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Il sito della ricerca <strong>in</strong> agricoltura<br />
www.agricoltura.regione.lombardia.it
L’acqua, una risorsa per<br />
il sistema agricolo lombardo<br />
I dati del Servizio Agrometeorologico
Presentazione 3<br />
L’acqua come risorsa per il sistema agricolo lombardo.<br />
I dati del Servizio Agrometeorologico<br />
L’acqua rappresenta attualmente un limite fondamentale per la salute e il benessere della<br />
popolazione della Terra. La sua richiesta tenderà ad aumentare nel prossimo futuro e<br />
questo impone già oggi la necessità di def<strong>in</strong>ire ed adottare politiche di gestione che <strong>in</strong>vestono<br />
le scelte urbanistiche, territoriali e <strong>in</strong>frastrutturali con ricadute importanti sotto<br />
l’aspetto economico ed ambientale. L’agenda degli ultimi anni, a partire dagli eventi climatici<br />
del 2003, lo ha già imposto all’attenzione dei decisori pubblici. Nel comparto agricolo<br />
le richieste idriche si faranno sempre più pressanti per aumentare il livello della produttività<br />
agricola, per far fronte agli effetti del riscaldamento dell’aria causati dal cosiddetto<br />
“effetto serra” e al deterioramento della qualità delle acque.<br />
La m<strong>in</strong>accia della siccità e della desertificazione nell’area del Mediterraneo deve essere<br />
affrontata per tempo, studiando la corretta gestione dell’acqua. Nello specifico dell’agricoltura,<br />
migliorare l’efficienza d’utilizzazione dell’acqua irrigua comporta un notevole<br />
risparmio di risorse a vantaggio di altre superfici da irrigare, dell’ambiente e di altri settori<br />
produttivi.<br />
La ricerca e l’<strong>in</strong>novazione nel comparto agricolo possono fornire un valido supporto<br />
di conoscenze per misurare i consumi d’acqua delle piante coltivate e simulare i processi<br />
produttivi attraverso il modelli colturali. Grazie a queste conoscenze tecniche si possono ottenere<br />
<strong>in</strong>dicazioni sull’impatto di nuovi possibili scenari climatici sulla produttività agricola<br />
di un territorio.<br />
Nuovi strumenti possono essere offerti agli agricoltori per orientare le loro decisioni<br />
con il f<strong>in</strong>e di distribuire l'acqua al momento più opportuno per la pianta, effettuando adeguate<br />
scelte colturali, evitando gli sprechi e gli eccessi.<br />
Occorre, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, fare una serena valutazione <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i tecnici e sociali dei rischi derivanti<br />
dalle variazioni climatiche e dalla contrazione della disponibilità di acqua per l’irrigazione<br />
affrontando un confronto trasparente con gli altri soggetti presenti nei diversi<br />
comparti produttivi, turistici e commerciali <strong>in</strong>teressati all’uso di questa importante risorsa.<br />
Francesco Mapelli Viviana Beccalossi<br />
Presidente ERSAF Vicepresidente Regione Lombardia<br />
Assessore all’Agricoltura
4 Presentazione<br />
Il miglioramento della gestione delle risorse idriche <strong>in</strong> agricoltura è uno degli obiettivi centrali<br />
del Piano di Sviluppo Rurale. L’emergenza idrica del 2003 ha dimostrato che è necessario<br />
raggiungere questo obiettivo considerando le relazioni con l'ambiente, il territorio<br />
rurale e il paesaggio agrario. L’acqua è un bene pubblico da salvaguardare, il suo utilizzo<br />
va razionalizzato promuovendo il risparmio idrico e l’uso plurimo di questa risorsa.<br />
Tutto questo consente, fra l’altro, di tutelare e valorizzare il territorio rurale e il paesaggio<br />
agrario.<br />
Nella nostra regione le acque sono utilizzate da secoli per molteplici scopi. La navigazione<br />
e l’irrigazione sono presenti s<strong>in</strong> dal medioevo e il loro sviluppo ha portato alla creazione<br />
di una fitta rete di rogge e canali che caratterizza fortemente molte aree del territorio<br />
lombardo. A questi usi si sono aggiunti nel secolo scorso le utilizzazioni <strong>in</strong>dustriali e<br />
ricreative, sia dei fiumi sia dei laghi e, più recentemente, l’<strong>in</strong>teresse per la tutela del delicato<br />
ambiente fluviale che <strong>in</strong> diverse zone significa anche tutela delle popolazioni rivierasche<br />
dalle esondazioni.<br />
La gestione del quotidiano conflitto tra questi usi multipli nella regolazione dei deflussi<br />
dei laghi è un tema di grande attualità sul quale occorre promuovere la concertazione<br />
di azioni condivise con l’<strong>in</strong>dividuazione di un <strong>in</strong>sieme di alternative di compromesso tra<br />
i portatori d’<strong>in</strong>teresse co<strong>in</strong>volti nella regolazione dei laghi. Questi processi richiedono la def<strong>in</strong>izione<br />
di una fase di pianificazione del sistema idrico regionale (bac<strong>in</strong>i idroelettrici<br />
dei vari bac<strong>in</strong>i imbriferi, laghi, fiumi, sistemi irrigui).<br />
È un impegno complesso che richiede anche un’attenzione particolare per la Gestione<br />
partecipata di tutti gli attori del sistema. Occorre <strong>in</strong>fatti elaborare e condividere strumenti<br />
a supporto delle scelte del Gestore competente per ogni asta fluviale <strong>in</strong>teressata sia nel decidere<br />
ogni giorno il volume da erogare nelle successive 24 ore, sia il suo riparto tra gli utenti<br />
a valle, tenendo conto delle <strong>in</strong>formazioni e/o previsioni idro-meteorologiche disponibili<br />
e dello scenario agricolo territoriale di riferimento. Non è possibile <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, pianificare la<br />
regolazione delle acque superficiali senza tener conto dell’effetto che essa <strong>in</strong>duce su quelle<br />
sotterranee. Si tratta pertanto di mettere a punto azioni di governo capaci di risolvere i<br />
conflitti tra utenti irrigui, idroelettrici, ambientali (i Parchi) e civili, nonché la complessa<br />
<strong>in</strong>terazione tra acque superficiali e sotterranee perché la gestione delle acque è vitale per<br />
l’economia del territorio.<br />
Paolo Lass<strong>in</strong>i<br />
Dirigente U.O. Sviluppo e tutela<br />
del territorio rurale e montano
Introduzione 5<br />
L’aggiornamento delle serie storiche dei dati acquisiti dalla rete agrometeorologica regionale<br />
gestita da ERSAF è un’<strong>in</strong>teressante occasione per offrire a tutti coloro che seguono le<br />
vicende dell’agricoltura lombarda alcuni elementi di riflessione sul tema acqua. Riteniamo<br />
che la raccolta dei contributi di studiosi e tecnici che operano nel settore rappresenti un<br />
osservatorio significativo per offrire, non solo un <strong>in</strong>sieme di dati e <strong>in</strong>formazioni che aiutano<br />
ad aggiornare ed estendere le conoscenze ma anche, e soprattutto, per riflettere e proporre<br />
<strong>in</strong>dicazioni utili alla gestione pratica del problema.<br />
Il tema della gestione delle risorse idriche <strong>in</strong> campo agricolo non può e non deve essere<br />
disgiunto dal più generale ragionamento sulle politiche che, a livello locale ed <strong>in</strong>ternazionale,<br />
si mettono <strong>in</strong> campo per tutelare un bene pubblico primario il cui utilizzo deve<br />
rispondere sia a logiche economiche sia ad esigenze di tutela ambientale.<br />
L’andamento delle variabili meteorologiche non può essere letto oggi semplicemente<br />
come analisi statistica delle serie disponibili ma può essere <strong>in</strong>terpretato per una valutazione<br />
dell’impatto a scala locale dei cambiamenti climatici.<br />
L’aumento della temperatura, la modificazione delle precipitazioni sia come quantità/<strong>in</strong>tensità<br />
sia come forma (pioggia, grand<strong>in</strong>e, neve), la variazione dell’umidità dell’aria e dell’<strong>in</strong>solazione,<br />
l’aumento della CO2, <strong>in</strong>fluenzano le modificazioni del rapporto fra agricoltura<br />
e ambiente e provocano effetti sulla vita animale e vegetale.<br />
Le modificazioni nella gestione della risorsa idrica <strong>in</strong>vestono tutto l’<strong>in</strong>sieme delle scienze<br />
e delle tecniche agronomiche. Diverse colture vedranno spostarsi verso nord il proprio<br />
areale di produzione; si modificheranno i meccanismi che regolano i processi di umificazione<br />
e di m<strong>in</strong>eralizzazione del terreno; cambieranno i rapporti tra parassiti, patogeni e<br />
specie coltivate con <strong>in</strong>evitabili modificazioni delle strategie di difesa delle colture, ci saranno<br />
variazioni nei fabbisogni irrigui delle coltivazioni.<br />
Le conseguenze delle variazioni climatiche comportano qu<strong>in</strong>di per il comparto agro-forestale<br />
l’adozione di strategie di adattamento che <strong>in</strong>teressano le tecniche agronomiche, la fisiologia<br />
delle piante e le scelte di programmazione economica. Le strategie di tecnica agronomica<br />
riguardano l’<strong>in</strong>dividuazione di cultivar e varietà coltivate che si adattano alle nuove<br />
condizioni ambientali, cambiamenti nelle pratiche agronomiche (tipo e modalità di distribuzione<br />
di fertilizzanti e antiparassitari), tecniche più efficaci per conservare l’umidità del suolo<br />
e gestire l’irrigazione. Le strategie di gestione aziendale riguardano il cambio d’uso del suolo,<br />
la sostituzione delle specie coltivate e le modifiche del microclima delle colture.<br />
L’agricoltura lombarda deve qu<strong>in</strong>di sviluppare ricerche, <strong>in</strong>novazione tecnica e sperimentazioni<br />
<strong>in</strong> direzione della sostenibilità delle coltivazioni.<br />
Antonio Tagliaferri<br />
Dirigente Struttura Programmazione,<br />
Comunicazione e Innovazione - ERSAF
Lorenzo Craveri<br />
Il contesto regionale<br />
ERSAF - Struttura Programmazione, Comunicazione, Innovazione<br />
Via Copernico, 38 - 20136 MILANO<br />
Tel 02.67.40.46.73<br />
e-mail: lorenzo.craveri@ersaf.lombardia.it<br />
www.ersaf.lombardia.it
Lorenzo Craveri<br />
Il contesto regionale 9<br />
Abstract<br />
Per meglio comprendere quelle che sono le problematiche agrometeorologiche<br />
tipiche di una grande regione del Nord Italia come la Lombardia è necessario<br />
<strong>in</strong>quadrare le pr<strong>in</strong>cipali caratteristiche topografiche, meteorologiche e climatiche<br />
del territorio. In questa breve rassegna <strong>in</strong>quadreremo assieme le pr<strong>in</strong>cipali<br />
caratteristiche geografiche del territorio lombardo, che come sappiamo è rappresentato<br />
da vaste aree di pianura che occupano circa il 47% del territorio, ma non dimenticheremo<br />
la rilevanza del territorio montagnoso che da parte sua si estende su circa<br />
il 40% della Lombardia. Fondamentale sarà poi analizzare le pr<strong>in</strong>cipali caratteristiche<br />
del clima Lombardo e dei suoi mesoclimi – padano, <strong>in</strong>subrico ed urbano – per capire<br />
quelle che sono le ricadute sulle attività agricole.<br />
Il contesto geografico<br />
Il territorio lombardo si estende dallo spartiacque alp<strong>in</strong>o al Po, e dall’all<strong>in</strong>eamento dei fiumi<br />
con i laghi prealp<strong>in</strong>i Verbano-Tic<strong>in</strong>o a quello Benaco-M<strong>in</strong>cio. I conf<strong>in</strong>i della circoscrizione<br />
amm<strong>in</strong>istrativa, però, sono assai meno regolari. A sud-ovest la Lombardìa comprende<br />
la Lomell<strong>in</strong>a, alla destra del Tic<strong>in</strong>o, e l’Oltrepò Pavese, a sud del Po; a sud-est, <strong>in</strong> prov<strong>in</strong>cia<br />
di Mantova, due fasce pianeggianti alla destra del Po e alla s<strong>in</strong>istra del M<strong>in</strong>cio; a nordest<br />
ne sono escluse le Valli Giudicarie. Ancor più irregolare e frutto di complesse vicende<br />
storiche è il conf<strong>in</strong>e settentrionale con la Svizzera, che lascia a quel Paese il territorio<br />
del Canton Tic<strong>in</strong>o; più a est il conf<strong>in</strong>e segue la l<strong>in</strong>ea spartiacque, lasciando però <strong>in</strong> territorio<br />
elvetico l’alta Val Bregaglia e la Val di Poschiavo, tributarie del Po tramite l’Adda, e<br />
comprendendo <strong>in</strong> territorio lombardo le valli di Lei e di Livigno, che tributano rispettivamente<br />
al Mare del Nord tramite il Reno e al Mar Nero tramite i corsi dell’Inn e del Danubio.<br />
La struttura morfologica del territorio è alquanto semplice nelle sue grandi l<strong>in</strong>ee: a<br />
nord si eleva una fascia di alti rilievi montuosi, a cui succede a sud un’ampia fascia pianeggiante,<br />
che costituisce buona parte della sezione centrale della Padania. Un sistema<br />
di solchi vallivi longitud<strong>in</strong>ali alla disposizione della catena alp<strong>in</strong>a (Val di Corteno, media<br />
e bassa Valtell<strong>in</strong>a) separa i rilievi delle Alpi a nord da quelli prealp<strong>in</strong>i a sud. Rientrano nei<br />
limiti amm<strong>in</strong>istrativi della Lombardìa solo una parte piuttosto esigua delle Alpi Lepont<strong>in</strong>e<br />
e un settore assai più esteso delle Alpi Retiche. Della fascia prealp<strong>in</strong>a fanno parte i rilievi<br />
della regione compresa tra i laghi Maggiore e di Como e specialmente la catena delle<br />
Alpi Orobie, profondamente <strong>in</strong>cise da lunghe valli trasversali (Valsass<strong>in</strong>a, Brembana, Seriana,<br />
Camonica, Trompia, Sabbia). Ai piedi dei rilievi prealp<strong>in</strong>i succede verso sud un sistema<br />
irregolare di basse e regolari ondulazioni moreniche. Graduale e spesso <strong>in</strong>avvertito<br />
è il passaggio dalla fascia coll<strong>in</strong>are all’alta pianura lombarda, costituita da materiali <strong>in</strong>coerenti<br />
e permeabili e <strong>in</strong>cisa profondamente dai solchi vallivi dei fiumi che scendono<br />
dalle Prealpi. Ancor più graduale è il passaggio alla bassa pianura impermeabile e ben ir-
10 Il contesto regionale Lorenzo Craveri<br />
rigata, segnato dalla fascia dei fontanili o risorgive. Per quello che riguarda l’idrografia se<br />
si escludono le valli di Lei e di Livigno, l’<strong>in</strong>tero territorio lombardo convoglia le sue acque<br />
al Po , che segna buona parte del conf<strong>in</strong>e amm<strong>in</strong>istrativo meridionale. Al Po scendono<br />
da s<strong>in</strong>istra i fiumi Tic<strong>in</strong>o, Lambro, Adda, Oglio e M<strong>in</strong>cio , da destra i torrenti Scrivia e<br />
Staffora e il fiume Secchia. I pr<strong>in</strong>cipali fiumi alp<strong>in</strong>i, e cioè il Tic<strong>in</strong>o, l’Adda, l’Oglio e <strong>in</strong>oltre<br />
il M<strong>in</strong>cio, immissario del Lago di Garda con il nome di Sarca, scendono dalle Alpi lungo<br />
tronchi vallivi longitud<strong>in</strong>ali e trasversali al sistema alp<strong>in</strong>o, alimentano i vasti bac<strong>in</strong>i lacustri<br />
prealp<strong>in</strong>i (rispettivamente il Lago Maggiore, il Lago di Como, il Lago d’Iseo e il Lago<br />
di Garda), che ne regolano il regime idrico, e attraversano <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e la pianura con un corso<br />
orientato a sud-est.<br />
Gli aspetti agrometeorologici del clima Lombardo<br />
Sul clima delle aree coltivate lombarde agisce anzitutto la latitud<strong>in</strong>e (la regione è posta a<br />
metà strada fra il polo e l’equatore) e la localizzazione geografica, che vede la vic<strong>in</strong>anza<br />
del Mar Mediterraneo, che <strong>in</strong> tutte le stagioni è fonte di aria caldo - umida, dell’Oceano<br />
Atlantico, fonte di aria umida e mite, del Cont<strong>in</strong>ente Eurasiatico, che <strong>in</strong> <strong>in</strong>verno è fonte di<br />
masse d’aria molto fredda ed asciutta, dell’area artica, fonte di masse d’aria fredda e del<br />
cont<strong>in</strong>ente africano, fonte di aria molto calda che, orig<strong>in</strong>ariamente asciutta, si umidifica durante<br />
il transito sul Mediterraneo.<br />
A tali elementi primari si associano i caratteri della copertura del suolo (tipo di copertura,<br />
vegetazione naturale o coltivata, ecc.) ed i caratteri della superficie (giacitura, pendenza,<br />
esposizione, altitud<strong>in</strong>e), cooperando a determ<strong>in</strong>are il clima alle diverse scale, dalla<br />
macroscala al clima locale ed al microclima. L’azione sul clima degli elementi sopra descritti<br />
è mediata dalla circolazione atmosferica, la cui relazione con le grandezze meteo -<br />
climatiche al suolo è oggetto di studio da parte della climatologia d<strong>in</strong>amica. È sufficiente<br />
osservare le carte meteorologiche dell’area europea per rendersi conto che le diverse scale<br />
spaziali ci regalano una varietà assai elevata di strutture. Ad esempio alla macroscala le<br />
medie latitud<strong>in</strong>i vedono la presenza di grandi strutture circolatorie quali gli anticicloni subtropicali<br />
(es: anticiclone delle Azzorre) le depressioni delle alte latitud<strong>in</strong>i (es. depressione<br />
d’Islanda) e le grandi correnti occidentali, mentre a scala locale troviamo, come elemento<br />
più caratteristico, le brezze.<br />
Per gli aspetti circolatori si deve osservare<br />
che la Valpadana è a tutti gli effetti<br />
un enorme cat<strong>in</strong>o, delimitato da Alpi ed<br />
Appenn<strong>in</strong>i e con un’unica grande apertura<br />
verso est. Nel suo <strong>in</strong>sieme tale conformazione<br />
la espone, ad esempio, alle irruzioni<br />
di aria fredda eurasiatica <strong>in</strong> <strong>in</strong>verno, piuttosto<br />
che all’<strong>in</strong>gresso di aria umida adriatica<br />
nelle fasi perturbate, mentre a livello locale<br />
ed <strong>in</strong> condizioni di stabilità assumo-<br />
Figura 1 - Le precipitazioni medie sulla pianura<br />
lombarda - periodo 1976-2000
Lorenzo Craveri<br />
Il contesto regionale 11<br />
no importanza i drenaggi notturni di aria fredda che dalle montagne scivolano verso valle,<br />
piuttosto che la risalita diurna lungo le pendici di masse d’aria più calde. Da notare poi<br />
che le alte montagne che <strong>in</strong>corniciano il bac<strong>in</strong>o padano impediscono la miscelazione delle<br />
masse d’aria che stazionano al suo <strong>in</strong>terno con quelle delle aree al contorno; a prova<br />
di ciò si potrebbero osservare la sensibile differenza delle temperature <strong>in</strong>vernali fra le stazioni<br />
padane e quelle della vic<strong>in</strong>a riviera ligure (secondo i dati del Servizio Meteorologico<br />
dell’Aeronautica nel trentennio 1961-1990, che possiamo comunque ritenere <strong>in</strong>dicativi<br />
anche della realtà attuale, la temperatura media massima della prima decade di gennaio<br />
è di 4.1 °C a Milano L<strong>in</strong>ate e di 10.7 °C a Genova).<br />
A ciò si aggiunga l’effetto climatico dei laghi prealp<strong>in</strong>i, sufficiente a delimitare nel mesoclima<br />
padano un ambito separato <strong>in</strong>dicato come “mesoclima <strong>in</strong>subrico”. Ai solchi dei laghi<br />
sono poi <strong>in</strong> gran parte collegate le grandi <strong>in</strong>cisioni vallive alp<strong>in</strong>e e prealp<strong>in</strong>e, che presentano<br />
<strong>in</strong> prevalenza direzione nord - sud (Valle del Tic<strong>in</strong>o, Valchiavenna, Valcamonica,<br />
Valli Bergamasche) con la notevole eccezione, come precedentemente accennato, della<br />
Valtell<strong>in</strong>a, che ha direzione est - ovest. A queste peculiarità morfologiche del territorio sono<br />
associati alcuni caratteristici effetti sulle traiettorie delle masse d’aria.<br />
Presc<strong>in</strong>dendo dall’attività temporalesca estiva, spesso associata a campi di pressione<br />
a debole gradiente, le pr<strong>in</strong>cipali strutture meteorologiche responsabili delle situazioni di<br />
tempo perturbato sull’area padana sono le depressioni atlantiche, le depressioni secondarie<br />
(meteorologicamente def<strong>in</strong>ite come m<strong>in</strong>imi di cut-off) che si formano <strong>in</strong> co<strong>in</strong>cidenza<br />
con il transito delle depressioni atlantiche e le depressioni mediterranee isolate.<br />
In particolare il maggior contributo alle precipitazioni padane deriva da condizioni di<br />
flusso perturbato meridionale, di norma associate a depressioni atlantiche <strong>in</strong> moto verso<br />
est. In tali condizioni è relativamente frequente assistere alla formazione di depressioni<br />
secondarie sottovento alle Alpi, nella zona del Golfo di Genova. Tali strutture esercitano<br />
un caratteristico effetto volano, determ<strong>in</strong>ando una più lunga persistenza delle condizioni<br />
di tempo perturbato sull’area padana; <strong>in</strong>fatti la traiettoria di tali m<strong>in</strong>imi, di norma<br />
da ovest verso est, fa si che essi transit<strong>in</strong>o sulla Pianura Padana, determ<strong>in</strong>ando l’acutizzarsi<br />
delle condizioni di <strong>in</strong>stabilità prima di esaurirsi <strong>in</strong> Adriatico.<br />
Un certo effetto sul quadro precipitativo dell’area è poi legato alle depressioni isolate<br />
che si orig<strong>in</strong>ano sul Mediterraneo <strong>in</strong> seguito ad irruzioni di aria polare marittima (es:<br />
depressioni africane), aria polare cont<strong>in</strong>entale (es: depressioni balcaniche) o aria artica.<br />
Tutte le situazioni perturbate sopra descritte sono particolarmente frequenti nei periodi<br />
autunnale e primaverile, che per l’area padana sono quelli più favorevoli alle precipitazioni.<br />
I mesoclimi della Lombardia<br />
Analizziamo ora i mesoclimi che <strong>in</strong>teressano il territorio della regione Lombardia, aggiungendo<br />
ad essi, il cosiddetto “clima urbano” visto il peso sempre maggiore dell’urbanizzazione<br />
e dell’antropizzazione del territorio sui caratteri del clima.<br />
Il mesoclima padano<br />
In pianura i campi meteorologici medi ed <strong>in</strong> particolare quelli della temperature e delle<br />
precipitazioni variano con relativa gradualità. In particolare le temperature medie annue
12 Il contesto regionale Lorenzo Craveri<br />
sono assai uniformi e presentano valori compresi fra 12° e 14°C mentre la piovosità media<br />
annua risulta gradatamente crescente dal basso mantovano verso nordovest, f<strong>in</strong>o a<br />
massimi precipitativi della zona dei laghi prealp<strong>in</strong>i. Sempre secondo la climatologia citata,<br />
dai circa 1600-2000 mm annui dell’alta pianura occidentale si raggiungono i 600-700 mm<br />
nel basso mantovano.<br />
Colpisce <strong>in</strong> particolare la relativa regolarità di variazione delle precipitazioni medie annue<br />
del territorio a fronte della distribuzione spesso assai irregolare della pioggia nei s<strong>in</strong>goli<br />
eventi, specie <strong>in</strong> quelli temporaleschi. Tale fenomeno è una dimostrazione di come gli<br />
elementi della circolazione agiscano sui fattori (struttura del rilievo, sorgenti di umidità e<br />
di aria calda e fredda, ecc.) che determ<strong>in</strong>ano la distribuzione delle precipitazioni sull’area,<br />
producendo di fatto un’armonizzazione che risulta provvidenziale per l’<strong>in</strong>tero ecosistema.<br />
Il clima della fascia pianeggiante della Lombardia viene classificato come mesoclima<br />
padano, che è un clima di transizione fra il clima mediterraneo e quello Europeo e che si<br />
caratterizza per <strong>in</strong>verni rigidi ed estati relativamente calde, elevata umidità, specie nelle<br />
zone con più ricca idrografia, nebbie frequenti specie <strong>in</strong> <strong>in</strong>verno, piogge piuttosto limitate<br />
ma relativamente ben distribuite durante tutto l’anno, ventosità ridotta e frequenti episodi<br />
temporaleschi estivi.<br />
La distribuzione delle precipitazioni nell’area padana nel corso dell’anno mostra due<br />
massimi, uno pr<strong>in</strong>cipale <strong>in</strong> autunno (<strong>in</strong>torno a ottobre) ed uno secondario <strong>in</strong> primavera<br />
(<strong>in</strong>torno a maggio).<br />
La ventosità è di norma ridotta e frequenti sono le calme di vento. Una sensibile accentuazione<br />
del vento si registra tuttavia <strong>in</strong> co<strong>in</strong>cidenza con gli episodi di foehn alp<strong>in</strong>o mentre<br />
venti moderati o forti dai quadranti orientali si registrano nelle fasi di tempo fortemente<br />
perturbato. Isolati r<strong>in</strong>forzi del vento si hanno <strong>in</strong>oltre <strong>in</strong> occasione dei temporali.<br />
Il mesoclima <strong>in</strong>subrico (il clima dei laghi)<br />
Il clima della regione dei laghi (mesoclima <strong>in</strong>subrico) si caratterizza per l’azione delle<br />
masse d’acqua dei laghi <strong>in</strong> grado di contenere gli abbassamenti termici <strong>in</strong>vernali (la zona<br />
ha <strong>in</strong> media circa 2°C <strong>in</strong> più rispetto all’area padana, con un ridotto numero di giorni<br />
di gelo) e mitiga la calura estiva (la zona è <strong>in</strong> media 1-2°C più fresca di quella padana).<br />
Ciò si traduce <strong>in</strong> escursioni termiche annue dell’ord<strong>in</strong>e dei 20°C contro i 25°C della<br />
pianura.<br />
Da evidenziare <strong>in</strong>oltre il comportamento termico autunnale dell’area dei laghi che risulta<br />
diversificato <strong>in</strong> quanto le zone del lago Maggiore e di Lugano risultano più fresche di<br />
quelle padane mentre la zona del lago di Garda presenta <strong>in</strong> genere temperature più elevate.<br />
L’area dei laghi presenta una notevole abbondanza di precipitazioni, attribuibile <strong>in</strong><br />
particolare all’orografia anche se non è trascurabile l’effetto delle masse idriche lacustri<br />
che umidificando i bassi strati possono ad esempio favorire l’<strong>in</strong>nesco di fenomeni temporaleschi.<br />
I laghi occidentali (Maggiore, Como ed Iseo) presentano un massimo precipitativo<br />
estivo (giugno - luglio) ed uno autunnale molto simili fra loro mentre il lago di Garda<br />
presenta un massimo pr<strong>in</strong>cipale autunnale ed uno secondario primaverile - estivo (maggio<br />
- giugno).<br />
Altri elementi caratteristici della zona dei laghi sono la scarsità delle nebbie e le presenza<br />
di venti locali caratteristici (brezze di lago).
Lorenzo Craveri<br />
Il contesto regionale 13<br />
Il clima urbano<br />
In una regione fortemente antropizzata ed urbanizzata come la Lombardia un ruolo sempre<br />
più rilevante è occupato dal clima urbano. Le aree urbane sono caratterizzate da temperature<br />
sensibilmente superiori a quelle delle aree rurali circostanti (“isola di calore”) ed<br />
alterati sono anche i livelli di precipitazioni, di umidità relativa, di vento e radiazione solare.<br />
Il clima urbano trae orig<strong>in</strong>e dall’<strong>in</strong>terazione di una vasta e complessa serie di fattori,<br />
fra cui un ruolo primario hanno le emissioni di calore, la mancanza di aree verdi, umidità<br />
e polveri collegate alle attività dell’uomo. In Lombardia l’isola di calore più consistente<br />
è quella di Milano, come attesta il fatto che <strong>in</strong> <strong>in</strong>verno, con condizioni di tempo stabile<br />
e cielo sereno, le temperature m<strong>in</strong>ime notturne del centro città risultano ormai di 4-6°C<br />
al di sopra di quelle registrate nel aree rurali limitrofe. Anche nelle altre stagioni è riscontrabile<br />
questo fenomeno, ma con scarti nelle temperature m<strong>in</strong>ori.
