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IL C IL CANTIERE MUSICALE - Conservatorio Paganini

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____ N°28 ____________ PRIMAVERA 2005 ___<br />

<strong>IL</strong> C<strong>CANTIERE</strong><br />

M<strong>MUSICALE</strong><br />

Rivista del <strong>Conservatorio</strong> Niccolò <strong>Paganini</strong><br />

Genova - Anno V, Numero 28<br />

Sommario<br />

Lidia Baldecchi Arcuri<br />

• Il pianismo, la sua storia,<br />

l’arte del suo insegnamento<br />

Maurizio Pollini<br />

• “Chopin, un mistero ...”<br />

• Il “<strong>Paganini</strong>” in Vaticano<br />

• Weinberger al “<strong>Paganini</strong>”<br />

• Fortepiano in concerto<br />

• Trasferta tunisina ECUME<br />

• A Genova, le selezioni ESTA<br />

• Nel nome di Faber<br />

• Un “Arsenale” in conservatorio<br />

• <strong>IL</strong> <strong>CANTIERE</strong> RICORDA LUIGI PORRO<br />

Paolo Miccichè<br />

• Crisi del linguaggio e<br />

prospettive della regia lirica<br />

• La “Fanciulla del West” sui fili<br />

• Piccoli equivoci<br />

Francesco Denini<br />

• Una bottega per gli spazi<br />

del suono<br />

• Al via i tirocini al Carlo Felice<br />

• NOVITÀ LIBRI & DISCHI<br />

Emanuele Canepa<br />

• Un oggetto “semplice”:<br />

la canzone<br />

Messaggio di cordoglio del Sindaco<br />

di Genova Giuseppe Pericu per la<br />

scomparsa del Maestro Luigi Porro.<br />

Il privilegio<br />

di conoscerlo<br />

A nome mio personale e della Civica Amministrazione<br />

desidero partecipare al profondo cordoglio<br />

che ha colpito la Chiesa e il mondo della<br />

musica e della cultura genovese per la scomparsa<br />

del Maestro Luigi Porro.<br />

Nell’anno di Genova Capitale Europea della<br />

Cultura, nel corso delle manifestazioni paganiniane<br />

del 12 ottobre, gli avevamo doverosamente<br />

conferito il Grifo d’Argento. Un piccolo<br />

riconoscimento in segno di sincera gratitudine<br />

per la instancabile attività didattica e artistica<br />

da lui condotta nella nostra città.<br />

Un riconoscimento che il Maestro aveva particolarmente<br />

gradito, e che lo aveva un po’ rasserenato<br />

nel momento più difficile della sua vita.<br />

Genova<br />

ricorderà il<br />

Maestro Luigi<br />

Porro sia come compositore,<br />

sia come maestro di cappella<br />

nella cattedrale di San Lorenzo, sia<br />

come insegnante al <strong>Conservatorio</strong>, sia come<br />

direttore di uno dei complessi polifonici più<br />

importanti e noti della città, sia come ricercatore<br />

di spartiti musicali rarissimi.<br />

Sotto la sua guida il coro polifonico da lui<br />

diretto per oltre quarant’anni ottenne prestigiosi<br />

riconoscimenti nei massimi concorsi internazionali,<br />

tenendo alto nel mondo il nome della<br />

nostra città in questo<br />

ambito.<br />

SETTE PAGINE DI Genova ricorderà il<br />

APPROFONDIMENTI Maestro Porro per le<br />

elevatissime doti<br />

SULLA VITA E<br />

umane, morali, arti-<br />

L’OPERA stiche e professio-<br />

DEL MAESTRO<br />

nali, per l’impegno,<br />

la dedizione, l’entu-<br />

LUIGI PORRO<br />

siasmo, l’umiltà con<br />

cui seppe affiancare<br />

la missione sacerdotale<br />

all’attività didattica<br />

e artistica, iniziando<br />

all’amore per<br />

la musica e per il<br />

canto diverse generazioni<br />

di Genovesi.<br />

Il Maestro Porro<br />

lascia sicuramente<br />

un grande vuoto, ma<br />

anche, ne sono certo,<br />

uno straordinario<br />

patrimonio di umanità<br />

di arte e di cultura<br />

nel cuore di chi<br />

ha avuto il privilegio<br />

di conoscerlo.<br />

Giuseppe Pericu<br />

Lele Luzzati


Lidia Baldecchi Arcuri<br />

Il pianismo, la sua storia,<br />

l’arte del suo insegnamento<br />

Dovendo riassumere i Corsi da me tenuti su questo tema nel passato e nel<br />

presente (cominciai in lontane terre trent’anni fa), debbo confessare che ho<br />

imparato insegnando. Ho dovuto spogliarmi di ogni pregiudizio, personale<br />

od acquisito, ricostruendo attraverso lo studio dei trattati (e di altro !), il<br />

miracoloso percorso di questa particolare disciplina umana. L’evoluzione<br />

della tecnica di tastiera fu dapprima lenta...lentissima, fino ad improvvisamente<br />

esplodere in invenzioni sonore tramite continui cambiamenti negli<br />

strumenti, i quali obbligavano gli esecutori a mutamenti di assetto fisico.<br />

Ma non solo, e soprattutto, furono gli stessi compositori a cambiare le loro<br />

visioni dell’universo sonoro ampliando o riducendone le dimensioni, le<br />

caratteristiche timbriche, ed attribuendole tutti i cangianti movimenti del<br />

loro pensiero e del loro spirito. Furono loro ad arrivare alla complessa, ma<br />

allo stesso tempo, semplice organizzazione della materia sonora. Abbiamo<br />

inoltre assistito al collasso di questo sistema, (come fosse il collasso di un<br />

sistema solare), e la conseguente ricerca da parte dei compositori contemporanei<br />

di una riorganizzazione della materia sonora, la quale riorganizzazione<br />

porterà a nuovi modi di ascoltare, di sentire (forse anche di udire), e<br />

perciò a nuovi schemi mentali, a nuove risposte fisiche.<br />

Non si contano i libri scritti sulla eterna domanda sul significato della<br />

Musica. Perché è da qui che inizia il problema dello strumentista. Io, personalmente,<br />

sono arrivata a pensare che il SUONO, mattone di costruzione<br />

della Musica, è il S<strong>IL</strong>ENZIO CHE VIVE.<br />

Questo silenzio, dunque, deve essere anche il punto di partenza fisico e psichico<br />

dello strumentista, se egli vuole essere interprete del profondo significato<br />

della musica : se ne desidera essere degno ed umile voce.<br />

Ma, più il fisico è debole, più comanda ; più è forte, più obbedisce : perciò,<br />

solo quando il fisico si troverà sufficientemente forte per obbedire al pen-<br />

Maurizio Pollini:<br />

"Chopin, un mistero…"<br />

Maurizio Pollini a Genova, dopo sette anni. Ancora<br />

GOG, ancora successo strepitoso, il 14 marzo<br />

scorso, di fronte alla platea gremita. Dopo Beethoven<br />

(nel ‘98), una monografia su Chopin, autore di<br />

cui il celebre pianista milanese è fra gli esegeti che<br />

– fin dagli anni ’60 – ne ha segnato indelebilmente<br />

la storia dell’interpretazione. Incontriamo Pollini sul<br />

palcoscenico del "Carlo Felice", accanto ai due<br />

pianoforti a coda “di fiducia” che s’è fatto portare<br />

(ne sceglierà uno, quello più consono all’acustica).<br />

"Mi ritengo costantemente all’inizio, anche in questo<br />

momento. E non si tratta d’umiltà: semmai è la<br />

voglia di realizzare molte cose che me lo fa dire!<br />

Già sette anni che manco da Genova? No, non ci<br />

sono motivi particolari… Indirettamente, dipende<br />

dal fatto che faccio un numero limitato di concerti<br />

e quindi sono costretto spesso a dire di no. E’ un<br />

compromesso che mi permette di preparare i concerti<br />

con sufficiente calma interiore, lasciandomi<br />

più libero di studiare. Ad essere sinceri non amo la<br />

classica tournée in cui uno va in un paese e in 20<br />

giorni fa 12 concerti… Un tipo di vita che non mi<br />

piace".<br />

Veniamo a Chopin…<br />

"E’ miracoloso. Naturalmente ha un potere di<br />

comunicazione così straordinario che piace a tutti,<br />

ma è tutt’altro che facile e scontato. Alle spalle c’è<br />

un grandissimo compositore con una sensibilità<br />

incredibile e che nasconde un vero mistero, che<br />

chiede una indagine perpetua".<br />

E’ noto che la sua curiosità intellettuale comporti<br />

un work-in-progress… Cosa accade<br />

quando ascolta le sue incisioni giovanili?<br />

"Il “riascoltarsi” è un’operazione delicata. In realtà<br />

PRIMAVERA 2005<br />

bisogna tentare di valutare la registrazione come se<br />

a suonare fosse un altro, col distacco necessario<br />

per vederne difetti e pregi. La concezione dell’opera<br />

s’evolve costantemente. Quindi un’esecuzione<br />

rimane frutto del momento. Tutte lo sono,<br />

per fortuna".<br />

Forse per Chopin, di più?<br />

"In un certo senso… Pensiamo al problema del<br />

“rubato”. Le testimonianze di Liszt ci dicono che<br />

esisteva nell’esecuzione di Chopin stesso. Ma non<br />

c’è una legge che stabilisce la quantità di rubato<br />

ideale. Ecco il problema dell’interpretazione: queste<br />

libertà necessarie per la musica sono sempre<br />

personali. In realtà la personalità dell’interprete si<br />

sovrappone fatalmente a quella del compositore, e<br />

non può che essere altrimenti se vogliamo avere il<br />

risultato di un’esecuzione viva".<br />

Per un interprete lo studio della musica contemporanea<br />

a suo avviso arricchisce poi la<br />

capacità di approfondimento dei classici?<br />

"Non direttamente. Ma sono convinto che fare<br />

musica contemporanea possa aiutare, arricchire la<br />

nostra personalità d’una visione più ampia, che non<br />

2<br />

siero, al sentire e all’immaginare , potrà finalmente abbandonarsi all’amalgama<br />

finale.<br />

Di questo parlano i trattati fin dagl’inizi, pur mai trascurando la ragion<br />

d’essere della musica. Partiamo da Diruta e Sancta Maria per arrivare a Ortmann,<br />

Schulz e Kotchevitzky, l’ultimo dei quali introduce l’elemento della<br />

educazione psico - fisica. Ma il discorso viene sviluppato solo negli effetti<br />

e non nelle cause, che tuttora rimangono mistero.<br />

Il Corso viene arricchito dalla proiezione di Video e DVD e dall’ascolto di<br />

esecuzioni del passato e presente, spesso messi a confronto o fermati per<br />

meglio aggiungere o escludere ogni eventuale schema tecnico platealmente<br />

disdetto dalla realtà dei grandi esecutori.<br />

La profonda conoscenza di questo straordinario percorso, mi pare essere<br />

l’unica via per intraprendere una metodologia didattica aperta al futuro, ma<br />

cosciente e rispettosa del passato : una didattica che rispetti le leggi della<br />

meccanica fisica e fisiologica, ma che non escluda individuali divergenze<br />

da esse.<br />

La seconda parte degli incontri prevede la formulazione di una metodologia<br />

che gradualmente, cronologicamente e gerarchicamente introduca tutte<br />

le tecniche richieste per l’esecuzione del repertorio pianistico. Potrà sorprendere,<br />

che, una buona metodologia avrà risolto più di metà dei problemi<br />

meccanici entro i primi cinque anni - i più importanti anni nella vita strumentale<br />

di un allievo. Entro l’ottavo anno di studio saranno, sì, introdotte<br />

nuove tecniche, ma molte saranno solo raddoppi delle tecniche precedentemente<br />

apprese. Altri due a quattro anni dedicati alle coordinazioni più complesse<br />

contenute nel repertorio pianistico porterà a compimento un lavoro<br />

ben fatto da un insegnante cosciente e coscienzioso, amante della propria<br />

arte dell’insegnare .<br />

Durante gli incontri avvengono libere discussioni su ogni aspetto dell’apprendimento<br />

e dei problemi e scelte che confrontano chi a quest’arte si<br />

dedica. Deve essere, ed è un momento di scambio reciproco in cui, alla fine<br />

ci accorgiamo veramente che la musica siamo noi.<br />

Lidia Baldecchi Arcuri<br />

rifiuta quell’impatto della creatività di oggi. Senza<br />

la musica d’oggi in realtà c’è un certo pericolo di<br />

diventare mummie… Sia per i musicisti che per il<br />

pubblico!".<br />

Come si trova al Carlo Felice?<br />

"Bene. L’acustica è particolare, ma riuscita. Sto provando<br />

per cercare di capirla meglio".<br />

Sui giornali di questi giorni rimbalzano le scintille<br />

dei guai scaligeri…<br />

"Non voglio entrare in questa polemica, perché è<br />

un infernale pasticcio. Fanno dispiacere più<br />

cose… Una è che in tutto questo dibattere non si<br />

pensa abbastanza a ciò che viceversa è fondamentale:<br />

un futuro di programmazioni più interessanti,<br />

un’attività intelligente e aperta, che rinnovi il<br />

teatro e che ne faccia non un mausoleo di bei<br />

ricordi ma un organismo produttivo e interessante.<br />

Un’altra considerazione possibile è su questa ingratitudine<br />

da parte dell’orchestra del teatro scaligero<br />

verso Riccado Muti, che ha lavorato tanto, dopo<br />

tanti anni di dedizione… Francamente è un atteggiamento<br />

che lascia molto toccati".<br />

Il suo concerto avviene a poche ore dallo sciopero<br />

nazionale dei lavoratori dello spettacolo<br />

contro i previsti ulteriori tagli al F.U.S. (Fondo<br />

Unico per lo Spettacolo)…<br />

"Sono per le sovvenzioni statali, e già non ho visto<br />

con piacere la trasformazione degli enti lirici in fondazioni!<br />

I privati che danno fondi per gli spettacoli<br />

sono meritevoli e vanno ringraziati. Ma la cultura ha<br />

diritto di essere sovvenzionata perché rappresenta<br />

un bene universale. Si immagini come posso<br />

vedere questi tagli, in tale situazione italiana… Ho<br />

espresso già il mio disaccordo assoluto su questo<br />

governo, e in modo particolare sulla Riforma Costituzionale:<br />

un momento pericolosissimo per noi<br />

tutti. Se il governo ha bisogno di far quadrare i<br />

bilanci, tagli altrove, ma non tagli la cultura".<br />

gdm


Il “<strong>Paganini</strong>” in Vaticano<br />

Si sa, quando si prova l’esperienza televisiva,<br />

è poi difficile tornare alla vita ed all’anonimato<br />

di tutti i giorni…ma che a tre mesi di<br />

distanza dal Concerto di Capodanno qualcuno<br />

di noi finisse in mondovisione non l’avevamo<br />

davvero programmato!<br />

Forse non tutti, infatti, sanno che alcuni musicisti<br />

(sei coristi ed un violista) del nostro <strong>Conservatorio</strong><br />

hanno preso parte ad un importante<br />

evento musicale, nell’ambito dell’iniziativa<br />

“La Culturale Universitaria Europea incontra<br />

il Santo Padre”. Il concerto, avvenuto il 5<br />

marzo in Aula Nervi (Città del Vaticano) è<br />

stato trasmesso in Mondovisione dal Centro<br />

Televisivo Vaticano, dalla Televisione della<br />

Il 30 marzo si esibirà sul "Dell’Orto & Lanzini", in occasione<br />

dell’inaugurazione del Festival Organistico Europeo<br />

Gerhard Weinberger al "<strong>Paganini</strong>"<br />

La rassegna è uno dei fiori all’occhiello della Genova musicale. Giunti al<br />

XXVII° anno di attività, tornano i concerti degli Amici dell’Organo. L’omonima<br />

associazione, presieduta dal M° Emilio Traverso (docente presso il<br />

nostro <strong>Conservatorio</strong>) vara il Festival Organistico Europeo 2005. Un’iniziativa<br />

realizzata in collaborazione col Comune di Genova, la Provincia, la<br />

Regione e l’Istituto Diocesano di Musica Sacra.<br />

Anche il "<strong>Paganini</strong>" è parte in causa. Anzi. Proprio sullo splendido organo<br />

"Dell’Orto & Lanzini" che domina la Sala Concerti del conservatorio (strumento<br />

inaugurato lo scorso ottobre con un concerto tenuto da Michael Radulescu)<br />

si misurerà l’interprete del primo appuntamento del Festival: mercoledì<br />

30 marzo alle 18, di scena l’organista Gerhard Weinberger, già allievo di<br />

Franz Lehrndorfer, oggi uno dei più accreditati studiosi delle opere organistiche<br />

di Bach (di cui sta incidendo l’integrale sui più importanti organi storici<br />

della Turingia e della Sassonia: già pubblicati 16 CD, per l’etichetta CPO).<br />

