono anni in cui si produconodeficit elevati con un controllo molto forte sul sistema finanziario. SecondoCafaro, l’IRI ha funzionato finché il suo intervento era <strong>di</strong>retto a sostenere losviluppo <strong>economico</strong>, cioè non c’erano <strong>di</strong>etro funzioni tipicamente pubbliche asostegno dell’occupazione.Il 20 ottobre nella sala convegni dell’Hotel “Al Boschetto” Fausto PiolaCaselli presenta e <strong>di</strong>scute i progetti <strong>di</strong> ricerca sulla storia finanziaria italianaelaborati da dottoran<strong>di</strong> e assegnisti <strong>di</strong> ricerca <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse università italiane. La<strong>di</strong>scussione <strong>dei</strong> progetti viene articolata in funzione del periodo storico in cuisi collocano le rispettive ricerche, per cui si ha una sud<strong>di</strong>visione temporale.Ricerche dell’epoca modernaMarco Dotti presenta una relazione sull’attività <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>to della congregadella Carità Apostolica <strong>di</strong> Brescia nel XVIII secolo. Essa si focalizza sulla gestionefinanziaria dell’istituto con particolare attenzione al cre<strong>di</strong>to, in quanto si tratta<strong>di</strong> un’attività che trascende i fini istituzionali della congrega, adeguandosi aibisogni caritativo-assistenziali e inglobando anche quelli monetari.Marcella Lorenzini presenta un progetto sugli enti religiosi come sistema<strong>di</strong> impresa in epoca moderna: il caso veronese nel XVII secolo. La tesi cerca <strong>di</strong>ricostruire l’assetto patrimoniale e finanziario <strong>di</strong> un convento <strong>di</strong> Santa Anastasia.Dai risultati raggiunti si è evidenziato sia l’inserimento dell’attività <strong>di</strong>prestito <strong>dei</strong> Domenicani in un circuito finanziario più ampio, sia alcune ambiguitàriguardo a una delle principali fonti <strong>di</strong> red<strong>di</strong>to del convento, i livelli.Matteo <strong>di</strong> Tulli presenta una relazione sul cre<strong>di</strong>to alle comunità rurali dellostato <strong>di</strong> Milano, durante le guerre d’Italia: il caso della Geradadda. Di Tullioanalizza gli ultimi anni del dominio sforzesco fino all’avvento della dominazionespagnola, abbinando perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> preparazione alla guerra o <strong>di</strong> guerra lontananella regione Geradadda situata sul confine orientale dello stato <strong>di</strong> Milano.Emanuele Colombo presenta una relazione sulle finanze <strong>di</strong> una comunitàdella Lombar<strong>di</strong>a Spagnola in età moderna, Gambolò. Il dottorando ha stu<strong>di</strong>atoi tratti fondamentali della storia finanziaria <strong>di</strong> una comunità del piccolocontado <strong>di</strong> Vigevano, formato da appena un<strong>di</strong>ci terre.91


Ricerche relative all’età contemporaneaGuizzi presenta una ricerca sulle nuove fonti per la storia del cre<strong>di</strong>to cattolicoe regionale: l’archivio storico della Banca Cattolica del Veneto (1892 –1989). La dottoranda Guizzi ha approfon<strong>di</strong>to alcuni aspetti della banca e dellaconcentrazione del cre<strong>di</strong>to cattolico nella regione utilizzando documentiarchivistici della banca.Lorenzo Iaselli presenta una ricerca su Alberto Beneduce e il sistemafinanziario internazionale tra le due guerre. Iaselli ha analizzato il contributo<strong>di</strong> Alberto Beneduce al <strong>di</strong>battito sulla creazione del Gold exchenge standardall’indomani della prima guerra mon<strong>di</strong>ale, nonché il ruolo svolto dall’economistaper favorire l’adesione italiana al nuovo sistema monetariointernazionale.Stefania Manfrellotti presenta una relazione sul mercato <strong>dei</strong> titoli pubblicia lungo termine nelle regioni italiane dal 1946 al 1963. Manfrellotti ha ricostruitola consistenza <strong>dei</strong> titoli pubblici a lungo termine a livello regionale, inun periodo poco esaminato, ma caratterizzato da un debito pubblico per lamaggior parte in possesso <strong>di</strong> risparmiatori privati e non <strong>di</strong> istituti bancari odalla stessa Banca d’Italia come accadrà negli anni successivi.Giovanni Farese presenta una ricerca sull’IMI e la politica industriale delfascismo,1936 – 1943. Attraverso tale ricerca egli ha analizzato l’interventodella classe <strong>di</strong>rigente del regime autarchico nelle politiche <strong>di</strong> incentivazioneallo sviluppo e alla modernizzazione economica, nonché la posizione dell’IMInella strategia <strong>di</strong> autarchia economica.Elena Cavalleri presenta una ricerca sulla crisi della bilancia <strong>dei</strong> pagamentiitaliana dal 1963 – 64. L’obiettivo è quello <strong>di</strong> esaminare il processo <strong>di</strong> stabilizzazione,per comprendere come fu possibile, in pochi mesi eliminare ilgravissimo squilibrio della bilancia <strong>dei</strong> pagamenti e quali furono i limiti e icosti <strong>di</strong> tale operazione.Enrico Berbenni presenta uno stu<strong>di</strong>o sul mercato immobiliare milanese trale due guerre mon<strong>di</strong>ali. L’esperienza del cre<strong>di</strong>to italiano e della banca commercialeitaliana. La ricerca <strong>di</strong> Berbenni si focalizza su come hanno operato lebanche nel processo <strong>di</strong> trasformazione della città, o meglio l’obiettivo dellaricerca è quello <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare le strategie <strong>di</strong> investimento adottato dalle duebanche.92


III. RECENSIONID. Demarco, Il <strong>di</strong>battito sulla popolazione in Italia nei secoli XVIII-XIX e altrisaggi, E<strong>di</strong>zioni Scientifiche Italiane, Napoli 2007Il volume raccoglie numerosi saggi scritti da Domenico Demarco, celebrestorico dell’economia dell’età moderna e contemporanea, autore, tra gli altri, <strong>di</strong>importanti testi sullo Stato Pontificio, il Banco <strong>di</strong> Napoli, la situazione economica- sociale del Mezzogiorno nel XIX secolo e la formazione dell’Italia economicae i suoi problemi nei secoli XIX-XX.Il volume in esame abbraccia una serie sistematica <strong>di</strong> scritti oggetto <strong>di</strong> relazionipresentate dall’autore, tra il 1975 e il 1983, ai convegni della Società Italiana<strong>di</strong> demografia storica, incentrati sull’evoluzione della popolazione.Attraverso un’accurata analisi delle dottrine demografiche sviluppate nel Settecentoitaliano, Demarco ha tratto importanti considerazioni. Innanzitutto, cheMilano e Napoli sono i centri in cui gli stu<strong>di</strong>osi sono più numerosi, e in formapiù contenuta Torino, Mantova, Venezia. In secondo luogo, il pensiero italianonon è <strong>di</strong>fforme e svincolato da quello francese, inglese e tedesco. Infatti, per ilcarattere cosmopolita che il movimento intellettuale riveste nell’età dell’illuminismo,per i frequenti contatti che si stabiliscono allora tra i maggiori centri d’Italia,e fra questi e le gran<strong>di</strong> capitali europee, c’e una corrente comune <strong>di</strong> idee chesi manifestò al <strong>di</strong> qua e al <strong>di</strong> là delle Alpi. In terzo luogo, secondo il movimentointellettuale settecentesco, i problemi demografici erano la conseguenza <strong>di</strong> “causefisiche” (clima, miseria, corruzione) e “cause morali” (l’ignoranza, il celibato, illusso).Il lavoro è articolato in due parti, anche se tra <strong>di</strong> esse vi è una voluta sproporzionein favore della prima, nucleo essenziale delle tematiche trattate. Nonsenza qualche violenza, e avendo riguardo delle <strong>di</strong>verse prospettive secondo lequali esaminare il comune problema, Demarco offre un’ampia classificazionedegli stu<strong>di</strong>osi del XVIII secolo. In particolare, Galiani, Genovesi, Gorani, Zanon,Villano, Marchesini inneggiano i vantaggi <strong>di</strong> una popolazione numerosa, fonte <strong>di</strong><strong>di</strong>fesa e <strong>di</strong> ricchezza della società. Di conseguenza, le cure <strong>dei</strong> governanti devonoessere <strong>di</strong>rette al suo aumento, adottando una politica <strong>di</strong> premi ai padri con numerosaprole, pene contro i celibi, restrizioni alla libertà <strong>di</strong> emigrare. Diversa è laposizione <strong>di</strong> un secondo gruppo <strong>di</strong> scrittori, Ortes, Beccaria, Ricci, Briganti,Filangieri, che aprono un orizzonte nuovo a questi stu<strong>di</strong> in contrasto con l’ideadominante: il numero degli abitanti <strong>di</strong> uno stato non è considerato più uno stru-93


mento <strong>di</strong> potenza, ma va messo in rapporto al suo benessere e alla sua prosperità.La forza della nazione è nella qualità <strong>dei</strong> suoi citta<strong>di</strong>ni. Se la popolazione cresceoltre misura, senza mantenere una giusta proporzione con i mezzi <strong>di</strong> sussistenza,la con<strong>di</strong>zione economica peggiora e con essa lo stato fisico e morale. Infine, secondoVerri, Ban<strong>di</strong>ni, Vasco, D’Arco, Calmieri l’incremento della popolazione haluogo per via <strong>di</strong> leggi naturali, in<strong>di</strong>pendenti da ogni arbitrio umano e senza bisogno<strong>di</strong> stimoli artificiali.Interessante è il secondo capitolo della prima parte del libro che appare volutamentepiù elaborato per la presenza dell’opera <strong>di</strong> Malthus, sulla quale sono statiscritti moltissimi saggi, tanto che alcuni autori hanno intitolato i loro contributi“prima e dopo Malthus”. Lo scopo dell’autore è quello <strong>di</strong> mostrare l’importanza cheebbe quell’opera, le categorie <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>osi che impegnò e il fatto che, in Italia, si<strong>di</strong>scusse largamente <strong>di</strong> essa. La dottrina maltusiana,contrariamente agli scrittoriitaliani del Settecento, perviene ad una visione desolante dell’umanità, destinataper forza <strong>di</strong> leggi naturali ad un continuo immiserimento. La visione pessimistica,teorizzata da Malthus, trova fondamento nel fatto che la popolazione cresce inproporzione geometrica mentre i mezzi <strong>di</strong> sussistenza in proporzione aritmetica.Alla luce <strong>di</strong> queste considerazioni, Demarco, grazie ad un’intensa attività <strong>di</strong>ricerca, focalizza la sua attenzione sul fatto che gli scrittori italiani del XIX secolohanno affrontato le <strong>di</strong>namiche demografiche non in modo “autonomo” bensìsviluppando riflessioni in funzione delle rivoluzionarie conclusioni maltusiane. Atal fine, l’autore ha ritenuto opportuno <strong>di</strong>stinguere gli stu<strong>di</strong>osi del periodo preunitarioda quelli dell’Italia unita. Nel primo caso, egli ha in<strong>di</strong>viduato un gruppoabbastanza omogeneo costituito dagli avversari <strong>di</strong>chiarati <strong>di</strong> Malthus. Ad essi sipossono iscrivere Giandomenico Romagnosi, Sismondo de Sismon<strong>di</strong>, SalvatoreMajorana – Calatabianco e Francesco Fuoco, secondo i quali tra la popolazione ele sussistenze vi è un equilibro che si forma naturalmente, senza gettare l’Europanel panico. Un secondo gruppo, tenendo conto del contributo <strong>di</strong> Malthus al problemadella popolazione, propone una nuova formulazione, in cui si tiene conto<strong>dei</strong> risultati del progresso tecnico e <strong>di</strong> quello sociale, minimizzando il pericolo <strong>di</strong>un inasprimento dell’incremento della popolazione. Vi appartengono Camillo <strong>di</strong>Cavour, Pellegrino Rossi, Francesco Ferrara. Infine, vi è un altro gruppo <strong>di</strong> scrittoriche fanno appello all’informazione statistica, la quale fornisce elementi concretiper centrare gli aspetti più importanti della questione, ad esso si possonoiscrivere Melchiorre Gioia ed Angelo Messedaglia.Dopo l’Unità, il <strong>di</strong>battito sulla popolazione <strong>di</strong>venta ancora più complessoimpegnando economisti, sociologi, socialisti, statistici, neo - malthusiani. Anchein questa parte, Demarco ha illustrato e messo a confronto le <strong>di</strong>verse posizionicon notevole chiarezza e precisione. In particolare, per gli economisti, la questionenon va affrontata in termini <strong>di</strong> progressione aritmetica o geometrica ma esaminandola struttura della piramide demografica e delle possibilità <strong>di</strong> impiegodelle forze <strong>di</strong> lavoro. Anche i sociologi sono schierati contro Malthus, consideran-94


do la miseria come un fatto accidentale, poiché vi è una legge <strong>di</strong> equilibrio universaletra popolazione e mezzi <strong>di</strong> esistenza. Meno critici sono gli statistici, secondoi quali esistono delle forze <strong>di</strong> natura politica e culturale che riportano la popolazioneentro i limiti <strong>dei</strong> mezzi <strong>di</strong> esistenza. Ancora più innovativa è la posizione<strong>dei</strong> socialisti che attribuiscono l’eccesso cronico <strong>di</strong> popolazione all’iniqua <strong>di</strong>stribuzionedella terra e al pessimo e insufficiente impiego del capitale. Per maggiorecompletezza espositiva, l’autore descrive anche la posizione <strong>dei</strong> neo-maltusiani,sebbene il loro contributo sia stato debole a causa del linguaggio sfrontato cheoffende la coscienza dell’Italia.La seconda parte del libro contiene scritti <strong>di</strong> varia natura, ma che riguardanolo stesso tema. Più specificamente, Demarco si è soffermato sull’importanza dell’informazionestatistica e sulla capacità dello storico dell’economia <strong>di</strong> riuscire adestreggiarsi nelle cifre e dominarle, in modo da rendere chiara l’interpretazionedel fenomeno storico che i dati esprimono.L’analisi realizzata da Demarco costituisce un contributo fondamentale allainterpretazione dell’evoluzione del pensiero degli stu<strong>di</strong>osi <strong>di</strong> demografia. Il volumecostituisce un punto <strong>di</strong> riferimento fondamentale per ulteriori approfon<strong>di</strong>mentidel settore.Rita CoppolaA. Cova (a cura <strong>di</strong>), Il <strong>di</strong>lemma dell’integrazione. L’inserimento dell’economia italiana nelsistema occidentale (1945-1957), E<strong>di</strong>tore Franco Angeli, Milano, 2008.Come chiaramente espresso nella prefazione del curatore Cova, il volume sipropone <strong>di</strong> analizzare il processo <strong>di</strong> integrazione dell’Italia nel sistema occidentalenegli anni della ricostruzione fino agli inizi del miracolo <strong>economico</strong>. Alla finedella guerra l’adesione dell’Italia al blocco occidentale appariva tutt’altro chescontata sia per ragioni <strong>di</strong> politica estera che per le <strong>di</strong>visioni interne alla classe<strong>di</strong>rigente del paese. Lo scopo del volume è quello <strong>di</strong> soffermarsi sulla “<strong>di</strong>mensioneinternazionale” <strong>dei</strong> <strong>processi</strong> che portarono l’Italia ad aderire al modello occidentale,in questa ottica viene effettuata una analisi <strong>dei</strong> principali avvenimenti,accor<strong>di</strong> e piani <strong>di</strong> intervento che caratterizzarono la <strong>di</strong>fficile ricostruzione dell’Italiadalle <strong>di</strong>struzioni del secondo conflitto mon<strong>di</strong>ale.Ad aprire il volume è Clau<strong>di</strong>o Besana che si sofferma sugli “interessi italicinell’area danubiana, nei Balcani e nei territori coloniali tra 1946 e 1948”. Nellaprima parte del suo lavoro, Besana compie una breve ed efficacie descrizione dellaposizione italiana nei confronti della comunità internazionale, dalla quale emergeche, “sia pure in presenza <strong>di</strong> piccole aperture e concessioni, l’Italia si presentava,alla fine della guerra, in una con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> ghetto politico in Europa”. L’autore,quin<strong>di</strong>, offre una puntuale descrizione degli avvenimenti principali che precedet-95


tero la Conferenza della pace e fa ben cogliere le <strong>di</strong>verse posizioni <strong>dei</strong> paesi vincitoricon particolare riferimento alle mire che Stati Uniti e Unione Sovieticanutrivano sul nostro paese. Con riferimento alla conferenza <strong>di</strong> pace, viene posto inevidenza il generalizzato pessimismo che accompagnò la delegazione italianacapeggiata dal Presidente del Consiglio De Gasperi che comunque non mancò <strong>di</strong>battersi sui punti che ritenne più controversi riuscendo a spuntare qualchemiglioramento solo su questioni secondarie, ma non su quelle più importanti dalpunto <strong>di</strong> vista territoriale ed <strong>economico</strong>-finanziario. Quin<strong>di</strong>, Besana analizza leparti fondamentali del trattato <strong>di</strong> pace; dal punto <strong>di</strong> vista territoriale le per<strong>di</strong>tepiù gravi per l’Italia si ebbero sul confine orientale, in quanto furono accoltequasi integralmente le richieste jugoslave appoggiate dai russi. Con riferimentoalle sanzioni <strong>economico</strong>-finanziarie, l’analisi viene incentrata sugli artt. 74, 75,76, 77, 78 e 79 del trattato che imposero pesanti oneri a carico dell’Italia. Attraversouna trattazione concisa ed efficace, Besana ben evidenzia il peso <strong>di</strong> tali sanzionisoffermandosi, inoltre, sulla vibrata, ma inutile, protesta della nostra delegazione.Infatti, i delegati italiani fecero prontamente notare che il paese non erain grado <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfare le imposizioni soprattutto in virtù della pessima con<strong>di</strong>zionedella bilancia <strong>dei</strong> pagamenti. Sono interessanti le osservazioni dell’autore sullesanzioni riguardanti la moneta emessa dalla forze alleate in Italia e quella suidanni subiti dall’Italia e dagli italiani all’estero, infatti, Besana espone chiaramentele contrad<strong>di</strong>zioni delle sanzioni inflitte dagli alleati in quanto “ da un latoriconoscevano che l’Italia doveva trovare le risorse necessarie alla sua ricostruzione…dall’altro imponevano clausole <strong>di</strong> pace che privavano la penisola <strong>dei</strong> suoibeni all’estero”. Data l’impossibilità <strong>di</strong> altre azioni, il trattato venne ratificatodall’Italia e <strong>di</strong>venne esecutivo il 15 settembre del 1947. Nella parte conclusivadel suo scritto, l’autore si sofferma ulteriormente sulle <strong>di</strong>fficoltà relative all’applicazionedelle sanzioni <strong>economico</strong> – finanziarie e sui danni economici dovuti alleper<strong>di</strong>te territoriali.Andrea Bonol<strong>di</strong> ci propone un lavoro imperniato sulla ripresa dell’area subalpinadurante il secondo dopoguerra. In particolare, l’autore pone l’accento sulprocesso <strong>di</strong> modernizzazione <strong>di</strong> tali zone e sulla crescita <strong>dei</strong> settori secondario eterziario, soffermandosi sulle <strong>di</strong>fferenze riscontrabili nelle <strong>di</strong>verse regioni oggetto<strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o. Le <strong>di</strong>versità nello sviluppo furono dovute, a parere dell’autore, a fattorifondamentali quali le attività preesistenti sul territorio, la ratifica <strong>dei</strong> trattati<strong>di</strong> pace e il riassetto istituzionale dell’Italia. Attraverso un’analisi demograficadelle regioni oggetto della trattazione, Bonol<strong>di</strong> sottolinea che alla fine dellaseconda guerra mon<strong>di</strong>ale in molte aree alpine italiane fosse percepibile una <strong>di</strong>ffusasensazione <strong>di</strong> malessere. Inoltre, attraverso un’analisi del valore aggiunto vieneposto in evidenza che queste zone conobbero uno sviluppo sostenuto negli annidel secondo dopoguerra anche se l’inizio della ripresa fu ritardata rispetto al restod’Italia. Nella seconda parte del lavoro, vengono esaminati casi <strong>di</strong> specie cherafforzano le tesi sostenute. In particolare, emerge che fu la provincia <strong>di</strong> Belluno96


a far registrare il maggiore sviluppo che riguardò principalmente il settore secondario.I fattori propulsivi per lo sviluppo della provincia <strong>di</strong> Belluno possono in<strong>di</strong>viduarsinell’aumento <strong>di</strong> popolazione che si spostò verso le industrie e nell’incrementodelle attività manifatturiere, senza tralasciare appositi interventi legislativimirati allo sviluppo della zona. Anche nella trattazione relativa al Trentino-Alto A<strong>di</strong>ge l’autore offre una chiara esposizione <strong>di</strong> dati allo scopo sia <strong>di</strong> ricostruirela storia dello sviluppo <strong>di</strong>somogeneo della regione nel periodo prebellico, che<strong>di</strong> sottolineare il ritardo con cui si innescò la ripresa nel dopoguerra. Bonol<strong>di</strong> sisofferma, inoltre, sullo sviluppo dell’Austria, del Tirolo, <strong>di</strong> Salisburgo e Vorarlbergponendo all’attenzione del lettore gli aspetti comuni e le <strong>di</strong>fferenze nellacrescita economica <strong>di</strong> tali aree. Non manca, inoltre, un particolare riferimento alcantone svizzero <strong>dei</strong> Grigioni. In conclusione, l’autore, attraverso una lucida esposizione<strong>di</strong> dati, evidenzia le linee comuni e le <strong>di</strong>fferenze dello sviluppo delle zonealpine nei decenni successivi al secondo dopoguerra.Nella prima parte del suo stu<strong>di</strong>o, Aldo Carera, evidenzia la ripresa dell’industriaturistica italiana durante il secondo dopoguerra. L’autore sottolinea le necessitàdell’industria turistica italiana <strong>di</strong> far fronte alle mutate esigenze della clientelatenendo, inoltre, presente nuove realtà <strong>di</strong> attrazione del turismo internazionaleche ampliarono il mercato aggredendolo dal lato <strong>dei</strong> prezzi. Carera offre unaefficace panoramica <strong>dei</strong> primi congressi nazionali sul turismo puntualizzando chele richieste degli operatori del settore non erano puntate solo all’ampliamentodelle strutture esistenti, ma anche al miglioramento del servizio offerto e alpotenziamento del cre<strong>di</strong>to alberghiero. La necessità <strong>di</strong> far fronte efficacementealle richieste <strong>di</strong> una clientela sempre più esigenti apparve lampante nella Conferenzagenerale del turismo organizzata a Roma nel 1953 dall’American Chamberof commerce for Italy. L’autore fa cogliere a pieno le necessità degli operatoririportando uno stralcio della relazione finale. Vengono, inoltre, illustrati i tentativi<strong>di</strong> creare un organo <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>namento che permettesse al settore <strong>di</strong> organizzarsiin maniera meno frammentata e che consentisse una maggiore comunicazionecon il mondo politico, infatti, il Commissariato per il turismo, istituito nel1947, ottenne risultati insod<strong>di</strong>sfacenti soprattutto a causa degli scarsi finanziamentia <strong>di</strong>sposizione. Ampio spazio è de<strong>di</strong>cato al <strong>di</strong>battito politico imperniatosulla necessità <strong>di</strong> creare un Ministero per il turismo, la cui costituzione fu apertamenteappoggiata da Moro. Carera descrive con chiarezza la posizione dell’esponentedemocristiano che ribadì che la costituzione del Ministero per il turismofosse necessaria a porre rime<strong>di</strong>o “a un vuoto colmato <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>natamente da unospontaneismo che stava riducendo gli spazi per efficaci azioni <strong>di</strong> governo”. Moropose in evidenza “la mancanza <strong>di</strong> una linea d’azione con<strong>di</strong>visa dagli organi <strong>di</strong>stato e che impe<strong>di</strong>va <strong>di</strong> perseguire una vera e propria politica del turismo”. Èaltresì chiara la esposizione delle posizioni degli oppositori alla costituzione delministero. Il Ministero venne costituito con la legge n 619/1959. L’autore sottolineache il Ministero, pur avendo competenze maggiori rispetto al Commissaria-97


