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La diaspora della collezione numismatica di Alfonso II d'Este1

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CARLO POGGI<br />

<strong>La</strong> <strong><strong>di</strong>aspora</strong> <strong>della</strong> <strong>collezione</strong> <strong>numismatica</strong> <strong>di</strong> <strong>Alfonso</strong> <strong>II</strong> d’Este 1<br />

In molte collezioni numismatiche vi sono monete,<br />

prevalentemente greche e romane, recanti un piccolo<br />

intarsio ovale –d’argento o d’oro– sul quale è stata<br />

punzonata una piccola aquila. Da oltre tre secoli si<br />

protrae una querelle, che si ravviva perio<strong>di</strong>camente, relativa<br />

all’identificazione <strong>della</strong> <strong>collezione</strong> originaria alla<br />

quale appartennero quando vennero così contromarcate<br />

2 . L’attribuzione è sempre oscillata tra la famiglia dei<br />

Gonzaga, signori <strong>di</strong> Mantova e quella degli Estensi<br />

duchi <strong>di</strong> Ferrara e poi <strong>di</strong> Modena.<br />

Ho già affermato come tali esemplari debbano riferirsi<br />

alla <strong>collezione</strong> ducale estense, dell’epoca <strong>di</strong> <strong>Alfonso</strong><br />

<strong>II</strong> (1559-1597), che ne affidò le cure, in momenti<br />

successivi, a Enea Vico e a Pirro Ligorio, due dei più<br />

celebri antiquari del tempo 3 .<br />

Da alcuni anni ho iniziato un censimento <strong>di</strong> tutti i<br />

materiali recanti il contrassegno, per preparare un’e<strong>di</strong>zione<br />

<strong>di</strong> una delle più vaste fra le collezioni cinquecentesche<br />

<strong>di</strong> monete classiche 4 .<br />

Le monete contromarcate costituiscono una parte<br />

scelta <strong>della</strong> raccolta, che andò <strong>di</strong>spersa a causa delle<br />

<strong>di</strong>fficoltà finanziarie degli Estensi dopo l’abbandono<br />

<strong>di</strong> Ferrara nel 1598; in queste pagine si presenterà<br />

un quadro sintetico, frutto <strong>di</strong> mie indagini<br />

d’archivio, relativo alle vicende che ne hanno determinato<br />

una prima <strong><strong>di</strong>aspora</strong>, fornendo così nuovi riscontri<br />

al loro definitivo riconoscimento. <strong>La</strong><br />

<strong>di</strong>spersione <strong>di</strong> tutte le monete, oggi in decine <strong>di</strong><br />

collezioni europee, ebbe infatti origine dalla città <strong>di</strong><br />

Modena, dove la corte Estense si era trasferita nel<br />

1598, ed avvenne a più riprese dal 1599 sino all’età<br />

napoleonica 5 . Originariamente le monete dei tre<br />

metalli dotate <strong>di</strong> contromarca, per quanto si è potuto<br />

stimare, dovevano essere un numero compreso tra<br />

1.500 e 2.500 esemplari, che sembrano essere selezionati<br />

all’interno <strong>di</strong> una <strong>collezione</strong> composta <strong>di</strong><br />

almeno 12.000 pezzi, la cui stima potrebbe forse<br />

anche giungere a 15.000.<br />

95<br />

L’esame <strong>di</strong> circa un migliaio <strong>di</strong> esemplari con la contromarca,<br />

osservati sino ad oggi, ha permesso <strong>di</strong> constatare<br />

come l’inserimento dell’intarsio non sia l’unica<br />

mo<strong>di</strong>fica fisica subita dalle monete. In particolare, come<br />

si è già notato, alcune <strong>di</strong> esse presentano asportazioni <strong>di</strong><br />

metallo effettuate per poterle accomodare su pie<strong>di</strong>stalli:<br />

molte altre recano segni <strong>di</strong> lima per regolarizzarne i<br />

bor<strong>di</strong> 6 . Tale intervento deve essere ricondotto ad un<br />

innesto delle monete all’interno <strong>di</strong> cornici o “tavolette”,<br />

1. Questa ricerca è stata possibile grazie al finanziamento del progetto<br />

Alma Mater Stu<strong>di</strong>orum - Università <strong>di</strong> Bologna, ricerca fondamentale<br />

orientata: Collezionismo, cultura <strong>numismatica</strong> e formazione delle<br />

istituzioni pubbliche fra XVI e XX secolo coor<strong>di</strong>nato dalla prof. Emanuela<br />

Ercolani Cocchi.<br />

2. Per una storia delle <strong>di</strong>verse attribuzioni e la bibliografia precedente<br />

cfr. Simonetta B., Riva R.: “Aquiletta” estense o “aquiletta “gonzaga?,<br />

in NAC, V<strong>II</strong>I, 1979, pp. 359-373 e Poggi C.: Le collezioni<br />

numismatiche estensi tra XV<strong>II</strong> e XV<strong>II</strong>I secolo: “un prezioso avanzo”<br />

in Sovrane Passioni. Stu<strong>di</strong> sul collezionismo Estense. Milano 1998 pp.<br />

215-237.<br />

3. Ho proposto per la prima volta l’attribuzione ad <strong>Alfonso</strong> <strong>II</strong> in<br />

Poggi C. (1998) op. cit. p. 220 riprendendola con elementi che<br />

giu<strong>di</strong>co decisivi in Poggi C.: <strong>La</strong> <strong>collezione</strong> <strong>numismatica</strong> <strong>di</strong> <strong>Alfonso</strong><br />

<strong>II</strong> d’Este: una attribuzione delle monete recanti la cosiddetta<br />

“aquiletta estense o gonzaga” in Procee<strong>di</strong>ngs of the 3 rd International<br />

Numismatic Congress in Croatia, Pula 2002, pp. 189-200.<br />

Quest’ultimo lavoro prende le mosse dal classico lavoro <strong>di</strong><br />

Cavedoni, C.: Delle monete antiche in oro un tempo del Museo<br />

Estense descritte da Celio Calcagnini, intorno all’anno MDXL,<br />

memoria dell’abate sig. d. Celestino Cavedoni letta nell’adunanza<br />

del 13 maggio 1825. In Memorie <strong>della</strong> Reale Accademia <strong>di</strong> Scienze Lettere<br />

e d’Arti <strong>di</strong> Modena, tomo I, parte <strong>II</strong>I, 1825 pp. 77-112.<br />

4. L’avanzamento <strong>di</strong> questa ricerca è stato possibile grazie alla cortesia<br />

<strong>di</strong> molti conservatori numismatici che mi hanno consigliato e<br />

agevolato nelle ricerche dei materiali. Chi volesse <strong>di</strong>scutere alcuni<br />

<strong>di</strong> questi temi o segnalarmi monete estensi presso collezioni pubbliche<br />

o private può contattarmi al seguente in<strong>di</strong>rizzo: Carlo<br />

Poggi, via Misley 12/3 41100 Modena, Italia c.poggi@libero.it<br />

5. Corra<strong>di</strong>ni E.: Le spoliazioni francesi delle collezioni dei duchi<br />

d’Este e Cavani P.: Le spe<strong>di</strong>zioni degli oggetti d’arte <strong>della</strong> Galleria<br />

delle Medaglie a Venezia in Modena napoleonica nella cronaca <strong>di</strong> Antonio<br />

Rovatti, Modena repubblicana 1798-99, Modena 1996, pp. 11 - 39, 6.<br />

6. Poggi C.: (2002) op. cit. p. 196. <strong>La</strong> maggior parte delle monete<br />

d’oro reca questi segni; che potrebbero essere dovuti ad una tosatura.<br />

Le monete non sembrano, però, aver subito una significativa<br />

riduzione ponderale che giustifichi economicamente l’intervento.<br />

Potrebbero, ancora, essere tracce <strong>di</strong> saggi effettuati a Venezia o a<br />

Firenze per verificarne la qualità dell’oro, ma i segni ricorrono<br />

lungo tutto il bordo <strong>della</strong> moneta e non in un solo punto.