Nel concerto genovese (occasione<br />

preziosa, ad ingresso libero) Weinberger<br />

eseguirà la Fantasia e Fuga<br />

in sol minore BWV 542 ed i Sei<br />

Corali di Bach, il Preludio e Fuga<br />

sul nome B.A.C.H. di Liszt e la<br />

Fantasia e fuga in re minore op.<br />

135b di Reger.<br />

Conferenza Episcopale Italiana (SAT 2000) e<br />

dalla Radio Vaticana.<br />

Andrea Paoli, violista coinvolto, così descrive<br />

l’esperienza in questa mastodontica orchestra:<br />

“Venerdì pioveva, e l'appuntamento era dall'obelisco,<br />

sotto l'acqua. Ho trovato già lì due<br />

violisti toscani, dopo poco un è venuto un’addetto<br />

a prenderci e ci ha accompagnato in<br />

Vaticano, in sala Nervi. Bene, prova tutto il<br />

pomeriggio, con orari di inizio trattati elasticamente.<br />

Cena (con vaschette precotte tipiche<br />

da catering per grosse quantità) con anche<br />

pollo (carne in venerdì di quaresima??). Sera<br />

in albergo (a nanna). Sveglia al mattino del<br />

sabato alle 7.15 per far colazione con calma e<br />

riuscire a essere in Vaticano per le 9.<br />

Prova tutta la mattina solo orchestra, pausa<br />

pranzo (sempre con le vaschette), appello dei<br />

coristi in Piazza. Erano tantissimi. Ancora un<br />

po' di prova col coro, poi pausetta e poi inizio<br />

della celebrazione. Lunga, ma non pesante<br />

(almeno per me). Poi foto ricordo con i coristi,<br />

e si esce (sotto l'acqua). Cena all'Archivio<br />

di Stato, sempre a vaschette. Poi saluti, baci,<br />

abbracci e in albergo. Domenica ritorno.<br />

L’orchestra era composta da più di cento elementi<br />

ed il coro da più di duemila. Cosa capissero<br />

dal direttore e cosa poi cantassero quelli<br />

posizionati in fondo, Dio solo lo sa. C’erano<br />

un po’ di direttori ausiliari (forse abusivi)<br />

La stagione proseguirà il 7 aprile<br />

alle 21 presso la Basilica dell’Immacolata<br />

con l’organista Jozef<br />

Sluys, il 14 (sempre alle 21) all’Oratorio<br />

San Filippo con Fabio Ciofini,<br />

il 21 presso l’Abbazia di San<br />

Matteo (Luigi Ferdinando Tagliavini)<br />

e infine il 28 nella chiesa di<br />

Sant’Anna, con un recital di<br />

Roberto Antonello.<br />

3<br />

sparsi per la sala che si davano da fare, con<br />

risultati non ben valutabili, ma nel complesso<br />

credo che il risultato sia stato discreto. Sicuramente<br />

suonare in mezzo a tanta gente fa un<br />

certo effetto. Una bella esperienza, se me la<br />

riproponessero la rifarei…”.<br />

Per il mese di dicembre è in programma un<br />

altro appuntamento, questa volta in Santa<br />

Maria Maggiore ed in San Pietro, che prevede<br />

anche l’inserimento di un brano sinfonico la<br />

cui direzione sarà affidata al vincitore di un<br />

apposito concorso nazionale, riservato agli<br />

allievi di Direzione d’Orchestra iscritti<br />

all’anno accademico 2004-2005 presso i Conservatori<br />

e gli Istituti musicali pareggiati.<br />

Paola Siragna<br />

Il 14 maggio sarà inaugurato il nuovo strumento "Restelli",<br />

copia da Ludwig Dulcken “il giovane” di fine ‘700<br />

Fortepiano in concerto<br />

Questo il programma del concerto<br />

inaugurale dello strumento, previsto<br />

per sabato 14 maggio alle ore<br />

18 presso la Sala Concerti del conservatorio.<br />

Aprono l’esibizione una<br />

Sonata di Boccherini per violoncello<br />

e basso continuo (interpreti,<br />

Matteo Ronchini e Pinuccia Schicchi),<br />

tre Sonate di Cimarosa<br />

(Tiziana Canfori) e due arie di<br />

Mozart e Bellini (eseguite dalle studentesse<br />

Han-Na Oh e Elisabetta<br />

Isola accompagnate da Flavio<br />

Sironi e Federica Di Maio). Restituite<br />

anche una Sonata a quattro<br />

mani di J. Tours (Barbara Petrucci e<br />

Dorina Sciaccaluga), una Parthie di<br />

M.T. Agnesi (ancora Barbara<br />

Petrucci), delle Variazioni di<br />

Mozart per violino e pianoforte e<br />

una Sonata di J. Schobert (Donella<br />

Terenzio e Barbara Petrucci).<br />

PRIMAVERA 2005


Trasferta tunisina,<br />

nel segno di ECUME<br />

Ancora scambi culturali<br />

nel nome di<br />

ECUME Echanges<br />

Culturels en Méditerranée.<br />

Dopo la<br />

XIV° edizione degli Incontri Internazionali<br />

dei Conservatori di Musica, che Genova ha<br />

ospitato nel novembre scorso, il "<strong>Paganini</strong>" è<br />

stato nuovamente coinvolto in una bella iniziativa,<br />

questa volta in trasferta presso il Teatro<br />

Municipale di Tunisi e di Sfax, in Tunisia.<br />

La violinista Donella Terenzio ed il violista<br />

Alessandro Ghe, dal 13 al 19 marzo, hanno<br />

collaborato alla realizzazione di due<br />

momenti concertistici realizzati dall’Ensemble<br />

Ecume: un’orchestra d’archi multietnica,<br />

costituita da musicisti provenienti da ogni<br />

parte del Mediterraneo. La manifestazione è<br />

stata realizzata sotto l’egida del Ministero<br />

Tunisino per l’Educazione.<br />

Nella Sala Concerti del "<strong>Paganini</strong>", il<br />

9 aprile, per accedere alla "Rassegna<br />

Nazionale per Giovani Strumenti ad Arco"<br />

A Genova,<br />

le selezioni<br />

"ESTA"<br />

Anche Genova, fra le sedi della selezione che<br />

porterà alla "Rassegna Nazionale per Giovani<br />

Strumentisti ad Arco" organizzata da "ESTA"<br />

(European String Teachers Association) in collaborazione<br />

con il <strong>Conservatorio</strong> <strong>Paganini</strong>, il<br />

"Verdi" di Milano, il "B. Marcello" di Venezia,<br />

il "Cherubini" di Firenze, il "Rossini" di<br />

Pesaro e l’Accademia dell’I.P.S. di Bari.<br />

Sabato 9 aprile alle 15.00, presso la Sala Concerti<br />

del "<strong>Paganini</strong>", il momento ligure degli<br />

"Incontri sul Palcoscenico", dove gli strumentisti<br />

partecipanti si confronteranno, suddivisi in<br />

sette categorie. I vincitori si misureranno coi<br />

loro colleghi delle selezioni avvenute nelle<br />

altre città, fra il 30 aprile ed il 1° maggio<br />

Giovani compositori cercasi, nel nome di Faber<br />

“Venite in Paradiso, là dove vado anch’io…”<br />

La Fondazione Fabrizio De Andrè bandisce un<br />

progetto dedicato agli studenti di Composizione,<br />

volto alla trascrizione musicale degli<br />

arrangiamenti delle canzoni di Fabrizio De<br />

Andrè. Lo scopo di questa interessante iniziativa<br />

è l’allestimento di un archivio contenente<br />

tutti gli arrangiamenti originali, con sede<br />

presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università<br />

di Siena, dove è stato costituito il<br />

Centro Studi Fabrizio De Andrè.<br />

Il progetto si avvale della supervisione di Luigi<br />

Viva (già autore di una biografia dedicata a<br />

Fabrizio De Andrè dal titolo “Non per un Dio,<br />

ma nemmeno per gioco”) e della supervisione<br />

di esperti e musicisti che hanno lavorato a<br />

fianco di Fabrizio nella sua lunga carriera:<br />

Mark Erris, Piero Milesi, Mauro Pagani,<br />

Nicola Piovani e Giampiero Reverberi.<br />

I Conservatori coinvolti sono quelli di Genova,<br />

Firenze, Parma, Mantova, Bologna e Verona.<br />

PRIMAVERA 2005<br />

Ogni <strong>Conservatorio</strong> riceverà una borsa di studio<br />

destinata agli studenti.<br />

La Fondazione, fra l’altro, ha già stretto con il<br />

nostro <strong>Conservatorio</strong> un rapporto di collaborazione,<br />

attraverso una serie di borse di studio<br />

nell’ambito di un progetto quadriennale.<br />

Al nostro Istituto sono stati assegnati gli<br />

album: “Volume I”, “Tutti morimmo a stento”,<br />

“Volume III”. Tre album simbolo del cantautore<br />

genovese, contenenti successi quali “Via<br />

del Campo”, “Bocca di Rosa”, “La canzone<br />

di Marinella”, “La guerra di Piero” ed altri.<br />

Forse meno noto degli altri due (e forse più<br />

complesso musicalmente), “Tutti morimmo a<br />

stento” è invece una “cantata in si minore per<br />

solo, coro e orchestra” , come recita il sottotitolo<br />

del disco, i cui arrangiamenti originali<br />

furono curati, magistralmente, da Giampiero<br />

Reverberi.<br />

A lavorare alle trascrizioni saranno, per il<br />

nostro <strong>Conservatorio</strong>, le classi dei Prof. Giachino<br />

(Composizione) e Leveratto (Jazz).<br />

Un bel progetto, che rende giustizia all’opera<br />

del cantastorie genovese, disponibile fin’ora<br />

solo su canzonieri e traballanti arrangiamenti<br />

pianistici.<br />

Dispiace solo il fatto che l’idea di questo archivio<br />

provenga dall’Università di Siena e non<br />

dalla “culla” di Fabrizio, la sua Genova.<br />

Paola Siragna<br />

4<br />

presso la "Sala della Cassa di Risparmio" di<br />

Firenze.<br />

L’ESTA è una struttura internazionale con alle<br />

spalle una storia importante… Negli anni successivi<br />

alla seconda guerra mondiale il modo<br />

di suonare degli artisti era ancora molto caratterizzato<br />

dalle diverse scuole nazionali. Nel<br />

1972 grazie all’iniziativa della professoressa<br />

austriaca Marianne Kroemer è nata l’ESTA.<br />

Insieme a Max Rostal e Yehudi Menuhin, la<br />

Kroemer ha posto le basi per lo sviluppo dell’associazione,<br />

nata con lo scopo di venire<br />

incontro alle esigenze di aggiornamento pedagogico-culturale<br />

internazionale dei propri<br />

iscritti.<br />

Attualmente l’ESTA può contare 29 paesi<br />

associati, migliaia d’iscritti tra insegnanti, concertisti,<br />

studenti ed amatori ed è un ente riconosciuto<br />

dal Consiglio d’Europa. In Italia l’E-<br />

STA è nata nel 1976. Il primo presidente fu<br />

Arrigo Pelliccia, già assistente di Carl Flesch.<br />

Fra i presidenti che si sono succeduti, Piero<br />

Farulli, Renato Zanettovich… Oggi a capo dell’ESTA<br />

è Bruno Giuranna [foto], già presente<br />

tra i firmatari del primo comitato direttivo.<br />

Il 22 aprile battesimo del nuovo complesso<br />

genovese "L’arsenale del corno<br />

inglese", con un concerto in onore di<br />

Antonino Virtuoso.<br />

Un "Arsenale"<br />

in conservatorio<br />

Arsenale, ovvero "deposito". In questo caso<br />

non guerresco ma del sapere. Arsenale ovvero<br />

fucina, dove si costruisce, dove si inventa,<br />

dove si forma un prodotto: strumentisti educati<br />

all’esecuzione, all’interpretazione della musica,<br />

alle discipline artistiche, al palcoscenico.<br />

Fiocco azzurro al "<strong>Paganini</strong>" con la fondazione<br />

dell’Arsenale del Corno Francese, complesso<br />

di recente fondazione formato da soli cornisti,<br />

il cui numero – secondo le esigenze di programmazione<br />

– può raggiungere anche i sedici<br />

elementi.<br />

Il gruppo è costituito da studenti frequentanti i<br />

primi corsi di studio, corsi superiori e diplomati,<br />

tutti provenienti dalla classe del prof.<br />

Davide Passarino, titolare della Cattedra di<br />

Corno Francese presso il <strong>Conservatorio</strong> di Stato<br />

N. <strong>Paganini</strong> di Genova.<br />

Il complesso non nasce con finalità concertistiche,<br />

bensì con scopi prettamente didattici. Il<br />

repertorio spazia da quello tipicamente cornistico<br />

(Squilli, Cacce, molto in voga nel secolo<br />

scorso), alle opere scritte da compositori contemporanei<br />

appositamente per questo organico,<br />

dove vengono proposti e sfruttati degli<br />

effetti timbrici e coloristici estremamente innovativi.<br />

L’Arsenale si avvale inoltre delle trascrizioni<br />

di brani tratti dal grande repertorio liricosinfonico<br />

(Weber, Beethoven, etc).<br />

Prima esibizione del gruppo, venerdì 22 aprile<br />

alle 19 presso il Salone del <strong>Conservatorio</strong>. Il<br />

concerto sarà inoltre occasione per festeggiare<br />

un grande Maestro, il cornista Antonino Virtuoso,<br />

al quale i giovani musicisti dedicheranno<br />

le loro esibizioni.


Il Cantiere Musicale ricorda Luigi Porro<br />

Ciao Maestro<br />

Se ne è andato il 1° febbraio, vinto da un<br />

male con cui combatteva da circa due<br />

anni e mezzo. Il "Don", il "Maestro", non<br />

c’è più: Luigi Porro, compositore, didatta,<br />

direttore di coro, sacerdote, si è spento<br />

all’età di ottantadue anni. Porro era stato<br />

insignito recentemente del Grifo d’Argento,<br />

in omaggio alla sua instancabile attività<br />

d’artista: già docente di conservatorio,<br />

compositore raffinato, insostituibile Maestro<br />

di Cappella in San Lorenzo… Ma Porro<br />

soprattutto è stato l’anima plasmante e<br />

portante, per oltre quarant’anni, del “Coro<br />

Polifonico Januensis”, ovvero d’una straordinaria<br />

palestra per almeno tre generazioni<br />

di musicisti e musicofili, che ha avuto<br />

numerosi momenti anche di celebrità<br />

internazionale, e che ha contagiato, nell’amore<br />

per la musica e per il canto, centinaia<br />

di musicisti.<br />

Nato in una famiglia di fabbri, Luigi Porro<br />

inizia a suonare l’organo e a cantare fin da<br />

bambino. In Seminario si avvicina alla direzione<br />

e subito dopo la guerra guida le<br />

parti cantate della liturgia della cattedrale<br />

di Genova. Al principio degli anni ’60<br />

prende in mano un coro dedito al repertorio<br />

popolare, il “Campodonico” e lo plasma<br />

al punto da portarlo a vincere – dopo<br />

averlo rifondato e ribattezzato “Januensis”<br />

- prestigiose selezioni internazionali, quali<br />

il Concorso di Montreaux, nel 1983, ma<br />

anche il concorso di Tradate, di Stresa, il<br />

premio speciale “Casagrande” a Vittorio<br />

Veneto, il secondo premio (senza un<br />

primo assegnato) al concorso di Arezzo.<br />

Come compositore Luigi Porro ha scritto<br />

moltissime pagine sacre. Artista profondo<br />

e sensibile, che riverberava la propria spiritualità<br />

in pagine sacre di grande bellezza,<br />

Don Porro sapeva essere anche un amico<br />

affabile, ironico, sagace, pronto al motto<br />

di spirito da cui si arguiva lo sguardo sempre<br />

attento, concreto e saggio, sulle cose<br />

della vita. Adorato dai giovanissimi, Porro<br />

è stato negli anni ’80 docente al conservatorio<br />

<strong>Paganini</strong>. Per sette anni ha cresciuto i<br />

futuri musicisti, insegnando solfeggio e<br />

canto corale. E preparando le voci bianche<br />

per i titoli operistici in teatro. gdm<br />

Il caso ha voluto che non siano stati pochi<br />

quei momenti della mia vita che abbiano<br />

avuto il denominatore della sua presenza: da<br />

bambino frequentavo la Cattedrale e lo ascoltavo<br />

– e lo ammiravo – mentre suonava l’organo;<br />

da studente applaudivo i suoi concerti<br />

corali, al mio matrimonio era lui a sovrintendere<br />

la musica del rito.<br />

Infine, nel 2004 che ci ha coinvolto tutti sotto<br />

il segno della cultura, il piacere di condividere<br />

la celebrazione del suo instancabile<br />

lavoro (il Grifo d’Argento). Grande professionista,<br />

grande persona, carica di un’umanità<br />

che è infrequente poter ritrovare.<br />

Davide Viziano<br />

Abbiamo raccolto alcune testimonianze fra giovani e vecchi amici del sacerdote musicista<br />

