18.06.2013 Views

ANNUARIO 2010 - CAI Sezione di Morbegno

ANNUARIO 2010 - CAI Sezione di Morbegno

ANNUARIO 2010 - CAI Sezione di Morbegno

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

<strong>ANNUARIO</strong> <strong>2010</strong><br />

<strong>CAI</strong> MORBEGNO<br />

I


<strong>ANNUARIO</strong> <strong>2010</strong><br />

II <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 1


<strong>CAI</strong><br />

<strong>ANNUARIO</strong> <strong>2010</strong><br />

Club Alpino Italiano<br />

<strong>Sezione</strong> <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong><br />

Via San Marco<br />

Tel. e fax 0342 613803<br />

e-mail: info@caimorbegno.org<br />

www.caimorbegno.org<br />

Redazione:<br />

Riccardo Marchini, Lodovico Mottarella.<br />

Hanno collaborato:<br />

Alessandro-Carmen-Chiara,<br />

Maria Laura Bettega, Angelo De Donati,<br />

Andrea De Finis, Domenico Del Barba,<br />

Mari Del Monte, Elena Fattarelli, Riccardo<br />

Marchini, Lodovico Mottarella,<br />

Franco Scotti, Giulio Spini.<br />

Fotografie:<br />

Domenico Del Barba: 44, 45, 46, 47,<br />

48, 49<br />

Riccardo Marchini: 12, 13, 14, 15, 17, 18,<br />

19, 20-21, 26, 28, 31 (sotto), 33, 34, 35,<br />

39, 40, 41, 42, 43, 50, 51, 56, 57, 58, 59,<br />

60, 61, 66<br />

Lodovico Mottarella: copertina e II, 1, 2,<br />

4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 15 (sopra), 22,<br />

23, 24, 25, 27, 29, 30-31 (sopra), 37, 38,<br />

63, 65, 67<br />

Riccrdo Scotti: 53<br />

Guido Spini: 32<br />

Progetto grafico e<br />

realizzazione:<br />

Mottarella Stu<strong>di</strong>o Grafico<br />

www.mottarella.com<br />

Scialpinismo<br />

2 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 3<br />

Stampa:<br />

Tipografia Bonazzi<br />

Flora<br />

Ricor<strong>di</strong><br />

Storia<br />

Personaggi<br />

Narrativa<br />

Ambiente<br />

SOMMARIO<br />

Il mio corso <strong>di</strong> scialpinismo<br />

<strong>di</strong> ANDREA DE FINIS<br />

La genziana delle Tremogge<br />

<strong>di</strong> MARI DEL MONTE<br />

La gara <strong>di</strong> Olano<br />

<strong>di</strong> RICCARDO MARCHINI<br />

Su per la valle<br />

<strong>di</strong> GIULIO SPINI<br />

Natalino Bavo<br />

<strong>di</strong> ANGELO DE DONATI<br />

In valle<br />

<strong>di</strong> ELENA FATTARELLI<br />

SIC


E D I T O R I A L E<br />

<strong>di</strong> Domenico Del Barba<br />

E D I T O R I A L E<br />

Ci eravamo lasciati l’anno scorso alla vigilia del Vertice internazionale sul<br />

clima <strong>di</strong> Copenhagen. I potenti <strong>di</strong> tutto il mondo si erano riuniti attorno al<br />

capezzale della Terra ammalata. Il pianeta da tempo ha una febbriciattola<br />

insistente che non accenna a <strong>di</strong>minuire, cagionata dal surriscaldamento<br />

del pianeta.<br />

Chiare le cause, troppe le emissioni <strong>di</strong> Co2. Ma le nazioni che avevano causato<br />

la febbre e contribuiscono tuttora al suo mantenimento, dovevano affrontare<br />

sacrifici al pari <strong>di</strong> quelle che non avevano avuto parte attiva al fenomeno,<br />

al momento <strong>di</strong> applicare i rime<strong>di</strong> per vincere definitivamente il<br />

male?<br />

Difficile stabilire chi dovesse rinunciare a cosa, gli interessi <strong>di</strong> bottega <strong>di</strong><br />

ogni stato hanno avuto il sopravvento. il Vertice che aveva creato tante<br />

aspettative è stato un semi flop.<br />

Altro tema inquietante: fino al 1986 gli esseri umani hanno utilizzato per<br />

sod<strong>di</strong>sfare i loro bisogni gli interessi “del capitale natura”. Il momento in<br />

cui la domanda <strong>di</strong> servizi ecologici ha superato il tasso con cui la natura li<br />

rigenera, è stato toccato il 31 <strong>di</strong>cembre 1986 “l’overshoot day” (giorno in<br />

cui finiscono le risorse rinnovabili che la terra ha prodotto per quell’anno).<br />

Secondo il Global Footprint Network, il primo earth overshoot day dell’umanità<br />

è stato il 31 <strong>di</strong>cembre 1986.<br />

Nel 2008 lo troviamo il 23 settembre e nel <strong>2010</strong> il 22 agosto. Secondo una<br />

proiezione delle Nazioni Unite, nel 2030 cadrà il 1 luglio, a meno che non<br />

intervengano correttivi. La terra offre abbondantemente beni per la nostra<br />

vita comune, ma occorre tener presente che la rinnovabilità della natura<br />

ha bisogno <strong>di</strong> tempi lunghi.<br />

L’affermazione del Mahatma Gandhi, che “la terra possiede risorse sufficienti<br />

per provvedere ai bisogni <strong>di</strong> tutti, ma non all’avi<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> alcuni” oltre che<br />

centrare il cuore del problema, mi sembra alquanto profetica.<br />

Aver pensato la natura come un accumulo <strong>di</strong> materie prime da trasformare<br />

in ricchezza ci ha portato ad un drammatico impoverimento delle risorse<br />

naturali.<br />

E’ in<strong>di</strong>spensabile pertanto invertire il senso della marcia intrapresa dall’economia<br />

<strong>di</strong> mercato, puntando alla conversione dell’economia stessa secondo<br />

una nuova filosofia che privilegi l’integrità del territorio e migliori la<br />

qualità della vita e della salute umana.<br />

La visione dell’ambiente come limite allo sviluppo fa parte ormai <strong>di</strong> un concetto<br />

superato e obsoleto, al quale bisogna contrapporre una visione che<br />

metta in primo piano la necessità della tutela dell’ambiente stesso.<br />

Gli abitanti della terra sono sei miliar<strong>di</strong> e fra trent’anni potrebbero essere nove<br />

miliar<strong>di</strong>, ne consegue che la sfida più grande che l’umanità si trova ad affrontare<br />

oggi è quella <strong>di</strong> riuscire a vivere sul nostro pianeta con un numero sempre<br />

crescente <strong>di</strong> persone in modo civile ed equo, senza <strong>di</strong>struggere i sistemi naturali<br />

dai quali traiamo risorse necessarie per vivere.<br />

Malgrado ciò solo in Italia, l’anno scorso, abbiamo buttato via più <strong>di</strong> venti milioni<br />

<strong>di</strong> tonnellate <strong>di</strong> derrate alimentari (avrebbero potuto mangiarci tre pasti<br />

al giorno quarantaquattromilioni <strong>di</strong> persone per un anno).<br />

Sempre l’anno scorso sette milioni e mezzo <strong>di</strong> tonnellate <strong>di</strong> frutta e verdura<br />

sono rimaste nei campi perché colpite da gran<strong>di</strong>ne o perché fuori pezzatura o<br />

semplicemente perché costava troppo raccoglierle.<br />

Ultima annotazione: affiora nell’oceano Pacifico al largo della California e si<br />

protende verso il Giappone l’isola dei rifiuti, il Pacific Trash Vortex. Si tratta<br />

<strong>di</strong> un enorme accumulo <strong>di</strong> spazzatura galleggiante, profonda trenta metri<br />

composta soprattutto da plastica. La sua superficie potrebbe essere superiore<br />

all’estensione della Spagna! Lascio a voi ogni considerazione.<br />

Non credo sia uno scenario ipotizzabile quanto affermato al 98° Congresso del<br />

Club Alpino Italiano (Predazzo 18/19 ottobre 2008) da Paolo Rumiz: “E verrà<br />

un giorno in cui i fiumi si svuoteranno, l’aria <strong>di</strong>verrà veleno, i villaggi saranno<br />

abbandonati come dopo una pestilenza, giorni in cui la neve e la pioggia smetteranno<br />

<strong>di</strong> cadere, gli uccelli migratori sbaglieranno stagione e gli orsi non andranno<br />

più in letargo. Verrà anche un tempo in cui gli uomini <strong>di</strong>verranno sor<strong>di</strong><br />

a tutto questo, <strong>di</strong>menticheranno l’erba, le piante e gli animali con cui sono<br />

vissuti per millenni.”<br />

E’ sufficiente sfogliare le pagine del nostro annuario per farci ritornare il sorriso<br />

e il buonumore e cancellare una visione tanto provocante quanto inquietante.<br />

Penso però che ciascun Socio Cai debba e possa essere sostenitore <strong>di</strong> uno stile<br />

<strong>di</strong> vita che abbia poco o nessun impatto sull’ambiente, <strong>di</strong>sponibile a cambiare<br />

l’atteggiamento nei confronti dell’ambiente stesso, dando maggiore rilevanza<br />

ai rapporti umani, maggiore attenzione alla qualità della vita, incluso il tempo<br />

per sé stessi e per le relazioni con gli altri.<br />

Le nostre scelte devono iniziare ad essere orientate a prospettive temporali<br />

e spaziali <strong>di</strong> lungo respiro, quello che accade oggi e che accadrà domani nel<br />

mondo riguarda anche noi.<br />

Noi non vedremo le conseguenze realizzarsi nel tempo, ma le vedranno figli e<br />

nipoti e non possiamo pensare <strong>di</strong> lasciare loro l’ere<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> un ambiente ipotizzato<br />

da Rumiz.<br />

4 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 5


CORSO BASE DI SCI ALPINISMO<br />

Direttore: Franco Scotti.<br />

Istruttori: Cesare De Donati, Enrico Bertoli,<br />

Marco Riva e Giulio Gadola<br />

Aiuto istruttori: Danilo Acquistapace, Moreno<br />

Libera, Gottardo Riva, Angelo Rossanese,<br />

Riccardo Scotti.<br />

Allievi: De Finis Andrea, Donadelli Tommaso,<br />

Faldarini Riccardo, Fognini Amos, Fognini<br />

Patrizia, Gusmeroli Luca, Gusmeroli Mirco, Magoni<br />

Carlomaria, Manni Giuseppe, Maxenti Manuela,<br />

Mazzoni Andrea, Nogara Ingrid, Perego Mauro, Sosio<br />

Cristina, Spreafico Laura, Todesco Roberto<br />

Per la prima volta hanno partecipato due allievi<br />

con la tavola.<br />

CORSO DI ARRAMPICATA<br />

Si è svolto nei mesi <strong>di</strong> settembre e <strong>di</strong> ottobre in<br />