to per il turismo e alla Direzione dello spettacolo, non rispondeva alle reali necessitàdel settore, ma fu solo il frutto <strong>di</strong> “alchimie governative”. Inoltre, viene postoall’attenzione del lettore il problema del <strong>di</strong>fficile collegamento tra settore pubblicoe imprese private che si sostanziò in una tendenza all’atomizzazione del settore.L’ultima parte dello scritto è de<strong>di</strong>cato al Congresso sui problemi economicidel turismo del 1961 e a quello seguente del 1964. Da tali incontri emerse che ilsettore del turismo era ancora pervaso da forte in<strong>di</strong>vidualismo e privo <strong>di</strong> un efficacecoor<strong>di</strong>namento. L’autore, inoltre, si sofferma sui concetti <strong>di</strong> spontaneismo eantindustrialismo fornendo un ulteriore chiarimento sulla complessa strutturadell’industria del turismo italiana.Gianpiero Fumi nel suo saggio si propone <strong>di</strong> esaminare la “<strong>di</strong>mensione socialedelle relazioni internazionali” ponendo in evidenza il fatto che la sicurezzasociale fosse stata inserita “nella fitta rete <strong>di</strong> rapporti internazionali” <strong>di</strong>etro lapressione <strong>dei</strong> problemi reali e non solo per “ragioni ideali e politiche”. L’autoresottolinea che alla fine della guerra il welfare andava rafforzandosi in quasi tutti ipaesi compresa l’Italia, per la quale si assistette ad una convergenza verso i modelli<strong>di</strong> stato sociale propri degli altri paesi europei e ad una crescita della tutela <strong>di</strong>tipo assicurativo. Dal punto <strong>di</strong> vista della “internazionalizzazione del welfare”possono in<strong>di</strong>viduarsi due fasi; la prima caratterizzata da accor<strong>di</strong> bilaterali cheavrebbero aperto il campo alla seconda, contrad<strong>di</strong>stinta dalla multilateralità chevenne favorita dall’integrazione economica europea. Infatti, la liberalizzazionegeneralizzata dell’economia europea rese necessario pre<strong>di</strong>sporre meccanismi <strong>di</strong>tutela che garantissero la sicurezza sociale degli operatori economici più deboli.L’autore, inoltre, passa in rassegna i principali accor<strong>di</strong> che caratterizzarono il rapportotra “liberalizzazione dell’economia e protezione del lavoro”, ponendo in evidenzala complementarietà tra i due concetti. Nella giusta luce viene posta lanecessità, avvertita nei contesti <strong>di</strong> cooperazione multilaterale, <strong>di</strong> realizzare ilmaggiore “benessere” possibile. L’autore, inoltre, approfon<strong>di</strong>sce il ruolo svoltodall’Italia per migliorare la con<strong>di</strong>zione ed il trattamento <strong>dei</strong> “lavoratori migranti”.La serrata esposizione sulle tappe fondamentali dell’internazionalizzazionedella sicurezza sociale giunge fino alla elaborazione della carta sociale europea del1958. Viene effettuata anche una lucida esposizione delle correnti <strong>di</strong> pensiero cheinfluenzarono l’operato degli organismi europei in materia <strong>di</strong> welfare.L’autore Andrea Leonar<strong>di</strong>, nel suo scritto, pone in risalto l’importanza che laripresa dell’industria turistica ricoprì nella ricostruzione dell’Italia nel secondodopoguerra. Pur evidenziando che il paese aveva settori ben più importanti daricostruire, Leonar<strong>di</strong> sottolinea il ruolo fondamentale svolto dall’industria turisticain qualità <strong>di</strong> partita positiva invisibile della nostra bilancia <strong>dei</strong> pagamenti. Insintesi, l’autore in<strong>di</strong>vidua nel turismo uno <strong>dei</strong> fondamentali comparti del terziarioche avrebbe potuto innescare il volano della ripresa anche per gli altri settori.Attraverso un’analisi delle relazioni del Cir (comitato interministeriale per laricostruzione), viene sottolineato che il settore turistico necessitava <strong>di</strong> una gene-98


ale riorganizzazione che permettesse <strong>di</strong> far fronte alle mo<strong>di</strong>ficate esigenze dellaclientela e alle restrizioni derivanti dalla definizione delle nuove relazioni internazionali.Leopar<strong>di</strong> si sofferma, inoltre, sulla convinzione degli amministratoristatunitensi circa la necessità <strong>di</strong> ripresa del settore turistico nell’ottica <strong>di</strong> facilitarela ricostruzione europea. La posizione statunitense influenzò non poco l’Oecenella determinazione delle modalità <strong>di</strong> intervento a favore del turismo attraversoi fon<strong>di</strong> dell’Erp. È interessante, inoltre, la descrizione dell’attività svolta dall’AltoCommissariato per il turismo per la pre<strong>di</strong>sposizione del programma <strong>di</strong> utilizzo<strong>dei</strong> fon<strong>di</strong> dell’Erp. Puntuale, infine, appare l’analisi che in<strong>di</strong>vidua le cause delgenerale aumento <strong>di</strong> domanda nel settore che favorì la rapida ripresa dell’industriaturistica nel secondo dopoguerra.Giovanni Gregorini si sofferma sulla necessità degli impren<strong>di</strong>tori cattolicilombar<strong>di</strong>, associatisi nella sezione locale dell’Unione cristiana impren<strong>di</strong>tori <strong>di</strong>rigenti(Ucid), <strong>di</strong> affrontare il problema dell’integrazione dell’economia italianain quella dell’Europa occidentale. L’Ucid poneva al centro del sistema <strong>economico</strong>l’uomo; come ben sottolinea l’autore, avrebbe dovuto esserci una prevalenzadella persona sulla struttura. Inoltre, solo un miglioramento “<strong>dei</strong> livelli <strong>di</strong> pacesociale” avrebbe consentito al paese <strong>di</strong> integrarsi nell’economia internazionalenegli anni della ricostruzione postbellica. L’Ucid, quin<strong>di</strong>, ebbe il merito <strong>di</strong> favorirela nascita <strong>di</strong> “una nuova cultura d’impresa che rendesse più attuale tutto iltessuto <strong>economico</strong>”. Nel trattare la costituzione, all’interno dell’Ucid lombarda,del Gruppo lombardo <strong>di</strong>rigenti d’impresa cattolici, l’autore delinea le correnti<strong>di</strong> pensiero che si sviluppano nel movimento che furono concor<strong>di</strong> nella necessità<strong>di</strong> non farsi trovare impreparati a partecipare al grande mercato che andavacostituendosi. Inoltre, è interessante la rassegna degli interventi delle personalità<strong>di</strong> spicco del Comitato che mette ancor più in luce le linee guida dellanuova “cultura d’azienda” che gli impren<strong>di</strong>tori cattolici milanesi vollero portareavanti.Nel suo intervento Pietro Cafaro si propone <strong>di</strong> evidenziare le <strong>di</strong>verse posizioniche animarono il <strong>di</strong>battito interno all’Assemblea Costituente circa l’adesionedell’Italia agli accor<strong>di</strong> <strong>di</strong> Bretton Woods che rappresentarono indubbiamente la“<strong>di</strong>rezione da seguire” per permettere all’Italia <strong>di</strong> rientrare “nel novero dellenazioni che dovevano presiedere alla creazione e al mantenimento <strong>di</strong> un nuovoor<strong>di</strong>ne mon<strong>di</strong>ale”. In evidenza viene posta la posizione <strong>di</strong> De Gasperi secondo ilquale l’adesione agli accor<strong>di</strong> monetari <strong>di</strong> Bretton Woods era necessaria per innescarela ripresa del Paese. Infatti, il Presidente del Consiglio riteneva che la ricostruzionefosse un problema globale e non riferibile solo ad alcune realtà nazionali.Cafaro sofferma l’attenzione sull’attività della Sottocommissione per i problemimonetari e del commercio estero presieduta da Villani e composta da membri<strong>di</strong> sicuro valore tra i quali Baffi e Caffè. In particolare, l’autore non espone laposizione della sottocommissione attraverso i questionari pre<strong>di</strong>sposti per i soggettieconomici da intervistare o i verbali delle riunioni, bensì si rifà ai saggi99


scritti dai suoi membri. La posizione <strong>dei</strong> commissari non appare univoca, maoscilla tra il liberismo più aperto e convinzioni decisamente protezionistiche.Anche dal punto <strong>di</strong> vista monetario vi erano <strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong> non poco conto che aidue estremi ponevano da un lato un sistema internazionale basato su un cambiorigido e dall’altro monete “governate” in base ai gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> libertà a <strong>di</strong>sposizionedelle singole realtà nazionali. Puntuale è la descrizione degli interventi in aula, inparticolare vengono posti in evidenza quelli <strong>di</strong> Corbino ed Einau<strong>di</strong>, nonché quelli<strong>di</strong> Pesenti, Dugeni, Foà e La Malfa <strong>dei</strong> quali l’autore coglie le <strong>di</strong>verse sfumature.Il risultato del <strong>di</strong>battito fu l’adozione <strong>di</strong> un sistema <strong>di</strong> compromesso che Cafarodescrive attraverso le parole <strong>di</strong> Carli che ben colse le contrad<strong>di</strong>zioni tra “losmantellamento del protezionismo estero” e la costituzione <strong>di</strong> un “protezionismointerno sottoforma <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>to agevolato.”.Pia Toscano descrive il ruolo svolto dall’Associazione degli industriali nel<strong>di</strong>battito sull’adesione dell’Italia agli accor<strong>di</strong> Bretton Woods. Vengono poste inevidenza le influenze che la Confindustria ebbe sulla classe politica italiana sia neirapporti con gli alleati che sul fronte interno. Seppure ostacolata da una ventennalecollaborazione con il regime fascista, la Confindustria fece valere il propriopeso a causa delle carenze burocratiche dello stato italiano che andava ricostruendosi.Gli industriali influenzarono in modo considerevole la stesura del programmache l’Italia presentò per accedere ai fon<strong>di</strong> dell’Erp e successivamente ebberoun ruolo determinante “nella fase <strong>di</strong> ripartizione <strong>dei</strong> rifornimenti.”. L’azione dell’Associazionedegli industriali riscosse successo perché essa fu contrad<strong>di</strong>stinta dauno spirito collaborazionistico nei confronti <strong>dei</strong> governi che si succedettero inquegli anni alla guida del paese. Costa, eletto presidente nel 1945, si fece portavocedella linea voluta dall’associazione. Egli, infatti, collaborò con De Gasperisenza rinunciare al suo “<strong>di</strong>segno <strong>economico</strong>-politico” nel quale era “insostituibilela funzione dell’impresa privata”. Con riguardo alla posizione della Confindustriarispetto all’adesione dell’Italia agli accor<strong>di</strong> <strong>di</strong> Bretton Woods, Toscano pone inevidenza la posizione <strong>di</strong> Bresciani Turroni, che in realtà esprimeva il pensiero <strong>di</strong>Costa. Turroni riteneva che l’Italia dovesse sfruttare al massimo i gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> libertàlasciati dalla proposta <strong>di</strong> adesione agli accor<strong>di</strong> monetari. Quin<strong>di</strong>, l’adesione agliaccor<strong>di</strong> <strong>di</strong> Bretton Woods rappresentò un momento <strong>di</strong> frizione tra la linea preferitadalla Confindustria e quella della classe politica italiana che vide nell’adesionel’opportunità <strong>di</strong> interrompere l’isolazionismo internazionale in cui il fascismoaveva costretto l’Italia.L’autore Pasquale Galea si propone <strong>di</strong> chiarire le ragioni che portarono l’Italiaall’adesione agli accor<strong>di</strong> monetari <strong>di</strong> Bretton Woods attraverso l’analisi <strong>di</strong> relazionielaborate a vari livelli e conservate presso l’Archivio storico della Banca d’Italia.Dopo una rapida esposizione degli scopi degli accor<strong>di</strong> e <strong>dei</strong> principali organismiche sarebbero stati istituiti, Galea compie una esposizione del <strong>di</strong>battito chesi sviluppò sull’adesione dell’Italia agli accor<strong>di</strong>. Uno spazio particolare è riservatoalle osservazioni della Sottocommissione presieduta da Raffaela Mattiolo nell’am-100


ito della cosiddetta “Commissione Soleri”. Dall’analisi delle relazioni <strong>dei</strong> componentidella sottocommissione si evince che la necessità <strong>di</strong> aderire agli accor<strong>di</strong>aveva natura essenzialmente politica. Infatti, dal punto <strong>di</strong> vista <strong>economico</strong>, l’adesioneagli accor<strong>di</strong> <strong>di</strong> Bretton Woods fu utile, ma certamente non risolutiva. Inoltre,si fa notare come l’efficacia degli accor<strong>di</strong> fosse “subor<strong>di</strong>nata alla necessità <strong>di</strong>inserire gli accor<strong>di</strong> stessi nell’ambito <strong>di</strong> un organico sistema <strong>di</strong> altri accor<strong>di</strong> e<strong>di</strong>stituti economici e politici”. D’altro canto non fu sminuita la portata degliaccor<strong>di</strong> monetari che proponevano la risoluzione multilaterale <strong>di</strong> problematicheche tra<strong>di</strong>zionalmente erano state affrontate in passato con scelte unilaterali nonsempre lineari. Inoltre, l’autore si sofferma sulle relazioni <strong>di</strong> Cigliata, responsabiledell’Ufficio cambio a New York, e <strong>di</strong> Guido Carli, <strong>di</strong>rettore esecutivo del fondomonetario, ponendo in evidenza le osservazioni <strong>di</strong> natura politica del primo e lecompetenze tecniche del secondo.Isabella De Renzi propone una descrizione delle principali fonti archivistiche<strong>di</strong>sponibili per effettuare una dettagliata ricostruzione del processo decisionaleche portò l’Italia ad aderire agli accor<strong>di</strong> monetari <strong>di</strong> Bretton Woods. L’autriceconcentra la sua ricognizione <strong>di</strong> documenti oltre che nell’Archivio Centrale delloStato <strong>di</strong> Roma (ACS) e nell’Archivio Storico della Banca d’Italia (ASBI) anchepresso l’Archivio storico <strong>di</strong>plomatico del Ministero degli affari esteri e l’Archiviostorico della Camera <strong>dei</strong> deputati. Con riferimento all’ACS, <strong>di</strong> particolare interesserisultano essere i fon<strong>di</strong> relativi ai ministeri interessati al <strong>di</strong>battito svolto sull’adesionedell’Italia agli accor<strong>di</strong>, oltre a quello della Presidenza del Consiglio.Prendendo in considerazione l’ASBI, l’autrice si sofferma sul “Direttorio Introna”e sulla “Segreteria particolare <strong>di</strong> Luigi Einau<strong>di</strong>”, riportando una puntuale descrizionedell’articolazione delle fonti consultate.Gli autori Giulio Mellinato e Pier Angelo Toninelli analizzano la qualitàdegli aiuti ricevuti da Trieste nell’ambito <strong>di</strong> applicazione dell’Erp. Infatti, gliautori sottolineano che non è stato mai svolto un serio approfon<strong>di</strong>mento sullanatura qualitativa degli aiuti ricevuti dall’area triestina e sull’impatto che essiebbero sull’economia della zona. Interessante è il tentativo <strong>di</strong> inquadrare l’operatodel Governo militare alleato (Gma) nella giusta ottica; gli autori pongono inevidenza che l’intervento del Gma non fu <strong>di</strong>retto unicamente a garantire “law andorder” attraverso la ripresa <strong>dei</strong> lavori pubblici e dell’industria cantieristica. Vienesottolineato che la linea <strong>di</strong> condotta delle autorità americane nell’applicare il programmaErp evidenziò la convinzione che fosse necessario “ andare al <strong>di</strong> la dellasemplice ricostruzione materiale, ma doveva ricostruirsi il tessuto <strong>economico</strong> dell’areadel Territorio libero <strong>di</strong> Trieste.”. Il giusto spazio viene de<strong>di</strong>cato alle sfaccettaturepolitiche della questione. Inoltre, appare puntuale la descrizione <strong>dei</strong>problemi dell’economia <strong>di</strong> Trieste quale microrealtà che in qualità <strong>di</strong> entità autonomadoveva attingere al monte degli aiuti dell’Erp per i quali non manca unaesaustiva esposizione <strong>di</strong> dati quantitativi. Nella seconda parte del lavoro, Melinatoe Toninelli si soffermano su aspetti peculiari dell’economia triestina e sui piani101


elaborati dal Gma per l’utilizzo degli aiuti statunitensi. Ampio risalto viene datoall’importanza <strong>di</strong> ricostruire il porto e la flotta triestini, senza tralasciare l’industriapetrolifera. L’analisi svolta evidenzia le luci e le ombre <strong>dei</strong> risultati raggiuntinell’applicazione dell’Erp, sottolineando che “il ritorno all’Italia [<strong>di</strong> Trieste]segnò il declino <strong>di</strong> gran parte <strong>dei</strong> progetti <strong>di</strong> rinnovamento della struttura economicalocale”, vanificando in parte le risorse straor<strong>di</strong>narie attratte dalla singolaresituazione politica del Territorio libero <strong>di</strong> Trieste.Nel suo scritto Paolo Tedeschi si sofferma sulla posizione degli industrialilombar<strong>di</strong> rispetto all’erogazione <strong>dei</strong> fon<strong>di</strong> del Piano Marshall ponendo in evidenzache i loro giu<strong>di</strong>zi sul programma <strong>di</strong> aiuti furono sostanzialmente positivi. Infatti,agli impren<strong>di</strong>tori non sfuggì che le risorse statunitensi fossero fondamentaliper la ricostruzione dell’Italia. Come già accennato, gli obiettivi del Piano Marshallerano con<strong>di</strong>visi dagli appartenenti all’Assolombarda che, accanto ad unapolitica tesa al mantenimento degli equilibri finanziari e <strong>di</strong> bilancio, auspicaronoanche un sostegno all’attività produttiva, attraverso un ampliamento della domanda<strong>di</strong> beni e la crescita delle esportazioni. L’autore sottolinea, inoltre, la criticitàdegli impren<strong>di</strong>tori lombar<strong>di</strong> riguardo ai meto<strong>di</strong> applicativi del programma<strong>di</strong> aiuti. Infatti, non pochi furono i problemi “legati alla programmazione chenon teneva conto delle reali possibilità <strong>di</strong> crescita del mercato europeo e si presentavasbilanciata rispetto alle effettive necessità <strong>dei</strong> settori <strong>di</strong> intervento”. Tedeschievidenzia le <strong>di</strong>fferenze tra obiettivi prefissati e raggiunti dall’applicazionedell’Erp, inoltre rileva il <strong>di</strong>verso impatto su imprese <strong>di</strong>mensionalmente <strong>di</strong>fferentied operanti in <strong>di</strong>versi settori. L’Ail (Associazione industriali lombar<strong>di</strong>) avrebbevoluto applicare in Italia i modelli aziendali americani, ma la <strong>di</strong>versa conformazionedella nostra economia rese possibile solo alcuni passi evolutivi in<strong>di</strong>rizzatialla valorizzazione delle risorse umane. In sintesi, l’autore sottolinea che gli aiutidell’Erp non furono visti dagli impren<strong>di</strong>tori lombar<strong>di</strong> solo come lo strumento perammodernare gli impianti, ma anche e soprattutto come le risorse “necessarie allariqualificazione della forza-lavoro” che portarono una rielaborazione <strong>dei</strong> rapportitra i fattori capitale e lavoro.Luigi Trezzi analizza la complessa struttura organizzativa costituita nelle fasipreparatoria ed esecutiva del Piano Mashall. L’autore, quin<strong>di</strong>, non intende soffermarsisulle ragioni <strong>economico</strong>-politiche che portarono agli stanziamenti dell’Erp,ma offre una dettagliata descrizione dell’apparato burocratico che si dovette metterein moto per l’attuazione del piano <strong>di</strong> aiuti statunitensi. La descrizione dellamacchina burocratica per il funzionamento del Piano Marshall riguarda sia le <strong>di</strong>fferentitipologie <strong>di</strong> aiuti concessi, grants e loans in particolare, che le agenzie chevennero istituite per l’attuazione concreta del piano. Inoltre non mancano riferimentie confronti con i precedenti piani <strong>di</strong> aiuti. Con riferimento agli apparatiburocratici italiani, l’autore si sofferma sia sui sottocomitati nati come <strong>di</strong>rettederivazioni del Cir, che sulle funzioni e competenze esercitate <strong>di</strong>rettamente daiministeri, senza tralasciare l’influenza che l’Oece ebbe sul funzionamento dell’ap-102


