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Il commento di S. Agostino al Padre Nostro - Giornale di filosofia ...

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DOCUMENTI DEL SEMINARIO SU<br />

LEGGE DEL PENSARE E LEGGE DEL PREGARE.<br />

LA STRUTTURA ETICA DELLA PREGHIERA NELLA TRADIZIONE EBRAICA E CRISTIANA<br />

<strong>Il</strong> <strong>commento</strong> <strong>di</strong> S. <strong>Agostino</strong> <strong>al</strong> <strong>Padre</strong> <strong>Nostro</strong><br />

<strong>Il</strong> mondo della creatura <strong>al</strong> cospetto dell’Eterno<br />

1. <strong>Agostino</strong> e la dottrina cristiana<br />

<strong>di</strong> ELENA GRASSO<br />

Per la prima volta, nella person<strong>al</strong>ità <strong>di</strong> <strong>Agostino</strong>, la speculazione teologica cessa <strong>di</strong> essere puramente<br />

oggettiva come lo era stata per tutto il periodo della speculazione patristica greca, per s<strong>al</strong>darsi <strong>al</strong>l’uomo<br />

stesso che la costituisce. Con lui, infatti, il pensiero tra<strong>di</strong>zion<strong>al</strong>e neoplatonico conosce un nuovo e più<br />

profondo sviluppo, declinandosi in senso cristiano; i temi che <strong>Agostino</strong> tratta si inseriscono ancora<br />

<strong>al</strong>l’interno <strong>di</strong> una ment<strong>al</strong>ità platonica, ma acquistano anche un nuovo centro fondativo <strong>al</strong>la luce <strong>di</strong> una<br />

ricerca razion<strong>al</strong>e che parla il linguaggio cristiano. Aurelio <strong>Agostino</strong> nasce nel 354 a Tagaste nell’Africa<br />

romana; <strong>di</strong> temperamento ardente, insofferente ai freni, conduce una vita <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nata e <strong>di</strong>spersa, <strong>di</strong> cui si<br />

accusa aspramente nelle Confessioni: in queste <strong>Agostino</strong> presenta le conversione come esperienza fondament<strong>al</strong>e<br />

che toccò la sua vita, soprattutto interiore. Egli volge così le sp<strong>al</strong>le ad una vita fatta <strong>di</strong> nefandezze<br />

e votata <strong>al</strong> peccato, e intraprende una vita <strong>di</strong> grazia, <strong>di</strong>retta <strong>al</strong> servizio <strong>di</strong> Dio nel senso più proprio<br />

e più pieno della parola.<br />

D<strong>al</strong> momento della conversione, <strong>Agostino</strong> de<strong>di</strong>ca la sua vita <strong>al</strong>la ricerca della verità e <strong>al</strong>la lotta contro<br />

l’errore. <strong>Il</strong> problema teologico <strong>di</strong> <strong>Agostino</strong> è il problema dell’uomo <strong>Agostino</strong>; tutto il suo percorso<br />

speculativo coincide infatti con la formazione della sua person<strong>al</strong>ità: il problema della <strong>di</strong>sperazione e<br />

della sua inquietu<strong>di</strong>ne, il problema della sua crisi spiritu<strong>al</strong>e, della conversione.<br />

L’anima e Dio sono i due punti car<strong>di</strong>ne della sua riflessione: l’anima, vista come interiorità, l’io<br />

nella sua semplicità e nu<strong>di</strong>tà, spogliato da ogni accessorio materi<strong>al</strong>e, e Dio, cioè l’essere nella sua ineffabile<br />

trascendenza ed <strong>al</strong>terità rispetto <strong>al</strong> creato. La fede per <strong>Agostino</strong> è <strong>al</strong> termine della ricerca non <strong>al</strong><br />

suo inizio: certamente essa è con<strong>di</strong>zione della ricerca, la qu<strong>al</strong>e non avrebbe senso e guida senza la fede,<br />

ma la ricerca apporta importanti chiarificazioni <strong>al</strong>la fede affrontando i problemi ed i dubbi che essa suscita.<br />

Tuttavia, non trovia mo in <strong>Agostino</strong> una fede portata <strong>al</strong>la massima razion<strong>al</strong>ità, non vi è una conoscenza<br />

puramente razion<strong>al</strong>e del <strong>di</strong>vino, perché <strong>al</strong>la ricerca si accosta l’amore verso Dio; la fede impegna<br />

tutto l’uomo, non solo l’intelletto. La verità a cui egli tende è anche, secondo la Parola del Vangelo, la<br />

via e la vita: cercarla significa cercare la vera via e la vera vita.<br />

Lo slancio mistico e l’entusiasmo per la fede trovano il loro rigore <strong>al</strong>l’interno <strong>di</strong> un programma ascetico<br />

– mistico che prevede l’elevazione del cuore, l’attesa della vita futura, l’impegno in opere buone,<br />

la lettura, l’orazione. Da qui, nasce l’esigenza del silenzio, quel prezioso silenzio interiore, che è per<br />

<strong>Agostino</strong> la con<strong>di</strong>zione in<strong>di</strong>spensabile per il colloquio con Dio e per la contemplazione innamorata della<br />

bellezza <strong>di</strong>vina; è per questo che si chiede a Dio la liberazione da ogni cosa che possa <strong>di</strong>sturbare il<br />

silenzio: “Liberami, o mio Dio, liberami d<strong>al</strong>la moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> parole <strong>di</strong> cui soffro nell’interno della mia<br />

1


anima […] infatti non tace il pensiero anche quando tace la lingua. Frutto <strong>di</strong> questo silenzio, non vuoto<br />

ma pieno, è quello <strong>di</strong> raccogliere tutte le potenze del nostro Spirito in Dio” 1 .<br />

