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Lo scandalo della contenzione - Per gli altri

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) L’<strong>altri</strong>menti evitabilità del pericolo e l’equivalenza(o prevalenza) del bene salvato rispetto<br />

a quello sacrificato.<br />

La soluzione che viene posta in essere (e che così sacrifica il bene protetto dalla norma) deve<br />

essere l’unica e proprio quella in grado di fronteggiare il pericolo.<br />

Con questa regola si vuole restringere ulteriormente il campo di operatività <strong>della</strong> norma che non<br />

dimentichiamolo può sacrificare beni di pari o inferiore valore rispetto a quelli salvati.<br />

A ben vedere lo stato di necessità tende ad escludere pericolosi spazi di libertà in capo all’agente<br />

contro le condizioni di inferiorità da parte di chi subisce il sacrificio.<br />

Come per altre scriminanti, anche per quella sullo stato di necessità occorre fare un bilanciamento<br />

de<strong>gli</strong> interessi in gioco. L’interesse sacrificato deve essere pari o inferiore a quello salvato.<br />

Nei trattamenti sanitari sembra essere in gioco il bene vita rispetto al bene libertà che sarebbe<br />

sacrificato nel caso di intervento senza il consenso dell’avente diritto. E’ necessario che non vi sia<br />

sproporzione di mezzi impiegati rispetto al pericolo attuale da scongiurare; si risponde <strong>altri</strong>menti<br />

(art.55 c.p.) dell’eccesso colposo nella commissione del fatto scriminante. Sembra quasi una<br />

questione più etica che giuridica stabilire se è prevalente il bene salute (o vita) rispetto al bene<br />

libertà; tuttavia la giurisprudenza più recente sembra timidamente orientarsi per la prevalenza del<br />

bene libertà.<br />

Il problema sembra allora essere quello di capire fin dove può estendersi il diritto di rifiutare le cure e<br />

di vedere fin dove si può estendere il diritto-dovere di intervento del medico.<br />

<strong>Per</strong> il dovere d’intervento generalmente si ritiene valida l’operatività dell’articolo 593 o 328 del c.p.<br />

(ove v’è un dovere d’ufficio). <strong>Per</strong> ciò che riguarda l’art. 593 c.p., chiunque “trovi” una persona ferita o<br />

in pericolo ha l’obbligo di prestare l’assistenza necessaria ( consideriamo che si tratti di un operatore<br />

sanitario) e per l’art. 328 c.p. l’obbligo di mettere in atto il proprio dovere d’ufficio di prestare le cure<br />

a<strong>gli</strong> ammalati scatta in presenza di un rapporto, di lavoro o di altro genere, con la P.A.<br />

In situazioni del genere, essendo il medico tenuto ad intervenire per dovere, d’ufficio o generico, ben<br />

potrebbe, si ritiene, e<strong>gli</strong> vincere la resistenza del paziente dissenziente almeno fintantoché non ha<br />

smesso di prestare le prime necessarie cure. Unico limite all’operatività ditale combinazione di norme<br />

è il fatto che il paziente deve trovarsi in vero pericolo di vita.<br />

Riguardo allo stato di necessità, si può dire che esso risulta in ambito psichiatrico (almeno per ciò<br />

che attiene alle forme terapeutiche coercitive) di ancor più difficile applicazione. Teniamo conto che<br />

qui il fatto da scriminare è solitamente quello relativo alla privazione <strong>della</strong> libertà nelle forme <strong>della</strong><br />

violenza privata (art. 610 c.p.), del sequestro di persona (art. 605 c.p.) del reato di maltrattamenti (di<br />

più rara applicazione) nonché del reato di cui all’art. 613 del c.p.<br />

Tornando allo stato di necessità se guardiamo al requisito dell’attualità del pericolo vediamo che<br />

esso non ricorre quasi mai e ciò perché raramente esistono pericoli per la vita rispetto ad una<br />

malattia mentale che evolve negativamente, tale che senza un tempestivo intervento si pregiudica<br />

negativamente la salute.<br />

Gli episodi più facilmente verificabili, e che sono a monte di decisioni di tipo coercitivo (<strong>contenzione</strong> a<br />

letto) possono riguardare pazienti confusi con gravi disturbi del comportamento o pazienti in preda a<br />

crisi allucinatorie che rifiutano ogni contatto con <strong>gli</strong> operatori o solo deliranti che lucidamente si<br />

oppongono ad ogni relazione terapeutica ( perché ritengono, per esempio, <strong>gli</strong> operatori sanitari siano<br />

loro persecutori).<br />

In casi del genere non può dirsi che esista un pericolo attuale per la persona del paziente; perché al<br />

più capiterà di delirare con maggiore intensità o di arricchire il quadro allucinatorio. E non risulta che<br />

mai nessuno sia morto di allucinazioni o di delirio. Se poi un fenomeno allucinatorio possa essere<br />

messo in relazione causale con episodi autolesionistici o suicidari è cosa oltre che difficile da<br />

dimostrarsi (ex ante) soprattutto futura. E ciò anche se <strong>gli</strong> elementi valutativi esistono già al momento<br />

<strong>della</strong> decisione coercitiva; perché non è facile prevedere eventi futuri che debbono tener conto di<br />

comportamenti umani futuri per il verificarsi dell’evento medesimo. Insomma, fra la previsione

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