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Voria A.2 n.3 - Capracotta.com

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icordi<br />

14<br />

<strong>Capracotta</strong>, il fuoco e…<br />

la solidarietà<br />

<strong>Capracotta</strong>, durante i suoi 1250 anni<br />

di vita, nel bene e nel male ha dovuto<br />

ringraziare il fuoco per la sua<br />

sopravvivenza. E a volte ha dovuto anche maledirlo<br />

per le tragedie che fu costretta a subire.<br />

Il nostro paese fu fondato intorno al 750<br />

e abitato per più di tre secoli dai Longobardi<br />

che, prima della conversione, utilizzavano<br />

il fuoco nei loro riti pagani e sicuramente lo<br />

stemma <strong>com</strong>unale, che presenta una capra<br />

con le fiamme, ha le origini di quel tempo. Nel<br />

1656 per la sua sopravvivenza ha dovuto usare<br />

il fuoco per bruciare vestiti e persone morte<br />

per la Peste, e tra l’8 ed il 12 novembre del<br />

1943 l’ha maledetto per l’uso che ne fecero i<br />

tedeschi nel bruciarLo con bombe incendiarie<br />

e dinamite. L’agricoltura che si praticava a<br />

<strong>Capracotta</strong> era di sussistenza, ovvero di autoconsumo;<br />

lo scopo era quello di ottenere cibo<br />

sufficiente per sfamare i membri della famiglia<br />

contadina. Si consumava ciò che si produceva<br />

o allevava, e non si produceva per vendere ma<br />

per alimentarsi, e l’intera famiglia era coinvolta<br />

nel duro lavoro di produzione. E se il raccolto<br />

andava perso era la carestia, la fame! Il grano,<br />

le patate ed i legumi erano le colture praticate<br />

ma meno redditizie per il clima ed il terreno<br />

montano e negli anni ‘50 <strong>Capracotta</strong> con i<br />

suoi 3000 abitanti era al limite dell’autosufficienza<br />

alimentare (per questo motivo il Lago<br />

di Mingaccio venne prosciugato!) e bastava un<br />

evento calamitoso per portare nella più cupa<br />

disperazione il nucleo familiare. Ed è quel che<br />

accadde intorno agli anni ‘30 e nell’agosto<br />

1957: l’incendio dei covoni. A <strong>Capracotta</strong> negli<br />

anni ’50 c’erano quattro siti di raccolta dei covoni.<br />

Infatti si produceva tanto grano, c’erano<br />

tre forni e tre mulini, quasi tutti i terreni erano<br />

coltivati ed era uno spettacolo vedere il territorio<br />

di <strong>Capracotta</strong> coperto da una miriade di fazzoletti<br />

che alternavano il colore: giallo, verde,<br />

blu, giallo-verde, giallo mischiato con il rosso,<br />

non <strong>com</strong>e adesso che i due colori base sono il<br />

verde e il marrone! I grandi cumuli di covoni<br />

ben squadrati, ordinati e coperti con grandi<br />

teli, “i copertoni”, venivano sorvegliati attentamente<br />

a turno, notte e giorno, per prevenire<br />

“accidentali prelievi”. Di fronte all’attuale Ca-<br />

serma dei Carabinieri si trovava uno di questi<br />

siti. Li, un giorno, verso il mezzodì, quando la<br />

sorveglianza si era allentata per il pranzo, scoppiò<br />

un furioso incendio che, alimentato da<br />

anno 2 n. 3<br />

un leggero vento, distrusse nel giro di poche<br />

ore il sacrificio di un anno di duro lavoro. La<br />

mancanza d’acqua e di persone furono i motivi<br />

per cui poco si salvò e la motopompa arrivò<br />

nel tardi pomeriggio quando ormai non c’era<br />

più nulla da fare!. La disperazione di chi aveva<br />

perso tutto il raccolto era tangibile e la si<br />

notava negli occhi pieni di lacrime e dai capelli<br />

che le donne si strappavano. Tuttavia c’era<br />

anche chi, con grande slancio di umanità e di<br />

coraggio, cercava di rincuorare gli sventurati<br />

che già presagivano il crudele destino che si<br />

era abbattuto sulla propria famiglia. Ma <strong>com</strong>e<br />

sempre, il popolo capracottese dette sfoggio<br />

al suo innato senso di solidarietà: tutto il grano<br />

bruciato fu reintegrato da quelli che erano stati<br />

più fortunati alla stregua di quello che successe<br />

durante la distruzione di <strong>Capracotta</strong> allorquando<br />

quasi un migliaio di persone furono ospitate<br />

nelle masserie di Guastra e di Macchia senza<br />

contropartita! Si può ben dire che se il fuoco<br />

distruggeva, la solidarietà umana ri<strong>com</strong>pattava<br />

persone e famiglie! Un piccolo inciso: le<br />

foto qui pubblicate sono originali e sono state<br />

estratte da un filmato d’epoca girato da Marino<br />

D’Andrea. In quei fotogrammi c’ero anch’io<br />

ma non fui quello che appiccò il fuoco! Non<br />

si è mai riusciti a capire le cause dell’incendio.<br />

Si suppose fosse stato un anziano appisolato<br />

con la pipa in bocca. Ciò non è da escludere<br />

perché a <strong>Capracotta</strong> si fumava tanto; c’erano<br />

infatti quattro tabaccai!<br />

Filippo Di Tella

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