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Leda e il cigno - Fondazione Gerardino Romano

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C’erano canne e di giunchi e di tife alti steli<br />

dipinti sull’acqua confusi a nuvole bianche<br />

come se cielo e terra sorridessero in veli<br />

nuziali, al vento ondulanti. Sostarono, stanche.<br />

Madida, la regina più all’ondeggiare lento SENSAZIONI AMBIGUE<br />

del seno aprì lo scollo del peplo. Una zelante<br />

ancella lesta agitò una frasca a farle vento,<br />

altre un telo le stesero all’ombra delle piante.<br />

Giacendo, attraverso un raggio la spalla discinta<br />

cantò come perla… Le lunghe ciglia socchiuse<br />

in un languore amab<strong>il</strong>e… Sognò che sospinta<br />

da non so che era nel fiume, le chiome profuse<br />

sim<strong>il</strong>i si spandevano a una cròcea corolla…<br />

Ma un piccolo str<strong>il</strong>lo la punse, irritata: a riva<br />

tra lor si schizzavano, fradice ogni midolla,<br />

due ancor fanciulle e con voce ridevano viva.<br />

Mal desta dal sogno sdrucito, <strong>Leda</strong> rivolse<br />

a tutte la sua stizza: “serve insolenti e stolte!<br />

Créusa, punisci la cagna che <strong>il</strong> sonno mi tolse!”<br />

Le due si sogguardarono, le membra disciolte.<br />

L’anziana un ramo sciancò lì dal salice e prese<br />

su un dorso e sull’altro a vibrarlo; zitta <strong>il</strong> tormento<br />

subiva ognuna: a Sparta chiunque geme alle offese<br />

corporee, da sé <strong>il</strong> castigo più rende violento.<br />

<strong>Leda</strong>, a nob<strong>il</strong>i nozze sempre <strong>il</strong>lesa la pelle,<br />

fu allora turbata da Pan, che domina <strong>il</strong> giorno,<br />

e come un oscuro miele assaggiò a veder quelle,<br />

un’invidia sì dolce che da cieco frastorno<br />

presa, indulse nella pena. La decana intanto<br />

colpiva più rada, in attesa; finché, striate<br />

di rosso le vergini, a cui tremolava <strong>il</strong> pianto,<br />

la regina da quelle sensazioni maculate<br />

si riscosse, stranita, “basta così” dicendo,<br />

e a scacciare ogni estro voglia di un bagno ebbe,<br />

così assecondando <strong>il</strong> suo sogno: <strong>il</strong> peplo stupendo<br />

scivolò al suolo e fu nuda. Di lei non sarebbe<br />

stata più bella una ninfa che corre sui monti,<br />

né la stessa Afrodite se fosse ancor dall’onda<br />

di Cipro fulgida sorta, allorché gli orizzonti<br />

tacquero e l’ampia <strong>il</strong> vento chioma le sciolse bionda.

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