parato burocratico riferibile all’Erp. Il giusto spazio viene riservato all’illustrazionesia <strong>dei</strong> meccanismi <strong>di</strong> funzionamento del “Fondo lire”, che della natura dell’assistenzatecnica prevista per migliorare la produttività industriale ed agricola.Nel suo lavoro, Valerio Varini verifica gli effetti che le risorse <strong>dei</strong> piani <strong>di</strong>aiuto statunitensi ebbero su alcune realtà industriali lombarde. Dopo una rapida<strong>di</strong>samina delle con<strong>di</strong>zioni e delle necessità dell’industria italiana alla fine dellaguerra, l’autore evidenzia che gli stanziamenti dell’Erp furono strutturati inmodo da favorire l’industria pesante e che le <strong>di</strong>rettive seguite nell’applicazionedel programma furono improntate soprattutto al mantenimento degli equilibrifinanziari e <strong>di</strong> bilancio e alla rivalutazione delle “human relations” all’internodelle aziende. Inoltre, l’autore, attraverso un’analisi quantitativa, in<strong>di</strong>vidua i cambiamentiche gli aiuti americani portarono nel sistema produttivo italiano. Varinisi sofferma, inoltre, sugli effetti che gli aiuti statunitensi ebbero sul tessutoindustriale <strong>di</strong> Sesto San Giovanni, effettuando, anche in questo caso, un’attentaanalisi suffragata dall’esposizione <strong>di</strong> dati quantitativi dai quali emerge che “leimprese seppero, in una sorta <strong>di</strong> affinamento in progress, selezionare quanto maggiormente,in termini <strong>di</strong> tecnologie come pure <strong>di</strong> merci destinate a produzioniqualificate, poteva essere utile a continuare le strategia aziendali intraprese giànegli anni precedenti.”.Il volume è chiuso da Anna Maria Vinci, che si sofferma sull’operato delGoverno militare alleato (Gma) a Trieste, ponendo in risalto il carattere <strong>di</strong> nonprovvisorietà che assunse in questa zona pervasa da contrad<strong>di</strong>zioni sia ideologicheche socio-politiche. L’autrice espone con chiarezza gli sforzi compiuti sia da parteitaliana che americana per “rinfrancare le <strong>di</strong>namiche e il panorama culturale delrecente passato”. L’analisi del panorama culturale della città <strong>di</strong> Trieste appare<strong>di</strong>namica e parte dalla descrizione delle con<strong>di</strong>zione dell’Università triestina allafine della guerra. L’autrice descrive la <strong>di</strong>fficile ripartenza dell’ateneo soffermandosisulla figura del prorettore Satta nominato dal Gma. La giusta importanza vienedata alle <strong>di</strong>fferenze tra le linee guida tracciate dalle autorità accademiche italianee quelle programmatiche del Governo militare alleato, che furono comunqueentrambe tese a rimettere in moto i meccanismi culturali interrotti dal regimefascista. Infatti, era essenziale sostituire al meccanismo dell’esclusione, propriodel regime fascista, quello della convivenza tra maggioranza e minoranza in unasocietà complessa come quella triestina.Il volume offre un’ampia panoramica <strong>dei</strong> fondamentali avvenimenti che innescaronola ripresa dell’economia italiana nel secondo dopoguerra con riferimentosia al contesto nazionale che internazionale fornendo un utile strumento per lacomprensione dell’inserimento dell’Italia nel sistema occidentale. Inoltre, nonmancano interessanti analisi <strong>di</strong> realtà locali che pongono ancor più in risalto lacomplessità degli argomenti trattati.103Pasquale <strong>di</strong> Ronza


F. Balletta, Borsa <strong>di</strong> Napoli: protagonisti, etica, finanza e politica economica (1946-1953), Arte Tipografica E<strong>di</strong>trice, Napoli 2007.Il periodo che segue la fine della seconda guerra mon<strong>di</strong>ale rappresenta notoriamenteuno snodo cruciale per l’economia dell’Italia repubblicana. In questianni, mentre il Paese registra una crescita economica <strong>di</strong> grande portata, inizia adefinirsi anche la sua struttura finanziaria, assumendo caratteristiche che neinfluenzeranno l’evoluzione successiva. La legge bancaria del 1936 <strong>di</strong>spiega pienamentei suoi effetti, secondo la <strong>di</strong>stinzione fra cre<strong>di</strong>to a breve e me<strong>di</strong>o lungotermine finalizzata a garantire una precisa <strong>di</strong>stinzione fra finanziatori e finanziati,ed il sistema italiano <strong>di</strong> finanziamento delle imprese si caratterizza per il ruoloprevalente degli interme<strong>di</strong>ari finanziari, piuttosto che delle borse. Anche per questaragione – ma non solo – l’attenzione della storiografia si è rivolta prevalentementeverso le banche, a scapito <strong>di</strong> altri soggetti.Il volume Borsa <strong>di</strong> Napoli: protagonisti, etica, finanza e politica economica (1946-1953), ha il pregio <strong>di</strong> fare luce su vicende poco note della storia finanziaria delnostro Paese, che anche per quanto concerne il Mezzogiorno ha concentrato la suaattenzione sull’attività delle banche. I primi decenni <strong>di</strong> storia della borsa <strong>di</strong>Napoli sono stati ricostruiti da Maria Carmela Schisani, in un volume che analizzale vicende dalla fondazione – avvenuta in seguito alle richieste del gruppo mercantiledella capitale <strong>di</strong> una regolazione dell’attività <strong>di</strong> cambio – fino all’Unitàd’Italia 1 . Grazie a Francesco Balletta, che da non poco tempo si occupa della storiadel mercato finanziario italiano, possiamo ora conoscerne l’attività in un periodosuccessivo e <strong>di</strong> grande importanza, che corrisponde agli anni <strong>dei</strong> governirepubblicani guidati da Alcide De Gasperi.Sessant’anni fa il mercato borsistico aveva caratteristiche decisamente <strong>di</strong>verseda quello o<strong>di</strong>erno. La <strong>di</strong>fferenza più rilevante era nella <strong>di</strong>ffusione territoriale: leborse valori erano <strong>di</strong>eci e si trovavano a Torino, Genova, Trieste, Venezia, Bologna,Firenza, Roma, Napoli e Palermo, oltre che a Milano. Ciascuna veniva gestitasecondo norme fissate dalle camere <strong>di</strong> commercio locali: una situazione anomala,che rimase tale fino all’istituzione della Consob nel 1974. Fra 1946 e 1953furono quotate le azioni <strong>di</strong> 35 società; fra <strong>di</strong> esse c’erano imprese meri<strong>di</strong>onali(Cotoniere meri<strong>di</strong>onali, Società elettriche Campane e Lucane, Strade ferrate meri<strong>di</strong>onali),ma anche del resto del Paese (come Fiat, Generali ed altre). Gli agenti <strong>di</strong>borsa che operarono a Napoli in questo periodo furono complessivamente 28, maalcuni furono attivi solo per qualche anno.L’autore ricostruisce in modo minuzioso l’andamento delle quotazioni, soffermandositalvolta su singoli titoli azionari e esaminando anche il mercatoobbligazionario e i titoli <strong>di</strong> Stato. La narrazione è corredata da un ricco apparatostatistico, con numerosi grafici e tabelle, che permettono un’analisi estre-1 M.C. Schisani, La Borsa <strong>di</strong> Napoli (1778-1860), Napoli 2001.104


mamente analitica. Sono descritti anche gli umori del mercato, ponendo sistematicamentein rilievo l’influenza dell’economia reale e delle vicende italianeed internazionali sulle quotazioni. La principale fonte utilizzata per la ricercasono i rapporti degli ispettori del Ministero del Tesoro presso la Borsa partenopea.Si trattava <strong>di</strong> funzionari incaricati <strong>di</strong> vigilare sul buon andamento delmercato e <strong>di</strong> favorire la circolazione delle informazioni fra il capoluogo partenopeoe la capitale: trasmettevano le loro analisi alla Direzione Generale delTesoro, che informava a sua volta i ministri e altri soggetti economici. Taliispettori non avevano una marcata influenza sull’andamento degli scambi,soprattutto per l’orientamento del governo <strong>di</strong> non intervenire in modo significativosull’andamento delle Borse; erano tuttavia osservatori attenti e le lororelazioni offrono uno spaccato particolarmente vivido dell’andamento degliscambi.La caratterizzazione degli attori della Borsa permette <strong>di</strong> cogliere alcuni <strong>dei</strong> limitiche rendevano <strong>di</strong>fficile l’avvicinamento fra risparmiatori e investimento. Un elementoche viene posto in rilievo è quello <strong>dei</strong> principi etici, che non sempre erano labussola <strong>dei</strong> protagonisti, si trattasse <strong>di</strong> imprese, agenti o risparmiatori. È un temache appare <strong>di</strong> estrema attualità, anche se oggi il finanziamento delle imprese attraversola Borsa ha tutt’altro peso. Le recenti vicende relative a Parmalat e Cirio hannoevidenziato comportamenti scorretti da parte <strong>di</strong> non pochi protagonisti del mercatofinanziario. Anche tralasciando gli episo<strong>di</strong> che hanno suscitato grande clamore, silegge spesso sulla stampa <strong>di</strong> comportamenti non trasparenti e manovre a <strong>di</strong>r pocopreoccupanti. La vicenda <strong>dei</strong> cosiddetti “furbetti del quartierino” appare al riguardomolto eloquente e mostra come la mancanza <strong>di</strong> soli<strong>di</strong> principi etici e <strong>di</strong> rispetto delleregole <strong>di</strong> mercato, requisito fondamentale per il buon funzionamento del mercatofinanziario, rappresenti un problema <strong>di</strong> non breve durata nel rapporto fra risparmiatoried investimento in capitale <strong>di</strong> rischio.Un tema <strong>di</strong> grande importanza affrontato nel volume è quello delle carenzenormative e regolamentari. Balletta osserva: “Gli ispettori delle Borse – chevivevano giornalmente l’andamento <strong>dei</strong> mercati – e i <strong>di</strong>rettori generali delMinistero del Tesoro, più volte sollecitarono l’emanazione <strong>di</strong> norme per regolarel’andamento del mercato, onde evitare eccessi speculativi; chiesero <strong>di</strong>ridurre la pressione tributaria sulle operazioni <strong>di</strong> borsa; quasi mensilmentesostennero l’abolizione della nominatività <strong>dei</strong> titoli azionari; consigliarono <strong>di</strong>regolare gli aumenti <strong>di</strong> capitale, che spesso si concentravano nello stesso periodo– specie quando si ebbe la rivalutazione <strong>dei</strong> patrimoni – con conseguenzedepressive sul mercato. Queste ed altre proposte, che avrebbero dovuto dareefficienza e stabilità al mercato e renderlo più attivo, non furono ascoltate”.Gli ispettori non erano gli unici responsabili del controllo delle Borse; partecipavanoa questo compito anche le Camere <strong>di</strong> commercio, le deputazioni <strong>di</strong>Borsa e il Comitato <strong>di</strong>rettivo degli agenti <strong>di</strong> cambio. Ma questa pluralità <strong>di</strong>soggetti non fu in grado <strong>di</strong> garantire una buona regolazione del mercato: man-105


cava un adeguato coor<strong>di</strong>namento e per i più regolamenti delle <strong>di</strong>verse Borsenon erano omogenei.Il problema normativo, a cui Balletta fa più volte riferimento, appare unodegli elementi cruciali per lo sviluppo dell’attività borsistica nel Paese. È unpunto posto in rilievo anche in un saggio sul mercato azionario italiano negli anniCinquanta <strong>di</strong> Barbiellini Ami<strong>dei</strong> e Impena 2 , nel quale si sottolinea che le carenzanormative indebolirono la tutela delle minoranze, la trasparenza e l’efficacia operativa,lo sviluppo <strong>di</strong> nuovi interme<strong>di</strong>ari specializzati. Il quadro istituzionale incui le Borse operavano negli anni Cinquanta era definito dalla legge fondamentaledel 1913 e dai provve<strong>di</strong>menti che in seguito avevano <strong>di</strong>sciplinato aspetti particolaridell’attività, dal regime fiscale <strong>dei</strong> <strong>di</strong>viden<strong>di</strong> alla nominatività <strong>dei</strong> titoli.Non che mancassero le proposte per un ammodernamento della normativa, comeattesta la vicenda degli ispettori della Borsa napoletana. Mancò evidentemente lavolontà della classe politica, che mai volle affrontare il problema del funzionamento<strong>dei</strong> mercati finanziari. Guido Carli – al quale non mancava una conoscenzaravvicinata della materia – si esprime nelle sue memorie in termini molto duri,rimarcando la gravità <strong>di</strong> questo atteggiamento, soprattutto dopo l’adesione almercato europeo 3 . Fino all’istituzione della Consob nel 1974 mancò un organo <strong>di</strong>controllo nazionale con poteri e responsabilità specifiche riguardo a quotazioni edammissione alla negoziazione, controllo delle informazioni societarie, supervisionesugli scambi. E questo non fu certo un elemento favorevole allo sviluppo <strong>dei</strong>mercati.Balletta non si sottrae infine ad una domanda cruciale, ossia alla valutazionesulla capacità della Borsa napoletana <strong>di</strong> contribuire allo sviluppo del Mezzogiorno.La sua risposta è negativa. Nell’area non mancava <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> risparmio,come <strong>di</strong>mostrarono alcune sottoscrizioni <strong>di</strong> debito pubblico, ma il mercato nonera efficiente. Oltre a non essere ben regolato, come si è detto, aveva un ulterioreelemento <strong>di</strong> debolezza nella quotazione delle gran<strong>di</strong> imprese del centro-nord,come IRI, Fiat, Generali ed altri, che rendeva meno appetibile l’investimento insocietà locali. Trattare prodotti <strong>di</strong> natura <strong>di</strong>versa spingeva in certo modo i risparmiatoriverso i titoli più sicuri, con evidente danno per gli investimenti nel Sud.Ed è questo un elemento – come <strong>di</strong>mostrano anche le attuali vicende – che certoha pesato sullo sviluppo del Mezzogiorno d’Italia.FILIPPO SBRANA2 F. Barbiellini Ami<strong>dei</strong>-C. Impenna, Il mercato azionario e il finanziamento delleimprese negli anni Cinquanta, in F. Cotula (a cura <strong>di</strong>), Stabilità e sviluppo negli anni Cinquanta,vol. III, Roma-Bari 1999.3 G. Carli, Cinquant’anni <strong>di</strong> vita italiana, Roma 1993, p. 331.106


P. Tedeschi e L. Trezzi, L’opera con<strong>di</strong>visa. La città delle fabbriche. Sesto San Giovanni1903-1952. La società, Franco Angelini, Milano, 2007.Ad un anno dalla pubblicazione del volume <strong>di</strong> Valerio Varini, incentratosulla storia industriale del comune <strong>di</strong> Sesto San Giovanni, nei primi cinquant’annidel secolo scorso, l’opera <strong>di</strong> Paolo Tedeschi e Luigi Trezzi ha come scopo quello<strong>di</strong> evidenziare le variazioni intervenute in quella realtà sociale. In quel periodolo sviluppo dell’apparato industriale trasformò un borgo agricolo situato poco aNord <strong>di</strong> Milano, “nella città delle fabbriche”.Il lavoro comprende un arco temporale che va dall’installazione, sul territorio<strong>di</strong> Sesto San Giovanni, delle gran<strong>di</strong> imprese industriali meccaniche, metallurgichee elettromeccaniche quali la Breda, le Ercole Marelli e la AFL Falk. A ciòcorrispose, nei primi due decenni del Novecento, un più che proporzionale incrementodemografico alimentato da un saldo migratorio positivo e più rilevante <strong>di</strong>quanto non fosse quello naturale.Il settanta per cento degli emigranti attratti a Sesto San Giovanni, qualificatiprofessionalmente, proveniva dalle province lombarde (Milano, Bergamo e Como);in minore percentuale erano operai generici, manovali e appren<strong>di</strong>sti provenientidal Veneto e dall’Emilia Romagna. La forza lavoro non riceveva né unaretribuzione corrispondente al valore reale dell’attività svolta, né al passo con l’incremento<strong>dei</strong> prezzi, ma godeva <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> lavoro migliori <strong>di</strong> quelle offerteda altre aree industriali, frutto anche <strong>di</strong> una crescente conflittualità sindacale.Nuovi spazi furono aperti alla manodopera femminile non solo nel tessile maanche nella siderurgia e meccanica, nonché nei ruoli impiegatizi; il ruolo delledonne aumentò nel periodo bellico, quando furono chiamate a sostituire gli operaiinviati al fronte.All’incremento demografico si sommò l’aumento legato sia all’arrivo <strong>dei</strong><strong>di</strong>pendenti degli esercizi de<strong>di</strong>ti al commercio al minuto (alimentare e tessuti) eall’ingrosso sia a servizi come quelli cre<strong>di</strong>tizi, <strong>di</strong> ristorazione, alloggio e ricreazionenonché l’aumento degli impiegati, <strong>dei</strong> funzionari pubblici e liberi professionisti,che si stabilirono a Sesto San Giovanni, formando il ceto me<strong>di</strong>o. Emblematicofu il successo <strong>di</strong> luoghi <strong>di</strong> svago come teatrini e cinematografi, che contribuironoa rendere più gradevole la vita <strong>dei</strong> residenti.Secondo gli autori, le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita, già dai primi decenni del Novecento,andavano migliorando e ciò è provato, partendo dall’incremento <strong>dei</strong> consumi e dall’evoluzionedella qualità degli stessi, dal fatto che (pur esistendo <strong>di</strong>fferenze fra i singoliprodotti) il trend <strong>dei</strong> prezzi risultò sempre più alto rispetto alle località vicine,sintomo <strong>di</strong> una maggiore e costante <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> spesa della popolazione locale e<strong>di</strong> una limitata quota <strong>di</strong> famiglie non in grado <strong>di</strong> arrivare all’autosufficienza.Nel corso del periodo fascista e nei primi anni della Ricostruzione post-bellica,nonostante l’assenza <strong>di</strong> una stretta correlazione fra il trend occupazionale eproduttivo nelle principali aziende sestesi e l’andamento demografico, la popola-107


zione continuò ad aumentare. Le attività produttive svolte dalle imprese <strong>di</strong> piccolae me<strong>di</strong>a <strong>di</strong>mensione, esistenti a Sesto San Giovanni, permise <strong>di</strong> attenuarel’impatto negativo delle riduzioni <strong>di</strong> lavoro delle gran<strong>di</strong> imprese, che iniziò nelprimo dopoguerra e proseguì negli anni Quaranta. Segno <strong>di</strong> questo cambiamentoera dato dall’aumento del numero <strong>dei</strong> proprietari tanto nel commercio quanto nelsettore industriale. L’apparato industriale sestese era polo <strong>di</strong> attrazione per i lombar<strong>di</strong>,ma in misura crescente anche per gli emigrati dal sud.Nuove attività commerciali, cre<strong>di</strong>tizie, <strong>di</strong> trasporto e <strong>di</strong> utilities (acqua, lucee gas) furono aperte, mentre il settore primario fu relegato ad assumere un ruolomeno che marginale, cui gli abitanti <strong>di</strong> Sesto San Giovanni de<strong>di</strong>cavano il tempolibero per ottenere prodotti utilizzati per l’auto-consumo o ceduti fuori dai mercatiufficiali, per integrare il bilancio familiare.L’incrementò demografico proseguì, sia pure a tassi inferiori, negli anni successivifino all’inizio della seconda guerra mon<strong>di</strong>ale; subì un rallentamento nelperiodo bellico, senza che però si verificasse un saldo demografico complessivo <strong>di</strong>segno negativo e con maggiore incisione del saldo naturale.Terminato il conflitto, la crescita riprese, soprattutto, per merito della ripresadel flusso migratorio verso la “città delle fabbriche”.Gli autori hanno evidenziato come, in quel periodo, la linea d’interventodelle amministrazioni comunali che si avvicendarono, fu improntata sulla continuitàe cooperazione, svolgendo un ruolo <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>namento delle iniziative <strong>di</strong> utilitàsociale, <strong>di</strong> cui si fecero protagonisti i privati, il pubblico e le imprese. Moltierano i problemi critici della vita civile conseguenti della crescita demografica eindustriale: da quelli e<strong>di</strong>lizi, <strong>di</strong> viabilità, igiene fino alla sanità pubblica.Il progresso si ebbe, dall’imme<strong>di</strong>ato primo dopoguerra, con l’impianto <strong>di</strong> unufficio telegrafico, <strong>di</strong> bagni e docce pubbliche, <strong>di</strong> servizi d’illuminazione elettricanotturna e <strong>di</strong> pulizia stradale e la costruzione <strong>di</strong> un nuovo cimitero (1929).Di pari passo, si provvide alla realizzazione della nuova rete fognaria e dell’acquedotto,inaugurato nel 1934. Anche in campo sanitario il miglioramento passòattraverso la triplicazione delle farmacie e delle levatrici comunali, l’aumento delle“condotte piene” e l’allestimento <strong>di</strong> un ambulatorio me<strong>di</strong>co-chirurgico <strong>di</strong>urno con ilcontributo degli industriali, i quali dotarono le loro fabbriche <strong>di</strong> strutture e personalesanitario; l’impegno degli amministratori locali riguardò la <strong>di</strong>stribuzione <strong>dei</strong>me<strong>di</strong>cinali, la cura della maternità e infanzia, la lotta alla tubercolosi polmonare.La meticolosa analisi degli autori, che s’inserisce nell’ambito della collana“Geostoria del territorio”, nonostante le <strong>di</strong>fferenze emerse dalle <strong>di</strong>verse fonti utilizzate,ha fornito un’attenta ricostruzione della realtà socio-economica <strong>di</strong> Sesto SanGiovanni scandendo cronologicamente la sua evoluzione e sottolineando come essafu, soprattutto, il risultato del pluralismo competitivo delle forze sociali che avevanol’obiettivo <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfare i crescenti bisogni della popolazione sestese.108Antonella Borriello