I problemi che assillano il suo pensiero (l’idea <strong>di</strong> un or<strong>di</strong>ne e <strong>di</strong> un equilibrio, l’appello <strong>al</strong>la gratuita<br />

iniziativa <strong>di</strong>vina, l’assillo del m<strong>al</strong>e, il rapporto tra l’anima e Dio e tra spirito e corpo), oltre a procedere<br />

in continuità con il suo colloquio con se stesso e con Dio, hanno come scopo la chiarificazione e la penetrazione<br />

dei dati <strong>di</strong> una rivelazione e <strong>di</strong> una fede <strong>al</strong>l’interno del contesto cristiano. Da una parte, quin<strong>di</strong>,<br />

la centr<strong>al</strong>ità assunta d<strong>al</strong>l’interiorità, attraverso la ricerca filosofica, d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tra il raggiungimento ide<strong>al</strong>e<br />

unitario della Chiesa.<br />

Dopo essere stato nominato prete e vescovo, nel 391, <strong>Agostino</strong> de<strong>di</strong>ca se stesso <strong>al</strong>l’impegno pastor<strong>al</strong>e<br />

nell’ambito della comunità cristiana africana, la qu<strong>al</strong>e racchiudeva in sé sia intenti evangelizzatrici<br />

<strong>di</strong> provenienza romana, sia elementi che aveva ricevuto d<strong>al</strong>l’oriente. Le sue opere, <strong>di</strong> carattere esegetico,<br />

catechetico e soprattutto, gli scritti polemici contro il pelagianesimo ed <strong>al</strong>tre eresie, contribuiscono<br />

ad elevare la coscienza del cristianesimo <strong>al</strong>la luce <strong>di</strong> un nuovo modello cultur<strong>al</strong>e centrato attorno <strong>al</strong>la<br />

figura me<strong>di</strong>atrice <strong>di</strong> Gesù Cristo.<br />

Nell’ambito <strong>di</strong> t<strong>al</strong>e catechesi si collocano le figure <strong>di</strong> Tertulliano, Cipriano e dello stesso <strong>Agostino</strong>,<br />

testimone, quest’ultimo, <strong>di</strong> una più s<strong>al</strong>da identità cristiana. Oltre a <strong>di</strong>versi scritti, essi ci hanno lasciato<br />

dei commenti <strong>al</strong> Pater, ovvero, rispettivamente, il De Oratione <strong>di</strong> Tertulliano, il De Oratione dominica<br />

<strong>di</strong> Cipriano ed i Sermones <strong>di</strong> <strong>Agostino</strong>. Qui si intende porre in rilievo come, attraverso il <strong>commento</strong> a<br />

t<strong>al</strong>e preghiera, si contribuisca a delineare l’ambito dell’esegesi cristiana nell’antichità, ed il motivo per<br />

cui il <strong>Padre</strong> <strong>Nostro</strong> assuma un ruolo decisivo e fondante in tutto questo; prenderò in esame solo il <strong>commento</strong><br />

<strong>di</strong> <strong>Agostino</strong> per la sua maggiore rilevanza teorica, e per l’ere<strong>di</strong>tà cultur<strong>al</strong>e che <strong>Agostino</strong> ha affidato<br />

agli stu<strong>di</strong>osi del cristianesimo, d<strong>al</strong> me<strong>di</strong>oevo fino ad oggi. <strong>Il</strong> suo <strong>commento</strong> non si colloca sulla linea<br />

<strong>di</strong> un trattato <strong>al</strong>la maniera <strong>di</strong> Tertulliano, in or<strong>di</strong>ne ad una conoscenza adeguata <strong>di</strong> tutto il Vangelo,<br />

potremmo definirlo un breviario, o un modello da imitare, ma si tratta più specificamente <strong>di</strong> un sermone<br />

nell’ambito del rito battesim<strong>al</strong>e.<br />

Per <strong>Agostino</strong>, la preghiera non è solo la possibilità per il credente <strong>di</strong> inserirsi nell’ambito <strong>di</strong> una<br />

comunità in nome dell’unità della Chiesa, ma è anche espressione viva della vita del credente,<br />

nell’or<strong>di</strong>ne della sapienza, ma anche della sua attuazione. <strong>Il</strong> <strong>commento</strong> <strong>al</strong> Pater esprime un’idea nuova<br />

<strong>di</strong> religione, un rapporto con Dio non più e non solo basato esclusivamente sulla prescrizione e<br />

sull’offerta <strong>di</strong> sacrifici, in quanto è un rivolgersi a Dio me<strong>di</strong>ante l’interiorità, e intercettando la sua volontà<br />

attraverso il riconoscimento della sua infinita trascendenza, sulla base <strong>di</strong> una nuova rivelazione<br />

che non comporti più l’esclusività <strong>di</strong> un popolo scelto, ma la partecipazione <strong>di</strong> chiunque voglia avvic inarsi<br />

a Dio. La preghiera del Signore viene considerata d<strong>al</strong>la tra<strong>di</strong>zione cristiana, insieme <strong>al</strong> battesimo,<br />

ai sacramenti e <strong>al</strong>la vita <strong>di</strong> fede, il fondamento della vita del credente: tra<strong>di</strong>zion<strong>al</strong>mente essa viene definita<br />

oratio domenic<strong>al</strong>is, in quanto essa ci è stata insegnata e donata d<strong>al</strong> Signore Gesù. Questa preghiera<br />

è unica ed è del Signore: da una parte, infatti, con le parole <strong>di</strong> questa preghiera, Gesù Cristo ci affida il<br />

messaggio <strong>di</strong> vita che Dio ha dato a lui: è il Maestro della nostra preghiera. D<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tro, Verbo incarnato,<br />

egli conosce nel profondo i bisogni dei suoi fratelli e delle sue sorelle nell’umanità, e ce li manifesta: è<br />

il Modello della nostra preghiera.<br />

Per <strong>Agostino</strong> i s<strong>al</strong>mi rappresentano il princip<strong>al</strong>e <strong>al</strong>imento della preghiera cristiana, ma essi confluiscono<br />

nelle richieste del <strong>Padre</strong> <strong>Nostro</strong>: “Se passi in rassegna”, afferma <strong>Agostino</strong> nelle Epistulae , “tutte<br />

le parole contenute nella Sacra Scrittura, per quanto io penso, non ne troverai una che non sia contenuta<br />

e compen<strong>di</strong>ata in questa preghiera insegnataci d<strong>al</strong> Signore” 2.<br />

Sul rito del Pater per i battezzan<strong>di</strong> posse<strong>di</strong>amo quattro sermoni, rispettivamente il sermone 56 ris<strong>al</strong>ente<br />

agli anni 410-412, i sermoni 57 e 59 del 410 circa e il sermone 58 degli anni 412-416.<br />