Maurizio Maugeri<br />
Variabilità e cambiamenti climatici<br />
nel corso degli ultimi due secoli:<br />
evidenze osservative e problemi aperti<br />
Istituto di Fisica Generale Applicata<br />
Università degli Studi di Milano<br />
via Brera, 28 – 20121 Milano<br />
e-mail: maurizio.maugeri@unimi.it
Maurizio Maugeri<br />
Clima: variabilità e cambiamenti 17<br />
Abstract<br />
Viene presentato un quadro s<strong>in</strong>tetico della variabilità e dei cambiamenti<br />
climatici occorsi <strong>in</strong> Italia negli ultimi due secoli, sulla base degli andamenti evidenziati<br />
da un nuovo database di serie secolari di dati termometrici e pluviometrici<br />
relativi a circa 100 stazioni di osservazione. Queste serie sono state soggette ad un dettagliato<br />
controllo di qualità e sottoposte ad un’estensiva omogeneizzazione; le serie<br />
omogeneizzate sono qu<strong>in</strong>di state utilizzate per ricavare serie medie relative alle pr<strong>in</strong>cipali<br />
aree climatiche del nostro Paese. Tali serie evidenziano come <strong>in</strong> Italia, nel corso<br />
degli ultimi 150-200 anni, la temperatura dell’aria sia cresciuta di circa 1 °C per<br />
secolo. Contemporaneamente si è osservato un decremento delle precipitazioni, anche<br />
se di lieve entità e spesso poco significativo dal punto di vista statistico. Viene anche presentata<br />
una breve discussione sui limiti dei dati attualmente disponibili nel contesto<br />
della valutazione dell’impatto a scala locale dei cambiamenti climatici e vengono elencati<br />
alcuni punti oggetto di attività di ricerca nell’ambito di attuali progetti relativi alla<br />
Regione Lombardia.<br />
Introduzione<br />
L’esigenza di capire <strong>in</strong> quale misura le modulazioni di temperatura osservate nel corso<br />
del XX secolo siano da ricondurre a cause di natura antropica, ha <strong>in</strong>dotto la comunità<br />
scientifica ad <strong>in</strong>dirizzare ampi sforzi verso lo studio dei processi che regolano il clima<br />
del nostro Pianeta. Nel loro complesso le ricerche condotte hanno evidenziato come il<br />
miglioramento della nostra capacità di comprendere l’evoluzione del clima della Terra<br />
richieda lo sviluppo di nuovi modelli nonché l’utilizzo di risorse di calcolo e di metodi<br />
numerici sempre più avanzati. Tuttavia, risulta forse di importanza ancora maggiore lo<br />
sviluppo delle osservazioni, <strong>in</strong> quanto solo la m<strong>in</strong>uziosa osservazione di ciò che accade<br />
nel presente e di ciò che è accaduto nel passato nei diversi comparti del sistema Terra,<br />
può consentirci di capire quali sono i processi e le <strong>in</strong>terazioni fondamentali da considerare<br />
ai f<strong>in</strong>i di una corretta comprensione dell’evoluzione delle condizioni dell’atmosfera.<br />
In questo ambito gioca un ruolo di assoluto rilievo l’enorme patrimonio di dati e<br />
di <strong>in</strong>formazioni che si è accumulato grazie alle osservazioni meteorologiche che vengono<br />
condotte quotidianamente <strong>in</strong> tutto il Pianeta e che <strong>in</strong> molti siti hanno ormai una tradizioni<br />
ultra secolare.<br />
Nel quadro del precedente contesto generale, un gruppo di lavoro, costituito da ricercatori<br />
dell’Istituto di Fisica Generale Applicata, dell’Istituto per le Scienze dell’Atmosfera<br />
e del Clima (ISAC), dell’Osservatorio Astronomico di Brera e dell’Ufficio Centrale di Ecologia<br />
Agraria (UCEA), ha avviato, nella seconda metà degli anni ‘90, un ampio programma<br />
di ricerche per il recupero, l’omogeneizzazione e l’analisi delle lunghe serie storiche<br />
italiane di dati meteorologici.
18 Clima: variabilità e cambiamenti Maurizio Maugeri<br />
Omogeneizzazione dei dati e calcolo di serie medie regionali<br />
Come già visto nell’<strong>in</strong>troduzione, nel corso degli ultimi dieci anni è stato sviluppato un ampio<br />
programma di ricerche per il recupero, la revisione critica e l’omogeneizzazione di<br />
una significativa frazione dell’enorme patrimonio di serie storiche osservative di cui il nostro<br />
Paese dispone.<br />
Uno dei pr<strong>in</strong>cipali risultati che l’analisi di questi dati ha messo <strong>in</strong> evidenza è costituito<br />
dal fatto che le serie, qualora non trattate con il dovuto senso critico, spesso non sono<br />
<strong>in</strong> grado di fornire <strong>in</strong>formazioni utili per la ricostruzione del clima. Ciò è dovuto al fatto<br />
che esse possono contenere disomogeneità ed errori dello stesso ord<strong>in</strong>e di grandezza, o<br />
talora addirittura maggiori, dei segnali a lungo term<strong>in</strong>e che le analisi si propongono di<br />
evidenziare. A questo problema, comune peraltro a tutte le lunghe serie di dati osservativi,<br />
si è risposto con l’applicazione di una serie di metodologie volte a correggere le serie<br />
al f<strong>in</strong>e di renderle omogenee.<br />
Tuttavia, per quanto quest’attività abbia avuto un ruolo assolutamente essenziale e per<br />
quanto essa abbia <strong>in</strong>fluenzato profondamente i risultati delle successive analisi, riteniamo<br />
che <strong>in</strong> un testo con carattere prevalentemente divulgativo come il presente sia più opportuno<br />
focalizzare l’attenzione sull’evoluzione temporale delle serie omogeneizzate e sui relativi<br />
trend a lungo term<strong>in</strong>e. Rimandiamo pertanto i lettori <strong>in</strong>teressati ai dettagli relativi alla<br />
fase di acquisizione, revisione critica ed omogeneizzazione delle serie ad altri nostri lavori<br />
come Brunetti et al. (2005) e Maugeri et al. (2005).<br />
Le metodologie di omogeneizzazione, per quanto assolutamente <strong>in</strong>dispensabili, non<br />
sono purtroppo <strong>in</strong> grado di risolvere tutti i problemi ed è frequente che anche le serie corrette<br />
contengano ancora qualche piccola disomogeneità. Un ulteriore aspetto problematico<br />
di queste tecniche è che esse tolgono talora alle serie osservative il loro carattere “locale”<br />
<strong>in</strong> quanto <strong>in</strong>troducono, attraverso le correzioni, andamenti tipici delle osservazioni<br />
delle stazioni circostanti. Essendo la versione f<strong>in</strong>ale del nostro dataset costituita da molte<br />
serie omogeneizzate, <strong>in</strong> sede di analisi dei dati si è qu<strong>in</strong>di ritenuto più opportuno, anziché<br />
considerare le serie delle s<strong>in</strong>gole stazioni, prendere <strong>in</strong> esame serie medie di varie aree<br />
climatiche del nostro Paese. Queste serie regionali s<strong>in</strong>tetizzano le <strong>in</strong>formazioni delle serie<br />
delle s<strong>in</strong>gole stazioni, fornendo un segnale climatico più stabile e meno soggetto agli<br />
errori casuali che le serie osservative <strong>in</strong>evitabilmente contengono, anche se soggette alle<br />
più sofisticate tecniche di omogeneizzazione. Esse permettono pertanto di ottimizzare il<br />
rapporto segnale/rumore, rendendo più agevole lo studio della variabilità dei cambiamenti<br />
climatici e consentendo più accurate stime dei trend a lungo term<strong>in</strong>e.<br />
Il primo passo per la costruzione di tali serie medie regionali consiste nel def<strong>in</strong>ire regioni<br />
climatiche omogenee, procedimento fondamentale soprattutto per un territorio orograficamente<br />
assai complesso come quello italiano. Queste regioni devono essere costruite<br />
<strong>in</strong> modo da soddisfare due requisiti fondamentali. Il primo è quello di <strong>in</strong>cludere nella<br />
medesima regione stazioni che si ritiene abbiano le stesse caratteristiche climatiche, il secondo<br />
è quello di ottimizzare la rilevabilità degli andamenti climatici attraverso la presenza<br />
di un numero sufficientemente alto di stazioni per ogni regione, m<strong>in</strong>imizzando così<br />
l’<strong>in</strong>fluenza degli errori che rimangono comunque presenti nelle serie delle s<strong>in</strong>gole stazioni,<br />
anche dopo l’applicazione dei metodi di omogeneizzazione.<br />
La metodologia che si è scelta per meglio soddisfare questi due requisiti è stata l’Ana-
Maurizio Maugeri<br />
Clima: variabilità e cambiamenti 19<br />
lisi delle Componenti Pr<strong>in</strong>cipali (PCA o Pr<strong>in</strong>cipal Component Analysis). Per maggiori dettagli<br />
sulla classificazione delle stazioni si rimanda a Brunetti et al. (2005) e Maugeri et al.<br />
(2005); qui si segnala solo che le<br />
regioni climatiche <strong>in</strong>dividuate per<br />
lo studio della temperatura sono<br />
risultate 3 (Figura 1A), mentre per<br />
le precipitazioni, a causa della m<strong>in</strong>ore<br />
coerenza spaziale di questa<br />
variabile, è stato necessario ripartire<br />
il territorio del nostro Paese <strong>in</strong><br />
un numero doppio di aree (Figura<br />
1B). Per quanto riguarda la<br />
temperatura, il territorio della Regione<br />
Lombardia rientra qu<strong>in</strong>di<br />
<strong>in</strong> parte nella regione AL (parte<br />
alp<strong>in</strong>a e prealp<strong>in</strong>a) e <strong>in</strong> parte <strong>in</strong><br />
quelle PP (parte padana); per<br />
quanto riguarda le precipitazioni,<br />
<strong>in</strong>vece, la nostra Regione si ripartisce<br />
tra il Nord Ovest (NW),<br />
la parte settentrionale del Nord<br />
Est (NEN) e la parte meridionale<br />
del Nord Est (NES).<br />
Una volta <strong>in</strong>dividuate le regioni<br />
geografiche <strong>in</strong> cui ripartire<br />
le stazioni, si sono calcolate serie<br />
medie regionali per tutte le<br />
aree evidenziate. Esse sono state<br />
ricavate mediante la seguente metodologia:<br />
<strong>in</strong>nanzitutto, per ogni<br />
stazione, si sono calcolati i valori<br />
normali annuali e stagionali relativamente<br />
al periodo 1961-1990;<br />
qu<strong>in</strong>di si sono espressi i dati <strong>in</strong><br />
term<strong>in</strong>i di anomalie rispetto a tali<br />
valori, ottenendo così serie stagionali<br />
ed annuali che <strong>in</strong>dicano<br />
quanto ogni s<strong>in</strong>golo dato si discosti<br />
da quello che si registra<br />
normalmente nell’anno o nella<br />
Figura 1 - Regioni <strong>in</strong>dividuate dalla PCA applicata A) alle serie<br />
termometriche e B) a quelle pluviometriche. Per maggiori dettagli<br />
si rimanda a Brunetti et al. (2005) e Maugeri et al. (2005)<br />
stagione considerata; <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e si è<br />
operata una semplice media aritmetica<br />
tra le serie di tutte le stazioni<br />
appartenenti ad ognuna del-
20 Clima: variabilità e cambiamenti Maurizio Maugeri<br />
le aree identificate, a patto che fossero disponibili i dati di almeno tre stazioni.<br />
Il pregio fondamentale dell’utilizzo delle anomalie <strong>in</strong> luogo dei valori assoluti consiste<br />
nel fatto che le serie medie così ottenute non vengono ad essere <strong>in</strong>fluenzate <strong>in</strong> modo<br />
critico dalla presenza di eventuali valori mancanti e dalla presenza di serie di lunghezze<br />
differenti.<br />
Andamenti osservati e trend<br />
La figura 2 mostra l’evoluzione della temperatura media nel corso degli ultimi due secoli<br />
osservata per le regioni AL e PP. Essa evidenzia come i valori si mantengono piuttosto<br />
bassi f<strong>in</strong>o a prima del 1860, con<br />
il 1816 identificabile come l’anno<br />
più freddo dell’<strong>in</strong>tero periodo<br />
1803-2003.<br />
Successivamente si nota<br />
una tendenza graduale verso valori<br />
via via più alti il cui contributo<br />
maggiore proviene dagli<br />
anni ‘60 e ‘90 del XIX secolo e<br />
dagli anni ‘20 e ‘40 del XX secolo.<br />
Dopo il massimo relativo raggiunto<br />
<strong>in</strong>torno al 1950 (il più rilevante<br />
dell’<strong>in</strong>tera serie, se si eccettuano<br />
gli ultimi due decenni)<br />
si ha un andamento stazionario<br />
f<strong>in</strong>o agli anni ‘70, seguito<br />
da un nuovo periodo di forte<br />
crescita che culm<strong>in</strong>a nell’anno<br />
2003, il più caldo dell’<strong>in</strong>tera serie.<br />
È anche <strong>in</strong>teressante osservare<br />
come l’analisi delle serie<br />
stagionali mostri differenze significative<br />
tra le diverse stagioni.<br />
In particolare, il forte riscaldamento<br />
che ha caratterizzato<br />
gli ultimi due decenni è evidente<br />
<strong>in</strong> primavera ed estate, ma<br />
non <strong>in</strong> autunno ed <strong>in</strong>verno, stagioni<br />
nelle quali il trend recente<br />
è meno ripido. Anche il mas-<br />
Figura 2 - Medie annuali delle anomalie delle temperature medie<br />
per le regioni AL e PP. Per una più efficace visualizzazione degli<br />
andamenti a lungo term<strong>in</strong>e, essi sono stati filtrati mediante un<br />
filtro gaussiano passa basso. Per maggiori dettagli e per i grafici<br />
stagionali si rimanda a Maugeri et al. (2005)<br />
simo relativo riscontrato nella<br />
serie annuale <strong>in</strong>torno al 1950 è<br />
pr<strong>in</strong>cipalmente dovuto alla stagione<br />
estiva e a quella primaverile,<br />
nelle quali <strong>in</strong> questo pe-
Maurizio Maugeri<br />
Clima: variabilità e cambiamenti 21<br />
riodo si sono avute temperature confrontabili con quelle degli anni ‘90. È anche <strong>in</strong>teressante<br />
notare che i due estremi della serie, ossia i valori del 1816 e del 2003, sono pr<strong>in</strong>cipalmente<br />
legati alla stagione estiva; essi corrispondono <strong>in</strong>fatti a due eventi ben noti ed ampiamente<br />
studiati, ossia la prolungata ondata di calore del 2003 e l’estate fredda dell’anno<br />
1816, noto anche come “anno senza estate”; esso seguì un periodo di quattro anni segnato<br />
da forti eruzioni vulcaniche, la più violenta delle quali fu quella del vulcano <strong>in</strong>donesiano<br />
Tambora nell’Aprile 1815. Si calcola che essa abbia sollevato tra i 150 e i 180 km 3<br />
di materiale <strong>in</strong> atmosfera (per un confronto, basti pensare che l’impressionante eruzione<br />
del vulcano Krakatoa del 1883 espulse <strong>in</strong> atmosfera “solo” circa 20 km 3 di materiale).<br />
La figura 3 mostra l’evoluzione<br />
delle precipitazioni<br />
nel corso degli ultimi due secoli<br />
osservata per le regioni<br />
NW, NEN e NES. Essa mostra<br />
una sequenza di massimi e<br />
m<strong>in</strong>imi relativi senza alcuna<br />
tendenza evidente né verso<br />
un <strong>in</strong>cremento né verso una<br />
dim<strong>in</strong>uzione. I valori più alti<br />
si sono raggiunti attorno al<br />
1800, tra gli anni ‘40 e gli anni<br />
‘50 del XIX secolo, <strong>in</strong>torno<br />
al 1900, al 1960 ed al<br />
Figura 3 - Serie annuali delle precipitazioni relative alle tre regioni<br />
NW, NEN e NES.<br />
Il periodo coperto varia da area ad area. I dati sono espressi <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di<br />
rapporti rispetto ai valori medi del periodo 1961-1990. Per una più efficace<br />
visualizzazione degli andamenti a lungo term<strong>in</strong>e, essi sono stati filtrati<br />
mediante un filtro gaussiano passa basso. Per maggiori dettagli e per i grafici<br />
stagionali si rimanda a Maugeri et al. (2005)<br />
1980. I periodi più secchi si<br />
sono riscontrati <strong>in</strong>torno al<br />
1990 e negli anni ‘20 e ‘40<br />
del XX secolo, mentre altri<br />
m<strong>in</strong>imi relativi di m<strong>in</strong>ore entità<br />
si sono avuti tra gli anni<br />
‘20 e gli anni ‘30 del XIX secolo<br />
ed <strong>in</strong>torno al 1860. A li-<br />
vello stagionale, pur accanto ad alcune analogie, sia nel comportamento a lungo term<strong>in</strong>e<br />
sia nella variabilità ad alta frequenza, esistono molte differenze, soprattutto nella collocazione<br />
dei periodi contraddist<strong>in</strong>ti dai m<strong>in</strong>imi e massimi.<br />
Uno degli obiettivi fondamentali della ricerca climatologica consiste nel verificare se<br />
le serie osservative mostr<strong>in</strong>o segnali significativamente differenti da quelli che possono<br />
essere <strong>in</strong>dotti da fattori puramente casuali, come la variabilità <strong>in</strong>terannuale (segnali di questo<br />
tipo vengono considerati statisticamente significativi). I più <strong>in</strong>teressanti tra questi segnali<br />
sono ovviamente quelli che possono dare <strong>in</strong>dicazioni <strong>in</strong> merito ad eventuali variazioni<br />
a lungo term<strong>in</strong>e e ad eventuali trend. Per quanto riguarda le temperature, <strong>in</strong> particolare<br />
si osserva una crescita piuttosto uniforme nelle diverse regioni climatiche italiane,<br />
con un trend dell’ord<strong>in</strong>e di 1 grado per secolo. Anche su base stagionale la situazione è<br />
piuttosto omogenea e non si ev<strong>in</strong>cono differenze significative, né tra le diverse regioni né<br />
tra stagione e stagione, essendo tutti i trend pressoché uguali tra loro e ricadendo le even-
22 Clima: variabilità e cambiamenti Maurizio Maugeri<br />
tuali differenze ampiamente entro i limiti dell’<strong>in</strong>certezza statistica. Per quanto riguarda le<br />
precipitazioni, <strong>in</strong>vece, i trend sono generalmente negativi, anche se solo di lieve entità e<br />
raramente significativi dal punto di vista statistico. Per maggiori dettagli si rimanda a Brunetti<br />
et al. (2005) e Maugeri et al. (2005).<br />
È anche <strong>in</strong>teressante segnalare come il nuovo dataset assemblato dal nostro gruppo di<br />
ricerca sia stato anche utilizzato per verificare se la tendenza verso un’accentuazione dell’<strong>in</strong>tensità<br />
delle precipitazioni evidenziata recentemente per varie aree del nostro Pianeta<br />
sia presente anche per l’Italia. Questo aspetto è particolarmente <strong>in</strong>teressante <strong>in</strong> quanto il<br />
nostro Paese, <strong>in</strong> virtù di svariati elementi caratteristici quali la presenza della catena alp<strong>in</strong>a<br />
ed appenn<strong>in</strong>ica, la vic<strong>in</strong>anza del Mediterraneo e l’elevata densità della popolazione, ha una<br />
naturale propensione al rischio alluvioni, il che lo rende criticamente esposto ad un eventuale<br />
<strong>in</strong>cremento degli eventi precipitativi di forte <strong>in</strong>tensità. Un ulteriore aspetto di notevole<br />
<strong>in</strong>teresse connesso ad eventuali variazioni nella distribuzione delle precipitazioni è legato<br />
ad un eventuale <strong>in</strong>cremento della frequenza e della lunghezza dei periodi siccitosi. Questo<br />
è un aspetto di grande rilievo per l’agricoltura <strong>in</strong> quanto le siccità sono un problema<br />
frequente per questo comparto, <strong>in</strong> particolare durante l’estate, quando la mancanza di risorse<br />
idriche spesso compromette il raccolto <strong>in</strong> vaste regioni, specialmente al sud. Per maggiori<br />
dettagli su questi aspetti si rimanda a Brunetti et al. (2002 e 2004).<br />
Problemi aperti<br />
Per quanto estremamente importante per documentare l’evoluzione delle temperature e<br />
delle precipitazioni sul territorio italiano, il dataset assemblato dal nostro gruppo di ricerca<br />
ha ancora molti limiti che lo rendono spesso di difficile utilizzo nel contesto di ricerche<br />
volte a valutare il potenziale impatto delle variazioni termometriche e pluviometriche.<br />
Essi possono essere riassunti nei seguenti punti pr<strong>in</strong>cipali:<br />
Molte delle serie si riferiscono a stazioni oggi non più attive.<br />
Le serie di alcune stazioni presentano una significativa frazione di valori mancanti.<br />
Il numero di serie disponibili non è ancora sufficientemente elevato. Peraltro, per<br />
effetto delle metodologie utilizzare per omogeneizzare le serie, la risoluzione<br />
spaziale “effettiva” dei dati risulta significativamente <strong>in</strong>feriore a quella “nom<strong>in</strong>ale”.<br />
Le serie sono espresse <strong>in</strong> anomalie (o <strong>in</strong> rapporti) rispetto alle medie di un periodo<br />
di riferimento e non <strong>in</strong> valori assoluti.<br />
Il controllo dell’omogeneità dei dati e le correzioni degli errori sono stati operati con<br />
l’obiettivo primario di ottenere serie mensili da utilizzare per analisi climatiche volte<br />
alla ricerca di eventuali trend a lungo term<strong>in</strong>e nei valori medi. L’omogeneizzazione<br />
condotta non garantisce, pertanto, l’omogeneità dei dati giornalieri, così come non<br />
da alcuna <strong>in</strong>dicazione relativa ai momenti statistici di ord<strong>in</strong>e superiore.<br />
A causa di questi limiti, le <strong>in</strong>formazioni che si possono ottenere dalle serie storiche secolari<br />
non sono facilmente confrontabili con quelle fornite dall’attualmente rete osservativi.<br />
Ciò rende spesso difficile il confronto tra il “presente” ed il “passato” e fa sì che, nonostante<br />
una buona disponibilità di serie storiche, la risposta ad una domanda apparentemente<br />
semplice, come quella di collocare un dato anomalo come per esempio quello dell’estate<br />
2003 <strong>in</strong> un contesto di lungo term<strong>in</strong>e, sia <strong>in</strong> realtà ancora alquanto problematica.<br />
Diversi tra i precedenti limiti sono tuttavia <strong>in</strong> corso di soluzione grazie alle attività di
Maurizio Maugeri<br />
Clima: variabilità e cambiamenti 23<br />
ricerca attualmente <strong>in</strong> corso di svolgimento nell’ambito del Progetto Kyoto – Ricerca sui<br />
cambiamenti climatici e il controllo dei gas serra <strong>in</strong> Lombardia e del Progetto UE INTER-<br />
REG FORALPS. Questi progetti consentiranno da una parte di <strong>in</strong>crementare notevolmente<br />
la base di serie storiche termometriche e pluviometriche disponibili per la Lombardia e<br />
dall’altra di sviluppare metodologie per portare le <strong>in</strong>formazioni attualmente disponibili<br />
per ampie regioni geografiche come quelle evidenziate <strong>in</strong> figura 1 ad una risoluzione spaziale<br />
molto più elevata.<br />
R<strong>in</strong>graziamenti<br />
Il programma di ricerche i cui risultati sono stati qui s<strong>in</strong>tetizzati si è avvalso di contributi<br />
provenienti dai seguenti progetti: progetto Speciale CNR “Ricostruzione del clima del passato<br />
nell’area mediterranea”; progetto “UE IMPROVE”; progetto f<strong>in</strong>alizzato del M<strong>in</strong>istero<br />
per le Politiche Agricole e Forestali, “CLIMAGRI, Cambiamenti Climatici ed Agricoltura”;<br />
progetto MIUR PRIN 2001 “La variabilità del clima locale relazionata ai fenomeni di cambiamento<br />
climatico globale”; progetto MIUR FIRB "Evoluzione nella frequenza di eventi precipitativi<br />
estremi e di siccità <strong>in</strong> Italia negli ultimi 120 anni e relativo impatto sui bioecosistemi";<br />
progetto “UE ALP-IMP”; cooperazione Italia-USA su Scienza e Tecnologia dei cambiamenti<br />
climatici.<br />
Riferimenti bibliografici<br />
Brunetti, M., Maugeri, M., Nanni, T. Navarra A., 2002, Droughts and extreme events <strong>in</strong> regional daily<br />
Italian precipitation series, Int. J. Climatol., 22, 543-558.<br />
Brunetti, M., Maugeri, M., Monti, F., Nanni, T., 2004: Changes <strong>in</strong> daily precipitation frequency and<br />
distribution <strong>in</strong> Italy over the last 120 years. J. Geophys. Res., 109, D05102, doi:10.1029/2003JD004296.<br />
Brunetti, M., Maugeri, M., Monti, F., Nanni T., 2005: Temperature and precipitation variability <strong>in</strong><br />
Italy <strong>in</strong> the last two centuries from homogenised <strong>in</strong>strumental time series. Int. J. Climatol., <strong>in</strong> press.<br />
Maugeri, M., Brunetti, M., Buffoni, L., Fass<strong>in</strong>a, A., Iafrate, L., Lent<strong>in</strong>i, G., Mangianti, F., Masiello, C.,<br />
Mazzucchelli, E., Monti, F., Nanni, T., Pastorelli, R., Torquati C., 2005: Acquisizione, esame critico ed<br />
analisi di serie storiche italiane per lo studio delle variazioni del clima. Relazione F<strong>in</strong>ale per il terzo<br />
anno del Progetto F<strong>in</strong>alizzato CLIMAGRI. 58 pp + 15 pp (appendice 1) (disponibile al sito:<br />
www.climagri.it).
