Prova di esercizio - Liceo Scientifico Federigo Enriques - Livorno

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Liceo Scientifico Statale “F.Enriques” – Livorno
PROVA DI ESERCIZIO SATURA LANX LABRONICA EDITIO IV
A.S. 2012-2013
I RAPPORTI FRA LE GENERAZIONI
Gian Lorenzo Bernini Enea, Anchise, Ascanio, Roma, Galleria Borghese
Il gruppo, scolpito dall’artista nel 1618-1619 per il cardinale Scipione Borghese, rappresenta il noto episodio
della fuga di Enea da Troia narrato, in epoca augustea, da Virgilio nel II libro dell’Eneide: mentre la città
brucia, Enea fugge con l’anziano padre Anchise sulle spalle, seguito dal figlio Ascanio . Anchise poggia su
una sola spalla di Enea e porta in salvo i Penati della città.

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1. LEGGI DELLE DODICI TAVOLE , IV,2 (V sec. a.C.)
Le Leggi delle Dodici Tavole, redatte secondo Livio dai Decemviri legibus scribundis, nel 451-450 a. C.,
regolavano anche il diritto di famiglia, un aspetto importante erano i poteri del pater familias verso i figli:
“SI PATER FILIUM TER VENUM DUIT, FILIUS A PATRE LIBER ESTO”
2. SALLUSTIO DE CONIURATIONE CATILINAE 14,5-7 (I sec. a. C)
La congiura (fallita) di Catilina contro lo stato romano fu uno dei più gravi fatti della storia repubblicana:
Catilina viene descritto come un uomo privo di ogni senso morale, il rampollo di una casata nobiliare antica
e degenerata, capace di ogni espediente per raccogliere proseliti intorno a sé.
“Sed maxume adulscentium familiaritates adpetebat ; eorum animi molles etiam et fluxi dolis
haud difficulter capiebantur. Nam ut cuiusque studium ex aetate flagrabat, aliis scorta praebere,
aliis canes at equos mercari, postremo neque sumptui neque modestiae suae parcere dum illos
obnoxios fidosque sibi faceret.”
3. ORAZIO Carmina, I,9 vv. 9- 17(età augustea)
Il poeta ormai anziano, si sente giunto all’inverno della vita e si rivolge ad un giovane schiavo, chiamandolo
Taliarco, cioè“re del banchetto”, invitandolo a godere della sua giovinezza.
…Quid sit futurum cras fuge quaerere et
quem Fors dierum cumque dabit lucro
appone, nec dulcis amores
sperne puer neque tu choreas,
donec virenti canities abest
morosa. Nunc et Campus et areae
lenesque sub noctem susurri
composita repetantur hora,
nunc et latentis proditor intimo
gratus puellae risus ab angulo
pignusque dereptum lacertis
aut digito male pertinaci.
…Evita di chiedere che cosa accadrà domani e
qualunque giorno la sorte ti concederà
ascrivilo a guadagno, e non disprezzare, o
fanciullo, i dolci amori né le danze,
finché la vecchiaia brontolona è lontana da te
che sei nel fiore degli anni. Ora sia il Campo
Marzio sia le piazze sia i lievi sussurri sul far
della notte siano ricercati ad un’ora stabilita,
ora il riso gradito che tradisce la fanciulla
nascosta da un angolo remoto e
il pegno strappato dal braccio
o dal dito che resiste per finta.
4. PERSIO Sermones III, vv. 1-21 (I sec. d. C.)
Un amico risveglia un giovane sfaticato di nobile famiglia che a mezzogiorno poltrisce a letto, ancora sotto
l’effetto del vino di Falerno bevuto la sera prima, , per esortarlo allo studio della filosofia.
Nempe haec adsidue. iam clarum mane
fenestras/intrat et angustas extendit lumine rimas;/
stertimus, indomitum quod despumare
Falernum/sufficiat, quinta dum linea tangitur umbra.
“En quid agis? siccas insana canicula messes/ iam
dudum coquit et patula pecus omne sub ulmo est.”/
Unus ait comitum.