collaborazione con il <strong>CAI</strong> <strong>di</strong> Chiavenna<br />

ed ha coinvolto 11 allievi.<br />

Direttore: Cesare De Donati.<br />

Istruttori: De Donati Cesare, Bongianni Mauro,<br />

Cason Gianfranco, Colombo Fabrizio, Del Curto Marco,<br />

Libera Moreno, Lucchinetti Paola, Martelletti Manuel,<br />

Scaramella Igor, Scaramella Pio, Spini Mario<br />

Allievi: Cucchi Monica, De Finis Andrea, Falcinella<br />

Maurizio, Giacoma Pin Rosanna, Giar<strong>di</strong>ello Giovanni,<br />

Gusmeroli Luca, Gusmeroli Mariella, Gusmeroli Mirco,<br />

Manzi Simone, Manzoni Lorella, Piffari Paolo<br />

6 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 7


IL MIO CORSO<br />

DI SCIALPINISMO<br />

Ho sempre nutrito una velata<br />

invi<strong>di</strong>a nei confronti <strong>di</strong> chi<br />

pratica lo scialpinismo, ma<br />

l’errata convinzione <strong>di</strong> dover<br />

essere in possesso <strong>di</strong> una<br />

tecnica sciistica sopraffina e<br />

una certa pigrizia mentale nel<br />

documentarmi al riguardo me<br />

ne hanno tenuto a <strong>di</strong>stanza.<br />

Alla fine della scorsa stagione<br />

invernale mi fa visita un amico<br />

fresco reduce, a suo <strong>di</strong>re in<br />

maniera brillante, dal corso<br />

<strong>di</strong> scialpinismo organizzato<br />

dalla sezione <strong>CAI</strong> della sua<br />

città: ce ne an<strong>di</strong>amo a Chiesa<br />

Valmalenco per una giornata<br />

<strong>di</strong> sci su pista, nel corso della<br />

quale realizzo <strong>di</strong> non essere poi<br />

così malaccio, o forse lui non<br />

é un fenomeno, ma tant’è...<br />

concludo che lo scialpinismo<br />

può essere alla mia portata.<br />

Gennaio <strong>2010</strong>: mi iscrivo al<br />

corso organizzato dalla sezione<br />

<strong>CAI</strong> <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong> vincendo,<br />

ancora, la mia avversione a far<br />

parte <strong>di</strong> club, organizzazioni,<br />

corporazioni o quant’altro.<br />

Il corso é sud<strong>di</strong>viso tra parte<br />

teorica, sei lezioni tenute il<br />

<strong>di</strong> Andrea De Finis<br />

venerdì sera, e altrettante<br />

escursioni guidate, decise<br />

<strong>di</strong> volta in volta in base alle<br />

previsioni meteo.<br />

La sede del <strong>CAI</strong> <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong><br />

ripropone l’ambiente montano:<br />

posta nella parte più alta<br />

della citta<strong>di</strong>na, é facilmente<br />

raggiungibile -a meno <strong>di</strong><br />

non aver appena fumato<br />

una sigaretta- ; il materiale<br />

predominante é il legno, <strong>di</strong> cui<br />

Angelo De Donati é pro<strong>di</strong>go<br />

<strong>di</strong> informazioni in merito a<br />

caratteristiche, provenienza<br />

e utilizzi; le immagini appese<br />

alle pareti ripropongono<br />

paesaggi alpini estivi e<br />

invernali, la biblioteca risulta<br />

ben fornita.<br />

Se devo trovare un <strong>di</strong>fetto<br />

alla struttura, questo è da<br />

in<strong>di</strong>viduarsi nella sua parte<br />

inferiore dove vengono tenute<br />

le lezioni: risulta talvolta<br />

fredda in quanto il calore sale<br />

verso l’area soppalcata. In tal<br />

modo, però, accende le anime<br />

dei Senatori dando luogo a<br />

piacevoli excursus del tipo:<br />

«se acquisto un terreno in<br />

pendenza, lo acquisto in toto<br />

o entro in possesso solo della<br />

sua proiezione sul piano?»,<br />

che fungono da piacevole<br />

intermezzo alle lezioni.<br />

L’ambiente risulta dunque<br />

informale e spesso goliar<strong>di</strong>co,<br />

la lingua ufficiale é l’italiano<br />

caratterizzato da marcato<br />

accendo montano, anche se al<br />

piano superiore spesso l’i<strong>di</strong>oma<br />

nazionale viene soppiantato dal<br />

8 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 9


<strong>di</strong>aletto della Bassa Valtellina.<br />

La prima lezione teorica ha<br />

per tema i materiali: sci,<br />

scarponi e pelli ovviamente,<br />

ma anche abbigliamento,<br />

strumenti e svariati utili<br />

accessori a corollario. Il<br />

sottoscritto si deve essere<br />

perso qualche spiegazione<br />

perché si presenta al successivo<br />

test in quel <strong>di</strong> Pescegallo<br />

privo <strong>di</strong> zaino (si immagini <strong>di</strong><br />

recarsi al supermercato per<br />

l’approvvigionamento mensile<br />

e <strong>di</strong> non fare uso del carrello...<br />

questo é il primo parallelo<br />

che mi é balenato per testa) e<br />

in maglione <strong>di</strong> lana, in barba<br />

alle varie raccomandazioni in<br />

merito al coprirsi a strati e alle<br />

cipolle!<br />

Ad ogni modo é un colpo <strong>di</strong><br />

fulmine: nevica, l’atmosfera é<br />

ovattata, Richi ci infarina delle<br />

prime nozioni <strong>di</strong> nivologia<br />

fin dal secondo pilone degli<br />

impianti <strong>di</strong> risalita che<br />

costeggiamo durante l’ascesa,<br />

Cesare sfoggia il suo paio <strong>di</strong><br />

sci virili e al terzo tornante<br />

della stra<strong>di</strong>na che conduce al<br />

Pianone mi accorgo <strong>di</strong> essere<br />

già assuefatto a questa nuova<br />

droga. La giornata si conclude<br />

con la <strong>di</strong>scesa che vaglia il<br />

livello tecnico degli aspiranti<br />

scialpinisti: tutti promossi! Se<br />

solo avessi intrapreso questa<br />

<strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong>eci anni fa avrei<br />

sperimentato l’ebbrezza <strong>di</strong><br />

una sciata in neve fresca con<br />

i capelli che ricadono sugli<br />

occhi!<br />

Fin dalla prima lezione viene<br />

posto l’accento, in maniera<br />

quasi maniacale, sulla sicurezza<br />

e sul pericolo valanghe: le<br />

proiezioni <strong>di</strong> filmati relativi,<br />

i resoconti dei volontari del<br />

Soccorso Alpino, il costante<br />

richiamo all’utilizzo dell’<br />

ARTVA possono in prima<br />

battuta spaventare, ma la<br />

finalità <strong>di</strong> tutto ciò è quella<br />

<strong>di</strong> rendere consapevoli che<br />

i rischi esistono e che il<br />

metodo migliore per evitarli<br />

è prevederli: i tre venerdì<br />

precedenti i tragici finesettimana,<br />

culminati con<br />

numerosi sepolti sotto le<br />

valanghe, mi reco presso<br />

la sede del <strong>CAI</strong> e alla mia<br />

domanda sulle possibili mete<br />

<strong>di</strong> una gita mi sento rispondere<br />

“Sali a Pescegallo a bordo<br />

pista o, ancor meglio, stattene<br />

a casa tua e leggiti un buon<br />

libro!”. Chi in possesso delle<br />

nozioni adeguate non abbozza<br />

nemmeno l’uscita: io la<br />

definisco Cultura.<br />

A sinistra: in vetta<br />

al Munt de Sura.<br />

A destra: uscita<br />

«fuoricorso» al<br />

Passo <strong>di</strong> Mello.<br />

In basso: alla Motta<br />

<strong>di</strong> Olano.<br />

Le altre lezioni si focalizzano<br />

su nivologia e meteorologia,<br />

topografia e cartografia,<br />

organizzazione della gita<br />

scialpinistica, pronto soccorso<br />

e protezione da freddo e sole,<br />

corretta alimentazione in<br />

vista dell’uscita e successiva<br />

alla stessa. Sottolineo che<br />

le <strong>di</strong>verse nozioni impartite<br />

sono da considerarsi come<br />

dei “La” a un successivo<br />

personale approfon<strong>di</strong>mento:<br />

tempi limitati e vastità dei<br />

temi trattati non concedono<br />

<strong>di</strong> entrare in ogni dettaglio.<br />

A ogni modo, almeno parte<br />

degli argomenti affrontati<br />

in sede teorica vengono<br />

supportati da prove pratiche<br />

effettuate nel corso delle varie<br />

escursioni, tra cui simulazioni<br />

<strong>di</strong> localizzazione del sepolto<br />

a mezzo dello strumento<br />

ARTVA, test <strong>di</strong> compatezza<br />

degli strati nevosi, prove <strong>di</strong><br />

carotaggio, identificazione<br />

delle zone ad alto rischio<br />

valanghe, spiegazioni<br />

sul campo dei fenomeni<br />

meteorologici e, da ultimo,<br />

un esempio pratico <strong>di</strong> come<br />

non ci si deve nutrire prima<br />

<strong>di</strong> una gita scialpinistica: la<br />

cena svizzera precedente la<br />

salita al Breithorn (Doc…<br />

questa non vuole essere una<br />

giustificazione al mio mancato<br />

raggiungimento della vetta!).<br />

Concludo.<br />

A mio avviso non si tratta <strong>di</strong><br />

sola pratica sportiva, ma <strong>di</strong> una<br />

Disciplina: occorre stu<strong>di</strong>arne<br />

l’ambiente in cui viene<br />

praticata, la storia, le tecniche<br />

e le regole e poi…quando salgo<br />

contemplo e me<strong>di</strong>to, quando<br />

scendo godo!<br />

10 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 11


LA GENZIANA<br />

DELLE<br />

TRE MOGGE<br />

Partiamo una<br />

domenica <strong>di</strong><br />

fine agosto con<br />

destinazione il Passo<br />

delle Tre Mogge<br />

in Valmalenco.<br />

An<strong>di</strong>amo a cercare<br />

un fiore, il<br />

Lomatogonium<br />

carinthiacum. Il<br />

suo nome scientifico è <strong>di</strong> quelli che richiedono un<br />

attimo <strong>di</strong> concentrazione prima <strong>di</strong> pronunciarlo,<br />

mentre più docile, ed anche più accattivante, è<br />

quello volgare: Genzianella della Carinzia, che<br />

tra<strong>di</strong>sce nella specificazione la sua provenienza<br />

dalla Alpi orientali dov’è largamente <strong>di</strong>ffusa. Perché<br />

un simile interesse per un unico fiore, tanto da<br />

giustificare una spe<strong>di</strong>zione alla sua ricerca? Per un<br />

appassionato <strong>di</strong> flora alpina che, oltre ad essere un<br />

naturalista è anche un po’ collezionista, la curiosità<br />

per una specie rara è un motivo più che sufficiente.<br />

Il Lomatogonium, rinvenuto nel 2009 per caso da<br />

un giovane ricercatore mentre scendeva dal passo<br />

suddetto, rappresenta infatti il primo ritrovamento<br />

<strong>di</strong> Mari Del Monte<br />

della specie in<br />

Lombar<strong>di</strong>a e, a<br />

giu<strong>di</strong>care dalle<br />

mappe botaniche,<br />

è quasi inesistente<br />

anche nella vicina<br />

Svizzera, dove<br />

la sua presenza<br />

è segnalata in<br />

un’area molto<br />

ristretta della Val d’Avers, tributaria della Valle<br />

del Reno. Eccoci allora ad arrancare lungo la<br />

traccia che dal Rifugio Longoni attraversa il<br />

Piano Superiore <strong>di</strong> Fora per risalire ai 3014<br />

metri del Passo delle Tre Mogge. Per fortuna<br />

abbiamo ottenuto il permesso <strong>di</strong> transito<br />

lungo la strada che da San Giuseppe conduce<br />

alle cave della Val Forasco e, più in alto, al<br />

Rifugio Entova-Scerscen, oramai inutilizzato<br />

da anni. E’ una rotabile dal fondo orrendo che<br />

mette a dura prova le sospensioni dei nostri<br />

mezzi fuoristrada, ma, almeno, ci consente <strong>di</strong><br />

risparmiare un bel po’ <strong>di</strong> metri <strong>di</strong> <strong>di</strong>slivello.<br />