«Diciassette volte grazie!»<br />

Caro maestro o più affettuosamente "Ciccio", ti<br />

chiamavo così insieme a qualche altro corista, da<br />

quando eri diventato molto più del maestro del<br />

coro; quel coro che è stato punto d'incontro per<br />

centinaia di ragazzi, dove sono nate amicizie,<br />

amori, ma soprattutto dove, grazie a te abbiamo<br />

imparato a conoscere e ad amare la musica. Eri<br />

severo ma allo stesso tempo paziente e alla fine<br />

della prova ci lasciavi sempre con tanta gioia e<br />

con la voglia di tornare a cantare.<br />

Anche fuori del tuo ruolo sei stato speciale. Non<br />

dimenticherò mai i pomeriggi passati a chiacchierare<br />

anche ora che eri malato, davanti a un piatto<br />

di farinata che amavi tanto, le ore passavano<br />

come attimi.<br />

Grazie, grazie di cuore<br />

Monica Arpino<br />

Ho conosciuto don Luigi Porro nel 1972 quando,<br />

giovane studente nell’ambito del direttivo degli<br />

“Incontri Musicali”, mi occupavo dell’organizzazione<br />

di concerti per le stagioni musicali dell’associazione.<br />

Mi colpirono subito in modo positivo<br />

la sua solida preparazione ed esperienza musicale,<br />

proprie del “musico prattico” quale era, e<br />

che si manifestava nelle esecuzioni a capo del<br />

coro Campodonico - poi Januensis - in concomitanza<br />

dei diversi concerti inseriti e tenuti nella<br />

nostra programmazione. Ricordo le luminose<br />

conversazioni e scambi di idee sul tema della<br />

5<br />

musica e dei concerti d’organo a Genova (il<br />

periodo fra gli anni ’70-’80 era difficile per questo<br />

genere di esecuzioni che, in pratica, erano<br />

state messe al bando). Degli organi antichi<br />

apprezzava la bellezza del suono; inoltre mi riferiva<br />

con entusiasmo situazioni ed episodi legati<br />

alle sue esperienze organistiche su alcuni strumenti<br />

posti nelle diverse località della Liguria ed<br />

a Genova. In particolar modo riviveva, raccontandole<br />

con divertita ironia, le sue prime “performances”<br />

organistiche nel servizio liturgico in<br />

qualità di seminarista all’organo Tagliafico –<br />

1904, a due tastiere - allora esistente nella Cappella<br />

dei Chierici nella sede del vecchio Seminario.<br />

Assiduo frequentatore di manifestazioni concertistiche,<br />

riferite ai più diversi generi, stili ed<br />

epoche, era solito tenersi aggiornato su quanto<br />

venisse proposto in campo musicale.<br />

L’amicizia continuò approfondendosi in seguito<br />

nella nostra veste di colleghi docenti di <strong>Conservatorio</strong>,<br />

anche se in sedi e materie diverse. Negli<br />

ultimi anni, invitati dal cardinal Tettamanzi, ci si<br />

trovò fianco a fianco a confrontarci sull’annosa e<br />

mai risolta problematica del restauro-ricostruzione<br />

degli organi della Cattedrale genovese.<br />

A chi lo ha conosciuto penso che, senza dubbio,<br />

rimarrà indelebile l’immagine della sua bonomia,<br />

della sua schiettezza e del suo sorriso.<br />

Giancarlo Bertagna<br />

PRIMAVERA 2005


Cosa si può dire di più del nostro Maestro, che<br />

non sia già stato detto? Per quanto mi riguarda,<br />

posso dire che ha nutrito e fatto crescere la mia<br />

grande passione musicale, che mi ha insegnato a<br />

cantare e anche a vivere in un gruppo numeroso<br />

ed eterogeneo, in unità ed umiltà, grazie alla sua<br />

inimitabile capacità di conduzione, nascosta dietro<br />

un’ironia e un umorismo da cui non erano<br />

risparmiati neppure lui stesso e la sua attività.<br />

Sento che già mi mancano, e penso mancheranno<br />

a tutti, oltre al suo insegnamento, anche le sue<br />

battute e le sue risate, a volte aperte e a volte trattenute,<br />

che sono certa continuerà da lassù a riservare<br />

anche al nostro tentativo di portare avanti,<br />

con tutte le buone intenzioni, il suo Coro, che<br />

senza di lui non sarà più lo stesso.<br />

Paola Anna Calabrò<br />

La Lanterna, la luce diventa più fioca nel turbinio<br />

della neve... un mondo di considerazioni strane<br />

mi fanno collegare questo alla vita del coro; un<br />

coro bellissimo. Ne avevo sempre sentito parlare,<br />

per me era un sogno... chissà se il maestro mi<br />

avrebbe accettata. Bisognava conoscerlo, farsi<br />

sentire, provare un po'...<br />

Quando lo incontrai per la prima volta era nel<br />

negozio Ricordi, stava provando un organo e<br />

rideva, avevo deciso immediatamente: mi stava<br />

simpatico e l'amico a fianco mi propose "vieni, ti<br />

presento". Mi guardò mentre suonava e con la sua<br />

caratteristica semplicità mi disse "venga a provare"<br />

così la sera del martedì iniziò... la felicità. I<br />

miei, a casa, chiedevano cosa facessi ed io rispondevo<br />

che finalmente parlavo e cantavo di musiche<br />

belle e lontane nel tempo.<br />

Questo era ed è il coro: la condivisione.<br />

Questa era la proposta di "Don": stare insieme per<br />

fare musica, senza distinzioni di età, di preparazioni<br />

o di bravura, ma col gusto di contribuire<br />

tutti per un prodotto che è sempre risultato eccellente.<br />

Questo è il ricordo che resta di tutta una vita<br />

trascorsa al servizio del piacere della musica; una<br />

luce nel mondo musicale genovese, una luce che<br />

Claudio Tempo sottolineò in un memorabile concerto<br />

all'Oratorio San Filippo, scrivendo: "Vivaldi<br />

illuminato da un coro"... una luce a Genova... si<br />

potrà mai spegnere una luce così?<br />

Sara Calandra<br />

Si accende un desiderio e si mette in moto un<br />

ordigno e si impara a farlo funzionare, a tenerlo<br />

acceso e vitale sino al raggiungimento della meta.<br />

Sono parole che potrebbero raccontare ogni progetto<br />

umano di cui si ha notizia quotidianamente<br />

nel mondo, dalla idealità che lo fa nascere alle<br />

naturali scansioni con cui cresce: le incertezze, le<br />

battute d’arresto, le riprese, gli slanci dell’ultimo<br />

istante.<br />

Ecco, per noi, essere giunti a scrivere queste<br />

parole significa osservare un processo della<br />

natura, una trasformazione in atto da un “prima”<br />

a un “dopo”. “Prima” c’era don Porro, con la sua<br />

progettualità, l’entusiasmo contagioso e il severo<br />

biasimo, l’inesauribile energia del suo operare.<br />

Era un creatore. “Dopo”, per essere più precisi<br />

dalla scorsa estate, la consapevolezza che tutto<br />

ciò che un ingegno superlativo crea può brillare<br />

solo di luce riflessa. Non è apologia, ma con lui si<br />

chiude un capitolo della musica a Genova. A noi<br />

mancherà un padre. Non solo un amico e sebbene<br />

ottantenne neppure un nonno, quale per il timore<br />

di annoiare non sarebbe mai voluto apparire. La<br />

propria assoluta coerenza e un laconico interesse<br />

per il mondano hanno assicurato a lui e alle composizioni,<br />

che il suo pudore avrebbe riservato al<br />

privato, un’eterna adolescenza. Come qualcuno<br />

già disse di Schopenhauer: rideva e faceva ridere.<br />

Il Coro<br />

PRIMAVERA 2005<br />

Parafrasando il Salmo 136 potremmo dire che lo<br />

scorso 3 febbraio, nella Cattedrale di S. Lorenzo<br />

“sedimus et flevimus”. Non un popolo che<br />

ricorda la propria terra, ma molte persone riunite<br />

assieme per salutare, con riconoscenza, il loro<br />

“Maestro”: riunite per cantare le Sue musiche e<br />

quelle che più amava …. e sembrava di vederlo<br />

ancora fra noi a dire: “ Attenti, figgieu …”.<br />

Il testo del “Super flumina”, musicato da Don<br />

Porro nel 1956 (quando non conosceva ancora il<br />

mottetto scritto dal grande Palestrina), frullava<br />

nella mia mente misto al senso di gratitudine<br />

verso il Padre Eterno che ci ha dato la possibilità<br />

di conoscere, frequentare, apprezzare, amare il<br />

“Don” come in molti lo chiamavamo.<br />

In quel momento era abbastanza scontato pensare<br />

alla parabola dei talenti: Lui, che di talenti ne<br />

aveva molti era riuscito, con la semplicità e l’umiltà<br />

tipica dei grandi, a metterli al servizio di<br />

tutti: della Chiesa, dei suoi coristi, dei giovani che<br />

con Lui hanno appreso le prime nozioni teoriche<br />

e anche di tutti coloro che in qualche modo hanno<br />

avuto la possibilità di frequentarLo, seppur per<br />

breve tempo.<br />

Sarà difficile (per me impossibile), non pensare a<br />

Lui quando si parlerà di musica corale, perché in<br />

molti abbiamo imparato e tenuto fra le mani il<br />

frutto del Suo genio ed in molti abbiamo appreso<br />

sotto la Sua guida le più belle pagine corali scritte<br />

dai compositori del passato.<br />

Mi piace pensare a Lui come di un grande albero<br />

che ha dato i suoi frutti: in tanti ci siamo cibati,<br />

tutti dovremo ricordare e onorare la Sua figura.<br />

Fabrizio Fancello<br />

Mi è difficile parlare di don Porro, perché ciò mi<br />

costringe a parlare di me stesso, cosa che non<br />

amo fare.<br />

Conobbi don Porro quando avevo 16 anni. Alla<br />

Guardia. Il 29 agosto, il giorno della festa grande.<br />

Cantava, per la messa, la Cantoria di Pontedecimo<br />

e don Porro (allora non sapevo si chiamasse<br />

così) era all’organo. Il pallino della musica l’avevo<br />

sempre avuto, fin da bambino, ma non<br />

avevo mai contemplato la possibilità di farne la<br />

mia professione. Andavo a lezione, ma vivevo la<br />

musica come un hobby. Da grande volevo fare il<br />

6<br />

medico. In quel periodo, però, ero affascinato dall’organo.<br />

Mi sarebbe piaciuto provare a studiarlo,<br />

ma dove trovare un organo a disposizione? Allora<br />

non esistevano ancora gli strumenti elettronici, o<br />

meglio, qualcosa c’era, ma a prezzi assolutamente<br />

proibitivi per le finanze della mia famiglia.<br />

Quel giorno, dunque, mi feci coraggio, mi avvicinai<br />

alla consolle e attaccai discorso con don<br />

Porro. Chiesi spiegazioni sullo strumento, gli<br />

dissi della mia voglia di imparare e, infine, gli<br />

chiesi come potevo fare per trovare uno strumento<br />

su cui esercitarmi. E il don, che non mi<br />

aveva mai visto prima, mi disse dove e da chi<br />

andare.<br />

Dopo poco tempo, entravo nell’allora “Coro Campodonico”,<br />

del quale don Porro era appena diventato<br />

direttore. Così il don diventò “il maestro”, o<br />

come spesso lo chiamavamo più familiarmente, o<br />

meistro. E fu davvero un Maestro nella musica<br />

corale: gran parte di quel poco che so, l’ho senz’altro<br />

imparato negli anni meravigliosi del Coro, provando<br />

e cantando con lui. Specialmente per quanto<br />

riguarda lo spirito con cui avvicinarsi alla musica,<br />

quello che era il suo stile, la gratuita ricerca del<br />

bello, senza alcun secondo fine, perché il bello è<br />

anche buono. E se riesci realizzare qualcosa di<br />

bello, forse hai fatto anche qualcosa di bene.<br />

Qualcuno potrà pensare che tutto questo è retorico,<br />

ma io credo che sia ormai un cliché (e anche abbastanza<br />

datato) tacciare di retorica tutto quello che in<br />

fondo è solo buon gusto.<br />

Con il don non avevo grandissima familiarità: lo<br />

vedevo alle prove, durante le trasferte per i concerti.<br />

Ogni tanto andavo da lui, per chiedergli qualche<br />

consiglio musicale o qualche partitura. Egli era<br />

sempre disponibile, in quelle occasioni si lasciava<br />

andare e allora parlavamo a lungo. Di musica, naturalmente.<br />

Io lo stimavo moltissimo e credo che il<br />

mio segreto desiderio, inconfessato anche a me<br />

stesso, fosse quello di emularlo.<br />

Quando cominciai a pensare di abbandonare medicina,<br />

che nel frattempo avevo quasi completata, a<br />

favore dell’insegnamento e della musica, che nel<br />

frattempo aveva cessato di essere un hobby, andai<br />

ancora da lui, per chiedergli consiglio. Temevo di<br />

sentirmi dire “sei matto!”. Invece mi incoraggiò. Ed<br />

è stata senz’altro una delle scelte della mia vita che<br />

non ho mai rimpianto.<br />

Così, mentre cantavo “con lui” l’ultima volta, il<br />

giorno del suo funerale, mi sono ritrovato a pensare<br />

a quanto egli abbia influito sulla mia esistenza, sulle<br />

mie scelte di vita. E a quanto sia strano, e anche un<br />

po’ triste, accorgersene solo quando egli non c’è<br />

più.<br />

Giuseppe Mario Faveto<br />

La notizia della morte di don Porro mi ha profondamente<br />

commosso; anche se non era inaspettata<br />

nessuno si sarebbe immaginato di perderlo così<br />

presto. Per me non era soltanto un musicista incomparabile<br />

il cui entusiasmo e la cui gioia di fare la<br />

musica mi hanno sempre affascinato , ma anche<br />

l’uomo e il prete che sapeva comunicare con tutti<br />

di qualsiasi cosa, senza mai compiacersi dei propri<br />

successi e del suo importante ruolo. Aveva sorrisi e<br />

una parola gioiosa per tutti , il suo buonumore era<br />

coinvolgente e bastava una telefonata per avere<br />

subito un consiglio giusto su come affrontare quel<br />

brano o quel passaggio frutto di una immensa esperienza.<br />

Posso affermare senza alcun dubbio convenzionale<br />

che il mondo corale genovese e non ,<br />

con la sua morte , è divenuto più povero. Voglio<br />

attraverso questo breve ricordo ringraziarlo pubblicamente<br />

per essere stato per me un esempio da imitare<br />

e una guida in tutto il mio cammino musicale<br />

ed infine per avermi scelto come suo successore al<br />

ruolo di Maestro di Cappella della Cattedrale di<br />

Genova, grazie Maestro!


Gianfranco Giolfo<br />

"Stelutis alpinis" ("Stelle alpine")<br />

Se tu vens cà sù ta' cretis / là che lor mi àn soterat<br />

/ al è un splàz plen di stelutis: dal miò sanc l'è<br />

stat bagnat. // Par segnàl une crosute / jé scolpide<br />

lì tal cret: fra ches stelis nàs l'arbute, / sòt di lor<br />

jo duar cujèt ...<br />

Sono passati tanti anni. Era, forse, il 1953 quando<br />

conobbi don Porro, e lo conobbi proprio con questo<br />

canto: Stelutis alpinis.<br />

Lui, giovane sacerdote appassionatissimo del<br />

coro, faceva cantare le "Guide dell'Immacolata"<br />

(= Associazione Guide Italiane, oggi AGESCI);<br />

io, bambina, partecipavo al coro al seguito delle<br />

mie sorelle più grandi. Ho ricordato con lui tante<br />

volte quei momenti: per lui era stata una delle<br />

tante occasioni di far cantare; per me – anche se<br />

non l'unica – fu certo l'occasione che ha iniziato a<br />

farmi amare i canti di montagna.<br />

Credo che per me don Porro rimarrà sempre<br />

"quello di Stelutis alpinis": eppure tante altre cose<br />

ci hanno unito. Penso alle messe, ai mottetti, agli<br />

improperi e alle lamentazioni di autori rinascimentali<br />

che lui dirigeva nella cattedrale di S.<br />

Lorenzo e che io andavo ad ascoltare tutte le volte<br />

che potevo (forse è nato lì il mio interesse per la<br />

musica del Cinquecento-Seicento?); penso alle<br />

attività scoutistiche, all'essere stati colleghi nel<br />

<strong>Conservatorio</strong> N. <strong>Paganini</strong> e avere avuto così<br />