CARLO POGGI<br />

modalità espositiva già riscontrata per il XVI secolo in<br />

ambiti <strong>di</strong>versi, tra i quali proprio quello ferrarese 7 .<br />

Monete alterate in questo modo dovevano essere abbastanza<br />

comuni, a giu<strong>di</strong>care dalla testimonianza più tarda<br />

del francese Louis Jobert: “Non si deve tuttavia lasciarsi<br />

ingannare da certe Medaglie, ch’essendo state incassate in piccole<br />

cornici o <strong>di</strong> metallo, o <strong>di</strong> corno, o <strong>di</strong> legno, hanno gli orli limati,<br />

essendo stato necessario il renderle rotonde, perché ciò non fa che<br />

non sieno buone ed antiche” 8 .<br />

Certo è che le monete furono contromarcate in corrispondenza<br />

<strong>di</strong> un intervento <strong>di</strong> allestimento del medagliere<br />

che pensiamo possa essere collocato nell'ultimo<br />

trentennio del ’500 9 . È possibile sia quello al quale fa<br />

riferimento un documento anonimo intitolato “Or<strong>di</strong>ne<br />

da tenersi ne l’accommodar le Medaglie de l'Illustrissimo et<br />

Eccellentissimo Signor Duca <strong>di</strong> Ferrara”, già segnalato da<br />

Elena Corra<strong>di</strong>ni ed e<strong>di</strong>to da Federica Missere Fontana,<br />

databile al secondo cinquecento e contenente le <strong>di</strong>sposizioni<br />

per una sistemazione delle monete delle<br />

collezioni ducali ferraresi 10 . Tale assetto (cfr. tab. I)<br />

comprendeva otto <strong>di</strong>verse sezioni e risulta assai interessante<br />

l’istituzione in questa occasione <strong>di</strong> una “successione<br />

<strong>di</strong> Medaglie battute da’Provincie <strong>di</strong> Grecia in honor<br />

d'Imperatori Romani” con il proposito <strong>di</strong> “ampliarla più che<br />

si può, perché sarà nuova et al mio parer assai rara” 11 .<br />

Il documento, variamente attribuito al Vico o al<br />

Ligorio, è <strong>di</strong> particolare interesse perché forse testimonia<br />

l’ultima configurazione <strong>della</strong> <strong>collezione</strong> all’interno<br />

del castello <strong>di</strong> Ferrara. Probabilmente si tratta<br />

del terzo intervento <strong>di</strong> rior<strong>di</strong>no, a partire da quello<br />

registrato dall’inventario del Calcagninini intorno agli<br />

anni 1538-1541 12 al quale dovrebbe esserne seguito<br />

un successivo dovuto al soggiorno a Ferrara del Vico<br />

dal 1563 al 1567 che parrebbe ulteriormente mo<strong>di</strong>ficato<br />

da queste ultime istruzioni, verosimilmente<br />

Ligoriane e riferibili al noto progetto <strong>di</strong> “anticario”<br />

successivo al terremoto del 1571 al quale l’antiquario<br />

napoletano lavorò negli anni 1571-1574 13 .<br />

I pegni veneziani.<br />

Nel febbraio 1599 Modena ospitava da appena un anno<br />

la corte <strong>di</strong> Cesare d’Este che si era trasferita nella nuova<br />

capitale il 30 gennaio 1598, dopo che la morte senza ere<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> <strong>Alfonso</strong> <strong>II</strong> aveva obbligato gli Este a cedere Ferrara al<br />

papato 14 . Lo Stato Estense, ridotto ai soli feu<strong>di</strong> imperiali<br />

e costretto a rinunciare ad una parte rilevante del suo<br />

territorio e delle sue risorse, era in una precaria situazio-<br />

96<br />

ne finanziaria 15 . Il duca fu così costretto ad attuare una<br />

politica <strong>di</strong> ri<strong>di</strong>mensionamento <strong>della</strong> corte, procedendo alla<br />

<strong>di</strong>smissione <strong>di</strong> alcune residenze ducali fuori dallo stato.<br />

Il 10 febbraio 1599 Giovan Battista Spaccini, “gua<strong>di</strong>agioie”<br />

<strong>di</strong> Isabella <strong>di</strong> Savoia d’Este e autore <strong>di</strong> una<br />

cronaca ben informata <strong>di</strong> ciò che accadeva presso la<br />

corte <strong>di</strong> Modena, annotò questa notizia 16 :<br />

7. Di un inserimento delle monete entro tavolette fa cenno una nota<br />

lettera <strong>di</strong> Celio Calcagnini a Bonaventura Pistofilo, nella quale si<br />

sottolinea come potessero essere viste da ambo i lati senza toccarle.<br />

Il riferimento è stato interpretato in maniera <strong>di</strong>fferente;<br />

Corra<strong>di</strong>ni E.: Il Medagliere dei duchi d’Este: i 550 anni <strong>di</strong> una<br />

<strong>collezione</strong>, in Actes du X ie congrès international de numismatique,(Bruxelles,<br />

8-13 septembre 1991), Louvain la Neuve 1993, p. 406 lo ritiene relativo<br />

alla <strong>collezione</strong> ducale, mentre altri pensano sia proprio <strong>della</strong><br />

<strong>collezione</strong> del Pistofilo; cfr. Missere Fontana F.: Raccolte numismatiche<br />

e scambi antiquari del Cinquecento. Gli Stati Estensi, in<br />

Atti e Memorie dell’Accademia Nazionale <strong>di</strong> Scienze Lettere e Arti <strong>di</strong> Modena,<br />

serie V<strong>II</strong>, XI, 1993, p.217 e Missere G.- Missere Fontana F.: Una<br />

silloge <strong>numismatica</strong> del secolo XVI: Celio Calcagnini e la raccolta estense,<br />

Modena 1993 p. 27 n. 332 e 334.<br />

8. <strong>La</strong> scienza delle medaglie. Nuova e<strong>di</strong>zione con annotazioni storiche e critiche tradotta<br />

dal francese dal padre Alessandro Pompeo Berti, Venezia 1756 p. 226, traduzione<br />

italiana dell’opera <strong>di</strong> Louis Jobert, <strong>La</strong> Science des Médailles, e<strong>di</strong>ta<br />

a Parigi nel 1693 che conobbe numerosissime e<strong>di</strong>zioni e traduzioni.<br />

9. È possibile che le monete siano state adattate a cornici e pie<strong>di</strong>stalli<br />

in un momento precedente rispetto all’apposizione <strong>della</strong> contromarca<br />

e possano essere compatibili con l’assetto che<br />

conosciamo per la <strong>collezione</strong> <strong>di</strong> Ercole <strong>II</strong>. L’inserimento dell’intarsio,<br />

la cui impronta costituisce un segno <strong>di</strong> proprietà e deve aver<br />

avuto la funzione <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>re sottrazioni o sostituzioni, potrebbe<br />

anche essere stato deciso proprio in seguito all’abbandono delle<br />

cornici stesse che garantivano agli esemplari una migliore protezione<br />

dai furti.<br />

10. Cfr. Corra<strong>di</strong>ni E.: (1993) cit. p. 409 e Missere Fontana F.: (1993)<br />

op. cit. pp. 229-230, 250.<br />

11. Cfr. Tabella I, n. 3.<br />

12. Per la datazione del manoscritto <strong>di</strong> Calcagnini cfr. Missere G.-<br />

Missere Fontana F.: op. cit. p. 21.<br />

13. Per la figura <strong>di</strong> Pirro Ligorio cfr. Schreurs A.: Antikenbild und<br />

Kunstanschauungen des neapolitanischen Malers, Architekten und Antiquars<br />

Pirro Ligorio (1513-1583), Colonia, 2000; Per le collezioni <strong>di</strong> antichità<br />

ferraresi Corra<strong>di</strong>ni E.: Le raccolte estensi <strong>di</strong> antichità. Primi<br />

contributi documentari, in L’impresa <strong>di</strong> <strong>Alfonso</strong> <strong>II</strong>. Saggi e documenti<br />

sulla produzione artistica a Ferrara nel secondo Cinquecento, a cura <strong>di</strong><br />