La compagnia è piuttosto eterogenea: ci<br />

12 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 13


sono Roberto e Giancarlo,<br />

botanici puri, alcuni amici<br />

<strong>di</strong> Sondrio, più interessati<br />

ad un’escursione ine<strong>di</strong>ta, e<br />

chi, come me, si <strong>di</strong>vide fra<br />

l’aspetto paesaggistico, qui<br />

indubbiamente meritevole<br />

<strong>di</strong> attenzione, e la ricerca<br />

floristica. Insperatamente si<br />

aggiunge al gruppo anche<br />

un altro Roberto, il giovane<br />

che l’anno scorso si è reso<br />

protagonista dell’eccezionale<br />

ritrovamento. Una fortuna,<br />

perché senza <strong>di</strong> lui non saremmo<br />

riusciti ad in<strong>di</strong>viduare il punto<br />

esatto in cui cercare.<br />

Diversi sono anche i ritmi<br />

<strong>di</strong> salita. Regolare e spe<strong>di</strong>to<br />

quello dei “laici”, lento ed<br />

interrotto da infinite soste<br />

quello degli “ortodossi”. Sì,<br />

perché, nonostante la stagione<br />

floristica sia già avanti, a<br />

quest’altezza e in questa zona<br />

c’è ancora molto da vedere. Le<br />

macchie gialle del Doronico si<br />

alternano a quelle lilla dell’Astro<br />

e a quelle bianche del Cerastio.<br />

Al riparo dei sassi spiccano il<br />

blu intenso <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse specie <strong>di</strong><br />

Genziana e i capolini stellati del<br />

Semprevivo. E’ anche la stagione<br />

del Genepì che avvistiamo sui<br />

detriti alluvionali alla base<br />

del Pizzo Malenco. E poi c’è il<br />

genere Carex: solo erba per me,<br />

ma <strong>di</strong> evidente interesse per<br />

i due Roberto e per Giancarlo<br />

che, aiutandosi con una lente<br />

<strong>di</strong> ingran<strong>di</strong>mento e un manuale,<br />

spesso ricurvi o accosciati,<br />

si perdono in comparazioni e<br />

classificazioni. La <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong><br />

tempo fra i primi e gli ultimi a<br />

raggiungere il passo sarà alla<br />

fine <strong>di</strong> più <strong>di</strong> un’ora.<br />

Finalmente verso i 2800<br />

metri, <strong>di</strong>scosta dal sentiero,<br />

inimmaginabile se qualcuno<br />

non ce l’avesse in<strong>di</strong>cata, la<br />

Genzianella della Carinzia, per<br />

la quale ci siamo sobbarcati<br />

la salita. Distribuiti sul ripido<br />

pen<strong>di</strong>o erboso lungo una fascia<br />

larga una decina <strong>di</strong> metri e alta<br />

una trentina, molti esemplari<br />

<strong>di</strong> questo piccolo fiore dal<br />

delicato colore celeste sembrano<br />

quasi defilarsi <strong>di</strong> fronte alla<br />

presenza prorompente delle<br />

Stelle alpine, delle Sassifraghe e<br />

delle Campanule. Evidentemente<br />

arriviamo con qualche giorno<br />

<strong>di</strong> anticipo rispetto alla piena<br />

fioritura, perché dei numerosi<br />

boccioli <strong>di</strong> cui sono ricche le<br />

piantine solo pochi sono aperti<br />

e fatichiamo a trovare gruppetti<br />

adatti ad essere fotografati.<br />

La ricerca, l’esame accurato<br />

e le riprese fotografiche ci<br />

impegnano per una mezz’ora.<br />

Intanto i nostri compagni, già<br />

arrivati al passo, ci chiamano<br />

al cellulare preoccupati per<br />

chiedere cosa <strong>di</strong>avolo stiamo<br />

facendo. Sarà nostra premura,<br />

al ritorno, renderli partecipi <strong>di</strong><br />

questa emozionante primizia.<br />

Finalmente anche noi arriviamo<br />

alla meta e, rilassati come<br />

studenti in pace con sé stessi<br />

perché sanno <strong>di</strong> avere eseguito<br />

<strong>di</strong>ligentemente il proprio<br />

dovere, possiamo de<strong>di</strong>carci ad<br />

altro. E qui <strong>di</strong> “altro” c’è molto.<br />

C’è innanzitutto un paesaggio<br />

mozzafiato, perché ci troviamo<br />

sulla cresta che collega il Pizzo<br />

delle Tre Mogge al Cappuccio<br />

e alla Sassa <strong>di</strong> Fora, visibile<br />

persino da alcuni angoli <strong>di</strong><br />

Sondrio. Al <strong>di</strong> là del passo<br />

la bellissima Val <strong>di</strong> Fex che<br />

dai pie<strong>di</strong> del Vadret da Fex si<br />

allunga verso Nord perdendosi<br />

nei laghi dell’Enga<strong>di</strong>na, alle<br />

nostre spalle la Valmalenco<br />

- ci eravamo <strong>di</strong>menticati <strong>di</strong><br />

guardarla salendo! - che,<br />

le foschie <strong>di</strong> una giornata<br />

agostana <strong>di</strong>ssolvono nelle<br />

<strong>di</strong>rimpettaie Orobie. Verso<br />

Est il profilo del Pizzo delle<br />

Tre Mogge sormontato da<br />

una calotta calcarea (ecco<br />

giustificata la presenza delle<br />

Stelle alpine), mentre a Sud-<br />

Ovest il Disgrazia, che comincia<br />

ad incappucciarsi, segnala un<br />

probabile cambiamento del<br />

tempo. E poi ci sono altri fiori.<br />

Siamo sopra i 3000 metri: qui<br />

possono sopravvivere solo le<br />

specie attrezzate alle <strong>di</strong>fficili<br />

con<strong>di</strong>zioni dell’alta montagna.<br />

Ecco, al riparo <strong>di</strong> alcune rocce,<br />

l’Eritrichio dall’azzurro intenso<br />

(è il Non ti scordar <strong>di</strong> me d’alta<br />

quota) che una <strong>di</strong>ffusa peluria<br />

<strong>di</strong>fende dai rigori del freddo<br />

e più in alto, sulla cresta<br />

spoglia spazzata dal vento, i<br />

cuscinetti <strong>di</strong> Andròsace alpina<br />

e <strong>di</strong> Sassifraga oppositifolia la<br />

cui <strong>di</strong>fesa è quella <strong>di</strong> stare il più<br />

appiattiti possibile sul terreno.<br />

Accanto qualche Ranuncolo<br />

dei ghiacciai si è arrampicato<br />

fin quassù. Scen<strong>di</strong>amo infine,<br />

non senza fermarci <strong>di</strong> nuovo ad<br />

ammirare la nostra protagonista.<br />

Passiamo dalla Capanna Longoni<br />

a salutare l’amico Elia, guida<br />

alpina gestore del rifugio,<br />

e ripercorriamo a ritroso la<br />

sterrata per San Giuseppe, che<br />

ci fa quasi sentire personaggi<br />

dell’Operazione Overland, la<br />

serie <strong>di</strong> spe<strong>di</strong>zioni organizzate<br />

qualche anno fa da Unicef Italia<br />

nei più sperduti angoli del<br />

pianeta.<br />

Sopra a sinistra: Genziana<br />

orbicularis.<br />

Sopra: sulla cresta in prossimità del<br />

Passo delle Tremogge, sul fondo il<br />

Monte Disgrazia.<br />

Sopra a sinistra: Lomatogonium.<br />

Sopra: Doronicum clusii.<br />

A sinistra: Artemisia umbelliformis.<br />

Nelle pagine precedenti: fioritura<br />

al Passo delle Tremogge e il<br />

Lomatogonium carinthiacum.<br />

14 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 15


C’ERA UNA VOLTA<br />

LA GARA DI<br />

Una lunga storia<br />

1948-1989. Sono le date<br />

della prima e dell’ultima<br />

e<strong>di</strong>zione della più longeva<br />

e nota competizione <strong>di</strong> sci<br />

alpino che si svolgeva in<br />

Bassa Valtellina: la Gara<br />

<strong>di</strong> Olano. Gara antica, dal<br />

sapore pionieristico, <strong>di</strong> scena<br />

in Valgerola, sui pen<strong>di</strong>i del<br />

comprensorio Corte, Tagliate,<br />

Alpe Olano. Nessun impianto<br />

<strong>di</strong> risalita. D’altra parte<br />

nei primi anni ‘50 funivie,<br />

seggiovie e ski-lift erano<br />

appannaggio delle stazioni<br />

turistiche più rinomate, come<br />

Madesimo, Aprica e Bormio<br />

(Pescegallo entrerà in funzione<br />

solo nel 1964). Da Rasura<br />

(o da <strong>Morbegno</strong>) si doveva<br />

affrontare, sci in spalla, la<br />

salita fino alla Corte e da qui,<br />

calzati i legni, come si usava<br />

<strong>di</strong>re allora, si proseguiva<br />

OLANO<br />

<strong>di</strong> Riccardo Marchini<br />

Chiesa <strong>di</strong> San Giovanni, messa prima.<br />

Fuori fa bella mostra <strong>di</strong> sé una lunga<br />

infilata <strong>di</strong> paia <strong>di</strong> sci. Tutti capiscono che<br />