Lorenzo Craveri<br />
Siccità nel clima lombardo.<br />
L’esperienza del 2003<br />
ERSAF - Struttura Programmazione, Comunicazione, Innovazione<br />
Via Copernico, 38 - 20136 MILANO<br />
Tel 02.67.40.46.73<br />
e-mail: lorenzo_craveri@ersaf.lombardia.it<br />
www.ersaf.lombardia.it
Lorenzo Craveri<br />
Siccità nel clima lombardo 27<br />
Abstract<br />
Gli “eventi” meteorologici che hanno caratterizzato gran parte del<br />
2003 devono <strong>in</strong>durre alcune riflessioni. Queste considerazioni sono tanto più necessarie<br />
per il comparto agricolo che per le altre attività antropiche; tutti sanno che per<br />
una parte del ciclo vitale delle proprie colture l’agricoltura lombarda dipende dall’approvvigionamento<br />
idrico meteorico. Nel 2003 abbiamo avuto diverse situazioni “estreme”<br />
che hanno pesantemente <strong>in</strong>fluenzato la vita delle colture presenti <strong>in</strong> campagna.<br />
Si è <strong>in</strong>iziati con la siccità dei mesi <strong>in</strong>vernali (<strong>in</strong> realtà abbastanza tipica del nostro <strong>in</strong>verno)<br />
con una gelata tardiva molto significativa nella prima decade di aprile e poi<br />
nuovamente con la siccità a partire da maggio e poi per tutta l’estate. Durante l’estate<br />
non sono certo da dimenticare gli estremi termici di giugno e di agosto con temperature<br />
localmente f<strong>in</strong>o a 40°C.<br />
Ed ora ci potremmo chiedere: il 2003 rappresenta il primo anno di una serie, sempre<br />
più fitta, di “annate sventurate” che caratterizzeranno il clima nel prossimo futuro?<br />
L’esperienza del 2003<br />
L’esperienza vissuta durante la primavera e l’estate del 2003 deve farci riflettere su uno dei<br />
possibili risvolti legati al cambiamento climatico: la maggiore frequenza di fenomeni meteorologici<br />
estremi. La gran parte dei fenomeni meteorologi estremi ha un effetto, nella maggioranza<br />
dei casi, deleterio per coltivazioni delle zone temperate come la Lombardia.<br />
Durante il 2003, oltre alla cronica<br />
mancanza di precipitazioni, le<br />
temperature hanno raggiunto temperature<br />
da record consecutivamente<br />
per diversi mesi. Per questa ragione<br />
da un punto di vista agrometeorologico,<br />
l’annata 2003, sarà ricordata<br />
come una delle peggiori degli ultimi<br />
decenni.<br />
Tutti gli scenari descritti dagli<br />
esperti sul cambiamento climatico<br />
ipotizzano nei prossimi decenni, anche<br />
sulle regioni del Nord - Italia, o<br />
una riduzione delle precipitazioni o<br />
una dim<strong>in</strong>uzione della frequenza del-<br />
Figura 1 - Deficit idrico <strong>in</strong> Lombardia<br />
alla f<strong>in</strong>e di settembre 2003
28 Siccità nel clima lombardo Lorenzo Craveri<br />
le piogge: precipitazioni più concentrate, e m<strong>in</strong>ori nel periodo estivo, rappresentano una<br />
seria preoccupazione per l’agricoltura Lombarda. A questi eventi sarà poi abb<strong>in</strong>ato un<br />
costante aumento delle temperature. In quest’ottica particolarmente significativo appare una<br />
analisi di quanto successo durante la campagna agraria 2003.<br />
Partiamo allora da quelli che sono stati i pr<strong>in</strong>cipali accadimenti della primavera e dell’estate<br />
2003 per le pr<strong>in</strong>cipali colture della Lombardia.<br />
Già per il frumento e l’orzo, la primavera 2003 era stata contraddist<strong>in</strong>ta dalla scarsità<br />
delle precipitazioni e da temperature massima al disopra della norma a partire dagli ultimi<br />
giorni di aprile. Per le colture estive (Mais, Soia, Bietola, Riso ecc...) le sem<strong>in</strong>e sono avvenute<br />
senza particolari problemi e si sono concluse generalmente entro la seconda decade<br />
di aprile. Lo sviluppo delle colture, già nelle prime fasi di sviluppo vegetativo, non<br />
è stato supportato da un sufficiente rifornimento idrico naturale. A maggio si sono rese<br />
necessarie le prime irrigazioni di soccorso e dalla f<strong>in</strong>e del mese le temperature sono poi<br />
state a tutti gli effetti estive. Ricordiamo a tale proposito i 33.8°C di Palidano – MN ed i<br />
33°C di Rivolta d’Adda-CR l’8. A giugno anche a causa delle temperature record segnalate<br />
tra il 12 ed il 15 di giugno (39.1°C a Palidano-MN; 39°C a Spessa Po-PV; 38.7°C a Boffalora<br />
T.-MI) il ciclo vegetativo si è notevolmente velocizzato tanto che, ad esempio su<br />
mais, le prime emissioni del pennacchio si sono avute attorno al 15 di giugno quando <strong>in</strong><br />
genere le attenderemmo tra la f<strong>in</strong>e di giugno e l’<strong>in</strong>izio di luglio. Ove non irrigato, tranne<br />
che su riso, già <strong>in</strong> questo periodo erano visibilissimi stress idrici diffusi.<br />
Durante il mese di luglio, con colture <strong>in</strong> pieno sviluppo, vegetativo o riproduttivo, sono<br />
proseguite le sofferenze<br />
per le alte temperature<br />
(elevate ma non da record)<br />
e la scarsità di precipitazioni:<br />
solo nella zona alp<strong>in</strong>a<br />
e prealp<strong>in</strong>a le precipitazioni<br />
mensili sono state di una<br />
certa consistenza: a Samolaco-SO<br />
registrati 130 mm,<br />
a Cornalita-BG 180 mm.<br />
Alla f<strong>in</strong>e del mese la maggioranza<br />
delle colture, tranne<br />
il riso, era <strong>in</strong> piena maturazione<br />
con un anticipo<br />
rispetto alla norma di circa<br />
2-3 settimane. Ad agosto<br />
si sono nuovamente<br />
“toccati”estremi termici da<br />
record e nella settimana tra<br />
il 7 ed il 13 agosto <strong>in</strong> alcune<br />
zone della regione la<br />
media delle massime setti-<br />
Figura 2 - Le precipitazioni sulla Lombardia dal 1.1.2003 al 15.10.2003<br />
manali si è avvic<strong>in</strong>ata ai
Lorenzo Craveri<br />
Siccità nel clima lombardo 29<br />
40°C: Rivolta d’Adda-CR<br />
38.9°C, Codogno-LO 38.3°C,<br />
Brescia 38°C. In questa situazione<br />
la produzione e l’accumulo<br />
di fotos<strong>in</strong>tetati all’<strong>in</strong>terno<br />
della spiga è stata pesantemente<br />
<strong>in</strong>fluenzata con la<br />
chiusura anticipata del ciclo<br />
produttivo <strong>in</strong> gran parte degli<br />
appezzamenti. Le produzioni,<br />
come anche registrato<br />
dai campi dimostrativi del<br />
progetto Grandi Colture coord<strong>in</strong>ato<br />
da ERSAF, sono state<br />
<strong>in</strong>feriori rispetto al 2002 ed<br />
alla media delle precedenti<br />
campagne. Mediamente le<br />
perdite produttive su mais,<br />
rispetto all’annata precedente, si sono attestate attorno al 20-25% . Le perdite maggiori si<br />
sono avute nelle zone meno “servite” dall’irrigazioni, mentre il calo di resa è stato più limitato<br />
nelle zone ove maggiori sono stati gli <strong>in</strong>terventi irrigui (<strong>in</strong> alcuni areali effettuate<br />
f<strong>in</strong>o a 8 irrigazioni estive).<br />
Interessante anche il confronto dell’andamento agrometeorologico 2003 con quello<br />
del 2002: la temperatura media massima è stata tra i 3 e i 2,5°C superiore nel 2003, gli estremi<br />
termici (che erano apparsi da record già nel giugno 2002) sono di circa 3°C superiori,<br />
le precipitazioni sono mediamente tra le 2 e le 3 volte superiori nel 2002 rispetto al<br />
2003 (a Capralba-CR ad esempio nel 2002 le precipitazioni del periodo primaverile- estivo<br />
erano state di 435 mm, nel 2003 sono state di 139 mm, a Milano nel 2002 registrati 730<br />
mm, nel 2003 solo 180 mm) e per f<strong>in</strong>ire l’evapotraspirazione potenziale, nelle pr<strong>in</strong>cipali<br />
stazioni di pianura, è stata di circa 120-140 mm superiore nel 2003. A tale proposito è però<br />
corretto ricordare che l’estate 2002, tranne che nel mese di giugno, è stata più fresca e<br />
piovosa della media.<br />
Alcuni dati agrometeorologici del 2003<br />
Stazione Precipitazioni Temperatura massima Temperatura m<strong>in</strong>ima<br />
Totali mm assoluta °C assoluta °C<br />
Spessa Po-PV 537 41 l’11.8 -7.8 il 25.12<br />
Casatenovo-LC 880 +37.9 l’ 11.8 -5.3 il 13.1<br />
M<strong>in</strong>oprio-CO 949 +37.3 il 15.6 -9.6 il 24.12<br />
Bergamo 773 +36.9 l’11.8 e il 14.8 -6.0 il 13.1<br />
Sondrio 702 40 l’11.8 -10.5 il 25.12<br />
Rivolta d’Adda-CR 727 +39.7 il 10.8 -7.6°C il 7.2<br />
Bargnano-BS 914 +39.6 l’ 11.8 -6.7°C il 7.2 ed il 18.2
30 Siccità nel clima lombardo Lorenzo Craveri<br />
Tabella degli elaborati meteo per la primavera e l’estate agrometeorologica 2003<br />
(1 Marzo al 31 Agosto 2003)<br />
PR. STAZIONE TEMPERATURA ARIA (°C) PIOGGIA (mm) GDD4(°) UMIDITÀ ETPE<br />
RELATIVA (%)<br />
valori medi valori estremi totale giorni valori medi (mm)<br />
max m<strong>in</strong> max gg m<strong>in</strong> gg piovosi max m<strong>in</strong><br />
BG BERGAMO 25.8 14.2 37.0 11.8 -2.8 08.4 321.0 31 1881 91 53 722.1<br />
BG CAVERNAGO 26.2 13.7 37.8 10.8 -2.3 08.4 316.2 27 1850 97 42 757.5<br />
BG CORNALITA 22.1 10.4 34.0 11.8 -5.9 08.4 632.4 52 1386 99 44 572.8<br />
BS BARGNANO 27.1 12.5 38.8 05.8 -3.0 08.4 384.0 34 1811 92 37 750.6<br />
BS BRESCIA (*) 27.4 13.8 39.5 11.8 -2.2 08.4 306.0 34 1924 88 50 816.9<br />
BS EDOLO 23.8 10.2 39.2 11.8 -5.6 08.4 352.0 41 1471 91 30 796.9<br />
CO MINOPRIO 26.1 11.0 37.3 15.6 -6.5 08.4 339.0 35 1683 97 46 713.3<br />
CR CAPRALBA 27.3 12.3 38.2 11.8 -4.9 08.4 139.2 23 1828 86 20 754.2<br />
CR RIVOLTA D’ADDA 28.1 12.7 39.7 10.8 -4.6 08.4 269.2 28 1905 95 46 787.0<br />
LC CASATENOVO 25.2 13.7 37.9 11.8 -2.0 08.4 355.2 35 1764 87 46 718.1<br />
LC MOGGIO 18.9 9.4 30.8 11.8 -8.7 08.4 439.8 48 1087 78 50 494.8<br />
LO CAVENAGO ADDA 27.6 13.0 40.0 11.8 -3.2 08.4 201.8 21 1867 97 36 825.7<br />
LO CODOGNO 27.8 13.1 39.3 11.8 -2.1 09.4 184.4 22 1783 79 37 753.4<br />
LO S.ANGELO LOD. 27.1 13.5 39.5 11.8 -3.5 08.4 170.8 18 1882 97 35 702.3<br />
MI BOFFALORA TIC. 28.1 12.0 39.5 11.8 -4.6 08.4 244.4 29 1849 98 43 673.6<br />
MI MILANO (*) 28.6 18.0 41.1 11.8 3.8 08.4 180.0 21 2245 71 29 968.5<br />
MN CAVRIANA 26.2 13.0 38.8 10.8 -3.2 07.4 221.0 25 1836 92 38 830.8<br />
MN CURTATONE 26.3 12.8 38.1 05.8 -4.0 08.4 164.2 20 1815 99 50 727.0<br />
MN MANTOVA (*) 26.9 15.5 38.7 05.8 -0.5 08.4 181.8 21 2003 85 36 874.6<br />
MN PALIDANO 28.2 12.7 41.5 05.8 -3.8 08.4 249.0 25 1864 99 31 780.0<br />
PV CERTOSA PAVIA 27.4 13.2 38.7 11.8 -5.1 08.4 130.4 18 1884 95 35 824.7<br />
PV LANDRIANO 27.4 12.0 39.7 11.8 -4.4 08.4 180.0 22 1798 81 40 911.9<br />
PV VARZI 26.6 13.2 41.3 11.8 -3.1 08.4 192.8 21 1799 81 36 846.9<br />
SO BEMA 20.1 10.6 33.3 11.8 -6.4 08.4 346.4 45 1241 85 49 505.3<br />
SO SONDRIO 25.8 10.3 40.0 11.8 -6.1 08.4 315.1 41 1618 91 33 811.5<br />
VA ISPRA 26.7 11.7 37.4 11.8 -5.6 08.4 319.6 36 1773 97 38 746.1<br />
* ambito cittad<strong>in</strong>o
Sauro Coffani<br />
V<strong>in</strong>cenzo Angileri<br />
Il sistema irriguo lombardo<br />
Regione Lombardia, Direzione Generale Agricoltura<br />
Valorizzazione dei Sistemi Rurali della Pianura e della Coll<strong>in</strong>a<br />
Via Pola, 12/14 - 20124 Milano<br />
e-mail: sauro_coffani@regione.lombardia.it
Sauro Coffani; V<strong>in</strong>cenzo Angileri<br />
Il sistema irriguo lombardo 33<br />
Abstract<br />
La pianura lombarda presenta un territorio fortemente antropizzato<br />
e altamente produttivo, ricco di spazi agricoli, di presenze naturali e culturali di grande<br />
valore, sottoposti a forti pressioni urbanistiche e <strong>in</strong>frastrutturali e con un’attività<br />
agricola tra le più avanzate <strong>in</strong> Europa. Tale agricoltura raggiunge elevati risultati<br />
quantitativi e qualitativi <strong>in</strong> quanto si giova di un sistema irriguo diffuso e consolidato<br />
nel tempo che, fra l’altro, consente il mantenimento dei delicati equilibri idraulicoterritoriali<br />
della pianura.<br />
La memoria descrive il sistema irriguo lombardo, le sue connessioni con il sistema idrico<br />
naturale, gli enti che provvedono all’irrigazione, la quantità di acqua e le modalità<br />
di utilizzazione, le <strong>in</strong>frastrutture che ne consentono la distribuzione.<br />
La rete idrografica naturale<br />
La pianura lombarda, oltre ad essere un’area estremamente popolosa, soggetta a forti pressioni<br />
<strong>in</strong>sediative e dotata di una fitta rete di <strong>in</strong>frastrutture che consentono attività umane<br />
ad alto reddito, garantisce la diffusione di una delle agricolture più importanti e produttive<br />
dell’Unione Europea. Tale agricoltura non avrebbe oggi i rendimento produttivi e non<br />
potrebbe fornire i prodotti di elevata qualità che la caratterizzano se non potesse contare<br />
sull’impiego dell’acqua. La Lombardia, <strong>in</strong>fatti, <strong>in</strong> rapporto alle altre regioni italiane presenta<br />
condizioni favorevoli dal punto di vista delle risorsa idrica; tuttavia sono le opere realizzate<br />
nel tempo e la loro attenta e cont<strong>in</strong>ua gestione a garantire l’irrigazione dei campi<br />
coltivati.<br />
La rete idrografica naturale lombarda è alimentata dalle precipitazioni che cadono sulla<br />
regione (non molte alte, <strong>in</strong>vero, e che nella pianura si aggirano <strong>in</strong> media tra i 600 e i<br />
1000 mm/anno a secondo delle zone). Tuttavia i ghiacciai della catena alp<strong>in</strong>a e i grandi<br />
laghi prealp<strong>in</strong>i, contribuiscono <strong>in</strong> modo notevole, mediante l’accumulo di riserva idrica,<br />
ad arricchire d’acqua la regione stessa. I ghiacciai ammassano <strong>in</strong>fatti grandi quantità di<br />
precipitazioni nevose, mentre i laghi <strong>in</strong>vasano gli apporti di pioggia e delle acque di fusione.<br />
Dai ghiacciai si alimentano i più importanti fiumi lombardi ovvero, procedendo da<br />
ovest verso est, il Tic<strong>in</strong>o, l’Adda, l’Oglio, il Chiese e il M<strong>in</strong>cio. Il regime di questi fiumi,<br />
prima di immettersi nei c<strong>in</strong>que maggiori laghi prealp<strong>in</strong>i lombardi, rispettivamente Maggiore,<br />
Como, Iseo, Idro e Garda, è tipicamente alp<strong>in</strong>o e cioè caratterizzato da un massimo<br />
estivo dei deflussi e da un m<strong>in</strong>imo <strong>in</strong>vernale. All’uscita dai laghi il regime dipende <strong>in</strong>vece<br />
dalla regolazione di questi ultimi. A partire dai primi decenni del secolo scorso si è<br />
<strong>in</strong>fatti <strong>in</strong>trapresa la costruzione delle opere che consentono di regolare la portata di acqua<br />
defluente dai grandi laghi prealp<strong>in</strong>i, con questo aumentando di gran lunga la funzione<br />
di <strong>in</strong>vaso che questi serbatoi naturali possiedono. La regolazione dei grandi laghi prealp<strong>in</strong>i<br />
consente l’utilizzo di quantità d’acqua che altrimenti non sarebbero state sfruttate.
34 Il sistema irriguo lombardo Sauro Coffani; V<strong>in</strong>cenzo Angileri<br />
Il pr<strong>in</strong>cipio alla base della regolazione è quello di rendere disponibile, secondo le esigenze<br />
dell’utenza, la quantità di acqua accumulabile entro i limiti di escursione della superficie<br />
del lago; <strong>in</strong> generale, questo avviene con la riduzione dei deflussi dal lago e il conseguente<br />
riempimento dello stesso nei periodi di afflussi abbondanti (primavera e autunno)<br />
e con lo svuotamento del lago nei periodi di magra (estate e <strong>in</strong>verno). La prima regolazione<br />
risale al 1923 e ha riguardato il lago d’Idro; a questa sono seguite tutte le altre.<br />
I pr<strong>in</strong>cipali fiumi non regolati che nascono dalle pendici delle Prealpi sono l’Olona,<br />
il Lambro, il Brembo, il Cherio, il Serio e il Mella. Il regime di questi, tipicamente torrentizio,<br />
presenta valori massimi di deflusso nei periodi primaverile e autunnale e m<strong>in</strong>imi <strong>in</strong><br />
quelli <strong>in</strong>vernale ed estivo.<br />
Oltre alla risorse idriche superficiali, le acque sotterranee, con i fenomeni delle risorgenze,<br />
costituiscono una caratteristica peculiare della Lombardia e contribuiscono a <strong>in</strong>crementare<br />
gli apporti. Il fenomeno delle risorgenze è dovuto alle acque di falda che, scorrendo<br />
per naturale pendenza verso sud, <strong>in</strong>contrano i terreni a granulometria f<strong>in</strong>e e impermeabili<br />
della bassa pianura e per l’effetto del rigurgito provocato dalla dim<strong>in</strong>uzione di porosità,<br />
sgorgano <strong>in</strong> superficie con una serie di polle sorgentizie denom<strong>in</strong>ate fontanili. Queste<br />
acque, oltre ad aver permesso la nascita delle marcite grazie alla loro temperatura relativamente<br />
costante tra i 10° e i 13° C e qu<strong>in</strong>di superiore a quella ambientale <strong>in</strong> <strong>in</strong>verno,<br />
costituiscono un’ulteriore e rilevante disponibilità idrica.<br />
Agricoltura e irrigazione<br />
Si diceva dell’importanza dell’agricoltura della Pianura Lombarda. Un dato significativo è<br />
rappresentato dalla SAU (superficie agricola utilizzata) nell’area di pianura. Secondo i dati<br />
ISTAT del censimento dell’agricoltura del 2000, essa si attesta a 763.780 ettari e rappresenta<br />
il 75% della SAU lombarda. Nonostante gli elevati livelli di urbanizzazione della pianura<br />
lombarda, l’agricoltura svolge pertanto ancora oggi una funzione prevalente <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i<br />
di occupazione di suolo. A questa si aggiunge l’importanza della Lombardia nell’<strong>in</strong>tero<br />
sistema agricolo italiano. Il valore della produzione agricola lombarda è stato <strong>in</strong>fatti<br />
nel 2004 di 6.192 milioni di euro, pari al 13,4% della produzione lorda vendibile dell’agricoltura<br />
italiana e circa l’80% di questa è stata prodotta dalla cosiddetta “agricoltura professionale”<br />
che si svolge quasi <strong>in</strong>teramente nella pianura irrigua. Questa forte <strong>in</strong>fluenza dell’agricoltura<br />
<strong>in</strong> un territorio così grandemente soggetto a fenomeni di urbanizzazione e <strong>in</strong>frastrutturazione,<br />
sarebbe <strong>in</strong>spiegabile se l’agricoltura non fosse economicamente forte,<br />
competitiva sui mercati, fortemente radicata nel territorio. Dati alla mano, senza irrigazione,<br />
l’agricoltura lombarda non presenterebbe il rilievo qualitativo e quantitativo che la pone<br />
ai vertici dell’agricoltura europea.<br />
All’irrigazione provvedono i consorzi di bonifica, i consorzi di miglioramento fondiario<br />
e associazioni di utenti privati.<br />
La pianura della Lombardia, bonificata nel tempo e resa irrigua, costituisce oggi il cosiddetto<br />
territorio di bonifica def<strong>in</strong>ito anche dalla legge regionale <strong>in</strong> materia (l.r. 7/2003).<br />
Su questa area i consorzi di bonifica svolgono le funzioni di esecuzione, manutenzione e<br />
gestione delle opere pubbliche di bonifica ovvero provvedono alle funzioni di difesa idraulica<br />
e, per la gran parte, di fornitura dell’acqua per l’irrigazione. Tale area di 1.215.453 ettari<br />
ovvero circa la metà del territorio regionale, è suddivisa <strong>in</strong> comprensori di bonifica,
Figura 1 - I consorzi di bonifica <strong>in</strong> Lombardia<br />
Sauro Coffani; V<strong>in</strong>cenzo Angileri<br />
Il sistema irriguo lombardo 35<br />
unità omogenee sotto il profilo idrografico e idraulico, per lo più delimitate da elementi<br />
naturali (fiumi e Prealpi), e frutto di aggregazioni territoriali di preesistenti enti di bonifica<br />
e irrigui di dimensioni <strong>in</strong>feriori avvenute a seguito dell’applicazione della legge regionale<br />
26 novembre 1984, n.59 “Riord<strong>in</strong>o dei consorzi di bonifica” oggi abrogata e sostituita<br />
dalla recente legge regionale 7/2003.<br />
I comprensori attualmente def<strong>in</strong>iti sono 18. A questi si aggiungano la Lomell<strong>in</strong>a, dove<br />
operano l’Associazione Irrigazione Est Sesia e il consorzio di bonifica della Valle del Tic<strong>in</strong>o,<br />
e il comprensorio di Burana nell’Oltrepò mantovano, gestito dal consorzio Burana - Leo -<br />
Scoltenna - Panaro con sede <strong>in</strong> Modena. Il consorzio di bonifica Terre di Gonzaga, oltre ai<br />
due comprensori di Agro-mantovano Reggiano e Revere, gestisce anche una parte del territorio<br />
emiliano della prov<strong>in</strong>cia di Reggio Emilia. I comprensori Varese (numero 2) e Brianza<br />
(numero 3), def<strong>in</strong>iti al momento della prima delimitazione comprensoriale nel 1986, con<br />
successiva delibera consiliare del 1999 sono stati per una parte stralciati dal territorio classificato<br />
di bonifica e per l’altra aggregati al sottostante comprensorio Est Tic<strong>in</strong>o Villoresi.<br />
Il “comprensorio di bonifica medio” ha una superficie compresa tra i 45.000 e i 55.000<br />
ettari (ben 9 comprensori lombardi <strong>in</strong>fatti hanno queste dimensioni); nella bassa pianura<br />
mantovana, però, i comprensori sono <strong>in</strong> genere un po’ meno estesi; il comprensorio Est Tic<strong>in</strong>o<br />
Villoresi ha <strong>in</strong>vece dimensioni molto maggiori rispetto a tutti gli altri (278.258 ettari).<br />
In base ai dati del Censimento dell’agricoltura del 2000 nel territorio di bonifica risulta<br />
irrigabile il 91% della SAU.<br />
In molti comprensori questa percentuale supera il 95% avvic<strong>in</strong>andosi al 100% <strong>in</strong> Lomell<strong>in</strong>a,<br />
<strong>in</strong> alcune aree del cremonese (comprensori Cremasco e Naviglio Vacchelli), del<br />
bresciano (Fra Mella e Chiese) e del mantovano (Sud Ovest Mantova e Agro Mantovano<br />
Reggiano). La Lombardia è di gran lunga la regione italiana con la più alta percentuale di
36 Il sistema irriguo lombardo Sauro Coffani; V<strong>in</strong>cenzo Angileri<br />
superficie irrigabile rispetto alla SAU (mediamente <strong>in</strong> Italia tale percentuale si colloca <strong>in</strong>fatti<br />
<strong>in</strong>torno al 20%).<br />
Nell’ultimo decennio la dim<strong>in</strong>uzione delle superfici agricole nel territorio di bonifica<br />
lombardo ha riguardato anche le aree irrigabili, le quali sono dim<strong>in</strong>uite nel complesso di<br />
30.478 ettari e <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i relativi del 4%. A differenza però di quanto accaduto nei decenni<br />
precedenti, dove le sottrazioni di terreni agricoli riguardavano essenzialmente le aree<br />
non irrigue, nell’ultimo decennio il rapporto superficie irrigabile/SAU non è cresciuto, ma<br />
si è mantenuto costante. Ad aver fatto segnare i maggiori decrementi di superfici irrigabili<br />
sono stati il comprensorio dell’Est Tic<strong>in</strong>o Villoresi, i comprensori dell’alta pianura (Media<br />
Pianura Bergamasca, S<strong>in</strong>istra Oglio e Medio Chiese) e alcuni comprensori del mantovano<br />
(Colli morenici del Garda, Navarolo, Burana).<br />
Nel 2000 sono state censite 38.110 aziende irrigate, il 27% <strong>in</strong> meno rispetto al censimento<br />
precedente. La dim<strong>in</strong>uzione del numero di aziende irrigate è stata comunque più<br />
contenuta rispetto a quelle delle aziende non irrigate, il che ha determ<strong>in</strong>ato un aumento<br />
del 9% del rapporto tra aziende irrigate e il totale delle aziende agricole. Nel 2000 tale<br />
rapporto è pari al 79%.<br />
I comprensori dove si è registrata la maggiore flessione nel numero delle aziende irrigue<br />
sono stati la Lomell<strong>in</strong>a (-46%), il Burana (-46%) e il Navarolo (-36%). Questo non sempre<br />
è correlato alla dim<strong>in</strong>uzione delle aree agricole, ma può essere anche la conseguenza<br />
della scomparsa di aziende di piccole dimensioni. In Lomell<strong>in</strong>a, ad esempio, alla dim<strong>in</strong>uzione<br />
del numero di aziende irrigue ha fatto riscontro solo una limitata riduzione delle<br />
aree irrigabili.<br />
I dati relativi alle colture effettivamente irrigate nell’annata agricola 1999-2000, confrontati<br />
con gli stessi dati dell’annata 1990, consentono alcune considerazioni circa l’evoluzione<br />
delle colture irrigue della pianura lombarda. Tra le colture irrigate il mais rappresenta<br />
di gran lunga quella più diffusa con i suoi 246.000 ettari; la superficie irrigua dest<strong>in</strong>ata a<br />
tale coltura è passata dal 30% del 1990 al 45% del 2000. Nello stesso decennio una flessione<br />
percentuale si è avuta per le foraggere (dal 27 al 17%) e per la soia (dal 13 al 5%),<br />
penalizzata dalla dim<strong>in</strong>uzione del sostegno al prezzo. Tra le altre coltivazioni, il riso, <strong>in</strong><br />
Lomell<strong>in</strong>a e <strong>in</strong> alcune aree del mantovano, rappresenta la coltura con il più stretto legame<br />
con l’irrigazione e con il paesaggio irriguo lombardo.<br />
La prevalenza delle colture irrigue sopra citate, <strong>in</strong>sieme alla costante riduzione dei<br />
prati, determ<strong>in</strong>ano la concentrazione dei fabbisogni irrigui nel periodo estivo, dove si riscontrano<br />
le massime esigenze del mais: ciò può comportare competizione con altri utilizzi,<br />
<strong>in</strong> particolare turistici. In questo quadro, dove l’irrigazione è capillarmente diffusa<br />
sul territorio come <strong>in</strong> nessuna altra parte d’Italia, i consorzi di bonifica provvedono globalmente<br />
all’irrigazione di 526.783 ettari. Non tutti, però, distribuiscono l’acqua irrigua all’<strong>in</strong>tero<br />
comprensorio di riferimento <strong>in</strong> quanto <strong>in</strong> alcune aree sussistono associazioni irrigue<br />
private titolari di proprie derivazioni autonome. In alcuni casi, il consorzio fornisce<br />
l’acqua a gruppi di utenti che gestiscono direttamente una loro rete di distribuzione. Molti<br />
agricoltori, <strong>in</strong>oltre, si approvvigionano di acqua direttamente da pozzi privati aziendali.<br />
Oltre al consorzio di bonifica Est Tic<strong>in</strong>o Villoresi e all’Associazione Irrigazione Est Sesia<br />
che, come gestori dei comprensori più grandi della Lombardia, distribuiscono i maggiori<br />
quantitativi di acqua irrigua, le maggiori superfici irrigate riguardano i consorzi Muz-
Sauro Coffani; V<strong>in</strong>cenzo Angileri<br />
Il sistema irriguo lombardo 37<br />
za Bassa Lodigiana (61.595 ha), Alta e Media Pianura Mantovana (39.528 ha), Navarolo<br />
(34.682 ha) e Fossa di Pozzolo (33.765 ha). Poco estese, rispetto al comprensorio di riferimento,<br />
sono <strong>in</strong>vece le aree irrigate direttamente dai consorzi di bonifica Fra Mella e Chiese<br />
(1.740 ha), Naviglio Vacchelli (3.785 ha) e S<strong>in</strong>istra Oglio (11.020 ha); <strong>in</strong> quest’ultimo caso<br />
le aree irrigate dal consorzio sono aumentate negli ultimi anni grazie all’<strong>in</strong>gresso nell’ente<br />
di bonifica di associazioni private di utenti.<br />
I metodi irrigui<br />
Il servizio irriguo è gestito dai consorzi con modalità diverse che dipendono essenzialmente<br />
dalla morfologia del territorio, dalle caratteristiche dei suoli e delle colture, dalle organizzazioni<br />
consortili, dalla disponibilità d’acqua, dalle rete di distribuzione, così come<br />
si è andata realizzando e consolidando nel tempo. Questo spiega l’eterogeneità che si trova<br />
nei diversi comprensori irrigui.<br />
Nei comprensori occidentali e di antica irrigazione, l’irrigazione viene effettuata per scorrimento<br />
e raggiunge i campi attraverso una rete di canali che sfrutta la naturale <strong>in</strong>cl<strong>in</strong>azione<br />
del territorio. Questo sistema implica generalmente una gestione per turni irrigui. Questa<br />
è anche la modalità nettamente prevalente <strong>in</strong> Lombardia. Si calcola che le superfici irrigate<br />
dai consorzi a scorrimento <strong>in</strong>teress<strong>in</strong>o 288.883 ettari ovvero il 55% del totale. Se a questi,<br />
si aggiungono i 93.388 ettari delle aree risicole, irrigati per sommersione, considerabile<br />
come una tipologia di irrigazione per scorrimento, si raggiungono i 382.271 ettari ovvero il<br />
72,8% delle superfici irrigue. L’irrigazione per scorrimento (sommersione compresa) è totale<br />
nell’Associazione Irrigazione Est Sesia (90.475 ha) e nettamente prevalente nei consorzi<br />
Est Tic<strong>in</strong>o Villoresi (113.500 ha),<br />
Muzza Bassa Lodigiana (55.401<br />
ha), Media Pianura Bergamasca<br />
(29.120 ha), S<strong>in</strong>istra Oglio (9.294<br />
ha), Naviglio Vacchelli (3.785 ha),<br />
Dugali (15.300 ha), Medio Chiese<br />
(17.663 ha), Fra Mella e Chiese<br />
(1.740 ha) e Fossa di Pozzolo<br />
(26.055 ha).<br />
Nei comprensori sud orientali<br />
i canali irrigui vengono mantenuti<br />
riempiti durante la stagione<br />
irrigua. Gli agricoltori derivano<br />
l’acqua dai canali e la diffondono<br />
