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DON BOSCO

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Al proposito, ricordo spesso una considerazione<br />

che Kierkegard faceva già nell’Ottocento:<br />

“Ormai, la nave è in mano solo al cuoco<br />

di bordo e quel che trasmette il megafono del<br />

comandante non è più la rotta, ma ciò che<br />

mangeremo domani”. Adesso è proprio così,<br />

perché il mezzo egemone del comunicare è<br />

la televisione. Invece, la parola deve essere<br />

detta.<br />

Gli Ebrei non chiamano la Bibbia come noi<br />

(che con questo termine intendiamo, alla greca,<br />

i libri per eccellenza, la scrittura, cioè qualcosa<br />

di cristallizzato), ma la definiscono micrà<br />

(cioè: proclamazione, la parola detta più che<br />

scritta), utilizzando in modo singolare la stessa<br />

radice che, in arabo, definisce il Corano. È<br />

una parola da ascoltare, che ci conduce alla<br />

sua dimensione orale.<br />

Inoltre, la parola ha in sé la realtà del suono,<br />

che vuole anche dire fragilità (sempre nel Vangelo<br />

di Giovanni, al versetto 14, si dice: “E<br />

il Verbo divenne carne”. Carne: un vocabolo<br />

che significa anche fragilità, miseria; quindi,<br />

la parola ha in sé caducità, debolezza). Eppure,<br />

nonostante tale fragilità, la parola — una<br />

volta detta — comincia a vivere. Se abbiamo<br />

dubbi, pensiamo a quello che spesso succede<br />

quando ci capita di sbagliare una parola!<br />

Editoriale<br />

Nelly Sachs, poetessa ebrea premio Nobel<br />

della letteratura, è poco nota da noi, al punto<br />

che non è stato tradotto quasi niente delle sue<br />

poesie. Possono essere lette in tedesco, perché<br />

era di questa nazionalità; poi, sotto il nazismo,<br />

si rifugiò in Svezia, per approdare alla fine in<br />

Israele, dove morì. Ha scritto una poesia sui<br />

profeti che – come ricordato prima – sono gli<br />

uomini della Parola (lo dice il termine greco:<br />

coloro che si esprimono in nome di un altro,<br />

in nome di Dio o, se vogliamo, che parlano<br />

con le sue parole umane: concrete, contadine,<br />

come quelle di Amos; aristocratiche, come<br />

quelle di Isaia).<br />

All’interno di questa poesia, c’è un’antifona di<br />

strofa che si ripete e che parla dell’effetto che<br />

la parola dei<br />

profeti deve<br />

avere dentro<br />

di noi.<br />

È un’immagine<br />

molto<br />

bella, perché<br />

specifica che<br />

il maggior<br />

nemico della<br />

fede non si<br />

annida nella<br />

ribellione (il<br />

Nelly Sachs<br />

grande peccato<br />

che però può diventare anche principio<br />

di salvezza) ma nell’abitudine, nella banalità,<br />

nella superficialità.<br />

Ecco: se la Parola non incide ferite nei campi<br />

dell’abitudine, nel terreno della consuetudine<br />

— se si ascolta la voce dei profeti senza<br />

che la loro parola ci ferisca — i profeti saranno<br />

stati traditi, anche se continueranno a far<br />

sentire la loro voce.<br />

Questi sono i versi:<br />

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