è il giorno della Gara <strong>di</strong> Olano<br />

fino alla partenza della gara.<br />

Il tutto si traduceva in una<br />

marcia che, a seconda dei casi,<br />

richiedeva da un’ora e mezza<br />

a due ore e mezza, per un<br />

<strong>di</strong>slivello variabile fra i 700 e i<br />

1000 metri. La competizione,<br />

nel corso delle sue 38 e<strong>di</strong>zioni<br />

(tre non vennero effettuate<br />

per mancanza <strong>di</strong> neve),<br />

ebbe <strong>di</strong>verse denominazioni,<br />

ma per tutti, nell’ambiente<br />

sportivo provinciale, era solo<br />

e semplicemente la “Gara <strong>di</strong><br />

Olano”, appuntamento fisso<br />

<strong>di</strong> fine <strong>di</strong> febbraio che faceva<br />

sistematicamente registrare<br />

la presenza <strong>di</strong> un centinaio <strong>di</strong><br />

concorrenti (ad<strong>di</strong>rittura 180<br />

nel 1982) e un ragguardevole<br />

numero <strong>di</strong> spettatori plaudenti.<br />

La prima e<strong>di</strong>zione venne<br />

organizzata nel 1948, sull’onda<br />

della voglia <strong>di</strong> ritrovare<br />

la normalità <strong>di</strong> una vita<br />

segnata in modo indelebile<br />

dalla guerra terminata<br />

traumaticamente solo tre anni<br />

prima. Oggi la chiameremmo<br />

rally sci-alpinistico, perché<br />

i concorrenti salivano fino<br />

alla Casera <strong>di</strong> Olano con<br />

gli sci attrezzati con pelli<br />

<strong>di</strong> foca (autentica pelle <strong>di</strong><br />

foca), i più abbienti, o, più<br />

frequentemente, impacchettati<br />

con cor<strong>di</strong>ni intrecciati secondo<br />

la tecnica usata per legare<br />

i salami. Qui era fissata la<br />

partenza a cronometro. Di<br />

porte <strong>di</strong>rezionali neanche a<br />

parlarne; seguendo le tracce<br />

lasciate in salita si scendeva<br />

il più velocemente possibile<br />

ai prati della Corte, dove era<br />

fissato il traguardo.<br />

Dopo un paio <strong>di</strong> queste e<strong>di</strong>zioni<br />

avventurose, si arrivò alla<br />

conclusione che il percorso,<br />

così com’era, mal si adattava ad<br />

16 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 17


una competizione che voleva<br />

essere <strong>di</strong> <strong>di</strong>scesa. Il tratto<br />

dalla Casera alla Motta era,<br />

infatti, troppo pianeggiante<br />

e le solette dell’epoca, in<br />

legno più o meno laccato, non<br />

consentivano <strong>di</strong> acquistare<br />

velocità. Anzi, non era escluso<br />

che facessero “zoccolo”,<br />

costringendo i concorrenti<br />

a lavorare <strong>di</strong> braccia e <strong>di</strong><br />

bastoncini. Così lo start<br />

venne spostato alla Motta.<br />

Per qualche anno ancora il<br />

tracciato fu lasciato alla libera<br />

creatività dei <strong>di</strong>scesisti, per<br />

cui chi aveva capacità e fegato<br />

<strong>di</strong> buttarsi giù per i pen<strong>di</strong>i<br />

secondo le linee più brevi si<br />

piazzava ai primi posti.<br />

Miglioramenti significativi<br />

non tardarono ad arrivare.<br />

Si cominciò a preparare una<br />

vera pista <strong>di</strong> gara, spianata,<br />

pressata e segnalata con porte<br />

<strong>di</strong>rezionali obbligatorie: teli<br />

rossi e blu alternati, <strong>di</strong>stesi fra<br />

due paletti <strong>di</strong> bambù, leggeri<br />

e facilmente trasportabili.<br />

Naturalmente la battitura<br />

doveva essere eseguita senza<br />

mezzi meccanici. Volontari<br />

del C.A.I., a volte numerosi,<br />

ma a volte ridotti a due sole<br />

persone, il sabato precedente<br />

risalivano tutto il tracciato<br />

“a scaletta”, spianando quel<br />

tanto che bastava a consentire<br />

il passaggio degli sciatori. Per<br />

il consolidamento del fondo si<br />

confidava nel gelo della notte.<br />

Era inevitabile, però, che gli<br />

ultimi concorrenti a partire<br />

fossero costretti a scendere<br />

lungo una specie <strong>di</strong> pista<br />

<strong>di</strong> bob creata dai passaggi<br />

precedenti, ma <strong>di</strong> meglio<br />

non si poteva pretendere.<br />

La regolarità della gara era,<br />

comunque, assicurata, perché<br />

gli atleti che correvano per<br />

vincere, le cosiddette teste <strong>di</strong><br />

serie, venivano fatti scendere<br />

per primi. Solo in un’occasione,<br />

nel 1988, si riuscì a trasportare<br />

in loco un “gatto”, non senza<br />

qualche brivido fra il tragico<br />

e il comico, perché il mezzo,<br />

evidentemente legato male sul<br />

cassone del camion, rischiò a<br />

più riprese <strong>di</strong> essere perso per<br />

strada.<br />

Nel 1961 fu inserita<br />

nel regolamento della<br />

manifestazione una novità: la<br />

gara <strong>di</strong>venne trofeo a squadre<br />

e venne intitolata a Giulio<br />

Lavizzari, in ricordo dell’amico<br />

e socio del C.A.I. <strong>Morbegno</strong>,<br />

morto l’anno prima durante<br />

il servizio militare in un<br />

incidente <strong>di</strong> montagna.<br />

La somma dei tempi dei<br />

primi tre arrivati <strong>di</strong> ogni<br />

squadra avrebbe determinato<br />

la graduatoria. A questo<br />

prestigioso premio venne<br />

abbinata, nel 1962, la Targa<br />

Gino Cornaggia, morto per una<br />

brutta malattia l’anno prima,<br />

da assegnare al realizzatore<br />

del miglior tempo assoluto. La<br />

formula piacque e numerosi sci<br />

club <strong>di</strong>edero la loro adesione.<br />

Arrivavano da tutta la<br />

provincia. Oltre che da Rasura<br />

e Gerola, fucine <strong>di</strong> campioni, si<br />

registrò la presenza <strong>di</strong> squadre<br />

provenienti da Madesimo,<br />

da Sondrio, da Tirano e da<br />

Poschiavo. E proprio da<br />

quest’ultimo centro svizzero<br />

proveniva la Polisportiva<br />

Palù, compagine che negli<br />

anni si <strong>di</strong>mostrò protagonista<br />

in<strong>di</strong>scussa. A rendere più<br />

giocosa e movimentata la<br />

manifestazione ci pensavano<br />

le sfide nelle categorie<br />

giovanili, maschili e femminili,<br />

partecipate e combattute<br />

più della gara principale,<br />

soprattutto da parte dei<br />

genitori.<br />

Sopra: nell’ultima e<strong>di</strong>zione della<br />

gara è apparso anche il gatto delle<br />

nevi.<br />

In alto: un momento <strong>di</strong> relax<br />

durante la vigilia de<strong>di</strong>cata alla<br />

battitura della pista.<br />

A sinistra: impegnati nella<br />

tracciatura.<br />

18 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 19


Con il trascorrere degli anni<br />

le tecniche <strong>di</strong> <strong>di</strong>scesa e i<br />

materiali impiegati avevano<br />

subito notevoli miglioramenti.<br />

Conseguentemente gli sciatori,<br />

soprattutto quelli che si<br />

de<strong>di</strong>cavano all’agonismo, erano<br />

<strong>di</strong>ventati sempre più bravi, ma<br />

anche più esigenti. Da parte<br />

del C.A.I. venne fatto lo sforzo<br />

<strong>di</strong> adeguare la manifestazione<br />

alle nuove richieste: tracciati<br />

più larghi, più filanti e, nei<br />

limiti del possibile, più ritmici.<br />

Era necessario ampliare il<br />

terreno <strong>di</strong> gara. Grazie alla<br />

collaborazione e all’assistenza<br />

del Corpo Forestale dello<br />

Stato, fu possibile abbattere<br />

alcuni alberi che rendevano<br />

problematici certi passaggi<br />

nel bosco, così che si riuscì<br />

a realizzare un corridoio<br />

sufficientemente largo e adatto<br />

alla competizione. Ad<strong>di</strong>rittura,<br />

si poté creare nella parte<br />

terminale, a destra, scendendo,<br />

della chiesetta della Corte,<br />

un lungo e ripido scivolo che<br />

chiudesse in modo spettacolare<br />

la gara. Lo scüss della Corte,<br />

come veniva pomposamente<br />

chiamato, era assai temuto: lì<br />

si potevano valutare tecnica<br />

e coraggio dei concorrenti.<br />

Ma era anche pericoloso per<br />

sciatori non <strong>di</strong> primo rango,<br />

per cui fu utilizzato in poche<br />

occasioni, quando le con<strong>di</strong>zioni<br />

<strong>di</strong> innevamento lo rendevano<br />

ragionevolmente sicuro. La<br />

ricerca <strong>di</strong> un tracciato più<br />

moderno indusse anche ad<br />

abbassare la partenza, prima<br />

alle Tagliate <strong>di</strong> Sopra, così<br />

da evitare il canale a valle<br />

del Piede <strong>di</strong> Olano, sempre<br />

troppo angusto e chiuso dalla<br />

vegetazione, poi, negli anni<br />

Ottanta, in cima alle Tagliate<br />

<strong>di</strong> Mezzo.<br />

Nel 1977 ci fu un ulteriore<br />

cambio <strong>di</strong> formula. Il nuovo<br />

Trofeo, intitolato a Guido<br />

Cenini, giovane consigliere del<br />

C.A.I. <strong>Morbegno</strong> deceduto in<br />

un incidente stradale, <strong>di</strong>venne<br />

“biennale non consecutivo”.<br />

Per aggiu<strong>di</strong>carselo una squadra<br />

doveva vincerlo due volte,<br />

anche non <strong>di</strong> seguito.<br />

Conclusisi i cicli Lavizzari e<br />

Cenini, dal 1979 fino 1989 la<br />

gara prese la denominazione<br />

<strong>di</strong> “Trofeo Monte OIano”, che<br />

venne <strong>di</strong>sputato per quattro<br />

e<strong>di</strong>zioni.<br />

Lentamente, però, cominciò<br />

la parabola <strong>di</strong>scendente.<br />

Dall’inizio degli anni Ottanta<br />

le precipitazioni nevose,<br />

non più abbondanti come in<br />

passato (le e<strong>di</strong>zioni annullate<br />

riguardano, infatti, gli anni<br />

1981, 1983 e 1989) resero<br />

sempre più <strong>di</strong>fficoltosa la<br />

preparazione della pista, così<br />

nel 1989, a causa <strong>di</strong> un’annata<br />

particolarmente sfavorevole<br />

(nevicò solo alla fine <strong>di</strong><br />

febbraio), la Gara <strong>di</strong> Olano si<br />

estinse per morte naturale.<br />

Molti furono i personaggi legati<br />

a quell’epopea. Li ricorda tutti<br />