1 AURELII AUGUSTINI, De trinitate., X, 18.<br />

2 ID., Epistolae ad Romanos inchoata expositio.<br />

2


2. Una preghiera per l’eternità e per la vita presente<br />

Lo schema delle petizioni è gener<strong>al</strong>mente <strong>di</strong>viso in due gruppi: le prime tre riguardano l’eternità, le<br />

<strong>al</strong>tre quattro la vita presente. Nelle prime tre si evince la possibilità <strong>di</strong> una conoscenza <strong>di</strong> Dio legata <strong>al</strong><br />

simbolo: Dio come padre, la sua volontà, il suo regno. Nell’antichità, l’assunzione <strong>di</strong> Dio come padre<br />

era comune <strong>al</strong>la pratica <strong>di</strong> iniziazione cristiana, ma con Tertulliano ad essa venne associata l’idea <strong>di</strong><br />

Chiesa-madre e <strong>di</strong> Figlio.<br />

La prima petizione è <strong>Padre</strong> <strong>Nostro</strong> che sei nei cieli, nella qu<strong>al</strong>e <strong>Agostino</strong> invoca la paternità <strong>di</strong> Dio,<br />

un Dio che non è completamente sconosciuto ed indefinibile, ma il padre nuovo che si incontra<br />

nell’esperienza battesim<strong>al</strong>e. <strong>Il</strong> grido dell’uomo <strong>al</strong> padre sgorga quin<strong>di</strong> da questo riconoscimento, ovvero<br />

d<strong>al</strong>la consapevolezza dell’uscita d<strong>al</strong> destino <strong>di</strong> morte a cui l’uomo era stato condannato dopo Adamo, e<br />

del dono della vita che invece ha ricevuto con la nuova nascita. E’ un grido <strong>di</strong> gioia che proviene d<strong>al</strong><br />

sentimento <strong>di</strong> appartenenza a Dio e <strong>al</strong>la Chiesa perché ric onoscersi figli <strong>di</strong> Dio è per <strong>Agostino</strong> segno<br />

anche della fratellanza degli uomini uniti nella Chiesa, la qu<strong>al</strong>e offre ai credenti un’etica che permette<br />

l’unità del sentire cristiano ed un comune atteggiamento <strong>di</strong> fede.<br />

“Quello che <strong>di</strong>te con la bocca abbiatelo nel cuore”: con t<strong>al</strong>e espressione <strong>Agostino</strong> esorta a capire<br />

Dio non spazi<strong>al</strong>mente ma spiritu<strong>al</strong>mente, nella <strong>di</strong>mensione del cuore, in modo che le parole proferite<br />

non siano semplicemente il segno esteriore della fede, ma l’invocazione profonda ad un Dio che non<br />

abita solo i cieli, ma anche i cuori.<br />

Sia santificato il tuo nome: perché si prega affinché il nome <strong>di</strong> Dio venga santificato se grande è la<br />

sua potenza ed infinita la sua gloria? L’esortazione affinché il nome <strong>di</strong> Dio venga santificato non pr oviene<br />

d<strong>al</strong> fatto che Dio ha bisogno <strong>di</strong> essere santificato, perché il suo nome è già santo, ma affinché esso<br />

sia santificato nell’uomo; infatti, nell’ambito del rito battesim<strong>al</strong>e, me<strong>di</strong>ante questa invocazione, viene<br />

vivificata la consapevolezza che, per la prima volta, Dio si avvicina <strong>al</strong>l’uomo e con questa, la necessità<br />

<strong>di</strong> far <strong>di</strong>morare il nome santo <strong>di</strong> Dio nello spirito dell’uomo, affinché questi viva la sua vita secondo t<strong>al</strong>e<br />

santità.<br />

Solo così il nome <strong>di</strong> Dio può essere santificato d<strong>al</strong>l’uomo, e solo così si può re<strong>al</strong>izzare nell’uomo<br />

quel regno <strong>di</strong> giustizia che appartiene a Dio e ai santi. Proprio per questo, rispettare Dio e bene<strong>di</strong>rlo in<br />

ogni luogo e sempre, renderlo santo, è un atto <strong>di</strong> bene che si compie per se stessi, non per Dio.<br />

L’invocazione affinché il santo nome <strong>di</strong> Dio venga santificato in tutti e non solo in se stessi, è il segno<br />

forte del fatto che si prega anche per i propri nemici e non solo per i giusti, in modo che la santità unif ichi<br />

e annulli ogni <strong>di</strong>visione e <strong>di</strong>stinzione tra i figli <strong>di</strong> Dio e della Chiesa. Pregare affinché venga il tuo<br />

regno poi, non vuol <strong>di</strong>re augurare a Dio un trono o un regno futuro, perché il suo regno è sempre stato e<br />

mai cesserà <strong>di</strong> essere segno della sua assoluta trascendenza ed infinitezza, ma pregare affinché il suo regno<br />

appartenga anche <strong>al</strong>l’uomo. Pregando così, l’uomo accoglie l’amore <strong>di</strong> Dio nella propria anima,<br />

nella prospettiva <strong>di</strong> quel regno che gli verrà dato <strong>al</strong>la fine dei tempi; è un modo <strong>di</strong> sentire la presenza <strong>di</strong><br />

Dio nello spirito prima ancora che nel mondo, la preparazione interiore ed il percorso retto, per poter<br />

fin<strong>al</strong>mente appartenere <strong>al</strong> suo regno <strong>di</strong> gloria perenne.<br />

<strong>Agostino</strong> presenta questo mondo come una fase <strong>di</strong> preparazione <strong>al</strong> regno successivo, a cui apparterranno<br />

tutti coloro hanno avuto fede; un regno in formazione quin<strong>di</strong> dato in affidamento <strong>al</strong>la libertà<br />

dell’uomo, il qu<strong>al</strong>e ha la responsabilità <strong>di</strong> re<strong>al</strong>izzare la volontà <strong>di</strong> Dio su questa terra. Solo coloro che<br />

adempiranno il suo volere e, cioè i giusti, potranno godere della sua gloria perenne. Ecco perché bisogna<br />

pregare: affinché anche coloro che hanno peccato possano appartenere <strong>al</strong> suo regno.<br />