“ Verumne? itan? ocius adsit/ huc aliquis. nemon?”
Turgescit vitrea bilis:/ ”Findor”, ut Arcadiae pecuaria
rudere dicas./
Iam liber et positis bicolor membrana capillis/ inque
"Sempre la solita storia? già il chiaro mattino
entra dalle finestre e allarga con la luce le
strette fessure,e continui a russare quanto
basti a smaltire il robusto Falerno, mentre la
quinta linea è toccata dall'ombra.
“Ehi, che fai? Già da un pezzo la canicola
infuriata cuoce le messi inaridite e ogni
gregge è al riparo d'un ampio olmo",dice uno
degli amici.
"Davvero? è cosi? presto,qualcuno!
Nessuno?" Gli si gonfia la vitrea bile:"Mi
sento scoppiare" grida quasi ragliassero gli
armenti d'Arcadia.
Subito brandisce un libro, una rasata

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manus chartae nodosaque venit harundo.
Tum querimur crassus calamo quod pendeat
umor,/nigra sed infusa vanescit sepia lympha,/dilutas
querimur geminet quod fistula guttas./
“O miser inque dies ultra miser, hucine
rerum/venimus? At cur non potius teneroque
columbo/et similis regum pueris pappare
minutum/poscis et iratus mammae lallare recusas?”/
“An tali studeam calamo?” “Cui verba? quid
istas/succinis ambages? tibi luditur. effluis
amens,/contemnere….”
pergamena di doppio colore, la carta, il
nodoso astile.
Allora cominciano i lamenti: l'inchiostro
rappreso ristagna sulla penna, il nero di
seppia sbiadisce per eccesso d'acqua,è un
continuo gemito per la cannuccia che semina
gocce.
"O meschino, e ogni giorno più meschino, a
ciò siamo giunti?Ma perché piuttosto, al pari
d'un tenero piccioncino e dei figli dei ricchi
non chiedi la pappa a bocconcini,e bizzoso
non ti quieti neppure alla ninnananna della
balia?"
"Studiare con questa penna?". "A chi lo
racconti? Perché canticchi codeste storielle?
Ci sei tu, in gioco. Il cervello ti si scioglie in
acqua. Tutti ti sprezzeranno.
5. PLINIO IL GIOVANE, EP. 9,1 (I sec. d.C.)
Plinio, da uomo buono e comprensivo qual era , in questa breve lettera ad un amico, invita i padri a non
essere intransigenti con i figli perché anch’essi un tempo sono stati giovani e figli a loro volta.
“Castigabat quidam filium suum quod paulo sumptuosius equos et canes emeret.
Huic ego iuvene digresso: “Heus tu, numquamne fecisti , quod a patre corripi posset? Fecisti,dico?
Non interdum facis quod filius tuus, si repente pater ille , tu filius, pari gravitate reprehendat?...
Cogita et illum puerum esse et te fuisse, ut memineris et hominem esse te et hominis patrem”.
6. QUINTILIANO , Inst. Or.1,2.6-8 (I sec.d.C.)
Quintiliano , nell’”Institutio oratoria”, delinea la formazione del perfetto oratore fino dall’infanzia .
A suo avviso, un’educazione troppo permissiva , a stretto contatto con i vizi dei genitori nuoce alla
formazione del bambino, il quale, quando inizia a frequentare la scuola, è già talmente corrotto da
introdurvi tutti i suoi difetti.
“ Utinam liberorum nostrorum mores non ipsi perderemus! Infantiam statim deliciis solvimus.
Mollis illa educatio , quam indulgentiam vocamus,nervos omnis (=omnes) mentis et corporis
frangit. Quid non adultus concupiscet qui in purpuris repit?...In lecticis crescunt: si terram
attigerunt, e manibus utrimque sustinentium pendent. Gaudemus si quid licentius dixerint… Nec
mirum: nos docuimus , ex nobis audierunt; nostras amicas, nostros concubinos vident; omne
convivium obscenis canicis strepit, pudenda dictu spectantur”
7. AGOSTINO DI IPPONA CONFESSIONES I, 9, 14-15 (V sec. d. C.)
Le Confessiones , una sorta di autobiografia interiore, sono il racconto sincero della vita di Agostino , un
itinerario tormentato che attraverso errori e colpe, giunge, tardi, come lo stesso autore afferma, all’amore
di Dio . In questo passo si vedono bene i metodi educativi delle scuole di allora (e precedenti)
“Inde in scholam datus sum, ut discerem litteras, in quibus quid utilitatiis esset ignorabam miser.