Giovanni Donadelli, che della<br />

Gara <strong>di</strong> Olano fu ispiratore<br />

e anima, in un simpatico<br />

componimento <strong>di</strong>alettale<br />

Bisogna mia desmentegà in questa storia<br />

I premm sciaduu che ià faa la gloria<br />

De sta gara vivüda cun pasiun,<br />

per el (Decubertèn) l’era sicur na su<strong>di</strong>sfaziun.<br />

El Giacum de Resura se peö mia desmentegà,<br />

anca l’Efrem che el sciava cula giachèta<br />

sempri aprida, che el la fava sventulà,<br />

a vedèl a scià l’èra na slavinèta.<br />

Ghèra el Ginu Curnagia, nasüü a Sacch<br />

El Tom Curnali che el sciava cume un matt<br />

Anca el Gino Curtoni de Gereula, grant sciaduu<br />

E peö el vegniva el Dunadèll dopo de luur.<br />

El Bavu Natalino e anca el Miliètu,<br />

el Lumbèla i Maccani, un bèl terzètu<br />

de Resura, in due vegnifa faa la premiaziun<br />

e le se fava i cüünt e anca i <strong>di</strong>scusiun.<br />

Peö lè rivaa i Riva i Gusmereu<br />

De l’architètt Rumegial anca i so fieu,<br />

i Galbusera <strong>di</strong> biscòtt, ghèra anca luur<br />

e per finì i Rumegiai, fieu del dutur.<br />

Tra i tanti persunacc che i fasiva la gara<br />

Da Madesim a Tiran l’èra mia na roba rara,<br />

i svizzer de Pus’sciaaf ghèra anca luur<br />

el Cutèli che l’è peö staa un grant alenaduur.<br />

Una curiosità: nel 1962 la gara<br />

venne vinta ex-aequo da Piero<br />

Lombella, futuro <strong>di</strong>rettore della<br />

scuola <strong>di</strong> Sci del Pescegallo, e da<br />

Mario Cotelli, che <strong>di</strong>venterà negli<br />

anni ’70 allenatore della valanga<br />

azzurra <strong>di</strong> Thoeni e Gros.<br />

20 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 21


Tempo <strong>di</strong> vigilia<br />

La gara si consumava nell’arco<br />

<strong>di</strong> una domenica mattina, ma la<br />

sua organizzazione richiedeva<br />

lunghi preparativi che<br />

impegnavano il Consiglio del<br />

C.A.I. nei tre mesi precedenti.<br />

Si iniziava a <strong>di</strong>cembre con il<br />

sopralluogo alla pista, prima<br />

che nevicasse o, comunque,<br />

prima che la quantità <strong>di</strong><br />

neve al suolo impe<strong>di</strong>sse <strong>di</strong><br />

intervenire per eliminare gli<br />

eventuali ostacoli, solitamente<br />

costituiti da alberi abbattuti e<br />

dalla ramaglia <strong>di</strong> sbroccatura.<br />

Inoltre si controllava che i pali<br />

e i teli delle porte, depositati<br />

nel solaio del ristoro contiguo<br />

alla chiesetta, fossero in or<strong>di</strong>ne<br />

e in numero sufficiente. Ma,<br />

in realtà, il sopralluogo era un<br />

pretesto per una gita che si<br />

concludeva sistematicamente<br />

in baita attorno al fuoco.<br />

Le cose da fare erano tante.<br />

Andavano ricontattati gli<br />

sponsor, bisognava provvedere<br />

all’acquisto delle coppe e delle<br />

medaglie, c’era da riprogettare<br />

e far stampare il programma<br />

della manifestazione. Poi si<br />

doveva organizzare il gruppo<br />

operativo, una ventina <strong>di</strong><br />

persone che avrebbero dovuto<br />

garantire l’assistenza logistica<br />

il giorno della gara e dare<br />

una sistemata ai pettorali<br />

dei concorrenti, rimasti in<br />

<strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne dall’anno prima<br />

(chissà perché, ma ne mancava<br />

sempre qualcuno).<br />

Il venerdì precedente la<br />

gara si trasformava in un<br />

appuntamento delicatissimo:<br />

alla sera, nella sede del<br />

C.A.I., si pre<strong>di</strong>sponeva<br />

l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> partenza. Sotto<br />

l’occhio attento e sospettoso<br />

dei responsabili dei gruppi<br />

sportivi iscritti, si procedeva al<br />

sorteggio della successione con<br />

la quale le squadre sarebbero<br />

scese. Solo allora era possibile<br />

inserire i nomi dei concorrenti:<br />

nel rispetto della sequenza<br />

stabilita, prima i numeri uno<br />

delle liste presentate dagli sci<br />

club, poi, ripetendo la stessa<br />

procedura, i numeri due, i<br />

numeri tre e così via fino ad<br />

esaurimento degli elenchi.<br />

La tensione era palpabile e<br />

comprensibile, perché era<br />

scontato che partire per primi<br />

su un tracciato facilmente<br />

deteriorabile garantiva un<br />

sicuro vantaggio. Tutto si<br />

svolgeva con la massima<br />

pubblicità e trasparenza,<br />

ma anche così qualche<br />

mugugno non mancava. Si<br />

sa, la competizione genera<br />

anche reazioni irrazionali<br />

e il dubbio che venissero<br />

commessi sotterfugi a<br />

vantaggio <strong>di</strong> questa o quella<br />

squadra era all’or<strong>di</strong>ne del<br />

giorno, soprattutto da parte<br />

<strong>di</strong> chi era stato sfavorito dalla<br />

sorte. Qualcuno faceva buon<br />

viso, ma qualcun altro, a fine<br />

gara, magari in seguito ad<br />

un risultato negativo, dava<br />

sfogo al proprio <strong>di</strong>sappunto,<br />

ipotizzando brogli o combine.<br />

Ed ecco finalmente il sabato,<br />

In alto: la chiesetta della Corte, con<br />

annesso rifugio, come appare oggi.<br />

In alto a sinistra: le seconde Tagliate<br />

dopo un’abbondante nevicata negli<br />

anni ottanta.<br />

Sopra: alcuni depliant della<br />

manifestazione.<br />

Nella pagina precedente: la fontana<br />

delle Terze Tagliate.<br />

22 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 23


vigilia <strong>di</strong> gara impegnativa e<br />

faticosa, ma anche momento<br />

<strong>di</strong> festa, atteso e pregustato.<br />

Si saliva in gruppo alla Corte:<br />

la base operativa era il ristoro<br />

retrostante la chiesetta,<br />

aperto per l’avvenimento.<br />

Mitico questo ristoro! Negozio<br />

alimentare ed osteria nel<br />

periodo estivo, in occasione<br />

della gara si trasformava in<br />

luogo <strong>di</strong> intrattenimento<br />

brulicante, dentro e fuori, del<br />

popolo festante dei concorrenti<br />

e degli spettatori. Il suo<br />

gestore, il “Girumin”, era anche<br />

il titolare della teleferica che<br />

dalla strada <strong>di</strong> Gerola, fra<br />

Sacco e Rasura, ” tirava su”<br />

materiale fino alla Corte. In<br />

un’epoca in cui ra<strong>di</strong>otelefoni<br />

e cellulari erano ancora <strong>di</strong> là<br />

da venire, ingegnoso era il<br />

sistema <strong>di</strong> comunicazione fra<br />

le stazioni a valle e a monte,<br />

sistema “a picà”, usato un po’<br />

dappertutto, in montagna,<br />

nelle operazioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>sbosco da<br />

parte dei “burelée”: gli addetti<br />

all’impianto, percuotendo<br />

con un grosso bastone la<br />

fune, producevano un moto<br />

vibratorio che si trasmetteva<br />

lungo il cavo da un capo<br />

all’altro. Un colpo dal basso: ci<br />

sono, metti in moto; due colpi<br />

dal basso: ho caricato, tira su;<br />

tre colpi dall’alto: ho finito, ti<br />

rimando il carrello. E, a quanto<br />

pare, la cosa funzionava<br />

egregiamente.<br />

Una breve sosta, poi via<br />

verso le Tagliate. A scaletta,<br />

<strong>di</strong>cevamo, con tanta pazienza,<br />

cercando <strong>di</strong> rendere il più<br />

compatto e liscio possibile il<br />

nastro della pista. Ai battitori<br />

seguiva il gruppetto dei<br />

rifinitori, fra i quali c’erano<br />

gli “esperti” con il compito<br />

<strong>di</strong> collocare le ban<strong>di</strong>erine.<br />

E questo finiva a volte per<br />

<strong>di</strong>ventare fonte <strong>di</strong> polemiche.<br />

Infatti fra i tracciatori c’era<br />

spesso anche qualcuno che<br />

avrebbe gareggiato il giorno<br />

seguente, il quale, ovviamente,<br />

cercava <strong>di</strong> adattare la pista<br />

alle proprie caratteristiche.<br />

Non solo. Siccome il<br />

posizionamento delle<br />

ban<strong>di</strong>ere richiedeva ripetuti<br />

aggiustamenti e poiché gli<br />

aggiustamenti andavano<br />

verificati provandoli, a fine<br />

giornata c’era chi conosceva<br />

la pista a memoria, con tutti<br />

i suoi possibili trabocchetti.<br />

La cosa finiva per essere<br />

risaputa e il giorno seguente,<br />

soprattutto se il vincitore era<br />

uno <strong>di</strong> questi, al momento<br />

delle premiazioni volavano<br />

gli stracci. Ma erano solo<br />

polemiche robuste <strong>di</strong> una gara<br />

ruspante ed autenticamente<br />

popolare.<br />

A metà giornata si cominciava<br />

a guardare l’orologio e ad<br />

essere inquieti. Giù dal<br />

“Girumin” era pronta una<br />

sontuosa polentata. La pausa<br />

ristoratrice costituiva un<br />

momento impagabile, in<br />

particolare in quegli anni<br />

nei quali un tiepido sole<br />

primaverile consentiva <strong>di</strong> stare<br />

all’aperto. Allora, allungati<br />

come lucertole a ridosso<br />

del muro della chiesa, si<br />

chiacchierava piacevolmente<br />

piluccando (e sorseggiando)<br />

“generi <strong>di</strong> conforto vari”. Tutti<br />

i pensieri del viver quoti<strong>di</strong>ano<br />

erano per un momento alle<br />

spalle, meglio che trovarsi sul<br />

lettino dello psicanalista.<br />

Il pomeriggio veniva de<strong>di</strong>cato<br />

alla rifinitura del tracciato<br />

e all’allestimento dell’area<br />

traguardo. All’imbrunire,<br />

tutti in baita dal Giovanni,<br />

alle Tagliate <strong>di</strong> Sotto. Era il<br />

secondo momento conviviale<br />

della giornata, atteso tanto<br />

quanto e forse <strong>di</strong> più <strong>di</strong> quello<br />

del mezzogiorno. La cena era<br />

tutto sommato frugale. Il<br />

bello veniva più tar<strong>di</strong> attorno<br />

al fuoco, quando iniziava<br />

quel rito che, pur ripetendosi<br />

<strong>di</strong> anno in anno, era sempre<br />

nuovo. Prese in giro reciproche,<br />

racconti <strong>di</strong> aneddoti, ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