Ma che cosa vuol <strong>di</strong>re fare la volontà <strong>di</strong> Dio se Egli è onnipotente e può compiere la sua volontà<br />

sempre e comunque, e in<strong>di</strong>pendentemente d<strong>al</strong>l’uomo che prega?<br />

“Si compia in me senza che io vi resista” afferma <strong>Agostino</strong>. Invero, essa si re<strong>al</strong>izzerà sia in coloro<br />

che bene<strong>di</strong>cono Dio e lo lodano, sia nei condannati, presso i nemici e gli ingiusti, ma si compia anche<br />

da me non solo in me, affinché Egli possa compiere il bene in me. Tutto ciò, però, <strong>di</strong>pende anche<br />

d<strong>al</strong>l’uomo; fare la volontà <strong>di</strong> Dio è infatti non solo invocare affinché ciò avvenga,ma agire secondo la<br />

3


sua buona volontà. Infatti, sia fatta la tua volontà in cielo e in terra esprime la con<strong>di</strong>zione propria<br />

dell’uomo, per la qu<strong>al</strong>e il cielo è lo spirito e la terra è il suo corpo: fare la volontà <strong>di</strong> Dio vuol <strong>di</strong>re elevarsi<br />

d<strong>al</strong>la terra, e quin<strong>di</strong> vincere le proprie passioni carn<strong>al</strong>i, così come non commettere i peccati, in<br />

modo che la carne non contrasti più lo spirito, e la volontà <strong>di</strong> Dio si compia non solo in cielo ma anche<br />

in terra: “Quando la carne non contrasterà più lo spirito e così la morte sarà stata vinta, sì che lo spirito<br />

non avrà più da combattere contro <strong>al</strong>cun desiderio carn<strong>al</strong>e; quando la carne non avrà più desideri contrari<br />

<strong>al</strong>lo spirito e lo spirito desideri contrari <strong>al</strong>la carne […], <strong>al</strong>lora la volontà <strong>di</strong> Dio si compirà in cielo e<br />

in terra” 3 .<br />

<strong>Agostino</strong> elabora una visione della re<strong>al</strong>tà mossa d<strong>al</strong>la libertà dell’uomo il qu<strong>al</strong>e, me<strong>di</strong>ante la grazia<br />

ricevuta da Dio, è capace <strong>di</strong> operare il bene: “Dio” ,<strong>di</strong>ce <strong>Agostino</strong>, “non opera in noi come in pietre<br />

senza vita, o come esseri nella cui natura non ha posto né intelligenza, né volo ntà”4 ; infatti, non basta<br />

che Dio infonda nell’uomo la fede, ma è necessario che pure l’uomo lo voglia, è importante chiedere<br />

per ottenere: solo me<strong>di</strong>ante la volontà dell’uomo, Dio può operare e lo spirito abitare anche la terra.<br />

L’espressione sia fatta la tua volontà come in cielo anche in terra possiede anche un portato univers<strong>al</strong>e:<br />

infatti, si chiede che non siano solo gli spiritu<strong>al</strong>i ad operare la volontà <strong>di</strong> Dio, ma anche i carn<strong>al</strong>i, si<br />

prega Dio affinché anche i nemici possano convertirsi, e da peccatori, amanti della carne, <strong>di</strong>vengano<br />

cielo, e <strong>di</strong>morino insieme <strong>al</strong>le anime sante nello spirito. Con l’espressione dacci oggi il nostro pane quoti<strong>di</strong>ano,<br />

cominciano le richieste che riguardano la vita terrena: la richieste del pane, la remissione dei<br />

peccati, anche se la <strong>di</strong>mensione trascendente è sempre nel Pater, sin d<strong>al</strong>l’inizio, mescolata <strong>al</strong>la prospettiva<br />

dell’uomo interiore, che vive secondo la volontà del cielo. Probabilmente, nella prima parte viene<br />

più accentuato il tono contemplativo della preghiera, rispetto <strong>al</strong>le <strong>al</strong>tre petizioni in cui viene es<strong>al</strong>tato più<br />

l’aspetto pratico della condotta dell’uomo, in relazione <strong>al</strong>la sua fede.<br />

La richiesta del pane quoti<strong>di</strong>ano esprime per <strong>Agostino</strong>, più <strong>di</strong> tutte le <strong>al</strong>tre richieste, la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />

“men<strong>di</strong>cante” dell’uomo <strong>di</strong> fronte a Dio; qui, infatti, appare più evidente quanto sia forte il bisogno che<br />

Dio abiti nell’uomo, e che gui<strong>di</strong> la sua vita anche <strong>al</strong> <strong>di</strong> fuori del momento <strong>di</strong> preghiera. <strong>Il</strong> pane che qui<br />

viene richiesto non è un pane solo materi<strong>al</strong>e ma, prima <strong>di</strong> tutto, spiritu<strong>al</strong>e: <strong>di</strong> fronte a questo, viene assunta<br />

la consapevolezza della povertà <strong>di</strong> ogni uomo, anche del più ricco e potente perché, senza il cibo<br />

spiritu<strong>al</strong>e, nemmeno i beni materi<strong>al</strong>i hanno v<strong>al</strong>ore.<br />

Ma qu<strong>al</strong> è il pane quoti<strong>di</strong>ano che, oltre a quello materi<strong>al</strong>e, viene elargito solo a coloro che cercano<br />

Dio, e proprio perché lo cercano sono considerati figli suoi e della Chiesa? <strong>Il</strong> pane quoti<strong>di</strong>ano è la Parola<br />

