Il complesso nuragico di Palmavera - Sardegna Cultura
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nesso con la conservazione del fuoco». <strong>Il</strong> fatto che la superficie superiore<br />
del concio sia interamente annerita dal fuoco può far pensare,<br />
certamente, ad un focolare, ma è <strong>di</strong>fficile, da quanto sappiamo, definirne<br />
la funzione.<br />
Nel cortile, uno strato <strong>nuragico</strong> <strong>di</strong> circa 50 cm restituì materiali fittili,<br />
bronzei e litici insieme ad abbondanti resti <strong>di</strong> pasto.<br />
Quasi tutto il lato sinistro del cortile era occupato da uno spesso<br />
strato <strong>di</strong> cenere (circa 30 cm), «formatosi con la successione lunghissima<br />
<strong>di</strong> focolari».<br />
In mezzo al cortile, poco lontano dall’ingresso al mastio, in una<br />
buca scavata al <strong>di</strong> sotto del piano pavimentale, si rinvenne «un grosso<br />
vaso, spezzato ma completo»; si tratta <strong>di</strong> un’olla a colletto con<br />
anse a gomito rovescio del tutto simile a quella rinvenuta nella camera<br />
del mastio sul focolare.<br />
In prossimità dell’ingresso al cortile fu recuperato un cilindro in<br />
tufo, dai lati leggermente rientranti e con base piana (alt. m 0,28;<br />
<strong>di</strong>am. 0,25), ora scomparso, interpretato dal Taramelli come sgabello.<br />
Nella cella della torre aggiunta insieme a materiali vari si trovarono<br />
focolari, sia al livello pavimentale che a quello delle feritoie, così<br />
come nell’an<strong>di</strong>to che raccorda la camera <strong>di</strong> questa torre con il cortile,<br />
ove, fra l’altro, si rinvenne ceramica punica.<br />
Lo scavo del nuraghe <strong>Palmavera</strong> ad opera del Taramelli costituisce<br />
<strong>di</strong> fatto la prima esplorazione <strong>di</strong> un nuraghe condotta con criteri<br />
scientifici, ovviamente riportati agli inizi del secolo. Infatti, non solo<br />
lo scavatore procede con metodo stratigrafico, <strong>di</strong>stinguendo la successione<br />
dei livelli culturali – certamente doveva essere più articolato<br />
lo “strato primitivo” <strong>nuragico</strong> – lascia testimoni <strong>di</strong> controllo,<br />
descrive con accuratezza sia le architetture che i materiali rinvenuti,<br />
è attento alle associazioni, ma si preoccupa <strong>di</strong> acquisire dai materiali<br />
tutte le informazioni che altre scienze gli possono offrire. Fa analizzare,<br />
infatti, il metallo dal prof. Francesconi dell’Università <strong>di</strong><br />
Cagliari e i resti <strong>di</strong> pasto raccolti dal prof. E. Giglio <strong>di</strong> Tos, professore<br />
<strong>di</strong> zoologia nella stessa università.<br />
I risultati riveleranno che fra i metalli vi era del rame puro e che i<br />
resti ossei e malacologici, raccolti con cura e in grande abbondanza,<br />
erano <strong>di</strong> cervo, <strong>di</strong> bue, <strong>di</strong> pecora, <strong>di</strong> capra, <strong>di</strong> cinghiale, <strong>di</strong> piccoli ro<strong>di</strong>tori<br />
(lepri e conigli), <strong>di</strong> Pectcunulus, <strong>di</strong> Ostrea, <strong>di</strong> Mytilus, <strong>di</strong> Car<strong>di</strong>um,<br />
<strong>di</strong> Pinna Nobilis e <strong>di</strong> Purpura Haemastoma.<br />
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