J.Bentini e L. Spezzaferro, Bologna 1987, Corra<strong>di</strong>ni E.: (1993) op.<br />

cit., p. 403-414 e Missere Fontana F.: (1993) op. cit. pp. 213-256.<br />

14. Per la ricostruzione degli avvenimenti politici relativi alle vicende<br />

<strong>di</strong> <strong>Alfonso</strong> <strong>II</strong> e Cesare d’Este cfr. Chiappini L.: Gli Estensi, Milano<br />

1967, pp. 266-390.<br />

15. Nel 1594 l’imperatore Rodolfo <strong>II</strong> aveva riconfermato ad <strong>Alfonso</strong><br />

<strong>II</strong> i <strong>di</strong>ritti sui feu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Modena e Reggio in cambio <strong>di</strong> 400000<br />

scu<strong>di</strong>. Cesare si trovò ad affrontare ingentissime spese per condurre<br />

sfortunate battaglia legali; inoltre, nel 1598, ebbe inizio la<br />

secolare contesa relativa all’investitura imperiale (e perciò <strong>di</strong> pertinenza<br />

estense) del feudo <strong>di</strong> Comacchio, passato alla Chiesa assieme<br />

a Ferrara.<br />

16. Sullo Spaccini (1570-1636) cfr. Bion<strong>di</strong> A.: Giovanni Battista<br />

Spaccini (1570-1636) e la tra<strong>di</strong>zione delle cronache modenesi, in<br />

Spaccini G. B:, Cronaca <strong>di</strong> Modena, anni 1588-1602, a cura <strong>di</strong> Bion<strong>di</strong><br />

A., Bussi R., Giovannini R, Modena 1993, p. IX-XX<strong>II</strong>.


“Adì 10, è partito il conte Bonifazio Canossa a tuore 50.000<br />

scuti per Sua Altezza, avendovi dato 4 vezzi <strong>di</strong> perle, et altri tanti<br />

<strong>di</strong>amanti <strong>di</strong> valore <strong>di</strong> 4000 scuti l’uno, et altri argenterii <strong>di</strong> peso<br />

libbre 1000 insieme con vasi indorati, et poi tanti bene sul<br />

Ferrarese. Il conte poi vi fa la sigurtà che in termino, credo io, <strong>di</strong><br />

quattro anni averli rescosso; tutto questo roba importa 200 milla<br />

scuti, tutti questi <strong>di</strong>nari si sono pagati a Cesare per la investita<br />

<strong>di</strong> Comachio, Argenta, et altri castelli imperiali...” 17<br />

Erano comprese in questo carico quattro “cassette” <strong>di</strong><br />

monete d’oro d’argento e <strong>di</strong> bronzo 18 . Tale transazione<br />

è oggetto dalla corrispondenza intercorsa fra il<br />

duca, gli ambasciatori estensi a Venezia e i conti<br />

Bonifacio e Galeazzo Canossa, prestanome del duca<br />

per ottenere il prestito presso la Zecca <strong>di</strong> Venezia 19 .<br />

<strong>La</strong> famiglia Canossa, che possedeva nel proprio<br />

palazzo veronese un prezioso museo dotato <strong>di</strong> una<br />

consistente <strong>collezione</strong> <strong>di</strong> antichità, per tutto il<br />

Cinquecento fu al centro del vivacissimo mercato<br />

antiquario veneto. Girolamo, padre <strong>di</strong> Galeazzo,<br />

con<strong>di</strong>vise il soggiorno <strong>di</strong> <strong>Alfonso</strong> <strong>II</strong> d’Este in Francia<br />

nel 1558. Più tar<strong>di</strong> i Canossa ebbero rapporti assai<br />

stretti con gli Estensi che ne protessero le attività e<br />

se ne servirono per svolgere affari <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa natura.<br />

Allo stesso tempo i Canossa mantennero forti legami<br />

con i Gonzaga che si servirono proprio delle consulenze<br />

dei patrizi veronesi per acquistare antichità<br />

in più <strong>di</strong> un’occasione 20 e ricorsero ai loro sevigi per<br />

impegnare partite <strong>di</strong> gioielli e argenti presso il<br />

Monte <strong>di</strong> Pietà <strong>di</strong> Verona 21 . Este e Gonzaga si avvalsero<br />

contemporaneamente dei Canossa, che svolsero<br />

per entrambi una funzione <strong>di</strong> collegamento con i<br />

Monti <strong>di</strong> Pietà del Veneto dove le due casate riversarono,<br />

a più riprese, ingenti quantità <strong>di</strong> oggetti preziosi.<br />

Questa posizione ambivalente deve avere<br />

spesso determinato, nella prima metà del ‘600, passaggi<br />

<strong>di</strong> materiali da una corte all’altra all’insaputa<br />

delle due casate.<br />

L’operazione veneziana subì alcuni imprevisti che rischiarono<br />

<strong>di</strong> impe<strong>di</strong>re il recupero dei pegni turbando<br />

il corso naturale del contratto. <strong>La</strong> sera dell’8 giugno<br />

1600, giorno <strong>della</strong> festa del Corpus Domini, Ciro,<br />

Bonifacio e Alberto Canossa vennero assassinati in<br />

un agguato a Verona. Galeazzo successe a Bonifacio,<br />

il fratello defunto, nel ruolo <strong>di</strong> titolare del prestito<br />

ottenuto con i pegni estensi. Poco dopo il Canossa,<br />

l’ambasciatore estense <strong>Alfonso</strong> Mella e Federico<br />

Contarini, quell’anno “depositario” in zecca, si<br />

incontrarono a Venezia per controllare lo stato dei<br />

pegni 22 . L’umi<strong>di</strong>tà, propria dei magazzini dove erano<br />

LA DIASPORA DELLA COLLEZIONE NUMISMATICA DI ALFONSO <strong>II</strong> D’ESTE<br />

97<br />

conservati i preziosi, aveva arrecato seri guasti agli<br />

imballaggi; le montature delle gemme andavano <strong>di</strong>sgregandosi;<br />

le monete, ossidatesi, vennero trovate<br />

incollate fra loro e furono riposte entro sacchetti<br />

sigillati essendo marcite le cassette entro le quali<br />

erano contenute 23 . Il 17 febbraio 1601 Contarini, tra<br />

i maggiori collezionisti <strong>di</strong> antichità del tempo, affermava<br />