<strong>di</strong> Dio con cui viene nutrita la terra per poter dar vita ai suoi frutti: per poter lavorare l’uomo si serve<br />

della sua forza fisica che viene d<strong>al</strong> cibo materi<strong>al</strong>e, ma anche lo spirito ha bisogno <strong>di</strong> essere nutrito per<br />

poter dare i suoi frutti; l’operaio della vigna lavora per entrare in comunione con Cristo e con Dio nella<br />

vita eterna.<br />

Nel contesto del rito battesim<strong>al</strong>e, <strong>Agostino</strong> parla <strong>di</strong> un triplice pane necessario <strong>al</strong> sostentamento<br />

dell’uomo <strong>di</strong> fede che vuole avvicinarsi a Dio nel battesimo, ma pure a chi da credente vuole perpetuare,<br />

anche dopo il sacramento, l’evento della celebrazione eucaristica: il pane materi<strong>al</strong>e, ovvero tutto ciò<br />

che serve <strong>al</strong>l’uomo per vivere concretamente (cibo, vesti, case...), la parola <strong>di</strong> Dio che viene elargita<br />

nelle chiese, ed il pane dell’eucarestia ricevuto <strong>al</strong> momento del battesimo. L’uomo <strong>di</strong> fede, poi, prega<br />

affinché vengano rimessi i suoi debiti, riconoscendo <strong>di</strong> essere peccatore <strong>di</strong> fronte a Dio, in nome <strong>di</strong> una<br />

sua insufficienza e struttur<strong>al</strong>e manchevolezza, data d<strong>al</strong>l’essere immerso nella vita e nella continua tentazione:<br />

ogni giorno si è bisognosi del perdono <strong>di</strong> Dio perché ogni giorno, anche dopo il battesimo, si<br />

commettono i peccati. <strong>Il</strong> battesimo, ribatte <strong>Agostino</strong>, rappresenta il momento in cui ogni colpa viene<br />

annullata, ma questo non è il punto conclusivo della concupiscenza umana, cioè della con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> debolezza<br />

a cui l’uomo è destinato in questa vita, e che lo porta, se non sorretto d<strong>al</strong>la fede e d<strong>al</strong>la buona<br />

volontà, <strong>al</strong> peccato. La peccabilità rimane per <strong>Agostino</strong> un elemento inevitabile a cui l’uomo non può<br />

3 ID., Sermone 56 ai competenti, in <strong>Il</strong> <strong>Padre</strong> <strong>Nostro</strong>, a cura <strong>di</strong> Vittorino Grossi, Roma 1979, p.137.<br />

4 ID.,, De peccatorum meritis et remissione et de baptismo parvulorum II5, 5.<br />

4


sottrarsi, e l’unico modo per affrancarsi da questa inferiorità è tuttavia chiedere, attraverso la preghiera<br />

del Signore, la remissione dei peccati. E’ in forza <strong>di</strong> t<strong>al</strong>e remissione che si <strong>di</strong>venta citta<strong>di</strong>ni del regno <strong>di</strong><br />

Dio a tutti gli effetti; è necessario, quin<strong>di</strong>, avere consapevolezza delle proprie macchie e delle proprie<br />

colpe, nel riconoscimento <strong>di</strong> un’onnipotenza <strong>di</strong>vina che sorregge e fortifica l’anima del peccatore. Affinché,<br />

poi, vengano rimessi tutti i peccati, non basta semplicemente pregare, ma occorre che anche con<br />

i gesti, e non solo con la parole, chie<strong>di</strong>amo perdono a Dio, quasi che la richiesta del perdono fosse rafforzata<br />

e suonasse come una eco <strong>al</strong>l’orecchio del Signore, in virtù dell’azione corretta. Dice <strong>Agostino</strong>:<br />

“Non dobbiamo, poi, pregare soltanto, ma dobbiamo fare anche l’elemosina, perché quando si vuota la<br />

sentina, affinché la nave non affon<strong>di</strong>, si agisce con mani e parole” 5 , quasi come se l’azione accorresse in<br />

aiuto <strong>di</strong> una parola, che da sola è troppo debole per colmare l’abisso <strong>di</strong> vuoto che il peccato crea tra<br />

l’uomo e Dio.<br />

<strong>Agostino</strong> espone <strong>al</strong>cune tentazioni in cui l’uomo può cadere, e la necessità <strong>di</strong> non accoglierle né con<br />

l’u<strong>di</strong>to, né con il pensiero, e paragona i peccati a piccoli grani <strong>di</strong> sabbia che, solo per il fatto <strong>di</strong> essere<br />

minuscoli, messi tutti insieme sino a formare le montagne <strong>di</strong> sabbia, pesano come un macigno nel cuore<br />

dell’uomo, a t<strong>al</strong> punto che questi ha da chiedere perdono sia a Dio che <strong>al</strong>la chiesa. La richiesta del perdono<br />

dei peccati però non si nutre semplicemente <strong>di</strong> un rivolgersi a Dio nell’esclusività <strong>di</strong> una petizione<br />

che vede protagonista solo il singolo, ma converge anche nell’acquisizione <strong>di</strong> un modello umano da assumere<br />

nei confronti degli <strong>al</strong>tri uomini, in nome <strong>di</strong> quella bontà <strong>di</strong>vina che viene elargita nel perdono.<br />

Si può ottenere il perdono, infatti, non solo chiedendolo, ma donandolo a chi lo richiede e a chi ne ha<br />

bisogno; i nemici sono t<strong>al</strong>i per la loro colpa e non per la loro natura: perdonare le loro colpe, vuol <strong>di</strong>re<br />

compiere un atto <strong>di</strong> carità e <strong>di</strong> bene per se stessi, poiché a sua volta si ottiene il perdono dei peccati.<br />

<strong>Agostino</strong> riconosce la piccolezza umana e le <strong>di</strong>fficoltà insite nel perdonare, ma vede il superamento<br />

<strong>di</strong> t<strong>al</strong>e <strong>di</strong>fficoltà nella possibilità <strong>di</strong> rivolgersi <strong>al</strong> più perfetto dei modelli: Gesù Cristo, il qu<strong>al</strong>e ha perdonato<br />

i suoi nemici <strong>al</strong> momento della morte: “<strong>Padre</strong> perdona loro perché non sanno quello che fanno”.<br />

Solo così l’uomo può provocare l’avvicinamento a Dio del suo cuore, <strong>al</strong>trimenti Egli non lo avrà perdonato,<br />

e darà la giusta punizione; <strong>Agostino</strong> vede la punizione <strong>di</strong> Dio qu<strong>al</strong>e necessità affinché il cuore<br />

dell’uomo venga purificato per ricevere la sua grazia, e lo paragona ad un <strong>Padre</strong> che ama il proprio figlio,<br />

ma che per il suo bene sente la necessità <strong>di</strong> percuoterlo.<br />

<strong>Agostino</strong> considera le ultime due petizioni, rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai<br />

nostri debitori e non ci indurre in tentazione ma liberaci da m<strong>al</strong>e, come se fossero un’unica richiesta.<br />