sui campi a scorrimento<br />
o, più spesso, per aspersione.<br />
Questa modalità di irrigazione<br />
viene denom<strong>in</strong>ata di soccorso<br />
e <strong>in</strong>teressa 124.199 ha irrigati<br />
dai consorzi di bonifica (23,3%).<br />
L’irrigazione è totalmente orga-<br />
Figura 2 - Tipologie di irrigazione nei comprensori lombardi<br />
nizzata secondo questa modali-
38 Il sistema irriguo lombardo Sauro Coffani; V<strong>in</strong>cenzo Angileri<br />
tà nei consorzi Agro Mantovano Reggiano (819.906 ha), Sud Ovest Mantova (14.683 ha),<br />
Burana (11.376 ha) e Revere (7.000 ha). È <strong>in</strong>oltre molto significativa, seppur non esclusiva,<br />
nei consorzi Alta e Media Pianura Mantovana (27.031 ha) e Navarolo (25.859 ha).<br />
La pluvirrigazione, effettuata mediante impianti tubati <strong>in</strong> pressione, è un sistema ancora<br />
poco diffuso <strong>in</strong> Lombardia. Essa <strong>in</strong>teressa 20.313 ettari, di cui 9.729 nei Colli Morenici<br />
del Garda, una realtà territoriale molto particolare, dove la realizzazione di impianti di sollevamento<br />
<strong>in</strong> grado di portare sulle coll<strong>in</strong>e moreniche, grazie a un migliaio di chilometri di<br />
tubi <strong>in</strong>terrati, l’acqua prelevata dai canali di valle, ha permesso di trasformare gli ord<strong>in</strong>amenti<br />
produttivi agricoli, altrimenti non competitivi con le aziende di pianura. Tra gli altri<br />
consorzi di bonifica la pluvirrigazione è diffusa nei consorzi Sud Ovest Mantova (3.693 ha),<br />
Medio Chiese (2.000 ha), S<strong>in</strong>istra Oglio (1.726 ha), Navarolo (1.037 ha), Media Pianura Bergamasca<br />
(880 ha), Alta e Media Pianura Mantovana (748 ha) e Est Tic<strong>in</strong>o Villoresi (500 ha).<br />
Come si può notare, sono situazioni marg<strong>in</strong>ali nel contesto dell’irrigazione lombarda.<br />
A questo punto è opportuno fornire alcune precisazioni circa il dibattito che si è andato<br />
diffondendo negli ultimi anni circa la compatibilità ambientale di un sistema irriguo<br />
basato su utilizzi di elevati quantitativi di acqua. Va <strong>in</strong>fatti rilevato che, <strong>in</strong> virtù delle naturali<br />
e molteplici <strong>in</strong>terconnessioni tra la circolazione idrica di superficie e quella di prima<br />
falda, pur <strong>in</strong> presenza di bassa efficienza al campo dell’adacquamento tradizionale per<br />
scorrimento (ovvero di elevate dotazioni irrigue specifiche all’appezzamento), a livello<br />
comprensoriale le dotazioni <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di risorsa idrica regolata si abbassano, s<strong>in</strong>o a divenire<br />
equivalenti a quelle dei comprensori totalmente irrigati per aspersione. L’irrigazione<br />
per scorrimento <strong>in</strong>oltre, oltre ad essere assolutamente priva di costi energetici, garantisce<br />
il permanere di un fitto sistema di canalizzazioni a cielo aperto a cui sono spesso associati<br />
elementi paesaggisticamente ed ecologicamente rilevanti (alberature, siepi etc.).<br />
Le acque utilizzate<br />
Per l’utilizzo delle acque i consorzi dispongono<br />
di concessioni di derivazione<br />
che globalmente assommano a 752,9<br />
m 3 /s. Sono i consorzi della pianura occidentale<br />
a disporre dei maggiori volumi<br />
di concessione (Associazione Irrigazione<br />
Est Sesia 188 m 3 /s, Est Tic<strong>in</strong>o<br />
Villoresi 173,51 m 3 /s, Muzza Bassa<br />
Lodigiana 120 m 3 /s), anche se spesso le<br />
portate di concessione non sono completamente<br />
derivabili per la mancanza<br />
di una sufficiente dotazione irrigua. I<br />
consorzi della bassa pianura, dove l’acqua<br />
viene sollevata dai fiumi, dispongono<br />
<strong>in</strong>vece dei quantitativi più limitati<br />
(Revere 6 m 3 /s, Sud Ovest Mantova<br />
10,6 m 30 /s, Agro Mantovano Reggiano<br />
14 m 3 /s).<br />
Tabella 1- Superfici servite e provenienza<br />
delle acque<br />
Provenienza acque Area servita (ha) Area servita (%)<br />
Adda 112.577 11,5<br />
Brembo 7.896 0,8<br />
Cherio 1.184 0,1<br />
Chiese 29.066 3,0<br />
M<strong>in</strong>cio 127.404 13,0<br />
Oglio 49.752 5,1<br />
Oglio Adda 125.615 12,8<br />
Po 104.554 10,6<br />
Po Baltea Tic<strong>in</strong>o 119.008 12,1<br />
Serio 14.445 1,5<br />
Sesia 30.512 3,1<br />
Sesia Tic<strong>in</strong>o 4.637 0,5<br />
Tic<strong>in</strong>o 136.463 13,9<br />
Misto 119.564 12,2<br />
Totale 982.677 100,0
Sauro Coffani; V<strong>in</strong>cenzo Angileri<br />
Il sistema irriguo lombardo 39<br />
L’entità dei volumi concessi è collegata alla dotazione irrigua territoriale (rapporto tra<br />
la portata prelevata alla fonte e la superficie irrigata, comprensiva pertanto delle perdite)<br />
la quale costituisce un <strong>in</strong>dice del grado di impiego della risorsa idrica nei territori. Essa dipende<br />
dalle tecniche di irrigazione utilizzate (è superiore <strong>in</strong>fatti per la sommersione e lo<br />
scorrimento, <strong>in</strong>feriore nel caso di irrigazioni per aspersione). Le maggiori dotazioni irrigue<br />
territoriali si hanno nei comprensori occidentali dove possano superare anche l’1,25 l/sxha.<br />
La gran parte delle acque superficiali utilizzate per l’irrigazione proviene dai fiumi che<br />
escono dai grandi laghi regolati lombardi: Tic<strong>in</strong>o, Adda, Oglio, Chiese e M<strong>in</strong>cio, con prevalenza<br />
dei primi due (tab. 1). Tuttavia va segnalato che più di un terzo (36,6%) dei territori<br />
irrigui sono irrigati con acque miste ovvero provenienti da più fiumi. A queste devono<br />
aggiungersi gli utilizzi da fontanile e quelli da pozzi.<br />
I consorzi di bonifica della Lombardia dispongono di 127 derivazioni di acqua irrigua;<br />
queste comprendono 24 impianti di sollevamento (negli altri casi si tratta di derivazioni a<br />
gravità che riguardano i territori di alta e media pianura). I pr<strong>in</strong>cipali impianti di sollevamento<br />
sono localizzati lungo il Po, l’Adda, l’Oglio e il M<strong>in</strong>cio e consentono di irrigare<br />
113.913 ettari. In essi sono <strong>in</strong>stallate 113 pompe per una potenza complessiva di 22.085<br />
kW. Si stima che vengano sollevati annualmente 580 milioni di metri cubi d’acqua, ovviamente<br />
dipendenti dall’andamento della stagione irrigua. Gli impianti funzionano mediamente<br />
per un <strong>in</strong>tervallo di tempo che può variare tra i 150 e i 60 giorni.<br />
Figura 3 - Pr<strong>in</strong>cipali derivazioni e adduttori della rete dei canali <strong>in</strong> gestione ai Consorzi<br />
La rete dei canali<br />
Il paesaggio lombardo di pianura si caratterizza per la fittissima rete di canali che scorrono<br />
tra i campi, sottopassano vie a grande comunicazione e strade vic<strong>in</strong>ali, si seguono talvolta<br />
paralleli per chilometri, si <strong>in</strong>tersecano, <strong>in</strong>crociano nel loro percorso migliaia di manufatti<br />
idraulici di regolazione dei flussi delle acque; talvolta preziosi ecosistemi l<strong>in</strong>eari, questi<br />
canali, grazie alle loro strade alzaie, rappresentano vie privilegiate di accesso alla campagna<br />
e assolvono anche funzioni ricreative. Sono essenzialmente canali irrigui e di bo-
40 Il sistema irriguo lombardo Sauro Coffani; V<strong>in</strong>cenzo Angileri<br />
nifica, di dimensioni e lunghezza variabile a secondo che siano derivatori pr<strong>in</strong>cipali o irrigatori<br />
aziendali, collettori o canali di bonifica secondari.<br />
Questo patrimonio è immenso. I canali <strong>in</strong> gestione ai consorzi di bonifica raggiungono<br />
globalmente <strong>in</strong> Lombardia 17.533 chilometri. Se si pensa di aggiungere a questi i canali<br />
privati e quelli aziendali, non censiti dal Sistema Informativo Bonifica Irrigazione Territorio<br />
Rurale (S.I.B.I.Te.R.) della Regione Lombardia, si può facilmente comprendere<br />
l’estensione di questa rete. È <strong>in</strong>teressante notare come la rete di canali <strong>in</strong> gestione ai consorzi<br />
di bonifica sia di estensione più o meno simile <strong>in</strong> Lombardia, Veneto (19.232 km) e<br />
Emilia Romagna (17.350 km) <strong>in</strong> base ai dati rilevati dalle rispettive Unioni Regionali delle<br />
Bonifiche. A differenza, però, delle regioni conterm<strong>in</strong>i, <strong>in</strong> Lombardia è la rete irrigua ad<br />
essere nettamente prevalente (12.551 km, ovvero il 71,6%, rispetto a 6.112 km e 32% <strong>in</strong><br />
Veneto e 3.096 km e 17,8% <strong>in</strong> Emilia). In Lombardia la ripartizione dei canali per le diverse<br />
funzioni, sulla base della loro lunghezza, è la seguente: 71,6% irrigazione, 13,9% bonifica,<br />
14,5% mista. Si tenga comunque conto del fatto che <strong>in</strong> questa attribuzione si considerano<br />
irrigui anche quei canali che, pur svolgendo <strong>in</strong> alcuni momenti funzioni di colo,<br />
sono stati progettati per assolvere la funzione irrigua, così come vengono attributi alla bonifica<br />
canali che possono supportare l’irrigazione per limitati periodi di tempo e con portate<br />
modeste.<br />
La prevalenza della rete irrigua sulla rete delle bonifica <strong>in</strong> Lombardia, si riflette, come<br />
ovvio, anche nei dati per s<strong>in</strong>golo consorzio. Sono proprio i consorzi più tipicamente irrigui<br />
a gestire le reti più estese. In particolare, la rete dell’Associazione Irrigazione Est Sesia<br />
raggiunge i 4.005 km soltanto <strong>in</strong> Lombardia, a cui si devono aggiungere i 1.212 km gestiti<br />
dallo stesso ente <strong>in</strong> Piemonte. La rete del consorzio di bonifica Est Tic<strong>in</strong>o Villoresi è<br />
di 2.503 km, quella del Medio Chiese di 1.306 km. In questi consorzi la rete irrigua rappresenta<br />
più dell’85% della rete totale. Una situazione differente si riscontra <strong>in</strong>vece nei<br />
due consorzi che seguono <strong>in</strong> quanto ad estensione della rete di canali: Media Pianura Bergamasca<br />
e Muzza. La rete del consorzio bergamasco (1.259 km) è <strong>in</strong>fatti <strong>in</strong> prevalenza costituita<br />
da canali ad uso promiscuo (753 km pari al 58,4% della rete), mentre quella del<br />
consorzio di Lodi (1.255 km) vede comunque una buona presenza di canali con prevalente<br />
funzione di bonifica (388 km, corrispondenti al 31% della rete), situati <strong>in</strong> gran parte<br />
nella parte bassa del comprensorio.<br />
Un parametro significativo per valutare l’impatto territoriale della rete dei canali è costituito<br />
dalla densità, rappresentata dal rapporto tra lunghezza della rete e superficie <strong>in</strong>teressata.<br />
In Lombardia la densità media dei canali gestiti dai consorzi di bonifica è di 1,64<br />
km/km 2 . È sorprendente notare come questa densità sia esattamente la stessa dei canali<br />
del Veneto (fonte Unione delle Bonifiche Venete) e superi di poco la densità dei canali emiliani<br />
(1,46 km/km 2 , fonte Unione Bonifiche dell’Emilia), a sottol<strong>in</strong>eare l’esistenza di una<br />
costante di densità, legata alla funzionalità, nella presenza di <strong>in</strong>frastrutture irrigue e di bonifica<br />
nella pianura del Po.<br />
A livello comprensoriale esiste comunque una notevole variabilità tra le densità di rete.<br />
Sono i comprensori della Lomell<strong>in</strong>a, di Revere e dell’alta pianura a presentare le densità<br />
di rete più elevate (Associazione Irrigazione Est Sesia 3,55 km/km 2 , Medio Chiese 2,34<br />
km/km 2 , Revere 2,28 km/km 2 , Dugali 2,19 km/km 2 , Fra Mella e Chiese 1,98 km/km 2 ), mentre,<br />
se si esclude il consorzio Naviglio Vacchelli (0,96 km/km 2 ), nel cui comprensorio per-
Sauro Coffani; V<strong>in</strong>cenzo Angileri<br />
Il sistema irriguo lombardo 41<br />
mangono gestioni private, le densità più basse si ritrovano nei consorzi che gestiscono i<br />
territori caratterizzati dallo scolo meccanico delle acque ovvero Navarolo (1,10 km/km 2 )<br />
e Sud Ovest Mantova (1,18 km/km 2 ).<br />
I comprensori che possiedono le maggiori densità di canali sono gli stessi che presentano<br />
le maggiori densità di canali irrigui a conferma di come sia la rete irrigua (che si era<br />
già visto essere prevalente nel computo totale) a essere determ<strong>in</strong>ante per la presenza della<br />
fitta maglia di canali che caratterizza il paesaggio e l’ambiente padano. Se si calcolano<br />
<strong>in</strong>fatti le densità di rete, suddivise per funzione, si ottiene che la densità delle rete irrigua<br />
è pari a 1,17 km/km 2 , quella di bonifica 0,23 km/km 2 , quella promiscua 0,24 km/km 2 . La<br />
densità dell’<strong>in</strong>sieme della rete ad uso irriguo e di quella promiscua raggiunge pertanto la<br />
ragguardevole cifra di 1,40 km/km 2 . Ancora una volta è confermato lo stretto legame esistente<br />
nella pianura lombarda tra irrigazione e paesaggio, fattore determ<strong>in</strong>ante degli assetti<br />
territoriali e dal quale è impossibile presc<strong>in</strong>dere per qualsiasi <strong>in</strong>tervento sull’agricoltura<br />
e sul territorio.<br />
Gli <strong>in</strong>terventi di manutenzione e adeguamento del sistema irriguo<br />
Un così esteso reticolo di canali e manufatti necessita nel tempo di costanti <strong>in</strong>terventi di<br />
manutenzione straord<strong>in</strong>aria e di adeguamenti. La Regione Lombardia supporta l’esecuzione<br />
di <strong>in</strong>terventi di conservazione e adattamento del sistema idraulico attraverso l’erogazione<br />
di f<strong>in</strong>anziamenti ai consorzi di bonifica, <strong>in</strong> un quadro di programmazione fondato sul<br />
programma regionale di bonifica e sui programmi comprensoriali dei consorzi. Interventi<br />
sul reticolo idraulico <strong>in</strong> gestione ai consorzi possono essere eseguiti e f<strong>in</strong>anziati anche<br />
a seguito di leggi, piani e programmi nazionali, quali, a esempio, il Piano di bac<strong>in</strong>o (L. 18<br />
maggio 1989, n.183 “Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo)<br />
e il Piano nazionale di approvvigionamento idrico, purché congruenti con le l<strong>in</strong>ee di<br />
programmazione regionali.<br />
F<strong>in</strong>o al 1999 gli <strong>in</strong>terventi f<strong>in</strong>anziati dalla Regione hanno beneficiato di fondi regionali<br />
sulla base della l.r. 59/84 (ora l.r. 7/2003). A partire dal 2000, l’<strong>in</strong>serimento di tali <strong>in</strong>terventi<br />
nel Piano di Sviluppo Rurale (misura q – 3.17 “Gestione delle risorse idriche <strong>in</strong> agricoltura”)<br />
ha consentito di utilizzare allo scopo anche risorse comunitarie e nazionali.<br />
Nel periodo di applicazione del Piano di Sviluppo Rurale (2000-2006) sono stati f<strong>in</strong>anziati<br />
402 progetti per un importo complessivo di lavori di quasi 111 milioni di euro. In generale<br />
il contributo regionale ha coperto l’80% dell’importo totale dell’<strong>in</strong>tervento. Gli <strong>in</strong>terventi<br />
hanno <strong>in</strong>teressato tutte le prov<strong>in</strong>cie lombarde di pianura. A Mantova sono stati dest<strong>in</strong>ati<br />
i maggiori f<strong>in</strong>anziamenti, i quali hanno consentito l’esecuzione di progetti per 32,90<br />
milioni di euro, a sottol<strong>in</strong>eare la fondamentale rilevanza della rete di bonifica e irrigazione<br />
nel territorio della prov<strong>in</strong>cia mantovana. Cremona e Brescia seguono con <strong>in</strong>terventi<br />
per un totale rispettivamente di 20,47 e 18,96 milioni di euro.<br />
Con il passare del tempo, sulla sp<strong>in</strong>ta delle istanze avanzate dall’op<strong>in</strong>ione pubblica e<br />
dalle popolazioni locali, ai tradizionali <strong>in</strong>terventi a prevalente funzione idraulica (realizzazioni<br />
e manutenzioni straord<strong>in</strong>arie di canali e manufatti, modifiche di tracciati, realizzazione<br />
di impianti pluvirrigui, costruzione di piccole centrali idroelettriche etc.) si sono affiancati,<br />
dapprima <strong>in</strong>terventi manutentivi con applicazione di tecniche di <strong>in</strong>gegneria naturalistica,<br />
e qu<strong>in</strong>di veri e propri <strong>in</strong>terventi volti al recupero e alla r<strong>in</strong>aturalizzazione di ca-
42 Il sistema irriguo lombardo Sauro Coffani; V<strong>in</strong>cenzo Angileri<br />
nali e strade alzaie a f<strong>in</strong>i ambientali e ricreativi, sistemazioni di fontanili, ristrutturazioni di<br />
manufatti ed edifici storici, creazione di vasche di lam<strong>in</strong>azione. Questi <strong>in</strong>terventi, cosiddetti<br />
per brevità “ambientali”, riguardano per il periodo di applicazione del Piano di Sviluppo<br />
Rurale (2000-2006) il 13,2% <strong>in</strong> quanto a numero di progetti e il 10,5% <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di<br />
importo dei lavori eseguiti.<br />
Altra istanza emersa più recentemente è stata la realizzazione di sistemi di telerilevamento<br />
e telecontrollo sui canali, nonché di azionamento automatico e a distanza di organi<br />
idraulici di manovra. Questi <strong>in</strong>terventi vanno <strong>in</strong> direzione di una maggiore efficienza<br />
e sicurezza nella gestione degli eventi di crisi nel caso della bonifica e di controllo accurato<br />
dei consumi idrici nel caso dell’irrigazione, così come da più parti viene sempre più<br />
richiesto. Questi <strong>in</strong>terventi hanno riguardato nel periodo 1996-2006 il 6,3% dei progetti f<strong>in</strong>anziati<br />
e il 4,5% delle risorse impiegate.
Stefano Bocchi<br />
Sistemi colturali e irrigazione<br />
Dipartimento di Produzione Vegetale<br />
Università degli Studi di Milano<br />
Via Celoria, 2 - Milano<br />
e-mail: stefano.bocchi@unimi.it
Stefano Bocchi<br />
Sistemi colturali e irrigazione 45<br />
Abstract<br />
L’’evoluzione dei sistemi colturali <strong>in</strong> Lombardia, sotto la sp<strong>in</strong>ta di esigenze<br />
mutevoli nel corso dei secoli, ha da sempre richiesto una cont<strong>in</strong>ua revisione delle<br />
tecniche di irrigazione. L’azienda agraria di oggi, senza poter dimenticare l’eredità<br />
del passato, deve seguire strategie <strong>in</strong>novative di gestione dell’acqua, <strong>in</strong> modo da migliorarne<br />
l’efficienza d’uso all’<strong>in</strong>terno dei moderni sistemi colturali, rispondendo sia<br />
a logiche di mercato sia a esigenze di sostenibilità ambientale, all’<strong>in</strong>terno di un quadro<br />
normativo europeo che la stimola a cogliere numerose opportunità nella tutela<br />
delle risorse naturali.<br />
In questo panorama, risulta opportuno non solo allargare e approfondire le conoscenze,<br />
ma anche mettere a punto nuovi strumenti per l’elaborazione dei dati, la loro <strong>in</strong>tegrazione,<br />
la rappresentazione cartografica, il monitoraggio ed offrire all’azienda<br />
servizi ad elevato livello qualitativo.<br />
L’acqua, che per sette decimi copre la terra tanto da conferirle l’aspetto di pianeta azzurro,<br />
nonostante l’apparente abbondanza (il 97% dell’acqua è mar<strong>in</strong>a e salata, più del<br />
2 % costituisce i ghiacci delle calotte polari), <strong>in</strong> realtà è una risorsa che, <strong>in</strong> molte aree, risulta<br />
fortemente <strong>in</strong>sufficiente. Siamo entrati <strong>in</strong> una fase storica caratterizzata dalle carenze<br />
e da usi conflittuali della risorsa, con enormi implicazioni di food ed environmental<br />
security (sicurezza alimentare e ambientale), salvaguardia degli ambienti acquatici, stabilità<br />
sociale e politica. Nella seconda metà del ventesimo secolo, la domanda di acqua<br />
è più che triplicata, con maggiore richiesta a scopi irrigui per la produzione di derrate alimentari.<br />
Nello stesso periodo, la fortissima crescita del numero di grandi dighe (da 5000<br />
a 45 000) è risultata la causa maggiore di alterazione di sistemi idrologici fluviali e la funzionalità<br />
di ecosistemi. Molte economie stanno affrontando queste problematiche, cercando<br />
di aumentare l’efficienza d’uso, di <strong>in</strong>dividuare migliori sistemi irrigui e di riutilizzazione<br />
dell’ acqua (recycl<strong>in</strong>g of waste water).<br />
Anche nella UE, ove l’agricoltura irrigua risulta tuttora il maggiore consumatore di<br />
acqua, con punte elevate nei paesi Mediterranei (88 % <strong>in</strong> Grecia, 72 % <strong>in</strong> Spagna, 59 %<br />
<strong>in</strong> Portogallo), risulta strategico def<strong>in</strong>ire politiche di <strong>in</strong>tervento a supporto dei diversi<br />
utenti che operano alle diverse scale. Conviene <strong>in</strong>dividuare <strong>in</strong>terventi locali (sistema colturale,<br />
sistema aziendale agrario) <strong>in</strong>serendoli all’<strong>in</strong>terno di logiche pianificatorie territoriali<br />
di più vasto respiro, <strong>in</strong> grado di superare le separazioni tra i settori (produttivi, <strong>in</strong>sediativi,<br />
ricreativi) e i relativi conflitti. Una recente rassegna bibliografica di Sander-Zwart<br />
e Bast<strong>in</strong>aanssen sottol<strong>in</strong>ea la necessità di r<strong>in</strong>novare le ricerche sulla produttività dell’acqua,<br />
che presenta una elevata variabilità sia tra le specie coltivate, sia all’<strong>in</strong>terno dei si-
46 Sistemi colturali e irrigazione Stefano Bocchi<br />
stemi colturali. La Produttività Idrica Colturale (Crop Water Productivity o CWP riferita <strong>in</strong><br />
bibliografia anche come Water Use Efficiency, efficienza d’uso dell’acqua, viene espressa<br />
<strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di kg di biomassa utile/m 3 di acqua evapotraspirata), risulta pari a 1,09 kg<br />
/m 3 per il frumento e per il riso, 0,65 kg/m 3 per il cotone, 1,80 kg/m 3 per il mais. Zwart<br />
e Bastiaanseen fanno osservare la grande variabilità di risposta delle specie coltivate: per<br />
il frumento i valori sono compresi nell’<strong>in</strong>tervallo 0,6 – 1,7 kg/m 3 ; per il riso 0,6 – 1,6<br />
kg/m 3 ; per il cotone 0,41 – 0,95 kg/m 3 ; per il mais 1,1 – 2,7 kg/m 3 ). Tale variabilità è riconducibile<br />
non solo alle caratteristiche meteorologiche, ma anche ai sistemi di gestione<br />
dell’acqua irrigua, del terreno (lavorazioni) delle colture (fertilizzazione ecc). Con<br />
una migliore efficienza d’uso dell’acqua, <strong>in</strong> condizioni di agricoltura <strong>in</strong>tensiva, si riducono<br />
i fenomeni di erosione e di <strong>in</strong>qu<strong>in</strong>amento delle falde.<br />
L’area geografica corrispondente al territorio Lombardo è caratterizzata da una diffusa<br />
disponibilità di acqua, dovuta sia al regime pluviometrico sia alla presenza di corsi<br />
d’acqua superficiali e di risorgive, <strong>in</strong> particolare nelle zone di pianura. In queste ultime,<br />
quasi il 92 % della superficie risulta oggi irrigua (circa 700000 ha) sia grazie alle derivazioni<br />
dirette dai corsi d’acqua (89 %) sia grazie a derivazioni dalla falda (11 %). Carlo<br />
Cattaneo descriveva le trasformazioni effettuate dall’uomo nella pianura Lombarda <strong>in</strong><br />
questo modo: “ Noi possiamo mostrare agli stranieri la nostra pianura tutta smossa e<br />
quasi rifatta dalle nostre mani …. Abbiamo preso le acque dagli alvei profondi dei fiumi<br />
e dagli avvallamenti palustri e le abbiamo diffuse sulle aride lande … una parte<br />
del piano, per arte ch’è tutta nostra, verdeggia anche nel verno, quando all’<strong>in</strong>torno ogni<br />
cosa è neve e gelo. Le terre più ulig<strong>in</strong>ose sono mutate <strong>in</strong> risaje; onde, sotto la stessa latitud<strong>in</strong>e<br />
della Vandea, della Svizzera, della Tauride, abbiamo stabilito una coltivazione<br />
<strong>in</strong>diana”. (Notizie naturali e civili su la Lombardia, VI congresso degli scienziati italiani).<br />
La pianura irrigua, che si mostrava agli osservatori della metà del XIX secolo “tutta smossa<br />
e quasi rifatta dalle nostre mani” avrebbe subito nei decenni successivi, ulteriori forti<br />
trasformazioni. Nelle frasi di Cattaneo si colgono due concetti: a) l’agricoltura, nel corso<br />
dei secoli, è stata una formidabile fonte di trasformazione dell’ambiente, ha “rifatto”<br />
la pianura, b) tale trasformazione si è compiuta nell’ambito di un <strong>in</strong>timo rapporto uomorisorse<br />
naturali, l’espressione “rifatta con le nostre mani” <strong>in</strong>dica un processo f<strong>in</strong>o ad allora<br />
<strong>in</strong>terno al mondo agricolo, fedele a logiche di relazione non mediata e non <strong>in</strong> contraddizione<br />
con quelle del settore primario. Del resto, come osservato da Giovanni Haussamann,<br />
i valori etici della civiltà contad<strong>in</strong>a per la società della città, risultano (o sarebbero<br />
risultati) letteralmente astratti, separati dalle loro radici e dest<strong>in</strong>ati ad essere rapidamente<br />
schiacciati da quello che, sempre Haussmann, def<strong>in</strong>isce “scienza urbana” (Haussmann<br />
G., 1992).<br />
Gli equilibri strutturali raggiunti e mantenuti dall’azienda agraria f<strong>in</strong>o alla f<strong>in</strong>e degli<br />
anni ‘50, sembrano qu<strong>in</strong>di disarticolarsi dal dopoguerra ad oggi sotto la sp<strong>in</strong>ta della<br />
“scienza urbana” che trasc<strong>in</strong>a l’azienda agraria con ritmi e logiche ad essa non sempre<br />
congeniali. In Figura 1 vengono riportate immag<strong>in</strong>i di aree rurali degli anni 1955-<br />
56 (colonna s<strong>in</strong>istra) confrontate alle stesse aree negli anni 2000 (colonna destra).<br />
Da queste immag<strong>in</strong>i, si colgono immediatamente le trasformazioni dei sistemi colturali<br />
e del paesaggio avvenute nell’azienda agraria di pianura irrigua lombarda negli<br />
ultimi 50 anni (Bocchi et al. 2003, Pileri et al. 2005).
1a 1b<br />
2a 2b<br />
Anno 1955 Anno 2000<br />
Stefano Bocchi<br />
Sistemi colturali e irrigazione 47<br />
Figura 1 - Foto IGM del 1955<br />
(colonna s<strong>in</strong>istra) e immag<strong>in</strong>i<br />
LANDSAT 2000 (destra) di due aree<br />
<strong>in</strong> prov<strong>in</strong>cia di Milano (<strong>in</strong> verde è<br />
evidenziato il sistema siepe/filare<br />
molto sviluppato negli anni ‘50 ed<br />
estremamente ridotto nel 2000)<br />
Immag<strong>in</strong>i a s<strong>in</strong>istra (azienda<br />
agraria degli anni ‘50,<br />
collocata <strong>in</strong> due aree a diverso<br />
sviluppo)<br />
1) L’azienda agraria è ancora<br />
caratterizzata dalla presenza<br />
del prato marcitoio, sistema<br />
colturale messo a punto<br />
nel XII secolo nella zona,<br />
come strumento di <strong>in</strong>tensificazioneforaggero-zootecnica<br />
che sfruttava l’abbondanza<br />
di acqua risorgiva (ad<br />
<strong>in</strong>tegrazione di quella dei<br />
canali) <strong>in</strong> grado di far produrre<br />
il prato anche <strong>in</strong> <strong>in</strong>verno,<br />
grazie alla temperatura<br />
dell’acqua superiore a<br />
10 °C (al prato erano dest<strong>in</strong>ati<br />
<strong>in</strong>dicativamente 600 –<br />
700 mm/anno).<br />
2) Gli appezzamenti sono di li-<br />
mitata superficie (anche <strong>in</strong>feriore all’ettaro), delimitati <strong>in</strong> modo da razionalizzare il lavoro<br />
dell’uomo e ottimizzare gli <strong>in</strong>terventi irrigui (recenti studi di agricoltura di precisione<br />
hanno dimostrato che gli appezzamenti avevano una forte omogeneità tessiturale<br />
<strong>in</strong>terna rispetto agli attuali nei quali l’eterogeneità è fonte di sprechi, <strong>in</strong>qu<strong>in</strong>amenti,<br />
<strong>in</strong>stabilità produttiva);<br />
3) Le rotazioni potevano <strong>in</strong>cludere la coltura da r<strong>in</strong>novo (mais da granella cui erano dest<strong>in</strong>ati<br />
200 mm/ciclo produttivo), una cerealicola vern<strong>in</strong>a (frumento cui erano dest<strong>in</strong>ati<br />
circa 100 – 200 mm/ciclo produttivo) e tre anni di prato avvicendato (cui erano dest<strong>in</strong>ati<br />
circa 500 – 600 mm/anno; il sistema colturale trae orig<strong>in</strong>e da studi del XV- XVI<br />
secolo di agronomi lombardi come Agost<strong>in</strong>o Gallo e Tarello da Lonato);<br />
4) L’azienda gestisce un sistema di siepi e filari ai bordi dei campi (il sistema conferisce<br />
all’<strong>in</strong>sieme l’aspetto di cosiddetto bocage all’italiana di orig<strong>in</strong>e etrusca, evoluzione romana<br />
e perfezionamento r<strong>in</strong>ascimentale), sistema che era <strong>in</strong> grado di svolgere numerose<br />
funzioni e <strong>in</strong>fluire positivamente sui bilanci idrici delle colture.
