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“Dialoghi” – Rivista trimestrale – Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2 - CNS/AC ROMA - ISSN 1593-5760<br />
Dialoghi Dialoghi A centocinquant’anni dall’Unità d’Italia<br />
ANNO X<br />
DICEMBRE 2010<br />
Numero 4<br />
Euro 8,00<br />
Gianni<br />
Borsa<br />
Luciano<br />
Caimi<br />
Giorgio<br />
Campanini<br />
Maur<strong>il</strong>io<br />
Guasco<br />
Alberto<br />
Monticone<br />
Paolo<br />
Pombeni<br />
Pietro<br />
Scoppola<br />
Bartolomeo<br />
Sorge<br />
Matteo<br />
Truffelli
Editoriale<br />
Da Baghdad a Gerusalemme 2<br />
Piergiorgio Grassi<br />
Primo Piano<br />
Realismo e speranza.<br />
I cattolici italiani ripartono da Reggio Calabria 6<br />
Gianni Borsa<br />
Dossier<br />
A 150 anni dall’Unità d’Italia (a cura di Matteo Truffelli)<br />
L’unità degli italiani, oggi 18<br />
Alberto Monticone<br />
Celebrare una storia comune, tra retorica e memoria 22<br />
intervista a Paolo Pombeni e Bartolomeo Sorge s.j.<br />
I “revisionismi” storici à la carte 30<br />
Maur<strong>il</strong>io Guasco<br />
Identità nazionale e Resistenza 36<br />
Pietro Scoppola<br />
Le culture politiche dell’Italia post-unitaria 42<br />
Giorgio Campanini<br />
Giovani cattolici: 150 anni di presenza attiva 48<br />
Luciano Caimi<br />
Cattolici e unità nazionale: quattro voci nella storia 58<br />
A. Rosmini, L. Sturzo, A. De Gasperi, P. Mazzolari<br />
Eventi e Idee<br />
Gerusalemme. Temi aperti di Diritto internazionale<br />
Francesco Campagna<br />
68<br />
Medio Oriente. Tesori di fede e di umanità<br />
Simone Esposito<br />
73<br />
Cinema italiano. Tra “rinnovamento” e “rispecchiamento”<br />
Dario E. Viganò<br />
78<br />
Il Libro e i Libri<br />
Zanotti-Bianco e le ragioni del Mezzogiorno<br />
Alessandro Pajno<br />
84<br />
Responsab<strong>il</strong>ità. Il presente e <strong>il</strong> futuro dell’uomo<br />
Andrea Aguti<br />
88<br />
La f<strong>il</strong>osofia italiana come pensiero vivente<br />
Roberto Gatti<br />
92<br />
Il Risorgimento secondo Mack Smith<br />
Ernesto Preziosi<br />
96<br />
Prof<strong>il</strong>i<br />
Padre Matteo Ricci. Un gigante del passato, un faro per <strong>il</strong> futuro 100<br />
Claudio Giuliodori<br />
dialoghi n. 4 dicembre 2010<br />
1<br />
SOMMARIO
EDITORIALE<br />
2<br />
EDITORIALE<br />
Da Baghdad<br />
a Gerusalemme<br />
Piergiorgio Grassi<br />
Questi mesi di fine anno sono stati ricchi di avvenimenti per la Chiesa<br />
italiana e per la Chiesa universale. Elencarli tutti sarebbe troppo lungo, ma<br />
tra questi non dovremmo dimenticare l’Assemblea speciale per <strong>il</strong> Medioriente<br />
del Sinodo dei vescovi che si è tenuto a Roma dal 10 al 24 ottobre<br />
2010 (di cui diamo nella rivista un ampio ragguaglio, assieme al resoconto<br />
di un convegno dedicato a Gerusalemme dall’Istituto di diritto internazionale<br />
della pace “Giuseppe Toniolo”). E non solo perché i patriarchi e i vescovi<br />
si sono riuniti a Roma per trattare delle questioni riguardanti la Chiesa<br />
cattolica nel Medioriente, della comunione da perseguire e della testimonianza<br />
dovuta in un’area divenuta incandescente. L’Assemblea e l’eco<br />
che <strong>il</strong> dibattito e le quarantaquattro proposte consegnate al Papa per la stesura<br />
del <strong>documento</strong> finale (con <strong>il</strong> quale si concluderà <strong>il</strong> processo sinodale)<br />
hanno avuto nel contesto internazionale, e presso le cancellerie dei vari Stati,<br />
rappresentano un “segno dei tempi” da cogliere nel suo vero spessore.<br />
Non si può più pensare alla Chiesa soltanto in termini nazionali, nella stagione<br />
dell’interdipendenza e della globalizzazione. Diffusa in tutto <strong>il</strong> pianeta,<br />
la Chiesa si scopre sempre più coinvolta e responsab<strong>il</strong>e di ciò che accade<br />
ovunque ai suoi fedeli, a tutti gli uomini e a tutte le donne; le sue vicende si<br />
intrecciano strettamente con i diversi contesti sociali e politici. Nel caso specifico<br />
si tratta di comunità cattoliche (comunità di maroniti, melchiti, caldei,<br />
copti, armeni, siri, legati alla Chiesa di Roma pur conservando i diversi riti<br />
orientali) che abitano in un territorio molto ampio (più di 7 m<strong>il</strong>ioni di ch<strong>il</strong>ometri<br />