<strong>di</strong> avere stipulato un patto con il defunto<br />

Bonifacio Canossa per entrare imme<strong>di</strong>atamente in<br />

possesso <strong>di</strong> alcune monete <strong>di</strong> bronzo e d’argento nel<br />

caso che non fosse stata pagata la rata del prestito;<br />

ma l’accordo non sembra essere gra<strong>di</strong>to né autorizzato<br />

da Cesare d’Este 24 . Contarini appare desideroso<br />

<strong>di</strong> appropriarsi degli oggetti impegnati e avanza<br />

innumerevoli <strong>di</strong>fficoltà alla risoluzione del contratto.<br />

Nel corso del 1602 insorsero nuovi problemi nel<br />

riscuotere alcuni dei pegni nelle mani del Contarini,<br />

aggravati dal fatto che Galeazzo Canossa non poteva<br />

recarsi a Venezia essendo ricercato dalla giustizia 25 .<br />

Ma, nel novembre dello stesso anno, le monete d’oro<br />

17. Spaccini G. B.: op. cit. p. 211. Cesare d’Este impegna gioielli e<br />

argenterie del valore <strong>di</strong> 200000 scu<strong>di</strong> in cambio <strong>di</strong> un prestito ad<br />

interesse <strong>di</strong> 50000 da restituire ratealmente in quattro anni. Non<br />

era la prima volta che un duca estense impegnava parte <strong>della</strong> <strong>collezione</strong><br />

<strong>numismatica</strong>; era già accaduto nel 1512; cfr. Corra<strong>di</strong>ni E.:<br />

(1993) op. cit. p. 406.<br />

18. Archivio <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Modena, Archivio Segreto Estense (d’ora in<br />

poi ASMo), Ambasciatori, Venezia b.88, <strong>Alfonso</strong> Mella a Giovan<br />

Battista <strong>La</strong>derchi, Venezia, 28 ottobre 1600.<br />

19. Le fonti maggiori sono in ASMo, Ambasciatori, Venezia b. 88,<br />

Lettere <strong>di</strong> <strong>Alfonso</strong> Mella; ASMo, Particolari, b. 274 e b. 277, lettere<br />

<strong>di</strong> Bonifacio e Galeazzo Canossa.<br />

20. Brown C. M.: <strong>La</strong> Galleria <strong>della</strong> Mostra e le trattative veneziane e<br />

romane del Duca Vincenzo Gonzaga (1589-1605) per l’acquisto<br />

<strong>di</strong> antichità in Venezia e l’archeologia. Un importante capitolo nella storia del<br />

gusto dell’antico, Venezia 1990, Roma 1990 pp. 61-7.<br />

21. A Galeazzo Canossa è affidato un pegno <strong>di</strong> gioie gonzaga datato<br />

1606 cfr. Sermi<strong>di</strong> M.: Le collezioni gonzaga. Il carteggio tra Venezia e<br />

Mantova (1588-1612), Milano 2003 p. 420-21 documento n. 815.<br />

22. Federico Contarini è tra i massimi collezionisti veneziani <strong>di</strong> antichità<br />

e partecipa all’allestimento dello Statuario <strong>della</strong> Serenissima<br />

che lui stesso inaugura nel 1596; figura <strong>di</strong> primo piano <strong>della</strong> vita<br />

politica veneziana è il maggior responsabile dell’estra<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />

Giordano Bruno dallo Stato <strong>di</strong> Venezia nel 1593. Cfr. Cozzi G.:<br />

Federico Contarini: un antiquario veneziano tra Rinascimento e<br />

Controriforma, e Cipollato M. T.: L’ere<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> Federico Contarini:<br />

gli inventari <strong>della</strong> <strong>collezione</strong> e degli oggetti domestici entrambi in<br />

Boll. Ist. Storia <strong>della</strong> Società e dello Stato veneziano, <strong>II</strong>I 1961 pp. 190-253.<br />

<strong>La</strong> <strong>collezione</strong> <strong>di</strong> antichità <strong>della</strong> famiglia Contarini venne poi<br />

acquistata nel 1661 da Carlo <strong>II</strong> Gonzaga Nevers; cfr. Brown C. M.:<br />

op. cit. pp. 66-67.<br />

23. ASMo, Ambasciatori, Venezia b.88, <strong>Alfonso</strong> Mella a Giovan Battista<br />

<strong>La</strong>derchi, Venezia, 28 ottobre 1600.<br />

24. ASMo, Ambasciatori, Venezia b.88, <strong>Alfonso</strong> Mella a Cesare d’Este,<br />

Venezia, 17 febbraio 1601.<br />

25. ASMo, Particolari b. 277, Galeazzo Canossa a Cesare d’Este,Verona<br />

10 luglio 1602.


CARLO POGGI<br />

furono riscattate e custo<strong>di</strong>te a entro un sacco sigillato<br />

affidato a mani sicure 26 . Alcuni pegni estensi, in<br />

particolare i <strong>di</strong>amanti e le perle, vennero riscossi per<br />

poi essere imme<strong>di</strong>atamente ricollocati su altri monti<br />

<strong>di</strong> pietà italiani, in particolare a Verona, o venduti,<br />

come attesta la serie <strong>di</strong> contatti con gioiellieri e mercanti<br />

ebrei mantenuta dal Mella nel periodo imme<strong>di</strong>atamente<br />

successivo 27 . Alcuni <strong>di</strong> anni dopo le<br />

monete d’oro, ritornate in mano agli Este, saranno<br />

depositate presso il Monte <strong>di</strong> Pietà Firenze.<br />

Non è facile seguire la sorte dei singoli oggetti; per<br />

riscuotere i preziosi veneziani il duca ricorse ad ulteriori<br />

prestiti presso altre città italiane 28 . È ancora lo<br />

Spaccini ad informarci <strong>di</strong> come, il 17 marzo 1603,<br />

fossero recuperate da Venezia “due carra d’argenteria”<br />

ancora non rientrati e che i “Veneziani non avevano troppa<br />

voglia <strong>di</strong> restituirla” 29 .<br />

Un anno dopo, il 16 febbraio 1604, la famiglia<br />

Canossa cedette a Vincenzo Gonzaga una Madonna<br />

attribuita a Raffaello, poi denominata <strong>La</strong> Perla, in cambio<br />

<strong>della</strong> quale ottenne l’investitura del feudo <strong>di</strong><br />

Calliano nel Monferrato (oggi in provincia <strong>di</strong> Asti) 30 .<br />

In questo stesso frangente Galeazzo Canossa spedì a<br />

Vincenzo I Gonzaga “bona parte delle robe del stu<strong>di</strong>o”;<br />

invio che comprese <strong>di</strong>pinti e “anco le medaglie, delle qualli<br />

se bene Vostra Altezza Serenissima non ne ha gusto; tuttavia<br />

sia più che sicura che è tutta roba fiorita; et forse col tempo, gli<br />

potriano esser care…” 31 . Il Canossa ritiene la qualità <strong>di</strong><br />

queste “medaglie” talmente elevata da vincere il ben<br />

noto <strong>di</strong>sinteresse del duca Vincenzo per le monete<br />

antiche 32 . È assai facile che fra queste monete ve ne<br />

fossero <strong>di</strong> quelle estensi, restate in mano ai Canossa in<br />

seguito ai movimenti <strong>di</strong> pegni e <strong>di</strong> denaro da loro condotti<br />

per conto degli Este.<br />

I pegni fiorentini<br />

Nel 1609 si concluse la trattativa per il definitivo<br />

possesso estense del ducato <strong>di</strong> Sassuolo, dopo la<br />

morte violenta <strong>di</strong> Marco Pio nel 1599. Il duca dovette<br />

pagare pagare alla famiglia Pio 215000 scu<strong>di</strong> romani.<br />

Le ricorrenti guerre contro i Lucchesi per il<br />

dominio <strong>della</strong> Garfagnana, ultima quella del 1613,<br />

acuirono le necessità <strong>di</strong> contante delle casse ducali.<br />

Il 6 agosto 1614 un cospicuo nucleo <strong>di</strong> gioielli <strong>di</strong> proprietà<br />