48 Sistemi colturali e irrigazione Stefano Bocchi<br />
Immag<strong>in</strong>i a destra (azienda agraria attuale)<br />
1) Molte aziende agrarie (caso 1b) possono essere considerate ormai sistemi relitti marg<strong>in</strong>alizzati<br />
o <strong>in</strong>globati <strong>in</strong> aree di espansione urbana, <strong>in</strong>dustriale e <strong>in</strong>frastrutturale ove lo<br />
sviluppo post-bellico ha ridotto fortemente la SAU, impermeabilizzato gran parte delle<br />
superfici, frazionato i terreni coltivati, compromesso l’armonia dell’azienda agraria, <strong>in</strong>fluendo<br />
fortemente sui flussi idrici dell’<strong>in</strong>tera area;<br />
2) Le aziende agrarie (caso 2b), seguendo processi di <strong>in</strong>tensificazione (negli anni ’60 –’70<br />
– ’80 la pressione d’offerta da parte dell’<strong>in</strong>dustria di mezzi tecnici per l’agricoltura come<br />
diserbanti, antiparassitari, concimi ternari e semplici, macch<strong>in</strong>e operatrici è forte e<br />
crescente) specializzazione, semplificazione hanno cambiato la forma e la dimensione<br />
dei terreni. Gli appezzamenti, a seguito di <strong>in</strong>terventi di accorpamento, hanno assunto<br />
una dimensione superiore all’ettaro (a volte diversi ettari), forme regolari funzionali ad<br />
un elevato livello di meccanizzazione del cereale estivo (mais o riso); nei terreni, lavorati<br />
spesso eccessivamente, dim<strong>in</strong>uisce progressivamente la percentuale di sostanza<br />
organica ed aumenta <strong>in</strong>vece – a volte eccessivamente – il contenuto di macroelementi<br />
(<strong>in</strong> particolare fosforo). L’irrigazione è ancora effettuata con metodi a scorrimento, poco<br />
efficienti, con turni ancora legati al passato (ancora funzionali alla gestione del prato).<br />
Le nuove tecniche, sviluppate a partire da studi degli anni ’70 e ’80 e <strong>in</strong> grado di<br />
valorizzare i dati spazializzati oggi disponibili di pedologia, meteorologia, caratteri colturali,<br />
si diffondono con difficoltà.<br />
3) Le rotazioni sono semplificate, con casi di monosuccessione. Il mais viene spesso coltivato<br />
come coltura pr<strong>in</strong>cipale sia per produrre granella, sia per produrre tr<strong>in</strong>ciato <strong>in</strong>tegrale.<br />
Le aziende con allevamento bov<strong>in</strong>o da latte trovano conveniente sostituire gli<br />
erbai <strong>in</strong>tercalari dopo frumento con l’erbaio di mais per la produzione di tr<strong>in</strong>ciato <strong>in</strong>tegrale.<br />
Con gli anni ’80 e con l’avvento delle attrezzature <strong>in</strong> grado di gestire il cosiddetto<br />
unifeed (piatto unico) <strong>in</strong> molte aziende vengono def<strong>in</strong>itivamente abbandonati i<br />
prati polititi (il fieno è considerato qualitativamente troppo eterogeneo e poco conveniente<br />
rispetto a quello ottenuto con erbaio di loglio italico); si abbandona def<strong>in</strong>itivamente<br />
il lad<strong>in</strong>aio (non adatto alla fienagione). Il sistema più <strong>in</strong>dicato di irrigazione per<br />
tali colture sarebbe quello per aspersione a domanda i cui tempi e volumi dovrebbero<br />
essere stabiliti <strong>in</strong> base a bilanci idrici per s<strong>in</strong>golo appezzamento (compaiono i sistemi<br />
irrigui a Pivot, Ranger o, più diffusamente, a rotolo autoavvolgente)<br />
4) L’azienda ha ridotto, frammentato, disarticolato il reticolo agroecologico rappresentato<br />
dalle siepi e filari, non riconoscendone più l’utilità delle funzioni di conf<strong>in</strong>e, di fonte<br />
di legname, di fasciame, di piccoli frutti, rifugio per la selvagg<strong>in</strong>a, frangivento, fascia<br />
tampone ecotonale, filtro naturale a livello atmosferico e tellurico, fonte di biodiversità<br />
per flora e fauna, struttura paesaggistica.<br />
Oggi l’azienda agraria, che deve affrontare nuove regole di mercato e qu<strong>in</strong>di sviluppare<br />
i caratteri di imprenditorialità comuni alle imprese di altri settori produttivi, è chiamata<br />
ad assumere il ruolo di centro di elaborazione di strategie locali per la difesa delle<br />
risorse ambientali, con particolare riferimento al suolo e all’acqua. Tutto ciò emerge <strong>in</strong><br />
modo chiarissimo dalla direttiva quadro sulle acque (2000/60) e dalla nuova Politica Agricola<br />
Comunitaria (PAC).
Stefano Bocchi<br />
Sistemi colturali e irrigazione 49<br />
La direttiva quadro sulle acque,<br />
elaborata <strong>in</strong> sede comunitaria<br />
europea, promuove un nuovo<br />
approccio <strong>in</strong>tersettoriale e nuovi<br />
strumenti di <strong>in</strong>tervento per migliorare<br />
la qualità non solo delle<br />
risorse idriche, ma anche dell’ambiente<br />
<strong>in</strong> generale, presupponendo<br />
un forte co<strong>in</strong>volgimento del<br />
settore primario, <strong>in</strong> tutte le sue<br />
componenti. Essa contiene importanti<br />
novità quali, ad esempio,<br />
a) la richiesta di piani <strong>in</strong>tegrati<br />
di gestione delle acque a scala<br />
di bac<strong>in</strong>o con attenzione alle fonti di <strong>in</strong>qu<strong>in</strong>amento puntiforme e diffuso, alle forme di<br />
estrazione, all’uso del suolo; b) l’<strong>in</strong>troduzione di un obiettivo comune europeo di “buono<br />
stato ecologico” di tutte le acque di superficie e sotterranee; c) l’<strong>in</strong>troduzione di stime<br />
dei costi sociali dell’uso dell’acqua; d) l’<strong>in</strong>troduzione delle stime di costi e benefici economici<br />
dei piani di gestione del bac<strong>in</strong>o.<br />
In questa direttiva è esplicito e forte il richiamo a concetti di pianificazione <strong>in</strong>tegrata<br />
del territorio, di analisi dei sistemi e di applicazione dei dettami della scienza ecologica.<br />
Ogni settore è chiamato a rispondere, <strong>in</strong> modo appropriato, a questi stimoli agendo<br />
almeno su due direzioni: i) di <strong>in</strong>terazione e <strong>in</strong>tegrazione con gli altri settori adottando strumenti<br />
comuni di analisi, di ricerca, di rappresentazione delle conoscenze e di progettazione;<br />
ii) di ricorso sempre più maturo all’approccio sistemico e <strong>in</strong>terdiscipl<strong>in</strong>are sia <strong>in</strong> sede<br />
di studio sia <strong>in</strong> sede di <strong>in</strong>tervento.<br />
Quanto più la tecnologia permette l’analisi <strong>in</strong>tegrata del dato, la accurata simulazione,<br />
la s<strong>in</strong>tesi efficiente, l’efficace e semplificata rappresentazione delle realtà, la rapida cattura<br />
dell’<strong>in</strong>formazione su vasti territori, tanto più è utile nell’impresa della gestione consapevole<br />
e della salvaguardia delle risorse.<br />
Del resto emerge anche dalla nuova PAC (Politica Agricola Comunitaria) una chiara esigenza<br />
di <strong>in</strong>tegrazione di tecniche di monitoraggio dei sistemi colturali per meglio gestire<br />
le risorse naturali su cui si basa l’agricoltura, per assicurare consulenza tecnica all’agricoltore.<br />
A fronte dei contributi che riceve, egli deve dimostrare <strong>in</strong> modo oggettivo quali sono<br />
le ricadute positive sull’ambiente.<br />
In questo quadro è qu<strong>in</strong>di opportuno rivolgersi alle tecniche che, <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di monitoraggio,<br />
elaborazione dati, restituzione dell’<strong>in</strong>formazione, assicurano efficacia e rapidità,<br />
oltre ad una auspicabile semplicità, <strong>in</strong> modo da poter essere condivise non solo dai ricercatori<br />
(molti studi sull’acqua rimangono <strong>in</strong> ambito accademico a causa della complessità<br />
nell’approccio e della mancanza della fase di traduzione nella pratica agronomica) ma<br />
da tutti gli operatori del settore.<br />
A tal proposito è opportuno, anche <strong>in</strong> questo settore, su un quadro analitico di taglio<br />
agroecologico aziendale e territoriale, <strong>in</strong>dividuare <strong>in</strong>dici o <strong>in</strong>dicatori s<strong>in</strong>tetici, <strong>in</strong> grado di<br />
trasmettere l’<strong>in</strong>formazione <strong>in</strong> modo efficace e rapido. Ad esempio, la CWP viene, come det-
50 Sistemi colturali e irrigazione Stefano Bocchi<br />
to, utilizzato per esprimere s<strong>in</strong>teticamente l’efficienza d’uso della risorsa; l’attenzione viene<br />
posta sul sistema colturale nel suo <strong>in</strong>sieme, allo scopo di <strong>in</strong>dividuare le migliori agrotecniche<br />
e gli assetti agroecologici aziendali che aumentano tale <strong>in</strong>dice; una buona efficienza<br />
d’uso dell’acqua ha ricadute positive sull’economia e sull’ambiente, <strong>in</strong> quanto sono<br />
ridotte le perdite o le uscite istantanee dal sistema, sono ridotti gli <strong>in</strong>qu<strong>in</strong>amenti e gli<br />
impatti dell’attività agricola. Il cosiddetto paradosso di Monteith (le piante non “usano” l’acqua,<br />
la sprecano, considerando che un ettaro di mais al massimo di attività assimila 1<br />
metro cubo di acqua al giorno, ma ne traspira circa 80) può essere facilmente superato<br />
se si considera che l’acqua non è solo un componente importante della fitomassa, ma è<br />
un potente meccanismo di termoregolazione dei sistemi colturali.<br />
Studi bibliografici sull’argomento dimostrano che a) la variabilità delle condizioni nel<br />
tempo e nello spazio è altissima; b) è una comb<strong>in</strong>azione di fattori colturali che <strong>in</strong>cide su<br />
CWP; c) è possibile aumentare CWP dal 25 al 40 % attraverso un miglioramento delle<br />
pratiche agronomiche con particolare riferimento al tipo di gestione del terreno e dei mezzi<br />
tecnici di produzione (lavorazioni, fertilizzazioni).<br />
Vi sono, <strong>in</strong>fatti, numerose modificazioni della superficie del terreno, ottenute con <strong>in</strong>terventi<br />
di diverso tipo, <strong>in</strong> grado di <strong>in</strong>fluire positivamente sul bilancio idrico, grazie all’aumentata<br />
capacità del terreno di immagazz<strong>in</strong>are acqua per renderla disponibile alla coltura.<br />
Le lavorazioni che smuovono strati di terreno e lasciano la superficie irregolare e rugosa<br />
possono essere causa di maggiori processi di evaporazione rispetto ad una situazione<br />
di terreno la cui superficie viene lasciata <strong>in</strong>disturbata e coperta dai residui colturali.<br />
Nella maggioranza delle ricerche effettuate sulla pratica della non lavorazione si sono riportati<br />
risultati positivi di aumento di CWP, correlati con una generale aumentata capacità<br />
del terreno di trattenere acqua. La non lavorazione associata con la presenza dei residui<br />
colturali sulla superficie del terreno non solo riduce i fenomeni di evaporazione, ma<br />
può limitare l’erosione superficiale o l’<strong>in</strong>filtrazione troppo rapida dell’acqua.<br />
La superficie dei terreni sui quali vengono mantenuti i residui colturali è più fresca di<br />
quella dei terreni lavorati. Ciò può rallentare la crescita delle piante nelle prime fasi e<br />
qu<strong>in</strong>di non è pratica consigliabile nelle aree più fredde o nelle sem<strong>in</strong>e precoci.<br />
Una equilibrata presenza nel terreno di elementi nutritivi può <strong>in</strong>fluire sulla CWP <strong>in</strong><br />
quanto una coltura con sufficiente approvvigionamento di nutrienti (con particolare riferimento<br />
ad azoto e fosforo) è <strong>in</strong> grado di approfondire maggiormente il proprio apparato<br />
radicale e, qu<strong>in</strong>di, di sfruttare meglio le riserve idriche.<br />
Del resto, numerosissime ricerche dimostrato come l’aggiunta di sostanza organica<br />
può determ<strong>in</strong>are un significativo aumento di CWP grazie alle migliorate caratteristiche fisiche<br />
(struttura, equilibrio micro/macroporosità), chimiche e biologiche del terreno.<br />
Le tecniche per aumentare l’efficienza d’suo dell’acqua sono qu<strong>in</strong>di molte, di diversa tipologia<br />
e attuabili a scala di pianta (<strong>in</strong>cremento dell’harvest <strong>in</strong>dex, miglioramento della resistenza<br />
alla siccità e sal<strong>in</strong>ità) a scala di appezzamento (applicazione delle strategie di low<br />
<strong>in</strong>put o deficit irrigation, scelta di cv. precoci, modifica delle epoche di sem<strong>in</strong>a, lavorazioni<br />
del terreno <strong>in</strong> grado di ridurre l’evaporazione e aumentare l’<strong>in</strong>filtrazione e l’<strong>in</strong>tercettazione<br />
dell’acqua, particolare cura delle fertilizzazioni, ecc.) e a scala agro-ecologica territoriale<br />
(sistemi di ricircolo dell’acqua, rimp<strong>in</strong>guamento artificiale controllato delle falde freatiche, analisi<br />
spazializzata delle richieste e dei consumi, costituzione e mantenimento di una rete eco-
Stefano Bocchi<br />
Sistemi colturali e irrigazione 51<br />
logica o sistema siepi/filari <strong>in</strong> grado di <strong>in</strong>fluire su ET e <strong>in</strong>tercettazione dell’acqua).<br />
Recenti studi dimostrano che è possibile raggiungere forti miglioramenti di CWP sia<br />
per i sistemi colturali che utilizzano l’irrigazione per sommersione (diffusi sostanzialmente<br />
nella zona collocata a sud-ovest della pianura), sia per quelli che utilizzano metodi per<br />
scorrimento (area centro-meridionale), sia per quelli irrigati con metodi per aspersione<br />
(area sud- orientale) che ricorrono a impianti meccanizzati ad ali traslanti o imperniate<br />
con ugelli a diversa tipologia, o ancora, per quelli a microportata.<br />
Questa complessità ci <strong>in</strong>duce a pensare che sia possibile raggiungere l’ambizioso obiettivo<br />
di un migliore e più consapevole uso dell’acqua, solo con uno sforzo diretto da un<br />
lato a diffondere un atteggiamento di maggiore rispetto per le risorse naturali e dall’altro<br />
a migliorare gli strumenti per il monitoraggio e la consulenza tecnica all’azienda (come previsto<br />
dalla nuova PAC). Per questi ultimi aspetti appaiono di particolare <strong>in</strong>teresse i risultati<br />
ottenuti nel campo della modellistica, del telerilevamento e, più recentemente, della<br />
geomatica per l’agricoltura e l’ambiente.<br />
Lo studio e il monitoraggio delle colture e dei sistemi colturali, sviluppati negli anni<br />
‘70 con forte impegno di mezzi e di tempo per effettuare osservazioni o misure dirette e<br />
spesso distruttive, ha trovato negli anni ‘90 nei modelli di simulazione della crescita e sviluppo<br />
delle colture uno strumento potente e <strong>in</strong>novativo.<br />
Questi modelli, che affondano le proprie radici nella cibernetica, nella fisiologia della<br />
produzione, nella climatologia applicata, nella pedologia, nell’agronomia, nelle scienze<br />
sistemiche, nell’ecologia agraria, grazie agli sviluppo dell’<strong>in</strong>formatica (sia hardware sia<br />
software) sono oggi <strong>in</strong> grado di utilizzare dati relativi alle variabili meteorologiche, pedologiche,<br />
agronomiche, idrologiche, fisiologiche per simulare il comportamento della coltura<br />
agraria, riproducendone la crescita <strong>in</strong> biomassa, l’andamento fenologico, le richieste<br />
di acqua irrigua e di nutrienti, la produzione. Questi strumenti sono oggi utilizzabili alle<br />
diverse scale: quella di s<strong>in</strong>golo appezzamento, quella aziendale e quella territoriale.<br />
Nel mondo esistono <strong>in</strong>teressanti applicazioni di questa tecnologia che <strong>in</strong>tegra efficacemente<br />
a) sistemi di acquisizione, organizzazione ed elaborazione cartografica del dato<br />
per la spazializzazione con tecniche geostatistiche (es. CropSyst e GIS come nel caso elaborato<br />
da Bech<strong>in</strong>i, Bocchi, Maggiore 2003); b) sistemi per il monitoraggio diretto della coltura<br />
per calcolare <strong>in</strong> tempo reale il fabbisogno idrico (es. modello ENWATBAL con strumenti<br />
di TDR come ad esempio nel caso del sistema Texano descritto da Lascano (2000).<br />
I cosiddetti Irrigation Advisory Services (AIS) utilizzano <strong>in</strong> modo <strong>in</strong>tegrato tecniche di<br />
modellistica, di Geographic Information System (GIS), di Remote Sens<strong>in</strong>g (RS) potenziate<br />
da strumenti di Information Technology (IT) all’<strong>in</strong>terno di sistemi che giornalmente possono<br />
fornire agli agricoltori prodotti di facile e immediata <strong>in</strong>terpretazione (tabelle di parametri<br />
o mappe di deficit) utili per razionalizzare l’irrigazione delle colture. L’<strong>in</strong>novazione<br />
risiede proprio nel doppio passaggio di a) utilizzazione <strong>in</strong>tegrata di tecniche di RS che<br />
consentono di superare l’attuale metodica basata sulla stima di deficit idrici delle colture<br />
sulla base di modelli agrometeorologici e osservazioni di campo; b) utilizzazione di IT<br />
che permettono di raggiungere l’agricoltore giornalmente attraverso sia GIS aziendali disponibili<br />
su PC sia telefono cellulare con le <strong>in</strong>formazioni relative ai s<strong>in</strong>goli appezzamenti<br />
(plot-specific irrigation recommendation, data di irrigazione, volume irriguo, variabilità<br />
dell’appezzamento ecc.). In modo diretto, come nel caso del progetto europeo DEME-
52 Sistemi colturali e irrigazione Stefano Bocchi<br />
TER, i Kc (coefficienti colturali) sono ottenuti mediante l’elaborazione dei NDVI (Normalized<br />
Difference Vegetation Index) forniti con periodi regolari dai satelliti ad alta risoluzione<br />
<strong>in</strong> orbita <strong>in</strong>torno alla terra (attraverso tecniche di cross validation è possibile omogeneizzare<br />
l’<strong>in</strong>formazione derivata da diversi satelliti).<br />
Gli ambiti di <strong>in</strong>tegrazione discipl<strong>in</strong>are e tecnologica (ad es. la Geomatica) sembrano<br />
oggi offrire maggiori vantaggi quando si debba, come nel caso di un migliore uso dell’acqua<br />
da parte di diversi settori, affrontare una problematica complessa co<strong>in</strong>volgente numerose<br />
competenze e differenziate figure professionali. Come prima sottol<strong>in</strong>eato, lo stretto<br />
e cont<strong>in</strong>uo rapporto stabilito f<strong>in</strong>o al secondo dopoguerra dall’ agricoltore con la terra coltivata,<br />
sì è – def<strong>in</strong>itivamente ? - allentato: la distanza può oggi essere colmata grazie ai<br />
moderni strumenti tecnologici che tuttavia, richiedono impegno, nuove riflessioni, nuova<br />
saggezza che renda la tecnologia realmente utile al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità<br />
e di conservazione delle risorse naturali.<br />
Riferimenti bibliografici<br />
Bech<strong>in</strong>i L., S.Bocchi, T.Maggiore. 2003. Spatial <strong>in</strong>terpolation of soil physical properties for irrigation<br />
plann<strong>in</strong>g. A simulation study <strong>in</strong> northern Italy. European Journal of Agronomy 19, 2003,1–14.<br />
Belmonte A.C., Jochum A.M., Garcia A.C., Rodriguez A.M., Fuster P.L. 2005. Irrigation management<br />
from space: towards user-friendly products. Irrigation and Dra<strong>in</strong>age Systems. 2005. 19, 337 – 353.<br />
Bocchi S., Maggiore T. 1998. Acqua disponibile: studio della variabilità di campo con analisi<br />
geostatistica. Irrigazione e Drenaggio. 4, 48 – 53<br />
Bocchi S., P. Pileri, S. Gomarasca, M. Sedazzari. 2003. L’<strong>in</strong>dicatore siepe-filare per il monitoraggio e<br />
la pianificazione. Atti Conv. Int. “Il sistema rurale. Una sfida per la progettazione tra salvaguardia,<br />
sostenibilità e governo delle trasformazioni”. Milano, 13 – 14 ottobre 2004.<br />
Cattaneo C. 1844. Notizie naturali e civili su la Lombardia. G.Bernardoni Ed. Milano<br />
Haussmann G., 1992. L’uomo simbionte. Per un nuovo equilibrio fra suolo e società VAllecchi,<br />
Firenze.<br />
Lascano, 2000: A general system to measure and calcolate daily cBop water use. Agron. J. 92, 821 – 832<br />
Sander J.Zwart, W<strong>in</strong> G.M. Bastiaanssen. 2004. Review of measured crop water productivity values<br />
for irrigated wheat, rice, cotton and maize. Agricultural Water Management 69 , 2004, 115 – 133
Claudio Smiraglia<br />
Guglielm<strong>in</strong>a Diolaiuti<br />
I ghiacciai Lombardi.<br />
Variazioni di una risorsa idrica<br />
Dipartimento di Scienze della Terra “A. Desio”<br />
Università degli Studi di Milano<br />
Via Mangiagalli, 34 - 20133 Milano<br />
e-mail: claudio.smiraglia@unimi.it
Claudio Smiraglia, Guglielm<strong>in</strong>a Diolaiuti<br />
I ghiacciai Lombardi 55<br />
I ghiacciai rappresentano non solo dei sensibili <strong>in</strong>dicatori delle variazioni<br />
climatiche, ma costituiscono anche un’importante risorsa idrica. È qu<strong>in</strong>di opportuno<br />
valutarne dimensioni ed evoluzione. In Lombardia i ghiacciai coprono una<br />
superficie di poco più di 100 km2 e racchiudono una riserva di acqua stimata <strong>in</strong> circa<br />
4,6 miliardi di m3 Abstract<br />
concentrati prevalentemente nei gruppi montuosi del Bern<strong>in</strong>a-Disgrazia,<br />
dell’Ortles-Cevedale e dell’Adamello. Elaborando i dati sulle variazioni frontali<br />
raccolti a cura del Comitato Glaciologico Italiano s<strong>in</strong> dall’<strong>in</strong>izio del XX secolo, si constata<br />
che i ghiacciai lombardi sono <strong>in</strong> netto regresso con valori che oscillano da pochi<br />
metri a quasi 20 m all’anno. Questo regresso è stato <strong>in</strong>terrotto solo da una breve ripresa<br />
fra gli Anni Settanta e Ottanta del XX secolo. Un’analisi sull’omogeneità della risposta<br />
dei ghiacciai ai fattori forzanti del clima ha evidenziato che sono i ghiacciai vallivi<br />
con le fronti alle quote più basse, e normalmente presentano maggiore lunghezza e<br />
più ampie superfici, a risentire <strong>in</strong> misura maggiore dell’<strong>in</strong>cremento termico <strong>in</strong> atto. Il<br />
loro regresso è qu<strong>in</strong>di la risposta ad una variazione nel delicato equilibrio fra ablazione<br />
e accumulo. L’accelerazione del regresso all’<strong>in</strong>izio del XXI secolo sembra <strong>in</strong>dicare che<br />
questo processo non abbia ancora raggiunto un nuovo equilibrio.<br />
Introduzione<br />
Da tempo le ricerche scientifiche hanno messo <strong>in</strong> evidenza sia a livello locale sia a livello<br />
globale le relazioni fra l’evoluzione <strong>in</strong> atto nella criosfera e le tendenze climatiche.<br />
In particolare è emerso come i ghiacciai rispondano <strong>in</strong> misura ben avvertibile alle<br />
variazioni climatiche anche di lieve entità e di breve durata. Questi sistemi naturali<br />
possono qu<strong>in</strong>di essere considerati attendibili <strong>in</strong>dicatori ambientali, funzione che si unisce<br />
a quella ben nota di importanti modificatori del paesaggio (è appena il caso di ricordare<br />
che durante le glaciazioni pleistoceniche i ghiacciai hanno lasciato tracce ben<br />
evidenti su un terzo delle terre emerse) (Smiraglia, 1992; Benn & Evans, 1998; Oerlemans,<br />
2002; Smiraglia & Diolaiuti, 2005). Attualmente si sta sempre più evidenziando<br />
l’importanza dei ghiacciai sia come attrazione a livello turistico, sia come riserva di acqua<br />
per l’irrigazione e la produzione di energia. Si tratta <strong>in</strong> pratica di una risorsa economica<br />
preziosa che è opportuno conoscere per quantificarla e per ottenere <strong>in</strong>formazioni<br />
sulla sua evoluzione.<br />
I parametri fondamentali da determ<strong>in</strong>are sono sicuramente quelli riguardanti le superfici,<br />
gli spessori (e i volumi) e le loro variazioni. Sono dati disponibili a diverse scale temporali<br />
e con diverse precisioni. Le serie più lunghe di dati di variazioni glaciali riguardano<br />
le variazioni di lunghezza misurate da caposaldi esterni ai ghiacciai (misure frontali),<br />
raccolte a cura del Comitato Glaciologico Italiano a partire dalla f<strong>in</strong>e del XIX secolo. Lo<br />
stesso ente ha realizzato un primo catasto dei ghiacciai italiani nel 1959-1962, seguito da
56 I ghiacciai Lombardi Claudio Smiraglia, Guglielm<strong>in</strong>a Diolaiuti<br />
un aggiornamento nel 1989. In Lombardia la situazione appare favorevole <strong>in</strong> quanto è stato<br />
realizzato nel 1992 un altro catasto ad opera del Servizio Glaciologico Lombardo, seguito<br />
nel 2005 da un ulteriore catasto commissionato dalla Regione Lombardia e realizzato<br />
dal Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Milano. Da segnalare <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e<br />
altri data base, <strong>in</strong> particolare quello del CESI, riguardante le variazioni di tutti i ghiacciai<br />
italiani, e la recente ricerca della Fondazione Lombardia per l’Ambiente nell’ambito del<br />
Progetto Kyoto.<br />
I ghiacciai lombardi come risorsa idrica<br />
Secondo il catasto del Servizio Glaciologico Lombardo all’<strong>in</strong>izio degli Anni Novanta del XX<br />
secolo i ghiacciai <strong>in</strong> Lombardia erano circa 300 con una superficie totale di poco più di<br />
118 km 2 . La quantificazione della superficie dei ghiacciai viene effettuata utilizzando carte<br />
topografiche a grande scala, foto aeree, immag<strong>in</strong>i da satellite, rilievi di terreno, e fornisce<br />
dati sufficientemente attendibili, soprattutto quando i vari metodi siano usati <strong>in</strong> modo<br />
<strong>in</strong>tegrato. La determ<strong>in</strong>azione di spessori e volumi, da cui ricavare l’equivalente <strong>in</strong> acqua<br />
è <strong>in</strong>vece molto più complessa. Le perforazioni sono logisticamente molto complesse, sono<br />
dispendiose dal punto di vista economico e forniscono solo dati puntuali. Più diffusi<br />
sono i rilievi geofisici (oggi <strong>in</strong> particolare mediante RES, Radio Echo Sound<strong>in</strong>g), realizzati<br />
per quanto riguarda le Alpi Lombarde su meno di una dec<strong>in</strong>a di ghiacciai (fra i quali i<br />
Forni, il Dosdè, la Sforzell<strong>in</strong>a, l’Adamello) (Merlanti et al, 1995; Pavan et al, 200; Frassoni<br />
et al, 2001). Anche con questo metodo non è tuttavia possibile ricavare <strong>in</strong>formazioni al di<br />
là delle situazioni locali. Si preferisce qu<strong>in</strong>di applicare metodi <strong>in</strong>diretti che partano da parametri<br />
già disponibili, presenti nei catasti. Fra questi trova applicazione l’algoritmo proposto<br />
da Haeberli & Hoelzle (1995), che, utilizzando il dislivello fra quota media e quota<br />
m<strong>in</strong>ima di un ghiacciaio, la sua lunghezza e la sua <strong>in</strong>cl<strong>in</strong>azione e applicando le leggi della<br />
reologia glaciale, permette di stimare lo spessore medio di un apparato e di ricavarne<br />
il volume di ghiaccio. Applicando a questo dato il valore medio di densità del ghiaccio,<br />
si ottiene una stima dell’equivalente <strong>in</strong> acqua (per un’applicazione ai ghiacciai del Cevedale<br />
si veda Smiraglia et al, 1998).<br />
Nella Tabella 1 vengono presentati alcuni dati sulle caratteristiche dei ghiacciai lombardi<br />
ricavate da elaborazioni del Catasto SGL del 1992. Oltre ai pr<strong>in</strong>cipali parametri mor-<br />
Tabella 1. Caratteristiche dimensionali dei ghiacciai lombardi divisi per gruppi montuosi<br />
GRUPPO MONTUOSO media della Media della superficie media del media dello VOLUME VOLUME<br />
QUOTA m<strong>in</strong>ima LUNGHEZZA massima TOTALE DISLIVELLO SPESSORE TOTALE TOTALE we<br />
m m km 2 m m m 3 m 3<br />
SPLUGA E VAL DI LEI 2645 564 3.44 254 10 54407609 49510924<br />
BERNINA E DISGRAZIA 2716 678 40.22 296 8 1509047025 1373232793<br />
CAMPO E LIVIGNO 2764 534 7.65 260 7 145267457 132193386<br />
ORTLES-CEVEDALE 2872 956 38.60 381 9 1485403304 1351717006<br />
ADAMELLO2782 2782 582 26.36 249 12 1897586453 1726803673<br />
OROBIE 2405 2405 386 1.47 215 7 17069188 15532961<br />
2697 617 118 276 9 5108781037 4648990743
Claudio Smiraglia, Guglielm<strong>in</strong>a Diolaiuti<br />
I ghiacciai Lombardi 57<br />
fologici e dimensionali (quota m<strong>in</strong>ima, lunghezza, superficie, dislivello), sono <strong>in</strong>dicati<br />
anche spessori medi, volumi totali e volumi di acqua equivalente, we), ricavati con gli<br />