nuove occasioni per incontrarci e ricordare tante<br />

cose e tanti amici comuni; penso ancora al dono<br />

che mi ha fatto quando ha accettato di far cantare<br />

il suo coro alla presentazione di un mio libro sulla<br />

musica a Genova.<br />

Non si possono cancellare gli incontri di una vita.<br />

Per questo nel pensare a don Porro sento risuonare<br />

nelle mie orecchie tutte queste cose, ma<br />

soprattutto Se tu vens cà sù…<br />

Maria Rosa Moretti<br />

Nel lontano 1980 lo avevo invitato a casa mia, in<br />

quanto si trattava di scegliere un lied che Paolo,<br />

mio figlio, allora undicenne, avrebbe dovuto eseguire<br />

come voce bianca nel coro allora "Campodonico".<br />

Dopo aver ascoltato alcuni lieder di Schubert<br />

si sceglie "Heidenröslein"… Ma il testo cosa<br />

c’entra con il Natale? Ci chiediamo, e Lui, subito<br />

pronto, intanto di tedesco "nu capiscian ninte!"<br />

Alessandra Pani<br />

Don Luigi, Don Porro per tutti i suoi coristi, la<br />

musica come missione. Unione e comunione per<br />

giovani e meno giovani, lo conobbi da bimbo<br />

quando dopo un’audizione sommaria del suo<br />

orecchio attentissimo mi accolse nel Coro Campodonico<br />

in preparazione del concerto del Natale<br />

1975 al cinema-teatro Margherita...Una vera<br />

vocazione la sua, seduto dietro all’organo a pedali<br />

che spostava al Quadrivium da una stanza all’altra<br />

per provare. Cantava tutte le voci, una per una<br />

le insegnava a noi bimbi che lo imitavamo volentieri<br />

imparando istintivamente a cantare insieme,<br />

e a cantar giusto. Le prove erano sempre un’evoluzione,<br />

uno sviluppo della propria musicalità,<br />

della propria cultura musicale e umana, i concerti<br />

delle esperienze indimenticabili. Per me il coro<br />

Januensis è sempre stato un riferimento, un luogo<br />

di ritrovo dove ho sempre incontrato degli amanti<br />

della polifonia vocale e del canto, una cultura<br />

tutta genovese e particolarmente ligure quella del<br />

coro Januensis.<br />

L’ultima volta che lo vidi, tre mesi fa era seduto<br />

sul suo lettino, nella penombra della sua stanza,<br />

non voleva disturbare nessuno. Ebbi l’impressione<br />

di far visita ad un santo, una suora ad ogni<br />

piano mi indicava il cammino da seguire per ritrovarlo.<br />

Disse : " L’unica mia preoccupazione sono<br />

i cartoni di musica che non so dove mettere, spero<br />

solo che non andranno perduti tanti anni di lavoro<br />

e ricerche... ". Modesto ma consapevole della sua<br />

cultura e della sua sensibilità musicale, umile ma<br />

sicuro del suo valore e fiero dei successi dei suoi<br />

coristi, anche se povero di riconoscimenti ufficiali.<br />

Un uomo integro, profondamente felice perché<br />

era al suo posto, un posto che si era costruito<br />

da solo con la forza della sua passione e il carisma<br />

del suo entusiasmo. Con affetto e stima, un<br />

ricordo sempre vivo del Maestro Porro.<br />

Paolo Pani<br />

"...NUTRE LA MENTE CIÒ CHE LA RALLEGRA"<br />

S.AGOSTINO<br />

Don Porro. Un grande Maestro. Il mio grande<br />

Maestro. A lui devo l’ “imprinting” musicale e<br />

professionale negli anni della formazione artistica:<br />

ha aperto il mio cuore alla musica perché lui<br />

stesso aveva la musica nel cuore, facendomi scoprire<br />

e amare la musica come ragione di vita e<br />

insegnandomi ad affrontarne lo studio con attitudine<br />

professionale, passione ed instancabile<br />

amore.<br />

Sono cresciuta con lui, prima nelle voci bianche e<br />

poi nel Coro Januensis. In quegli anni ci ha guidato<br />

in preziose esperienze di collaborazione con<br />

il Teatro dell’Opera, portandoci a contatto con<br />

importanti Direttori d’Orchestra come Zoltan<br />

Pesko e Bruno Bartoletti (Persephone di Strawinskij,<br />

Terza di Mahler,) oltre che in numerosi Concerti<br />

e Concorsi nazionali ed internazionali.<br />

Promotore e divulgatore entusiasta di molta<br />

musica contemporanea, accostava arditamente nei<br />

suoi programmi di concerto Palestrina a Petrassi,<br />

Kodaly e Bartok a Marenzio, Bach a Poulenc,<br />

Auric, Britten, Fauré ad Arcadelt, etc.: il respirare<br />

queste nuove armonie ha, nel mio caso personale,<br />

suscitato e consolidato una attitudine al repertorio<br />

del Novecento che è poi diventata parte importante<br />

nella mia professione di musicista.<br />

Ma il dono più prezioso che ci ha lasciato è stata<br />

la gioia autentica del fare musica e dell’imparare.<br />

Spesso, finite le prove del coro, ci si attardava<br />

nell’esplorazione e nella lettura estemporanea di<br />

nuove partiture come in un gioco infinito e irresistibile,<br />

ma di grande rigore didattico e formativo.<br />

7<br />

Per chi era pronto a seguirlo, contagiato dalla sua<br />

passione, qualsiasi momento poteva essere occasione<br />

di imparare divertendosi: anche durante i<br />

viaggi di trasferta che il Coro affrontava per i<br />

concerti o per i concorsi, poteva capitare di intonare<br />

sul pullman qualche fuga a tre o quattro voci<br />

del Clavicembalo ben Temperato di Bach..<br />

Non di rado, armato del suo trascinante entusiasmo,<br />

riusciva a farsi accompagnare in viaggi<br />

improvvisi che organizzava nell’arco di una giornata,<br />

per raggiungere qualche fornito negozio di<br />

partiture d’oltralpe, nel quale entravamo come si<br />

entra in una pasticceria sopraffina, quasi<br />

seguendo il profumo dei libri negli scaffali per<br />

uscire sazi di musiche nuove e fragranti sottobraccio.<br />

Don Porro non scindeva mai questa prorompente<br />

gioia di “vivere” la musica con una preparazione<br />

estremamente esigente dal punto di vista della<br />

tensione espressiva e delle dinamiche: era capace<br />

di tenere 40 persone sospese su una armonia o su<br />

un semplice unisono per tempi interminabili fino<br />

a quando l’osmosi delle voci traduceva la partitura<br />

in un respiro comune dal giusto colore.<br />

Egli riusciva a rendere professionista anche<br />

coloro che la musica non sapevano neanche leggerla,<br />

perché chi ha avuto la fortuna di essere suo<br />

discepolo sa come fosse una sua ragione di vita<br />

tirare fuori il meglio da ognuno di noi per tradurre<br />

ogni partitura in una vibrante emozione<br />

sonora collettiva.<br />

Grazie Don Porro, Maestro, che quando lo si<br />

chiamava così sorrideva schivo e commentava<br />

sottovoce: ”Musicam docet Amor”, ossia , è l’Amore<br />

il Maestro di Musica.<br />

Ljuba Pastorino Moiz<br />

Quindici anni… dal mio piccolo Coro Parrocchiale<br />

vengo invitato ad unirmi ad un “faro musicale”<br />

della coralità Ligure: il Coro Campodonico…<br />

un “mito” cui tutti quelli che amavano<br />

“fare musica” puntavano.<br />

Trentatré anni dopo… chiesa di S. Donato… si<br />

festeggiano gli 80 anni del “Maestro”. Tanti, purtroppo<br />

non tutti poiché qualcuno ci ha già<br />

lasciato, ci ritroviamo “giovani di allora”! E giovani<br />

di oggi per un grande concerto dove le nostre<br />

voci si mettono al servizio della sua “musica” che<br />

tanto ha coltivato il nostro gusto ed il nostro orecchio.<br />

In mezzo la vita e l’opera di questo “piccolo-grande<br />

prete”, “Maestro” per tutti noi, che<br />

ha investito la sua vita nel servizio attraverso la<br />

musica. Ha fatto del Coro Campodonico, poi<br />

Coro Januensis, il luogo di incontro di culture,<br />

pensieri, modi di vivere diversi tra loro ma che<br />

condividono la passione ed il piacere, vezzosamente<br />

“non professionale” di fare, creare, diffondere<br />

la “Musica”.<br />

Ed allora scorrono nella memoria imprese più o<br />

meno riuscite, ma sempre vissute con gioia e<br />

dedizione: Arezzo, Montreaux, Vittorio Veneto,<br />

Tours, Fidenza, Venezia, Firenze… Paura, gioia,<br />

sorrisi, tristezza… tutti sentimenti condivisi con<br />

Lui e per Lui provati e ritrovati nei Suoi sguardi,<br />

nei Suoi gesti, nelle Sue sfuriate, nei Suoi complimenti.<br />

Ed in ultimo i ricordi della Sua vita; le<br />

“perle” che ci lanciava alla fine delle prove,<br />

facendoci intravedere una Italia diversa, il Seminario,<br />

gli scherzi ai professori, i rapporti con gli<br />

amici, la “passione” che tutto prende, con grande<br />

umanità e con l’indulgenza del “saggio” che benignamente<br />

perdona le proprie e le altrui debolezze.<br />

Grazie “Maestro”, la Tua passione, la Tua forza,<br />

il Tuo sorriso ci accompagneranno sempre nella<br />

vita e ci daranno, ne siamo certi, l’impulso di continuare,<br />

al meglio delle nostre potenzialità, a cantare<br />

e diffondere la “filosofia” che ci hai svelato<br />

con la “TUA MUSICA”.<br />

PRIMAVERA 2005


Giancarlo Pezzi<br />

So che non gli avrebbe fatto piacere che si parlasse<br />

tanto di lui. Schivo, modesto, si schermiva<br />

persino di fronte agli applausi del pubblico dopo<br />

un concerto. Non amava mettersi in evidenza, e<br />

nemmeno amava che si eseguissero le sue musiche,<br />

preferendo sempre dare spazio ad altri. Era<br />

geniale nella sua musicalità, innata, spontanea.<br />

Chi lo ha conosciuto non può non ricordare la sua<br />

straordinaria predisposizione naturale alla composizione<br />

e all’improvvisazione, così come la sua<br />

abilità nella preparazione e nella direzione del<br />

coro. Lui, che aveva una gradevolissima voce da<br />

tenore leggero, riusciva a cantare con eccezionale<br />

facilità tutte le parti corali, in tutti i vari registri,<br />

compreso quello di soprano. Quante volte,<br />

durante le prove, ricorreva a questo espediente<br />

per insegnarci la parte o per sostituire una sezione<br />

corale momentaneamente mancante o per rimediare<br />

a qualche errore. Ci preparava con infinita<br />

pazienza, con quel suo fare insieme professionale<br />

e ironico, spesso alleggerendo le inevitabili tensioni<br />

con una risata o incoraggiando con una battuta<br />

di spirito in dialetto, senza mai prendersi<br />

troppo sul serio, esigente e rigoroso ma al tempo<br />

stesso indulgente.<br />

Tutti sanno quanto amasse il suo coro, la sua creatura,<br />

che ha resistito per quarant’anni, tra difficoltà,<br />

naturali avvicendamenti e mutamenti. Centinaia<br />

di persone tra loro diverse per età, opinioni,<br />

credo politico o religioso, che grazie alla<br />

profonda umanità e all’entusiasmo, alla gioia che<br />

riusciva a trasmettere, è riuscito a coinvolgere e a<br />

tenere unite nel tempo, anche da lontano, nel<br />

segno della musica e dei valori dell’amicizia e<br />

della condivisione.<br />

Oggi, con l’animo gonfio di tristezza, vorrei<br />

potermi rivolgere a lui almeno per dirgli ancora<br />

una volta solo grazie. Grazie carissimo Maestro<br />

per il Tuo esempio di vita e di magistero, grazie<br />

per il dono della Tua allegria, grazie per avermi<br />

onorato della Tua amicizia, grazie per avermi<br />

Tre anni fa, gli auguri del Cardinale<br />

PRIMAVERA 2005<br />

dato il privilegio di condividere le emozioni, la<br />

passione e l’amore per la musica e per il canto,<br />

grazie per i preziosi insegnamenti spirituali,<br />

d’arte e di vita, grazie per i tanti ricordi che<br />

insieme con la Tua immagine e con il Tuo sorriso<br />

resteranno per sempre incancellabili nella mia<br />

memoria e nel mio cuore.<br />

Giulietta Picco<br />

Amore e passione per le vette. Quelle musicali,<br />

s’intende: Bach, Haydn, Mozart, ma accanto a<br />

queste prendevano forma, nei suoi racconti lievi e<br />

gioiosi, le cime impervie e innevate dello Jungfrau<br />

e del Pilatus, violate solo dall’ardire di quei<br />

trenini svizzeri che suscitavano sempre la sua<br />

ammirazione, alla stregua del fugato più arduo e<br />

del concertato più vorticoso.<br />

Francesca Pizzimenti<br />

La cultura musicale di Don Porro era molto più<br />

profonda di quel che il suo atteggiamento semplice<br />

inducesse a considerare; in ogni situazione<br />

era poi disponibile a mettere la propria preparazione<br />

a disposizione di tutti. Non è certo una caso<br />

che abbiano lavorato o collaborato con lui praticamente<br />

tutti coloro che a Genova si siano occupati<br />

in qualche modo di musica. Un buon carattere<br />

naturale ed una acquisita saggezza gli procuravano<br />

facili rapporti con chiunque.<br />

Accanto ai numerosi ricordi legati alle personali<br />

collaborazioni, che negli anni del coro Januensis<br />

dettero vita a esecuzioni della Grande Messa di<br />

Mozart, dell’Oratorio di Natale e della Messa in<br />

La bemolle di Schubert, ne affiorano altri curiosi,<br />

come le varie volte in cui lo si vedeva suonare o<br />

improvvisare all’organo e contemporaneamente<br />

conversare tranquillamente con chi gli stava<br />

accanto. L’impressionante riconosceza collettiva<br />

tributatagli nell’occasione della scomparsa è stata<br />

certamente sincera e sentita, dando la misura<br />

della sua importanza nel mondo musicale della<br />

nostra città.<br />

8<br />

Michele Trenti<br />

Con la morte del Don è scomparso per me un<br />

pezzetto di vita, la mia adolescenza che si è protratta<br />

per molto a dire il vero: sedici anni, accompagnati<br />

da quella musica ; ma direi soprattutto è<br />

scomparso un pezzo di genovesità, quella genovesità<br />

che ci aveva resi complici, io, lui e la mia<br />

famiglia.<br />

Spesso a tavola insieme, il dialetto era l'idioma<br />

comune che ci univa; si sa come un accento, un<br />

termine dialettale siano appropriati per indicare<br />

un atteggiamento, un'emozione un modus<br />

vivendi.....ecco con lui in questo senso noi eravamo<br />

un tutt'uno e così ci s'intendeva.<br />

Ricordo un particolare divertente raccontato dal<br />

Don: il mottetto di Bach "Ich lasse dich nicht"<br />

percepito in modo distorto da un canonico e<br />

diventato: "L'assu de picche, l'assu de picche…"<br />

…che risate!<br />

Alessandra Varbella<br />

Luigi Porro, Compositore di musica sacra<br />

La sua raffinata sensibilità artistica trae ispirazione sia dal Gregoriano che da<br />

forme musicali più moderne: a volte l’uso di armonie piuttosto ardite e di<br />

cambi di ritmo repentini e inaspettati crea effetti di rara intensità espressiva.<br />

Ad esempio, nella Messa in mi bemolle maggiore, il Sanctus, scritto in 4/4, ha<br />

un’evoluzione ritmica molto interessante: infatti nel Benedictus, di reminiscenza<br />

gregoriana, i soprani ed i contralti si inseguono in figurazioni ritmiche rapide e<br />

variate scritte nel tempo di 5/4, per poi tornare nelle ultime due battute al<br />

tempo originario.<br />

Nelle sue composizioni più brevi, come ad esempio nei Mottetti, è riuscito a<br />

condensare un’alta espressività attraverso una trama armonica fitta di impercettibili<br />

dissonanze e ritardi , che genera un sottile ma continuo brivido di tensione<br />

interiore.<br />

La sua predilezione per le armonie di Settima in tutte le sue specie si può, ad<br />

esempio, trovare nel “Resurrexi”in re maggiore, dove, l’uso della VII maggiore<br />

usata quasi ossessivamente all’unisono in successione ascendente, rende luminoso<br />

il canto dell’esultanza. Nel mirabile “Suscitabo mihi Sacerdotem”, in mi<br />

maggiore, le toccanti progressioni discendenti di settime, arricchite da ritardi<br />

interni, evocano un sentimento introspettivo dal colore quasi Brahmsiano.<br />

Anche nella straordinaria composizione “ O Salutaris Ostia “in do maggiore , il<br />

Tema quasi cullante è dato dal pulsare di settime che si aprono e si contraggono<br />

dolcemente in sottili dissonanze, creando un’atmosfera estremamente<br />

intima e struggente, come l’aprirsi di un’ emozione subito richiamata nella propria<br />

interiorità.<br />

Questo clima onirico culmina in un’armonia sospesa tra il maggiore ed il<br />

minore di sapore quasi bartokiano : un sereno accordo finale chiude questa<br />

pagina che forse svela il lato più intimista e profondo di Luigi Porro Compositore.<br />

Ljuba Pastorino Moiz


“Addio Don Luigi Porro, cantore della gioiosità”, titolava un giornale genovese<br />

annunciando alla città la morte del grande Maestro.<br />

Proviamo a riflettere su questa immagine e cerchiamo di tradurla concretamente<br />

per chi (forse i più giovani) non hanno avuto la fortuna di conoscerlo e anche per<br />

coloro (tantissimi, davvero) che hanno invece avuto il piacere di fare questa<br />

esperienza, musicale ed umana.<br />

Ebbi già modo di parlare di lui da queste pagine, in occasione della festa-concerto<br />

per il suo ottantesimo compleanno; per questo dirò brevemente della decisiva<br />

influenza della sua figura sulla mia formazione di direttore di coro e, naturalmente,<br />

della sua innata capacità di tenere insieme un grande gruppo, fatto di<br />

persone di ogni età e provenienza, accomunato dall’amore per il canto corale<br />

(cioè per il canto fatto insieme) a cui solo il “Don” sapeva infondere un tratto<br />

esclusivo. Porro è riuscito a far questo nell’arco di quarant’anni e, se ci soffermiamo<br />

per un attimo a pensarci, capiremo che ciò è assolutamente straordinario.<br />

Vorrei perciò, ritornando all’immagine iniziale, sottolineare fortemente quelle<br />

due parole chiave: “canto” e “gioia”, come sintesi della sua vita di uomo, di formatore<br />

e didatta, di comunicatore e punto di riferimento di una città, di musicista<br />

ed artista. Ora che il tempo ci allontanerà gradatamente dall’evento luttuoso,<br />

ora che Il tempo s’è compiuto, come sembra suggerirci il titolo di una sua bella<br />

e antica composizione, le sue musiche potranno testimoniare con netta rilevanza<br />

tutto quello che le parole non riescono a fare compiutamente.<br />

Frammento di Il tempo si è compiuto<br />

Un frammento del brano citato dove, incastonata come una gemma all’interno<br />

del canone di derivazione tematica, si distende come un cantus firmus la linea<br />

del contralto: la modalità conferisce al passaggio un tratto di arcaico fascino ma<br />

la scrittura è fresca e moderna.<br />

Diceva la collega Tiziana Canfori in occasione di una delle prove per la già citata<br />

festa-concerto: “Nel Super Flumina Babylonis che ascolto c’è un’idea nobile e<br />

intensa della voce umana, racchiusa in quel sapiente impasto sonoro che con<br />

tanta passione i suoi cantori stanno intrecciando sopra le teste di tutti noi.” [da Il<br />

Cantiere Musicale, anno II n°16, estate 2002]<br />

Frammento di Super Flumina Babylonis<br />

Luigi Porro: Polifonia di linee musicali e di storie personali.<br />

9<br />

L’episodio centrale del mottetto, tratto dal famoso salmo 136, che ispirò a Palestrina<br />

e Verdi musiche immortali.<br />

Per chi ha conosciuto Don Porro, ancora oggi, le parole di Canfori significano<br />

viva commozione, perché è straordinario vedere come una collega, di pur di<br />

grande sensibilità musicale, che non aveva tuttavia mai avuto modo di conoscerlo<br />

personalmente, abbia colto alcuni punti fondamentali della sua musica e<br />

li abbia così bene sintetizzati: il calore e l’intensità, la semplicità nobile di quel<br />

suono a cui tutti avevamo la fiera consapevolezza di partecipare, di quella Polifonia<br />

di linee musicali e di storie personali che ognuno, esecutore o ascoltatore<br />

poteva vivere come momento privilegiato ed irrepetibile.<br />

Posso affermare con tranquillità che le diciotto battute del “communio” O salutaris<br />

Ostia appartengono di diritto alla sfera dei capolavori senza tempo, avendo<br />

in sé la purezza delle linee mozartiane, la serena rassegnazione<br />

di Fauré e la sapiente solidità di scrittura<br />

della tradizione polifonica italiana.<br />

Frammento di O salutaris Ostia<br />

La “meravigliosa” falsa relazione dell’Amen.<br />

Perché così faceva il Maestro, sapendo riconoscere<br />

per istinto i “grandi”, lui che si avvicinò alla grande<br />

musica da autodidatta puro, toccando da bambino un<br />

tasto dell’armonium della sua parrocchia di Nervi e<br />

rimanendone affascinato, per poi scoprire che, toccandone<br />

due contemporaneamente, l’emozione era ancora più forte!<br />

Questo disincanto don Porro se lo porterà dietro tutta la vita e molto spesso lo<br />

vediamo riaffiorare nella sua musica, come una magia: durante gli anni del seminario<br />

trova un testo (nemmeno lui ne ricorderà poi la provenienza) e lo musica<br />

per una voce bianca solista e organo. Il brano si intitola Ave di grazia piena. La<br />

melodia è davvero dolcissima e l’armonizzazione ricca di chiaroscuri ma ciò che<br />

lascia davvero incantati è l’unico frammento a cappella dell’intera composizione,<br />

a tre voci pari: qui ritroviamo l’atmosfera sognante e magica dei fanciulli<br />

del Zauberflöte. È un attimo, ma è molto intenso e resta dentro quando si finisce<br />

di ascoltarlo.<br />

Frammento di Ave di grazia piena<br />

Pretendere qui di analizzare per intero l’opera corale di Porro è ovviamente impossibile.<br />