Infatti, una volta rimessi i peccati e condonate le colpe, non per questo l’uomo smette <strong>di</strong> peccare, a causa<br />

della sua costitutiva debolezza nel cedere <strong>al</strong>le tentazioni del m<strong>al</strong>e. L’ultima parte della preghiera<br />

quin<strong>di</strong> è l’invocazione a non cadere più nel peccato. Non si chiede più solamente il perdono dei peccati<br />

commessi, ma si prega affinché non se ne commettano <strong>al</strong>tri.<br />

<strong>Il</strong> non cadere in tentazione <strong>di</strong>pende d<strong>al</strong>la libera volontà dell’uomo, la qu<strong>al</strong>e deve resistere <strong>al</strong>le tentazioni<br />

cui egli può soggiacere poiché indotto d<strong>al</strong>la cupi<strong>di</strong>gia e d<strong>al</strong>la paura del dolore. La preghiera <strong>di</strong> richiesta<br />

da parte dell’uomo è in<strong>di</strong>ce della sua costitutiva debolezza e della sua esposizione <strong>al</strong> m<strong>al</strong>e; tuttavia,<br />

la tentazione, nella prospettiva biblica, viene vista come la prova necessaria a cui deve essere sottoposto<br />

l’uomo <strong>di</strong> fede nel suo cammino, l’ inveramento della sua fedeltà ai precetti evangelici e <strong>al</strong>la<br />

Chiesa, ma è anche, e soprattutto, con riguardo a se stesso, la conoscenza <strong>di</strong> ciò che egli è. La resistenza<br />

<strong>al</strong>la tentazione del M<strong>al</strong>igno <strong>di</strong>viene così garanzia per Dio della veri<strong>di</strong>cità della fede de ll’uomo, e possibilità<br />

per l’uomo stesso <strong>di</strong> una più profonda conoscenza <strong>di</strong> se stesso. Pertanto, <strong>Agostino</strong> declina la parola<br />

<strong>di</strong> Dio in un’accezione ancora una volta antropologica, <strong>di</strong>retta <strong>al</strong>la re<strong>al</strong>izzazione dell’uomo e <strong>al</strong><br />

raggiungimento della retta via, che è la strada che arriverà ad incrociare, nella sua meta ultima, quella<br />

del regno <strong>di</strong> Dio. La preparazione spiritu<strong>al</strong>e dell’uomo, nonostante sia compiuta nella sua vita, nel superamento<br />

degli ostacoli, è sempre rivolta escatologicamente <strong>al</strong> momento fin<strong>al</strong>e della creazione, <strong>al</strong>lorché<br />

tutte le anime buone apparterranno <strong>al</strong> regno <strong>di</strong> Dio e a quello dei santi. La tentazione viene però cons i-<br />

5 ID., Sermone 56 ai competenti, cit., p.142.<br />

5


derata necessaria e propedeutica <strong>al</strong>la ricerca <strong>di</strong> sé e della verità che si trova in se stessi: “se Dio cessasse<br />

<strong>di</strong> tentare, sarebbe come se un maestro cessasse <strong>di</strong> insegnare”6, come se la tentazione, e quin<strong>di</strong> la resistenza<br />

spiritu<strong>al</strong>e ad essa, rappresentasse il rafforzamento <strong>di</strong> una fede che si compie attraverso il m<strong>al</strong>e e<br />

gli ostacoli. La liberazione ultima d<strong>al</strong> m<strong>al</strong>e, che per <strong>Agostino</strong> è soprattutto il m<strong>al</strong>e mor<strong>al</strong>e e non<br />

semplicemente il M<strong>al</strong>igno, è la liberazione della fonte <strong>di</strong> ogni peccato e da ogni ce<strong>di</strong>mento: la<br />

concupiscenza: “Essa, entrata nell’uomo col peccato <strong>di</strong> Adamo, rimane in noi come una debolezza<br />

spiritu<strong>al</strong>e congenita, un morbo che sa <strong>di</strong> m<strong>al</strong>attia, anzi preghiamo per questo. Diventare liberi è<br />

<strong>di</strong>ventare figli”7.<br />

3. La preghiera nell’orizzonte ermeneutico<br />

La preghiera cristiana, nell’orizzonte <strong>di</strong> comprensione della dottrina teolog<strong>al</strong>e <strong>di</strong> <strong>Agostino</strong>, è elevazione<br />

dell’anima a Dio e richiesta a Dio <strong>di</strong> beni conformi <strong>al</strong>la sua volontà. Essa è un dono <strong>di</strong> Dio che<br />

viene ad incontrare l’uomo, ma questi deve prepararsi a ricevere la sua parola percorrendo un cammino<br />

<strong>di</strong> purificazione interiore ed ascetico. Tramite la preghiera, quin<strong>di</strong>, è possibile elevare lo spirito ed apr ire<br />

la propria interiorità a Dio, farlo entrare nella propria anima e fare <strong>di</strong> questa un autentico tempio. La<br />

preghiera è necessaria per ottenere la grazia <strong>di</strong> Dio e la conversione del cuore, che si nutre <strong>di</strong> un <strong>di</strong>namismo<br />

interiore proteso con insopprimibile anelito verso l’eterno.<br />

La consapevolezza della presenza <strong>di</strong> Dio nell’uomo e dell’uomo in Dio, dà impulso <strong>al</strong> <strong>di</strong>scorso interiore<br />

che si svolge nella coscienza, un incontro con il Tu trascendente del creatore che purifica l’anima<br />

e rende <strong>di</strong>sponibile il cuore.<br />

I nuclei della preghiera sono per <strong>Agostino</strong> l’interiorità e la soggettività, ma non solo da un punto <strong>di</strong><br />

vista conoscitivo e teoretico, secondo cui i concetti esprimono un <strong>di</strong>scorso su Dio, ma in quanto assumono<br />