algoritmi sopra descritti (per gli approfondimenti metodologici si rimanda alla bibliografia<br />
citata). I dati sono valori medi o totali suddivisi nei sei gruppi montuosi della<br />
Lombardia.<br />
Come appare dalla tabella, i gruppi maggiormente glacializzati sono quelli del Bern<strong>in</strong>a-Disgrazia<br />
e dell’Ortles-Cevedale, seguiti dall’Adamello. Colpisce l’esiguità degli<br />
spessori medi sia a livello regionale sia a livello dei s<strong>in</strong>goli gruppi, che sottol<strong>in</strong>ea ulteriormente<br />
la fragilità della “risorsa ghiacciai”. La maggior parte dei ghiacciai lombardi<br />
è <strong>in</strong>fatti caratterizzata da superfici e spessori esigui. Spiccano <strong>in</strong> ogni caso apparati di<br />
dimensioni relativamente grandi, fra i quali il vasto Ghiacciaio dell’Adamello, il maggiore<br />
delle Alpi Italiane (18,13 km 2 di superficie; 91,9 m di spessore medio; 1,7 milioni<br />
di m3 di ghiaccio) e il Ghiacciaio dei Forni <strong>in</strong> alta Valtell<strong>in</strong>a (rispettivamente 12,90<br />
km 2 ; 58,7 m; 0,7 milioni di m 3 ).<br />
L’<strong>in</strong>sieme dei ghiacciai lombardi costituisce tuttavia una risorsa idrica non trascurabile<br />
di quasi 5 miliardi di m 3 di acqua, di <strong>in</strong>teresse strategico, che si rivela particolarmente<br />
utile e talora determ<strong>in</strong>ante nei periodi siccitosi come l’estate 2003. Per avere un term<strong>in</strong>e<br />
di raffronto si ricordi che il più grande dei bac<strong>in</strong>i artificiali lombardi, quello di Cancano<br />
<strong>in</strong> alta Valtell<strong>in</strong>a, ospita 123 milioni di m 3 di acqua, mentre altri di grandi dimensioni, come<br />
quello di S. Giacomo e di Campo Moro, contengono rispettivamente 64 e 10,7 milioni<br />
di m 3 di acqua.<br />
Appare dunque di evidente importanza di del<strong>in</strong>eare lo “stato di salute” dei ghiacciai<br />
lombardi” e <strong>in</strong>dividuare l’evoluzione <strong>in</strong> atto.<br />
L’evoluzione <strong>in</strong> atto dei ghiacciai lombardi<br />
I parametri glaciologici utili all’identificazione della d<strong>in</strong>amica recente dei ghiacciai sono le<br />
misure di variazione frontale e i bilanci di massa. Per quanto riguarda la loro significatività<br />
è ormai noto a livello teorico che questi due parametri sono raccordabili alle d<strong>in</strong>amiche<br />
climatiche con due modalità diverse, ma complementari.<br />
Le variazioni frontali costituiscono, <strong>in</strong>fatti, l’ultimo anello di una catena di eventi che,<br />
partendo da una perturbazione climatica globale, si concretizza <strong>in</strong> una perturbazione climatica<br />
locale, seguita da uno squilibrio nel bilancio di massa del ghiacciaio, da una trasmissione<br />
di massa per raggiungere un nuovo equilibrio e <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e dalla risposta della fronte.<br />
Questa sequenza può avvenire <strong>in</strong> tempi di diversa estensione (a livello alp<strong>in</strong>o da qualche<br />
anno a qualche decennio), che dipendono fondamentalmente dalle caratteristiche<br />
geo-topografiche, morfologiche e geometriche proprie di ciascun ghiacciaio. La misura<br />
eseguita alla fronte è qu<strong>in</strong>di il risultato f<strong>in</strong>ale (limitatamente al momento <strong>in</strong> cui viene effettuata<br />
la misurazione) di una catena di eventi che può prolungarsi nel tempo e non essere<br />
immediatamente correlabile con gli eventi meteorologici registrati nel periodo immediatamente<br />
precedente la misura.<br />
Il bilancio di massa, diversamente, rappresenta la somma algebrica delle variazioni di<br />
massa (perdite e/o guadagni) avvenute nel corso di un anno idrologico (dal primo di Ottobre<br />
di un anno alla f<strong>in</strong>e di Settembre di quello successivo), e fornisce pertanto un dato
58 I ghiacciai Lombardi Claudio Smiraglia, Guglielm<strong>in</strong>a Diolaiuti<br />
immediatamente correlabile con i parametri meteorologici di quell’anno.<br />
Le due metodologie richiedono <strong>in</strong>oltre tecniche di misura e raccolta dei dati molto diverse<br />
come competenza degli operatori, disponibilità strumentale, impegno logistico. Questo<br />
fatto, unito ovviamente al progresso teorico e applicato della ricerca <strong>in</strong> campo glaciologico,<br />
ha fatto sì che, mentre le misure di variazione frontale sono <strong>in</strong>iziate sulle Alpi Italiane<br />
e <strong>in</strong> particolare Lombarde nel 1895 (si dispone qu<strong>in</strong>di di alcune serie ultrac<strong>in</strong>quantennali),<br />
i bilanci di massa siano <strong>in</strong>iziati sulle Alpi Italiane nel 1966 e sulle Alpi Lombarde<br />
nel 1986 (le serie disponibili <strong>in</strong> Lombardia sfiorano il ventennio di dati).<br />
I dati sulle variazioni frontali, i quali unicamente si farà riferimento <strong>in</strong> questo lavoro,<br />
sono stati raccolti dalle pubblicazioni del Comitato Glaciologico Italiano “Bollett<strong>in</strong>o<br />
del Comitato Glaciologico Italiano” dal 1914 al 1977 e “Geografia Fisica e D<strong>in</strong>amica Quaternaria”<br />
dal 1978 al 2005. La loro elaborazione ha permesso per 20 ghiacciai di allestire<br />
le curve tempo-distanza, esplicative <strong>in</strong> modo s<strong>in</strong>tetico della loro d<strong>in</strong>amica frontale. In<br />
particolare è stato possibile realizzare 9 serie storiche di variazioni ultrac<strong>in</strong>quantennali<br />
(da 50 a più di 50 anni); 3 serie di variazioni ultratrentennali (da 30 a 39 anni); 3 serie<br />
di variazioni ultraventennali<br />
(da 20 a 29 anni) e 5 serie<br />
di variazioni ultradecennali<br />
(da 10 a 19 anni).<br />
I dati raccolti sono stati<br />
omogeneizzati e le eventuali<br />
lacune temporali colmate<br />
attraverso l’utilizzo di dati<br />
medi pluriennali.<br />
La serie temporalmente<br />
più estesa è risultata quella<br />
del Ghiacciaio dei Forni,<br />
Figura 1 - Variazioni frontali cumulate di alcuni ghiacciai lombardi<br />
dall’ <strong>in</strong>izio del XX secolo<br />
rettamente sul terreno e 41<br />
ricostruiti sulla base di dati<br />
medi pluriennali; nel caso di<br />
questo ghiacciaio è stato<br />
possibile mediante <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>i<br />
storiche estendere la serie<br />
f<strong>in</strong>o al 1864, seppur con solo<br />
una misura. Nella tabella<br />
2 sono riportati i dati di variazione<br />
frontale dei ghiacciai<br />
con le serie storiche più<br />
lunghe, mentre nella fig. 1<br />
vengono riportate le curve<br />
comprendente 98 dati annuali<br />
dei quali 57 rilevati di-<br />
Tabella 2. Variazioni frontali cumulate e variazioni medie<br />
annue di un campione di ghiacciai lombardi con<br />
serie storiche ultrac<strong>in</strong>quantennali<br />
Ghiacciaio Periodo di misura Variazione totale (m) Variazione media annua (m)<br />
Caspoggio 1926-2004 -1365 -17,5<br />
Castelli Est 1925-2004 -438 -5,5<br />
Dosegù 1951-2004 -371 -7<br />
Forni 1864-2004 -2614 -18,7<br />
Scal<strong>in</strong>o 1924-2004 -705 -8,8<br />
Sforzell<strong>in</strong>a 1925-2004 -281 -3,5<br />
Tresero 1950-2004 -300 -5,5<br />
Venerocolo 1952-2004 -229 -4,4<br />
Vent<strong>in</strong>a 1923-2004 -1108 -13,7
Claudio Smiraglia, Guglielm<strong>in</strong>a Diolaiuti<br />
I ghiacciai Lombardi 59<br />
tempo-distanza dei ghiacciai dei Forni, del Vent<strong>in</strong>a, della Sforzell<strong>in</strong>a e del Venerocolo.<br />
Dalla tabella 2 appare chiaro che tutti i ghiacciai campione della Lombardia siano<br />
<strong>in</strong> netto arretramento, pur nelle diverse scale temporali; i valori medi annui di regresso<br />
sfiorano i 20 m. Spicca il Ghiacciaio dei Forni che dalla metà del XIX secolo ad oggi è<br />
arretrato di oltre 2,5 km con un ritiro annuale di quasi 20 m. Dalle curve della fig. 1 si<br />
osserva però che questa fase di regresso non è stata uniforme, ma è stata <strong>in</strong>terrotta negli<br />
anni Settanta-Ottanta del XX secolo da una breve ripresa del glacialismo che ha portato<br />
le fronti glaciali ad avanzare di qualche dec<strong>in</strong>a di metri, legata ad una riduzione<br />
della temperatura globale di qualche decimo di grado. Si può constatare che per il Venerocolo<br />
questa fase di ripresa non è evidente; questo ghiacciaio, situato nel gruppo<br />
dell’Adamello, è <strong>in</strong>fatti un debris covered glacier, un apparato la cui l<strong>in</strong>gua di ablazione<br />
è ricoperta di morenico con spessori variabili da pochi millimetri a qualche decimetro.<br />
Questa copertura modifica gli scambi energetici fra ghiaccio e atmosfera e, se superiore<br />
a qualche centimetro, riduce l’ablazione, rendendo il ghiacciaio meno sensibile ai<br />
fattori forzanti climatici.<br />
Può essere poi utile per quanto riguarda il tempo di risposta dei ghiacciai e qu<strong>in</strong>di la<br />
persistenza della loro riserva idrica, verificare la contemporaneità del segnale climatico da<br />
loro registrato e qu<strong>in</strong>di il loro comportamento più o meno <strong>in</strong> fase. L’utilizzo di matrici che<br />
hanno correlato fra di loro le variazioni frontali dei ghiacciai lombardi ha messo <strong>in</strong> evidenza<br />
comportamenti omogenei e <strong>in</strong> fase a vari livelli e su vari periodi. Come primo risultato<br />
si può osservare che le correlazioni più significative sono risultate quelle riguardanti<br />
le variazioni frontali fra gli Anni Settanta e Ottanta del XX secolo avvenute durante<br />
la piccola fase fredda della seconda metà del Novecento. Ciò fa ritenere che durante una<br />
fase di espansione glaciale, anche se di limitate dimensioni e durata come quella citata, la<br />
reazione delle fronti glaciali sia più omogenea che non durante le fasi di <strong>in</strong>tenso ritiro. In<br />
questo secondo caso sulla d<strong>in</strong>amica frontale dovrebbero avere notevole <strong>in</strong>fluenza, oltre<br />
ai fattori climatici responsabili di accumulo e ablazione, anche quelli geografici, morfologici<br />
e dimensionali.<br />
Per meglio comprendere il significato di queste correlazioni si sono presi <strong>in</strong> considerazione<br />
vari parametri legati alle caratteristiche geografiche, dimensionali e morfologiche<br />
dei ghiacciai analizzati, desunti dal catasto regionale più recente (Regione Lombardia,<br />
2004).<br />
Il primo fattore esam<strong>in</strong>ato per <strong>in</strong>terpretare le maggiori o m<strong>in</strong>ori correlazioni tra le serie<br />
di dati di variazione frontale è stata la distanza reciproca tra i ghiacciai analizzati. Già<br />
<strong>in</strong> letteratura è noto che, mentre fra le serie di bilanci di massa di ghiacciai situati relativamente<br />
vic<strong>in</strong>i gli uni agli altri sono ben correlati (Reynaud et al., 1984; Diolaiuti et al.,<br />
2002), la tendenza delle serie di variazioni frontali non è <strong>in</strong>fluenzata dalla prossimità geografica.<br />
L’elaborazione dei dati dei ghiacciai lombardi conferma quanto noto <strong>in</strong> letteratura:<br />
le serie di variazione frontale non hanno mostrato correlazioni significative <strong>in</strong> funzione<br />
della distanza reciproca degli apparati analizzati. Apparati distanti tra loro anche parecchie<br />
dec<strong>in</strong>e di km sono risultati spesso correlati più significativamente di ghiacciai adiacenti.<br />
Uniche eccezioni sono risultati gli <strong>in</strong>tervalli 1953-1989 e 1931-1943 dove si è riscontrata<br />
una seppur lieve corrispondenza tra m<strong>in</strong>ore distanza e migliore correlazione dei dati<br />
di variazione frontale.
60 I ghiacciai Lombardi Claudio Smiraglia, Guglielm<strong>in</strong>a Diolaiuti<br />
Il passo successivo è consistito nell’analisi dell’<strong>in</strong>fluenza dei fattori morfologici e dimensionali<br />
sulle correlazioni tra apparati.<br />
Una leggera <strong>in</strong>fluenza nel produrre su ghiacciai anche distanti variazioni frontali <strong>in</strong><br />
fase sembra essere l’<strong>in</strong>cl<strong>in</strong>azione media degli apparati (ricordiamo che l’<strong>in</strong>cl<strong>in</strong>azione media<br />
di un ghiacciaio ne <strong>in</strong>fluenza lo sforzo di taglio basale e di conseguenza la velocità<br />
di slid<strong>in</strong>g, che nella maggior parte dei ghiacciai temperati è la componente pr<strong>in</strong>cipale<br />
del movimento e qu<strong>in</strong>di uno dei fattori regolanti l’<strong>in</strong>tensità delle variazione frontale).<br />
Più significativi sono stati i risultati ottenuti utilizzando i valori medi delle variazioni<br />
frontali dell’ultimo c<strong>in</strong>quantennio (Tab. 3), risultati sempre negativi per tutti i<br />
ghiacciai esam<strong>in</strong>ati e pari <strong>in</strong> media a –7 m/a. Questi valori sono stati correlati alla<br />
lunghezza massima, all’area<br />
e al dislivello altimetrico<br />
di ciascun ghiacciaio;<br />
l’elaborazione ha dato come<br />
risultato una elevata<br />
correlazione tra parametri<br />
morfologici e variazione<br />
frontale media annua (come<br />
riportato anche per i<br />
ghiacciai svizzeri da Paul<br />
et al., 2004); <strong>in</strong> s<strong>in</strong>tesi<br />
ghiacciai più estesi o più<br />
lunghi presentano variazioni<br />
medie annue più eleva-<br />
Figura 2 - Relazione tra variazione frontale media e lunghezza dei<br />
ghiacciai<br />
zioni frontali medie annue<br />
più limitate (Fig. 2-3-4).<br />
Nelle Figg. 2-3-4 sono<br />
riportate le correlazioni fra<br />
variazioni frontali medie e<br />
lunghezza massima, area e<br />
dislivello altimetrico degli<br />
apparati considerati. Questo<br />
tipo di analisi, che è tra l’altro<br />
<strong>in</strong>dipendente dal popolamento<br />
del data base con<br />
dati rilevati o medie pluriennali,<br />
è di grande importanza<br />
per gli approcci modellistici<br />
e l’allestimento di scenari<br />
previsionali.<br />
te, mentre ghiacciai di m<strong>in</strong>ore<br />
estensione areale e/o<br />
più corti mostrano varia-<br />
Figura 3 - Relazione tra variazione frontale media e area dei ghiacciai
damento della seconda metà<br />
del XX secolo, che ha visto<br />
la maggior parte dei<br />
ghiacciai lombardi <strong>in</strong> lieve<br />
espansione.<br />
Sull’omogeneità della d<strong>in</strong>amica<br />
frontale globale dei<br />
ghiacciai lombardi i parametri<br />
morfologici, geometrici e<br />
geografici (distanza, lunghezza<br />
e <strong>in</strong>cl<strong>in</strong>azione) non sembrano<br />
avere particolare <strong>in</strong>fluenza.<br />
Più significative sono<br />
le correlazioni fra variazioni<br />
frontali medie di serie<br />
c<strong>in</strong>quantennali e lunghezza,<br />
superficie e dislivello. È <strong>in</strong>fatti<br />
emerso che i ghiacciai<br />
Claudio Smiraglia, Guglielm<strong>in</strong>a Diolaiuti<br />
Figura 4 - Relazione tra variazione frontale media e dislivello del ghiacciai<br />
I ghiacciai Lombardi 61<br />
Conclusioni<br />
I dati raccolti sulle variazioni<br />
dei ghiacciai lombardi e<br />
la loro elaborazione hanno<br />
permesso di identificare una<br />
fase di forte regresso generale<br />
che prosegue da quasi<br />
un secolo, pur con un lieve<br />
rallentamento nella seconda<br />
metà del XX secolo, e che<br />
ha portato le fronti ad arretrare<br />
da qualche cent<strong>in</strong>aia di<br />
metri a oltre due chilometri.<br />
Questa tendenza è apparsa<br />
particolarmente omogenea<br />
nel periodo di lieve raffred-<br />
Tabella 3. Parametri morfometrici e variazioni frontali<br />
di un campione di ghiacciai lombardi. La correlazione tra<br />
la variazione frontale media e i diversi parametri è<br />
risultata rispettivamente di 0,6; 0,6 e 0,7<br />
Nome Ghiacciaio Lunghezza (m) Area (mq) Dislivello (m) variazione<br />
frontale media<br />
annua (2004-1953)<br />
FORNI 4698 12334298 1170 -14,1<br />
VENTINA 3330 2140711 1300 -12,9<br />
PIZZO SCALINO 2062 1816995 600 -8,1<br />
SFORZELLINA 994 352354 352 -1,7<br />
CASTELLI EST 746 34436 310 -4,2<br />
CASPOGGIO 1042 476733 435 -11,4<br />
TRESERO 1041 656476 390 -5,3<br />
DOSEGÙ 2656 2308455 645 -5,6<br />
VENEROCOLO 2122 1342583 640 -4,4<br />
ZEBRÙ 2128 1210257 710 -2,2<br />
più estesi o più lunghi presentano variazioni medie annue più elevate, mentre ghiacciai di<br />
m<strong>in</strong>ore estensione areale e/o più corti hanno subito variazioni frontali medie annue più limitate.<br />
Sono qu<strong>in</strong>di i ghiacciai vallivi che hanno le fronti alle quote più basse, e normalmente<br />
presentano maggiore lunghezza e più ampie superfici, a risentire <strong>in</strong> misura maggiore<br />
dell’<strong>in</strong>cremento termico <strong>in</strong> atto. Il loro regresso è qu<strong>in</strong>di la risposta ad una variazione nel<br />
delicato equilibrio fra ablazione e accumulo; la reazione si concretizza nel ricollocare le proprie<br />
fronti ad una quota superiore <strong>in</strong> condizioni climatiche che permettano di recuperare quell’equilibrio.<br />
L’accelerazione del regresso all’<strong>in</strong>izio del XXI secolo sembra <strong>in</strong>dicare che questo<br />
processo non abbia portato f<strong>in</strong>ora al raggiungimento di un nuovo equilibrio.
62 I ghiacciai Lombardi Claudio Smiraglia, Guglielm<strong>in</strong>a Diolaiuti<br />
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In: “Il riscaldamento del pianeta” (a cura di F. Pagetti), Angeli, Milano.
Claudio Gandolfi<br />
Arianna Facchi<br />
Un sistema di simulazione per<br />
la pianificazione dell’irrigazione<br />
a scala di bac<strong>in</strong>o<br />
Istituto di Idraulica Agraria<br />
Università degli Studi di Milano<br />
Via Celoria, 2 - 20133 Milano<br />
e-mail: claudio.gandolfi@unimi.it
Claudio Gandolfi, Arianna Facchi<br />
Pianificazione dell’irrigazione 65<br />
Abstract<br />
Dall’analisi del quadro normativo più recente (DLgs 152/99 e successive<br />
modifiche, Direttiva Quadro Europea sulle Acque 2000/60/EC) appare evidente<br />
come la pianificazione della risorsa idrica sarà <strong>in</strong> futuro sempre maggiormente v<strong>in</strong>colata<br />
agli obiettivi ed alle strategie imposte nell’ambito del processo di pianificazione<br />
<strong>in</strong>tegrata alla scala di bac<strong>in</strong>o, che ha già preso avvio e che dovrà produrre i primi esiti<br />
<strong>in</strong> tempi relativamente brevi (la Direttiva Quadro prevede la redazione di piani di<br />
gestione dei bac<strong>in</strong>i idrografici e la programmazione degli <strong>in</strong>terventi entro il 2009). In<br />
questo contesto lo sviluppo e l’applicazione di tecnologie e metodologie scientificamente<br />
avanzate ma sufficientemente consolidate (quali i modelli di simulazione idrologica,<br />
i sistemi <strong>in</strong>formativi geografici, il telerilevamento, le tecniche geostatistiche, ecc.),<br />
rivestono un’importanza fondamentale. L’uso <strong>in</strong>tegrato di tali strumenti permette di<br />
sfruttare pienamente i dati provenienti dai programmi di monitoraggio territoriale,<br />
consentendo la comprensione e la quantificazione dei flussi idrici nel sistema fisico<br />
alla scala d’<strong>in</strong>teresse, nonché la valutazione dell’impatto delle azioni antropiche e dei<br />
cambiamenti ambientali sui sistemi di risorse idriche. Nella memoria si illustra l’applicazione<br />
di un sistema di simulazione delle risorse idriche ad un comprensorio irriguo<br />
con caratteristiche idraulico-agrarie rappresentative di una vasta porzione di pianura<br />
lombarda.<br />
Introduzione<br />
L’utilizzo irriguo delle risorse idriche nella pianura lombarda presenta alcuni aspetti peculiari,<br />
legati ai caratteri del territorio ed all’antica orig<strong>in</strong>e di molti dei sistemi irrigui. L’adduzione<br />
e la distribuzione della risorsa avvengono quasi esclusivamente attraverso estese reti<br />
di canali a pelo libero, spesso non rivestiti. Persiste, <strong>in</strong>oltre, l’impiego prevalente di metodi<br />
irrigui tradizionali (scorrimento superficiale e sommersione). Le elevate perdite per percolazione,<br />
tipiche di questi metodi, a cui si aggiungono quelle di adduzione e distribuzione,<br />
se da una parte limitano l’efficienza dell’approvvigionamento irriguo, dall’altra costituiscono<br />
la pr<strong>in</strong>cipale fonte di ricarica del sistema di falde acquifere sotterranee, sul cui sfruttamento<br />
si basa l’approvvigionamento idrico civile ed <strong>in</strong>dustriale dell’<strong>in</strong>tero territorio e da cui trae<br />
notevole beneficio la stessa irrigazione attraverso lo sfruttamento dei fontanili. Di conseguenza,<br />
lo studio dell’assetto idraulico-territoriale nonché la comprensione della d<strong>in</strong>amica<br />
degli <strong>in</strong>genti flussi di scambio tra acque superficiali e sotterranee sono fondamentali per <strong>in</strong>dirizzare<br />
gli <strong>in</strong>terventi e le azioni istituzionali nel campo della bonifica e dell’irrigazione,<br />
considerate le ricadute che queste hanno sul settore agricolo e sull’<strong>in</strong>tero territorio.<br />
Un contributo rilevante, a questo f<strong>in</strong>e, può derivare dall’impiego, <strong>in</strong> modo il più possibile<br />
<strong>in</strong>tegrato, di strumenti e tecnologie avanzati, quali i modelli idrologici di simulazione,<br />
le tecniche di geostatistica e telerilevamento, i metodi di analisi di <strong>in</strong>certezza e di sensitivi-
66 Pianificazione dell’irrigazione Claudio Gandolfi, Arianna Facchi<br />
tà, la strumentazione sperimentale più avanzata per la misura delle grandezze idrologiche.<br />
L’Istituto di Idraulica Agraria è da tempo impegnato <strong>in</strong> ricerche ed applicazioni <strong>in</strong> questo campo:<br />
nella memoria vengono illustrati alcuni dei risultati conseguiti attraverso l’applicazione<br />
di un modello di simulazione idrologico ad un comprensorio irriguo campione.<br />
Il sistema di simulazione delle risorse idriche<br />
Il sistema di simulazione utilizzato per lo studio è basato sull’accoppiamento di due modelli<br />
idrologici distribuiti: il modello concettuale ALHyMUS (Facchi et al., 2004, Facchi,<br />
2003), che opera il bilancio idrologico per il sistema suolo-pianta, e MODFLOW (McDonald<br />
e Harbaugh, 1988), che descrive il flusso negli acquiferi sottostanti sulla base di una<br />
schematizzazione bidimensionale orizzontale, e l’<strong>in</strong>terazione tra acque sotterranee e reticolo<br />
idrico superficiale. Il sistema <strong>in</strong>tegrato consente di valutare la distribuzione spaziale<br />
e temporale dei fabbisogni irrigui e dei consumi idrici <strong>in</strong> relazione alle caratteristiche colturali<br />
e pedo-climatiche dell’area <strong>in</strong> esame, nonché le <strong>in</strong>terazioni dell’irrigazione con il regime<br />
delle acque sotterranee (Facchi et al., 2004; Facchi, 2003).<br />
Una delle maggiori difficoltà nell’accoppiamento efficiente e nella risoluzione numerica<br />
di modelli che descrivono le d<strong>in</strong>amiche dei flussi idrici <strong>in</strong> sotto-sistemi differenti risiede<br />
senz’altro nelle differenze <strong>in</strong>tr<strong>in</strong>seche di scala spaziale e di passo temporale che li<br />
caratterizzano. Per accoppiare i due modelli è stata implementata un’<strong>in</strong>terfaccia che <strong>in</strong>tegrasse<br />
ALHyMUS <strong>in</strong> MODFLOW. L’<strong>in</strong>terfaccia accoppia <strong>in</strong> modo esplicito nello spazio e<br />
nel tempo i due modelli attraverso la superficie freatica (Ortuani, 2002).<br />
Un <strong>in</strong>terfaccia-utente GIS (IdrAgra), sviluppata ad hoc, consente una facile preparazione<br />
degli <strong>in</strong>gressi e dei parametri del sistema di simulazione nonché la visualizzazione<br />
ed elaborazione delle uscite spazializzate (Gandolfi et al., 2006; Ortuani et al., 2005a).<br />
Il comprensorio irriguo campione<br />
Il Comprensorio di Bonifica Muzza - Bassa Lodigiana (circa 700 km 2 ), sito nella parte centro-meridionale<br />
della pianura lombarda (co<strong>in</strong>cidente all’<strong>in</strong>circa con la Prov<strong>in</strong>cia di Lodi), è<br />
uno dei territori lombardi di più antica irrigazione e possiede caratteri idraulico-agrari rappresentativi<br />
di una vasta porzione di pianura lombarda. I conf<strong>in</strong>i idrogeologici sono costituiti<br />
dai corsi del Po a sud, dal Lambro Meridionale e dall’Adda, rispettivamente a ovest e<br />
est, e da parte del tracciato del canale Muzza a nord. La risorsa per l’approvvigionamento<br />
irriguo del comprensorio proviene dall’Adda, tramite il canale Muzza, che deriva una portata<br />
di circa 100 m 3 /s nei mesi estivi. La rete superficiale è <strong>in</strong> gran parte non rivestita o con<br />
rivestimenti di tipo permeabile, con perdite valutabili nell’ord<strong>in</strong>e del 20% nella sola rete primaria.<br />
L’irrigazione a scorrimento è dom<strong>in</strong>ante pressoché su tutto il territorio. L’uso del suolo<br />
nell’area è prevalentemente agricolo, con grande importanza, tra i sem<strong>in</strong>ativi, dei cereali<br />
(soprattutto mais), seguiti dalle foraggere avvicendate. A differenza di altri territori lombardi,<br />
un ruolo importante cont<strong>in</strong>uano a rivestire i prati, sia permanenti che avvicendati.<br />
Applicazione al comprensorio campione<br />
Per l’applicazione del sistema di simulazione al Comprensorio Muzza - Bassa Lodigiana,<br />
si è operata una discretizzazione spaziale secondo maglie di dimensione di 1 ha e 36 ha<br />
rispettivamente per i modelli dell’<strong>in</strong>saturo e del saturo (dettate essenzialmente dalla scala
Claudio Gandolfi, Arianna Facchi<br />
Pianificazione dell’irrigazione 67<br />
spaziale dei dati disponibili). Il passo temporale di restituzione dei risultati è giornaliero<br />
per ALHyMUS e trimestrale per MODFLOW.<br />
Le grandezze <strong>in</strong> <strong>in</strong>gresso ed i parametri dei modelli sono stati ricavati a partire dai dati<br />
disponibili e dall’elaborazione di immag<strong>in</strong>i satellitari. In particolare, l’andamento giornaliero<br />
delle variabili agrometeorologiche <strong>in</strong> ogni cella è stato assegnato a partire dalle serie<br />
di dati rilevati presso otto stazioni meteo della rete ERSAF. Le caratteristiche idrauliche<br />
dei suoli sono def<strong>in</strong>ite tramite l’applicazione di funzioni di pedo-trasferimento (Rawls e Brakensiek,<br />
1989) alle <strong>in</strong>formazioni fisico-chimiche relative ai profili di riferimento della carta<br />
pedologica ERSAF <strong>in</strong> scala 1:50.000.<br />
Il sistema <strong>in</strong>tegrato è stato verificato per il biennio 1999-2000 considerando l’analisi<br />
della risposta del sistema di acquiferi alle sollecitazioni considerate, sulla base della<br />
recente letteratura (e.g. Mroczkowski et al., 1997) che sottol<strong>in</strong>ea come sia significativo,<br />
al f<strong>in</strong>e della calibrazione dei modelli alla scala di bac<strong>in</strong>o, soprattutto il confronto con la<br />
d<strong>in</strong>amica dei livelli piezometrici (si vedano Ortuani, 2002 e Facchi et al., 2004 per ulteriori<br />
dettagli).<br />
Nelle Figure 1(A), 1(B) e 1(C) sono illustrate alcune uscite del sistema di simulazione<br />
per l’anno 2000.<br />
A B C<br />
Figura 1 - Anno 2000: (A) distribuzione spaziale dell’evapotraspirazione effettiva annua (mm), (B)<br />
distribuzione spaziale della ricarica annua della falda dovuta a pioggia e irrigazione (mm), (C) quote<br />
piezometriche simulate dell’acquifero superficiale alla f<strong>in</strong>e di marzo (m s.l.m.)<br />
Lo scarso dettaglio di alcuni dei dati disponibili ha comportato l’<strong>in</strong>troduzione di alcune<br />
ipotesi semplificative nell’implementazione del sistema di simulazione (essenzialmente<br />
riguardanti le caratteristiche gestionali del sistema irriguo) e, soprattutto, ne ha impedito<br />
una sistematica calibrazione e validazione (si pensi, ad esempio, alla carenza di dati<br />
sulle caratteristiche idrauliche dei suoli e sulle quote piezometriche degli acquiferi). Ulteriori<br />
sviluppi nella direzione della raccolta dati sono dunque <strong>in</strong>dispensabili per il raggiungimento<br />
di un pieno grado di operatività dello strumento.