estense venne impegnato presso il Monte <strong>di</strong><br />

Pietà a Firenze 33 . L’affare fu affidato a Manfre<strong>di</strong><br />

98<br />

Malaspina, ambasciatore fiorentino del duca <strong>di</strong><br />

Modena. L’inventario registrava un sacchetto contenente<br />

710 “medaglie” d’oro del peso <strong>di</strong> 14 libbre e 9<br />

once cioè 5008,17 grammi d’oro, in me<strong>di</strong>a 7,05 grammi<br />

per moneta, dato compatibile con la natura composita<br />

del nucleo estense presso il Museo <strong>di</strong> Firenze,<br />

che per larga parte è costituito da aurei imperiali<br />

romani e da altre monete d’oro più leggere: greche,<br />

romane e bizantine 34 . Furono stimate 1455 ducati,<br />

cioè poco meno <strong>di</strong> 2.05 ducati per moneta, e la valutazione<br />

avviene al prezzo <strong>di</strong> 3,44 grammi per ducato<br />

come semplice oro a peso. Si tratta certamente <strong>di</strong><br />

monete antiche, e una parte <strong>di</strong> esse è da identificarsi<br />

con i circa 240 esemplari contrassegnati da aquiletta<br />

provenienti dalle raccolte me<strong>di</strong>cee ancora conservati<br />

presso il Museo Archeologico <strong>di</strong> Firenze.<br />

Le monete e i gioielli vennero presi in consegna nel<br />

guardaroba a Palazzo Pitti, e custo<strong>di</strong>ti all’interno <strong>di</strong><br />

un forziere entro involucri sigillati. L’8 gennaio 1626<br />

vennero avviate le pratiche per la riscossione <strong>di</strong> gran<br />

26. ASMo, Ambasciatori, Venezia b.88, <strong>Alfonso</strong> Mella a Cesare d’Este,<br />

Verona, 30 novembre, 1602. È da verificare l’eventuale origine<br />

estense <strong>di</strong> un cospicuo lotto <strong>di</strong> monete d’oro (del peso <strong>di</strong> 164<br />

oncie e ¼) impegnato sul Monte <strong>di</strong> Pietà <strong>di</strong> Verona intorno al<br />

1609 da un documento dell’Archivio Gonzaga cfr. Sermi<strong>di</strong> M.: op.<br />

cit. p. 477. Tale dato è da valutare in rapporto all’attività dei<br />

Canossa qui considerata (cfr. nota n. 21).<br />

27. ASMo, Ambasciatori, Venezia b.88, 1602, <strong>Alfonso</strong> Mella a Cesare<br />

d’Este, Venezia, 28 <strong>di</strong>cembre 1602.<br />

28. Lo spazio ridotto <strong>di</strong> questa sede non consente un’analisi maggiormente<br />

dettagliata dei documenti relativi ai pegni veneziani e fiorentini<br />

che sono in corso <strong>di</strong> e<strong>di</strong>zione e si proporranno in un saggio<br />

successivo che esaminerà anche le <strong>di</strong>spersione secondarie delle<br />

monete.<br />

29. Spaccini G. B., Cronaca <strong>di</strong> Modena, anni 1603-1611 a cura <strong>di</strong> Bion<strong>di</strong><br />

A., Bussi R., Giovannini R, Modena 1999, p. 8.<br />

30. Il quadro, oggi attribuito all’opera congiunta <strong>di</strong> Raffaello e Giulio<br />

Romano, era nella <strong>collezione</strong> veronese <strong>della</strong> famiglia Canossa;<br />

venne acquistato da Vincenzo I Gonzaga e passò nella <strong>collezione</strong><br />

reale inglese dopo la ven<strong>di</strong>ta del 1627-28. Nel 1649, dopo l’esecuzione<br />

<strong>di</strong> Carlo I d’Inghilterra, fu acquistato dal re <strong>di</strong> Spagna<br />

Filippo IV, ed è oggi al Museo del Prado. Cfr. Checa F.: <strong>La</strong> <strong>di</strong>spersione<br />

spagnola dei quadri <strong>di</strong> Mantova, in Gonzaga. <strong>La</strong> Celeste Galleria.<br />

L’esercizio del collezionismo, Ginevra-Milano 2002 p. 252.<br />

31. Il documento, già segnalato dal Luzio, è ora trascritto da Sermi<strong>di</strong><br />

M., op. cit. p. 49, 363.<br />

32. L’inserimento dell’intarsio con aquiletta è stato in passato erroneamente<br />

attribuito proprio a Vincenzo I Gonzaga; cfr. Simonetta B.,<br />

Riva R., Ancora sull’ aquiletta gonzaga e non estense, in NAC, X<strong>II</strong>,<br />

1983, p. p. 335.<br />

33. Il pegno è documentato da un abbondante carteggio e da numerose<br />

copie <strong>di</strong> inventari sommari custo<strong>di</strong>ti sia a Modena che a Firenze;<br />

si cita per tutti il fascicolo più significativo conservato presso<br />

l’Archivio <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Firenze, Monte <strong>di</strong> Pietà nel Bigallo, n. 691 dal<br />

quale sono tratte le notizie qui utilizzate.<br />

34. Si sono considerate le misure fiorentine per l’oro (libbra <strong>di</strong> g.<br />

339,54, oncia <strong>di</strong> g. 28, 29).


parte dei pegni, riconsegnati all’ambasciatore il 14<br />

dello stesso mese. A Firenze restarono, però, le 710<br />

monete d’oro, il cui deposito si protrasse sino al<br />

1646, quando il Provve<strong>di</strong>tore del Monte decise <strong>di</strong><br />

procedere alla ven<strong>di</strong>ta delle monete, ancora sigillate<br />

nella reggia. Una <strong>di</strong>sposizione del granduca Fer<strong>di</strong>nando<br />

<strong>II</strong> e <strong>di</strong> Leopoldo de’Me<strong>di</strong>ci gli impedì <strong>di</strong> procedere alla<br />

ven<strong>di</strong>ta, poiché i due Me<strong>di</strong>ci <strong>di</strong>chiararono la necessità <strong>di</strong><br />

confrontarle con quelle conservate nel loro “guardaroba”<br />

per effettuare eventuali scambi con quelle <strong>di</strong> migliore<br />

conservazione 35 . Evidentemente, una volta constatata la<br />

qualità degli esemplari, li trattennero presso <strong>di</strong> loro 36 .<br />

Nel ventennio successivo, per opera <strong>della</strong> cerchia <strong>di</strong><br />

antiquari in contatto con Leopoldo, alcuni <strong>di</strong> questi<br />

esemplari d’oro con aquiletta raggiunsero <strong>di</strong>verse raccolte<br />

europee, in seguito a doni o scambi. In questa<br />

serie <strong>di</strong> monete che lasciò Firenze erano alcune decine<br />

<strong>di</strong> aurei, prevalentemente romani repubblicani, <strong>di</strong>versi<br />

aurei <strong>di</strong> Nerone (rappresentate nella <strong>collezione</strong> estense<br />

in grande quantità) e qualche moneta d’oro greca.<br />

<strong>La</strong> scelta <strong>di</strong> alcuni esemplari che uscirono da Firenze<br />

–già dal 1663 erano nelle collezioni reali francesi–<br />

venne certamente operata da un buon conoscitore <strong>di</strong><br />

<strong>numismatica</strong>: vi erano alcuni pezzi rarissimi ma anche<br />

dei falsi <strong>di</strong> buona qualità (fig. 1 e 2) 37 .<br />

È possibile che in questa <strong>di</strong>spersione secondaria degli<br />

aurei estensi abbia avuto un ruolo Francesco<br />

Gottifre<strong>di</strong> (1595-1669), personaggio centrale <strong>della</strong><br />

cultura <strong>numismatica</strong> del XV<strong>II</strong> secolo in stretti rapporti<br />

con Leopoldo de’Me<strong>di</strong>ci, la cui figura, mal<br />

conosciuta sino a pochi anni ad<strong>di</strong>etro, sta emergendo<br />

in tutto il suo rilievo grazie agli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Maria<br />