A. GAGLIARDI, L’impossibilità autarchica, la politica economica del fascismo e il Ministeroscambi e valute, Rubbettino E<strong>di</strong>tore, Soveria Mannelli, 2006.Il volume <strong>di</strong> Alessio Gagliar<strong>di</strong> offre un’ampia e interessante visione <strong>di</strong> alcunino<strong>di</strong> storiografici che caratterizzano la seconda metà degli anni Trenta delNovecento. Dal testo si evince il ruolo e gli obiettivi degli organi preposti all’amministrazionedegli scambi e valute, nonché, i contrasti con le scelte politichestrategiche compiute da Mussolini e dai maggiori esponenti del regime.L’autore si propone <strong>di</strong> fornire una dettagliata analisi degli effetti più profon<strong>di</strong>e traumatici della crisi mon<strong>di</strong>ale che contribuisce a contenere il commerciointernazionale e la progressiva chiusura <strong>dei</strong> mercati nazionali, nonché, la <strong>di</strong>sorganizzazionee la parziale <strong>di</strong>struzione <strong>dei</strong> meccanismi della cooperazione economicae finanziaria internazionale. Scenario <strong>economico</strong> che non fece esitare ai governanti<strong>di</strong> introdurre controlli sui cambi, con l’obiettivo <strong>di</strong> risollevare le economie <strong>dei</strong>singoli stati e <strong>di</strong> <strong>di</strong>fenderli dagli shocks esterni.Nel testo, si analizza la posizione dell’Italia, la quale subisce per<strong>di</strong>te nonin<strong>di</strong>fferenti nel commercio estero, nonostante l’economia italiana fosse, all’iniziodegli anni trenta sull’onda non <strong>di</strong> una fase espansiva. La necessità <strong>di</strong> fronteggiarela situazione <strong>di</strong> emergenza rese non più rinviabile l’adozione <strong>di</strong> misure <strong>di</strong> controllo<strong>dei</strong> cambi, anche perché, la svalutazione era, a priori, scartata dal regime,per ragioni <strong>di</strong> prestigio internazionale; per cui i provve<strong>di</strong>menti valutari furono ilprimo atto della svolta protezionistica. L’obiettivo era quello <strong>di</strong> arginare le fughe<strong>di</strong> capitali e <strong>di</strong>sciplinare le transazioni commerciali attraverso il razionamentodelle <strong>di</strong>vise. La soluzione era quella che la materia fosse regolata in modo unitarioda un organo centrale. Per cui il nuovo organismo si sarebbe fondato propriosu un compromesso, tra soluzione corporativa e soluzione <strong>di</strong>rigista.Nel 1935, nasce la Sovraintendenza allo scambio delle valute, con il compito<strong>di</strong> <strong>di</strong>sciplinare la <strong>di</strong>stribuzione delle <strong>di</strong>vise per gli scambi con l’estero, coor<strong>di</strong>narei servizi relativi alle importazioni ed alle esportazioni e regolare gli approvvigionamentidall’estero da farsi nell’interesse delle amministrazioni pubbliche. Aguidare la Sovraintendenza fu nominato Felice Guarneri, che aveva maturato unalunga esperienza <strong>di</strong> trattative economiche ed internazionali ed era stato membro<strong>di</strong> varie delegazioni ufficiali. Alla Sovrintendenza, dotata <strong>di</strong> una vasta competenza,ebbe compiti seppur in coabitazione con altri soggetti, poteri <strong>di</strong> in<strong>di</strong>rizzo dell’economiaitaliana. Gagliar<strong>di</strong> in questo lavoro non trascura la trattazione <strong>di</strong> no<strong>di</strong>irrisolti tra Sovraintendenza e Banca d’Italia alla quale veniva sottratta la funzione<strong>di</strong> governo della valuta, <strong>di</strong>venuta strategica con il monopolio <strong>dei</strong> cambi. Allaconfusa sud<strong>di</strong>visione <strong>di</strong> competenze tra, la Sovraintendenza e l’istituto <strong>di</strong> emissionevi erano i contrasti, tra Guarneri e il governatore Azzolini, contrasti chenascevano anche dalla <strong>di</strong>versità <strong>di</strong> prospettive.Alla fine del 1935, la Sovraintendenza agli scambi delle valute si trasformain Sottosegretariato per gli scambi e le valute; gli vengono accorpate tutte le109


attribuzioni spettanti al Ministero delle corporazioni e alla Sovraintendenza alloscambio delle valute; inoltre passano alle <strong>di</strong>rette <strong>di</strong>pendenze del Sottosegretariato,l’Istituto Nazionale Fascista per gli scambi con l’estero e l’Istituto Nazionaleper i cambi con l’estero.Il Sottosegretariato per gli scambi e le valute si trovò a gestire la sua attivitàin un periodo segnato dalla guerra in Etiopia, pertanto, le elevate spese militariconnesse all’organizzazione e all’inizio delle operazioni belliche comportarono unpeggioramento della situazione valutaria. Guarneri tentò <strong>di</strong> contrastare la tendenzain atto, sollecitando Mussolini a prendere provve<strong>di</strong>menti per contenere lespese e le importazioni. L’obiettivo <strong>di</strong> Guarneri era quello <strong>di</strong> riequilibrare i prezziitaliani con quelli del mercato internazionale per sostenere le esportazioni,obiettivo raggiunto fino al 1937 anno in cui si ebbe un peggioramento dovuto alcrescente fabbisogno <strong>di</strong> materie prime, necessarie alla ricostruzione <strong>di</strong> scorte consumatedurante il periodo delle sanzioni e ai consistenti fabbisogni delle forzearmate. Nel novembre del 1937, il Sottosegretariato fu elevato a Ministero e glifurono assegnati, oltre ai poteri già riservati al Sottosegretariato, la <strong>di</strong>sciplina <strong>dei</strong>cambi, <strong>dei</strong> pagamenti e in generale <strong>di</strong> ogni movimento <strong>di</strong> valuta e <strong>di</strong> capitale dae per l’estero. In quegli anni, Guarneri si faceva promotore <strong>di</strong> una linea complessiva<strong>di</strong> politica economica apertamente deflazionistica; una politica volta a ridurrele spese per l’impero, ma anche a contenere gli investimenti per la politicaindustriale autarchica, per cui si pose fine alla fase degli interventi tampone e sidelineò una politica economica incentrata sugli incentivi alle esportazioni.L’avvio dell’autarchia, sancito da Mussolini, proponeva un programma politicoche ambiva alla massima autonomia economica e implicava trasformazioniampie e irreversibili nella struttura industriale del paese. Il Sottosegretariato alloscambio e valute non avrebbe consentito <strong>di</strong> realizzare cambiamenti strutturali erafforzare l’apparato militare, ma avrebbe tamponato consistenti <strong>di</strong>savanzi dellabilancia commerciale. Con l’avvio dell’attività del Sottosegretariato, Mussolinisuggeriva che la politica economica doveva essere progettata con l’obiettivo <strong>di</strong><strong>di</strong>fendere le riserve, in quanto ogni <strong>di</strong>minuzione poteva costituire un pericoloper la sicurezza della nazione. Pertanto, si riteneva opportuno sacrificare l’economiainterna e i consumi civili purché si <strong>di</strong>fendessero le riserve. La necessità <strong>di</strong>ridurre le importazioni stimolò il Sottosegretariato a formulare strategie <strong>di</strong> sostituzionedelle importazioni. Infatti organizzò una vasta politica <strong>dei</strong> surrogati perle importazioni da sostituire con altre materie prime prodotte in Italia. La novitàdell’autarchia risiedeva nell’ambizione <strong>di</strong> conciliare il pareggio della bilancia <strong>dei</strong>pagamenti con il potenziamento dell’apparato produttivo e il progresso tecnologiconelle industrie base. Dovendo dare un giu<strong>di</strong>zio complessivo sulla politicaindustriale autarchica non può non <strong>di</strong>rsi che ci furono ingegnosi giovamenti dacui uscirono rinforzate le posizioni sul mercato <strong>dei</strong> principali gruppi impren<strong>di</strong>toriali.Guarneri riteneva necessario potenziare le partite attive della bilancia <strong>dei</strong>pagamenti e tra queste, in primo luogo, le esportazioni, che si tradusse nell’in-110


centivo <strong>di</strong>retto ad alcuni gran<strong>di</strong> gruppi a intensificare la ricerca per acquisirelavoro da committenti esteri. Il ruolo <strong>di</strong> Guarneri non fu semplice, in quantoogni azione doveva confrontarsi con un corpo dello stato e con militari, i qualichiedevano <strong>di</strong> sospendere le loro attribuzioni e <strong>di</strong> rinunciare agli obiettivi sino adallora perseguiti, almeno per quei materiali necessari alla <strong>di</strong>fesa della nazione. Nel1939, Felice Guarneri fu sostituito da Raffaello Riccar<strong>di</strong>.Questo lavoro rappresenta un utile strumento per ripercorrere le <strong>di</strong>verse fasidello scambio e valute, <strong>di</strong>venuto, <strong>di</strong> fatto, il soggetto preposto alla politica economicaestera e elemento determinante per la realizzazione dell’autarchia, cherimaneva al centro <strong>di</strong> poteri complessi.CARMELA ERRICHIELLOF. Pino, G. Montanari, Un filosofo in banca. Guida alle carte <strong>di</strong> Antonello Gerbi,Intesa-Sanpaolo spa, E<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> Storia e <strong>di</strong> Letteratura, Torino, 2007.È sempre più in crescita l’interesse per la figura <strong>di</strong> Antonello Gerbi nato, aFirenze, nel 1903, in una famiglia della buona borghesia ebraica e pervasa <strong>di</strong> interessipolitici e culturali 1 . Egli, dal 1932 al 1970, fu Capoufficio Stu<strong>di</strong> 2 dellaComit. Il vero stratega della Comit, Mattioli, strinse una forte amicizia con Gerbi,tanto da accogliere con entusiasmo le speciali istruzioni per l’Ufficio Stu<strong>di</strong> 3 econfrontarsi spesso con lui per conoscere la situazione politica ed economica internazionale,con particolare attenzione per le principali banche estere. Se GiovanniMalago<strong>di</strong>, braccio destro <strong>di</strong> Mattioli, durante la realizzazione del piano <strong>di</strong> salva-1 Il padre Edmo Gerbi agente <strong>di</strong> cambio tra Livorno e Milano sposò Iginia Levi,sorella <strong>di</strong> Alessandro Levi filosofo del <strong>di</strong>ritto socialista, mentre la sorella della madre,Olga Levi, sposò Clau<strong>di</strong>o Treves noto esponente socialista che in<strong>di</strong>rizzerà Gerbi all’attivitàpubblicistica. Le famiglie Gerbi e Levi, in F. Pino-G. Montanari, Un filosofo in banca.Guida alle carte <strong>di</strong> Antonello Gerbi, Intesa Sanpaolo S.p.A., E<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> Storia e Letteratura,Torino, 2007.2 Alcuni importanti lavori forniscono dettagli sul funzionamento dell’Ufficio Stu<strong>di</strong>della Comit, che restò un modello <strong>di</strong> efficienza da imitare così come per l’intera nuovastruttura della Comit a seguito della crisi degli anni Trenta. Si legga al riguardo: G.Montanari, L’Ufficio Stu<strong>di</strong> della Comit nell’organizzazione della banca (1919-1945), inImprese e Storia, Collana degli Inventari, che attualmente si compone <strong>di</strong> sei volumi. F.Pino, Note sulle origini degli Uffici Stu<strong>di</strong> Bancari: l’esempio della Banca Commerciale Italiana,in La cultura economica a Milano. Quale evoluzione e quali caratteri nel periodo tra le due guerre?,a cura <strong>di</strong> Giuseppe Bognetti, in Economia Pubblica, 1999, suppl. al n. 1, pp. 61-93.3 Le istruzioni compilate da Gerbi per regolare il funzionamento dell’Ufficio Stu<strong>di</strong> e<strong>di</strong>ramate, a volte, anche in forma <strong>di</strong> “vivaci circolari programmatiche”.111


taggio della Comit, nel 1933, apparteneva alle famose 4 M (Mattioli, Malago<strong>di</strong>,Merzagora e Marchesano) che fecero la storia della Comit 4 , non possiamo ritenereGerbi un personaggio meno considerevole nella nuova configurazione dellaComit. A Gerbi si deve il merito <strong>di</strong> avere garantito sal<strong>di</strong> contatti con l’estero, siaper le attività economiche che per gli scambi culturali. Durante il periodo dell’autarchia,in cui furono frequenti i suoi viaggi per approfon<strong>di</strong>re specialmente laconoscenza <strong>di</strong> altri uffici stu<strong>di</strong> bancari, e, nel secondo dopoguerra, per <strong>di</strong>ffondereall’estero la conoscenza del sistema bancario italiano fortemente cambiato a seguitodella legislazione bancaria del 1936. Ma Gerbi e Malago<strong>di</strong>, così come Gerbi eMattioli, furono sempre amici oltre che colleghi. L’amicizia con Malago<strong>di</strong> siintensificò durante il forzato esilio in Perù 5 . Sarà proprio a Malago<strong>di</strong> che Gerbi sirivolgerà per lamentarsi del perdurante silenzio. Sarà poi Gerbi, nel 1948, acominciare a collaborare con Mattioli per la redazione delle lunghe Relazioni <strong>di</strong>Bilancio, che, per la ricchezza <strong>di</strong> linguaggio e la perfezione <strong>di</strong> dati e meticolosità<strong>di</strong> confronti, costituirono un unicum e un esempio da imitare nel panorama bancarioitaliano. Gerbi aveva una formazione, prevalentemente, storica, basti leggerei suoi curriculum e le recensioni e lavori <strong>di</strong> pubblicistica che occuparono moltaparte della sua giovinezza prima e della maturità dopo 6 . La sua preparazione intellettualerisentiva dell’influenza del filosofo Benedetto Croce, che rimase il suogrande maestro e punto <strong>di</strong> riferimento <strong>di</strong> Gerbi. Tanto che, nel 1951, per incarico<strong>di</strong> Mattioli e per la nuova casa e<strong>di</strong>trice Ricciar<strong>di</strong> – rilevata dallo stesso amministratoredelegato della Comit- Gerbi si occupò della preparazione della sillogecrociana: “Filosofia, poesia e storia” 7 .4 Durante il periodo <strong>di</strong> forzato esilio in Perù per Gerbi, Malago<strong>di</strong> a Buenos Airesesercitava le funzioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>rettore generale della Sudameris, facente capo alla Comit maneutralizzata, nel 1940. Il futuro leader del Partito Liberale, venne poi iscritto nella“Lista Nera2” e fu indotto alle <strong>di</strong>missioni, nel 1945. I motivi <strong>di</strong> tali <strong>di</strong>missioni forzatenon risultavano ancora chiariti al figlio <strong>di</strong> Antonello, Sandro Gerbi, nel 2002, al momentodella pubblicazione del volume: S. Gerbi, Raffaele Mattioli ed il filosofo domato, Einau<strong>di</strong>,Torino, 2002, p. 116.5 In particolare, il Faldone n. 54: Malago<strong>di</strong> Giovanni (1921-1976), contiene 96 lettere,telegrammi, cartoline e veline <strong>di</strong> risposta <strong>di</strong> Gerbi, nel periodo dell’esilio (1939-1947),quando Malago<strong>di</strong> rivestì la carica <strong>di</strong> <strong>di</strong>rettore generale della Sudameris a Buenos Aires e fupoi a capo della Rappresentanza BCI <strong>di</strong> Roma-Parigi, Buenos Aires, Adroguè (Argentina).In: F. Pino-G. Montanari, Guida alle carte <strong>di</strong> Antonello Gerbi, op. cit., p. 126.6 I Faldoni 34-35 contengono le recensioni, minute, ritagli <strong>di</strong> stampa, programmi <strong>di</strong>convegni e corrispondenza pubblicati da Gerbi, dal ritorno in Italia, nel 1948, fino allasua morte avvenuta, nel 1976.7 Per un esauriente profilo biografico <strong>di</strong> Antonello Gerbi si legga la voce “Gerbi”, a cura<strong>di</strong> S. Pertici, in Dizionario Biografico degli Italiani, LIII, 1999, pp. 385-388. Una versioneampliata ed aggiornata in S. Pertici, Storici Italiani del Novecento, capitolo sesto, “AntonelloGerbi”, Rivista Annuale <strong>di</strong> Storia, Fondazione Feltrinelli, a. 1999, f. 3, pp. 265-286.112


Antonello Gerbi è appena laureato alla facoltà <strong>di</strong> Giurisprudenza “La Sapienza”<strong>di</strong> Roma quando viene posto a capo dall’Ufficio Stu<strong>di</strong> della Comit, a Milano.Il brillante <strong>di</strong>rettore, da giovane, seguì i seminari <strong>di</strong> importanti economisti, sumaterie economiche e finanziarie, durante il suo soggiorno in Germania ed a Londra.Antonello Gerbi, subito dopo la laurea, aveva, infatti, beneficiato <strong>di</strong> unaborsa biennale, finanziata dalla Fondazione Rockefeller, grazie alla presentazionedell’amico Mario Einau<strong>di</strong> e del filosofo napoletano Benedetto Croce 8 . Come <strong>di</strong>rettore,a capo dell’Uffico Stu<strong>di</strong>, cominciò col patrocinio <strong>di</strong> Mattioli a visitare i principaliuffici stu<strong>di</strong>o delle maggiori banche estere per carpirne l’efficienza. Le suevisite in Svizzera, Lussemburgo, Belgio ed Olanda gli consentirono <strong>di</strong> farsi unaidea <strong>di</strong> come bisognava essere strutturato un efficiente Servizio Stu<strong>di</strong>. Era ormaisempre più presente, a Gerbi, l’idea che l’Ufficio Stu<strong>di</strong> dovesse funzionare comeservizio integrante dell’organizzazione <strong>di</strong> banca. Gli approfon<strong>di</strong>menti su temi e-conomici, le conoscenze statistiche e le informazioni internazionali, raccolte durantei frequenti viaggi all’estero garantivano il decollo dell’istituto milanese,nella nuova fase <strong>di</strong> banca <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>to or<strong>di</strong>nario, secondo la legge bancaria del 1936.Gerbi conquistò sempre più un grande interesse storiografico per la varietàdegli interessi personali, che spaziavano dalle teorie delle idee soprattutto incampo politico, ad interessi storici, alla passione per il cinema e la fotografia.Questa multiforme preparazione si evidenzia dalla “Guida alle Carte <strong>di</strong> Gerbi”, <strong>di</strong>recente rior<strong>di</strong>nate presso l’Archivio Storico <strong>di</strong> Banca Intesa, grazie anche al versamento,in più fasi, delle molte carte personali <strong>di</strong> Gerbi accantonate in molte valigiepersonali e riversate in archivio ad opera del figlio Sandro. Dalla Guida emergel’originalità <strong>di</strong> queste carte che, rispecchiando una persona più che un sempliceuomo <strong>di</strong> banca, permettono <strong>di</strong> scoprire nuovi elementi sul percorso intellettuale<strong>di</strong> Gerbi, per le insaziabili curiosità <strong>di</strong> storici economici o anche <strong>di</strong> appassionati<strong>di</strong> cultura politica o <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> americanistica, od ancora <strong>di</strong> fotografia.L’Ufficio Stu<strong>di</strong> della Comit aveva alle spalle una formazione <strong>di</strong>versa, centrata,soprattutto, sulle iniziative e<strong>di</strong>toriali che occupavano tempo e costi. Il binomioMattioli-Gerbi riuscì invece, per la comunanza <strong>di</strong> idee e la passione che liuniva per gli stu<strong>di</strong> economici e umanistici, a capovolgere l’orientamento dell’Ufficiostesso. Gerbi si circonderà <strong>di</strong> persone valide e darà una nuova improntaall’Ufficio, che durerà ben oltre il suo esilio forzato a Lima per scampare alla persecuzioneebrea. Le sue relazioni intrise <strong>di</strong> similitu<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> neologismi e piene <strong>di</strong>particolari, coa<strong>di</strong>uvate e revisionate dal pignolo Mattioli, toccarono gli argomen-8 La borsa Rockefeller fu vinta per la pubblicazione della sua tesi <strong>di</strong> laurea, graziealla raccomandazione alla casa e<strong>di</strong>trice Laterza del filosofo Benedetto Croce. L’opera rimaneggiatae più volte rivista da Gerbi prenderà, poi, il titolo definitivo <strong>di</strong>: La politica delSettecento. Storia <strong>di</strong> un’idea, 1928. Si legga per un resumé delle principali pubblicazioni <strong>di</strong>Gerbi, “l’ultimo curriculum intellettuale” in F. Pino-G. Montanari, Guida alle carte <strong>di</strong>Antonello Gerbi, op. cit., pp. 182-183.113


ti più importanti e coinvolgenti imme<strong>di</strong>atamente prima dell’esilio. Lunghi dattiloscritti,spesso in forma <strong>di</strong> promemoria, che si occupavano delle problematicheeconomiche e finanziarie oltre che politiche e sociali. Come, per esempio, unostu<strong>di</strong>o sul sistema bancario italiano secondo la normativa vigente dal 1927 al1937; un promemoria sulla politica <strong>economico</strong>-finanziaria del Reich tedesco <strong>di</strong>metà ottobre 1937; un promemoria sulle conseguenze del controllo <strong>dei</strong> prezzidopo l’allineamento della lira dell’ottobre 1936 9 .Intanto, Mattioli sentiva l’esigenza <strong>di</strong> accrescere l’integrazione con l’esterodella Comit. Gli anni Trenta furono un periodo complicato per le affiliate ed associateall’estero delle gran<strong>di</strong> banche italiane, a causa <strong>dei</strong> provve<strong>di</strong>menti restrittivipresi in materia <strong>dei</strong> cambi e <strong>di</strong> commercio estero dal governo fascista. Nel casodella Comit, si trattava <strong>di</strong> mantenere la situazione così com’era prima evitandomessa in liquidazione. ecco perché Mattioli si pro<strong>di</strong>gò per inviare il suo bracciodestro Malago<strong>di</strong> a gestire la principale affiliata in Sudamerica “la Sudameris”. PerGerbi si trattava, invece, <strong>di</strong> trovare un escamotage per evitarne la persecuzione razzistaall’inconsapevole stu<strong>di</strong>oso. Gerbi fu inviato da Mattioli a capo del “Banco Italiano<strong>di</strong> Lima”, nel 1938, e rimase nel forzato esilio per circa un decennio.Il Perù abbandonò lo standard aureo nel maggio del 1932. La crisi internazionalecolpì anche l’America Latina. In particolare, le banche operanti in AmericaLatina si trovarono costrette a fronteggiare la crisi agricola. Il Banco Italiano <strong>di</strong>Lima, per il tracollo <strong>dei</strong> prezzi, si trovò con grossi immobilizzi. A <strong>di</strong>fferenza dellaSudameris, il Banco Italiano <strong>di</strong> Lima acquisì, dal 1927 al 1937, una posizioneprevalente rispetto alle altre banche che operavano in Perù. Fu intrapresa unapolitica <strong>di</strong> maggiore liqui<strong>di</strong>tà e furono finanziati i settori emergenti dell’economialocale: elettricità e telefoni 10 . Gerbi, poco dopo il passaggio all’Ufficio Stu<strong>di</strong>del Banco, fu incaricato a stilare relazioni e stu<strong>di</strong> sulla politica economica delPerù, anche a ragione <strong>di</strong> questa fase <strong>di</strong> crescita del Banco Italiano <strong>di</strong> Lima (chemuterà la sua ragione sociale, nel 1940, in “Banco De Cré<strong>di</strong>to del Perù”). I suoistu<strong>di</strong>, gli valsero anche un onorificenza, la maggiore del paese, poco prima, nel1948, del suo rientro a Milano: “El Sol Del Perù 1821”. Sarà un periodo nonsemplice per Gerbi, dovuto alla famiglia intanto accresciutasi per la nascita <strong>di</strong>due figli Daniele e Sandro, alle penurie registrate nelle biblioteche che ostacola-9 Per lo scarto voluto da Gerbi delle sue carte personali riguardanti la <strong>di</strong>rezione dell’UfficioStu<strong>di</strong> della Comit, non vi è traccia della sua attività, mentre nell’Archivio Storico<strong>di</strong> Banca Intesa sono conservati alcuni documenti risalenti alla sua <strong>di</strong>rezione. Si vedaCartella 21: Ufficio Stu<strong>di</strong>, miscellanea <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> e promemoria, gestione Gerbi, fasc. 1, pp.70-71 in Banca Commerciale Italiana, Collana Inventari, Serie II, vol. 2, Segreteria degliamministratori delegati Facconi e Mattioli (1926-1972), Milano, 2000.10 Cfr., R. Di Quirico, Le banche italiane all’estero.(1900-1950). Espansione bancariaall’estero e integrazione finanziaria internazionale nell’Italia degli anni tra le due guerre, EuropeanPress Academic Publishing, 2000, pp. 242 e ss.114


