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La diaspora della collezione numismatica di Alfonso II d'Este1

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parte dei pegni, riconsegnati all’ambasciatore il 14<br />

dello stesso mese. A Firenze restarono, però, le 710<br />

monete d’oro, il cui deposito si protrasse sino al<br />

1646, quando il Provve<strong>di</strong>tore del Monte decise <strong>di</strong><br />

procedere alla ven<strong>di</strong>ta delle monete, ancora sigillate<br />

nella reggia. Una <strong>di</strong>sposizione del granduca Fer<strong>di</strong>nando<br />

<strong>II</strong> e <strong>di</strong> Leopoldo de’Me<strong>di</strong>ci gli impedì <strong>di</strong> procedere alla<br />

ven<strong>di</strong>ta, poiché i due Me<strong>di</strong>ci <strong>di</strong>chiararono la necessità <strong>di</strong><br />

confrontarle con quelle conservate nel loro “guardaroba”<br />

per effettuare eventuali scambi con quelle <strong>di</strong> migliore<br />

conservazione 35 . Evidentemente, una volta constatata la<br />

qualità degli esemplari, li trattennero presso <strong>di</strong> loro 36 .<br />

Nel ventennio successivo, per opera <strong>della</strong> cerchia <strong>di</strong><br />

antiquari in contatto con Leopoldo, alcuni <strong>di</strong> questi<br />

esemplari d’oro con aquiletta raggiunsero <strong>di</strong>verse raccolte<br />

europee, in seguito a doni o scambi. In questa<br />

serie <strong>di</strong> monete che lasciò Firenze erano alcune decine<br />

<strong>di</strong> aurei, prevalentemente romani repubblicani, <strong>di</strong>versi<br />

aurei <strong>di</strong> Nerone (rappresentate nella <strong>collezione</strong> estense<br />

in grande quantità) e qualche moneta d’oro greca.<br />

<strong>La</strong> scelta <strong>di</strong> alcuni esemplari che uscirono da Firenze<br />

–già dal 1663 erano nelle collezioni reali francesi–<br />

venne certamente operata da un buon conoscitore <strong>di</strong><br />

<strong>numismatica</strong>: vi erano alcuni pezzi rarissimi ma anche<br />

dei falsi <strong>di</strong> buona qualità (fig. 1 e 2) 37 .<br />

È possibile che in questa <strong>di</strong>spersione secondaria degli<br />

aurei estensi abbia avuto un ruolo Francesco<br />

Gottifre<strong>di</strong> (1595-1669), personaggio centrale <strong>della</strong><br />

cultura <strong>numismatica</strong> del XV<strong>II</strong> secolo in stretti rapporti<br />

con Leopoldo de’Me<strong>di</strong>ci, la cui figura, mal<br />

conosciuta sino a pochi anni ad<strong>di</strong>etro, sta emergendo<br />

in tutto il suo rilievo grazie agli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Maria<br />

Cristina Molinari 38 . <strong>La</strong> rete <strong>di</strong> relazioni del Gottifre<strong>di</strong><br />

e la <strong>di</strong>stribuzione geografica dei suoi corrispondenti<br />

ci sembra compatibile con la <strong>di</strong>spersione <strong>di</strong> alcuni<br />

aurei che deve essere avvenuta intorno agli anni ’50 e<br />

’60 del XV<strong>II</strong> secolo. Le lettere del Gottifre<strong>di</strong> testimoniano<br />

un’abbondanza <strong>di</strong> monete d’oro che passano<br />

per le sue mani nel 1654 39 . Una lettera del 7 febbraio<br />

1654 accenna ad un esame <strong>di</strong> 20 monete d’oro effettuato<br />

dal Gottifre<strong>di</strong> e dall’abate francese Pierre<br />

Seguin; tra queste risultano tre monete <strong>di</strong> Giuba,<br />

forse falsi moderni, già registrate in sei esemplari nelle<br />

collezioni estensi prima del 1541; una <strong>di</strong> queste<br />

potrebbe essere la moneta con aquiletta poi segnalata<br />

dal Mionnet nelle collezioni reali francesi 40 .<br />

LA DIASPORA DELLA COLLEZIONE NUMISMATICA DI ALFONSO <strong>II</strong> D’ESTE<br />