episo<strong>di</strong> delle e<strong>di</strong>zioni passate,<br />

barzellette e canti. Il tutto<br />

accompagnato dal “nobil licore<br />

<strong>di</strong> Noè” che faceva il giro dei<br />

presenti nel classico “ciapèl”.<br />

Intanto le case del circondario<br />

si erano riempite, perché la<br />

Gara <strong>di</strong> Olano era anche un<br />

avvenimento mondano. E<br />

accadeva spesso <strong>di</strong> ricevere la<br />

visita <strong>di</strong> cortesia dei vicini. Ci<br />

In alto: lungo l’itinerario che<br />

da Mellarolo sale alla Corte.<br />

Sopra: l’arrivo alla chiesetta<br />

della Corte.<br />

A sinistra: mare <strong>di</strong> nebbia dalle<br />

Terze Tagliate.<br />

24 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 25


A destra: le Terze Tagliate dopo<br />

una nevicata autunnale nei primi<br />

anni ottanta.<br />

Sotto: ultime porte prima<br />

del traguardo.<br />

si stringeva un po’ e la serata<br />

proseguiva con più animazione.<br />

Poi tutti a dormire. Srotolati<br />

i sacchi a pelo, si cercava <strong>di</strong><br />

trovare la posizione meno<br />

scomoda e <strong>di</strong> trascorrere<br />

la nottata, per la verità<br />

abbastanza gelida, alla bell’e<br />

meglio. Ma anche questo faceva<br />

parte del gioco.<br />

Finalmente si gareggia<br />

La domenica iniziava presto.<br />

La sveglia era alle sette, per<br />

chi era riuscito a dormire,<br />

si procedeva ad una toletta<br />

sommaria, si trangugiava<br />

una frettolosa colazione, in<br />

un ambiente reso gelido dal<br />

rigore notturno, neppure<br />

il lontano ricordo <strong>di</strong> quello<br />

della sera precedente, e ci<br />

si trasferiva alla Corte ad<br />

accogliere i concorrenti, che<br />

verso le otto cominciavano ad<br />

arrivare. Nell’arco <strong>di</strong> un’ora il<br />

piccolo spiazzo antistante il<br />

ristoro era tutto un brulicare<br />

<strong>di</strong> sciatori, un’esposizione <strong>di</strong><br />

sci e un deposito <strong>di</strong> sacchi<br />

da montagna. Dentro, nella<br />

stanza accanto alla cucina, il<br />

Giovanni faticava non poco a<br />

mettere un po’ d’or<strong>di</strong>ne nello<br />

stuolo <strong>di</strong> persone vocianti<br />

che chiedevano ragguagli,<br />

elenchi e i pettorali <strong>di</strong> gara<br />

dei rispettivi gruppi. Alle nove,<br />

come per incanto, tutto si<br />

normalizzava: i concorrenti, a<br />

pie<strong>di</strong>, a scaletta o a resca <strong>di</strong><br />

pesce, risalivano la pista in<br />

una lunga fila. Procedevano<br />

lentamente, stu<strong>di</strong>ando con<br />

grande attenzione il tracciato<br />

e cercando <strong>di</strong> memorizzare la<br />

<strong>di</strong>sposizione delle porte per<br />

in<strong>di</strong>viduare la strategia <strong>di</strong><br />

gara migliore. I commissari <strong>di</strong><br />

percorso si sistemavano nelle<br />

postazioni loro assegnate<br />

provvisti <strong>di</strong> notes e matita<br />

(a doppia punta per ogni<br />

evenienza) e della “ razione<br />

<strong>di</strong> sopravvivenza” (pacchetto<br />

<strong>di</strong> biscotti e grappino). I<br />

cronometristi, anche loro<br />

scarpinando, prendevano<br />

posto alla partenza e all’arrivo<br />

e tutto poteva avere inizio.<br />

Cominciavano i big, quelli<br />

che correvano per vincere.<br />

La tensione agonistica era<br />

alle stelle. Alcuni, ricorrendo<br />

a quella che definivano<br />

“partenza atletica”, una<br />

specie <strong>di</strong> dondolio avanti<br />

e in<strong>di</strong>etro ritmato sulla<br />

scansione dei secon<strong>di</strong>,<br />

riuscivano furbescamente,<br />

prima del “via” ufficiale,<br />

a sfilarsi dalla mano dello<br />

starter che li teneva per una<br />

spalla, rubacchiando qualche<br />

attimo. Ovviamente venivano<br />

penalizzati, e, altrettanto<br />

ovviamente, la penalizzazione,<br />

ritenuta immeritata, entrava<br />

nel computo delle <strong>di</strong>scussioni<br />

e delle polemiche serali<br />

assieme a tutte le altre. Poi<br />

toccava ai meno esperti, che<br />

correvano decoubertianamente<br />

solo per partecipare, e infine<br />

ai giovani, sud<strong>di</strong>visi nelle<br />

loro categorie. Questi ultimi<br />

erano costretti a gareggiare<br />

su una pista <strong>di</strong>ventata un<br />

campo <strong>di</strong> battaglia, tanto era<br />

piena <strong>di</strong> buche e <strong>di</strong> solchi.<br />

I più piccoli, ad<strong>di</strong>rittura,<br />

sparivano letteralmente in<br />

trincee più alte <strong>di</strong> loro. Ai<br />

bor<strong>di</strong> dell’intero tracciato<br />

tanti spettatori, attenti e<br />

competenti, applau<strong>di</strong>vano i<br />

bravi e incoraggiavano i più<br />

imbranati. Gli incitamenti<br />

dei supporter si facevano<br />

sentire, soprattutto quando a<br />

scendere erano i concorrenti<br />

delle categorie giovanili.<br />

Allora i genitori, correndo<br />

per un breve tratto <strong>di</strong>etro i<br />

loro ragazzi, si producevano<br />

in un tifo in<strong>di</strong>avolato con<br />

incoraggiamenti, consigli ed<br />

informazioni riguardanti le<br />

con<strong>di</strong>zioni della pista. E anche,<br />

fortunatamente <strong>di</strong> rado, con<br />

qualche rimprovero: chissà se<br />

qualche promettente carriera<br />

agonistica è stata interrotta<br />

da questi atteggiamenti<br />

sbagliati?<br />

La sarabanda durava dalle<br />

due alle tre ore. Al termine,<br />

tutti a Rasura per la cerimonia<br />

delle premiazioni. I vincitori<br />

esultavano, gli sconfitti, per<br />

utilizzare un neologismo<br />

rime<strong>di</strong>ato dal calcio, rosicavano<br />

per un po’, magari incolpando<br />

la sfortuna o polemizzando per<br />

presunte ingiustizie, ma, per<br />

<strong>di</strong>rla ancora con Giovanni,<br />

L’andava peö a finì che teut el se quietava,<br />

e ala premiaziun tücc i se presentava<br />

e peö tra canta<strong>di</strong>, bevü<strong>di</strong> e <strong>di</strong>scusiun<br />

ognun el se tegniva la sua resun.<br />

ALBO D’ORO<br />

TROFEO GIULIO LAVIZZARI<br />

1961 – G.S. Valgerola (1° Giudes Mario – C.A.I. Tirano)<br />

1962 - G.S. Valgerola (1° Lombella Piero – Cotelli Mario)<br />

1963 - G.S. Valgerola (1°Bavo Giovanni – G.S. Valgerola)<br />

1964 - G.S. Valgerola (1° Lombella Piero – G.S. Valgerola)<br />

1965 – G. S. Valgerola (1° Lombella Piero – G.S. Valgerola)<br />

1966 – C.A.I. <strong>Morbegno</strong> (1° Maccani Valeriano – S.C. Rasura)<br />

1967 – G.S. Valgerola (1° Bavo Natalino – G.S. Valgerola)<br />

1968 – G.S. Valgerola (1°Bavo Pinuccio – G.S. Valgerola)<br />

1969 – Pol. Palù (1° Lanfranchi Valerio – Pol. Palù)<br />

1970 – Pol. Palù (1° Lanfranchi Valerio – Pol. Palù)<br />

1971 – G.S. Valgerola (1° Belotti Riccardo – G.S. Valgerola)<br />

1972 – S.C. Delebio (1° Lanfranchi Valerio – Pol. Palù)<br />

1973 – Pol. Palù (1° Lanfranchi valerio – Pol. Palù)<br />

1974 – G.S. Valgerola (1° Magri Luigi – C.A.I. Sondrio)<br />

1975 – G.S. Valgerola (1° Zugnoni Marco – G.S. Valgerola)<br />

1976 – S.C. Gran Slalom (1° Sassella Gianni – S.C. Gran Slalom)<br />

TROFEO GUIDO CENINI<br />

1977 – Pol. Palù (1° Galbusera Fulvio – C.A.I. <strong>Morbegno</strong>)<br />

1978 – Pol. Palù (1° Triacca Sandro – Pol. Palù)<br />

1° TROFEO MONTE OLANO (Pol. Palù)<br />

1979 – S.C. Sport Domani (1° Zugnoni Marco – S.C. Sport Domani)<br />

1980 – Pol. Palù (1° Costa Silvio – pol. Palù)<br />

1981 – non effettuato<br />

1982 – Pol. Palù (1° Luzzi Attilio – S.C. Talamona)<br />

2° TROFEO MONTE OLANO (Pol. Palù)<br />

1983 – non effettuato<br />

1984 – Pol. Palù (1° Rada Franco – Pol. Palù)<br />

1985 – Pol. Palù (1° Costa Silvio – Pol. Palù)<br />

3° TROFEO MONTE OLANO (Pol. Palù)<br />

1986 – Pol. Palù (1° Zugnoni Marco – G.S. Valgerola)<br />

1987 – Pol. Palù (1° Monti Marcello – C.A.I. <strong>Morbegno</strong>)<br />

4° TROFEO MONTE OLANO<br />

1988 – Pol. Palù (1° Zugnoni Massimo – G.S. Mellarolo)<br />

1989 – non effettuato<br />

(Il 4° Trofeo Monte Olano non è più stato condotto a termine)<br />

26 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 27


LA VALLE<br />

DEL FABIOLO<br />

La valle che non c’è (più)<br />

I forti temporali del<br />

luglio 2008 hanno<br />

sconvolto la morfologia<br />

della Val Fabiòlo. Una<br />

frana staccatasi nella<br />

parte alta della valle si<br />

è riversata nel torrente<br />

e, aumentando via<br />

via <strong>di</strong> consistenza,<br />

ha cancellato lunghi<br />

tratti della mulattiera<br />

e <strong>di</strong>strutto alcuni<br />

ponti. L’intervento <strong>di</strong><br />

bonifica programmato,<br />

anche se rispettoso<br />

delle caratteristiche<br />

geografiche e storiche<br />

della valle, <strong>di</strong>fficilmente<br />

la potrà riportare allo<br />

stato preesistente.<br />

<strong>di</strong> Riccardo Marchini<br />

Lo so. E’ privo <strong>di</strong> senso<br />

proporre una gita in una valle<br />

come se fosse ancora integra<br />

e vitale, ma ciò deriva dalla<br />

speranza <strong>di</strong> veder rinascere uno<br />

degli ambienti più suggestivi<br />

ed inquietanti della Valtellina,<br />

la Valle del Fabiòlo (con<br />

l’accento grave rigorosamente<br />

collocato sulla prima o) che<br />

certamente, nonostante i<br />

lavori <strong>di</strong> recupero in fase <strong>di</strong><br />

realizzazione, non potrà mai<br />

più essere come prima.<br />

Immaginando <strong>di</strong> essere davanti<br />

a un computer, annulliamo<br />

con un semplice clic del<br />

mouse l’ultima operazione,<br />

vale a <strong>di</strong>re l’alluvione che ha<br />

sconvolto per lunghi tratti<br />

la valle, e ritorniamo a due<br />

anni fa, quando la mulattiera,<br />

accuratamente acciottolata,<br />

ancora risaliva il corso del<br />

torrente.<br />

Valle del Fabiòlo, si <strong>di</strong>ceva,<br />

italianizzazione, forse, del<br />

toponimo <strong>di</strong>alettale Fabgiöl,<br />

cioè faggiòlo, ovvero piccolo<br />

faggio. E in effetti qui i<br />

faggi sono <strong>di</strong> casa. “D’una<br />

sottospecie storcignata e<br />

cespugliosa – scriveva nel 1979<br />

Giulio Spini, che della valle<br />

è stato cultore e cantore –<br />

presenti tutt’ora e un tempo<br />

molto fitti in una località<br />

chiamata, appunto, Fabiòlo,<br />

che il torrente lambisce nel<br />

primo sta<strong>di</strong>o del suo corso,<br />

28 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 29


quando precipita, ripido borro<br />

ancora, dai pascoli dell’Alpe<br />

Dàssola, prima <strong>di</strong> cadere, <strong>di</strong><br />

tònfano in tònfano, nella<br />

Puzzana (Grande Pozza) e <strong>di</strong><br />

prendere, più tranquillamente,<br />

giù per la valle”.<br />

Geograficamente la valle nasce<br />

alla sella prativa <strong>di</strong> Campo e<br />

scende per ottocento metri,<br />

con uno sviluppo <strong>di</strong> oltre<br />

quattro chilometri, compiendo<br />

un ampio giro da destra a<br />

sinistra attorno alla Culmen <strong>di</strong><br />

Campo, prima <strong>di</strong> assumere un<br />

andamento più rettilineo e <strong>di</strong><br />

sbucare da una profonda gola<br />

sul piano in corrispondenza <strong>di</strong><br />

Sirta.<br />

Per chi la risale, invece, la<br />

mulattiera parte dall’abitato <strong>di</strong><br />

Sirta appunto, fra il torrente<br />

e la chiesa parrocchiale, la<br />

cui imponente cupola attira<br />

l’attenzione <strong>di</strong> chi transita<br />

lungo la Statale 38. E’ la via<br />

‘Alla Sostila’ che collega il<br />

paesello orobico a Campo e,<br />

quin<strong>di</strong>, a Tartano.<br />

La rampa ben acciottolata si<br />

inerpica sul pen<strong>di</strong>o boscoso,<br />

lambisce una cappella e, dopo<br />

un’inversione <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezione,<br />