ono i suoi stu<strong>di</strong> sulla politica economica e la storia sociale del Perù e, naturalmente,il suo desiderio <strong>di</strong> rientrare nello più stimolante Ufficio Stu<strong>di</strong> dellaComit. Gerbi, però, non mancò <strong>di</strong> apprezzare la natura del Perù e ne approfittòper avere maggiori tempi da de<strong>di</strong>care ai suoi stu<strong>di</strong> sulla formazione delle ideepolitiche del Settecento e sulla politica del Romanticismo. Sarà proprio con ilPerù che Gerbi conquistò, nel secondo dopoguerra, la fama <strong>di</strong> più importanteamericanista dell’epoca e darà, poi, alle stampe, nel 1955, “La <strong>di</strong>sputa del NuovoMondo”, dove rilevò le origini della inferiorità fisica ed economica delle Americherispetto al continente europeo 11 .Il motto <strong>di</strong> Gerbi, confidato anche all’amico Malago<strong>di</strong>, era “Non perire inPerù”. Ciò realmente accadde, anche se scorrendo i documenti sapientemente econ rigore raccolti in faldoni che, in sequenza, rispecchiano i tanti successivi passaggidella movimentata vita <strong>di</strong> Gerbi, per ironia della sorte, comprendonosoprattutto molto materiale riferito a quel suo esilio. Lo stesso carteggio con isuoi più stretti amici e parenti ha meno carenze per il decennio peruviano, piuttostoche per il successivo lungo sostare all’Ufficio stu<strong>di</strong> della Comit. Fu lo stessoGerbi ad or<strong>di</strong>nare lo scarto <strong>di</strong> gran parte del suo carteggio alla Comit.L’attività pubblicistica <strong>di</strong> Gerbi fu febbrile. Da giovane scrisse sul quoti<strong>di</strong>anosocialista “La Giustizia” <strong>di</strong>retto dallo zio Clau<strong>di</strong>o Treves, note e rimaneggiamentiper la stesura delle sue principali opere <strong>di</strong> americanistica e, prima ancora,stu<strong>di</strong>ò il Settecento e la politica del Romanticismo 12 . Il tutto fu possibile e si realizzòcon una contestuale raccolta <strong>di</strong> volumi, nei suoi itineranti viaggi. Lo stessoGerbi rivelerà in un suo autoritratto sul rapporto con i suoi libri: Le linee paralleledegli scaffali mascherano un groviglio <strong>di</strong> itinerari. La mia biblioteca è la mia autobiografia13 .Teresa Sisa Sanseverino11 A. Gerbi, La <strong>di</strong>sputa del Nuovo Mondo. Storia <strong>di</strong> una polemica (1750-1900), Nuovae<strong>di</strong>zione a cura <strong>di</strong> Sandro Gerbi, Milano-Napoli, Ricciar<strong>di</strong> E<strong>di</strong>tore, MCMLXXXIII. Lanuova e<strong>di</strong>zione contiene uno <strong>dei</strong> più completi profili biografici <strong>di</strong> Antonello Gerbi a cura<strong>di</strong> Piero Treves.12 Leggiamo in S. Gerbi, Raffaele Mattioli ed il filosofo domato, Einau<strong>di</strong>, Torino, 2002,alla p. 159: La battuta preferita <strong>di</strong> Gerbi al termine del suo mandato in Piazza della Scala era:Io sono la persona che nella storia della Comit ha fatto in assoluto la minore carriera. Sono entratocome capo dell’Ufficio Stu<strong>di</strong> e ne sto per uscire con la stessa qualifica. Aggiunge il figlio Sandro:un beffardo understatement, in cui Gerbi <strong>di</strong>menticava che nella sua quarantennale esperienzain banca, lui stesso stava per andare in pensione con la qualifica <strong>di</strong> <strong>di</strong>rettore centrale, cioè solo ungra<strong>di</strong>no al <strong>di</strong> sotto <strong>dei</strong> due amministratori delegati.13 Si legga il denso scritto autobiografico in F. Pino, G. Montanari, Un filosofo inbanca. Guida alle carte <strong>di</strong> Antonello Gerbi, op. cit., p. 168. In particolare, il Faldone n. 7(La politica del romanticismo), contiene nel fasc. 7, uno scritto autobiografico <strong>di</strong> Gerbisulla sua biblioteca, risalente all’inizio degli anni Trenta, velina datt., 4 ff.115


C. Antonelli, F. Barbiellini Ami<strong>dei</strong>, R. Giannetti, M. Gomellini, S.Pastorelli, M. Pianta, Innovazione tecnologica e sviluppo industriale nel secondodopoguerra, E<strong>di</strong>tori Laterza, Bari, 2007.Il volume è una raccolta <strong>di</strong> tre saggi che analizzano il ruolo svolto dall’innovazionetecnologica nel processo <strong>di</strong> crescita e trasformazione dell’economia italiananegli anni Cinquanta e Sessanta.Il primo, a cura <strong>di</strong> Cristiano Antonelli e Federico Barbiellini Ami<strong>dei</strong>, ponel’attenzione sull’attività innovativa, sulla crescita dell’efficienza e sul mutamentostrutturale nell’industria italiana. Nel XX secolo, la crescita della produttivitàtotale è dovuta all’introduzione delle innovazioni <strong>di</strong> processo e le imprese italianehanno basato il loro sviluppo sull’adozione <strong>di</strong> tecnologie messe a punto in altripaesi. Gli anni Cinquanta e Sessanta vengono ricordati come golden age, in quantoc’è stata una grande crescita per tutte le principali aree economiche mon<strong>di</strong>ali.Nonostante i miglioramenti, in Italia, il livello <strong>di</strong> accumulazione del capitaleumano è basso a causa della scarsa scolarizzazione della forza lavoro. Sul finire delsecolo passato c’è stata una evoluzione significativa delle spese relative alla “ricercae sviluppo”, ciò nonostante il rapporto tra spese per R&S e PIL rimane su livellinon adeguati al peso <strong>economico</strong> dell’Italia nel contesto internazionale. Il tasso<strong>di</strong> crescita ha un andamento molto altalenante e, nonostante l’intervento delloStato, durante gli anni <strong>di</strong> crescita molto irregolare, negli anni Novanta si ha unacontrazione del volume delle spese in R&S del 10 per cento. Tra il 1950 e il1972, sono stati rilasciati ai residenti italiani più <strong>di</strong> 800 brevetti: nonostante taleprogresso, l’Italia risulta con un numero <strong>di</strong> brevettazioni inferiori a quelle deglialtri paesi industrializzati. Il maggior numero <strong>di</strong> brevetti rilasciati in Italia, sihanno nel settore delle macchine e del materiale meccanico, in quello <strong>dei</strong> prodottichimici e in quello delle macchine elettriche ed elettroniche. L’Italia, nel periodosuccessivo al dopoguerra e fino alla fine degli anni Ottanta, riesce a raggiungerelivelli <strong>di</strong> produttività tali da ridurre il <strong>di</strong>vario sia nei confronti degli StatiUniti che nei confronti <strong>dei</strong> principali partner europei. L’industria manifatturieraè stata il fulcro del processo <strong>di</strong> cambiamento tecnologico e <strong>di</strong> sviluppo delle capacitàinnovative. All’inizio degli anni Ottanta, l’Italia era leader, fra i 13 paesimaggiormente industrializzati, nei rami del tessile e dell’abbigliamento, delcuoio e calzature, <strong>dei</strong> prodotti in legno e <strong>dei</strong> mobili, della ceramica; risultavadebole il settore della chimica, <strong>dei</strong> mezzi <strong>di</strong> trasporto e della siderurgia.Il secondo saggio, a cura <strong>di</strong> Matteo Gamellini e Mario Pianta, ricerca le relazionifra l’attività innovativa, la competitività e il modello <strong>di</strong> specializzazioneinternazionale dell’Italia nel secondo dopoguerra. Uno <strong>dei</strong> fattori che ha contribuitoalla crescita dell’economia italiana è stato l’aumento degli scambi con l’estero,favorito dall’ingresso nella CEE. Infatti la crescita delle importazioni hapermesso <strong>di</strong> acquisire conoscenze e beni essenziali, mentre l’aumento delle esportazioniha stimolato i <strong>processi</strong> <strong>di</strong> innovazione tecnologica. La crescita dell’export116


è dovuta all’aumento della domanda estera, grazie ad un cambio sottovalutato,prezzi relativi decrescenti e, almeno nella prima parte del periodo, un significativo<strong>di</strong>namismo degli investimenti e dell’attività innovativa. Il miracolo <strong>economico</strong>non conduce al superamento <strong>di</strong> importanti debolezze strutturali e la specializzazioneproduttiva si basa su piccole e me<strong>di</strong>e imprese e su industrie tra<strong>di</strong>zionali,che seguono un modello <strong>di</strong> sviluppo <strong>di</strong> tipo imitativo. Negli anni Cinquanta eSessanta, il sistema industriale italiano, sino ad allora basato su un tipo <strong>di</strong> imitazionepassiva delle tecnologie estere, passa ad una imitazione attiva. Alla finedella seconda guerra mon<strong>di</strong>ale, il sistema produttivo italiano risulta fragile, <strong>di</strong>sarticolatoe incapace <strong>di</strong> coprire tutte le attività. Inoltre, lo Stato, nonostante il suomassiccio intervento nell’economia, non è capace <strong>di</strong> esercitare un ruolo efficace <strong>di</strong><strong>di</strong>rezione e <strong>di</strong> programmazione dello sviluppo.Il terzo saggio, a cura <strong>di</strong> Renato Giannetti e Sabrina Pastorelli, riguarda lespecificità istituzionali del sistema innovativo nazionale emerso nei primi decennidel secondo dopoguerra. Agli inizi degli anni Settanta, la metà degli occupaticome ricercatori, nel settore industriale, non era in possesso <strong>di</strong> un titolo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>universitario e la maggior parte era impiegata in mansioni a bassa qualificazione.L’attività <strong>di</strong> ricerca e sviluppo rappresenta uno <strong>dei</strong> fattori principali della crescitaeconomica. Il rapporto fra spese in ricerca e sviluppo e PIL, in Italia, è nettamenteinferiore al livello raggiunto dagli altri paesi, come Stati Uniti, Germania,Francia, Regno Unito e Giappone. La normativa emanata nell’imme<strong>di</strong>ato secondodopoguerra affida al CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) compiti <strong>di</strong>promozione, coor<strong>di</strong>namento e consulenza in materia <strong>di</strong> ricerca scientifica, la curadella partecipazione italiana agli organismi scientifici e tecnici <strong>di</strong> carattere internazionalee una specifica responsabilità nel campo della normazione tecnica. IlCNR, inoltre, ha il compito <strong>di</strong> presentare, annualmente, una relazione generalesullo stato della ricerca scientifica e tecnologica, corredate <strong>di</strong> proposte <strong>di</strong> programmi.Durante questo periodo si assiste alla crescita dell’impegno pubblico peril finanziamento della ricerca, ma è su livelli nettamente inferiori rispetto ad altristati industrializzati. L’interazione tra il modello <strong>di</strong> ricerca e le imprese è ostacolatadalla prevalenza delle imprese <strong>di</strong> me<strong>di</strong>a e piccola <strong>di</strong>mensione nel sistemaindustriale, le quali non riescono ad investire sufficientemente in attività <strong>di</strong> ricercae sviluppo. Nella seconda metà degli anni Sessanta, vengono prese misure <strong>di</strong>sostegno all’attività <strong>di</strong> ricerca e sviluppo: la legge Sabatini del 1965 sulle agevolazioniper il rinnovo della dotazione tecnologica delle imprese; la legge1089/1968, che istituisce un fondo rotativo presso l’IMI per incentivare le attività<strong>di</strong> ricerca tramite il finanziamento della partecipazione al capitale <strong>di</strong> società<strong>di</strong> ricerca, l’erogazione <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>to agevolato per l’esecuzione <strong>di</strong> progetti <strong>di</strong> sperimentazionee la concessione <strong>di</strong> interventi nella spesa destinati alla copertura <strong>dei</strong>costi della ricerca; e la legge 471/1969, che prevedeva finanziamenti a enti pubblicie privati per l’acquisto all’estero <strong>di</strong> strumenti scientifici e <strong>di</strong> beni strumentali<strong>di</strong> tecnologia avanzata non prodotti o producibili in breve tempo sul territo-117


io nazionale. La legge Sabatini ha avuto un successo grazie alla semplicità <strong>dei</strong>meccanismi <strong>di</strong> attuazione che non erano subor<strong>di</strong>nati alla presenza <strong>di</strong> organicipiani <strong>di</strong> sviluppo e <strong>di</strong> riorganizzazione aziendale; mentre nel caso <strong>dei</strong> fon<strong>di</strong> gestitidall’IMI l’erogazione delle risorse avvenne con notevole ritardo rispetto all’avviodell’istruttoria a causa delle lunghe procedure burocratiche. Un contributoimportante allo sviluppo industriale viene dato dall’IRI che, dalla metà deglianni Cinquanta, muta il proprio ruolo, trasformandosi da hol<strong>di</strong>ng finanziaria inorgano <strong>di</strong> in<strong>di</strong>rizzo e coor<strong>di</strong>namento delle strategie intersettoriali <strong>di</strong> sviluppoattraverso la formulazione <strong>di</strong> programmi complessivi <strong>di</strong> durata pluriennale.In definitiva, lo scarso impiego finanziario destinato alla ricerca e la limitata<strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> capitale umano altamente qualificato costituiscono una debolezzastrutturale che affliggono l’Italia.In questo pregevole volume, gli autori hanno sottolineato non solo l’importanzache ha avuto l’innovazione tecnologica nello sviluppo dell’economia italianadel secondo dopoguerra , ma anche i progressi che l’Italia dovrà ancora compiereper recuperare terreno nei confronti degli altri paesi industrializzati.Florindo Matrangelo118


IV. DALLA COPERTINA 1M. Alacevich, Le origini della Banca Mon<strong>di</strong>ale. Una deriva conservatrice, BrunoMondadori, Milano, 2007.Luglio 1949: la Banca Mon<strong>di</strong>ale invia la sua prima General Mission in unpaese in via <strong>di</strong> sviluppo, la Colombia. A guidarla è Lauchlin Currie, ex consigliere<strong>economico</strong> <strong>di</strong> Franklin D. Roosevelt. Le speranze riposte nella missione, la piùambiziosa mai intrapresa, sono tante, l’obiettivo <strong>di</strong> vasto respiro: “un programma<strong>di</strong> sviluppo finalizzato a fare crescere il livello <strong>di</strong> vita della popolazione colombiana”.Settembre 1952: allontanamento dalla Banca Mon<strong>di</strong>ale, Lauchlin Currieprosegue la sua missione come consulente del governo colombiano: l’EconomicDepartment, luogo <strong>di</strong> elaborazione e <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione della politica economica dellaBanca, viene improvvisamente chiuso e i suoi membri <strong>di</strong>spersi in altri uffici; ilvicepresidente dell’Istituzione, uomo <strong>di</strong> Wall Street, <strong>di</strong>chiara che “la Banca non èil posto per lo sviluppo <strong>di</strong> ampi stu<strong>di</strong> o politiche economiche”. Nel breve lasso <strong>di</strong>tempo intercorso tra questi due episo<strong>di</strong> chiave <strong>dei</strong> primi anni <strong>di</strong> vita della BancaMon<strong>di</strong>ale, si delineano i principi <strong>di</strong> fondo della sua politica economica: non un’agenziaper lo sviluppo, ma una banca, un istituto <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>to finanziariamente solido.Gli obiettivi sociali vengono accantonati. Divisa da sempre fra tendenze conservatricie spinte progressiste, la storia della Banca Mon<strong>di</strong>ale sembra snodarsi sulfilo <strong>di</strong> questa <strong>di</strong>alettica incessante. Basandosi su materiali d’archivio finora maiutilizzati, il libro <strong>di</strong> Michele Alacevich getta una nuova luce su questa storia, fornendoal lettore le chiavi per comprenderne le vicende attuali.M. Amendola-C. Antonelli-C. Trigilia (a cura <strong>di</strong>), Per lo sviluppo. Processiinnovativi e contesti territoriali, Il Mulino, Bologna, 2005.Questo libro è maturato nell’ambito dell’attività svolta dai gruppi <strong>di</strong> lavoro“Innovazione, ricerca e sviluppo, formazione” e “Sviluppo locale, lavoro e qualitàsociale” della Fondazione Di Vittorio. La crescita e l’innovazione, che ne è il principalemotore, sono <strong>processi</strong> complessi che richiedono il coor<strong>di</strong>namento <strong>di</strong> una plura-1 Questa rubrica, curata da Felice Fiorentino, raccoglie la presentazione, pubblicatasul retro della copertina, <strong>dei</strong> libri <strong>di</strong> nuova e<strong>di</strong>zione.119


lità <strong>di</strong> agenti e <strong>di</strong> istituzioni: partendo da tale assunto, gli autori rileggono alcuniluoghi comuni relativi alla tecnologia, alla flessibilità, al ruolo del mercato e delineanoconseguenti interventi <strong>di</strong> policy tesi a collegare i <strong>processi</strong> innovativi a modelli<strong>di</strong> ricerca e sviluppo e <strong>di</strong> formazione adeguati ai problemi italiani. Per quantoriguarda lo sviluppo locale, la tesi <strong>di</strong> fondo è che le trasformazioni dell’economiarendano oggi più importante il ruolo <strong>dei</strong> contesti territoriali locali per l’innovazionesia nei settori ad alta tecnologia che in quelli più tra<strong>di</strong>zionali. Per promuoverel’innovazione e per valorizzare i beni ambientali e culturali occorre quin<strong>di</strong> stimolarecon nuove politiche la cooperazione e la mobilitazione <strong>dei</strong> soggetti locali.C. Antonelli-F. Barbiellini Ami<strong>dei</strong>-R. Giannetti-M. Gomellini-S. Pastorelli-M.Pianta, Innovazione tecnologica e sviluppo industriale nel secondo dopoguerra,E<strong>di</strong>tori Laterza, Bari, 2007.Nei primi decenni del secondo dopoguerra, l’economia italiana cresce conintensità e persistenza storicamente ine<strong>di</strong>te. Il volume ospita tre saggi che analizzanoda <strong>di</strong>fferenti prospettive il ruolo svolto dal cambiamento tecnologico neldefinire caratteristiche e ritmi della lunga fase <strong>di</strong> sviluppo industriale. L’innovazionetecnologica localizzata alimenta una vivace crescita della produttività totale<strong>dei</strong> fattori. Al successo dell’export si associa una trasformazione incompiuta delmodello <strong>di</strong> specializzazione internazionale. Risaltano i limiti strutturali del sistemainnovativo italiano e la natura episo<strong>di</strong>ca delle strategie <strong>di</strong> intervento pubblico.I lavori gettano nuova luce sulle ra<strong>di</strong>ci storiche <strong>dei</strong> caratteri virtuosi e dellevulnerabilità che ancora oggi segnano il tessuto produttivo nazionale.F. Assante, S. Maria della Consolazione a Posillipo. La storia, le storie (secc. XV-XX), Giannini E<strong>di</strong>tore, Napoli, 2007.Il saggio sulla chiesa <strong>di</strong> S. Maria della Consolazione a Villanova (Posillipo) apreuna finestra sull’articolato e vivace universo che caratterizzò la società <strong>di</strong> anticoregime e su ciò che <strong>di</strong> questo venne travolto e trasformato alla svolta del decenniofrancese. Attraverso un paziente e minuto lavoro <strong>di</strong> ricerca condotto su fonti<strong>di</strong> ‘prima mano’, prende corpo, lungo quattro secoli <strong>di</strong> storia, una esemplare‘costruzione’. Chiesa e convento sono stu<strong>di</strong>ati non in quanto tali – cioè come luoghi<strong>di</strong> culto e <strong>di</strong> me<strong>di</strong>tazione – ma come soggetti <strong>economico</strong>-sociali. Sicché, intale ottica, si delineano le vocazioni economiche e gli assetti demografici e socialidella ‘montagna’ <strong>di</strong> Posillipo, il territorio extraurbano, ricco <strong>di</strong> naturali potenzialità<strong>di</strong> crescita, sul quale operano i due enti. La crescita <strong>di</strong> potere del convento,in termini economici e sociali, per effetto <strong>di</strong> donazioni e acquisti <strong>di</strong> beni fon<strong>di</strong>ari:la svolta <strong>dei</strong> ‘gran<strong>di</strong> lavori’ <strong>di</strong> ristrutturazione (1737) ad opera <strong>di</strong> Fer<strong>di</strong>nan-120


