Voria A.2 n.3 - Capracotta.com
Voria A.2 n.3 - Capracotta.com
Voria A.2 n.3 - Capracotta.com
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
giugno 2008<br />
In una fredda sera d’inverno,<br />
sedute vicino al<br />
caminetto, io e mia nipote<br />
guardavamo lo scoppiettare della<br />
legna mentre fuori soffiava un<br />
forte vento di tramontana. Lei mi<br />
chiese <strong>com</strong>e avevo trascorso la<br />
fanciullezza. Allora mi confrontai<br />
con gli adolescenti di oggi e le<br />
feci notare che ai miei tempi non<br />
esistevano telefonini, televisori e<br />
pizzerie, ma si viveva <strong>com</strong>unque<br />
in armonia con le poche e misere<br />
cose che avevamo. In quel momento<br />
ricordai un episodio della<br />
guerra e <strong>com</strong>inciai a raccontare.<br />
Avevo quattro anni quando<br />
è iniziata la Seconda Guerra Mondiale;<br />
ne avevo sette quando hanno<br />
minato il mio paese: <strong>Capracotta</strong>.<br />
Ancora non capivo cosa fosse<br />
veramente la guerra, ma sapevo<br />
che provocava molta sofferenza,<br />
dolore e distruzione. Abitavo in<br />
una casa con altri fratelli di mio<br />
padre. Vivevamo a stento: mio<br />
<strong>Capracotta</strong> minata<br />
padre doveva sfamare cinque persone,<br />
lavorando <strong>com</strong>e falegname.<br />
Dovevamo risparmiare tutto, sia<br />
sul vestire, sia sul mangiare. Poi il<br />
4 novembre del 1943 <strong>Capracotta</strong><br />
fu minata e ci rifugiammo al cimitero.<br />
Per te giorni e tre notti non<br />
mangiammo e solo l’ultimo giorno<br />
fu concesso ai bambini (tra cui<br />
io) di mangiare un piatto di sagne<br />
e patate. Mi ricordo che quel giorno<br />
mangiammo con le mani. Non<br />
avevamo luce, nemmeno una candela,<br />
solo il leggero bagliore dei<br />
lumini del cimitero. Per tre giorni<br />
dormimmo nei loculi che erano<br />
destinati ai morti. E di morti in<br />
quei giorni ce ne furono molti,<br />
troppi. In questo momento mi ritorna<br />
alla mente una scena macabra,<br />
troppo pesante per una bambina<br />
di sette anni: due persone<br />
stavano scavando con una zappa<br />
e con le mani la fossa; avvolsero in<br />
un lenzuolo bianco una ragazza di<br />
appena 17 anni, la fecero scivola-<br />
re delicatamente nella fossa e poi<br />
la ricoprirono, quasi con il timore<br />
che quel corpo, ormai senza vita,<br />
potesse sentire dolore. In un primo<br />
momento non capii quella<br />
situazione, ma solo qualche anno<br />
dopo seppi che quelle persone<br />
erano i genitori di quella ragazza.<br />
Il terzo giorno poi ci portarono ad<br />
Agnone, dove la mia famiglia aveva<br />
dei parenti. Quel giorno nevicava<br />
ed il fiume era in piena. Mentre lo<br />
attraversavamo persi una scarpa<br />
nella melma. Non me ne resi conto,<br />
ma quando arrivai ad Agnone<br />
vidi il mio piede che sanguinava e<br />
mi spaventai. Nella casa dei miei<br />
parenti i miei due fratelli dormivano<br />
su una porta rotta, mentre io<br />
con i miei genitori. Dopo qualche<br />
mese ritornammo a <strong>Capracotta</strong><br />
e la nostra casa non era stata distrutta<br />
ma era stata occupata dal<br />
<strong>com</strong>ando inglese e così fummo<br />
ospitati dai nostri <strong>com</strong>pari. I miei<br />
fratelli in due mesi impararono a<br />
parlare discretamente l’inglese, e<br />
per fortuna gli inglesi <strong>com</strong>prendevano<br />
un po’ di italiano. Quando la<br />
guerra finì la sofferenza e il dolore<br />
si erano ormai incarnati dentro di<br />
noi e avevano impregnato la nostra<br />
infanzia di esperienze che non<br />
si dimenticano mai. Dopo questi<br />
tristi avvenimenti ci portò felicità<br />
e gioia la nascita del mio terzo<br />
fratello che in tanta distruzione<br />
rallegrò la vita della mia famiglia.<br />
Nonostante oggi io viva fuori dal<br />
mio paese d’origine, non ho dimenticato<br />
gli affetti che mi legano<br />
tuttora ai miei fratelli, nipoti, parenti<br />
ed amici. Né ho dimenticato<br />
la chiesetta della Madonna tanto<br />
cara a tutti i capracottesi, né i miei<br />
monti a cui ogni volta dico arrivederci<br />
e non addio <strong>com</strong>e direbbe<br />
Lucia del Manzoni.<br />
Consiglia D’Andrea<br />
una pagina di storia<br />
9