v<strong>al</strong>ore antropologico e relazion<strong>al</strong>e nel momento in cui sono mossi d<strong>al</strong>l’imme<strong>di</strong>atezza del bisogno,<br />

e d<strong>al</strong>la necessità per l’uomo <strong>di</strong> vivere rettamente la propria vita nell’esperienza dell’incontro con Dio,<br />

nel cammino della fede.<br />

La preghiera non è solo l’accettazione obbligata del progetto <strong>di</strong> Dio che si presenta in essa, ma si<br />

muove insieme <strong>al</strong> desiderio interiore <strong>di</strong> rispondere e corrispondere <strong>al</strong>la chiamata <strong>di</strong> Dio. Desiderio e fede<br />

convivono nell’uomo; tuttavia, il desiderio <strong>di</strong> fede, anche se è mosso d<strong>al</strong> pathos dell’uomo che si rivolge<br />

a Dio, non è libertà assoluta, ma viene or<strong>di</strong>nato e <strong>di</strong>sciplinato d<strong>al</strong>l’intenzion<strong>al</strong>ità <strong>di</strong>vina presente<br />

nella preghiera. Certo, la relazione <strong>di</strong> riconoscimento tra uomo e Dio, nella <strong>di</strong>mensione del cristianesimo,<br />

è modulata più secondo il pathos che il logos: colui che ha più interesse ad instaurare la relazione è<br />

l’uomo e non Dio, in virtù <strong>di</strong> un’elevazione spiritu<strong>al</strong>e che lo possa condurre <strong>al</strong>la s<strong>al</strong>vezza nel regno dei<br />

cieli. La relazione viene mossa d<strong>al</strong>la libertà dell’uomo che, seppur spinto in <strong>di</strong>rezione della padronanza<br />

<strong>di</strong> sé e dell’autocontrollo, non sente su <strong>di</strong> sé il peso grave <strong>di</strong> una responsabilità richiesta da una parola<br />

esterna che si fa osservanza <strong>di</strong> un comando restrittivo; il bisogno <strong>di</strong> un legame con il Trascendente parte<br />

d<strong>al</strong> cuore dell’uomo, che si <strong>di</strong>spone a ricevere Dio in una con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> nu<strong>di</strong>tà, ottenuta grazie ad un<br />

percorso <strong>di</strong> purificazione, rivolto <strong>al</strong> cielo.<br />

Nell’incontro, non è solo Dio che scende d<strong>al</strong> suo Regno per coinvolgersi a pieno nella storia<br />

dell’uomo, ma è questi che, pur nella <strong>di</strong>mensione tempor<strong>al</strong>e, luogo <strong>di</strong> tentazione e <strong>di</strong> cupi<strong>di</strong>gia, deve<br />

spogliarsi <strong>di</strong> ogni elemento terreno, deve <strong>al</strong>lontanarsi d<strong>al</strong>la carne, per iniziare il cammino <strong>di</strong> ascesa verso<br />

il cielo, per poi tornare ad operare nella vita in conformità <strong>al</strong> percorso <strong>di</strong> fede che ha intrapreso. E’<br />

vero anche che Dio, nella relazione, è colui che si fa intercettare d<strong>al</strong>l’uomo e si rende <strong>di</strong>sponibile <strong>al</strong><br />

perdono, ma pur sempre in nome <strong>di</strong> una trascendenza, <strong>di</strong> un’asimmetria, che va riconosciuta ed accettata<br />

nel timore e nella fiducia che l’uomo ripone nella preghiera.<br />

6 ID., Sermones 2, 3, p. 34.<br />

7 ID., De sermone Domini in monte II,11, p. 38.<br />

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L’abbandono in Dio si opera nella consapevolezza della sua potenza e della sua sovranità sul m<strong>al</strong>e;<br />

la preghiera è infatti la richiesta a Dio del perdono dei propri peccati, una richiesta accompagnata<br />

d<strong>al</strong>l’accettazione e d<strong>al</strong> riconoscimento dei propri limiti, e d<strong>al</strong>la struttur<strong>al</strong>e debolezza che caratterizza<br />

l’uomo. Nella preghiera cristiana è la trascendenza <strong>di</strong> Dio che prev<strong>al</strong>e sull’immanenza; tuttavia, vige<br />

anche la consapevolezza che Egli percepisca i deserti della nostra vita, ed ascolti le parole del cuore anche<br />

quando non vengono pronunciate.<br />

La preghiera <strong>di</strong>ce molto in merito <strong>al</strong>la <strong>di</strong>mensione etica, proprio perché essa è il tentativo <strong>di</strong> instaurare<br />

una relazione con Dio, qu<strong>al</strong>unque forma essa assuma; la <strong>filosofia</strong> può acquistare un ruolo <strong>di</strong> rilievo<br />

nel momento in cui mette or<strong>di</strong>ne <strong>al</strong>l’esperienza religiosa, me<strong>di</strong>ante la comprensione razion<strong>al</strong>e degli atteggiamenti<br />

<strong>di</strong> fede che strutturano il modo <strong>di</strong> essere dell’uomo. La <strong>filosofia</strong>, e l’etica in particolare, può<br />

cogliere elementi propri della preghiera e trasporli sul piano delle relazioni intersoggettive, poiché pure<br />

la preghiera si sviluppa nel modo <strong>di</strong> una relazione, mossa d<strong>al</strong>la fiducia che qu<strong>al</strong>cuno ci ascolti. Vista<br />

nella <strong>di</strong>mensione relazion<strong>al</strong>e, la preghiera si modula sull’idea del riconoscimento: il credente che si pone<br />

<strong>di</strong> fronte a Dio viene riconosciuto come sua creatura, e questa si sente riconosciuta. La relazione si<br />

struttura così secondo la <strong>di</strong>namica del riconosciuto e del riconoscere, e questa a sua volta, si nutre <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse<br />

fasi che qu<strong>al</strong>ificano la person<strong>al</strong>ità del soggetto e definiscono la sua identità.<br />