do Sanfelice e <strong>di</strong> abbellimento degli interni con la committenza ad artisti noti,come un Paolo de Majo; le ragioni della pianta esagonale della chiesa, alla qualel’architetto dovette adattarsi per la singolare (ma non rara) forma <strong>di</strong> ‘servitù’ perun balcone preesistente; le espressioni più <strong>di</strong>ffuse <strong>di</strong> religiosità popolare (le <strong>processi</strong>oni)e le embrionali forme <strong>di</strong> assistenza sociale, veicolate dalle confraterniteche ruotavano intorno alla chiesa; l’affanno del vivere quoti<strong>di</strong>ano e la litigiositàpermanente; la progressiva apertura delle stanze del convento ad un turismo antelitteram, laico ed ecclesiastico; la gestione economica dell’annessa masseria; la fratturadella rivoluzione e delle riforme. Sono questi i molti aspetti che, ricostruitiin modo avvincente, forniscono gli elementi per una visione d’assieme dell’evoluzionedella società posillipina. Infatti, arricchito da un’aneddotica minuta e daschizzi <strong>di</strong> vita quoti<strong>di</strong>ana, il <strong>di</strong>scorso si è esteso alle trasformazioni socio-economiche<strong>di</strong> tutto il ‘comprensorio’ <strong>di</strong> Posillipo conseguenti all’eversione della feudalitàe all’apertura delle due strade a valle e a monte della collina; nonché allaprofonda riqualificazione sociale e territoriale verificatasi nel ‘lungo’ Ottocento,fino agli anni Venti del Novecento con l’erezione della chiesa a parrocchia: unapiccola tessera <strong>di</strong> un mosaico molto articolato. Il libro è <strong>di</strong>retto non soltanto aglistu<strong>di</strong>osi, ma soprattutto al lettore comune che vedrà sod<strong>di</strong>sfatte molte curiosità.P. Battilani-D. Strangio (a cura <strong>di</strong>), Il turismo e le città tra XVIII e XXI secolo.Italia e Spagna a confronto, Franco Angeli, Milano, 2007.Questo volume, che nasce da un nucleo <strong>di</strong> saggi presentati al Convegno <strong>di</strong>Roma (9-10 giugno 2006), è qualcosa <strong>di</strong> più <strong>di</strong> una semplice pubblicazione <strong>di</strong> attianche per l’inserimento <strong>di</strong> ulteriori contributi a completamento <strong>dei</strong> temi trattati.L’obiettivo è <strong>di</strong> fare il punto sullo stato della storia del turismo (come si può apprezzarenel saggio introduttivo <strong>di</strong> Walton) in Italia e Spagna e <strong>di</strong> fornire alcune chiaviinterpretative del fenomeno turistico. L’attenzione è stata portata sul rapporto tracittà e turismo per rimarcare l’importanza della componente urbana nei flussi turisticidegli ultimi tre secoli. Inoltre, la scelta <strong>di</strong> confrontare il percorso spagnolo conquello italiano nasce dall’importanza <strong>di</strong> questi due paesi nel panorama internazionale.Nel volume viene proposto un approfon<strong>di</strong>mento su quattro temi: l’organizzazioneturistica, la costruzione dell’immagine, la formazione dell’impren<strong>di</strong>toria e ilrapporto fra turismo e cultura e turismo ed economia.D. Brianta, Europa mineraria. Circolazione delle élites e trasferimento tecnologico (secoliXVIII-XIX), Franco Angeli, Milano, 2007.In anni recenti, la crisi della politica e la complessità <strong>dei</strong> <strong>processi</strong> che regolanol’economia internazionale hanno fornito, in nome dell’efficienza e della competenza,121


una nuova legittimazione al “governo <strong>dei</strong> tecnici”. Delle <strong>di</strong>verse declinazioni deltermine tecnocrazia fornite dalle scienze politiche e sociali, l’autrice privilegia l’approccioproprio della storia costituzionale che vede nelle élites tecnico-scientificheuna rilevante pagina dell’evoluzione degli apparati burocratici e amministratividello Stato moderno alle soglie della rivoluzione industriale. Frutto <strong>di</strong> una riflessionestoriografica sulle fonti e sulla letteratura tecnica del tempo, il volume va allaricerca delle ra<strong>di</strong>ci culturali e istituzionali <strong>di</strong> un modello tecnocratico che giocheràun ruolo centrale nel processo <strong>di</strong> modernizzazione dell’Italia unita, rintracciandolenell’Europa continentale della seconda metà del Settecento, all’epoca della terzagrande rinascita mineraria. L’analisi <strong>di</strong> lungo periodo evidenzia, ancora una volta,l’importanza dell’interazione tra <strong>di</strong>namiche strategico-militari, mutamenti socioeconomicie sviluppi scientifici nella crescita dello Stato moderno. In tale contesto,il processo <strong>di</strong> cross-cultural-transfer in ambito geomineralogico e metallurgico trovaun nuovo canale <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione nella fitta rete <strong>di</strong> scambi e <strong>di</strong> viaggi “ufficiali” <strong>di</strong>scientists and savants che ha come fulcro le gran<strong>di</strong> écoles minerarie, allo stesso tempolaboratori <strong>di</strong> ricerca, stabilimenti pilota e sno<strong>di</strong> <strong>di</strong> comunicazione scientifica. Unarealtà solo apparentemente esogena al nostro paese, che non vanta illustri tra<strong>di</strong>zioninel settore, ma che, invece, grazie alla me<strong>di</strong>azione della cultura tecnica sabaudae ai suoi legami storici con il modello franco-tedesco, tanta parte ha avuto nella formazionedella nostra élite <strong>di</strong>rigente postunitaria.P. Cafaro, Una periferia per centro. Il Cre<strong>di</strong>to Cooperativo nella Lombar<strong>di</strong>a del secondoNovecento (1945-1991), BCC Cre<strong>di</strong>to Cooperativo Federazione Lombarda,Roma, 2007.Una periferia per centro. Un controsenso apparente, uno schema che va controcorrente.Anche nel titolo <strong>di</strong> questo volume, che fa parte della nostra collana nazionale“Storia delle BCC” già ricca <strong>di</strong> una ventina <strong>di</strong> titoli, si <strong>di</strong>pana una esperienzaunica ed innovativa. Che nel suo svolgersi attraverso gli anni è riuscita a <strong>di</strong>ventareautentico para<strong>di</strong>gma <strong>di</strong> un modello <strong>di</strong> coesione sociale ed economica. In questolibro, curato dal professor Cafaro al quale va personalmente il mio più sentito riconoscimentoper avere riportato ad unità un materiale composito – documentale enon solo – al fine <strong>di</strong> ricostruire una “storia” che merita <strong>di</strong> essere conosciuta e <strong>di</strong>ffusa,emerge con chiarezza il ruolo che le casse rurali ed artigiane e le banche <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>tocooperativo lombarde hanno sempre avuto nella costruzione <strong>di</strong> un modo “<strong>di</strong>fferente”<strong>di</strong> essere e fare banca, per la gente, per le comunità locali, rappresentandoun utile termine <strong>di</strong> confronto per l’intero sistema del Cre<strong>di</strong>to Cooperativo Italiano.E non si è trattato solo <strong>di</strong> un puro fatto tecnico, semmai, molto più in profon<strong>di</strong>tà,<strong>di</strong> un percorso culturale originale, che, in Lombar<strong>di</strong>a, ha trovato un terreno fecondosul quale svilupparsi. Questo volume lo spiega con chiarezza. È soprattutto dopo lafine della seconda guerra mon<strong>di</strong>ale che, in Lombar<strong>di</strong>a, terra <strong>di</strong> antiche tra<strong>di</strong>zioni122


conta<strong>di</strong>ne e solidali, prende corpo un sistema bancario cooperativo in grado <strong>di</strong>acquisire, in pochissimi anni, una visibilità ed una importanza tali da superare glistretti confini regionali. Un percorso allora culturale e tecnologico insieme, che si èsviluppato nella convinzione che fosse possibile, come è accaduto nei fatti, definireuna organizzazione <strong>di</strong> tipo sussi<strong>di</strong>ario che lasciasse pieno il valore dell’autonomia,valore fortemente sentito in una regione che non ha mai avuto la presunzione <strong>di</strong>potere fare da sola, ma <strong>di</strong> potere contribuire, con il proprio esempio e il propriolavoro, a costruire un modello organizzativo apparentemente irrealizzabile: quello<strong>di</strong> una periferia che si fa centro. Cinghia <strong>di</strong> trasmissione <strong>di</strong> un motore <strong>di</strong> crescita e<strong>di</strong> sviluppo. [Dalla prefazione <strong>di</strong> Alessandro Azzi]R. Costi-M. Messori (a cura <strong>di</strong>), Per lo sviluppo. Un capitalismo senza ren<strong>di</strong>te e concapitale, Il Mulino, Bologna, 2005.Questo libro è maturato nell’ambito dell’attività svolta dal gruppo <strong>di</strong> lavoro“Finanza, concorrenza e regolamentazione” della Fondazione Di Vittorio. Gliautori esaminano l’evoluzione <strong>dei</strong> mercati finanziari e <strong>dei</strong> servizi non finanziari inItalia sotto il profilo sia <strong>economico</strong> sia giuri<strong>di</strong>co. Si sottolinea come gli indubbiprogressi realizzati nel corso degli anni Novanta non siano stati sufficienti né aeliminare <strong>di</strong>ffuse posizioni <strong>di</strong> ren<strong>di</strong>ta, né ad assicurare positive “esternalità” alsistema delle imprese, né a tutelare gli interessi <strong>dei</strong> risparmiatori. Di qui la necessità<strong>di</strong> definire appropriate iniziative <strong>di</strong> policy per realizzare una effettiva liberalizzazione<strong>dei</strong> mercati <strong>dei</strong> servizi <strong>di</strong> pubblica utilità, per sviluppare i servizi finanziaririchiesti dal rafforzamento organizzativo e dalla crescita <strong>di</strong>mensionale dellenostre piccolo-me<strong>di</strong>e imprese <strong>di</strong> successo, e per operare un attento controllo <strong>dei</strong>conflitti <strong>di</strong> interesse, specie all’interno <strong>dei</strong> gran<strong>di</strong> interme<strong>di</strong>ari finanziari.A. Cova (a cura <strong>di</strong>), Il <strong>di</strong>lemma dell’integrazione. L’inserimento dell’economia italiananel sistema occidentale (1945-1957), Franco Angeli, Milano, 2008.La ripresa delle relazioni internazionali, dopo la fine della seconda guerramon<strong>di</strong>ale, è stata un volano della ricostruzione economica europea. Per l’Italia, inparticolare, il reinserimento nel “sistema occidentale” ha costituito un elementoessenziale per la rinascita e la successiva trasformazione strutturale della sua economia.Nell’ambito <strong>di</strong> un vasto programma <strong>di</strong> ricerca su “L’integrazione economicaitaliana nel sistema occidentale: il ruolo delle istituzioni e <strong>dei</strong> soggettisociali (1945-1957)”, il volume prende in esame il periodo dalla fine del conflittoalla vigilia <strong>dei</strong> trattati <strong>di</strong> Roma, del 1957, periodo contrassegnato da una nonscontata caduta delle barriere agli scambi internazionali e dagli inizi <strong>di</strong> unaintensa cooperazione tra alcuni paesi occidentali. Vengono qui indagati i proble-123


mi, gli atteggiamenti e le scelte delle istituzioni, delle imprese e delle forze socialiin ambi essenziali per l’Italia, quali la definizione del trattato <strong>di</strong> pace, la ripresa<strong>dei</strong> flussi commerciali, turistici e migratori con l’estero, il rientro nel sistemamonetario internazionale, l’impiego <strong>dei</strong> finanziamenti e delle risorse internazionalinell’ammodernamento dell’apparato produttivo e ai fini della ricostruzionedel tessuto sociale.F. Dandolo-A. Baldoni, Su<strong>di</strong>ndustria. Prospettive impren<strong>di</strong>toriali e scenari per losviluppo <strong>economico</strong> del Mezzogiorno (1947-1956), Alfredo Guida, E<strong>di</strong>tore, Napoli,2007.Il volume analizza, in maniera sistematica ed approfon<strong>di</strong>ta, l’attività <strong>di</strong>Su<strong>di</strong>ndustria, società nata, per iniziativa della SVIMEZ, nel luglio del 1947. LaSocietà assunse un ruolo <strong>di</strong> preminente interesse all’indomani della legge perindustrializzazione delle regioni meri<strong>di</strong>onali, volta a delineare nuovi scenari produttividopo la seconda guerra mon<strong>di</strong>ale. Ne scaturì l’intensa collaborazione conil Banco <strong>di</strong> Napoli, che aveva il compito <strong>di</strong> ripartire i finanziamenti connessi allalegge. La ricerca valorizza la ricca documentazione – in massima parte ine<strong>di</strong>ta –conservata presso l’Archivio SVIMEZ. L’indagine è da ritenersi un solido e originalecontributo al <strong>di</strong>battito sulle prospettive impren<strong>di</strong>toriali che Su<strong>di</strong>ndustriaelaborò dopo il conflitto, anche se solo in parte tale feconda attività <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o siconcretizzò in mutamenti <strong>di</strong> carattere strutturale della realtà produttiva del Sud.N. De Ianni, Banco <strong>di</strong> Napoli spa. 1991-2002: un decennio <strong>di</strong>fficile, RubbettinoE<strong>di</strong>tore, Soveria Mannelli, 2007.Questo lavoro analizza la vita del Banco <strong>di</strong> Napoli spa dalla costituzione, il 1°luglio 1991, fino alla incorporazione nel Sanpaolo IMI, nel <strong>di</strong>cembre 2002. Nodocruciale della vicenda è la gravissima crisi che investe la Banca nell’autunno del 1994con la <strong>di</strong>ffusione della semestrale. In pochi mesi, la situazione precipita al punto taleche, per evitare la liquidazione coatta amministrativa, si rende necessario un interventolegislativo che prevede la privatizzazione della Banca attraverso un’asta pubblica.Nel gennaio del 1997, per soli 61,6 miliar<strong>di</strong>, la cordata INA – BNL si aggiu<strong>di</strong>cail 60 per cento del Banco Napoli spa. Nei due anni successivi, si consuma l’accesabattaglia per la fusione con il BNL sotto la guida dell’INA. Tramontata tale ipotesi,nel 2000, il Banco <strong>di</strong> Napoli, ormai risanato, è ceduto, con abnorme plusvalenzaal Sanpaolo IMI. Nell’analisi della vicenda sono emerse <strong>di</strong>verse questioni: lagestione Ventriglia, la politicizzazione del cre<strong>di</strong>to, la debolezza degli organismi bancarimeri<strong>di</strong>onali, la sospensione dell’intervento straor<strong>di</strong>nario, la crisi macroeconomicadel 1993-94, il ruolo del Tesoro e della Banca d’Italia, l’attività <strong>di</strong> risanamento.124


Fino al risultato <strong>di</strong> vedere la più grande banca del Mezzogiorno, contrad<strong>di</strong>ttorio centro<strong>di</strong> potere e <strong>di</strong> iniziativa economica, trasformato in un modello <strong>di</strong> banca compatibilecol processo evolutivo in atto nel settore cre<strong>di</strong>tizio.D. Demarco, Il <strong>di</strong>battito sulla popolazione in Italia nei secoli XVIII-XIX e altrisaggi, E<strong>di</strong>zioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2007.In<strong>di</strong>ce del volume: Parte prima: I. Il <strong>di</strong>battito sulla popolazione in Italia nel secoloXVIII: 1. L’antico regime demografico, 2. L’espansione demografica dell’EuropaOccidentale, 3. Le cause dell’aumento della popolazione, 4. Le dottrine demograficheeuropee. Gli antecedenti, il pensiero greco-romano, il Cristianesimo, il Me<strong>di</strong>oevo,l’età moderna, 5. Le dottrine demografiche in Occidente nel XVIII secolo: inFrancia, in Germania, in America, in Gran Bretagna, 6. Il pensiero demografico inItalia. Regno <strong>di</strong> Sardegna: Giambattista Vasco, Donau<strong>di</strong> delle Mallere, FrancescoPlà, 7. Lombardo – Veneto: Francesco Algarotti, Cesare Beccaria, Antonio Zanon,Pietro Verri, Giambattista d’Arco, Giuseppe Gorani, Giammaria Ortes, 8. Ducato<strong>di</strong> Modena e Reggio: Lodovico Ricci, 9. In Toscana: Sallustio Ban<strong>di</strong>ni, G.U. Bottone,Marco Lastri, Antonio Parrucca, 10. Nel Regno <strong>di</strong> Napoli: Fer<strong>di</strong>nando Galiani,Antonio Genovesi, Filippo Villano, Andrea Marchesini, Gaetano Filangieri, FilippoBriganti, Rocco Pecori, Giuseppe M. Galanti, Giuseppe Calmieri, 11. Conclusione,12. Nota bibliografica. II. Il <strong>di</strong>battito sulla popolazione in Italia nel secolo XIX: 1. Ifatti. L’espansione demografica in Europa e in Italia nel secolo XIX, 2. Il principio<strong>di</strong> popolazione <strong>di</strong> Malthus, - Parte I. Il <strong>di</strong>battito sulla popolazione in Italia nel periodopreunitario (1800-1861). 3. Il <strong>di</strong>battito in Occidente, 4. In Lombar<strong>di</strong>a: MelchiorreGioia, Adeodato Ressi, Giandomenico Romagnosi, B. Poli, 5. In Piemonte: CamilloBenso <strong>di</strong> Cavour, 6. Nel Veneto: Girolamo Paresi, Angelo Messedaglia, 7. InToscana: Sismondo de Sismon<strong>di</strong>, 8. Nello Stato Pontificio: Pellegrino Rossi, NelRegno <strong>di</strong> Napoli: Francesco Fuoco, Francesco Ferrara, Salvatore Majorana Calatabiano,- Parte II. Il <strong>di</strong>battito sulla popolazione nell’Italia unita (1860-1910). 10. Il<strong>di</strong>battito in Occidente, 11. Gli economisti Enrico La Loggia, Tullio Martello, M.A.D’Ambrosio, 12. I sociologi: Alberto Zorli, Ilicio Vanni, Francesco Saverio Nitti,13. Gli economisti matematici e gli statistici: Vilfredo Pareto, Rodolfo Benini, 14.I socialisti: Achille Loria, 15. I neo – malthusiani: Paolo Mantegazza, V. Campogrande,16. Conclusioni, 17. Nota bibliografica. Parte seconda: I. Informazione statisticae ricerca storica. II. I censimenti siciliani del secolo XIX : 1. I precedenti del censimentodel 1831, 2. La Direzione Centrale <strong>di</strong> Statistica, 3. Il censimento del 1831,4. La rilevazione del movimento della popolazione dal 1831 al 1859, 5. Prospettiveper il completamento delle rilevazioni della Direzione <strong>di</strong> Statistica, 6. Ragionidegli scarsi censimenti nel Mezzogiorno. III. Le popolazioni della Capitanata aglialbori del secolo XIX: 1. L’informazione storiografica, 2. L’inchiesta murattiana, 3.L’estensore: Serafino Gatti, 4. Un capitolo ine<strong>di</strong>to dell’inchiesta, 5. G.M. Galanti e125


la relazione del Gatti, 6. Per la promozione delle ricerche storico-economiche. IV.Un triennio <strong>di</strong> attività del Comitato Italiano <strong>di</strong> Demografia Storica: I. Le origini delComitato, II. Le fonti della demografia storica in Italia, 1. Gli Status animarum, 2.La numerazione <strong>dei</strong> fuochi; i catasti e le altre rilevazioni fiscali; i censimenti (fino alperiodo napoleonico), 3. Le rilevazioni demografiche <strong>di</strong> Stato in periodo napoleonicoe post napoleonico, fino alla unificazione, 4. I libri <strong>dei</strong> matrimoni e delle morti,III. Problemi <strong>di</strong> utilizzazione <strong>dei</strong> dati, IV. Rapporti tra popolazione, agricoltura,famiglia e prezzi.A. Di Leo (a cura <strong>di</strong>), L’ingegneria e la sua storia. Ruoli, istituzioni, contesti culturalinel XIX e XX secolo, Marlin E<strong>di</strong>tore, Cava <strong>dei</strong> Tirreni, 2007.Fin dai tempi più antichi, pochi “mestieri” come quello dell’ingegnere hannoinfluenzato, con la loro “teoria” e con la loro “pratica”, l’universo del vivere civileoperando sugli aspetti <strong>di</strong> un periodo storico e svolgendo un ruolo decisivo per lecomunicazioni e gli scambi tra i popoli. I saggi qui raccolti invitano ad approfon<strong>di</strong>reil percorso che tale <strong>di</strong>sciplina ha compiuto, grazie alle influenze della dominazionefrancese, nel promuovere e risvegliare aspetti ed interessi tecnologici e scientificigià precedentemente presenti ma ancora da valorizzare in pieno, e tentano <strong>di</strong>offrire un contributo che avvii ad uno sviluppo generale della <strong>di</strong>sciplina, rispettoall’esposizione per tematiche. Nel loro insieme essi tengono conto <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> ed iniziativeche <strong>di</strong>mostrano la maggiore attenzione rivolta, recentemente, dal mondoscientifico e accademico agli aspetti e ai problemi da verificare.A. Di Vittorio (a cura <strong>di</strong>), Luigi de Rosa e la Storia Economica, Atti del Convegno<strong>di</strong> Stu<strong>di</strong> in memoria <strong>di</strong> Luigi de Rosa, Napoli, 11-12 novembre 2005,Società Italiana degli Storici dell’Economia, Giannini E<strong>di</strong>tore, Napoli, 2007.In<strong>di</strong>ce del volume: Prefazione; Saluti; On.le Rosa Russo Iervolino (Sindaco dellaCittà <strong>di</strong> Napoli), Dott. Carmine Lamanda (Direttore Generale CAPITALIA –Gruppo Bancario), Prof. Paolo Malanima (Direttore Istituto <strong>di</strong> Stu<strong>di</strong> sulle Societàdel Me<strong>di</strong>terraneo, CNR); Introduzione: A. Di Vittorio: Caratteri ed orientamentidella Storia Economica <strong>di</strong> Luigi de Rosa; La Storia Economica in Luigi de Rosa: L.De Matteo, Luigi de Rosa e la storia dell’industria; G. Sabatini, Luigi de Rosa storicodella banca in età moderna; G. Zalin, Luigi de Rosa e gli stu<strong>di</strong> sulla banca contemporanea;N. Ostuni, Luigi de Rosa e la storia della finanza; A. Giuntini, La storia<strong>dei</strong> trasporti e del commercio e Luigi de Rosa; P. Barucci, Luigi de Rosa storico delpensiero <strong>economico</strong>; Iniziative, ricerche, relazioni internazionali nell’attività scientifica<strong>di</strong> Luigi de Rosa: M. Del Treppo, Luigi de Rosa e la Società degli Storici italiani;P. Frascani, Luigi de Rosa e le problematiche dello sviluppo <strong>economico</strong>; P. Roggi,126