Cristina Molinari 38 . <strong>La</strong> rete <strong>di</strong> relazioni del Gottifre<strong>di</strong><br />

e la <strong>di</strong>stribuzione geografica dei suoi corrispondenti<br />

ci sembra compatibile con la <strong>di</strong>spersione <strong>di</strong> alcuni<br />

aurei che deve essere avvenuta intorno agli anni ’50 e<br />

’60 del XV<strong>II</strong> secolo. Le lettere del Gottifre<strong>di</strong> testimoniano<br />

un’abbondanza <strong>di</strong> monete d’oro che passano<br />

per le sue mani nel 1654 39 . Una lettera del 7 febbraio<br />

1654 accenna ad un esame <strong>di</strong> 20 monete d’oro effettuato<br />

dal Gottifre<strong>di</strong> e dall’abate francese Pierre<br />

Seguin; tra queste risultano tre monete <strong>di</strong> Giuba,<br />

forse falsi moderni, già registrate in sei esemplari nelle<br />

collezioni estensi prima del 1541; una <strong>di</strong> queste<br />

potrebbe essere la moneta con aquiletta poi segnalata<br />

dal Mionnet nelle collezioni reali francesi 40 .<br />

LA DIASPORA DELLA COLLEZIONE NUMISMATICA DI ALFONSO <strong>II</strong> D’ESTE<br />

99<br />

Le “medaglie del sacco”<br />

Negli stessi anni in cui le monete estensi arricchivano<br />

molte collezioni, la comunità <strong>di</strong> antiquari che risiedeva<br />

in Italia alimentava la voce dell’esistenza in<br />

Mantova <strong>di</strong> una <strong>collezione</strong> <strong>numismatica</strong> appartenuta<br />

ai Gonzaga, le cui monete, dotate <strong>della</strong> contromarca <strong>di</strong><br />

una piccola aquila, si sarebbero <strong>di</strong>sperse dopo il saccheggio<br />

subito dalla città nel 1630. In passato si è<br />

ritenuta decisiva per l’attribuzione gonzaghesca la testimonianza<br />

del lionese Jean Huguetan, fra i primi a<br />

raccogliere questa <strong>di</strong>ceria relativa alle “medaglie del<br />

sacco” 41 .<br />

<strong>La</strong> fonte più interessante per questo problema è, invece,<br />

la lettera <strong>di</strong> Francesco Gottifre<strong>di</strong> al car<strong>di</strong>nale<br />

Camillo Massimo datata 14 marzo 1661 42 . Da questo<br />

documento si può desumere che:<br />

35. Archivio <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Firenze, Monte <strong>di</strong> Pietà nel Bigallo, n. 691, documento<br />

datato 6 luglio 1646, probabilmente la risposta granducale<br />

alla richiesta del provve<strong>di</strong>tore del Monte <strong>di</strong> Pietà <strong>di</strong> prendere possesso<br />

delle monete.<br />

36. <strong>La</strong> lettera del 1646 fa riferimento ad un interesse congiunto <strong>di</strong><br />

Fer<strong>di</strong>nando e Leopoldo. Già il Cavedoni aveva ipotizzato come le<br />

monete d’oro estensi potessero essere giunte nella <strong>collezione</strong> <strong>di</strong><br />

Leopoldo, cfr. Cavedoni C., op. cit. p. 108-109.<br />

37. Per la data dell’arrivo a Parigi cfr. Cavedoni C., op. cit. p. 85.<br />

38. Cfr. Molinari M. C., Gottifre<strong>di</strong> Francesco, in Dizionario Biografico<br />

degli Italiani, vol. 58, Roma, 2002 pp. 161-164.<br />

39. Pesaro, Biblioteca Oliveriana, ms. 76, carta non numerata. Nel<br />

1659 un suo corrispondente chiede se per caso fosse ancora in<br />

possesso delle monete auree che aveva visto presso <strong>di</strong> lui cinque<br />

anni prima.<br />

40. Pesaro, Biblioteca Oliveriana, ms. 76, carta non numerata. <strong>La</strong><br />

moneta <strong>di</strong> Giuba è descritta in Cavedoni C., op. cit. p. 93.<br />

41. Cfr. Huguetan J.: Voyage d’Italie curieux et noveau, Lione 1681 p. 249<br />

e Simonetta B., Riva R.: (1983) op. cit p. 336, dove questo viaggio<br />

italiano viene datato agli anni 1653-54. Si può pensare, invece,<br />

che questa notizia sia il frutto dell’intervento e<strong>di</strong>toriale <strong>di</strong> Jacob<br />

Spon, anche lui Lionese, che partecipa alla redazione dell’opera nel<br />

1681 <strong>di</strong>eci anni dopo la morte dell’Huguetan, apponendovi una<br />

ricca appen<strong>di</strong>ce sulle collezioni e i musei italiani. Anche Spon è<br />

autore <strong>di</strong> un <strong>di</strong>ario <strong>di</strong> viaggio in Italia, Grecia e Levante datato<br />

1675-1676. Volendo ritenere corretta l’attribuzione all’Huguetan<br />

<strong>della</strong> testimonianza relativa alle medaglie dal sacco mantovano<br />

occorre ricordare che questi non poteva averle viste a Mantova, dal<br />

momento che il sacco era avvenuto nel 1630 e pertanto sia<br />

Huguetan che Spon devono essersi basati sulle medesime notizie<br />

raccolte nell’ambiente antiquario italiano <strong>della</strong> seconda metà del<br />

‘600.<br />

42. Pesaro, Biblioteca Oliveriana, ms. n. 76, carta non numerata.<br />

Ringrazio Maria Cristina Molinari, che mi ha segnalato questo<br />

documento, per aver <strong>di</strong>scusso con me alcuni problemi relativi alla<br />

<strong>collezione</strong> <strong>di</strong> Cristina <strong>di</strong> Svezia.


CARLO POGGI<br />

1. Nella <strong>collezione</strong> <strong>di</strong> Cristina <strong>di</strong> Svezia, che<br />

Gottifre<strong>di</strong> rior<strong>di</strong>na nel 1661, vi sono alcuni pezzi<br />

recanti l’aquiletta estense<br />

2. Che tali monete sono già comunemente note con<br />

il nome <strong>di</strong> “medaglie dell’asse<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Mantova”<br />

3. Che monete con questa contromarca sono già ben<br />

conosciute al Gottifre<strong>di</strong> e al suo corrispondente.<br />

Deve essere appartenuto a questo nucleo il medaglione<br />

<strong>di</strong> Adriano, oggi al Cabinet des Médailles, già nella <strong>collezione</strong><br />

del Gottifre<strong>di</strong> poi nella <strong>collezione</strong> <strong>di</strong> Cristina <strong>di</strong><br />

Svezia e quin<strong>di</strong> a Parigi dal 1799. <strong>La</strong> presenza <strong>di</strong> questa<br />

ed altre monete con aquiletta nella <strong>collezione</strong> <strong>di</strong> Cristina<br />