Et tamen, si segnis in discendo essem, vapulabam. Laudabatur enim hoc a maioribus , et multi
ante nos vitam agentes praestruxerant aerumnosas vias, per quas transire cogebamur multiplicato
labore et dolore filiis Adam (sostantivo indeclinabile, qui ha funzione di genitivo) ….Ridebantur a
maioribus hominibus usque ab ipsis parentibus , qui mihi accidere mali nihil volebant, plagae
meae, magnum tunc et grave malum meum”

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TESTI IN ITALIANO
1. TERENZIO Adelphoe, Atto I, scena prima
Nella celebre ed attualissima commedia di Terenzio, Demea è padre di due figli, uno dei quali è stato
cresciuto dal fratello Micione: mentre Demea, che risiede in campagna, è rigido e severo, Micione, che vive
in città, si mostra permissivo ed aperto. La commedia gioca sul contrasto, mostrando diversi aspetti e
problemi dei due modi di educare .
Micione :
“Metto tutto il mio impegno a far sì ch’egli mi ricambi con lo stesso mio sentimento : io do
largamente, io chiudo un occhio e non ritengo necessario far valere i miei diritti su tutta la linea ;
quelle scappatelle … che altri fanno di nascosto ai loro padri, ho abituato mio figlio a non
tacermele”… Credo che sia meglio tenere a freno in figli con la coscienza dell’onore e con la
nobiltà del sentire piuttosto che con il timore”…
“(Mio fratello) è troppo duro, a dispetto del buono e del giusto; e sbaglia di grosso, a parer mio,
chi crede chi crede che l’autorità fondata sulla forza sia più durevole di quella che nasce
dall’affetto”…
“Il compito del padre è abituare il figlio a comportarsi secondo la sua volontà e non per timore
degli altri. Questa è la differenza tra un padre e un padrone”
2. FRANZ KAFKA, Lettera al padre, 1919
(mai consegnata al destinatario; l’ originale è battuto a macchina con correzioni a mano, tranne le ultime
due pagine che sono scritte completamente a mano)
Kafka, come altri autori del primo Novecento ( tra cui Svevo) vedeva nella figura paterna una barriera
impenetrabile, una forza inaudita, capace solo di confinarlo nella dimensione dell’inettitudine: “..come
padre eri troppo forte per me”.
“Caro papà, […]Tu sai trattare un bambino solo secondo il tuo carattere, con forza appunto, con
fracasso e irascibilità, e nel mio caso ciò ti sembrava quanto mai opportuno, volendo fare di me un
giovane forte e coraggioso.[…]
Era sufficiente a schiacciarmi la tua sola immagine fisica. Ricordo,ad esempio, quando ci
spogliavamo nella stessa cabina. Io magro, debole, sottile, tu alto,imponente. Anche dentro la
cabina mi facevo pena, non solo davanti a te, ma davanti al mondo intero, perché tu eri per me la
misura di tutte le cose.
Quando poi uscivamo tra la gente e tu mi tenevi per mano, uno scheletrino, malsicuro, a piedi nudi
sul tavolato, impaurito di fronte all'acqua,incapace di imitare i movimenti di nuoto che tu insistevi
a illustrarmi con le migliori intenzioni, ma in realtà facendomi vergognare sempre di più, allora
cadevo in preda alla disperazione e in quegli istanti tutte le mie esperienze negative in tutti i campi
trovavano una spaventosa conferma. Il sollievo maggiore lo provavo quando a volte ti spogliavi per
primo e io potevo restare solo in cabina e differire la vergogna della mia comparsa in pubblico, fin
quando venivi a vedere dove mi fossi cacciato e mi trascinavi fuori. Ti ero riconoscente perché non
sembravi notare il mio disagio, e poi ero fiero del corpo di mio padre.