Luigi de Rosa: una testimonianza; A.M. Bernal, Luigi de Rosa y la historiografia economicaespanola; J.A. Davis, Luigi de Rosa; L.M. Enciso Recio, Luigi de Rosa e lastoria spagnola; I. Glazier, Luigi de Rosa, uno stu<strong>di</strong>oso internazionale; P. Mathias,Luigi de Rosa and the Economic History; H. Van Der Wee, In memoriam Luigi deRosa. A life in the service of Economic History.M.C. Ermice, Le origini del Gran Libro del debito pubblico del Regno <strong>di</strong> Napoli e l’emergere<strong>di</strong> nuovi gruppi sociali (1806-1815), Arte Tipografica E<strong>di</strong>trice, Napoli, 2005.In<strong>di</strong>ce del volume: Prefazione; Capitolo Primo: Considerazioni introduttive;Capitolo Secondo: Il Regno <strong>di</strong> Giuseppe Bonaparte; Capitolo Terzo: Il primo periododel governo Murat; Capitolo Quarto: Il secondo periodo murattiano; Capitolo Quinto:La liquidazione del debito dello Stato; Capitolo Sesto: Le operazioni <strong>di</strong> impiego <strong>dei</strong> titoli;Capitolo Settimo: La <strong>di</strong>stribuzione del debito perpetuo; Capitolo Ottavo: Considerazionisulla riforma del debito; Capitolo Nono: Il debito pubblico del Regno d’Italia:Cenni; Appen<strong>di</strong>ce; Fonti e Bibliografia; In<strong>di</strong>ce <strong>dei</strong> nomi.A. Gagliar<strong>di</strong>, L’impossibile autarchia. La politica economica del fascismo e il MinisteroScambi e Valute, Rubbettino E<strong>di</strong>tore, Soveria Mannelli, 2006.L’autarchia costituì, dalla metà degli anni Trenta, uno <strong>dei</strong> più ambiziosi e piùesibiti obiettivi del regime fascista. Un ruolo <strong>di</strong> in<strong>di</strong>scutibile rilevanza, in quelprogetto, fu svolto dall’amministrazione degli Scambi e Valute, elevata dal 1937al rango <strong>di</strong> Ministero e guidata, fino al 1939, da Felice Guarneri, già <strong>di</strong>rigentedell’associazionismo impren<strong>di</strong>toriale, <strong>di</strong>venuto uno <strong>dei</strong> più autorevoli tra i grandcommis <strong>di</strong> Mussolini. Fino alle soglie della seconda guerra mon<strong>di</strong>ale, lo “Scambi eValute” si trovò a governare <strong>di</strong> fatto i rapporti con l’estero del mondo <strong>economico</strong>italiano, secondo un orientamento non sempre compatibile con la politica industriale,finanziaria, militare ed estera <strong>dei</strong> vertici del fascismo. Intrecciando temipropri della storia istituzionale, della storia politica e della storia economica, ilvolume esamina il contesto in cui ebbe luogo la costituzione dello Scambi e Valute,le originali soluzioni istituzionali adottate, i <strong>di</strong>versi campi in cui si svolse ilsuo intervento e le complesse interazioni con la politica fascista.S. Giannini-P. Onofri (a cura <strong>di</strong>), Per lo sviluppo. Fisco e Welfare, Il Mulino,Bologna, 2005.Questo libro è maturato nell’ambito dell’attività svolta dal gruppo <strong>di</strong> lavoro“Fisco, welfare e <strong>di</strong>stribuzione del red<strong>di</strong>to” della Fondazione Di Vittorio. Prendendo127


le mosse dalla inadeguatezza dell’attuale intervento pubblico rispetto alle insicurezzee ai bisogni connessi con le mo<strong>di</strong>fiche del mercato del lavoro, con l’invecchiamentodella popolazione, l’immigrazione e le nuove forme <strong>di</strong> esclusione sociale, gliautori <strong>di</strong>scutono una serie <strong>di</strong> interventi a favore <strong>dei</strong> soggetti a più alto rischio <strong>di</strong>povertà, <strong>di</strong> <strong>di</strong>soccupazione, <strong>di</strong> malattia e non autosufficienza, <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile accesso all’istruzionee alla formazione. Si rende, in questo modo, necessario l’esame delle <strong>di</strong>namichefiscali. L’ultimo decennio è stato caratterizzato da molteplici riforme e controriformenonché da ripetuti condoni che hanno minato la cre<strong>di</strong>bilità del sistema. L’assettoraggiunto è ben lungi dall’essere sod<strong>di</strong>sfacente per quanto riguarda sia le caratteristichedel sistema, sia l’effettiva <strong>di</strong>stribuzione degli oneri tributari fra tipologie <strong>di</strong>contribuenti. A partire da tali considerazioni vengono avanzate alcune ipotesi <strong>di</strong>riforma.A. Gran<strong>di</strong>, Tessuti compatti. Distretti e istituzioni interme<strong>di</strong>e nello sviluppo italiano,Rosenberg & Sellier, Torino, 2007.È possibile ripensare alla storia dell’industria italiana attribuendo ai <strong>di</strong>strettiindustriali un ruolo decisivo? È possibile affermare che lo sviluppo italiano non èaltro che il risultato <strong>di</strong> numerosi “sviluppi locali”, con svolgimenti temporali,modelli organizzativi, specializzazioni produttive e para<strong>di</strong>gmi tecnologici <strong>di</strong>fferenti?Se sì, che ruolo hanno avuto, in questi <strong>processi</strong>, le istituzioni interme<strong>di</strong>e (le amministrazionipubbliche, le associazioni tra impren<strong>di</strong>tori, le strutture educative, gli istituti<strong>di</strong> cre<strong>di</strong>to)? Sono le domande alle quali cerca <strong>di</strong> rispondere questo lavoro, attraversouna cronologia dello sviluppo industriale italiano che va dall’Unità fino all’ingressodell’Italia nell’Euro e che si avvale della ricostruzione storica <strong>di</strong> nove casi <strong>di</strong>sviluppo <strong>di</strong>strettuale (dal <strong>di</strong>stretto tessile <strong>di</strong> Prato al <strong>di</strong>stretto <strong>dei</strong> coltelli <strong>di</strong> Maniago,dai <strong>di</strong>stretti calzaturieri del fermano, al <strong>di</strong>stretto ceramico <strong>di</strong> Sassuolo … al<strong>di</strong>stretto del legno <strong>di</strong> Viadana). L’analisi <strong>dei</strong> <strong>di</strong>stretti industriali fornisce il materialeper un’interpretazione nuova dell’intero processo <strong>di</strong> industrializzazione italiano, laquale valorizza l’importanza della collaborazione fra attori istituzionali nell’avvio delprocesso <strong>di</strong> sviluppo locale così come nel modo <strong>di</strong> affrontare il cambiamento. Neimolteplici punti <strong>di</strong> svolta che i <strong>di</strong>versi <strong>di</strong>stretti hanno affrontato nel corso del tempo,la ricerca mostra come l’identificazione in un comune sistema <strong>di</strong> valori abbia permessoagli attori istituzionali <strong>di</strong> governare il cambiamento accantonando (almenomomentaneamente) le <strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong> tipo politico e anche socio-<strong>economico</strong>.ISFOL (Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale <strong>dei</strong> Lavoratori), Ilruolo delle città nella governance multilivello delle politiche occupazionali. Una ricognizionesu alcune città del Mezzogiorno, Roma, 2006.L’ISFOL, conformemente a quanto previsto dall’Art. 2 comma 3 del proprioStatuto, ha attivato una sede decentrata, a Benevento, al fine <strong>di</strong> fornire supporto alle128


egioni ed agli enti locali, nelle aree del Mezzogiorno (ex Obiettivo 1 programmazionefon<strong>di</strong> strutturali 2000-2006). Si tratta <strong>di</strong> una scelta funzionale-organizzativavolta a seguire i territori, tramite una prossimità anche fisica, nelle loro evoluzionie quin<strong>di</strong> a calibrare le attività tipiche dell’ISFOL, in modo <strong>di</strong>namico e contestualizzato,sui temi del capitale umano e dello sviluppo locale. La mission, i compiti ele funzioni dell’Istituto assumono nella sede <strong>di</strong> Benevento una connotazione puntualee sistemica sulle problematiche e sulle prospettive del Sud. La sede operaanche quale sensore sui territori e tra le attività finanziate con D. Dir. N. 285Bis/1/04 della DGPOF del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, rientra lapresente ricerca sul ruolo delle città nella governance multilivello delle politicheoccupazionali, con approfon<strong>di</strong>menti nei contesti meri<strong>di</strong>onali. La città, infatti, non èpiù solo un polo geografico <strong>di</strong> attrazione, nel quale si stabilisce gran parte dellapopolazione, ma rappresenta anche uno <strong>dei</strong> livelli istituzionali più adatti a pre<strong>di</strong>sporresoluzioni e misure <strong>di</strong> livello locale volte a favorire lo sviluppo <strong>economico</strong> e ilmiglioramento della qualità della vita <strong>dei</strong> citta<strong>di</strong>ni. L’interesse per questi teminasce dall’importanza assunta dalla <strong>di</strong>mensione urbana nella geometria istituzionalenazionale, che nell’ottica federalista stabilisce sinergie e <strong>processi</strong> <strong>di</strong> collaborazionetra i <strong>di</strong>versi livelli istituzionali, e, in più, nel rapporto con le autorità europee,instaura un <strong>di</strong>alogo sempre più profondo, alla luce <strong>dei</strong> nuovi assetti <strong>di</strong> governance. Siva delineando, dunque, una struttura modulare integrata tra istituzioni e poteri cheoperano in sinergia funzionale e coor<strong>di</strong>nata per realizzare crescita economica e rilanciodel capitale umano e sociale. Gli stessi regolamenti <strong>dei</strong> fon<strong>di</strong> strutturali, per ilperiodo <strong>di</strong> programmazione 2007-2013, in<strong>di</strong>viduano nelle città un perno del complessivosviluppo regionale. Inoltre, <strong>di</strong>versi stu<strong>di</strong>, documenti e atti, elaborati più omeno <strong>di</strong> recente dalle autorità comunitarie evidenziano il ruolo promotore e trasversaledelle città nei <strong>processi</strong> <strong>di</strong> crescita e <strong>di</strong> sviluppo, ed in particolare, nelle strategieper l’occupazione. Lo sviluppo delle politiche occupazionali, a livello urbano,il ruolo centrale della città nella promozione dello sviluppo locale, la costituzione <strong>di</strong>asset reticolari tra città, quali modelli virtuosi <strong>di</strong> scambio delle migliori esperienzeper la soluzione a problemi comuni nazionali e transnazionali, costituiscono gli elementichiave intorno ai quali ruota l’intera ricerca che ha sviluppato un focus sualcune esperienze, in particolare quelle dell’importante rete europea del progettoURBACT – Regenerando.ISFOL (Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale <strong>dei</strong> Lavoratori), Lamobilità costretta. La mobilità geografica <strong>dei</strong> giovani italiani: caratteristiche e prospettivedelle regioni del Mezzogiorno, Roma, 2006.L’ISFOL, conformemente a quanto previsto dall’Art. 2 comma 3 del proprioStatuto, ha attivato una sede decentrata, a Benevento, al fine <strong>di</strong> fornire supportoalle regioni ed agli enti locali, nelle aree del Mezzogiorno (ex Obiettivo 1 pro-129


grammazione fon<strong>di</strong> strutturali 2000-2006). Si tratta <strong>di</strong> una scelta funzionaleorganizzativavolta a seguire i territori, tramite una prossimità anche fisica, nelleloro evoluzioni e quin<strong>di</strong> a calibrare le attività tipiche dell’ISFOL, in modo <strong>di</strong>namicoe contestualizzato, sui temi del capitale umano e dello sviluppo locale. Lamission, i compiti e le funzioni dell’Istituto assumono nella sede <strong>di</strong> Benevento unaconnotazione puntuale e sistemica sulle problematiche e sulle prospettive delSud. Nella sede decentrata opera il Centro per lo Sviluppo Locale quale sensoresui territori, luogo <strong>di</strong> <strong>di</strong>vulgazione scientifica e <strong>di</strong> ricerca per ambiti territoriali esportello agenziale per lo sviluppo. Tra le attività del Centro, finanziate con D.Dir. N. 285/Bis/I/04 della DGPOF del Ministero del Lavoro e delle PoliticheSociali, rientra la presente ricerca sulla mobilità geografica <strong>dei</strong> giovani italiani.Sia a livello comunitario che nazionale la mobilità viene considerata quale fattorestrategico <strong>di</strong> sviluppo e il “2006” è stato proclamato dalla Commissione Europea“Anno europeo della mobilità professionale”. Il fenomeno sicuramente ha <strong>dei</strong>risvolti positivi a livello europeo e nazionale poiché appiana quei <strong>di</strong>fferenziali territorialitra domanda e offerta <strong>di</strong> competenze, sod<strong>di</strong>sfa le esigenze in<strong>di</strong>viduali earricchisce lo stesso capitale umano in mobilità, ma se si osserva la mobilità sottola “lente territoriale” può nascondere degli impatti negativi soprattutto nel lungotermine. È il caso <strong>di</strong> aree deboli come quelle del Mezzogiorno d’Italia. Con la presentericerca si è voluto, dunque, approfon<strong>di</strong>re la mobilità <strong>dei</strong> giovani italianiin<strong>di</strong>viduando le caratteristiche e le prospettive delle regioni Obiettivo 1 e cercando<strong>di</strong> comprendere il fenomeno anche nella sua componente non sana, che sipotrebbe definire “costretta”. Di certo oggi non si assiste ad eso<strong>di</strong> migratori comequelli registrati negli anni ’50 e ’60 ma i flussi riguardano soprattutto giovani ame<strong>di</strong>o – alta scolarizzazione per cui ci troviamo <strong>di</strong> fronte ad un fenomeno <strong>di</strong> drenaggiogeografico delle competenze: il brain drain.I. Lopane-E. Ritrovato (a cura <strong>di</strong>), Tra vecchi e nuovi equilibri domanda e offerta <strong>di</strong>servizi in Italia in età moderna e contemporanea, Atti del quinto ConvegnoNazionale, Torino 12 – 13 novembre 2004, Società Italiana degli Storici dell’Economia,Cacucci E<strong>di</strong>tore, Bari, 2007.In<strong>di</strong>ce del volume: A. Di Vittorio, Presentazione. Parte I: Commercio: A.Bonol<strong>di</strong>, Commercio e cre<strong>di</strong>to tra Italia e Germania: Bolzano e le sue fiere tra XIII eXIX secolo; V. D’Arienzo, La fiera come servizio al commercio: la Fiera <strong>di</strong> Salerno inetà moderna; A.B. Lukacs, Al servizio del consumatore: circuiti <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione inAbruzzo tra botteghe, mercati e fiere (secoli XV-XIX); M.G. Rienzo, Istituzioni interme<strong>di</strong>ee sistema locale provinciale: il caso della Fiera <strong>di</strong> Foggia; P. Battilani, Evoluzionedel commercio e sviluppo <strong>economico</strong>: il caso italiano nel secondo dopoguerra. Parte II:Public Utilities: A. Zanini, “Perché la città sia ben proveduta d’acque”. Momenti <strong>di</strong>crisi e strategie <strong>di</strong> gestione delle risorse idriche (Genova, secoli XVI-XVII); P. Tedeschi,130


Aspetti della gestione delle opere idrauliche nel bresciano nell’età della Restaurazione; V.Varini, Governo municipale e public utilities in Lombar<strong>di</strong>a tra Otto e Novecento; G.Moricola, Servizi, enti locali e capitali privati a Napoli in età liberale; G. Gregorini,La luce nelle vie. Trasformazioni e sviluppo del servizio <strong>di</strong> illuminazione pubblica aBrescia nel primo Ottocento; A. Giuntini, Il servizio postale in Italia dalla istituzionedel Ministero alla seconda guerra mon<strong>di</strong>ale fra arretratezza e modernità (1889-1945);P. Nardone, Il servizio telefonico pubblico in Italia e il caso della provincia <strong>di</strong> Chieti;S. Fari, Il servizio telegrafico italiano dall’Unità al Novecento; S. Magagnoli, Unaricetta efficace per lo sviluppo regionale: beni pubblici, coor<strong>di</strong>namento e re<strong>di</strong>stribuzione inEmilia Romagna nel secondo dopoguerra; G. Favero, I servizi statistici ufficiali in Italiadall’Unità alla Repubblica. Strategie <strong>di</strong> organizzazione interna e pertinenza dell’informazioneprodotta. Parte III: Cre<strong>di</strong>to: M. Romani, La “filiera dell’usura”: feneratores,mercanti e sensali ebrei nell’Italia Centro-Settentrionale tra Basso Me<strong>di</strong>oevo eprima Età Moderna; F. Colzi, Domanda e offerta <strong>di</strong> servizi finanziari nello Stato Pontificioin età moderna. Il ruolo del debito pubblico; M. Carboni, Il servizio del debitopubblico a Bologna in età moderna; D. Strangio, Dai monti comunicativi ai monticamerali. Un servizio finanziario per la città <strong>di</strong> Roma e per lo Stato Pontificio tra etàmoderna e contemporanea; G. Sabatini, L’economia aquilana alla svolta del secolo: ferrovie,cre<strong>di</strong>to ed emigrazione; I. Frescura, Cre<strong>di</strong>to cooperativo e sviluppo <strong>economico</strong> –sociale in Sicilia dalle origini al fascismo; L. Avagliano, La democratizzazione del cre<strong>di</strong>todagli anni Trenta al secondo dopoguerra; S. Cassar, L’attività cre<strong>di</strong>tizia in Sicilia,nell’ottica della politica fascista; F. Bof, Servizi bancari e cre<strong>di</strong>to cooperativo: l’Ente fascista<strong>di</strong> zona <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne e le casse rurali ed artigiane del Friuli (1938-43). Parte IV: Serviziper le imprese: M. Vasta, La grande impresa italiana <strong>dei</strong> servizi nel XX secolo;R. Giannetti, I servizi e lo sviluppo industriale italiano nell’“Età dell’oro” (1950-1971); G.L. Podestà, I servizi in Africa Orientale Italiana (1936-1939); E.Ritrovato, Un servizio istituzionale al commercio estero: la Camera <strong>di</strong> CommercioItalo-Orientale in Bari fra le due guerre; E. Merlo, Industria della moda e mercato <strong>dei</strong>servizi tra innovazione e modernizzazione: il caso GFT (1950 -1970); F. Dandolo, Leassociazioni industriali al servizio degli impren<strong>di</strong>tori. Le vicende dell’Unione regionaleindustriale; P. Toscano, Il terziario avanzato a Roma nel secondo dopoguerra: le <strong>di</strong>namiche<strong>di</strong> una crescita sostenuta; M. Taccolini, Istruzione e sviluppo: il contributo dellaformazione tecnica e professionale alla crescita economica dell’Italia tra Ottocento e Novecento.Una prospettiva <strong>di</strong>acronica. Parte V: Approvvigionamenti: M. Rizzo, “Rivoluzione<strong>dei</strong> consumi”, “state-buil<strong>di</strong>ng” e “rivoluzione militare”. La domanda e l’offerta <strong>di</strong>servizi strategici nella Lombar<strong>di</strong>a spagnola, 1535-1659; G. Fenicia, Un servizio istituzionaleper la città <strong>di</strong> Napoli: l’approvvigionamento annonario negli anni ’70 del XVIsecolo; R.P. Corritore, La costituzione <strong>di</strong> scorte granarie pubbliche e la politica economicadegli stati in età pre-industriale; A. Gran<strong>di</strong>, Corporazioni e servizi alle attivitàproduttive. La lavorazione del grasso e delle pelli a Bologna in età moderna. Parte VI:Turismo: M.L. Cavalcanti, L’Italia “Paese noioso”: i problemi dell’offerta alberghierafra XIX e XX secolo; S. Onger, L’industria termale nella Lombar<strong>di</strong>a orientale fra Otto131


e primo Novecento; M. Teodori, La politica economica dell’accoglienza. La legislazioneturistico-alberghiera in Italia tra le due guerre; C. Bermond, Sestrières 1930-1990.Una “villanova” contemporanea per gli sport invernali; V. Pinchera, La domanda d’artein Italia in età moderna. Nuovi equilibri economici e sociali. Parte VII: Trasporti: D.Celetti, Il servizio <strong>di</strong> trasporto della canapa da Montagnana all’Arsenale <strong>di</strong> Veneziain Età Moderna; F. D’Esposito, Un servizio offerto dalla popolazione della PenisolaSorrentina: i trasporti marittimi nel Golfo <strong>di</strong> Napoli per l’approvvigionamento della capitaleall’inizio dell’età moderna; L. Mocarelli, Braccia al servizio dell’economia: i facchininella Milano del Settecento; L. Piccinno, Il servizio <strong>di</strong> trasporto pubblico urbanoa Genova tra Sette e Ottocento: i facchini da portantina; G.M. Carusotto, Innovazionee modernizzazione nel settore <strong>dei</strong> trasporti pubblici: Catania tra ‘800 e ‘900; A.Locatelli, Il servizio <strong>di</strong> trasporto urbano nella Bergamo del Novecento. Il caso ATB.G. Maifreda, La <strong>di</strong>sciplina del lavoro. Operai, macchine e fabbriche nella storia italiana,Bruno Mondadori E<strong>di</strong>tore, Milano, 2007.La storia degli uomini letta attraverso il filtro della produzione industriale,questo, in sintesi, il contributo che Germano Maifreda offre alla costituzione <strong>di</strong>un nuovo tassello della <strong>di</strong>sciplina storica. Attraverso un viaggio stimolante che,dagli albori settecenteschi dell’industrializzazione nazionale, ci conduce fino agliultimi decenni del Novecento, il suo libro percorre la trasformazione <strong>dei</strong> luoghi,delle culture, delle procedure e <strong>dei</strong> risultati che permisero l’affermarsi e il perpetuarsidella <strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong> fabbrica. Dall’ingresso negli opifici <strong>di</strong> donne, ragazzi,conta<strong>di</strong>ni e artigiani alle proposte riformatrici e rivoluzionarie, dalla introduzione<strong>dei</strong> telai meccanici alla scomparsa della classe operaia, a delinearsi è l’affrescodettagliato <strong>di</strong> un importante capitolo della nostra storia. Avvalendosi <strong>di</strong> una riccadocumentazione ine<strong>di</strong>ta, lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Maifreda propone una interpretazione innovativadel fenomeno dell’organizzazione del lavoro, riuscendo a fondere, con grandeacume e chiarezza espositiva, l’approccio politico-sociologico e quello storiografico.M. Moroni (a cura <strong>di</strong>), Lo sviluppo locale. Storia, economia e sociologia, Il Mulino,Bologna, 2007.Il tema dello sviluppo locale è attualmente oggetto <strong>di</strong> un ampio <strong>di</strong>battito,continuamente alimentato dai problemi incontrati nell’ultimo quin<strong>di</strong>cennio dai<strong>di</strong>stretti industriali tra<strong>di</strong>zionali e, più in generale, del made in Italy. L’emergere<strong>di</strong> nuovi e agguerriti protagonisti, la rapi<strong>di</strong>ssima innovazione tecnologica e l’accentuarsidella concorrenza nel mercato globale hanno creato non poche <strong>di</strong>fficoltàalle piccole imprese della Penisola, non escluse quelle organizzate in sistemi pro-132