Occorre comunque ricordare l’ingente mole di musica liturgica, in particolare<br />

di messe, scritte per la Cattedrale di Genova, S. Lorenzo; nonché l’eccezionale<br />

lavoro di elaborazione di brani di tradizione popolare, anche non strettamente connessi<br />

con la liturgia e un continuo lavoro di trascrizione e adattamento allo strumento<br />

“coro” di tutto quello che gli suggeriva il suo istintivo e illuminato talento<br />

naturale. Vorrei chiudere, tuttavia, parlando brevemente di un brano che il Maestro<br />

portò, fresco di stampa, ad una delle ultime prove che fece nel 2004. Mi colpì<br />

subito e cercai poi di capirne le ragioni: Suscitabo mihi, per coro e organo sarà l’ultimo<br />

brano composto da Don Porro ed è un mottetto di grande bellezza. Duplice<br />

riflessione: intanto sulla scelta del testo (“Risveglierò in me il sacerdote fedele…”)<br />

e in secondo luogo sull’utilizzo di un incipit melodico<br />

Frammento di Suscitabo mihi<br />

che ha la stessa matrice del corale luterano che Bach utilizza nella famosa Cantata<br />

BWV 4 Christ lag in Todesbanden (Cristo giacque nelle bende della morte).<br />

Se sovrapponiamo i due elementi, testuale e musicale, tutto ciò assume un valore<br />

fortemente simbolico, che si comprende appieno ascoltando tutta la partitura, di<br />

un lirismo mai come qui intriso di composta rassegnazione e intima accettazione<br />

della fine vicina; e neppure la sezione centrale in maggiore, riesce a stemperare<br />

l’evidenza di questi tratti, con le quattro voci “costrette” in un registro medio, in<br />

una intensità che solo intimamente può esplodere, ma che non può trasformarsi<br />

in urlo.<br />

Marco Bettuzzi<br />

PRIMAVERA 2005


Una eredità preziosa<br />

Da quanti anni conoscevo Don Luigi Porro? Se si intende “di persona”, da<br />

tanti, più di 25.<br />

Ho cantato nel coro Januensis (un tempo Campodonico) fin dal1980; certo,<br />

non con la continuità di altri cantori, che hanno fatto parte della formazione<br />

corale più in vista della città senza praticamente interruzione alcuna. Per chi,<br />

come me, ha intrapreso la carriera di musicista il contatto con il “Don” si è trasformato<br />

negli anni in una sorta di collaborazione, di piacevole consuetudine<br />

in occasione di eventi concertistici per i quali il maestro ci chiedeva un aiuto,<br />

un sostegno nei confronti delle voci più giovani. Ma se si intende da quanti<br />

anni lo conoscevo “di fama”, devo dire che non riesco a ricordare un periodo<br />

della mia storia di musicista (comprendendo ovviamente tutto il periodo<br />

degli studi) in cui il nome di Don Porro mi sia stato estraneo.<br />

Uno dei miei ricordi più “antichi”, infatti, è il tradizionale concerto natalizio al<br />

Teatro Margherita, allora teatro principale della città, il cui cartellone recitava:<br />

“Canti di Natale con le Voci Bianche di Don Porro”.<br />

Avevo 13 anni quando ho iniziato a studiare musica, tardi, in verità, ma nella<br />

mia famiglia non vi è mai stata una tradizione in tal senso; fu una mia decisione,<br />

presa quasi in sordina, senza minimamente illudermi, allora, di poter<br />

entrare “in conservatorio”, meta irraggiungibile agli occhi di un bambino.<br />

Cominciai a prendere lezioni presso una scuola privata, l’Apostolato Liturgico,<br />

che preparava organisti parrocchiali; fu proprio durante la preparazione<br />

di un concerto presso la scuola che arrivò Don Porro per sistemare la lettura<br />

di alcuni brani corali che dovevano essere eseguiti in concerto.<br />

Ricordo la deferenza con cui veniva trattato dal personale della scuola: “C’è<br />

Don Porro, ragazzi, fate una buona figura; state attenti perchè “lui” sente tutti<br />

gli errori; lo sapete che dirige il coro al teatro...”.<br />

E ovviamente agli occhi di noi giovanissimi questa figura di musicista “conosciuto”<br />

risultava qualcosa di irraggiungibile, di magico.<br />

Sorrido ora, ripensando a quanto era diverso, disponibile e divertente, ripensando<br />

alle risate che ci siamo sempre fatte in compagnia quando mi autoinvitavo<br />

a casa sua per cercare uno spartito nell’immensa biblioteca di brani<br />

corali che possedeva, per fargli sentire la registrazione del mio ultimo concerto<br />

o semplicemente perché passavo di lì e lo andavo a trovare.<br />

Un personaggio così lontano dall’immagine che di lui mi era stata data negli<br />

anni addietro.<br />

Allora non potevo immaginare che la mia carriera futura sarebbe stata influenzata<br />

dagli eventi che si verificarono di lì a poco: più volte il Don mi chiese di<br />

aiutarlo a preparare musicalmente proprio quelle voci bianche che tanto mi<br />

avevano colpito da bambino.<br />

All’epoca avevo appena lasciato la direzione di un vecchio coro, che avevo<br />

seguito per due anni, per formare quello che oggi è l’ensemble I Polifonici<br />

di Genova; l’idea iniziale era quella di un piccolo gruppo da camera, ma fu<br />

proprio ricordando il lavoro fatto con i bambini di Don Porro, così divertente<br />

e costruttivo, che decisi di proseguire quel lavoro di cura delle voci infantili<br />

che il Don aveva fatto per tanti anni (e che poi, purtroppo, aveva poi interrotto)<br />

costituendo una sezione di voci bianche.<br />

Dopo anni di esperienza comprendo anche il perché Don Porro lasciò il coro<br />

di voci bianche: insegnare il canto ai bambini e portarli ad un livello musicale<br />

degno di nota è un lavoro tanto entusiasmante quanto faticoso. Il Don era giustamente<br />

stanco e, a mia insaputa, aveva spinto me su quella strada, chia-<br />

Don<br />

Pensare che li evito, per quanto s’arrogano l’esclusiva<br />

della mistica, come se la Coca Cola<br />

comprasse il marchio del latte o del pane…<br />

Eppure, Don, non ti ho mai messo nel mucchio, e<br />

forse tu stesso – attraverso la musica – hai preso<br />

per tutta la vita la dovuta distanza (tutta non so,<br />

perlomeno quel quarto di secolo che conosco il<br />

tuo viso liscio come di donna, la risata acuta, la<br />

tua disingannata cortesia).<br />

Un quarto di secolo, si fa a tempo a fare un figlio<br />

e vederlo adulto: io sono stato capace solo ad<br />

invecchiare, mentre tu eri vecchio già quando mi<br />

accettasti nel coro. Adesso per caso mi vedi e mi<br />

dici: "oh bene perché non vieni a cantare, tu che<br />

hai una così bella voce?" e dovrei dirti Maestro,<br />

Don, ci ho messo vent’anni di cicche, sopra la<br />

voce, e tanto ho fatto che adesso (finalmente) non<br />

ho più promesse da mancare. Invece sorrido<br />

scrollando le spalle, e ti chiedo come stai, come<br />

PRIMAVERA 2005<br />

va la salute. Maledizione, stai che addosso hai un<br />

cancro, e idiota che sono, forse qualcuno me l’aveva<br />

già detto, ma un conto è sentirlo distratto, un<br />

conto è vederti, colla morte scritta sul colore del<br />

viso. "Adesso un po’ meglio, sto facendo la chemio.<br />

Non lo sai? Che ho un cancro, e m’ha fatto<br />

uno scherzo, e dalla prostata è passato alle ossa.<br />

Ma adesso va meglio, a Natale non riuscivo ad<br />

alzarmi, ma adesso…" e ti alzi, per farmi vedere.<br />

Nel frattempo il coro si compone alla destra del<br />

padre, come ogni anno da sempre, e tu Don, torni<br />

al centro ancora una volta, a guardarci tutti colla<br />

bocca aperta, a guidare colle mani la colonna<br />

sonora d’un rito a cui mi chiedo se davvero ci<br />

credi.<br />

Lo spero, adesso che sei colle valigie già pronte,<br />

spero tu abbia dimenticato le molte cose che hai<br />

visto, che canzonavi da prete. Perché Don, se ti<br />

ricordo durante le prove, il bello era certo cantare,<br />

ma soprattutto alla fine riunirsi intorno all’harmonium,<br />

e pettegolare e sentire quella risata<br />

10<br />

mandomi ad affiancarlo nel suo lavoro che, in seguito, ho compreso essere<br />

così prezioso.<br />

Posso dire in tutta tranquillità di aver ereditato e proseguito una tradizione<br />

che, sebbene forse non iniziata da Don Porro, è stata da lui certamente alimentata<br />

con quella simpatia che poteva scaturire in ogni momento nel corso<br />

di una prova.<br />

Ho letto qualche articolo che è stato scritto su di lui in queste ultime settimane:<br />

dovunque si fa cenno in modo più o meno esplicito alla sua simpatia<br />

e alla sua umanità; si parla di lui come di chi si è sempre occupato di musica<br />

con gioia, divertendosi a praticare la stupenda arte del canto con chi gli stava<br />

intorno.<br />

Nel caso di Don Porro è difficile, credo, separare l’uomo dal musicista:<br />

l’uomo, ancor prima del musicista, sapeva giocare con le persone e le cose<br />

che aveva intorno con lo spirito di un bambino.<br />

A questo punto non posso non raccontare questo simpatico aneddoto.<br />

In occasione di una delle mie visite presso la sua abitazione, il Don mi venne<br />

incontro con un cacciavite in mano. “Che succede, Don, ha bisogno di aiuto<br />

per riparare qualcosa?” Risposta: “Veramente stavo cercando di far funzionare<br />

una locomotiva, perché il treno è già in ritardo... vieni un attimo su”.<br />

Dopo un attimo di smarrimento sono andato “su”. Per “su” si intendeva il<br />

secondo piano della casa, grande quanto il primo e comunicante con quest’ultimo<br />

tramite una regolare scala interna. Luogo che avevo sempre creduto<br />

destinato all’archivio, a sala da studio o comunque, essendo il Don un prete,<br />

a luogo di meditazione o di preghiera.<br />

La “stanza su” erano state in verità due stanze affiancate da un lungo corridoio;<br />

dico erano state in quanto ciò apparve ai miei increduli occhi fu una<br />

situazione da post-cataclisma tellurico! Due stanze di media grandezza, una<br />

volta separate da una tramezza di mattoni, erano diventate un’unica enorme<br />

stanza che mostrava ancora le ferite evidenti delle picconate con cui il Don<br />

aveva barbaramente demolito la tramezza.<br />

“Ma Don, che cosa ha combinato qui?” – “Beh, sai, il plastico non ci stava e<br />

allora ho buttato giù il muro...”.<br />

Nel centro, anzi, in tutta la stanza un ENORME plastico ferroviario sollevato da<br />

terra da una selva di cavalletti faceva bella mostra di sé: montagne, gallerie<br />

(una passava, tra l’altro, attraverso un altro muro, opportunamente semidemolito<br />

per la bisogna!), passaggi a livello, casette... Il più grande sogno di un<br />

bambino stava davanti a me, con sette o otto linee ferroviarie indipendenti,<br />

semafori, scambi, con il Don che mi diceva: “Sai, ho la mia tabella di marcia:<br />

i treni devono essere puntuali, c’è il locale delle 7,00, il diretto delle 9,45...”.<br />

Solo chi è bambino dentro può insegnare ai bambini facendoli divertire; e<br />

più volte ho pensato che la cosa possa essere utile anche per insegnare a<br />

molti adulti, non a tutti, purtroppo.<br />

La mia personale storia musicale conta tanti anni di studio con tutto ciò che<br />

ne è scaturito, diplomi, concerti, ma se lo studio della teoria si può e si deve<br />

giustamente fare a scuola, la pratica è veramente vita vissuta.<br />

La mia principale attività si svolge con i bambini, e non passa giorno che io<br />

non debba, per una ragione o per l’altra, ringraziare il Don per l’eredità che<br />

mi ha lasciato: non solo per avermi in qualche modo instradato verso questo<br />

lavoro, ma per avermi influenzato nel modo in cui farlo.<br />

La mia speranza è che queste fatiche portino qualcun altro a dire, un giorno,<br />

di aver amato la musica un po’ di più grazie al tempo trascorso a cantare in<br />

coro; allora potrò dire di aver fatto, anch’io, un buon lavoro.<br />

Fabio Macelloni<br />

acuta, cattivo com'eri, ma buono come il pane.<br />

Oggi in chiesa, mentre c’è una tv privata che<br />

filma, e chi parla dei giocatori del Brescia e del<br />

Genoa, spero che tu, Don, sia concentrato su<br />

quella fede che, senza, la tua scelta di vita<br />

sarebbe sfacelo.<br />

Del coro, che guardo (e nei due terzi che vedo<br />

stupito cosa ha fatto il tempo di ingrato, e mi<br />

sembra di esserne esente, naturalmente. Finché<br />

non trovo uno specchio), mi arriva dolce quella<br />

musica sacra che mi ha guidato ogni festa. È Pasqua<br />

ancora una volta, e c’è la stessa scaletta di<br />

suoni, gli stessi gesti di un quarto di secolo fa: si<br />

canta, e nella pausa, passa discreto (mentre continua<br />

la Messa) il Don con un pacco di buste che<br />

gli spuntano in tasca, e distribuisce il santino<br />

facendo finta di nulla.<br />

Allo stesso posto, nello stesso luogo, a cantare le<br />

stesse cose, fa girare la testa: vederti di schiena<br />

guidare quelle bocche aperte di vecchi uccellini<br />

affamati, vederci sotto il coperchio della stessa


chiesa che di buono ha il profumo di incenso, fa<br />

girare la testa.<br />

Vederti camminare con fatica, perché la stampella<br />

la trovi umiliante, perché forse sei vanitoso<br />

come vanitosi sono i preti, perché non vuoi far<br />

vedere che è l’ultima Pasqua, mi fa venire una<br />

calma improvvisa. Tanto che qui, in chiesa,<br />

ospite provvisorio, mi fermerei a riposare per<br />

qualche ora in silenzio, dopo tutto questo trambusto.<br />

Mi concentrerei sugli anni, proverei ad<br />

ordinare le date, a ricordare quanto più posso,<br />

Don, a seguire i momenti passati insieme a cantare,<br />

di fronte ai tuoi occhi piccoli, ai tuoi gesti<br />

così chiari e così senza scuola.<br />

Ad ogni fine concerto, la cena, o il pullman, talvolta<br />

due lire, e i commenti, i rinfreschi dietro le<br />

quinte, e una bella o che sceglievo essere tale,<br />

fra contralti o soprani, un’innamorata da provare<br />

a accostare o con cui litigare. Con in bocca, al<br />

ritorno, ancora il sapore di quell’esercizio d’amore<br />

che era cantare insieme.<br />

Idiota, credevo che tutto mi potesse aspettare.<br />

Invece, mi tocca sentire con un nodo in gola<br />

l’Alleluja finale di Haendel, e vederti, Don, che<br />

dirigi colla sedia di dietro e un inginocchiatoio<br />

davanti ma in piedi, colle dita che dici "son quattro!"<br />

alle sezioni: le ultime battute, quattro volte<br />

alleluia, poi insieme nell’accordo finale, tenuto<br />

finché c'è fiato. E poi, come sempre gli applausi,<br />

anche se siamo in chiesa.<br />

E’ finita, Don, maledizione, non solo una messa<br />

o un concerto. Non c’è un’altra festa a cui darsi<br />

ritrovo. Questa è la vita, la cosa a cui il tuo vecchio<br />

mestiere forse sa dare un nome ed un senso.<br />

Io no, così non mi fermo. Anzi scappo, senza<br />

neppure darti la mano.<br />

Giorgio De Martino [aprile 2004]<br />

A colloquio con Paolo Miccichè, autore dell’allestimento hi-tech di "Norma"<br />

al teatro Carlo Felice<br />

Crisi del linguaggio e<br />

nuove prospettive della regia lirica<br />

"La mia generazione ha vissuto pesantemente la crisi del linguaggio.<br />

Quando ho cominciato i nostri punti di riferimento potevano essere, a vari<br />

livelli, grandi maestri quali Strehler (che nell’opera rappresentava il latore<br />

di un linguaggio ancora vivo). Noi ci siamo trovati tutti ad essere necessariamente<br />

degli epigoni".<br />

Quarantacinque anni, romano, Paolo Miccichè è regista e visual director.<br />

Sua, la Norma hi-tech applaudita in marzo al Carlo Felice: un allestimento<br />

fatto di immagini virtuali in movimento. "Un tempo in una abitazione c’era<br />

pochissimo per l’Entertainment. Poi le persone uscivano, andavano a teatro,<br />

e la loro pellicola psicofisica era estremamente impressionabile. Ora,<br />

quando usciamo riusciamo a stare pochi secondi senza musica, senza sollecitazioni<br />

visive. Oggi siamo bombardati, ovunque. Il problema del linguaggio<br />

è forte. Questa mia è una strada dove cerco di trovare altre formule di<br />

presentazione, considerando che l’opera è in fondo un pacco di fogli, che<br />

viene rimesso in scena ogni volta".<br />

Ma lei crede ancora nella forza dell’opera…<br />

"Naturalmente, in quanto oggetto drammaturgico teatrale. Ho dei dubbi<br />

invece su come tutti noi la stiamo presentando. Sulla scarsa ricerca de<br />

nuovo pubblico. Trovo conforto leggendo le lettere di Verdi, dove il compositore<br />