quadrati), mischiate, con i loro sei m<strong>il</strong>ioni circa di aderenti (16 m<strong>il</strong>ioni<br />
sono i cristiani se si sommano tutte le confessioni) ad una popolazione di circa<br />
360 m<strong>il</strong>ioni di persone, in stragrande maggioranza di fede musulmana.<br />
dialoghi n. 4 dicembre 2010
Al di là del dato puramente numerico sta <strong>il</strong> fatto che queste comunità<br />
«sono state la culla del cristianesimo e delle prime generazioni cristiane –<br />
per usare le stesse parole di Antonio Naguib, patriarca di Alessandria dei<br />
Copti (Egitto) che ha aperto i lavori del Sinodo –eproprio per questo hanno<br />
la vocazione di mantenere viva la memoria delle origini, di consolidare<br />
la fede dei propri fedeli, di vivificare in essi lo spirito del Vangelo affinché<br />
guidi la loro vita e i loro rapporti con gli altri cristiani e non cristiani». Un<br />
compito non fac<strong>il</strong>e, se si prendono in considerazione le condizioni di instab<strong>il</strong>ità<br />
dell’intera area. Il caso serio è l’accentuarsi del fondamentalismo islamico,<br />
cresciuto progressivamente dopo la sconfitta dell’impero ottomano<br />
per mano europea, la mancata soluzione della questione palestinese, la sciagurata<br />
guerra in Iraq che ha reso ancor più precari gli equ<strong>il</strong>ibri geopolitici.<br />
«Le comunità cristiane mediorientali seguono in tutto e per tutto le sorti<br />
dell’Islam e del fondamentalismo in particolare, anche se la maggioranza<br />
dei musulmani rinnega <strong>il</strong> terrorismo», ha osservato l’islamologo Samir<br />
Khal<strong>il</strong> Samir. Il fondamentalismo «permea in sé tutti gli aspetti della vita<br />
quotidiana: cibi, abbigliamento, mezzi di comunicazione e istruzione». Un<br />
clima opprimente per i cristiani, cui viene spesso negata la possib<strong>il</strong>ità di<br />
esprimersi pubblicamente.<br />
Drammatica è poi la situazione dell’Iraq, a partire dall’attacco alle chiese<br />
cristiane a Mosul dell’agosto 2004, che ha dato inizio ad un esodo massiccio<br />
di cristiani; emorragia destinata a continuare in seguito al reiterarsi degli attacchi,<br />
sino a quel drammatico 31 ottobre scorso, quando un gruppo di sostenitori<br />
fanatici dello stato islamico ha fatto irruzione nella chiesa più grande<br />
della capitale, durante la celebrazione liturgica, facendo strage di uomini,<br />
di donne e di bambini. Una vera caccia ai cristiani che non sembra aver scosso<br />
a sufficienza la comunità internazionale. La situazione è resa ancora più<br />
complicata dal perdurante conflitto israelo-palestinese che rafforza un’autorappresentazione<br />
dell’Islam come vittima dell’Occidente. Inoltre, poiché «la<br />
mentalità musulmana ragiona per gruppi e non per individui, i cristiani che<br />
vivono nell’area medioerientale vengono percepiti come alleati dell’Occidente<br />
perché l’Occidente è cristiano. Diffic<strong>il</strong>e per un musulmano porre distinzioni<br />
tra fede personale, appartenenza religiosa e possib<strong>il</strong>ità che vi siano<br />
gruppi privi di appartenenza religiosa. Per l’Islam anche un ateo è musulmano,<br />
in quanto facente parte di una determinata civ<strong>il</strong>tà».<br />
Eppure, nonostante questi pesantissimi condizionamenti, dal Sinodo<br />
non è salita alcuna voce che negasse l’urgenza a che le Chiese cattoliche del<br />
Medioriente siano più che mai impegnate nella dimensione ecumenica, nel<br />
dialogo interreligioso e nella missione e siano, insieme, un ponte gettato tra<br />
due sponde: perché l’Occidente conosca meglio <strong>il</strong> mondo arabo e l’Islam e<br />
questi, a loro volta, conoscano meglio l’Occidente, che non è solo un mondo<br />
consumista ed edonista, ma è anche lo spazio dove si sono affermati i di-<br />
dialoghi n. 4 dicembre 2010<br />
3<br />
PIERGIORGIO GRASSI
EDITORIALE<br />
4<br />
ritti dell’uomo, dove non mancano esempi di spiritualità; inoltre la laicità<br />
praticata è spesso un dato non omologab<strong>il</strong>e all’ateismo: è stata pensata, dopo<br />
aspri conflitti, per creare ambiti di libertà per ogni religione o visione<br />
del mondo. Infine c’è anche un dovere ecumenico: far conoscere la tradizione<br />
del cristianesimo occidentale a quello orientale e ortodosso, spingendoli<br />
ad essere più attenti a questi mondi, alle loro ricchezze di riflessione<br />