duttivi locali, spingendole verso nuove forme organizzative. Se negli anni Ottanta,per interpretare le trasformazioni dell’industria italiana manifestatesi neldecennio precedente si era fatto ricorso al concetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>stretto industriale, a partiredalla metà degli anni Novanta il <strong>di</strong>battito ruota invece intorno ai concetti <strong>di</strong>globalizzazione e, appunto, <strong>di</strong> sviluppo locale. In questo volume il tema vieneaffrontato in un’ottica inter<strong>di</strong>sciplinare, nella convinzione che uno sguardo multiplopossa aiutare a meglio comprendere la complessità <strong>dei</strong> fenomeni e le interconnessioniche sfuggono ad approcci settoriali. L’analisi economica e sociologicasi intrecciano così con l’indagine storica, dando luogo a esiti <strong>di</strong> grande interesse emirando a superare le evidenti <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogo finora mostrate dagli stu<strong>di</strong>osi<strong>di</strong> economia, geografia, storia e sociologia che si sono occupati dell’argomento.E. Pagano, Enti locali e Stato in Italia sotto Napoleone. Repubblica e Regno d’Italia(1802-1814), Carocci E<strong>di</strong>tore, Roma, 2007.Il modello statuale francese, introdotto in Italia nella versione napoleonica,può essere assunto come un pilastro della “modernità”, o piuttosto <strong>di</strong> una contemporaneitànella quale ancora oggi, bene o male, viviamo: l’or<strong>di</strong>namento pubblico,i rapporti tra Stato e citta<strong>di</strong>ni, tra amministrazione centrale ed enti locali,la configurazione stessa <strong>di</strong> questi ultimi, province e comuni. La ricerca alla base<strong>di</strong> questo volume, condotta in aree <strong>di</strong>versificate della Repubblica e del Regno d’Italia,ha privilegiato la documentazione ine<strong>di</strong>ta d’archivio. Il percorso tematico siapre con un sintetico quadro costituzionale al 1802 e segue la <strong>di</strong>namica degliorganismi centrali dello Stato italico, con speciale riguardo al Consiglio <strong>di</strong> Stato,tutore degli enti locali, focalizzandosi poi sulla genesi del <strong>Dipartimento</strong> (lamoderna provincia). Speciale attenzione è riservata al potere municipale, in particolarealla finanza locale, poiché la politica napoleonica <strong>di</strong> razionalizzazione dellecircoscrizioni comunali ebbe ricadute epocali sul numero, la <strong>di</strong>stribuzione e lerisorse <strong>dei</strong> comuni italiani.F. Pirolo, La Transumanza in Basilicata in età moderna. Tratturi masserie reintegre,E<strong>di</strong>toriale Scientifica, Napoli, 2005.In<strong>di</strong>ce del volume: In<strong>di</strong>ce delle Abbreviazioni; Prefazione <strong>di</strong> Diomede Ivone;Introduzione; Capitolo I: I Percorsi della transumanza: 1. I tratturi lucani, 2. Usurpazionie reintegre, 3. Il Tratturo Melfi-Castellaneta e la rete tratturale minore,Appen<strong>di</strong>ce; Capitolo II: Economia e amministrazione: 1. La transumanza in Basilicatae la Regia Dogana delle pecore, 2. La locazione <strong>di</strong> Terra d’Otranto e la “transazione”<strong>di</strong> Basilicata, 3. L’ufficio <strong>dei</strong> cavallai, Appen<strong>di</strong>ce; Capitolo III: Controversiepastorali: 1. I <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> “passo”, 2. La montagna <strong>di</strong> Pisterola, 3. Il “foro privi-133


legiato”, 4. I contratti <strong>di</strong> pascolo, 5. Il Demanio <strong>di</strong> Venosa, Appen<strong>di</strong>ce; CapitoloIV: L’amministrazione della Dogana nei feu<strong>di</strong> lucani: 1. Il Feudo <strong>di</strong> Monteserico, 2.Il Feudo <strong>di</strong> Montepeloso, 3. I feu<strong>di</strong> <strong>dei</strong> principi Doria e la Dogana <strong>di</strong> Foggia; 4.Taverne e masserie, Appen<strong>di</strong>ce; Conclusione; In<strong>di</strong>ce <strong>dei</strong> nomi.Flavio Russo-Ferruccio Russo, 79 A.D. Course for Pompeii. Inquiry on the deathof an admiral, Allied Maritime Component Command of Naples, Napoli,2006.On August 24, or perhaps September 24 as some of the more recent theorieswould have it, after lying dormant for almost five hundred years, Mt. Vesuviusexploded, imme<strong>di</strong>ately threatening the numerous and flourishing cities locatedalong its slopes. The phenomenon was noted imme<strong>di</strong>ately on the other side of theGulf, home of the first imperial fleet naval base, under the command of Pliny theElder. Pliny promptly set in motion both his men and his ships. But just as theAdmiral was about to embark on a fast liburna, he received a desperate plea forhelp: his ships were the only hope of salvation for the inhabitants of the coast! Heimme<strong>di</strong>ately mounted a rescue operation, <strong>di</strong>recting his powerful quadriremestoward the coast of Ercolano and Pompeii. No one ever saw Pliny again, nor dowe know exactly how he <strong>di</strong>ed. However, several archeological <strong>di</strong>scoveries made atthe beginning of the last century and neglected until now, may perhaps provideus with clues regar<strong>di</strong>ng his final hours, implicitly confirming the success of hismission.Flavio Russo-Ferruccio Russo, Indagine sulle Forche Cau<strong>di</strong>ne. Immutabilità <strong>dei</strong>principi dell’arte militare, Rivista Militare, Roma, 2006.Nel 321 A.C., nel corso <strong>di</strong> uno spostamento tra Capua e Benevento, un esercitoromano cadde in un agguato tesogli dai Sanniti. La rievocazione dell’episo<strong>di</strong>otramandatoci da Livio, sebbene alquanto dettagliata, non permette l’esatta ubicazione<strong>dei</strong> luogo in cui avvenne la resa <strong>dei</strong> Romani. L’unica certezza è la sua a<strong>di</strong>acenzaal Massiccio del Taburno, attorno al quale o sul quale si doveva necessariamentepassare per addentrarci nel cuore del Sannio. Tenendo presente il contestostorico vigente, l’entità militare <strong>dei</strong> Romani e le loro modalità <strong>di</strong> trasferimento interritorio nemico, l’ambito <strong>di</strong> ricerca si è potuto restringere ad un unico itinerario,il più impervio ed il più rapido. I rilevamenti satellitari, aerei zenitali edobliqui, le ricognizioni terrestri, le indagine geodetiche, podologiche e morfologichesono state proficuamente correlate fra loro al fine <strong>di</strong> evidenziare qualsiasianomalia e <strong>di</strong>somogeneità dell’area riconducibile all’evento. E i risultati non sonomancati.134


Stato Maggiore dell’Esercito - Ufficio Storico, La grande guerra sul fronteitaliano. Dalle immagini del servizio fotografico militare, Roma, 2006.L’Archivio Fotografico dello Stato Maggiore dell’Esercito conserva migliaia<strong>di</strong> positivi e <strong>di</strong> lastre della guerra 1915-1918 ed è uno <strong>dei</strong> maggiori d’Italia sullospecifico argomento. Le immagini provengono in gran parte dall’attività <strong>dei</strong> fotografidell’Arma del Genio che, inquadrati in squadre o sezioni, con<strong>di</strong>visero la vitain trincea e nelle retrovie <strong>dei</strong> soldati italiani al fronte, immortalandone le operazionibelliche. Nell’ambito delle celebrazioni del Novantesimo Anniversario dall’entratadell’Italia nella Grande Guerra, questo volume intende ricordare, al contempo,il sacrificio <strong>di</strong> una intera generazione <strong>di</strong> italiani che portò al compimentodell’Unità Nazionale e l’azione in prima linea <strong>dei</strong> fotografi militari, precursori <strong>dei</strong>Me<strong>di</strong>a Combat Team <strong>di</strong> oggi.P. Tedeschi-L. Trezzi, L’opera con<strong>di</strong>visa. La città delle fabbriche, Sesto San Giovanni1903-1952. La società, Franco Angeli, Milano, 2007.Il volume analizza le variazioni più significative intervenute nella società enell’economia <strong>di</strong> Sesto San Giovanni nella prima metà del ‘900 ovvero negli anniin cui lo sviluppo dell’apparato industriale trasformò un borgo agricolo nella“città delle fabbriche”. Si evidenziano il forte incremento demografico e l’evoluzione<strong>dei</strong> red<strong>di</strong>ti e <strong>dei</strong> consumi determinati dalla crescita economica conseguenteallo sviluppo delle imprese industriali e del loro indotto. Emerge una città industrialeche, pur essendo sede <strong>di</strong> aspri conflitti sociali, fu in grado <strong>di</strong> pagare retribuzionireali capaci sia <strong>di</strong> attirare forza lavoro da località sempre più <strong>di</strong>stanti, sia<strong>di</strong> fare aumentare i consumi <strong>dei</strong> beni e servizi <strong>di</strong> prima necessità e <strong>di</strong> quelli voluttuari.Si mostra inoltre che, a fronte <strong>dei</strong> crescenti problemi urbanistici e socialilegati allo sviluppo della città, il pluralismo competitivo delle forze sociali e delleistituzioni portò sia al mantenimento <strong>di</strong> strutture <strong>di</strong> assistenza pubbliche e privatea favore <strong>dei</strong> sestesi meno abbienti, sia alla creazione <strong>di</strong> infrastrutture, abitazioni,scuole e circoli ricreativi. L’evoluzione <strong>di</strong> Sesto San Giovanni risulta cosìl’esito <strong>di</strong> un’opera <strong>di</strong> fatto con<strong>di</strong>visa fra le <strong>di</strong>verse componenti sociali che vi operavanoe/o vi abitavano: intenzioni <strong>di</strong>verse crearono un apparato produttivo ingrado <strong>di</strong> generare red<strong>di</strong>ti <strong>di</strong>fficilmente riscontrabili in altre comunità milanesi,nonché una partecipazione alla costruzione della vita sociale del Comune che levicende politiche non indebolirono in misura significativa.Ufficio Storico dell’Esercito Italiano, Il generale Giuseppe Garibal<strong>di</strong> nelbicentenario della nascita, Roma, 2007.Nell’Anniversario della nascita dell’Eroe <strong>dei</strong> Due Mon<strong>di</strong>, l’Ufficio Storico hariproposto questa opera, e<strong>di</strong>ta per la prima volta nel 1932 con il titolo “Garibal-135


<strong>di</strong> condottiero”. L’opera ha una visione complessiva dell’intero corso della vitamilitare del Garibal<strong>di</strong> Generale data dall’insieme <strong>dei</strong> saggi, che costituiscono ilvolume. Essa spazia dagli anni del Sud America, che lo videro combattere interra, sui fiumi ed in mare fino alla campagna del 1870-1871 in Francia. Questospazio temporale <strong>di</strong> trentacinque anni, rappresenta, per Garibal<strong>di</strong>, il momentopiù intenso ed importante della sua vita nonché una pietra miliare vero l’Unitàd’Italia. Tale periodo è contrad<strong>di</strong>stinto da scontri e battaglie, asse<strong>di</strong> e sbarchi, daVarese al Volturno, da Calatafimi a Bezzecca, da Roma a Marsala, sempre all’insegnadel Volontarismo che vedono Giuseppe Garibal<strong>di</strong>, prima Maggior Generaledell’Armata Sarda e poi dell’Esercito Italiano. Inoltre, l’opera ricorda, in questasede, gli autori <strong>dei</strong> <strong>di</strong>versi saggi del volume, tutti ufficiali e cultori, spesso qualcosa<strong>di</strong> più, della storia militare in un’epoca in cui gli scrittori in uniforme avevanoe si meritavano, l’esclusiva <strong>di</strong> trattare temi legati a questa materia. Oggi, asettantacinque anni <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza, il loro stile letterario può apparire “datato” ma ilcontenuto <strong>dei</strong> loro scritti rimane ancora pienamente valido, costituendo un’in<strong>di</strong>spensabilebase per ulteriori approfon<strong>di</strong>menti.A. Zanar<strong>di</strong> (a cura <strong>di</strong>), Per lo sviluppo. Un federalismo fiscale responsabile e solidale,Il Mulino, Bologna, 2006.Questo libro è maturato nell’ambito delle attività svolte dalla Sezione <strong>di</strong>Scienze Sociali della Fondazione Di Vittorio insieme con esperti <strong>di</strong> Astrid e dell’AssociazioneNens. Sono <strong>di</strong>scusse le modalità con cui attuare i principi del federalismofiscale previsti nella riforma costituzionale, superando i problemi <strong>di</strong> naturafinanziaria e <strong>di</strong> impasse decisionale che ne bloccano la realizzazione. Nell’ultimodecennio, l’assetto delle relazioni finanziarie tra <strong>di</strong>versi livelli <strong>di</strong> governo haconosciuto in Italia profonde trasformazioni nella <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> un sempre maggioredecentramento delle responsabilità <strong>di</strong> spesa e <strong>di</strong> finanziamento, culminatenella riforma del Titolo V del 2001. Da allora, tuttavia, non si sono compiutipassi avanti, a causa delle pressanti esigenze <strong>di</strong> <strong>di</strong>sciplina fiscale e nell’attesa <strong>di</strong>ulteriori interventi <strong>di</strong> riforma a livello costituzionale. Come dunque <strong>di</strong>segnare unsistema <strong>di</strong> federalismo fiscale coerente con la riforma costituzionale e, al contempo,or<strong>di</strong>nato e concretamente sostenibile in termini politici e amministrativi? Uninterrogativo cui il volume intende rispondere con contributi <strong>di</strong> natura sia giuri<strong>di</strong>casia economica.136


V. LIBRI RICEVUTIM. Alacevich, Le origini della Banca Mon<strong>di</strong>ale. Una deriva conservatrice, Bruno Mondadori,Milano, 2007.M. Amendola-C. Antonelli-C. Trigilia (a cura <strong>di</strong>), Per lo sviluppo. Processi innovativie contesti territoriali, Il Mulino, Bologna, 2005.C. Antonelli-F. Barbiellini Ami<strong>dei</strong>-R. Giannetti-M. Gomellini-S. Pastorelli-M.Pianta, Innovazione tecnologica e sviluppo industriale nel secondo dopoguerra,E<strong>di</strong>tori Laterza, Bari, 2007.F. Assante, S.Maria della Consolazione a Posillipo. La storia, le storie (secc. XV-XX),Giannini E<strong>di</strong>tore, Napoli, 2007.P. Battilani-D. Strangio (a cura <strong>di</strong>), Il turismo e le città tra XVIII e XXI secolo. Italiae Spagna a confronto, Franco Angeli, Milano, 2007.D. Brianta, Europa mineraria. Circolazione delle élites e trasferimento tecnologico (secoliXVIII-XIX), Franco Angeli, Milano, 2007.P. Cafaro, Una periferia per centro. Il Cre<strong>di</strong>to Cooperativo nella Lombar<strong>di</strong>a del secondo Novecento1945-1991, BCC Cre<strong>di</strong>to Cooperativo Federazione Lombarda, Roma, 2007.R. Costi-M. Messori (a cura <strong>di</strong>), Per lo sviluppo. Un capitalismo senza ren<strong>di</strong>te e con capitale,Il Mulino, Bologna, 2005.A. Cova (a cura <strong>di</strong>), Il <strong>di</strong>lemma dell’integrazione. L’inserimento dell’economia italiana nelsistema occidentale (1945-1957), Franco Angeli, Milano, 2008.P. Crociani, Guida al Fondo “Brigantaggio”, Stato Maggiore dell’Esercito-Ufficio Storico,Roma, 2004.F. Dandolo-A. Baldoni, Su<strong>di</strong>ndustria. Prospettive impren<strong>di</strong>toriali e scenari per lo sviluppo<strong>economico</strong> del Mezzogiorno (1947-1956), Alfredo Guida, E<strong>di</strong>tore, Napoli, 2007.N. De Ianni, Banco <strong>di</strong> Napoli spa. 1991-2002: un decennio <strong>di</strong>fficile, Rubbettino E<strong>di</strong>tore,Soveria Mannelli, 2007.D. Demarco, Il <strong>di</strong>battito sulla popolazione in Italia nei secoli XVIII-XIX e altri saggi,E<strong>di</strong>zioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2007.A. Di Leo (a cura <strong>di</strong>), L’ingegneria e la sua storia. Ruoli, istituzioni, contesti culturali nelXIX e XX secolo, Marlin E<strong>di</strong>tore, Cava <strong>dei</strong> Tirreni, 2007.A. Di Vittorio (a cura <strong>di</strong>), Luigi de Rosa e la Storia Economica, Atti del Convegno <strong>di</strong>Stu<strong>di</strong> in memoria <strong>di</strong> Luigi de Rosa, Napoli, 11-12 novembre 2005, Società Italianadegli Storici dell’Economia, Giannini E<strong>di</strong>tore, Napoli, 2007.M.C. Ermice, Le origini del Gran Libro del debito pubblico del Regno <strong>di</strong> Napoli e l’emergere<strong>di</strong> nuovi gruppi sociali (1806-1815), Arte Tipografica E<strong>di</strong>trice, Napoli, 2005.A. Gagliar<strong>di</strong>, L’impossibile autarchia. La politica economica del fascismo e il MinisteroScambi e Valute, Rubbettino E<strong>di</strong>tore, Soveria Mannelli, 2006.137


S. Giannini-P. Onofri (a cura <strong>di</strong>), Per lo sviluppo. Fisco e Welfare, Il Mulino, Bologna,2005.A. Gran<strong>di</strong>, Tessuti compatti. Distretti e istituzioni interme<strong>di</strong>e nello sviluppo italiano, Rosenberg& Sellier, Torino, 2007.ISFOL (Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale <strong>dei</strong> Lavoratori), Ilruolo delle città nella governance multilivello delle politiche occupazionali. Una ricognizionesu alcune città del Mezzogiorno, Roma, 2006.ISFOL (Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale <strong>dei</strong> Lavoratori), Lamobilità costretta. La mobilità geografica <strong>dei</strong> giovani italiani: caratteristiche e prospettivedelle regioni del Mezzogiorno, Roma, 2006.I. Lopane-E. Ritrovato (a cura <strong>di</strong>), Tra vecchi e nuovi equilibri domanda e offerta <strong>di</strong> serviziin Italia in età moderna e contemporanea, Atti del quinto Convegno Nazionale,Torino 12-13 novembre 2004, Società Italiana degli Storici dell’Economia,Cacucci E<strong>di</strong>tore, Bari, 2007.G. Maifreda, La <strong>di</strong>sciplina del lavoro. Operai, macchine e fabbriche nella storia italiana,Bruno Mondadori E<strong>di</strong>tore, Milano, 2007.M. Moroni (a cura <strong>di</strong>), Lo sviluppo locale. Storia, economia e sociologia, Il Mulino, Bologna,2007.E. Pagano, Enti locali e Stato in Italia sotto Napoleone. Repubblica e Regno d’Italia (1802-1814), Carocci E<strong>di</strong>tore, Roma, 2007.F. Pirolo, La Transumanza in Basilicata in età moderna. Tratturi masserie reintegre, E<strong>di</strong>torialeScientifica, Napoli, 2005.Flavio Russo-Ferruccio Russo, 79 A.D. Course for Pompeii. Inquiry on the death ofan admiral, Allied Maritime Component Command of Naples, Napoli, 2006.Flavio Russo-Ferruccio Russo, Indagine sulle Forche Cau<strong>di</strong>ne. Immutabilità <strong>dei</strong> principidell’arte militare, Rivista Militare, Roma, 2006.Stato Maggiore dell’Esercito-Ufficio Storico, La grande guerra sul fronte italiano.Dalle immagini del servizio fotografico militare, Roma, 2006.Svimez (Associazione per lo Sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno), Il <strong>di</strong>segno <strong>di</strong>legge delega in materia <strong>di</strong> federalismo fiscale e le regioni del Mezzogiorno. Gruppo <strong>di</strong> lavorodella SVIMEZ in materia <strong>di</strong> federalismo fiscale, Roma, 2007.P. Tedeschi-L. Trezzi, L’opera con<strong>di</strong>visa. La città delle fabbriche, Sesto San Giovanni1903-1952. La società, Franco Angeli, Milano, 2007.Ufficio Storico dell’Esercito Italiano, Il generale Giuseppe Garibal<strong>di</strong> nel bicentenariodella nascita, Roma, 2007.A. Zanar<strong>di</strong> (a cura <strong>di</strong>), Per lo sviluppo. Un federalismo fiscale responsabile e solidale, Il Mulino,Bologna, 2006.138


FINITO DI STAMPARE NEL MESE DI MARZO MMVIIINELLO STABILIMENTO «ARTE TIPOGRAFICA» S.A.S.S. BIAGIO DEI LIBRAI - NAPOLI139


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