è spesso occupato a lottare contro le abitudini della routine del suo<br />

tempo. Lo vedo costantemente cercare mezzi nuovi per impressionare il suo<br />

pubblico, nell’esigenza di stabilire un contatto… Quando lavoro non mi<br />

chiedo mai cosa voleva a suo tempo il musicista ma l’esatto opposto: mi<br />

chiedo cosa vorrebbe oggi!".<br />

Quali soluzioni propone?<br />

"Oggi l’opera ha assorbito quello che hanno dato i grandi maestri del<br />

cinema, ovvero una grande consapevolezza drammaturgica, da Visconti a<br />

Strehler. Ma l’opera ha bisogno anche d’altro. La mia strada permette la<br />

possibilità di avere, utilizzando una proiezione su film, non un contesto dato<br />

che costringe a una sua realtà fisica, bensì qualcosa che è in costante mutazione<br />

e che cerca di seguire il respiro musicale… Un altro canale, un’altra<br />

polifonia, in questo caso visiva".<br />

Quali strumenti utilizza?<br />

"Ogni proiettore ha due sistemi di rulli che permettono anche di scorrere in<br />

parallelo o ruotare di 360 gradi. Si tratta di mezzi tecnologicamente elaborati,<br />

soprattutto nella messa in scena dove bisogna calibrare l’intensità, il<br />

11<br />

Un concerto<br />

per ricordarlo<br />

Un concerto in memoria del Maestro<br />

Porro si terrà sabato 2 aprile alle ore<br />

21 presso la Sala Concerti del <strong>Conservatorio</strong><br />

<strong>Paganini</strong>. Di scena il Coro<br />

delle Voci Bianche de "I Polifonici di<br />

Genova" diretti da Fabio Macelloni.<br />

Organista, Silvia Derchi.<br />

In programma lo Stabat Mater di Pergolesi.<br />

movimento. C’è un’articolazione dell’immagine in modalità comunicativa,<br />

ed un legame simbolico nell’utilizzo dei materiali".<br />

Dietro tutto ciò, la sua chiave di lettura di “Norma”…<br />

"E’ un’opera alla fine senza plot, quasi un esperimento a pannelli dove<br />

accadono degli eventi-pretesto. Bellini analizza molto i sentimenti umani<br />

basici. In Norma tutto parla un linguaggio primario e cosmico: foreste,<br />

luna… E’ tutto molto grande, non ci sono piccoli gesti. Sono trattati i sentimenti<br />

dell’amore, della violenza guerresca, del risentimento: vengono campionati<br />

e trattati da Bellini, senza un vero sviluppo psicologico. Se andiamo<br />

a cercare la storia, per farci trascinare avanti, prendiamo la strada sbagliata".<br />

Oltre alle immagini?<br />

"Poco altro. La scena è realizzata sostanzialmente da una situazione molto<br />

elementare di elementi di proiezione: tulle, che sono “Sceno” e che raccolgono<br />

la “Grafia”. Abbiamo sempre una enorme luna-gong dietro, e materia<br />

lunare, e un mantello gigantesco per il rito (“Casta diva”)".<br />

Il suo è un tipo di linguaggio applicabile a tutto il melodramma?<br />

"Sì, in modo più o meno calzante. Ho iniziato a sviluppare questo linguaggio<br />

all’aperto, con grandi spazi: nel ‘99 ho fatto una “Madama Butterly” per<br />

l’Arena di Verona con 9 macchine di proiezione. A 130 metri di distanza,<br />

non “racconto” più con gli sguardi e i movimenti dei cantanti, ma solo con<br />

una regia visiva, dove la proiezione è un personaggio, e mi da la possibilità<br />

di comunicare a distanza una parte della drammaturgia. Questa strada mi<br />

sembra inevitabile. Anche se non lo so se sia l’unica. La mia Butterfly dell’Arena<br />

conquistò tutti i giovani che la videro. Ma ebbe anche un buon<br />

riscontro nel vecchio pubblico, perché non c’è niente di eversivo: c’è un<br />

adeguamento tecnico visivo, ma non metto i jeans a Rigoletto! Bisogna<br />

saper stabilire un contatto anche con i giovani, bisogna parlare col nuovo<br />

pubblico nella sua stessa lingua. E’ una necessità … Mi chiedo cosa farebbe<br />

oggi un Puccini, uomo straordinario e pieno di curiosità".<br />

Ha dei riferimenti forti?<br />

"C’è un collega illustre che in passato ha portato avanti talvolta questo tipo<br />

di linguaggio, Pier’Alli. A livello dei grandi spazi è un linguaggio di cui<br />

credo avere l’unica paternità. Ma riesco a portarlo avanti solo parzialmente,<br />

perché per accoglierlo davvero ci vuole un cambio di sistema".<br />

Partendo da?<br />

"Ci vogliono nuove tecnologie, che portano poi a nuove professionalità. E<br />

ci vuole anche il coraggio di scommettere: mi chiedo perché, in un<br />

momento di crisi economica delle Fondazioni, non si possa fare almeno<br />

un’opera all’anno nello stadio della propria città. La mia esperienza di teatro<br />

in giro per l’Europa è che, usando questa tecnologia, quando proprio una<br />

produzione dal punto di vista economico “non decolla” è perché ha raggiunto<br />

la parità tra denari spesi e guadagnati". gdm<br />

PRIMAVERA 2005


Al “Montale” una nuova operina con marionette e cantanti.<br />

E con gli strumentisti del “<strong>Paganini</strong>” coordinati dal M° Bettuzzi<br />

La Fanciulla del West sui fili<br />

Un gruppo strumentale del "<strong>Paganini</strong>" ha preso parte a "La Fanciulla del<br />

West" andata in scena all’Auditorium Montale dal 16 al 24 marzo. Lo spettacolo,<br />

firmato dalla compagnia genovese "Teatro Appeso a un Filo", è una<br />

produzione firmata dal <strong>Conservatorio</strong> in collaborazione con "Bludigenova".<br />

Coinvolgendo burattini, cantanti e voci recitanti, si è voluto raccontare<br />

ad un pubblico di giovanissimi il celeberrimo titolo pucciniano.<br />

La musica di scena – che i giovani strumentisti, coordinati da Marco Bettuzzi,<br />

si sono prestati ad eseguire – è firmata da un giovane musicista<br />

laziale, Paolo Vivaldi. Testo e regia sono di Massimo Sgorbani. In scena il<br />

tenore Alessandro Fantoni ed il soprano Antonella Fontana.<br />

Fra l’angusto palco dell’auditorium e la prima fila di poltrone, i “nostri”<br />

musicisti Marco Mascia, Sara Calabria, Alessio Caprari, Pjetri Arven,<br />

Eleonora De Lapi, Nahel Al Halabi, Giampiero Lobello, Valerio Civano,<br />

Cristian Margaria, Matteo Rabolini e Simone Agosto.<br />

Ci siamo fatti raccontare qualcosa in più su questa Fanciulla direttamente<br />

dalle tre artiste che stanno dietro al "Teatro Appeso a un Filo", ovvero Paola<br />

Ratto, Valentina Delli Ponti e Rosa Sgorbani (quest’ultima, per dieci anni<br />

scenografa e marionettista al teatro di Gianni e Cosetta Colla).<br />

"E’ il nostro terzo spettacolo. Siamo una compagnia di marionette costituita<br />

circa tre anni fa. Il primo titolo era “Pinto Smalto”, ed anche allora<br />

il testo era di Massimo Sgorbani e la musica di Paolo Vivaldi… E’ nostra<br />

volontà proporre sempre spettacoli che abbiano una forte componente<br />

musicale. La seconda esperienza risale al gennaio 2004: un “Pierino e il<br />

Lupo” dedicato alle scuole materne e al primo ciclo delle elementari, con<br />

cui abbiamo girato molte scuole genovesi e partecipato a festival estivi. La<br />

struttura su cui lavoriamo e dalla quale animiamo le marionette è piutto-<br />

<strong>IL</strong> SOTTOSCRITTO, ELIA SAVINO, DOCENTE DI<br />

TROMBA PRESSO CODESTO CONSERVATORIO, DESI-<br />

DERA CON LA PRESENTE PRECISARE CHE NELL’ARTI-<br />

COLO APPARSO SULLA RIVISTA "<strong>IL</strong> <strong>CANTIERE</strong> MUSI-<br />

CALE" A PAGINA 4, IN MERITO ALLA TRASFERTA IN<br />

SIRIA, SONO STATE RIPORTATE VALUTAZIONI DI<br />

CARATTERE POLITICO, ATTRIBUITE ERRONEAMENTE<br />

AL SOTTOSCRITTO, E ASSOLUTAMENTE NON CONDIVI-<br />

SIB<strong>IL</strong>I DALLO STESSO.<br />

QUESTA RETTIFICA, CHE PREGO CODESTA DIREZIONE<br />

DI VOLER INSERIRE NEL PROSSIMO NUMERO DELLA<br />

SUDDETTA RIVISTA, INTENDE TUTELARE <strong>IL</strong> FELICE<br />

ESITO DELLA TOURNÉE CHE HA AVUTO NEL SUO VOL-<br />

GERSI IMPLICAZIONI E COINVOLGIMENTI SQUISITA-<br />

MENTE DIDATTICI ED ARTISTICI.<br />

GENOVA, 8 FEBBRAIO 2005<br />

Prof. Elia Savino<br />

Piccoli<br />

equivoci<br />

"Certo, anche se ospiti di riguardo, si coglie che<br />

quella siriana è una terra piena di tensioni e di<br />

lacerazioni. Ma il fatto arricchisce di valore<br />

l’incontro fra italiani e siriani, nel nome della<br />

musica". E’ stralcio (quello "incriminato") di un<br />

articolo che dava notizia – in termini persino<br />

entusiastici, e non senza motivo – della trasferta<br />

didattica di un gruppo di docenti del "<strong>Paganini</strong>"<br />

e di professori d’orchestra del teatro Carlo<br />

Felice: Stefano Ammannati, Piero Andreoli, Vladimiro<br />

Cainero, Luigi Giachino, Elia Savino e<br />

Giampiero De Santi e Marcella Lamberti.<br />

Insieme alla delegazione, anche la cantante Gloria<br />

Scalchi, moglie del M° Savino. Proprio a<br />

quest’ultimo la redazione (nella mia persona)<br />

aveva chiesto un contributo da pubblicare sul<br />

"Cantiere". Non disponibile a scriverne, si era<br />

però reso disponibile a parlarne. Nel rispetto del<br />

lavoro dei docenti e della funzione divulgativa<br />

del giornale, nonostante i tempi "stretti", avevo<br />

PRIMAVERA 2005<br />

telefonicamente racconto notizie dalla viva voce<br />

di Savino, per poi riproporle non virgolettate o<br />

firmate dal docente di tromba (quindici anni di<br />

lavoro giornalistico mi hanno abituato ad essere<br />

prudente: se ci sono le virgolette deve esserci<br />

anche la tutela reciproca d’un registratore, a<br />

scanso di equivoci) bensì definendole, per correttezza,<br />

"sunto della conversazione". Così riassumendo<br />

ciò che onestamente ritenevo d’aver<br />

colto, e provando a metterlo – come si diceva un<br />

tempo e come sempre avviene – in "bell’italiano".<br />

Fra le altre riflessioni riportate, la frase<br />

che ha verosimilmente turbato Savino, il quale<br />

non ha riconosciuto in quella, una propria affermazione.<br />

Nell’ambito di un articolo finanche<br />

celebrativo, la "buona fede" del possibile equivoco<br />

mi auguro sia tributata d’ufficio. Ma<br />

ammetto – e me ne rincresce – di aver attribuito<br />

un termine ("lacerazioni") forse non d’uso sufficientemente<br />

comune, forse troppo ricercato, da<br />

me scelto nella volontà di cercare un sinonimo<br />

alle considerazioni telefoniche di cui sopra che<br />

credevo (errandomi) d’avere inteso. Perché che<br />

quella siriana sia una terra "lacerata", è affermazione<br />

che comporta "valutazioni di carattere<br />

politico (…) assolutamente non condivisibili"<br />

dallo strumentista.<br />

Ed ecco la precisazione, confesso, molto inattesa<br />

(anche perché, oltre al pezzo sul "Cantiere",<br />

avevo ritenuto – e ritengo – talmente bella l’iniziativa<br />

che di mia spontanea volontà m’ero adoprato<br />

per farle avere l’adeguato risalto sulla<br />

stampa cittadina) ma frutto di uno zelo ineccepibile.<br />

Dispiaciuto per questo equivoco piccolo<br />

piccolo, che ha tanto contrariato il Docente di<br />

tromba, lo ringrazio pubblicamente per la precisazione.<br />

E mi auguro di cuore che alla prossima<br />

master class siriana abbia tempo e voglia di<br />

prendere carta e penna per raccontare al "Cantiere"<br />

la sua nuova esperienza e tutti i "coinvolgimenti<br />

squisitamente didattici ed artistici" del<br />

caso.<br />

12<br />

sto alta e complessa da trascinare, dunque la utilizziamo soprattutto nelle<br />

piazze e nei teatri (mentre nelle scuola impieghiamo supporti più agevoli).<br />

Lavoriamo con il “ponte” a vista, in modo che i trucchi di noi marionettiste<br />

sia sempre esplicito, svelato. “La fanciulla del West” non è necessariamente<br />

uno spettacolo per bambini: si parte da un’età di circa sei anni ma<br />

si può arrivare tranquillamente a novantanove!".<br />

All’autore e regista Massimo Sgorbani chiediamo ragguagli sul titolo. Un<br />

titolo di per sé impegnativo! "Nell’esigenza di fare la versione per marionette<br />

del cartellone per adulti, ci siamo inventati una formula in cui marionette<br />

e attori in carne ed ossa interagiscono. Abbiamo dunque Minnie e<br />

Johnson che recitano e cantano, mentre alcuni altri personaggi dell’opera<br />

pucciniana sono marionette. Il tutto, con musica dal vivo. La difficoltà<br />

maggiore dell’operina è proprio la sua peculiarità d’essere concepita a più<br />

livelli: c’è il canto, gli attori, la musica dal vivo, le intersezioni attoriali che<br />

abbiamo fatto incidere al bolognese Matteo Belli. Con l’aiuto di un bravo<br />

fonico, tutto sembra che avvenga dal vivo, ma in realtà dietro c’è un grosso<br />

lavoro di incastri".<br />

Giorgio De Martino<br />

Comunicazione ai Signori<br />

Docenti ed agli Studenti<br />

<strong>IL</strong> <strong>CANTIERE</strong> <strong>MUSICALE</strong>, RIVISTA DEL CONSERVA-<br />

TORIO PAGANINI, È GIUNTO AL QUINTO ANNO DI<br />

VITA ED AL SUO VENTOTTESIMO NUMERO. COME<br />

NOTO LA RIVISTA, A DIFFUSIONE GRATUITA, VERTE<br />

PRINCIPALMENTE SULLA VITA <strong>MUSICALE</strong> DEL CON-<br />

SERVATORIO STESSO, ED HA LA PROPRIA RAGION<br />

D’ESSERE QUALE PORTAVOCE MEDIATICA DELLE<br />

ATTIVITÀ DELL'ISTITUZIONE DIDATTICA E PRODUT-<br />

TIVA GENOVESE.<br />

IN PROPOSITO, NELL'OTTICA DELL’OTTIMIZZAZIONE<br />

DEL SERVIZIO, CALDEGGIAMO LA COLLABORAZIONE<br />

DI TUTTI I DOCENTI E GLI STUDENTI INVITANDOLI A<br />

SEGNALARE LE PROPRIE INIZIATIVE ARTISTICHE<br />

(POSSIB<strong>IL</strong>MENTE ATTINENTI AL "PAGANINI" O<br />

COMUNQUE ALLA CITTÀ DI GENOVA) O GLI ARGO-<br />

MENTI ARTISTICI, DIDATTICI, ORGANIZZATIVI, CHE<br />

RITENGANO DI TRATTARE IN RAGIONE DI UN PUB-<br />

BLICO INTERESSE. PREFERIB<strong>IL</strong>MENTE SAREMMO<br />

FELICI DI RICEVERE INTERVENTI FIRMATI: UN PIC-<br />

COLO SFORZO CHE PERÒ SGOMBRA <strong>IL</strong> CAMPO DA<br />

POSSIB<strong>IL</strong>I FRAINTENDIMENTI NELLA REDAZIONE DEI<br />

TESTI.<br />

E’ POSSIB<strong>IL</strong>E SEGNALARE LE PROPOSTE DI COLLA-<br />

BORAZIONE – E IN SEGUITO INVIARE GLI INTER-<br />

VENTI – AI SEGUENTI INDIRIZZI MA<strong>IL</strong>:<br />

direttore@conservatoriopaganini.org<br />

giorgio.demartino@fastwebnet.it<br />

CORDIALMENTE<br />

Il direttore del Il curatore del<br />

<strong>Conservatorio</strong> Cantiere Musicale


La rivista “Suono Sonda” raccontata dal suo creatore:<br />

Francesco Denini<br />

Una bottega per gli spazi del suono<br />

Presentare Suono Sonda mentre ne stiamo ancora consolidando le basi è<br />

quasi come aprire al pubblico una bottega artigianale non ancora del tutto<br />

rifinita, al fine di comprendere, insieme ai primi più incoraggianti sostenitori,<br />

e qui ai lettori di Cantiere, gli spazi d’azione cui concretamente possiamo<br />

intervenire, cercando intanto d’approfondire la conoscenza dei mezzi<br />

tecnico-organizzativi richiesti, e fatti salvi alcuni inaugurali principi di riferimento<br />

comunque aperti ad ogni eventuale discussione.<br />

In concreto, Suono Sonda è un semestrale di ricerca musicale – attualmente<br />

al suo terzo numero e in procinto di pubblicarne un quarto – diffuso prevalentemente<br />

per abbonamento postale, valevole 2 anni (abbonamento cioè<br />

valevole per 4 numeri, 2 all’anno, distribuiti almeno per<br />

il primo biennio quasi solo per posta) dal formato non<br />

dissimile a quello di molte riviste letterarie, ma con<br />

all’interno un CD di 60’ di musica circa e con una partitura<br />

pocket di uno dei brani presentati nel CD. Tale semestrale<br />

intende rivolgersi in maniera trasversale ai più<br />

diversi ambiti del gusto musicale, con l’intento d’intercettare<br />

in essi quei diversi momenti singolari e possibilmente<br />

significativi della creazione e dell’elaborazione<br />

critica in cui all’efficacia e alla persuasione commerciale<br />

accada di preferire lo spirito d’avventura, la voglia d’inventare<br />

mondi nuovi, la spinta a descrivere il mondo da<br />

punti di vista sempre diversi e l’ostinato intendimento a<br />

cercare ulteriori modi con cui attraversare gli spazi del<br />

suono.<br />

All’interno della rivista sono presenti interviste di<br />

diverso genere, spazi dove ogni singolo compositore o interprete, tra quelli<br />

ospitati nel CD, possa illustrare liberamente il proprio intervento creativo o<br />

la propria interpretazione, e uno spazio più propriamente saggistico in cui<br />

presentiamo saggi attinenti, a vario titolo, al tema specifico di quel particolare<br />

numero della rivista. Ogni numero, infatti, ha un suo titolo, ovvero un<br />

tema inteso a indovinare possibili fili rossi che uniscano interventi tra loro<br />

anche diversi e disparati. E ovviamente, in questo senso, il tema proposto<br />

non implica alcun genere di trattazione esaustiva, ma vuole essere piuttosto<br />

una possibile e in qualche modo ‘porosa’ suggestione argomentante.<br />

Suono Sonda spera d’essere in questo modo, intanto, evidentemente uno<br />

spazio di suono, ovvero un ambito in cui la creazione musicale possa<br />

cogliere quale suo centro lo spazio uditivo tutto, inteso al di qua e al di là di<br />

qualsivoglia concezione dell’opera musicale e della musica stessa. Quindi,<br />

spera di diventare una sonda a tutti gli effetti capace, per quanto è possibile,<br />

di infiltrarsi là dove le creatività vada positivamente alla deriva rispetto a<br />

quelli che sono gli indotti principali del mercato e dove quindi ci sia più<br />

bisogno di preservarla nella sua preziosa fragilità sperimentale e radicale.<br />