è stata messa in rapporto con il saccheggio, operato<br />

dagli Svedesi nel 1648, <strong>della</strong> città <strong>di</strong> Praga dove era<br />

giunta parte delle collezioni gonzaga dal sacco mantovano<br />

43 . È effettivamente possibile che alcune <strong>di</strong> queste<br />

monete siano giunte nella <strong>collezione</strong> gonzaga attraverso<br />

la famiglia Canossa nel 1604 e poi, trasportate a Praga<br />

nel 1630, in seguito ai saccheggi svedesi siano confluite<br />

nella <strong>collezione</strong> <strong>di</strong> Cristina per poi giungere a Roma. Ma<br />

questo non è l’unico percorso possibile.<br />

In realtà sappiamo molto poco delle collezioni numismatiche<br />

dei Gonzaga e <strong>della</strong> loro <strong>di</strong>spersione; <strong>di</strong> certo<br />

monete sicuramente provenienti dal sacco <strong>di</strong> Mantova<br />

erano presenti a Trento presso la <strong>collezione</strong> Galasso il<br />

5 novembre 1663 e alcune <strong>di</strong> queste furono cedute a<br />

Lodovico Moscardo che nel 1668 le <strong>di</strong>ceva presenti<br />

nella sua <strong>collezione</strong> 44 . Altre monete potrebbero essere<br />

quelle segnalate nel XV<strong>II</strong>I secolo in una <strong>collezione</strong><br />

privata, forse italiana, da Felice Caronni 45 .<br />

Non è quin<strong>di</strong> detto che queste poche monete siano<br />

giunte alla regina Cristina attraversando il sacco mantovano<br />

e poi quello praghese; più facilmente possono<br />

essere comparse sul mercato veneto nella prima metà<br />

del ’600 (provenendo da cessioni degli ambasciatori<br />

estensi) o da quella parte <strong>di</strong> collezioni trafugate da<br />

Mantova che non avevano lasciato l’Italia dopo il<br />

1630. Ancora, potrebbero provenire da una già documentata<br />

spe<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> doni del duca Cesare d’Este alla<br />

corte praghese dell’imperatore Rodolfo <strong>II</strong> d’Asburgo 46 .<br />

Si deve alla vasta circolazione dei pezzi usciti da<br />

Modena nel 1599 (e forse in parte confluiti nelle<br />

collezioni gonzaga) l’origine del mito antiquario delle<br />

“medaglie del sacco”, che è ancora vivo introno al 1720<br />

come ci testimonia Scipione Maffei 47 .<br />

100<br />

Un’ulteriore causa dell’equivoco può essere in<strong>di</strong>viduata<br />

nel fatto che a Firenze, negli stessi anni, erano contemporaneamente<br />

depositate presso lo stesso Monte <strong>di</strong><br />

Pietà grosse quantità <strong>di</strong> gioielli <strong>di</strong> proprietà gonzaga, e<br />

può esservi stata confusione nell’addebitare ad essi il<br />

pegno delle monete d’oro che rimasero sigillate nei forzieri<br />

per oltre un trentennio, anche se gli antiquari me<strong>di</strong>cei<br />

del ‘700 ne conoscevano bene l’origine modenese 48 .<br />

Alla presenza <strong>di</strong> monete estensi nella <strong>collezione</strong> <strong>di</strong><br />

Cristina è forse da collegarsi un’analogo segno <strong>di</strong> appartenenza<br />

del tutto simile all’aquiletta, per forma (ovale),<br />

<strong>di</strong>mensioni, posizione nella moneta (<strong>di</strong>etro la nuca<br />

dell’imperatore) e modalità <strong>di</strong> apposizione dell’intarsio<br />

argenteo che questa volta è punzonato con una C coronata,<br />

tra<strong>di</strong>zionalmente attribuita alla <strong>collezione</strong> <strong>della</strong><br />

regina <strong>di</strong> Svezia (fig. 3). Tre sono le ipotesi percorribili<br />

per spiegarne l’origine:<br />

• un fenomeno imitativo <strong>della</strong> contromarca estense<br />

• un restauro <strong>di</strong> monete estensi dalle quali era stato<br />

rimosso il precedente inserto<br />

• una mo<strong>di</strong>fica del marchio <strong>di</strong> appartenenza per rilevarne<br />

l’avvenuto passaggio <strong>di</strong> proprietà 49 .<br />

43. Molinari M. C.: Nota sull’antiquaria <strong>numismatica</strong> a Roma ai tempi<br />

del Bellori, in L’idea del bello. Viaggio per Roma nel Seicento con Giovan Pietro<br />

Bellori, a cura <strong>di</strong> Borea E. e Gasparri C., Roma, 2000 p. 569 n. 14.<br />

44. Moscardo L.: Historia <strong>di</strong> Verona, Verona 1668, X<strong>II</strong>, 486. Morselli R.: Le<br />

collezioni gonzaga. L’elenco dei beni del 1626-1627, Milano, 2000 p.169.<br />

45. “E” cosa notabile che tuttora si veggano <strong>di</strong>spersi degli avanzi d’allora, essendo<br />

caduta nelle mie stesse mani un’e<strong>di</strong>zione elzeviriana <strong>di</strong> Tito Livio col nome e<br />

stemma de’Duchi Gonzaghi, ed avendo io scoperto in mani oscure un ricco<br />

Medagliere, che il proprietario asserisce provenire dalla nota rivoluzione”<br />

Caronni F.: Lezione accademica <strong>di</strong> un preciso Istorico <strong>della</strong> presa e saccheggio<br />

<strong>di</strong> Mantova del MDCXXX, Mantova, 1788, p. 38 n. 1. <strong>La</strong> notizia<br />

potrebbe, però, essere una duplicazione <strong>di</strong> quella riportata dal<br />

Moscardo nella sua Historia.<br />

46. Il pittore Hans von Aachen, in una lettera del 5 gennaio 1604, ringrazia<br />

delle spe<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> monete antiche inviate in dono da Cesare<br />

all’imperatore Rodolfo <strong>II</strong> assieme ad una scultura del Giambologna<br />

e invita il duca Cesare a inviare alla corte imperiale “altre simili<br />

medaglie” cfr. Corra<strong>di</strong>ni E.: <strong>La</strong> galleria sacra e la galleria profana: la<br />

propaganda <strong>di</strong>nastica tra Sei e Settecento, in Il Palazzo Ducale <strong>di</strong><br />

Modena, Modena 1999 p. 253-254. Non sappiamo quantificare quale<br />

parte <strong>della</strong> <strong>collezione</strong> estense raggiunse le raccolte imperiali, certo è<br />

che gli esemplari destinati ad essere inviati a Praga dovettero essere<br />

<strong>di</strong> grande qualità, a giu<strong>di</strong>care dalla sod<strong>di</strong>sfazione esternata dal von<br />

Aachen e dalla rinnovata richiesta <strong>di</strong> nuovi doni per l’imperatore, che<br />

Cesare d’Este non poteva non assecondare <strong>di</strong> fronte alla debole contingenza<br />

politica del ducato <strong>di</strong> Modena e Reggio in quegli anni.<br />

47. Poggi C.: (1998) op. cit. p. 215.<br />

48. Vi sono <strong>di</strong>versi documenti relativi a pegni Gonzaga <strong>della</strong> prima metà<br />

del ‘600: Archivio <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Firenze, Monte <strong>di</strong> Pietà nel Bigallo, n. 683.<br />

49. Geibler H.: Die Münzsammlung der Königin Christina von<br />

Schweden, in Corolla Numismatica: Numismatic Essays in honour of B. V.<br />

Head, Oxford, 1906 p. 385 n. 5. Non mi è stato possibile sino ad<br />

ora esaminare <strong>di</strong>rettamente alcuno <strong>di</strong> questi esemplari.


