I Puntata - Taranto in cartolina
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dialetto del lat<strong>in</strong>o 3 , non va sottaciuto che il tarant<strong>in</strong>o era verosimilmente conosciuto e parlato anche<br />
dalla nobiltà e dalla borghesia mercantilistica generalmente colta e fisiocratica di f<strong>in</strong>e settecento,<br />
dell’ottocento e degli <strong>in</strong>izi del novecento. Risulta impensabile, <strong>in</strong>fatti, che personaggi di spicco<br />
della vita economica, amm<strong>in</strong>istrativa e politica dell’Isola come i Calò, i Buffoluto, i De Cesare, i Lo<br />
Jucco, gli Acclavio, i Beaumont, i Galeota, i Delli Ponti, i Gennar<strong>in</strong>i, senza contare gli<br />
ecclesiastici 4 , non conoscessero almeno nei rudimenti la nostra favella municipale, o che non<br />
<strong>in</strong>tercalassero a vvùse nuèstre (all’uso nostro) espressioni dialettali efficaci per meglio ribadire idee<br />
e tornaconto personale. Il conv<strong>in</strong>cimento si rafforza nell’ottica dei compositi rapporti economici<br />
diretti e <strong>in</strong>diretti che “patrúne e prengepále”(padroni e dirigenti) dovevano tenere con sensali,<br />
operai, maestri d’ascia e carpentieri, contad<strong>in</strong>i, pescatori e commercianti. Del tipo: Uagnú’, dàteve<br />
’na mòsse ca nò jé súbbete; sendíteme sáne; havíte capíte ce vògghie cu ddíche?; quanne é’ ccréje<br />
scenníte prèste a ffatijá’ e ffacíte avené’ pure Ciccílle ’u stombacàuce (stomba-pigia = càuce-<br />
calce); méne, ca vóche de pèrse; nò vvide cu t’allíste?! (Ragazzi, datevi da fare, che non è presto;<br />
ascoltatemi con attenzione; avete capito cosa voglio dire?; quando è domani scendete presto a<br />
lavorare e fate venire pure Franch<strong>in</strong>o l’operaio e della calce; forza, che vado di fretta; non vedi di<br />
far presto?!).<br />
Dalla forte connotazione lacedemone, 5 il dialetto nostrano ha via via preso consistenza grazie alla<br />
sedimentazione dei contributi semantici e comunicativi rivenienti dalle <strong>in</strong>numerevoli <strong>in</strong>vasioni e<br />
controlli militari che la nostra città ha dovuto subire nel corso di svariati millenni: Magnogreci –<br />
come già accennato - Romani, Visigoti, Ostrogoti, Longobardi, Bizant<strong>in</strong>i, Saraceni, Normanni,<br />
Svevi, Angio<strong>in</strong>i, Aragonesi, Durazziani, Francesi, Spagnoli e Borboni.<br />
Non posso che essere di accordo con chi sostiene che «preservare il dialetto significa anche<br />
preservare i valori umani ed etici che <strong>in</strong> essi si ritrovano e che costituiscono uno dei più forti tratti<br />
identitari di una comunità» 6 . La genu<strong>in</strong>a qualità dell’assunto <strong>in</strong>duce, tuttavia, a constatazioni che<br />
non lasciano molto spazio all’ottimismo. È <strong>in</strong>dubbio, <strong>in</strong>fatti, che una fascia di giovani compresa fra<br />
gli undici e i ventiquattro anni att<strong>in</strong>ga dai distillati lessicali anglosassoni elargiti a profusione dai<br />
mezzi <strong>in</strong>formativi di massa (tralascio la pletora di espressioni anglo-americane alloggiate ormai a<br />
pieno titolo nei dizionari correnti di l<strong>in</strong>gua italiana). Si tratta <strong>in</strong> buona sostanza di “apporti”<br />
comunicativi che non di rado ci giungono zeppi di degenerazioni ortografiche e fonetiche, dovute<br />
perlopiù all’ist<strong>in</strong>tiva “italianizzazione”operata dai distributori nazionali d’<strong>in</strong>formazione e, non<br />
ultimo, alla <strong>in</strong>adeguata competenza di taluni tra loro nell’utilizzo del veicolo straniero di<br />
espressione. Il tutto, preso così com’è (analfabetismo di ritorno), diventa oggetto di selezione e<br />
ulteriore rielaborazione lessicale da parte della iperattiva gioventù odierna. I neomanufatti<br />
l<strong>in</strong>guistici così ottenuti vanno poi a confluire <strong>in</strong> un alchemico microsistema di comunicazione<br />
sempre più abbreviato e acronimizzato, oltre che <strong>in</strong> frenetica trasformazione, largamente utilizzato<br />
dai virgulti del terzo millennio per contattare dentro e fuori le loro multiformi cerchie, con l’ausilio<br />
delle moderne tecnologie a disposizione [e-mail, SMS, MMS, Messenger, Emoticon (emotion +<br />
icone = segno visivo che esprime emozione), ecc.]. In questo modo sono pressoché garantite l’opera<br />
di desertificazione del nostro idioma nazionale e l’evaporizzazione delle parlate locali, o la loro<br />
erosione, se si vuole rendere meglio l’idea negativa, (la sostanza non cambia). Italiano e dialetto<br />
3 Nel '44 nasce per <strong>in</strong>iziativa di Pier Paolo Pasol<strong>in</strong>i e di altri suoi amici "Il Stroligut di cà da l'aga", ovvero "Il Lunario<br />
pubblicato al di qua dell'acqua" - cioè del fiume Tagliamento - una rivista che promuove la poetica di Pier Paolo<br />
Pasol<strong>in</strong>i, rivolgendosi <strong>in</strong> dialetto al pubblico del paese, tenne a sottol<strong>in</strong>eare l’asserzione riportata. Cfr.:<br />
http://pag<strong>in</strong>ecorsare.myblog.it/archive/2008/08/21/pasol<strong>in</strong>i-e-la-poesia-dialettale-seconda-parte.html.<br />
4 Il reverendo aristocratico padre Domenico Ludovico De V<strong>in</strong>centis registrò nel suo “Vocabolario del dialetto<br />
tarant<strong>in</strong>o,1872” i term<strong>in</strong>i della parlata popolare del tempo, codificando altresì una grammatica essenziale della nostra<br />
genu<strong>in</strong>a fonte discorsiva.<br />
5 Contenente, cioè, abbondanti contributi lessicali della l<strong>in</strong>gua con cui si comunicava nella città-stato di Sparta. Non<br />
mancano, tuttavia, scampoli di siriaco, parlato ancora prima che giungesse Falanto. Cfr.: D.L. De V<strong>in</strong>centis, op. cit.,<br />
prefazione, pag. 5.<br />
6 Grazia e Michele Galante, Dizionario del dialetto di San Marco <strong>in</strong> Lamis, Levante editore, 2006, con prefazione di<br />
Tullio de Mauro, <strong>in</strong>: http://www.modugno.it/archivio/2006/02/dizionario_del.php.