Per certi versi, propone il tentativo di riprodurre in vitro l’intero ciclo dell’attività<br />

musicale, dall’ascolto, alla partitura, alla riflessione critica. In questo<br />

senso, ambirebbe a rivestire il ruolo immaginario di un’arca, ovvero di<br />

un piccolo spazio protetto, in cui il dibattito musicale possa sostenere e confrontare<br />

esigenze diverse e contrastanti, incontrare le sue ombre e le sue luci<br />

e trovare un poco di quell’humus culturale pluralista senza il quale anche<br />

l’idea migliore corre il rischio di avvizzire.<br />

I primi tre numeri presentano brani di ALBERTO COLLA, GOFFREDO<br />

PETRASSI, FRANCESCO PENNISI, ANDREA CECCON, ROBERTO<br />

PERATA, CARLA MAGNAN, ALESSANDRA BELLINO, HIDEHIKO<br />

HINOHARA, PIERRE BOULEZ, RICCARDO DAPELO, SIMONA BAR-<br />

BERA, SYLVANO BUSSOTTI, LEONARDO GENSINI, RAFFAELE<br />

CECCONI, PAOLO CAVALLONE, LUCIANO BERIO, ANDREA<br />

VALLE, RICCARDO MOMPOU, ISANG YUN, MAURO CARDI,<br />

NICOLA BAGNOLI, SONIA BO. Mentre il IV numero prevede, se non<br />

intervengono variazioni, brani di MORTON FELDMAN, ANATROFO-<br />

BIA, ROBERTO TAGLIAMACCO, WENDY MORRISON, PAOLO<br />

BESAGNO, CARLA REBORA, GEORGY KURTAG.<br />

Sul fronte più propriamente musicologico, nei primi tre numeri della rivista<br />

sono presenti saggi tra loro diversi e, pure, collegati: il primo, nel primo<br />

numero, di ALESSIO AGENO e MAURA FR<strong>IL</strong>LI, riguarda i rapporti tra<br />

pitagorismo, architettura e musica in Vitruvio e in Palladio, e s’intitola Il<br />

talismano musicale dell'Architettura. Per lo spazio dei primi tre numeri<br />

abbiamo poi seguito un ampio saggio di ANDREA VALLE, intitolato<br />

13<br />

Microtensioni, relativo a problemi recentissimi tra semiotica dell’udibile e<br />

creazione elettroacustica. Nel terzo numero, sui temi più vivi della teoria<br />

della composizione, abbiamo ospitato di RICCARDO DAPELO Per un<br />

approccio sistemico al fare musicale oggi. Per il quarto numero è in allestimento<br />

un secondo intervento, in qualche modo speculare e coordinato al<br />

primo, di ALESSIO AGENO relativo questa volta ai fronti più recenti dei<br />

rapporti fra musica e architettura. Più liberi interventi musicologici sulle<br />

composizioni presentate, sono a firma di: ROBERTA VACCA, MARCO<br />

BERISSO, PAOLO CAIROLI, MASSIMO PASTORELLI, VITTORIO<br />

BAGNOLI, LAURA E. PARODI, RAFFAELLO BISSO, ANDREA<br />

BASEVI GAMBARANA, ALESSANDRO MASTROPIETRO.<br />

Inoltre, la rivista si apre sempre con un incontro (intervista) che cerca tra<br />

l’altro d’avvicinare i temi del singolo numero: nel primo, con la poetessa<br />

Lucetta Frisa e lo psichiatra e scrittore Marco Ercolani, l’intervista riguardava<br />

il tema degli stati iniziali e della creazione da un punto di vista ad un<br />

tempo letterario, musicale e psicologico; nel secondo l’incontro è con il<br />

filosofo e musicoterapeuta Luigi Gaggero, anche in relazione<br />

all’uscita recente della sua pubblicazione per la<br />

Mimesis Edizioni: Esperienza musicale e musicoterapia;<br />

nel terzo numero, l’intervista, relativa al suo recente libro<br />

Verso il Requiem, è con Ernesto Napolitano.<br />

Quello che, infine, è risultato essere l’aspetto più sorprendente,<br />

e di cui ci sentiamo grati, è la coraggiosa<br />

disponibilità di molti straordinari interpreti e strumentisti<br />

che hanno tra l’altro affrontato il progetto nella sua fase di<br />

avvio e quindi, naturalmente, con minori garanzie di buon<br />

esito: MAURO CASTELLANO, ROCCO PARISI, KAT-<br />

SUMI NAGAOKA , CLAUDIO LUGO e L’ORCHE-<br />

STRA LABORATORIO DEL CONSERVATORIO DI<br />

ALESSANDRIA, VITTORIO CECCANTI, MAURIZIO<br />

BEN OMAR, le VOCI ATROCI, RICCARDO CRO-<br />

C<strong>IL</strong>LA, il QUINTETTO ACHORD e STEFEN NEU-<br />

GARTEN, LUCA SANZÒ, GIULIO BERNASCONI e L’ENSEMBLE EX-<br />

NOVO, LORENA PORTALUPI, ALESSANDRA REGGIANI, FABIO DE<br />

ROSA, FRANCESCA DELLEA, DANIELA AIMALE, SIMONA BAR-<br />

BERA, <strong>IL</strong> QUARTETTO ALKMAN, ESTER FLÜCKIGER, FRANCO<br />

TRABUCCO, PIERO ANDREOLI e L’ENSEMBLE DEGLI OTTONI<br />

DEL CONSERVATORIO DI GENOVA.<br />

E, in particolare, per l’impegno profuso in questo primo biennio (che si concluderà<br />

con il IV numero), vorrei già ringraziare, in via del tutto personale,<br />

la redazione che mi ha supportato (e sopportato): l’intelligente, instancabile,<br />

sempre gentile Carla Magnan, i da subito indispensabili Raffaello Bisso e<br />

Laura E. Parodi, la dinamica Simona Barbera, i colti Alessio Ageno e<br />

Andrea Valle, i cordialissimi Bruno Meneghelli e Anna Santeramo, l’attento<br />

Marco Porsia, il solido Guido Caserza e, alla base di tutto il lavoro, l’accortissimo<br />

Paolo Valenti.<br />

Gli interessati possono scrivere o telefonare a:<br />

Suono Sonda - via Montallegro 28/d 6 - 16145 Genova - tel. 010 314766,<br />

e-mail: francesco.denini@libero.it; oppure presso la sala di registrazione:<br />

Loud Music via Bobbio 12/6 16137 Genova tel. 010 874443. Ogni singolo<br />

numero si può trovare anche presso Denini. Botteghina della Musica via<br />

Albaro 87r. Ulteriori chiarimenti e informazioni sono forniti dal sito web:<br />

www.suonosonda.org (da cui si spera quanto prima di trarre uno spazio web<br />

complementare, anche con sguardi sul mondo dell’elettroacustica, curati da<br />

Raffaello Bisso e Paolo Besagno).<br />

Francesco Denini<br />

Al via i tirocini al "Carlo Felice"<br />

Diventa operativa la "Convenzione di Tirocinio di Formazione e Orientamento"<br />

stipulata fra il "<strong>Paganini</strong>" e "Carlo Felice". Sei giovani musicisti<br />

sono stati coinvolti in quello che ci auguriamo essere il primo d’una<br />

fruttuosa serie di rapporti collaborativi fra teatro e studenti.<br />

Dedicato alla produzione della "Norma" di Bellini, il tirocinio realizzato<br />

da Desiré Brogli e Leonardo Ferretti. Prenderanno invece visione<br />

delle fasi operative e artistiche de "La fanciulla del West" di Puccini,<br />

dalle prove musicali alle prove di scena al piano, alle prove di regia e<br />

d’assieme, Cristina Mambilla e Francesca Rota.<br />

Impegnate infine con “Il Corsaro” di Verdi le studentesse Han-Na Oh<br />

ed Ekaterina Gaidanskaia.<br />

PRIMAVERA 2005


I complimenti ammirati da Piero Bellugi<br />

al lavoro realizzato dal M° N. Zanardi<br />

Doppio CD dei “Giovani Solisti”<br />

Primo CD De Vega dedicato al melodramma "per pianoforte"<br />

Un canto (lirico) interiore: la Bohème di Battarino<br />

"L’opera al pianoforte", uovo di Colombo, novità elementare, qualcosa di<br />

consimile a tanti spartiti che hanno riempito case e (meno di frequente)<br />

sale d’Ottocento e dei primi decenni del Novecento… Eppure, senza dubbio<br />

cosa nuova.<br />

Facilmente equivocabili – nulla di così vicino, prima d’averle intese – con<br />

prassi storicamente rodate se non svigorite (fantasie, parafrasi, riduzioni,<br />

ecc.), le trascrizioni di Giacomo Battarino percorrono le opere senza<br />

ridurre, elaborare, interpretare, manipolare le partiture: la forza sta nella<br />

purezza chirurgica (del procedimento e del risultato).<br />

Sulla tastiera, Giacomo Battarino dipana l’opera intera, trovando spazio –<br />

tutto lo spazio necessario – alle linee vocali con perentoria fedeltà all’originale.<br />

Ne emerge uno strano scorrere del melodramma, assolutamente inalterato<br />

eppure peculiare, altro da quanto inteso dalle molte modalità di rivisitazione,<br />

altro da quanto ha fino ad oggi esportato la lirica al di là della scena<br />

e della parola modulata.<br />

Così, questa Bohème interamente pianistica eppure a suo modo autentica<br />

ed integra, si segue, si offre in uno spettro di trasfigurazioni possibili: può<br />

essere, per chi come molti ama il titolo e ne conosce magari parecchi allestimenti<br />

(e, a memoria, il libretto) uno strano percorso affettivo, il filo<br />

della memoria, depurato da qualsivoglia inquinamento "del mestiere" o<br />

"della passione", da qualunque raffronto vocale…<br />

Sarà dunque una Bohème assoluta, che risponde al canto interiore di colui<br />

che ascolta: partitura riconoscibile fin nel minimo dettaglio (ascoltando,<br />

sembra di leggerla, di averla davanti agli occhi!), eppure frutto di una<br />

mutazione (e d’una sottrazione) che la rende più trascendente e più scabra.<br />

Può essere, ancora, per chi non conosce la partitura nei particolari, una<br />

compagnia discreta, mai invasiva, una Bohème sulla quale si può conversare<br />

senza farle torto, arte alta divulgata.<br />

gdm<br />

PRIMAVERA 2005<br />

Novità Libri & Dischi<br />

La lettera della grande bacchetta fiorentina (Piero<br />

Bellugi) rappresenta la testimonianza ideale per<br />

tornire della giusta prospettiva la notizia della realizzazione<br />

di questo ricchissimo doppio CD, realizzato<br />

dal conservatorio <strong>Paganini</strong> in occasione di<br />

“Genova Capitale Europea della Cultura” in collaborazione<br />

con il Rotary Club Genova Nord e con<br />

l’Associazione Amici del Monastero di S.Chiara.<br />

Di scena, sotto lo sguardo vigile del Maestro<br />

Nevio Zanardi, l’Orchestra dei "Giovani Solisti"<br />

ed il "Quartetto di Violoncelli Giorgio Lippi",<br />

entrambe "creature" del noto didatta (e direttore<br />

d’orchestra, e quotato pittore) genovese.<br />

Fiori all’occhiello del conservatorio, le formazioni<br />

strumentali di Zanardi proseguono la loro attività<br />

con ritmi incalzanti… Proprio i "Giovani Solisti"<br />

(insieme al Quartetto Aurea) sono stati protagonisti,<br />

l’11 marzo scorso, di una bella serata concertistica<br />

presso l’Oratorio di Santa Chiara, dove<br />

hanno eseguito "Le ultime sette parole di Cristo<br />

sulla croce" di Haydn, con una voce recitante<br />

d’eccezione, quella del cardinale Tarcisio Bertone.<br />

14<br />

Carissimo Nevio,<br />

un grande applauso per te e per i tuoi giovani solisti,<br />

per le splendide esecuzioni nei due CD. In un paese<br />

come il nostro, abbastanza disastrato musicalmente e<br />

dove si fa poco per i giovani la tua opera è preziosa.<br />

Ho ammirato la bravura, l’intonazione, il bel fraseggio<br />

dei tuoi ragazzi. Merito del tuo entusiasmo e della<br />

tua dedizione alla musica (finalmente un Vivaldi con<br />

gli "Allegri" veramente pieni di gioia di vivere e di<br />

far musica!). Grazie di cuore per tutto quello che fai<br />

per la musica e per il futuro di questi giovani virtuosi.<br />

Auguri vivissimi per i tuoi ragazzi e un affettuoso<br />

abbraccio da<br />

Piero Bellugi<br />

Un CD multimediale sulla musica antica per "Philarmonia"<br />

Multæ voces: Polifonie gregoriane<br />

Il più grande sforzo della ricerca sulla musica della tarda antichità, del<br />

Medioevo e dell’Umanesimo consiste, oggi, nel ripulire questa musica dalle<br />

incrostazioni del tempo e restituire, per quel ch’è possibile, la freschezza di<br />

queste composizioni che risalgono a epoche ormai lontane. Questa raccolta si<br />

ripromette di fornire qualche esempio musicale capace di illustrare il percorso<br />

che dalla tarda antichità portò alla grande fioritura della musica polifonica<br />

medievale. (…)<br />

Diversi studiosi hanno poi formulato un’osservazione di grande peso per il<br />

senso complessivo di questa storia. Si era sempre dato per scontato che il canto<br />

gregoriano fosse eseguito ad una sola voce: che tutti i cantori, cioè, cantassero<br />

la stessa melodia. In realtà si è scoperto che era perfettamente normale cantare<br />

a più voci, fin da epoca antichissima. Già nella Roma papale del secolo VII si<br />

cantava a più voci, cioè alcuni cantori cantavano la voce principiale, altri<br />

accompagnavano con un "controcanto" che non possiamo sapere come venisse<br />

realizzato, ma che possiamo immaginare un po’ come il canto tipico di molte<br />

aree mediterranee (per esempio la Sardigna o la Liguria. (…)<br />

[dal libretto di sala a firma di Guido Milanese, direttore del complesso Ars Antiqua]