teologica, di vita liturgica, di esperienza contemplativa.<br />
Nel conflitto israelo-palestinese c’è <strong>il</strong> compito per i cristiani di aiutare a<br />
non islamizzare <strong>il</strong> problema e a non ebraicizzarlo, cercando di disinnescare<br />
soprattutto la questione di Gerusalemme che, a parere degli osservatori, è<br />
per ora l’ostacolo su cui si va ad infrangere ogni trattativa di pace: «le distanze<br />
fra le parti sono cresciute su tutto, meno che sulla città santa. Non<br />
perché si siano accorciate – è l’opinione molto pessimista di Lucio Caracciolo,<br />
direttore della rivista Limes – ma perché erano e restano incommensurab<strong>il</strong>i,<br />
come quelle che dividono una verità assoluta da una verità assoluta:<br />
perché lì, nel bacino sacro, si confrontano le incomponib<strong>il</strong>i verità delle<br />
grandi religioni monoteistiche. Ogni terra è negoziab<strong>il</strong>e, meno quella santa.<br />
Gerusalemme simboleggia la dimensione profonda del conflitto religioso.<br />
Sempre meno nazionale e sempre più religiosa. La partita vera è fra islamismo<br />
ed ebraismo e fra i vari islamismi ed ebraismi spesso in contrasto tra<br />
loro». Lo stesso conflitto, con gli stessi protagonisti, in altra parte del pianeta,<br />
sarebbe già stato probab<strong>il</strong>mente risolto. «Ma dove ogni sasso racconta<br />
la mia verità e nega quella degli altri, la pace resta un miraggio».<br />
Per i dirigenti israeliani è ind<strong>il</strong>azionab<strong>il</strong>e rendere impraticab<strong>il</strong>e la divisione<br />
della città, così com’era stata prefigurata dalla formula del presidente<br />
degli Stati Uniti B<strong>il</strong>l Clinton: «Ciò che è arabo ai palestinesi, ciò che è<br />
ebraico agli israeliani». Diventa così decisivo togliere spazi ai quartieri arabi,<br />
insediandovi comunità ebraiche, da connettere fra loro e, nello stesso<br />
tempo, confermare e rafforzare <strong>il</strong> peso dei coloni nella società e nel ceto politico<br />
d’Israele. L’attuale dirigenza ha più volte ripetuto l’indisponib<strong>il</strong>ità a<br />
porre limiti all’espandersi degli insediamenti israeliani nell’area di Gerusalemme,<br />
«capitale unica, eterna e indivisib<strong>il</strong>e dello Stato ebraico». È questa<br />
la ragione che rende parziale e insufficiente l’appello lanciato da intellettuali<br />
e scrittori (e tra questi David Grossmann) perché sia abbandonata l’ideologia<br />
degli insediamenti in Cisgiordania, «che non fa progredire Israele<br />
verso <strong>il</strong> futuro che merita».<br />
Se la vera questione è Gerusalemme, la cui soluzione da un lato non è<br />
più soltanto in mano a palestinesi, ma è stata assunta dall’insieme della comunità<br />
islamica, dagli esponenti politici e religiosi più dinamici e interventisti<br />
– cui si è aggiunto ultimamente Erdogan, presidente di una «Turchia<br />
neo-ottomana» –, una politica bloccata sullo status di Gerusalemme,<br />
all’insegna di una radicale intransigenza, può essere motivo di nuove guer-<br />
dialoghi n. 4 dicembre 2010
e e di nuove tragedie, con ripercussioni incalcolab<strong>il</strong>i su tutto lo scacchiere<br />
internazionale. Per questo una definizione della sovranità di Gerusalemme<br />
che tenga conto del significato ad esso attribuito dalle tre religioni monoteistiche,<br />
deve essere condivisa da arabi palestinesi, ebrei d’Israele e cristiani.<br />
Il dialogo ecumenico sul tema della pace dovrebbe sv<strong>il</strong>upparsi pubblicamente<br />
e sistematicamente entro le mura di Gerusalemme, testimoniando<br />
in maniera inequivocab<strong>il</strong>e, davanti a tutti gli uomini, «compresi gli uomini<br />
dell’odio, della repressione violenta e delle guerre», che non si può uccidere<br />
in nome di Dio e che la convivenza da auspicab<strong>il</strong>e può diventare reale. Le<br />
tre religioni abramitiche hanno una comune responsab<strong>il</strong>ità, che esige <strong>il</strong> loro<br />
incontrarsi pacificamente a Gerusalemme, <strong>il</strong> cui nome richiama <strong>il</strong> fondamento<br />
della loro speranza; fondamento che è schiettamente teologale.<br />
Sta scritto infatti nella Bibbia: «in Gerusalemme sarà <strong>il</strong> mio Nome per sempre»<br />
(2 Cr 33,4.7).<br />
dialoghi n. 4 dicembre 2010<br />
5<br />
PIERGIORGIO GRASSI