Tra le monete estensi contromarcate si trovano<br />

alcuni falsi rinascimentali <strong>di</strong> produzione evidentemente<br />

anteriore alla data del suo inserimento (cfr.<br />

fig. 1). Vi sono, infine, <strong>di</strong>fferenti tipi <strong>di</strong> falsi collegabili<br />

alle nostre monete. Il mondo collezionistico<br />

riconobbe sempre nella contromarca estense un elemento<br />

<strong>di</strong>stintivo <strong>di</strong> un nobile pe<strong>di</strong>gree <strong>della</strong> moneta;<br />

come tale venne riprodotto in un falso tetradramma<br />

<strong>di</strong> Eliocle attribuito a Carl Becker e poi contomarcato<br />

con una approssimativa imitazione<br />

dell’aquiletta estense 50 .<br />

LA DIASPORA DELLA COLLEZIONE NUMISMATICA DI ALFONSO <strong>II</strong> D’ESTE<br />

Sezione Or<strong>di</strong>ne da tenersi ne l’accommodar le Medaglie<br />

de l’Illustrissimo et Eccellentissimo Signor Duca <strong>di</strong> Ferrara<br />

101<br />

L’estrema qualità <strong>di</strong> alcuni pezzi estensi ne fece un<br />

modello per altre riproduzioni <strong>di</strong> età moderna, che<br />

ebbero una circolazione abbastanza ampia. Intorno al<br />

1910, presso la località <strong>di</strong> Suomenniemi nella provincia<br />

<strong>di</strong> Savo nella Finlan<strong>di</strong>a Orientale, una ragazza rinvenne<br />

una moneta in riva ad un lago, che fu poi e<strong>di</strong>ta come la<br />

più antica moneta rinvenuta in Finlan<strong>di</strong>a. <strong>La</strong> moneta,<br />

uno statere <strong>di</strong> Eraclea, venne in seguito riconosciuta<br />

come un falso, una fusione in ottone argentato prodotta<br />

attraverso il calco <strong>di</strong> un esemplare con aquiletta<br />

conservato nelle collezioni <strong>di</strong> Berlino (fig. 5) 51 .<br />

1 Una successione d’Imperatori cominciando da Iulio Cesare sin quanto si troveranno con elegger le<br />

più belle Medaglie che ci Sieno. Di Metallo, D’Oro, e, D’Argento<br />

2 Una successione d’Imperatori simile, pigliando ciascuno con tutti i rovesci da lui fatti, uno per sorte,<br />

col metter innanzi le Medaglie che mostreranno l’effigie <strong>di</strong>minor età, o, che per 1’or<strong>di</strong>n de l’Istoria<br />

<strong>di</strong> quel che sarà nel rovescio, si potrà far giu<strong>di</strong>tio che fossero battute prima, ponendo in ultimo quelle<br />

che saran battute doppo la morte, cosi Consecrationi, come restituite da’ successori<br />

3 Una successione simile <strong>di</strong> Medaglie battute da’ Provincie <strong>di</strong> Grecia in honor d’Imperatori Romani,<br />

con ampliarla piu che si può, perche sarà nuova et al mio parer assai rara<br />

4 Consoli, Pretori, Questori <strong>di</strong> Provincie, Consolari, Parenti d’Imperatori, et altri illustri Romani,<br />

<strong>di</strong>sposti secondo l’or<strong>di</strong>ne de l’Istoria piu che si potrà. L’altre Medaglie si lasseran come stanno<br />

5 Una succession <strong>di</strong> Donne illustri Romane ciascuna con i rovesci che si troveranno <strong>di</strong> loro, una per<br />

ciascuna sorte<br />

6 Medagliette d’Argento romane, col segno del Denaro, o, <strong>di</strong> equal peso, e, vario rovescio, una per<br />

ciascuna sorte<br />

7 Tutte le Provincie <strong>di</strong> Grecia successivamente e, le Medaglie delle Città Greche<br />

8 Gli huomini, o, Donne Illustri che si troveranno Greci, con piu or<strong>di</strong>ne che si potrà<br />

Tabella I (cfr. nota 10)<br />

50. Gerin D., Becker et les monnaies bactriennes du Cabinet de France,<br />

BSFN, 38 n. 5, 1983, p. 321-323.<br />

51. Devo la notizia alla cortesia <strong>di</strong> Tuukka Talvio, che mi ha riassunto<br />

i contenuti del testo finlandese <strong>di</strong> Tudeer, L. O. Th.: Vanhin<br />

Suomessa löydetty raha, in Juhlajulkaisu E. G. Palménin 70-vuotispäiväksi,<br />

Helsingfors 1919, pp. 12-19. L’esemplare berlinese è stato<br />

recentemente e<strong>di</strong>to da Weisser B., Münzen aus Sizilien und<br />

Unteritalien als historische und kunstgeschichtliche Quelle, in Die<br />

griechische Klassik - Idee oder Wirklichkeit, Mainz 2002, pp. 593-598.


CARLO POGGI<br />

Didascalie<br />

1. C.SERVEILI M.F. - falsificazione rinascimentale in oro<br />

D/ Testa elmata <strong>di</strong> Roma a d.; nel campo a s. corona e<br />

segno <strong>di</strong> valore.<br />

Sotto ROMA; inserto d’argento ovale con aquiletta<br />

estense<br />

R/ Dioscuri a cavallo; in esergo C.SERVEILI M.F.<br />

Parigi, Cabinet des Médailles, nelle collezioni estensi prima<br />

del 1541.<br />

Falso che riproduce il denario d’argento RRC 239/1.<br />

2) CN.LENTVL - statere d’oro<br />

D/ Testa laureata <strong>di</strong> Giove a d.; inserto d’argento ovale con<br />

aquiletta estense<br />

R/ Aquila su fulmine rivolta a d.; sotto CN LENTVL<br />

Parigi, Cabinet des Médailles, nelle collezioni estensi prima<br />

del 1541.<br />

RRC 549/1.<br />

3) Gor<strong>di</strong>ano I - Sesterzio (238 d.C.)<br />

D/ IMP CAES M ANT GORDIANVS AFR AVG busto laureato a<br />

d.; inserto d’argento ovale con C coronata<br />

R/ VICTORIA AVGG, Vittoria incedente a s. Con palma e<br />

corona; S C<br />

Asta Classical Numismatic Group, Triton V, 15 gennaio<br />

2002, n. 2053.<br />

RIC 12.<br />

4) Eliocle (135-110 a.C.) - Tetradramma - falso del Becker<br />

D/ Busto <strong>di</strong> Eliocle con <strong>di</strong>adema a d.; punzonatura con<br />

falsa aquiletta estense<br />

R/ BASILEWS HLIOKLEOUS DIKAIOU Zeus stante<br />

con scettro e fulmine; nel campo a s. monogramma.<br />

De Foville, J., Les monnaies grecques et romaines de la collection<br />

Prosper Valton, Parigi 1912, p. 115 n. 1926; Gerin D.: op. Cit.<br />

5) Heraclea - statere - falso<br />

D/ Testa <strong>di</strong> Atena con elmo decorato con Scilla a s. ; sotto<br />

A. ; aquiletta estense<br />

R/ Eracle strangola il leone; nel campo a s. A arco e mazza;<br />

HRAKLHIWN<br />

Falso in ottenuto da un calco <strong>di</strong> un esemplare forato<br />

del museo <strong>di</strong> Berlino<br />

Friedländer J., von Sallet A.: Königlische. Museen zu<br />

Berlin, Beschreibung der antiken Münzen, <strong>II</strong>I:2, pp. 321-2.<br />

Cfr. Rutter N.K., Historia numorum, Italy, n. 1376.<br />

102


LA DIASPORA DELLA COLLEZIONE NUMISMATICA DI ALFONSO <strong>II</strong> D’ESTE<br />

Fig. 1<br />

Fig. 2<br />

Fig. 3<br />

Fig. 4<br />

Fig. 5<br />

103

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