monfalcone festa - Claudio Fabbro
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quel tempo, perlopiù si continuavano a vedere i cosiddetti “aratori vitati”, cioè campi seminati a cereali, attraversati da filari<br />
di viti maritate ad alberi.<br />
A un certo punto, inoltre, la viticoltura locale venne messa in seria difficoltà dalla comparsa in rapida successione di diverse<br />
gravi malattie della vite. Nel 1852, apparve l’oidio (crittogama), una muffa biancastra che distrugge le parti verdi delle<br />
piante, favorendo l’insorgere di altre patologie: esso si diffuse rapidamente in tutta la regione, risparmiando<br />
miracolosamente solo la zona del Collio. Molti problemi causò anche la peronospora, morbo che intaccava sia le foglie che i<br />
grappoli, individuata in zona per la prima volta a Gorizia nel 1881.<br />
Già dai primi anni Sessanta dell’Ottocento, ci si era resi conto che la solforazione delle viti impediva l’attecchimento<br />
dello oidio ma ci vollero degli anni prima che tutti i coltivatori si persuadessero ad investire energie e finanze per<br />
l’attuazione di questa nuova tecnica, anche perché in questo periodo carestie e cattivi raccolti si susseguivano in modo<br />
frequente. Per questo motivo, alcuni possidenti <strong>monfalcone</strong>si decisero di distribuire ai propri lavoranti delle razioni<br />
giornaliere di farina di polenta in prossimità della semina e del raccolto, per evitare che i contadini si rifiutassero di spargere<br />
lo zolfo sulle viti, per “poter mangiare senza pietà” l’uva. Il furto dei grappoli era, d’altra parte, fenomeno frequente da<br />
sempre, per cui c’era anche chi era solito cospargere la propria uva di calcina o, addirittura di feci, per dissuadere i possibili<br />
ladri.<br />
Mentre l’azione, pur dannosa, della peronospora venne rapidamente arginata tramite l’utilizzo di prodotti a base rameica,<br />
ben più ardua si rivelò la battaglia contro la filossera, comparsa nel Goriziano nel 1888. Si trattava di un insetto che<br />
intaccava le radici delle viti coltivate in quel<br />
periodo sul territorio, fino a provocarne la morte.<br />
Il programma del IV Congresso Enologico Austriaco, organizzato a Gorizia nel settembre 1891 venne incentrato proprio<br />
sulle problematiche derivanti dalla recente diffusione in zona di questa patologia calamitosa e sulle eventuali diverse<br />
modalità per combatterla: ben presto si capì che l’unica possibilità di salvare la viticoltura locale consisteva nell’innestare le<br />
nostre varietà su viti americane resistenti all’infezione.<br />
Nei primi anni del Novecento, un grande vivaio erariale di piante madri venne istituito anche a Monfalcone: in pochi anni,<br />
si arrivò a produrre 1.500.000 talee di Rupestris Monticola.<br />
Questo flagello si era diffuso molto rapidamente e alcune varietà più delicate, come, per esempio, il Cividino e il Picolit,<br />
rischiarono di soccombere al morbo.<br />
Il lato positivo di tutto ciò fu che l'interesse per l’enologia aumentò sensibilmente, tanto che risalgono proprio a questo<br />
periodo le prime feste dell’uva e mostre del settore, che si svilupparono, poi, maggiormente sotto il fascismo. A<br />
Monfalcone, questi eventi erano organizzati dalla Società di Mutuo Soccorso: per l’annuale “Festa dell’Uva” nella cittadina<br />
sfilavano carri addobbati provenienti da tutto il Territorio e venivano premiati i costumi tipici più belli.