raggiunge, con una sequenza<br />

<strong>di</strong> gra<strong>di</strong>ni scavati nella viva<br />

roccia, la località ‘Il Baak’ (Le<br />

Panche), balcone panoramico<br />

senza uguali su Sirta e sulla<br />

campagna <strong>di</strong> Ardenno, prima<br />

<strong>di</strong> spianare e <strong>di</strong> iniziare a<br />

penetrare gradualmente nella<br />

valle. A destra spuntoni <strong>di</strong><br />

roccia alternati a brandelli<br />

<strong>di</strong> terra sui quali riescono<br />

a trovare sostentamento<br />

instabili castagni, a sinistra<br />

la forra angusta e profonda<br />

del torrente. Poi la Valtellina<br />

scompare <strong>di</strong> colpo e si entra in<br />

un altro mondo. L’isolamento<br />

<strong>di</strong>venta totale: fisico e<br />

psicologico. Ma proprio qui<br />

sta il fascino del luogo. Anzi,<br />

osservava ancora Giulio Spini,<br />

“L’autunno e l’inverno più che<br />

le belle stagioni, la sera e<br />

la notte più che il giorno si<br />

ad<strong>di</strong>cono alla Valle del Fabiòlo,<br />

il tempo piovoso e l’uggia<br />

della nebbia più dell’azzurro e<br />

del sole”. Non so se sia stato<br />

voluto o, semplicemente,<br />

se sia stato uno scherzo<br />

inconsapevole, ma qualche<br />

buontempone, ravvisando nella<br />

conformazione <strong>di</strong> una roccia<br />

le sembianze <strong>di</strong> una creatura<br />

anti<strong>di</strong>luviana, ha voluto<br />

qualche anno fa renderla più<br />

verosimile con alcuni ritocchi<br />

<strong>di</strong> vernice bianca e rossa.<br />

Certo è che quel lucertolone<br />

mineralizzato che ci accoglieva<br />

all’ingresso della valle (ora<br />

le tracce <strong>di</strong> colore sono quasi<br />

completamente sbia<strong>di</strong>te), ben<br />

si adattava a rappresentare<br />

l’atmosfera da Jurassic Park che<br />

la pervade. Voleva essere forse,<br />

nelle intenzioni degli ideatori<br />

un richiamo al ‘baselésk’<br />

(basilisco), il drago crestato<br />

che, assieme agli spiriti e alle<br />

streghe, popolava le leggende<br />

del luogo?<br />

Ci troviamo a ‘Iném la Val’,<br />

possibile volgarizzazione del<br />

latino ‘in imo vallis’, cioè ‘nel<br />

profondo della valle’, dove<br />

una cappellina affianca il<br />

ponticello che immette sul<br />

sentiero per Livisolo. Versanti<br />

ripi<strong>di</strong>ssimi incombenti su un<br />

fondovalle angusto, appena<br />

sufficiente a contenere il letto<br />

del torrente e la mulattiera,<br />

sembrano chiudersi sopra <strong>di</strong> noi<br />

per schiacciarci sul selciato.<br />

Purtroppo da questo punto<br />

dovremmo cominciare ad usare<br />

i verbi all’imperfetto, perché<br />

al posto del bel lastricato<br />

risalente parallelo al torrente,<br />

ora alla sua destra ora alla sua<br />

sinistra, ci si trova <strong>di</strong> fronte<br />

ad un ammasso caotico <strong>di</strong><br />

detriti più o meno grossolani<br />

fra i quali chi, per necessità<br />

In alto: panoramica dalla terrazza<br />

prativa della Ca’ Redunda.<br />

Sopra: Jurassic-Val Fabiolo.<br />

A fianco: la Val Fabiolo dal sentiero per<br />

Livisolo.<br />

Nelle pagine precedenti: la mulattiera<br />

alla Sponda e Sostila.<br />

Nelle pagine seguenti: il Maurizio dei<br />

Bures con Giulio Spini e i prati della<br />

Sponda con la sella <strong>di</strong> Campo.<br />

30 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 31


o per <strong>di</strong>porto, ha continuato<br />

a transitare, ha cominciato a<br />

lasciare una timida traccia.<br />

Superiamo con un balzo<br />

ideale questo tratto oramai<br />

compromesso affidandoci <strong>di</strong><br />

nuovo alle immagini proposteci<br />

da Giulio Spini: ” Ciò non<br />

significa che le stagioni vive<br />

non abbiano nulla da <strong>di</strong>re<br />

in questo regno destinato,<br />

per vocazione ambientale,<br />

allo squallore e al grigio<br />

delle nebbie e delle ombre.<br />

A primavera, il verde sbuca e<br />

affiora dappertutto, in ogni<br />

angolo, in basso e in alto.<br />

Ogni crepa ha la sua zolla,<br />

ogni greppo i suoi cespugli,<br />

ogni anfratto il suo rovo. Il<br />

castagno fino a metà valle,<br />

e poi il faggio, il nocciòlo,<br />

l’ontano s’inerpicano <strong>di</strong> rupe in<br />

rupe, si sporgono da picchi su<br />

pugni <strong>di</strong> terra … Sui margini<br />

e le pen<strong>di</strong>ci appena spalmate<br />

<strong>di</strong> terra, sul greto stesso, a<br />

portata <strong>di</strong> mano, mettono<br />

foglie e fiori il sambuco e<br />

il biancospino, il crespino<br />

e il cinorro<strong>di</strong>o, fra ciuffi <strong>di</strong><br />

festuche e steli <strong>di</strong> sassifraga e<br />

<strong>di</strong> lupinella. E’ una intrusione<br />

<strong>di</strong> verde e <strong>di</strong> tinte policrome<br />

che il paesaggio, però, sembra<br />

ospitare con <strong>di</strong>stacco, senza<br />

intima assimilazione, così come<br />

accetta il sole, per una festa<br />

provvisoria <strong>di</strong> colori e <strong>di</strong> luci”.<br />

Eccoci così arrivati ai ‘Bures’,<br />

altro luogo <strong>di</strong> suggestione<br />

intensa, dove la valle, che si<br />

allarga in una <strong>di</strong>stesa <strong>di</strong> prati,<br />

dà un po’ <strong>di</strong> respiro prima <strong>di</strong><br />

ri<strong>di</strong>ventare cupa incuneandosi<br />

con una lunga esse fra gli<br />

scoscen<strong>di</strong>menti della ‘Culmen’ e<br />

della ‘Muta’.<br />

Una cappelletta, la terza,<br />

alcuni fienili, qualche casa<br />

rustica, un affresco sbia<strong>di</strong>to<br />

sui resti <strong>di</strong> una stalla stanno<br />

a testimoniare la presenza<br />

in passato <strong>di</strong> una civiltà<br />

rurale <strong>di</strong> sussistenza, ma<br />

profondamente ancorata ai<br />

valori della religione. Qui, in<br />

un poverissimo ricovero, fino a<br />

venticinque anni fa conduceva<br />

la sua vita appartata il mite e<br />

schivo Maurizio (el Maurizi <strong>di</strong><br />

Bures), figura emblematica <strong>di</strong><br />

moderno eremita in perfetta<br />

simbiosi con l’ambiente.<br />

Sul pen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> destra “Oltre uno<br />