Tiziana Canfori firma un volume dedicato<br />

a Benedetto Marcello<br />

Il genio<br />

"Dilettante di contrappunto"<br />

nella Venezia del ‘700<br />

Un libro concepito, potremmo dire, entro le<br />

mura del conservatorio di Genova. Un libro<br />

importante, che colma un vuoto, che mette a<br />

fuoco un colosso della musica, Benedetto Marcello.<br />

Autrice, Tiziana Canfori, clavicembalista,<br />

musicologa, docente al “<strong>Paganini</strong>”; editore, la<br />

firma più raffinata che Genova può vantare nel<br />

campo, quella di “San Marco dei Giustiniani”.<br />

Senz’altro approfondiremo – nel prossimo<br />

numero del Cantiere – il contenuto di questo<br />

libro che ha pochi giorni di vita (ma chi ha avuto<br />

il privilegio di leggerlo in anteprima ne parla in<br />

termini entusiastici) . Per adesso, ne proponiamo<br />

il gustoso incipit…<br />

Chi ama osservare il cielo notturno sa come guardarlo:<br />

sa puntare un telescopio tuffandosi nello<br />

spazio profondo e mettere a fuoco un particolare,<br />

che la lente dello strumento arricchisce di nuove<br />

forme luminose, ma sa anche soprattutto orientarsi<br />

a occhio nudo. È solo in questo modo che i<br />

corpi celesti riescono a tracciare una mappa significativa<br />

per noi, segnata da costellazioni e punti di<br />

riferimento capaci di regalarci un viaggio nello<br />

spazio e nel tempo. Il provetto osservatore sa<br />

anche valutare gli oggetti celesti al di là della loro<br />

E’ uscito il nuovo libro del cantante e<br />

regista mantovano<br />

Enzo Dara e i suoi<br />

"Personaggi in chiave":<br />

una lezione<br />

(di musica e umanità)<br />

Novità Libri & Dischi<br />

luminosità , ammirando la potente luce pulsante<br />

di Sirio, ma riuscendo a provare la soddisfazione<br />

di “intuire” la galassia di Andromeda da una leggera<br />

nebulosità appesa nel cielo nero. Per vedere,<br />

in questo caso, bisogna sapere dove cercare, e<br />

bisogna anche utilizzare l’occhio in modo particolare:<br />

la messa a fuoco non è diretta, non è centrale,<br />

ma si avvale di uno sguardo più generale,<br />

fiorato, periferico. Insomma, più si cerca di isolare<br />

l’oggetto, più ci si allontana da lui.<br />

Nell’universo musicale, Benedetto Marcello è<br />

oggi per molti di noi qualcosa di simile: un<br />

E’ senza dubbio uno dei "bassi buffi" più noti ed<br />

amati del ‘900: Enzo Dara, cantante-attore, regista,<br />

scrittore (il suo "Anche il buffo nel suo piccolo" è un<br />

vero e proprio gioiello d’ironia e d’arguzia), si è esibito<br />

ancora di recente al teatro Carlo Felice, in occasione<br />

del "Viaggio a Reims" rossiniano (che l’artista<br />

mantovano aveva cantato già vent’anni fa, con<br />

Abbado e Ronconi).<br />

In occasione della sua breve residenza genovese, nel<br />

corso di un’intervista, aveva parlato fra l’altro della<br />

lunga gavetta, della sua indole di "pigro attivo", dell’importanza<br />

formativa di collaborazioni con personaggi<br />

del calibro di Bruscantini, Taddei, Ponnelle,<br />

delle molte regie che aveva firmato, anche insieme<br />

all’amico genovese Luzzati… E ci aveva anche confessato<br />

la sua passione per il giornalismo (da<br />

ragazzo il M° Dara lavorò al "Resto del Carlino", al<br />

tempo in cui direttore era Spadolini) e per la letteratura,<br />

giustamente fiero della sua biblioteca di oltre<br />

ottomila volumi. "Non ho perso il vizio di scrivere:<br />

sto giusto correggendo le bozze di un nuovo libro<br />

dedicato ai grandi incontri che ho avuto durante la<br />

carriera".<br />

Oggi finalmente quel libro è disponibile in libreria.<br />

Si intitola "Personaggi in chiave" ed è pubblicato da<br />

Azzali Editore, Parma. Duecentoventi pagine, quattordici<br />

personaggi, decine di splendide fotografie,<br />

per scoprire l’ultimo mezzo secolo di storia dell’interpretazione.<br />

Con sapiente dosaggio di spezie aneddotiche<br />

e indicazioni vocali, musicali, musicologiche<br />

(sempre con una sorridente concretezza), il libro<br />

accoglie ritratti di Del Monaco, Menotti, Siepi,<br />

15<br />

oggetto che sfugge e che potremo cogliere<br />

meglio osservandolo con maggiore affetto e con<br />

la giusta distanza.<br />

Lo dobbiamo cogliere in una dimensione più<br />

complessa di quanto siamo abituati a fare: spesso<br />

ci sembra di conoscerlo (ci appare una stella fin<br />

troppo nota), mentre se tentiamo di dargli una<br />

forma più chiara ci accorgiamo che la sua<br />

essenza, e gran parte della sua produzione, ci<br />

sfuggono.<br />

Il suo inserimento nel Settecento veneziano è<br />

automatico per i musicisti e anche per gran parte<br />

del pubblico, così come in molti scatta l’associazione<br />

con la sua opera oggi più nota, Il Teatro<br />

alla moda, ma spingersi oltre non è facile, se non<br />

per l’esperienza degli strumentisti che hanno praticato<br />

il repertorio delle Sonate e dei cantanti che<br />

si sono impegnati in qualche aria o duetto.<br />

Verificare questa realtà non ha solo il senso di<br />

una critica alla nostra cultura musicale (bersaglio<br />

fin troppo facile in un Paese che ha nutrito grandissimi<br />

musicisti, ma che non ha mai attuato un<br />

progetto organico dell’educazione alla musica),<br />

ma assume un valore particolare proprio introno<br />

a Marcello, personaggio che grazie alla sua sfaccettatura<br />

ha creato disagi notevoli a chi ha cercato<br />

di inserirlo in un sistema semplice.<br />

Musicista o letterato? Aristocratico o popolare?<br />

Bacchettone o disinvolto? Religioso o libertino?<br />

“Dilettante” o musicista attento e innovatore?<br />

(…)<br />

(da Benedetto Marcello - Un "dilettante di contrappunto"<br />

nella Venezia del Settecento, Editore<br />

San Marco dei Giustiniani, Genova)<br />

Gavazzeni, Gigli, Grassi, Schippers, Taddei, Callas,<br />

Protti, Pavarotti, Strehler, Abbado, Valentini Terrani.<br />

Un "cast allargato" dell’universo lirico davvero da<br />

capogiro. "Noterete, almeno lo spero, come più che<br />

sulle loro prodezze artistiche, mi soffermi sulle loro<br />

doti umane", scrive Enzo Dara. Proprio così. Un<br />

esempio forse chiarisce meglio d’ogni altra cosa<br />

come Dara ci porga (e con che penna pepata!) questi<br />

"Personaggi in chiave". Ecco le prime dieci righe<br />

del primo capitolo, dedicato a Mario Del Monaco:<br />

"Senti caro… io sono Sansone non Sandokan…<br />

questo duello non posso farlo mentre canto, altrimenti<br />

addio fiato… e poi non rompere le palle al<br />

ragazzo che ha una bella voce". Questa frase lapidaria<br />

segnò il mio primo incontro col tenore pesarese.<br />

Nel febbraio 1963, scritturato dal teatro Bellini di<br />

Catania, mi accingevo a iniziare le prove di Sansone<br />

e Dalila di Saint-Saëns nel ruolo di Abimelecco,<br />

direttore un certo Trik. Dalila Adriana Lazzarini, il<br />

Sommo Sacerdote Piero Francia, Sansone Mario del<br />

Monaco appunto. La frase da lui rivolta al regista<br />

dello spettacolo mi tolse da un bel pasticcio. Questi<br />

i fatti: dai primi giorni di prove, ancora assente il<br />

protagonista, il regista mi aveva mandato in crisi<br />

(…)".<br />

Avvincente. In più, vero. Una lezione (di storia della<br />

musica e d’umanità) per chiunque abbia a che fare –<br />

dalla platea o dal palcoscenico – col mondo del teatro<br />

musicale.<br />

gdm<br />

PRIMAVERA 2005


Emanuele Canepa<br />

Un oggetto “semplice”:<br />

la canzone<br />

Nonostante la varietà di forme musicali prodotte<br />

nel corso dei secoli - concerti, musica da camera e<br />

sinfonie, melodrammi e inni patriottici, musica<br />

liturgica, militare e per la danza - l’oggetto meglio<br />

depositato, per numero e profondità, nella memoria<br />

musicale ed affettiva di molti – ma si può dire<br />

di tutti - è quel semplice meccanismo che chiamiamo<br />

“canzone”, forma estremamente efficace<br />

nel trasmettere e rendere indelebili emozioni, in<br />

grado di evocare “automaticamente” atmosfere di<br />

intere epoche, vicine o lontane nel tempo, fino a<br />

diventare oggetto di studio del costume, delle idee<br />

e degli avvenimenti. Le canzoni, oltre ad esprimere<br />

gli stati dell’amore in tutte le sue declinazioni<br />

e sfumature, possono ispirare e sostenere la<br />

lotta politica, diffondere idee, supportare nuovi<br />

modi di intendere la realtà. E chiunque ascolti<br />

un’antologia della canzone italiana dovrà riconoscere<br />

l’alto livello di questa produzione, almeno<br />

nei suoi esiti più alti, sempre in bilico tra artigianato<br />

e arte, spettacolo e mercato.<br />

La canzone, com’è noto a tutti, è una forma breve,<br />

melodicamente ed armonicamente semplice,<br />

legata ad una forte riconoscibilità che sconfina talvolta<br />

in smaccata orecchiabilità. Il testo, nella lingua<br />

di tutti i giorni, può essere di una banalità<br />

sconcertante oppure avere aspirazioni di raffinatezza.<br />

Conta molto la performance vocale ma non<br />

è necessariamente rilevante la potenza vocale;<br />

l’intonazione, invece, dovrebbe essere ineccepibile.<br />

E’ auspicabile che il cantante abbia un timbro<br />

di voce originale, tale da renderlo facilmente individuabile,<br />

così come ha rilevanza una forte presenza<br />

scenica che lo possa trasformare da esecutore<br />

in “personaggio”; questo costituisce un<br />

valore aggiunto per i brani che interpreta.<br />

Pur tenendo conto della poetica, e al contempo<br />

veritiera, constatazione di Massimo Mila:<br />

Una canzone riuscita è una cosa fatta di niente, un<br />

batuffolo impalpabile che nel giro d’una rima,<br />

nella lusinga d’una cadenza melodica, cattura<br />

fortunosamente qualsiasi aspetto della vita: un<br />

soffio di primavera, il sorriso d’una ragazza, la<br />

pena d’un disgraziato, l’entusiasmo d’una grande<br />

<strong>IL</strong> C<strong>CANTIERE</strong><br />

<strong>MUSICALE</strong><br />

M<br />

presidente onorario<br />

Angelo Guaragna<br />

presidente<br />

Patrizia Conti<br />

direttore@conservatoriopaganini.org<br />

direttore<br />

Giorgio De Martino<br />

giorgio.demartino@fastwebnet.it<br />

redazione<br />

Tiziana Canfori, Roberto Iovino,<br />

Fabio Macelloni, Paola Siragna,<br />

Emilio Traverso<br />

<strong>Conservatorio</strong> Niccolò <strong>Paganini</strong><br />

via Albaro, 38 - 16145 Genova<br />

tel. 010.3620747 - fax 010.3620819<br />

info@conservatoriopaganini.org<br />

ilcantiere@conservatoriopaganini.org<br />

PRIMAVERA 2005<br />

idea [M.Mila sull’Espresso del 23/03/1958 n.12]<br />

Non va dimenticato che le canzoni sono un rilevante<br />

oggetto di consumo: muovono un vasto<br />

mercato di diritti d’autore, di produzione e vendite<br />

discografiche, di spettacoli; hanno parte importante<br />

nelle diffusioni radiotelevisive e nelle stagioni<br />

di concerti. Questo aspetto mercantile incide<br />

non poco sulla loro realizzazione.<br />

Un ambito particolarmente interessante della storia<br />

della canzone italiana si è sviluppato nei primi<br />

anni Sessanta con l’avvento dei cantautori, artisti<br />

decisamente innovativi e contrapposti al disimpegno<br />

canzonettistico degli anni Cinquanta. Le fonti<br />

d’ispirazione furono gli chansonnier francesi, il<br />

jazz, il rock’n’roll e, in proporzione minore, la<br />

musica folklorica italiana, ma anche il cinema riot<br />

statunitense e la letteratura. Quali sono i tratti<br />

distintivi del cantautore? Illuminante è la definizione<br />

che Gino Paoli fornì durante il convegno<br />

Generazioni a confronto, tenutosi a Genova nell’ottobre<br />

del 2003:<br />

Il cantautore è 100% di testo, 100% di musica;<br />

poi c’è la voce che deve essere aderente a quanto<br />

canta, e la resa scenica. Ma c’è un altro elemento:<br />

il cantautore deve essere ‘contro’.<br />

Quel “contro” una società ormai inadeguata a rappresentare<br />

un modello per i giovani, incapace ad<br />

elaborare e trasferire alle nuove generazioni<br />

valori, stili ed esperienze di vita, riguarderà in primis<br />

la ricerca di una nuova maniera di vivere e<br />

descrivere i rapporti con l’altro sesso. Questa<br />

tematica, per quanto circoscritta, non impediva al<br />

pubblico più conservatore di sentirsi infastidito<br />

dall’anticonformismo malinconico dei nuovi<br />

autori, così stridente nel contesto spensierato del<br />

boom economico. Del resto, il solo parlare dei<br />

rapporti tra i sessi in termini realistici aveva,<br />

allora, una valenza “politica” che andava oltre<br />

l’argomento privato: era questa la massima “eversione”<br />

possibile.<br />

Imprescindibile è il contributo dato alla nascita<br />

della canzone d’autore dalla cosiddetta “scuola<br />

genovese”, definizione di comodo, imprecisa e<br />

rifiutata anche dai diretti interessati, che indica un<br />

ristretto gruppo di giovani nati negli anni Trenta,<br />

che per insondabile casualità vivevano la loro<br />

amicizia intrisa (anche) di musica in un’area circoscritta<br />

del centro di Genova. Com’è noto, si<br />

tratta di Gino Paoli, Bruno Lauzi, Umberto Bindi<br />

(l’unico genovese di nascita, che comporrà sui<br />

testi di un altro genovese, Giorgio Calabrese),<br />

Luigi Tenco - e il livornese Piero Ciampi - ai quali<br />

si aggiungeranno, una volta trasferitisi a Milano,<br />

Sergio Endrigo, Giorgio Gaber ed Enzo Jannacci.<br />

Confermerà il mito della “scuola genovese” Fabrizio<br />

De André che traghetterà la produzione cantautorale<br />

fino a noi.<br />

Perché proprio Genova? Perché il trasferimento a<br />

Milano per produrre i primi dischi? Al di là delle<br />

molte ed ineludibili fascinazioni che Genova<br />

offre, dal porto al vastissimo centro storico, dalle<br />

riviere alle colline, alcuni fenomeni di tipo pragmatico<br />

non vanno sottovalutati: in questa città, ad<br />

esempio, stanziarono, anche dopo la guerra, le<br />

navi militari americane con le loro aggiornatissime<br />

orchestrine, e i marinai donavano ai giovani<br />

dischi di jazz e rock’n’roll, e romanzi. Nella zona<br />

dell’angiporto genovese altre orchestrine, spesso<br />

formate da abili professionisti, suonavano nei<br />

night per marinai, nottambuli, entraîneuse e malavitosi;<br />

a Genova era nato ed aveva lasciato traccia<br />

quel grande jazzista italiano che fu Natalino Otto.<br />

Ancora, in questa città erano vive le voci di altissimi<br />

poeti quali Montale, Caproni, Sbarbaro. E la<br />

Francia, con i suoi chansonnier, era molto vicina.<br />

Facevano poi parte del gruppo due musicisti che<br />

acquisiranno fondamentale importanza per i loro<br />

destini artistici: si tratta dei fratelli Gianfranco e<br />

Algraphy - Genova<br />

Gian Piero Reverberi, il primo all’epoca già autore<br />

di canzoni e di colonne sonore cinematografiche;<br />

il secondo si diplomerà brillantemente al <strong>Conservatorio</strong><br />

e diverrà arrangiatore e direttore d’orchestra.<br />

I Reverberi saranno il collegamento tra<br />

Genova e Milano, dove nel frattempo era nata la<br />

Casa Discografica Ricordi, emanazione della storica<br />

casa editrice; lì un giovane e dinamico Nanni<br />

Ricordi si guardava attorno alla ricerca di nuovi<br />

autori, nuovi volti, nuove voci. Il clamoroso successo<br />

planetario di Nel blu dipinto di blu (1958, di<br />

Migliacci-Modugno, considerato lo spartiacque<br />

tra il vecchio e il nuovo) aveva insegnato che il<br />

vento stava cambiando: il mercato non avrebbe<br />

più gravitato intorno a strapaesane produzioni sanremesi,<br />

delle quali vendere pochi dischi e pochi<br />

spartiti a cantanti e orchestrine, ma intorno a personaggi<br />

forti e innovativi, e alla vendita massiccia<br />

di quel nuovo supporto rappresentato dal disco a<br />

45 giri - economico, leggero, facilmente trasportabile<br />

in tutto il mondo.<br />

Il piccolo gruppo era portatore di alcune caratteristiche<br />

che li contraddistingueva, sebbene ognuno<br />

di loro mantenesse differenze individuali. Era<br />

comune l’inconsapevolezza sia della svolta che<br />

avrebbero rappresentato per la canzone italiana,<br />

sia del peso di quelle prime composizioni nella<br />

loro vita privata e<br />

professionale. Tutti<br />

loro ponevano particolare<br />

attenzione ai<br />

testi dei loro brani<br />

come logica conseguenza<br />

del diverso<br />

atteggiamento nei<br />

confronti della forma<br />

canzone, intesa non<br />

come prodotto industriale,<br />

ma primariamente<br />

come genuino<br />

veicolo delle proprie<br />

urgenze d’espressione.<br />

Va notato,<br />

però, che ciò che<br />

davvero caratterizza le loro opere è l’equilibrato<br />

amalgama di parole e musica.<br />

Nessuno di loro curava particolarmente la perfezione<br />

esecutiva o l’eccezionalità nelle prestazioni<br />

canore e sceniche. Il loro modo di porsi, sul palco<br />

o in televisione, era semplice e sobrio: bastavano<br />

giacca e cravatta o “scandalosissimi” jeans e<br />

maglione.<br />

Nonostante le censure messe in atto e i giudizi<br />

negativi o imbarazzati, essi erano in qualche modo<br />

considerati parte dell’industria discografica, ed<br />

apparivano con discreta frequenza in televisione,<br />

tra i più “vendibili” Celentano, Mina, Cinquetti e<br />

Pavone; relativamente frequenti furono le loro<br />

apparizioni al Festival di Sanremo.<br />

La canzone d’autore finì con l’essere apprezzata<br />

dai più e contribuire ad abbattere un non piccolo<br />

novero di barriere dovute a mentalità passatiste e<br />

bigotte che via via andavano dissolvendosi per<br />

effetto di una graduale evoluzione e sprovincializzazione<br />

della società italiana. Ma la storia del<br />

mondo, le ideologie e le mentalità collettive (nonché<br />

i gusti dei giovani: si pensi al fenomeno del<br />

beat, si pensi al Sessantotto), mutarono velocemente<br />

nello svolgersi del decennio, sotto l’accelerazione<br />

di molti ed epocali eventi. La “scuola<br />

genovese” e gli artisti ad essa vicini non seppero o<br />

non vollero cavalcare questo new deal, emanatore<br />

di produzioni molto diverse dalle loro. Essi subiranno<br />

negli anni a venire un drastico declino, ma<br />

ciò non impedirà alle loro canzoni di assurgere<br />

all’olimpo dei grandi classici della musica leggera<br />

italiana e internazionale.<br />

Emanuele Canepa

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