3. Vittorino Andreoli, Lettera a un adolescente, 2004
Laureato in Medicina e chirurgia a Padova , poi a Cambridge e ad Harvard, docente e studioso di fama
internazionale della correlazione fra neurobiologia e comportamento, autore di numerosi saggi, Andreoli,
spesso presente anche in trasmissioni televisive, si è dedicato alla ricerca psicofarmacologica e allo studio
dell’encefalo, per scoprire le motivazioni segrete di coloro che compiono delitti e concludere che l’omicidio è
spesso compatibile con la normalità. Si è dedicato allo studio degli adolescenti, dell’ambiente in cui i giovani
crescono e dei rapporti familiari e generazionali.

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"Potresti anche essere completamente fuori dal conflitto, ma in questo caso non pensare di
rendermi particolarmente contento, poiché il conflitto, anche se è lotta, è utilissimo per crescere.
Penso che se durante l'adolescenza non esiste contrasto tra padri e figli, ciò significhi che non si
sta crescendo e che quindi si rimane in una età della fanciullezza che non pone grandi problemi nel
quotidiano.
(...). Non ho simpatia per i legami idilliaci tra adulti e adolescenti, all'insegna del nessun
problema".
4. Intervista del 2013 a Vittorino Andreoli per la riedizione del saggio Lettera alla tua famiglia,
2005
“Nel caso dell’adolescenza il controllo non è molto utile perché diventa repressivo, è uno stimolo
per il figlio a voler dimostrare che riesce a fare quello che vuole.
L’adolescenza è un periodo della vita di metamorfosi: ci si trova davanti a una persona che deve
lasciare il mondo dell’infanzia e cercare di trovare un’identità. Tutto sta cambiando in lui: cambia
il corpo, cambia la personalità, si sente insicuro, non gli piace più nulla di quello che è il passato,
nemmeno il padre o la madre... In questo periodo bisognerebbe che i genitori non facessero i
gendarmi, ma potessero fare quei controlli che ritengono utili non a senso unico, ma proprio
attraverso quei legami di cui abbiamo parlato, attraverso l’affettività.
Dovrebbero spiegare le loro esigenze così: “desidero che tu venga a casa prima di mezzanotte
(o all’ora che si stabilisce) perché dopo io sto male, sono in ansia… io, madre, penso che ti siano
successe cose tremende". Non serve fare il gendarme, il poliziotto, serve riuscire a comunicare,
comunicando anche le ansie materne.”
5. ANTONIO POLITO, Contro i papà. Come noi italiani abbiamo rovinato i nostri figli, Rizzoli, 2012
Secondo l’autore, noto giornalista,editorialista de “Il Corriere della sera”, ex- direttore di “il riformista” ed
ex vicedirettore de “ La Repubblica , gli italiani con la loro indulgenza ed il loro permissivismo hanno
rovinato i loro figli, sviluppando in loro inconcludenza ed attesa “dell’eredità”, cioè di quello che potranno
ottenere dalla famiglia senza impegnarsi né nello studio né nel lavoro. Assai più efficace fu l’educazione dei
padri…
“I nostri padri...........si prestarono a fare ciò che da mondo è mondo un padre deve fare:
opporsial figlio. Diventarne la controparte. Incarnare uno stile di vita diverso. Impersonare il
passato.
Consentire che il figlio gli si rivolti contro, e così facendo conquisti la sua emancipazione. Perché
se non hai un padre da cui allontanarti, non c'è modo di avvicinarti all'età adulta e al futuro. Io me
ne sono accorto perfino fisicamente quando mio padre se n'è andato: era stato proprio sfidando la
sua autorità morale, ribellandomi a quel costante richiamo al senso del dovere ora scomparso
insieme con lui, che ho costruito l'individuo che sono. Per questo è così doloroso perdere i padri,
per questo dopo ci sentiamo così soli.”