68 Pianificazione dell’irrigazione Claudio Gandolfi, Arianna Facchi<br />
Attività di monitoraggio<br />
Per acquisire elementi utili alla calibrazione e validazione sistematica dei due modelli accoppiati,<br />
si sono ritenute di fondamentale importanza: (1) il potenziamento del monitoraggio<br />
delle quote piezometriche, (2) la verifica, almeno alla scala di s<strong>in</strong>gola cella, dell’attendibilità<br />
della modellistica numerica utilizzata per la simulazione del bilancio idrico nel<br />
suolo.<br />
In relazione al punto (1), è stata def<strong>in</strong>ita da Ortuani (2002; 2005b), tramite procedure<br />
geostatistiche, una rete ottimale di monitoraggio dell’acquifero freatico, i cui punti di misura<br />
sono stati selezionati a partire da quelli utilizzati <strong>in</strong> una campagna di rilevamento del<br />
1996. La rete ottimale consta di 35 punti, la cui distribuzione complessiva è rappresentata<br />
<strong>in</strong> Figura 2(A). A partire dal marzo 2003, per 27 di questi punti sono disponibili misurazioni<br />
manuali con freatimetro con cadenza di un mese e mezzo. Nei restanti 8 punti, selezionati<br />
<strong>in</strong> prossimità delle aree dove l’errore del modello rispetto ai dati misurati è maggiore,<br />
sono state <strong>in</strong>stallate sonde automatiche (STS) munite di data-logger, che eseguono<br />
acquisizioni ogni 6 ore.<br />
Per quanto riguarda il punto (2), si è avviata a partire dal 2005, <strong>in</strong> collaborazione con<br />
DIIAR-Politecnico di Milano, la realizzazione di una stazione sperimentale per la misura<br />
dettagliata dei flussi idrici ed energetici <strong>in</strong> una parcella dell’azienda agricola sperimentale<br />
della Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Milano, ubicata a Landriano (PV). La<br />
stima dei flussi energetici (calore latente e sensibile) e dunque dell’evapotraspirazione effettiva,<br />
viene effettuata tramite la tecnica micrometeorologica della “eddy correlation” (Brutsaert,<br />
1982); <strong>in</strong> Figura 2(B) un particolare della stazione. In un profilo di suolo situato nella<br />
parcella si sono <strong>in</strong>oltre <strong>in</strong>stallate sonde TDR per la misura dell’umidità e tensiometri a<br />
varie profondità. In aggiunta a tali misure <strong>in</strong> cont<strong>in</strong>uo, sono previste per le stagioni agrarie<br />
2006 e 2007 una serie di campagne per la misura distribuita dell’umidità del suolo e<br />
dello sviluppo colturale della vegetazione <strong>in</strong> alcune parcelle opportunamente selezionate<br />
sulla base di colture e caratteristiche del suolo.<br />
A B<br />
Figura 2 -<br />
(A) Distribuzione<br />
spaziale dei<br />
punti di misura<br />
della rete di<br />
monitoraggio<br />
dell’acquifero<br />
freatico<br />
ottimizzata;<br />
(B) particolare<br />
della stazione<br />
micrometeorologica.
Claudio Gandolfi, Arianna Facchi<br />
Pianificazione dell’irrigazione 69<br />
Esempi di applicazione a scenari di simulazione<br />
Un modello <strong>in</strong>tegrato, una volta opportunamente calibrato/validato, può essere utilizzato<br />
per prevedere la reazione del sistema d’<strong>in</strong>teresse ad azioni antropiche di varia natura così<br />
come ai cambiamenti ambientali. L’assenza di una adeguata calibrazione e validazione<br />
del sistema di simulazione comporta necessariamente che i risultati ottenuti dalla sua applicazione<br />
a scenari ipotetici debbano essere considerati essenzialmente dimostrativi delle<br />
potenzialità dello strumento ed <strong>in</strong>terpretati al più come andamenti tendenziali e non come<br />
predizioni quantitative. Con questa <strong>in</strong>dispensabile premessa si illustrano brevemente<br />
i risultati ottenuti dall’applicazione del sistema di simulazione delle risorse idriche ad alcuni<br />
scenari, <strong>in</strong> particolare: (1) di cambio di uso del suolo, (2) di limitazione alla disponibilità<br />
della risorsa idrica utilizzabile a f<strong>in</strong>i irrigui, (3) di cambio climatico. I risultati per gli<br />
scenari costruiti sono stati confrontati con quelli ottenuti per uno scenario di riferimento,<br />
basato sull’assunzione di uso del suolo, pratiche colturali e disponibilità idrica a f<strong>in</strong>i irrigui<br />
pari agli attuali.<br />
Gli scenari di cambio di uso del suolo sono stati creati <strong>in</strong> accordo con i possibili effetti<br />
di Agenda2000 sulle colture della pianura lombarda. In particolare, si sono considerati:<br />
a) riduzione delle superfici a mais e soia, <strong>in</strong>cremento dei cereali autunno-vern<strong>in</strong>i; b)<br />
<strong>in</strong>cremento delle superfici a mais, estensivizzazione dell’agricoltura; tali scenari rappresentano<br />
casi limite degli effetti che la PAC potrebbe avere sulle colture della pianura nei<br />
prossimi anni. L’analisi dei risultati delle simulazioni ha consentito di evidenziare numerosi<br />
aspetti di <strong>in</strong>teresse, tra i quali: i) cambiamenti molto accentuati delle tipologie colturali<br />
modificano <strong>in</strong> maniera significativa i volumi idrici necessari per soddisfare il fabbisogno<br />
irriguo delle colture (Figura 3(A)). Le possibili variazioni dei fabbisogni irrigui dovute<br />
a cambi nell’uso del suolo, ovvero a modifiche dell’assetto territoriale (quali, appunto,<br />
l’impiego di differenti colture), risultano dunque ampie; ii) i volumi d’acqua attualmente<br />
disponibili per l’irrigazione sono adeguati a soddisfare i fabbisogni irrigui delle<br />
colture presenti, considerate le pratiche irrigue presenti nell’area; essi divengono sovrabbondanti<br />
quando le colture presenti vengono sostituite con altre meno idro-esigenti<br />
(Facchi et al., 2005a).<br />
Un ulteriore scenario considera una drastica riduzione del volume irriguo applicato su<br />
campo (- 30%), ipotizzabile come conseguenza di fattori naturali (variabilità del regime idrologico)<br />
e/o artificiali (revisioni delle concessioni di derivazione). I risultati mostrano come<br />
con le attuali pratiche irrigue, una forte riduzione dei volumi d’acqua erogati con l’irrigazione<br />
porta ad un deficit idrico per le colture non trascurabile. È necessario tuttavia<br />
sottol<strong>in</strong>eare che riduzioni delle disponibilità significative difficilmente potrebbero essere<br />
<strong>in</strong>trodotte senza <strong>in</strong>tervenire contemporaneamente sulle modalità di gestione nonché, dove<br />
necessario, sulla struttura del sistema irriguo (i.e. ristrutturazione delle reti, riord<strong>in</strong>o<br />
delle utenze, riconversione dei metodi irrigui), aspetti che non sono stati per ora considerati<br />
nelle simulazioni (Facchi et al., 2005a).<br />
Per quanto riguarda gli scenari di cambio climatico, le serie di dati meteo locali sono<br />
state costruite tramite la comb<strong>in</strong>azione statistica della serie climatica attuale e degli scenari<br />
di cambio climatico (2071-2100) e di riferimento (1961-1990) forniti dal modello di<br />
circolazione regionale HadRM3, sviluppato dall’Hadley Centre for Climate <strong>in</strong> UK (Hulme<br />
et al., 2002). La serie climatica attuale è stata costruita, come <strong>in</strong>dicato dall’IPCC (Interna-
70 Pianificazione dell’irrigazione Claudio Gandolfi, Arianna Facchi<br />
tional Panel on Climatic Change), a partire da una serie trentennale (1961 – 1990) di dati<br />
meteorologici osservati presso l’area di studio. In particolare si sono considerati gli scenari<br />
di cambio climatico basati sulle ipotesi di emissione di gas serra A2 (piuttosto drastica)<br />
e B2 (moderata), ipotizzate dall’IPCC (IPCC, 2000). Sotto l’ipotesi di emissione A2,<br />
la serie climatica risultante prevede, per l’orizzonte temporale 2071-2100, un aumento<br />
della temperatura media annua di circa 5 °C ed un’alterazione significativa del regime<br />
annuale delle precipitazioni (con un aumento rilevante nel periodo autunnale ed <strong>in</strong>vernale<br />
ed estati più siccitose). I fabbisogni idrici aumentano rispetto allo scenario attuale,<br />
raggiungendo entità significative più precocemente nella stagione irrigua, a causa della<br />
sem<strong>in</strong>a anticipata e dell’accelerazione della crescita vegetativa <strong>in</strong>dotte dall’aumento della<br />
temperatura (Figura 3(B)). Mantenendo l’attuale disponibilità di risorsa e l’attuale uso<br />
del suolo, si verificano episodi di deficit di fornitura irrigua rispetto al fabbisogno delle<br />
colture distribuiti nell’arco del quadrimestre irriguo. Sotto l’ipotesi B2 questi effetti risultano<br />
più contenuti.<br />
A B<br />
Figura 3 - (A) Volumi irrigui annuali distribuiti su campo per gli scenari di riferimento, di riduzione del<br />
volume irriguo disponibile, di cambio di uso del suolo (dieci anni di simulazione);<br />
(B) portata derivata media decadica, al netto delle perdite di adduzione/distribuzione, per gli scenari di<br />
riferimento e di cambio climatico (due anni di simulazione).<br />
Conclusioni<br />
La memoria evidenzia le potenzialità di tecnologie e metodologie scientificamente avanzate<br />
quali, <strong>in</strong> particolare, i modelli di simulazione idrologica <strong>in</strong>tegrati a scala di bac<strong>in</strong>o,<br />
nel fornire un supporto alla pianificazione delle risorse idriche. Le esperienze di applicazione<br />
di tali strumenti alla simulazione di sistemi <strong>in</strong> cui l’irrigazione costituisce una<br />
componente importante sono divenute ormai relativamente numerose anche sul territorio<br />
nazionale. È tuttavia da sottol<strong>in</strong>eare come la loro ricaduta pratica sia stata, ad oggi,<br />
ancora piuttosto modesta; le ragioni sono molteplici e sono riconducibili sicuramente alla<br />
presenza di problematiche scientifiche ancora irrisolte, che limitano l’affidabilità dei<br />
sistemi di simulazione, alla scarsa disponibilità, tra questi, di strumenti utilizzabili operativamente,<br />
così come alla mancanza di reti di monitoraggio adeguate. Inoltre, va sottoli-
Claudio Gandolfi, Arianna Facchi<br />
Pianificazione dell’irrigazione 71<br />
neato come una validazione completa dei modelli si possa concretizzare solo con il loro<br />
trasferimento all’ente responsabile della pianificazione o gestione delle risorse idriche<br />
e con la messa a punto di un idoneo sistema <strong>in</strong>formativo ed operativo, <strong>in</strong> condizioni di<br />
massima agilità, semplicità, facilità d’uso, che ne consenta l’utilizzo diretto da parte del<br />
personale dell’ente, appositamente istruito. Ciò permette, <strong>in</strong>fatti, di porre <strong>in</strong> immediata<br />
evidenza le pr<strong>in</strong>cipali lacune sia dei modelli che dei sistemi di monitoraggio e, conseguentemente,<br />
di avviare un processo di sviluppo cont<strong>in</strong>uo ed <strong>in</strong>tegrato di entrambi, che è<br />
l’unico che ne può garantire l’effettiva e duratura efficacia nel supporto alla gestione e<br />
pianificazione delle risorse idriche.<br />
R<strong>in</strong>graziamenti<br />
Gli autori desiderano r<strong>in</strong>graziare il Consorzio di Bonifica Muzza-Bassa Lodigiana per la<br />
costante e fattiva collaborazione, l’ERSAF per i dati meteorologici e pedologici utilizzati nella<br />
ricerca, la D.G. Agricoltura della Regione Lombardia, il MIUR e la Fondazione CARI-<br />
PLO per il supporto f<strong>in</strong>anziario alla realizzazione degli studi presentati nella memoria.<br />
Riferimenti bibliografici<br />
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Catania (Italia), pagg. 12.<br />
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Dottorato di Ricerca <strong>in</strong> Genio Rurale XVI ciclo.<br />
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No. 11, pagg. 1053-1063.<br />
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72 Pianificazione dell’irrigazione Claudio Gandolfi, Arianna Facchi<br />
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Unsaturated Flow <strong>in</strong> Hydrological Model<strong>in</strong>g, Theory and Practice, pp. 275-300.
Roberto Colombo<br />
Risposta della vegetazione<br />
al cambiamento climatico: s<strong>in</strong>ergie tra<br />
osservazioni dallo spazio e misure di campo<br />
Laboratorio di Telerilevamento delle D<strong>in</strong>amiche Ambientali (LTDA)<br />
Dip. di Scienze dell’Ambiente e del Territorio (DISAT),<br />
Università degli Studi di Milano-Bicocca (UNIMIB)<br />
Piazza della Scienza, 1 - 20126 Milano, Italia<br />
Tel. 0264482848; Fax. 0264482895<br />
e-mail: roberto.colombo@unimib.it<br />
www.disat.unimib.it/telerilevamento/
Roberto Colombo<br />
Vegetazione e Cambi Climatici 75<br />
Abstract<br />
Il telerilevamento è uno strumento diagnostico che, nell’ambito della<br />
gestione del territorio e della conservazione della natura, è <strong>in</strong> grado di fornire una serie<br />
di <strong>in</strong>formazioni riguardanti alcune proprietà delle superfici <strong>in</strong> modo distribuito<br />
nello spazio (attraverso la creazione di mappe) e nel tempo (tramite il monitoraggio<br />
temporale). L’abilità del telerilevamento di misurare radianze spettrali, provenienti da<br />
superfici a terra, dalle dimensioni di qualche metro f<strong>in</strong>o all’<strong>in</strong>tero globo, conferisce a<br />
questa discipl<strong>in</strong>a la potenzialità di fornire <strong>in</strong>formazioni quantitative aggiornate che<br />
non possono essere ottenute facilmente attraverso tecniche convenzionali a terra.<br />
In questo contributo sono presentate due applicazioni di telerilevamento satellitare che<br />
prevedono la stima di parametri biofisici della vegetazione nell’ambito delle ricerche<br />
legate al cambiamento climatico. In questo contesto, è comunque da ricordare che il<br />
monitoraggio temporale effettuato a partire da osservazioni telerilevate satellitari presenta<br />
due limitazioni dovute: i) al ridotto periodo di osservazione (pochi decenni di misure)<br />
e, ii) al fatto che la sola quantità misurabile è la radiazione elettromagnetica<br />
che permette di calcolare tre parametri fisici rappresentati da <strong>in</strong>tensità, fase e polarizzazione<br />
della radiazione.<br />
Stima dei parametri biofisici<br />
Il telerilevamento satellitare si presta molto bene alla determ<strong>in</strong>azione di alcuni parametri<br />
biofisici della vegetazione che possono essere successivamente impiegati <strong>in</strong> vari ambiti<br />
ecologici e laddove sia richiesta la parametrizzazione di modelli relativi agli scambi di<br />
massa ed energia che avvengono all’<strong>in</strong>terfaccia atmosfera-superficie <strong>in</strong>vestigata. I metodi<br />
tradizionali per la stima dei parametri ecologici si basano <strong>in</strong> genere su rilevazioni puntuali<br />
di misure a terra e, pur essendo molto precisi, sono fortemente legati alle condizioni stazionali<br />
dei siti di rilevazione e qu<strong>in</strong>di difficilmente estendibili ad aree vaste ed eterogenee.<br />
Tale limitazione può essere superata attraverso l’impiego di dati telerilevati da satellite che<br />
consente la mappatura dei parametri <strong>in</strong>vestigati a diverse scale di risoluzione spaziale e il<br />
loro periodico aggiornamento.<br />
In term<strong>in</strong>i quantitativi, tali parametri si derivano dall’analisi delle diverse caratteristiche<br />
di assorbimento e riflessione della radiazione nei dom<strong>in</strong>i del visibile, <strong>in</strong>frarosso vic<strong>in</strong>o,<br />
medio e termico. I parametri ecologici della vegetazione che vengono impiegati nella<br />
modellistica ecologica sono rappresentati dall’<strong>in</strong>dice di area fogliare (Leaf Area Index,<br />
LAI), dalla frazione di radiazione fotos<strong>in</strong>teticamente attiva assorbita (fraction of Absorbed<br />
Photosynthetically Active Rdiation, fAPAR), della copertura della vegetazione e <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e dalla<br />
temperatura e l’albedo della superficie <strong>in</strong>vestigata.<br />
Il modello predittivo è <strong>in</strong> genere determ<strong>in</strong>ato empiricamente con tecniche di regressione<br />
ord<strong>in</strong>arie ai m<strong>in</strong>imi quadrati impiegando <strong>in</strong>dici radiometrici, oppure tramite <strong>in</strong>ver-
76 Vegetazione e Cambi Climatici Roberto Colombo<br />
sione di modelli fisicamente basati di trasferimento radiativo (Colombo et al., 2003; Meroni<br />
et al., 2004). Nel primo caso si considera che la variabile <strong>in</strong>dipendente, X (variabile<br />
ecologica, e.g. LAI) sia misurata senza errore e pertanto viene stimata <strong>in</strong>vertendo<br />
l’equazione costruita plottando le misure di campo rispetto alle riflettanze osservata. In<br />
questo caso si ottiene, qu<strong>in</strong>di, una funzione di trasferimento che consente di generare<br />
la mappa del parametro <strong>in</strong>dagato. In Figura 1 è mostrata per esempio la relazione l<strong>in</strong>eare<br />
che lega l’<strong>in</strong>dice NDWI (Normalised Difference Water Index) al contenuto d’acqua equivalente<br />
nella canopy misurato <strong>in</strong> campo nel sito sperimentale di Zerbolò a Pavia dove<br />
è localizzata una stazione micrometeorologica di misura dei flussi di acqua e carbonio<br />
gestita dal JRC-IES di Ispra. Nel secondo caso <strong>in</strong>vece la stima dei parametri ricercati è<br />
effettuata mediante <strong>in</strong>versione di modelli di trasferimento radiativo che consentono di<br />
riprodurre la riflettività della<br />
superficie <strong>in</strong>vestigata. Al<br />
modello di riflettività della<br />
canopy è accoppiato un<br />
modello delle proprietà ottiche<br />
della foglia che viene<br />
<strong>in</strong>vertito numericamente<br />
sulle riflettività osservate.<br />
Il vantaggio dell’utiliz-<br />
zo <strong>in</strong> modo <strong>in</strong>verso dei<br />
modelli di trasferimento<br />
radiativo, rispetto ai<br />
tradizionali modelli semi-empirici,<br />
risiede nel<br />
fatto che é necessaria<br />
solo una prima fase di<br />
messa a punto dell’algoritmo<br />
che, una volta<br />
Figura 2- Funzione di<br />
trasferimento e mappa<br />
del contenuto d’acqua<br />
della canopy della<br />
piantagione di pioppeto<br />
dell’area di Zerbolò (PV)<br />
ottenuta a partire da<br />
immag<strong>in</strong>i iperspettrali<br />
MIVIS<br />
Figura 1- Relazione tra<br />
l'<strong>in</strong>dice NDWI ed il contenuto<br />
di acqua <strong>in</strong> un sito<br />
sperimentale
Roberto Colombo<br />
Vegetazione e Cambi Climatici 77<br />
validato con un <strong>in</strong>sieme di dati a terra, può essere usato <strong>in</strong> modo predittivo <strong>in</strong> aree geografiche<br />
differenti.<br />
Variazioni <strong>in</strong>ter-annuali del ciclo fenologico<br />
Il cambiamento climatico e il progressivo riscaldamento globale è ben documentato <strong>in</strong> letteratura<br />
e sembra essere responsabile di provocare una serie di alterazioni di consueti fenomeni<br />
biologici stagionali producendo anticipi e/o ritardi di fioritura e maturazione dei frutti,<br />
variazioni di crescita delle piante, spostamenti dei corridoi di migrazione degli animali e<br />
cambi altitud<strong>in</strong>ali nelle nidificazioni. Questi cosiddetti cambi fenologici possono pertanto<br />
generare una serie di conseguenze ad ampio spettro, co<strong>in</strong>volgendo sia i processi ecologici<br />
che le pratiche agricole e la gestione forestale, sia la salute umana che l’economia globale.<br />
La conoscenza dell’evoluzione fenologica delle colture di <strong>in</strong>teresse agrario è utile alla corretta<br />
gestione di alcune pratiche agronomiche la cui realizzazione è strettamente legata allo stadio<br />
di sviluppo (concimazione, irrigazione, trattamenti antiparassitari e diserbo). Nella tradizione<br />
popolare sono <strong>in</strong>fatti documentati alcuni aforismi legati alla fenologia: “Per Sant’Urbano (25<br />
maggio), il frumento è fatto grano” oppure “Chi vuole aver del mosto, zappi le viti d’agosto”<br />
che sottol<strong>in</strong>eano l’importanza della cadenza dei cicli evolutivi a f<strong>in</strong>i pratici. Da un punto di vista<br />
scientifico, il trasferimento di calore, massa e di momento tra la superficie e atmosfera dipendono<br />
fortemente dalle caratteristiche della superficie e qu<strong>in</strong>di la conoscenza della d<strong>in</strong>amica<br />
del ciclo vegetativo nelle foreste permette di quantificare il periodo di scambio del biossido<br />
di carbonio e dell’acqua tra la superficie e l’atmosfera, di modellare il grado di <strong>in</strong>tercettazione<br />
della radiazione e qu<strong>in</strong>di valutare le variazioni di albedo nell’ambito dei bilanci radiativi.<br />
Nel caso della vegetazione, i cambi fenologici sono <strong>in</strong>dicatori sensibili dei cambiamenti<br />
delle condizioni della biosfera terrestre <strong>in</strong> risposta al riscaldamento globale e possono essere<br />
monitorati dallo spazio (Penuelas e Filella, 2001). Per esempio, evidenze di aumento<br />
dell’attività fotos<strong>in</strong>tetica dal 1981 al 1991, sono state osservate e quantificate a partire da <strong>in</strong>formazioni<br />
satellitari NOAA-AVHRR e hanno mostrato un progressivo aumento del periodo<br />
di crescita della vegetazione nel tempo (Myneni et al., 2001). Le <strong>in</strong>formazioni remote ottenute<br />
da sensori satellitari ad alta risoluzione temporale permettono di calcolare <strong>in</strong>dici ottici<br />
legati alle proprietà della superficie e di valutarne le loro variazioni nello spazio e nel tempo.<br />
Tali osservazioni consentono qu<strong>in</strong>di di monitorare alcuni eventi fenologici quali l’<strong>in</strong>izio<br />
della stagione vegetativa, il massimo vigore e la f<strong>in</strong>e della stagione di crescita che, comb<strong>in</strong>ate<br />
con osservazioni fenologiche di campo e misure ancillari di varia natura, possono aiutare<br />
a sviluppare modelli matematici di simulazione delle d<strong>in</strong>amiche della vegetazione <strong>in</strong> risposta<br />
ai cambiamenti climatici. Fra gli <strong>in</strong>dici spettrali che descrivono lo stato e la densità<br />
della copertura vegetale quello più largamente utilizzato è l’<strong>in</strong>dice NDVI (Normalized Difference<br />
Vegetation Index) che si basa sulla differenza normalizzata tra la banda spettrale<br />
dell’<strong>in</strong>frarosso vic<strong>in</strong>o e del rosso. Tale <strong>in</strong>dice viene calcolato mediante la relazione:<br />
dove è la riflettività a 620-670 nm, e è la riflettività calcolata a 841-876 nm.
78 Vegetazione e Cambi Climatici Roberto Colombo<br />
Nell’ambito del Progetto REPHLEX (REmote sens<strong>in</strong>g of PHenology Larix EXperiment),<br />
l’impiego di dati telerilevati MODIS con frequenza giornaliera, risoluzione spaziale di<br />
250x250m e risoluzione spettrale relativa alle bande del rosso (620-670 nm) e dell’<strong>in</strong>frarosso<br />
vic<strong>in</strong>o (841-876 nm) ha consentito di determ<strong>in</strong>are l’<strong>in</strong>dice di vegetazione NDVI e di<br />
correlarlo successivamente alle fasi di crescita, osservate <strong>in</strong> campo, relative a vegetazione<br />
alp<strong>in</strong>a di larice. Nella Figura 2 sono riportati gli andamenti relativi di un sito campione nei<br />
c<strong>in</strong>que anni di osservazioni MODIS.<br />
Figura 3 - Andamento temporale 2000-2005 dell’<strong>in</strong>dice NDVI per una copertura di larice ricavato a partire<br />
da immag<strong>in</strong>i MODIS. L’analisi di tale andamento permette di osservare variazioni del periodo di crescita e<br />
del massimo vigore raggiunto a massima crescita<br />
In questo contesto, l’analisi dell’andamento della fAPAR nel tempo ha messo <strong>in</strong> evidenza<br />
la risposta della vegetazione all’anomalia climatica che ha caratterizzato l’Europa nella<br />
primavera e nell’estate 2003 nelle quali sono state registrate temperature record che<br />
hanno provocato più di 15,000 ricoveri documentati nella sola Francia (Gobron et al.,<br />
2004). Studi di questo tipo possono pertanto consentire di <strong>in</strong>dividuare uniche relazioni<br />
tra clima, sviluppo e crescita delle piante e def<strong>in</strong>ire come i fattori climatici possano <strong>in</strong>fluenzare<br />
la società attuale.<br />
Up scal<strong>in</strong>g del ciclo del carbonio<br />
Negli ultimi anni la comunità scientifica <strong>in</strong>ternazionale ha focalizzato l’attenzione sull’analisi<br />
del ciclo biogeochimico del carbonio degli ecosistemi forestali poiché riconosciuti co-
Roberto Colombo<br />
Vegetazione e cambi climatici 79<br />
me un possibile meccanismo tampone per la sottrazione di carbonio dall’atmosfera (Watson<br />
et al., 2000). Tale ecosistema riveste pertanto un significativo ruolo potenziale per il<br />
sequestro di CO2 dall’atmosfera e per lo stoccaggio a lungo term<strong>in</strong>e del carbonio (Schimel,<br />
1995).<br />
Nonostante le misure puntuali, sia di scambi gassosi sia di biomassa, permettano di<br />
comprendere e quantificare i processi che guidano le d<strong>in</strong>amiche del ciclo del carbonio negli<br />
ecosistemi <strong>in</strong>vestigati, non possono essere utilizzate direttamente per generalizzare i risultati<br />
su aree più ampie o per differenti ecosistemi. Una tecnica di estrapolazione per<br />
predire il bilancio del carbonio a piccola scala (e.g. regionale) può essere basata sull’utilizzo<br />
accoppiato di modelli di simulazione dei cicli biogeochimici con <strong>in</strong>formazioni remote<br />
telerilevate. Pertanto i metodi per il passaggio da osservazioni puntuali a osservazioni<br />
distribuite nello spazio (up scal<strong>in</strong>g) sono recentemente sviluppati a partire dalla comb<strong>in</strong>azione<br />
di modelli ecosistemici guidati da immag<strong>in</strong>i telerilevate. L’impiego di modelli ecologici<br />
guidati da <strong>in</strong>formazione telerilevate rappresenta pertanto una tecnica <strong>in</strong>novativa per<br />
decifrare gli scambi di carbonio <strong>in</strong> differenti ecosistemi e consente di ottenere stime a differenti<br />
scale da regionali a globali.<br />
Le <strong>in</strong>formazioni telerilevate a diverso grado di risoluzione geometrica, spettrale e temporale,<br />
sono impiegate sia <strong>in</strong> fase di parametrizzazione sia di ricalibrazione di modelli<br />
quali quelli appartenenti alla famiglia dei Light Use Efficiency (LUE, e.g. Cfix) che hanno<br />
il vantaggio di richiedere una parametrizzazione poco onerosa sia di quelli più complessi<br />
di processo di simulazione dei cicli biogeochimici (e.g. BIOME-BGC).<br />
Nell’ambito del Progetto FLA-KYOTO è stato sviluppato un modello basato sulla filosofia<br />
LUE, a passo giornaliero, che simula la quantità di carbonio assimilato dal processo<br />
di fotos<strong>in</strong>tesi moltiplicando la radiazione fotos<strong>in</strong>teticamente attiva assorbita (APAR) per il<br />
coefficiente di conversione radiazione-biomassa potenziale, corretto <strong>in</strong> funzione di alcuni<br />
fattori limitanti del processo fotos<strong>in</strong>tetico come la disponibilità idrica, la temperatura<br />
dell’aria e il deficit di saturazione di vapore. Il valore di APAR è calcolato come il prodotto<br />
tra la frazione di radiazione fotos<strong>in</strong>teticamente attiva assorbita dalla vegetazione e la PAR<br />
ricavata dai dati di radiazione globale giornalieri. La spazializzazione del modello è consentita<br />
dalle stime di fAPAR ottenute a partire da immag<strong>in</strong>i satellitari multitemporali MO-<br />
DIS e misure di APAR di campo.<br />
Sulla base delle misure dirette di biomassa e di APAR cumulata condotte è stato<br />
possibile calcolare il coefficiente di proporzionalità che <strong>in</strong>dica l’efficienza di produzione<br />
di biomassa secca attraverso la fotos<strong>in</strong>tesi, al netto della respirazione. Tale calcolo<br />
è stato realizzato per via grafica determ<strong>in</strong>ando il valore del coefficiente angolare della<br />
retta <strong>in</strong>terpolatrice dei punti ottenuti plottando l’APAR cumulata nel tempo rispetto alla<br />
biomassa secca espressa <strong>in</strong> gC/m 2 . Il modello <strong>in</strong>dividuato stima la produttività primaria<br />
netta (NPP, gC*m -2 *day -1 ) <strong>in</strong> un anno come la differenza tra la fotos<strong>in</strong>tesi netta annuale<br />
(PSNnet), la respirazione di crescita (Rg) e la respirazione di mantenimento dei tessuti<br />
del fusto (Rmo):
80 Vegetazione e cambi climatici Roberto Colombo<br />
Riferimenti bibliografici<br />
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Myneni, R. B., Keel<strong>in</strong>g, C. D., Tucker, C. J., Asrar, G., Nemani, R. R., (1997). Increase Plant Growth<br />
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Penuelas, J., Filella I., (2001). Responses to a warm<strong>in</strong>g world, Science, 294, 793-795.<br />
Shimel, D.S., (1995). Terrestrial Biogeochemical Cycles: Global Estimates with Remote Sens<strong>in</strong>g,<br />
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Land-Use Change and Forestry, IPCC Special report, Cambridge University Press.