Ora, nella relazione, non è detto che l’uomo ascolti Dio e lo riconosca, accettando la mod<strong>al</strong>ità<br />

d’esistenza che proviene d<strong>al</strong>la sua parola; <strong>al</strong>lorché ciò avvenga, d<strong>al</strong>l’incontro con Dio può conseguire la<br />

re<strong>al</strong>izzazione piena della sua identità, riconoscendosi come uomo e come portatore <strong>di</strong> una struttura relazion<strong>al</strong>e<br />

che si muove nel mondo e consegna agli <strong>al</strong>tri.<br />

Anche la relazione, come tutti i riconoscimenti etici, si nutre <strong>di</strong> parole; questo è il motivo per cui la<br />

preghiera è anche un evento linguistico. Si può affermare anzi che la preghiera sia nata con il linguaggio<br />

umano, attività per mezzo della qu<strong>al</strong>e l’umanità, non solo si limita ad in<strong>di</strong>care le cose e a descriverle,<br />

processo che ha portato <strong>al</strong>la creazione del linguaggio scientifico, ma le coglie come simbolo, in riferimento<br />

ad una re<strong>al</strong>tà ulteriore e più profonda. La preghiera vista come linguaggio è la certezza<br />

dell’essere ascoltati, e non solo l’esau<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> una richiesta particolare, la convinzione che vi sia una<br />

risposta che non si esplicita solo me<strong>di</strong>ante una struttura linguistica, ma anche attraverso i segni, i simboli<br />

ed il silenzio. Nella <strong>di</strong>namica relazion<strong>al</strong>e tutto è linguaggio, ed il linguaggio crea la relazione, in<br />

quanto racchiude in sé il senso e ci fa essere esistenti in quanto esseri <strong>di</strong> relazione. Anche l’arco del cielo<br />

in Gn 9,12-14 è il segno dell’<strong>al</strong>leanza ristabilita tra Dio e l’umanità <strong>al</strong>l’indomani del <strong>di</strong>luvio univers<strong>al</strong>e,<br />

ed anch’esso è un modo linguistico per il comunicare <strong>di</strong> Dio con l’uomo:<br />

“Questo è il segno dell’<strong>al</strong>leanza, che io pongo tra me e voi e tra ogni essere vivente che è con voi<br />

per le generazioni eterne. <strong>Il</strong> mio arco pongo sulle nubi ed esso sarà il segno dell’<strong>al</strong>leanza tra me e la terra.<br />

Quando radunerò le nubi sulla terra e apparirà l’arco sulle nubi ricorderò la mia <strong>al</strong>leanza che è tra me<br />

e voi e tra ogni essere che vive in ogni carne e non ci saranno più le acque per il <strong>di</strong>luvio, per <strong>di</strong>struggere<br />

ogni carne. L’arco sarà sulle nubi e io lo guarderò per ricordare l’<strong>al</strong>leanza eterna tra Dio e ogni essere<br />

che vive in ogni carne che è sulla terra”.<br />

Anche quando è parola detta ed espressa, il linguaggio della preghiera non è mai solo un’insieme <strong>di</strong><br />

parole, ma è orizzonte <strong>di</strong> comprensione <strong>di</strong> un trovarsi reciprocamente <strong>al</strong>l’interno <strong>di</strong> una relazione dove<br />

ognuno porta con sé il suo mondo. La preghiera stessa è mondo perché l’uomo che porta con sé il suo<br />

mondo nella preghiera, è anche mondo. Non vi è frattura tra i due mon<strong>di</strong> che si incontrano e, anche<br />

quando questo incontro si fa nelle relazioni intersoggettive, tutto è raccolto nel centro <strong>di</strong> un unico mondo<br />

che viene scambiato e consegnato <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tro. Questo è possibile se si concepisce il linguaggio come<br />

responsabilità della parola, per cui vi è consapevolezza non solo dell’esistenza del mio mondo ma anche<br />

<strong>di</strong> <strong>al</strong>tri mon<strong>di</strong>, che hanno bisogno <strong>di</strong> esprimere e <strong>di</strong> comunicare le proprie identità. <strong>Il</strong> linguaggio si nutre<br />

e vive <strong>di</strong> relazione; la sua natura non si esprime mai monologicamente, in quanto è <strong>di</strong><strong>al</strong>ogica, e semmai<br />

fosse monologica è perché la relazione si è interrotta. <strong>Il</strong> linguaggio della preghiera è anche inesprimibile,<br />

benché l’inesprimibile non possa essere detto o ascoltato, ma non è neanche qu<strong>al</strong>cosa che sta <strong>al</strong> <strong>di</strong> là.<br />

L’inesprimibile è la parola portata <strong>al</strong> massimo della sua esprimibilità dentro il linguaggio, e può essere<br />

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colto nonostante rimanga latente ed oscuro. Nonostante il linguaggio <strong>di</strong> Dio non possa essere svelato<br />

tot<strong>al</strong>mente, è certo che nella preghiera esso è un percepire ed un lasciarsi percepire, dove l’uomo si sente<br />

passivamente affetto da qu<strong>al</strong>cosa <strong>di</strong> eterno, provocato da una parola che vuole essere ascoltata, e responsabilizzata<br />

tramite il fare attivo dell’uomo che prega, facendo vivere la preghiera stessa come <strong>di</strong>venire<br />

concreto della vita.<br />

<strong>Il</strong> saggio qui proposto costituisce il testo <strong>di</strong> una delle relazioni che <strong>al</strong>cuni studenti del biennio <strong>di</strong> Laurea speci<strong>al</strong>istica<br />

in Filosofia Contemporanea presso la Facoltà <strong>di</strong> Lettere e Filosofia dell’Università <strong>di</strong> Messina hanno<br />

presentato nell’ambito <strong>di</strong> un seminario afferente <strong>al</strong> Corso <strong>di</strong> Etica e Gran<strong>di</strong> Religioni, tenuto nell’a.a. 2005-2006<br />

d<strong>al</strong>la prof. Paola Ricci Sindoni, d<strong>al</strong> titolo Legge del pensare e legge del pregare. La struttura etica della preghiera<br />

nella tra<strong>di</strong>zione ebraica e cristiana.<br />

Questo e gli <strong>al</strong>t ri testi sono reperibili in internet, sul Giorn<strong>al</strong>e <strong>di</strong> <strong>filosofia</strong> della religione, <strong>al</strong>l’in<strong>di</strong>rizzo:<br />

http://www.aifr.it/messina<br />

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