n.3SETTEMBRE-OTTOBRE 2002
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La storia, le storie<br />
Così la meccanizzazione ha “lanciato” il riso<br />
In Piemonte il successo della Cascina Brarola, gestita da una famiglia veneta<br />
È l’alimento base di un uomo su tre. Almeno<br />
due miliardi di persone gli devono moltissimo,<br />
se non tutto, sotto il profilo nutritivo.<br />
Non a caso il riso, in particolare quella graminacea<br />
che si chiama Oryza Sativa, importantissima<br />
per l’alimentazione umana, viene<br />
definito “il re dei cereali”. Si dice che in Asia<br />
venga coltivata da oltre settemila anni, questa<br />
pianta amante dell’acqua e di climi per lo<br />
più caldo umidi, capace di crescere fino ad<br />
un metro e trenta, un metro e cinquanta<br />
centimetri di altezza.<br />
Coltivato in Estremo Oriente, ma anche in<br />
Brasile, in Egitto e negli Usa, il riso in Europa<br />
ha la sua area di riferimento in Piemonte,<br />
dove conta su aziende agricole specializzatissime.<br />
Una di queste, di cui raccontiamo la storia, è<br />
l’Azienda Agricola Cascina Brarola, appunto<br />
a Brarola, frazione di Vercelli, a una decina di<br />
chilometri dalla città. É un’azienda agricola<br />
avviata da una famiglia veneta, i Gasparotto,<br />
originari di Breganze. Agli inizi degli anni ‘50<br />
Bortolo Gasparotto, che a Breganze aveva<br />
delle vigne in collina, si sposta in Piemonte a<br />
cercar miglior fortuna.<br />
È nel ‘68 che acquista i terreni di Brarola, e<br />
da allora inizia la storia della sua cascina e<br />
del riso. Oggi Bortolo ha la soddisfazione di<br />
vedere i tre suoi figli maschi alla conduzione<br />
dell’azienda: Roberto, che segue soprattutto<br />
la parte amministrativa; Pietro, l’esperto<br />
sotto il profilo agronomico che sceglie i<br />
periodi della semina, il tipo di concimazione,<br />
e che tra l’altro guida la potente mietitrebbia<br />
Laverda 2760LX dell’azienda; e Giovanni,<br />
che si occupa delle tecnologie meccaniche e<br />
dei trattamenti fitosanitari.<br />
Tre fratelli che gestiscono insieme, e da soli,<br />
l’attività agricola, sempre impegnati tutto il<br />
giorno in campagna. “Conduciamo circa<br />
145 ettari, quasi tutti, a parte 7 a mais,<br />
destinati al riso - spiega il più giovane,<br />
Roberto Gasparotto -. La zona è pianeggiante,<br />
abbonda d’acqua, che per il riso<br />
serve in quantità e funge anche da termoregolatore.<br />
Le risaie si allagano a fine marzo<br />
dopo aver preparato il letto di semina e la<br />
concimazione e poi, diciamo dal 10 di aprile<br />
sino a fine maggio-prima decade di giugno,<br />
con gli spandiconcime si semina “a spaglio”:<br />
un lavoro che una volta veniva fatto a<br />
mano mentre oggi con le macchine si coprono<br />
raggi di 16-20 metri alla volta. La raccolta<br />
invece di solito inizia alla prima decade di<br />
settembre, noi normalmente impieghiamo<br />
nella nostra azienda venti giorni circa. Poi il<br />
riso va negli impianti di essiccazione e stoccaggio<br />
della cascina. L’anno scorso abbiamo<br />
podotto circa 9 mila quintali di risone (riso<br />
grezzo)”.<br />
Un lavoro metodico, da fare con grande<br />
cura e avvalendosi di adeguati mezzi meccanici.<br />
“In effetti credo che i veneti abbiano<br />
I Gasparotto e la loro azienda agricola: da sinistra Pietro Gasparotto, Roberto, mamma Ancilla, papà Bortolo e<br />
Giovanni Gasparotto.<br />
grande merito nella meccanizzazione per la<br />
coltivazione del riso in Piemonte - dice<br />
Roberto -, molte famiglie sono emigrate qui.<br />
Da queste parti, compreso mio padre che<br />
agli inizi lavorava col fratello Giuseppe, furono<br />
tra i primi a meccanizzare i processi produttivi.<br />
Fosse andata avanti la tradizione<br />
manuale, lo sviluppo delle risaie piemontesi<br />
sarebbe stato sicuramente più lento. Noi<br />
abbiamo sempre investito per avere macchine<br />
all’avanguardia e la nuova mietitrebbia<br />
Laverda 2760LX, acquistata un anno fa, si è<br />
dimostrata molto affidabile. Eravamo stati a<br />
Breganze a trovare dei parenti e, sentito del<br />
rilancio Laverda, abbiamo visitato lo stabilimento<br />
e siamo stati piacevolmente sorpresi<br />
dall’organizzazione del ciclo produttivo e dal<br />
conoscere come nascevano le “rosse”. Così<br />
l’abbiamo presa. I manager Laverda sono<br />
anche venuti a trovarci con dei clienti russi,<br />
che volevano vedere la macchina in campagna<br />
e conoscere le nostre osservazioni”.<br />
Il risone prodotto dalla Cascina Brarola viene<br />
venduto a grandi riserie che lo sbiancano e<br />
brillano, facendo uscire dalle bucce il riso<br />
bianco, poi avviato sui mercati interno e<br />
internazionale. I Gasparotto però da alcuni<br />
anni hanno iniziato, per cercare di sfuggire<br />
alla crisi che coinvolge da diversi anni il settore<br />
e per avvicinare il consumatore finale,<br />
l’attività di vendita diretta. Attività che si sta<br />
dimostrando interessante: una piccola parte<br />
del loro riso lo fanno lavorare a una piccola<br />
riseria locale e lo rivendono poi direttamente<br />
ai consumatori. La cascina è diventata il<br />
principale punto di vendita, ma altri in<br />
Piemonte, nel Veneto e in Italia cominciano<br />
a tenere questo prodotto di nicchia, di altissima<br />
qualità, così come molti ristoranti.<br />
Curiosità da sottolineare, i Gasparotto ora<br />
tornano ogni anno a Breganze, per la fiera<br />
di S. Martino, anche per vendere sulla bancarella<br />
il loro riso, che va a ruba.<br />
Quali tipi di riso produce la cascina? “Per il<br />
mercato interno, ottimi per i risotti per il loro<br />
granello grosso, il Carnaroli, il migliore a<br />
livello nazionale, e il Baldo - dice Roberto<br />
Gasparotto -. Poi c’è il S. Andrea, tipico della<br />
Baraggia, la zona verso Gattinara; all’estero<br />
è preferito, coi chicchi sottili e lunghi il riso<br />
tipo Thaibonnet. Per l’integrale, un mercato<br />
che comincia a prendere piede, va bene ogni<br />
qualità, ma noi proponiamo il Baldo”.<br />
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