Stefano Brenna<br />
Marco Pastori<br />
Carlo Riparbelli<br />
Inqu<strong>in</strong>amento delle acque superficiali<br />
e sotterranee da fonti diffuse<br />
ERSAF - Struttura Sviluppo rurale,<br />
suoli e supporto alla filiera vitiv<strong>in</strong>icola<br />
Via Copernico, 38 - Milano<br />
stefano.brenna@ersaf.lombardia.it<br />
marco.pastori@ersaf.lombardia.it<br />
carlo.riparbelli@ersaf.lombardia.it<br />
www.ersaf.lombardia.it
Stefano Brenna, Marco Pastori, Carlo Riparbelli<br />
Inqu<strong>in</strong>amento delle acque 83<br />
Abstract<br />
Lo sviluppo e la diffusione di sistemi agricoli sostenibili, tecnologicamente<br />
avanzati e <strong>in</strong> grado di salvaguardare la qualità delle risorse idriche superficiali<br />
e sotterranee è la pr<strong>in</strong>cipale sfida dell’agricoltura di oggi. Il comparto agricolo è <strong>in</strong>fatti<br />
frequentemente additato quale pr<strong>in</strong>cipale responsabile dell’<strong>in</strong>qu<strong>in</strong>amento delle<br />
acque da fonti diffuse, a causa di un ampio uso di fertilizzanti, reflui zootecnici, fanghi,<br />
compost, fitofarmaci. In attuazione della direttiva quadro 2000/60/CE la Regione<br />
Lombardia ha adottato il proprio Programma di Tutela e Uso delle Acque quale<br />
strumento fondamentale per una corretta pianificazione e tutela delle risorse idriche<br />
e del territorio circostante. In riferimento alle problematiche agricole ed alla limitazione<br />
dell’<strong>in</strong>qu<strong>in</strong>amento diffuso la questione si pone pr<strong>in</strong>cipalmente <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di <strong>in</strong>dividuazione<br />
delle aree vulnerabili, ossia delle porzioni di territorio ove maggiore è il<br />
rischio di perdite dei contam<strong>in</strong>ati e di selezione di it<strong>in</strong>erari di gestione aziendale (concimazioni,<br />
trattamenti fitosanitari, sistemi colturali e irrigui) <strong>in</strong> grado di limitare i rilasci.<br />
In tale contesto si <strong>in</strong>quadrano il progetto ARMOSA f<strong>in</strong>alizzato all’attivazione di<br />
una rete di monitoraggio dei carichi di nutrienti nelle acque sotterranee provenienti<br />
da fonti diffuse e alla messa a punto di modelli previsionali estendibili a scala regionale<br />
ed il sistema SuSAP, uno strumento di supporto alle decisioni che, <strong>in</strong>tegrando modelli<br />
previsionali e strati <strong>in</strong>formativi agro-ambientali regionali, permette di fare valutazioni<br />
e approfondimenti utili all’<strong>in</strong>dividuazione di aree vulnerabili alla lisciviazione<br />
dei fitofarmaci.<br />
Agricoltura e <strong>in</strong>qu<strong>in</strong>amento diffuso delle risorse idriche<br />
Le più recenti politiche agricole e ambientali, sia a livello europeo che nazionale (direttiva<br />
91/676, “diretta acque” 2000/60 e d.lgs 152/99) sono f<strong>in</strong>alizzate allo sviluppo di strategie<br />
<strong>in</strong> grado di <strong>in</strong>tegrare le problematiche ambientali con la gestione e lo sfruttamento<br />
delle risorse naturali e del territorio. Le l<strong>in</strong>ee strategiche si sviluppano pr<strong>in</strong>cipalmente <strong>in</strong><br />
due direzioni:<br />
l’identificazione di sistemi di gestione sostenibili <strong>in</strong> grado di limitare i rilasci di<br />
contam<strong>in</strong>anti<br />
il miglioramento delle attività di monitoraggio ambientale al f<strong>in</strong>e di disporre di dati<br />
misurati consistenti ed affidabili<br />
In attuazione di queste disposizioni legislative, la Regione Lombardia ha recentemente<br />
adottato il proprio Programma di Tutela e Uso delle Acque (D.G.R. n. 8/2244 del<br />
29/03/06), nell’ambito del quale viene anche affrontata la problematica relativa all’<strong>in</strong>dividuazione<br />
e designazione delle aree vulnerabili da nitrati di orig<strong>in</strong>e agricola e da prodotti<br />
fitosanitari (Regione Lombardia, 2004).<br />
Considerando <strong>in</strong> particolare azoto e fitofarmaci, oltre alle classiche attività di monito-
84 Inqu<strong>in</strong>amento delle acque Stefano Brenna, Marco Pastori, Carlo Riparbelli<br />
raggio ambientale, particolarmente importante diventa la possibilità di <strong>in</strong>dividuare specifiche<br />
aree ove focalizzare le attività di mitigazione e pianificazione e soprattutto disporre<br />
di strumenti a supporto dei decisori che permettano di valutare la vulnerabilità da nitrati<br />
e fitofarmaci a scale territoriali <strong>in</strong>tegrando dati di monitoraggio con strati <strong>in</strong>formativi e modelli<br />
matematici ambientali. Lo sviluppo e la disponibilità di tali strumenti facilita azioni<br />
mirate e può <strong>in</strong>oltre consentire valutazioni affidabili su diversi scenari gestionali.<br />
Il caso dei nitrati<br />
La Regione Lombardia, ha <strong>in</strong>dividuato le aree vulnerabili ai nitrati attraverso l’adozione di<br />
una metodologia che, conformandosi alle <strong>in</strong>dicazioni guida stabilite dallo stesso D.Lvo<br />
152/99 (Allegato VII/A), ha previsto l’<strong>in</strong>tegrazione tra vulnerabilità idrogeologica degli acquiferi<br />
(metodo CNR_GNCDI, 1996), capacità protettiva dei suoli (Brenna et al., 1999) , carichi<br />
effettivi di azoto (considerando il carico zootecnico quale <strong>in</strong>dicatore delle “pressioni”<br />
di orig<strong>in</strong>e agricola) e dati sullo stato di qualità delle acque. Sono state così identificate<br />
quattro diverse tipologie di situazioni:<br />
a) aree vulnerabili ai nitrati di prevalente orig<strong>in</strong>e agrozootecnica;<br />
b) aree vulnerabili, con carichi di prevalente orig<strong>in</strong>e urbana;<br />
c) aree di attenzione, ove vi è o una predom<strong>in</strong>ante vulnerabilità <strong>in</strong>tr<strong>in</strong>seca elevata o un<br />
alto carico zootecnico, ma non, attualmente, uno scadente stato di qualità delle acque;<br />
d) aree non vulnerabili.<br />
Le aree vulnerabili così determ<strong>in</strong>ate coprono complessivamente il 13% del territorio<br />
regionale, superficie che sale al 23% se si considera il solo territorio di pianura e al 26%<br />
della Superficie Agricola<br />
Utilizzata (SAU). Le<br />
aree di attenzione si<br />
estendono <strong>in</strong>vece per il<br />
20% del territorio regionale<br />
e il 36% di quello<br />
di pianura.<br />
La delimitazione delle<br />
“aree vulnerabili” non<br />
è peraltro che il primo<br />
stadio di una più ampia<br />
strategia che comprende<br />
la def<strong>in</strong>izione di “programmi<br />
d’azione” che<br />
consentano di raggiungere<br />
nel tempo gli obiet-<br />
Figura 1 - Individuazione<br />
delle zone vulnerabili ai<br />
sensi della direttiva<br />
91/676/CEE (Regione<br />
Lombardia, 2004)
Stefano Brenna, Marco Pastori, Carlo Riparbelli<br />
Inqu<strong>in</strong>amento delle acque 85<br />
tivi di qualità delle acque prefissati e rende necessari, a tale scopo, ulteriori studi ed <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>i<br />
che, completando ed approfondendo il quadro delle conoscenze, permettano la<br />
verifica dei risultati delle politiche attuate e l’adozione di azioni mirate; è <strong>in</strong>fatti fondamentale<br />
poter <strong>in</strong>dividuare le priorità degli <strong>in</strong>terventi e qu<strong>in</strong>di conoscere le reale fonti di<br />
alti carichi; l’agricoltura gioca certamente un ruolo importante nel determ<strong>in</strong>are alti carichi<br />
di nitrati, ma è peraltro vero che il rilascio di nitrati è <strong>in</strong> certa misura un fenomeno<br />
naturale che avviene <strong>in</strong> tutti i terreni, compresi quelli non dest<strong>in</strong>ati alla produzione agricola.<br />
Inoltre i dati sulla qualità delle acque, che <strong>in</strong> particolare per i nitrati nelle acque sotterranee<br />
frequentemente <strong>in</strong>dicano il superamento dei limiti di legge (50 mg/l), non sono<br />
di per sé <strong>in</strong> grado di discrim<strong>in</strong>are tra un’orig<strong>in</strong>e agricola della contam<strong>in</strong>azione e una orig<strong>in</strong>e<br />
<strong>in</strong>vece <strong>in</strong>dustriale o civile; anzi, è probabile che queste due ultime fonti abbiano un<br />
peso rilevante, soprattutto <strong>in</strong> aree densamente popolate come il nord Milanese dove <strong>in</strong>fatti<br />
molti comuni denotano acque di falda eccessivamente arricchite <strong>in</strong> nitrati.<br />
La necessità di approfondire gli effettivi rilasci di azoto da diversi ambienti e sistemi<br />
colturali e soprattutto l’importanza di migliorare e mettere a punto la modellistica relativa<br />
alla simulazione del movimento dei nutrienti verso le risorse idriche ha portato all’attivazione<br />
del progetto ARMOSA (Brenna et al., 2003 e 2005), realizzato da ERSAF con la collaborazione<br />
delle Università di Milano e Napoli e del CNR di Napoli e sostenuto dalla Regione<br />
Lombardia (Direzioni Generali Reti, Servizi di Pubblica Utilità e Agricoltura). La rete<br />
di monitoraggio messa a punto nel progetto è costituita da 10 siti, caratterizzati per pedologia,<br />
comportamento idrologico (ritenzione idrica, conducibilità idraulica, densità apparenti,<br />
analisi della struttura, ecc.), e attrezzati per la misura del contenuto idrico dei suoli,<br />
del potenziale matriciale, dei contenuti di azoto nel suolo ed <strong>in</strong> soluzione circolante e<br />
monitorate anche per i dati meteorologici e per le normali pratiche di gestione colturale.<br />
A conclusione del progetto (2007) sarà disponibile il completo dataset per i 10 siti di<br />
monitoraggio e la modellistica ambientale opportunamente calibrata. In questo articolo<br />
vengono <strong>in</strong>vece presentati i dati per uno dei 10 siti, attivo ormai dal 2003 <strong>in</strong> prov<strong>in</strong>cia di<br />
Lodi; il suolo che lo caratterizza è franco sabbioso (con più del 70% di sabbia negli orizzonti<br />
più profondi), è ben drenato, moderatamente acido, con una discreta capacità di ritenzione<br />
idrica (i contenuti d’acqua non superano mai il 40%) e gli orizzonti superficiali<br />
evidenziano una buona strutturazione. La coltura praticata dal 2003 al 2005 è il mais da<br />
tr<strong>in</strong>ciato, e vengono normalmente adottate pratiche di m<strong>in</strong>ima lavorazione del suolo. I dati<br />
sperimentali rilevati hanno permesso di ottenere buoni risultati nella calibrazione di diversi<br />
modelli matematici (SWAP, MACRO, CROPSYST, LEACH-N), testati per <strong>in</strong>dividuarne<br />
potenzialità e limiti al f<strong>in</strong>e di selezionare quelli maggiormente rispondenti alle diverse realtà<br />
lombarde.<br />
I dati così rielaborati ed <strong>in</strong>tegrati nei modelli hanno permesso di evidenziare l’esistenza<br />
di eventi di leach<strong>in</strong>g dell’azoto e soprattutto di stimarne le quantità riscontrate oltre il<br />
suolo agrario, diventando <strong>in</strong> questo modo potenziale fonte di <strong>in</strong>qu<strong>in</strong>amento per le acque<br />
sotterranee. Nel caso del sito <strong>in</strong> prov<strong>in</strong>cia di Lodi si rilevano importanti perdite di azoto<br />
<strong>in</strong> tutte le annate agrarie monitorate (2003-2005); questo è probabilmente dovuto alla “sensibilità<br />
ambientale” del suolo, che favorisce i processi di movimento verticale di acqua e<br />
soluti, ma anche a causa delle tecniche irrigue (a scorrimento) che apportando alti volumi<br />
d’acqua (eventi di 150-200 mm cad.) favoriscono processi di dilavamento del suolo. In
86 Inqu<strong>in</strong>amento delle acque Stefano Brenna, Marco Pastori, Carlo Riparbelli<br />
figura ben si evidenziano gli apporti delle precipitazioni più <strong>in</strong>tense e delle irrigazioni,<br />
che comportano un rapido aumento dei contenuti idrici lungo tutto il profilo (aree colorate<br />
<strong>in</strong> blu scuro), a dimostrazione del verificarsi dei flussi idrici; <strong>in</strong>oltre è importante osservare<br />
come nel periodo di maggiore assorbimento radicale da parte della coltura (giugno,<br />
luglio e agosto) i valori di contenuto idrico nel suolo si mantengano generalmente<br />
bassi (aree più chiare).<br />
Figura 2 - Contenuto<br />
di azoto nitrico nel<br />
suolo a diverse<br />
profondità<br />
Figura 3 - Grafico di<br />
confronto delle<br />
precipitazioni con i<br />
contenuti idrici nel<br />
suolo
Stefano Brenna, Marco Pastori, Carlo Riparbelli<br />
Inqu<strong>in</strong>amento delle acque 87<br />
Le analisi di azoto nitrico nel suolo e <strong>in</strong> soluzione circolante hanno evidenziato rapidi<br />
decrementi negli orizzonti più superficiali, soprattutto <strong>in</strong> concomitanza degli eventi<br />
irrigui (periodo giugno-luglio); questo potrebbe <strong>in</strong>dicare l’<strong>in</strong>staurarsi di processi di trasporto<br />
del nutriente nel suolo, anche se proprio <strong>in</strong> questo periodo l’assorbimento radicale<br />
è attivo. Inoltre si osservano valori estremamente elevati di contenuti di azoto nel<br />
periodo seguente la raccolta e soprattutto nei mesi di ottobre e novembre: questi valori<br />
possono essere dovuti ai processi di m<strong>in</strong>eralizzazione della sostanza organica, particolarmente<br />
attivi <strong>in</strong> questo periodo, ed <strong>in</strong>oltre alla mancanza di una coltura al suolo e qu<strong>in</strong>di<br />
di assorbimento colturale. I contenuti di azoto decrescono <strong>in</strong> genere molto rapidamente<br />
dopo importanti eventi meteorici che possono verificarsi nel periodo autunno <strong>in</strong>vernale.<br />
Gli eventi di leach<strong>in</strong>g più importanti sembrano qu<strong>in</strong>di concentrarsi, per questa tipologia<br />
pedo ambientale e agronomica, <strong>in</strong> estate e <strong>in</strong> autunno (post raccolta): nel primo<br />
caso sono legati alle irrigazioni, mentre nel secondo alle precipitazioni. Possibili soluzioni<br />
gestionali sono pratiche irrigui maggiormente efficienti e adozione di colture di copertura<br />
<strong>in</strong> post raccolta.<br />
Tabella 1. Dati di s<strong>in</strong>tesi del monitoraggio dei rilasci di azoto nel sito ARMOSA del<br />
Lodigiano<br />
MONITORAGGIO ANNI<br />
Sito ARMOSA del Lodigiano 2003 2004 2005<br />
Tipo coltura - mais (tr<strong>in</strong>ciato) mais (tr<strong>in</strong>ciato) mais (tr<strong>in</strong>ciato)<br />
Produzione T SS / ha 15.5 18.7 18.4<br />
Precipitazioni mm/anno 605 760 740<br />
Assorbimento di azoto* kg / ha 220 257 238<br />
Irrigazioni mm/anno =˜ 750/800 mm =˜ 200 mm =˜ 300 mm<br />
(5 applicazioni) (2 applicazioni) (3 applicazioni)<br />
Evapotraspirazione Pot/Effettiva mm/anno 1055/664 920/660 945/788<br />
T media annua aria °C 14.2 13.3 13.1<br />
T media annua suolo 15 cm °C 14.6 15.1 -<br />
T media annua suolo 50 cm °C 14.9 14.3 -<br />
Input di N totale kg / ha 242 305 316<br />
Input di N m<strong>in</strong>erale kg / ha 26 33 11<br />
Input di N organico kg / ha 216 272 305<br />
Acqua percolata* mm 130 271 206<br />
Perdite di azoto (lisciviato*) kg / ha 42 160 184<br />
* valori derivati da modello di crescita e bilancio idrico e dei nutrienti<br />
Il caso dei fitofarmaci<br />
Le acque, sia superficiali che sotterranee sono tra i comparti ambientali sottoposti più frequentemente<br />
a fenomeni di contam<strong>in</strong>azione da fitofarmaci e il suolo costituisce la prima<br />
e più importante barriera alla diffusione di queste sostanze nei corpi idrici. In questo comparto<br />
<strong>in</strong>fatti si verificano i primi e più significativi processi di degradazione degli <strong>in</strong>qu<strong>in</strong>an-
88 Inqu<strong>in</strong>amento delle acque Stefano Brenna, Marco Pastori, Carlo Riparbelli<br />
ti, <strong>in</strong> particolare dei prodotti fitosanitari che su di esso vengono distribuiti direttamente o<br />
vi giungono provenienti dai trattamenti fogliari.<br />
Il suolo esercita una fondamentale funzione protettiva dal punto di vista chimico e<br />
biologico; <strong>in</strong>fatti il contenuto <strong>in</strong> sostanza organica e argille degli orizzonti più superficiali<br />
tende a dim<strong>in</strong>uire la mobilità di molti pr<strong>in</strong>cipi attivi attraverso il processo denom<strong>in</strong>ato<br />
adsorbimento e a favorirne così la trasformazione e degradazione ad opera dei microrganismi.<br />
Il pH, la temperatura, l’umidità del suolo <strong>in</strong>fluenzano l’attività dei microrganismi <strong>in</strong><br />
esso presenti, determ<strong>in</strong>ando la capacità di auto-purificazione del sistema e conseguentemente<br />
la persistenza dei fitofarmaci. La tessitura del suolo, unitamente alla permeabilità,<br />
forniscono <strong>in</strong>dicazioni sulla velocità con cui si muove l’acqua, potenziale veicolo delle sostanze<br />
<strong>in</strong>qu<strong>in</strong>anti.<br />
Se gli orizzonti superficiali non sono <strong>in</strong> grado di trattenere e neutralizzare completamente<br />
queste sostanze, esse possono percolare <strong>in</strong> profondità nel sottosuolo e raggiungere<br />
le falde acquifere contam<strong>in</strong>andole. Invece, <strong>in</strong> seguito a processi di erosione, ruscellamento<br />
e deriva i prodotti fitosanitari possono provocare la contam<strong>in</strong>azione di corpi idrici<br />
superficiali adiacenti alle superficie trattate.<br />
La previsione della concentrazione di prodotti fitosanitari nei diversi comparti ambientali<br />
è dunque <strong>in</strong>dispensabile per la valutazione e la gestione dei possibili rischi derivanti<br />
dall’utilizzo di queste sostanze <strong>in</strong> agricoltura.<br />
La comunità scientifica si occupa da tempo di queste problematiche e a tale proposito,<br />
sono stati sviluppati numerosi strumenti conoscitivi quali <strong>in</strong>dicatori di rischio e modelli<br />
matematici che descrivono i vari processi fisici e chimici che si verificano sulla superficie<br />
e nel suolo; essi rappresentano ormai uno strumento <strong>in</strong>dispensabile e riconosciuto anche<br />
a livello normativo europeo e nazionale (D.Lgs. 152/99) per valutare i processi di migrazione<br />
di queste sostanze verso le acque sotterranee.<br />
L’applicazione di questi strumenti modellistici richiede la raccolta e l’archiviazione di<br />
grandi quantità di dati, molti dei quali sono caratterizzati da una componente territoriale,<br />
tipicamente gestita dai Sistemi Informativi Territoriali.<br />
Nell’ambito di un progetto LIFE Ambiente, ERSAF ha realizzato un sistema di supporto<br />
alle decisioni chiamato SuSAP – Supply<strong>in</strong>g Susta<strong>in</strong>able Agriculture Production – per la<br />
valutazione dei possibili rischi ambientali, derivanti dall’utilizzo dei prodotti fitosanitari <strong>in</strong><br />
agricoltura. Tali valutazioni sono realizzate grazie all’<strong>in</strong>tegrazione di modelli matematici,<br />
database agro-ambientali e un sistema <strong>in</strong>formativo territoriale; i database riguardano dati<br />
pedologici, meteo-climatici e colturali, unitamente alle proprietà chimico-fisiche dei fitofarmaci<br />
e alle strategie di trattamento.<br />
SuSAP prevede due diversi livelli di <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e: regionale e aziendale.<br />
A livello regionale, obiettivo di SuSAP è la protezione delle falde acquifere dai potenziali<br />
fenomeni di contam<strong>in</strong>azione derivanti dall’uso dei prodotti fitosanitari. Tramite SuSAP<br />
è così possibile elaborare carte di vulnerabilità dei suoli alla lisciviazione di specifici pr<strong>in</strong>cipi<br />
attivi. ERSAF e la Regione Lombardia nella redazione del Programma di Tutela e Uso<br />
delle Acque (D.G.R. 8/2244 2006) hanno realizzato una prima applicazione del sistema<br />
SuSAP che ha fornito una def<strong>in</strong>izione prelim<strong>in</strong>are delle aree vulnerabili alla percolazione<br />
di specifici fitofarmaci.<br />
Come si può osservare dall’illustrazione (Fig. 4) il grado di vulnerabilità dei suoli
Stefano Brenna, Marco Pastori, Carlo Riparbelli<br />
Inqu<strong>in</strong>amento delle acque 89<br />
cresce al crescere dei valori di concentrazione di ciascuna sostanza previsti alla base del<br />
suolo espressi <strong>in</strong> una legenda che va dai toni del verde, bassa vulnerabilità ai toni del<br />
giallo, arancione e rosso, corrispondenti a livelli di vulnerabilità sempre più elevati con<br />
concentrazioni di prodotti fitosanitari previste superiori a 0,1 Ìg/l, limite di potabilità<br />
delle acque.<br />
Figura 4 - vulnerabilità dei suoli della pianura lombarda alla percolazione della Terbutilaz<strong>in</strong>a utilizzata<br />
sul mais<br />
Queste cartografie sono <strong>in</strong>dispensabili <strong>in</strong> una moderna gestione sostenibile dell’agricoltura<br />
per identificare quali sono i pr<strong>in</strong>cipi attivi a maggiore rischio di contam<strong>in</strong>azione,<br />
al variare degli scenari pedoclimatici e idrogeologici, contribuendo a meglio <strong>in</strong>dirizzare le<br />
azioni di monitoraggio e gestione delle pratiche agricole.<br />
Sempre tramite l’utilizzo di SuSAP, ma a livello aziendale, gli agricoltori attraverso <strong>in</strong>ternet,<br />
accedendo al sito www.ersaf.lombardia.it, hanno a disposizione uno strumento per<br />
valutare il potenziale rischio per l’ambiente dei prodotti fitosanitari che vengono usati più<br />
comunemente nell’azienda confrontando differenti strategie di trattamento fitosanitario e<br />
scegliendo la più sostenibile per l’ambiente, <strong>in</strong> relazione al preciso contesto territoriale <strong>in</strong><br />
cui si trovano le aziende. La possibilità per gli agricoltori di operare questo tipo di analisi<br />
sui prodotti utilizzati per il diserbo e la difesa dalle malattie potrà risultare oltre che vantaggiosa<br />
per la conservazione dell’ambiente, di particolare aiuto nella prospettiva della<br />
certificazione ambientale delle aziende.
90 Inqu<strong>in</strong>amento delle acque Stefano Brenna, Marco Pastori, Carlo Riparbelli<br />
Riferimenti bibliografici<br />
Brenna S., Pastori M., Acutis M. (2005). “Nitrate leach<strong>in</strong>g monitor<strong>in</strong>g from cropp<strong>in</strong>g systems <strong>in</strong><br />
Lombardy (North Italy)”. Proceed<strong>in</strong>gs of the “14th N-Workshop” 24-26 Ottobre 2005 – Maastricht<br />
(Olanda).<br />
Brenna S., Malucelli F., Andreoli L., Albani G., Sanpietri W., de Mascellis R., Basile A., Terribile F. e<br />
Acutis M., (2003). “Il Progetto ARMOSA: monitoraggio del flussi di azoto nell’agroecosistema e verso<br />
la falda”. Atti del XXXV Convegno della Società Italiana di Agronomia, Portici (NA) 16-18 settembre<br />
2003.<br />
Brenna S., Rasio R., Riparbelli C., (1999): “La valutazione della capacità protettiva dei suoli<br />
nell’<strong>in</strong>dividuazione di aree vulnerabili alla percolazione dei prodotti fitosanitari: stato dell’arte <strong>in</strong><br />
Lombardia”. Quaderni di Geologia Applicata, 1999, Pubblicazione GNDCI-CNR n.2000, Pitagora<br />
Editrice, Bologna.<br />
ERSAL – Regione Lombardia. (2000). SuSAP, Manuale Metodologico LIFE98/ENV/IT/00010.<br />
Regione Lombardia, Deliberazione Giunta Regionale 29 Marzo 2006 – n° 8/2244. “Approvazione del<br />
Programma di Tutela e Uso delle Acque”, ai sensi dell’art. 44 del d.lgs. 152/99 e dell’articolo 55,<br />
comma 19 della l.r. 26/2003.
IndiceDICE<br />
Presentazione di Francesco Mapelli e Viviana Beccalossi pag. 3<br />
Presentazione di Paolo Lass<strong>in</strong>i pag. 4<br />
Introduzione pag. 5<br />
Il contesto regionale pag. 7<br />
Variabilità e cambiamenti climatici nel corso degli ultimi due secoli:<br />
evidenze osservative e problemi aperti pag. 15<br />
Siccità nel clima lombardo. L’esperienza del 2003 pag. 25<br />
Il sistema irriguo lombardo pag. 31<br />
Sistemi colturali ed irrigazione pag. 43<br />
I ghiacciai lombardi. Variazione di una risorsa idrica pag. 53<br />
Un sistema di simulazione per la pianificazione<br />
dell’irrigazione a scala di bac<strong>in</strong>o pag. 63<br />
Risposta della vegetazione al cambiamento climatico:<br />
s<strong>in</strong>ergie tra osservazioni dallo spazio e misure di campo pag. 73<br />
L’<strong>in</strong>qu<strong>in</strong>amento delle acque superficiali e sotterranee da fonti diffuse pag. 81
Realizzazione a cura di<br />
ERSAF<br />
Struttura Programmazione, Comunicazione e Innovazione<br />
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Responsabile<br />
dott. Antonio Tagliaferri<br />
antonio.tagliaferri@ersaf.lombardia.it<br />
dott. Alessandro Merlo<br />
merlo.alessandro@mi.camcom.it<br />
Coord<strong>in</strong>amento l<strong>in</strong>ea editoriale<br />
Lorenzo Craveri, Lorena Verdelli<br />
lorenzo.craveri@ersaf.lombardia.it<br />
lorena.verdelli@ersaf.lombardia.it<br />
Progetto grafico e impag<strong>in</strong>azione<br />
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previa autorizzazione e citando la fonte. Non si assumono responsabilità per uso improprio<br />
delle <strong>in</strong>formazioni pubblicate.