Leda e il cigno - Fondazione Gerardino Romano
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da dietro, le altre tendevano <strong>il</strong> lobo inadorno<br />
a lambir qualche sprazzo di riso, o scuotimento<br />
di ali in fuga, o str<strong>il</strong>lar bocca di carne o di corno,<br />
e che godio tornasse la padrona in lamento!<br />
Intanto ella in s<strong>il</strong>enzio nuotando sinuosa a<br />
l’angelica bestia, <strong>il</strong> cui innaturale candore<br />
i suoi occhi succhiavano, tal che luminosa<br />
più si fa una candela più la strugge l’ardore, e<br />
come all’amato atteso di desio donna langue,<br />
con densi di dolcezza occhi lo cerca, lei <strong>il</strong> <strong>cigno</strong><br />
rimirava, sì che un’oscura febbre nel sangue<br />
le infuse, un caldo mosto nel suo purpureo scrigno.<br />
Ampie in candida gloria spalancò a lei che emerse<br />
lattea le ali; ma a farle crollare ogni difesa<br />
fu <strong>il</strong> flessuoso collo che rigido si aderse:<br />
si slanciò, gocciolante oro la chioma, a far presa<br />
con le unghie sul suo petto d<strong>il</strong>atato e piumoso,<br />
raggrinziti i capezzoli dal selvaggio cuore,<br />
le ginocchia snervate da quel voluttuoso<br />
abbraccio, rovesciò inerme <strong>il</strong> capo al molle afrore.<br />
E l’uccello maestoso, cui si aggrappava, a riva<br />
la sospinse, e sull’erba si prostrò resupina<br />
all’orrore gioioso che gli occhi le imbruniva<br />
semichiusi, e dov’era la carne vellutina,<br />
sforzate le sue cosce con le zampe palmate<br />
che di sei lividure sig<strong>il</strong>larono a enigma,<br />
<strong>il</strong> dio fin nelle sue la penetrò abbacinate<br />
avide viscere col folgorante suo stigma.<br />
Tutto femmina <strong>il</strong> corpo, da agonia e godimento<br />
fu avvinta, una vertigine <strong>il</strong> cui apice attinse<br />
come nel suo sacello sgorgò <strong>il</strong> seme violento:<br />
del futuro i suoi occhi sbarrati <strong>il</strong> fato incinse.<br />
Quei globi, nerolustri come infere perle, IL MUTO VATICINIO<br />
fissi lì a dominarla, le apparvero miniati<br />
di disastri che agli anni s’incrunavano per le<br />
sue réni regali… Mortali ancora non nati<br />
vide e una donna bellissima, sposa e regina,<br />
e un principe straniero, con lui a notte fuggire<br />
su una nave, ed accolti da una città in collina,<br />
e uno sciame di occhiute prore là convenire,