99<br />

Le “medaglie del sacco”<br />

Negli stessi anni in cui le monete estensi arricchivano<br />

molte collezioni, la comunità <strong>di</strong> antiquari che risiedeva<br />

in Italia alimentava la voce dell’esistenza in<br />

Mantova <strong>di</strong> una <strong>collezione</strong> <strong>numismatica</strong> appartenuta<br />

ai Gonzaga, le cui monete, dotate <strong>della</strong> contromarca <strong>di</strong><br />

una piccola aquila, si sarebbero <strong>di</strong>sperse dopo il saccheggio<br />

subito dalla città nel 1630. In passato si è<br />

ritenuta decisiva per l’attribuzione gonzaghesca la testimonianza<br />

del lionese Jean Huguetan, fra i primi a<br />

raccogliere questa <strong>di</strong>ceria relativa alle “medaglie del<br />

sacco” 41 .<br />

<strong>La</strong> fonte più interessante per questo problema è, invece,<br />

la lettera <strong>di</strong> Francesco Gottifre<strong>di</strong> al car<strong>di</strong>nale<br />

Camillo Massimo datata 14 marzo 1661 42 . Da questo<br />

documento si può desumere che:<br />

35. Archivio <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Firenze, Monte <strong>di</strong> Pietà nel Bigallo, n. 691, documento<br />

datato 6 luglio 1646, probabilmente la risposta granducale<br />

alla richiesta del provve<strong>di</strong>tore del Monte <strong>di</strong> Pietà <strong>di</strong> prendere possesso<br />

delle monete.<br />

36. <strong>La</strong> lettera del 1646 fa riferimento ad un interesse congiunto <strong>di</strong><br />

Fer<strong>di</strong>nando e Leopoldo. Già il Cavedoni aveva ipotizzato come le<br />

monete d’oro estensi potessero essere giunte nella <strong>collezione</strong> <strong>di</strong><br />

Leopoldo, cfr. Cavedoni C., op. cit. p. 108-109.<br />

37. Per la data dell’arrivo a Parigi cfr. Cavedoni C., op. cit. p. 85.<br />

38. Cfr. Molinari M. C., Gottifre<strong>di</strong> Francesco, in Dizionario Biografico<br />

degli Italiani, vol. 58, Roma, 2002 pp. 161-164.<br />

39. Pesaro, Biblioteca Oliveriana, ms. 76, carta non numerata. Nel<br />

1659 un suo corrispondente chiede se per caso fosse ancora in<br />

possesso delle monete auree che aveva visto presso <strong>di</strong> lui cinque<br />

anni prima.<br />

40. Pesaro, Biblioteca Oliveriana, ms. 76, carta non numerata. <strong>La</strong><br />

moneta <strong>di</strong> Giuba è descritta in Cavedoni C., op. cit. p. 93.<br />

41. Cfr. Huguetan J.: Voyage d’Italie curieux et noveau, Lione 1681 p. 249<br />

e Simonetta B., Riva R.: (1983) op. cit p. 336, dove questo viaggio<br />

italiano viene datato agli anni 1653-54. Si può pensare, invece,<br />

che questa notizia sia il frutto dell’intervento e<strong>di</strong>toriale <strong>di</strong> Jacob<br />

Spon, anche lui Lionese, che partecipa alla redazione dell’opera nel<br />

1681 <strong>di</strong>eci anni dopo la morte dell’Huguetan, apponendovi una<br />

ricca appen<strong>di</strong>ce sulle collezioni e i musei italiani. Anche Spon è<br />

autore <strong>di</strong> un <strong>di</strong>ario <strong>di</strong> viaggio in Italia, Grecia e Levante datato<br />

1675-1676. Volendo ritenere corretta l’attribuzione all’Huguetan<br />

<strong>della</strong> testimonianza relativa alle medaglie dal sacco mantovano<br />

occorre ricordare che questi non poteva averle viste a Mantova, dal<br />

momento che il sacco era avvenuto nel 1630 e pertanto sia<br />

Huguetan che Spon devono essersi basati sulle medesime notizie<br />

raccolte nell’ambiente antiquario italiano <strong>della</strong> seconda metà del<br />

‘600.<br />

42. Pesaro, Biblioteca Oliveriana, ms. n. 76, carta non numerata.<br />

Ringrazio Maria Cristina Molinari, che mi ha segnalato questo<br />

documento, per aver <strong>di</strong>scusso con me alcuni problemi relativi alla<br />

<strong>collezione</strong> <strong>di</strong> Cristina <strong>di</strong> Svezia.

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