sbarramento <strong>di</strong> vecchi castagni<br />

scuri, grossi, ischeletriti, dal<br />

tronco corroso o sventrato,<br />

eppure ancora vivi e vigorosi, -<br />

è ancora Giulio Spini che scrive<br />

– sorge l’unico villaggio della<br />

Valle del Fabiòlo, Sostila, in<br />

cima, quasi, a un manto prativo<br />

che dal fondovalle raggiunge,<br />

a dossi e foppe, il crinale della<br />

Val Tartano … Non c’è più<br />

anima viva, se non per qualche<br />

settimana d’estate, delle venti<br />

famiglie e più che riempivano<br />

in permanenza le due contrade,<br />

esposta la principale con la sua<br />

chiesetta chiara e semplice,<br />

sulla curvatura centrale del<br />

pen<strong>di</strong>o, seminascosta l’altra<br />

e mimetizzata con il sasso<br />

vicino. Casolari antichi, più che<br />

vecchi, neri molti <strong>di</strong> fuliggine,<br />

soli<strong>di</strong> nella muratura fine e<br />

curata, da cui traspaiono la<br />

‘profonda civiltà della casa’<br />

e l’or<strong>di</strong>ne istintivo <strong>di</strong> una<br />

popolazione abituata ad un<br />

maturo equilibrato rapporto<br />

con le cose. Stra<strong>di</strong>ne selciate,<br />

strette gra<strong>di</strong>nate <strong>di</strong> pietra,<br />

piccole piazzole con se<strong>di</strong>li<br />

bassi intorno, le porte vicine<br />

le une alle altre con stipiti<br />

e architravi in sasso vivo,<br />

loggette e scale <strong>di</strong> legno<br />

lungo le facciate, parlano<br />

della gente, ne evocano la<br />

presenza, ne raccontano<br />

il lavoro e la fatica nello<br />

scorrere delle generazioni”. A<br />

conferma <strong>di</strong> quanto l’ambiente<br />

possa invogliare ad una vita<br />

appartata e ad un rapporto<br />

più <strong>di</strong>retto con la montagna,<br />

da qualche anno quassù a<br />

‘Larèt’, la più settentrionale<br />

delle due contrade, ha<br />

stabilito la propria <strong>di</strong>mora<br />

fissa l’amico Fausto, quasi a<br />

32 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 33


voler raccogliere il testimone<br />

dal “Maurizio dei Bures” che <strong>di</strong><br />

Fausto era zio. A metà strada<br />

fra i due nuclei il piccolo<br />

cimitero, oramai abbandonato,<br />

con sulla facciata alcune<br />

vecchie lapi<strong>di</strong> le cui epigrafi,<br />

semplici ma intense,<br />

fotografano con pochissime<br />

parole, ma come meglio non si<br />

potrebbe, l’esistenza terrena<br />

delle persone defunte. “Portò<br />

in vita una selva <strong>di</strong> croci”<br />

recita una <strong>di</strong> queste. Pensate!<br />

Non una croce, ma ad<strong>di</strong>rittura<br />

una selva!<br />

Dicevamo che dai Bures la<br />

valle si fa <strong>di</strong> nuovo angusta e<br />

cupa, stretta com’è fra le due<br />

sponde ripide, <strong>di</strong>rupata quella<br />

<strong>di</strong> destra, più boscosa ma<br />

ugualmente scoscesa quella <strong>di</strong><br />

sinistra, e solo dopo un buon<br />

tratto riacquista un aspetto<br />

meno opprimente. Anche qui il<br />

<strong>di</strong>ssesto causato dall’alluvione<br />

ha lasciato il segno: cancellata<br />

la mulattiera, <strong>di</strong>strutto il ‘Puut<br />

de la Palanga’ che traghettava<br />

sul versante destro orografico.<br />

Trascuriamo la deviazione<br />

che, a sinistra, in<strong>di</strong>rizza,<br />

in alto, al maggengo de ‘La<br />

Muta’ e, poco sopra, alla ‘Ca’<br />

Redunda’, curiosa costruzione,<br />

cucina e stanza sovrapposte,<br />

voluta a pianta circolare<br />

dall’anticonformismo del<br />

proprietario. Proseguiamo<br />

lungo la mulattiera, in questo<br />

tratto risparmiata dalla frana,<br />

e raggiungiamo ‘La Spunda’,<br />

<strong>di</strong>stesa prativa, che si inerpica<br />

a sinistra su per il ripido<br />

pen<strong>di</strong>o, dove le stalle, <strong>di</strong>sposte<br />

trasversalmente a schiera,<br />

somigliano a una muraglia<br />

<strong>di</strong>fensiva. L’acciottolato si<br />

snoda verso l’alto affondato<br />

fra due ‘murache’ che lo<br />

tengono ben separato dai prati,<br />

troppo preziosi per poter essere<br />

invasi anche involontariamente<br />

dai viandanti. Prati ancora ben<br />

tenuti che nascondono alcune<br />

rarità botaniche: a maggio qui<br />

è possibile trovare, assieme<br />

ad alcune piccole orchidee,<br />

il ‘Tùlipa australis’, un bel<br />

tulipano giallo segnalato, per<br />

quanto riguarda la provincia<br />

<strong>di</strong> Sondrio, solo in Val Fabiòlo.<br />

Accanto alle case, affacciata<br />

sulla via, la penultima delle<br />

cinque cappelle che scan<strong>di</strong>vano<br />

il cammino <strong>di</strong> quanti avevano<br />

necessità <strong>di</strong> scendere a valle<br />

prima che venisse costruita la<br />

rotabile. L’ultima la si vede,<br />

alzando lo sguardo, al ‘Zapél<br />

de Val’, in cima al terrapieno<br />

che sbarra la valle e si raccorda<br />

con l’ampia sella erbosa<br />

adagiata fra Case e Somvalle,<br />

due delle contrade <strong>di</strong> Campo,<br />

meta della nostra gita alla<br />

ricerca <strong>di</strong> sensazioni ine<strong>di</strong>te.<br />

A sinistra: foto piccola,<br />

Tùlipa australis e, foto<br />

grande, Sostila nella neve.<br />

Ha dovuto aspettare d’essere<br />

abbandonata, Sostila, per ispirare<br />

poeticamente un turista che consegnò,<br />

una trentina <strong>di</strong> anni fa, a un conta<strong>di</strong>no<br />

oriundo del villaggio, questo can<strong>di</strong>do<br />

sonetto.<br />

SOSTILA NELLA NEVE<br />

Sul forte pen<strong>di</strong>o della Val Fabiòlo<br />

guardata da castagni secolari<br />

scuri, nocchiuti, conficcati al suolo<br />

a vegliare i deserti casolari,<br />

Sostila, bianca dentro il grande lenzuolo<br />

<strong>di</strong> neve, nella fredda sera appari<br />

col tuo profilo, povero poggiuolo<br />

aperto a le velate ombre lunari.<br />

L’antico zoccolìo della tua gente<br />

più non cede al riposo della sera,<br />

né il parlare si spegne lentamente<br />

insieme ai fuochi, dopo la preghiera:<br />

gentile cimitero opalescente<br />

<strong>di</strong> un mondo conta<strong>di</strong>no e della sua éra.<br />

(Anonimo - 1977)<br />

34 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 35


SU PER<br />

LA VALLE<br />

2 marzo 1927<br />

…<br />

Un formicaio conico <strong>di</strong> case<br />

Per entrare nel paese <strong>di</strong><br />

Sirta, addossato allo sbocco<br />

della Valle per cui devo<br />

salire, si supera il fiume su<br />

un vecchio e grosso ponte <strong>di</strong><br />

legno. Un formicaio conico<br />

<strong>di</strong> case affollate sotto la<br />

chiesa ottocentesca, che,<br />

sovrastandole col cupolone<br />

spropositato, non riesce<br />

a nascondere l’innocente<br />

vanagloria parrocchiale <strong>di</strong> chi<br />

l’ha voluta e pagata, a costo<br />

<strong>di</strong> non pochi sacrifici. Fede<br />

e appariscenza, mi viene da<br />

pensare, <strong>di</strong> questo abitato<br />

conta<strong>di</strong>no ra<strong>di</strong>catissimo anche<br />

nei campanilismi, rannicchiato<br />

al <strong>di</strong> sotto <strong>di</strong> balze scure,<br />

vertiginose, incombenti, privo<br />

<strong>di</strong> sole da ottobre a marzo e<br />

non visitato dal chiaro <strong>di</strong> luna<br />

nei mesi cal<strong>di</strong>. “D’inverno senza<br />

<strong>di</strong> Giulio Spini<br />

Anno 1927. Ripercorriamo la Valle del Fabiòlo in<br />

compagnia <strong>di</strong> Don Beniamino, all’epoca parroco<br />

<strong>di</strong> Campo. Lo scritto è tratto dal DIARIO DI UN<br />

PARROCO DI MONTAGNA, pubblicato a puntate con<br />

lo pseudonimo <strong>di</strong> Elio Rupi sulla rivista trimestrale<br />

‘Quaderni Valtellinesi’.<br />

sole e d’estate senza luna” mi<br />

<strong>di</strong>ce rassegnata una vecchietta,<br />

che incontro sul sagrato<br />

umido quasi sempre brinato<br />

per settimane e settimane,<br />

afoso d’estate, eppure <strong>di</strong> una<br />

suggestione singolare.<br />

Questo luogo terribile<br />

Mi fermo a guardare la chiesa.<br />

Sul frontone della facciata si<br />

legge: ‘Metuendus est locus<br />

iste”. “‘E’ terribile questo<br />

luogo”’, mi spiega la vecchietta<br />

che però vi entra serena<br />

e tranquilla, spingendo la<br />

porta con l’aria <strong>di</strong> chiedere un<br />

permesso confidenziale, come<br />

fosse una casa amica. E dentro<br />

la chiesa è sì molto alta e<br />

solenne, ma non ispira proprio<br />

timore.<br />

Una posatezza severa<br />

Prima <strong>di</strong> mettermi in cammino<br />

su per la valle, mi reco a<br />

salutare Don Cirillo, il parroco,<br />

che non ho ancora incontrato.<br />

Mi colpisce, come <strong>di</strong>re?, la sua<br />

posatezza severa, la lentezza<br />

liturgica dei suoi gesti come se<br />

indossasse il piviale, il modo<br />

oratorio, ma a voce contenuta,<br />

<strong>di</strong> parlare senza quasi muovere<br />

le labbra strette e lo sguardo<br />

scrutatore. La sua ospitalità<br />

è però sostanziosa e sincera.<br />

Se mai bisogna vincere la<br />

soggezione che ispira, fatta<br />

com’è, apparentemente, <strong>di</strong><br />

coman<strong>di</strong> più che <strong>di</strong> cortesia.<br />

“Adesso devo lasciarla,<br />

altrimenti mi viene notte e<br />

sono senza lanterna. E poi non<br />

ho ancora recitato neppure il<br />

mattutino.”<br />

… c’è rime<strong>di</strong>o anche alla<br />

paura<br />

“La lanterna gliela presto io<br />

e il mattutino lo recitiamo<br />

insieme. O ha timore anche<br />

36 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 37


Sotto: portali a Sostila.<br />

Nella pagina a fronte: la mulattiera della Val<br />

Fabiolonel tratto, ora <strong>di</strong>strutto, a Iném la Val.<br />

lei <strong>di</strong> affrontare la ‘valle<br />

degli spiriti’? Sa che il<br />

mio predecessore, povero<br />

<strong>di</strong>avolo,dopo una <strong>di</strong>scesa <strong>di</strong><br />

notte da Sostila, dove era stato<br />

chiamato per un moribondo,<br />

non è più stato lui? Ed è morto<br />

al manicomio …”<br />

“Don Cirillo, non vorrà spero<br />

dar cre<strong>di</strong>to a …”<br />

“Cre<strong>di</strong>to, cre<strong>di</strong>to – mi<br />

interrompe brusco – io<br />

riferisco. Se anche lei ha i<br />

nervi deboli, è bene che lo<br />

sappia …”<br />

“Per la verità, temo <strong>di</strong> più <strong>di</strong><br />

incespicare …”<br />

“Bè bè, c’è rime<strong>di</strong>o anche alla<br />

paura.”<br />

“Che paura!” faccio io.<br />

“Voglio <strong>di</strong>re che basta avere<br />

qualcuno insieme. Se non altro,<br />

la strada sembra più corta. Ho<br />

visto proprio un momento fa un<br />

suo parrocchiano, il Daniele <strong>di</strong><br />

Somvalle. Gli mando a <strong>di</strong>re che<br />

si ferma a cena e che l’aspetta<br />

qui per salire insieme.”<br />

Nel mistero del vecchio<br />

testamento<br />

Non sarei riuscito a respingere,<br />

senza offenderlo, quell’invito.<br />

Mandò la Perpetua a cercare<br />

il mio parrocchiano e così<br />

passammo insieme il resto del<br />

pomeriggio.<br />

Il suo ostentato <strong>di</strong>stacco<br />

non riusciva a nascondere<br />

il desiderio <strong>di</strong> stare con un<br />

confratello, <strong>di</strong> parlare con<br />

qualcuno.<br />

Fu una conversazione un po’<br />

deprimente. Sembrava che<br />

avesse un secchio d’acqua<br />

gelida per ognuna delle mie<br />

speranze e dei miei propositi.<br />

Riuscimmo a recitare il<br />

mattutino e le lo<strong>di</strong>. Lui senza<br />

aprire il Breviario, che in<br />

vent’anni <strong>di</strong> pratica sapeva a<br />

memoria, almeno i Salmi, gli<br />

inni e le parti fisse.<br />

Recitati da lui, assumevano<br />

una remota gravità, si<br />

invecchiavano fino a perdersi<br />

nel mistero del vecchio<br />

testamento.<br />

5 marzo 1927<br />

Su per la Valle<br />

La sera, dunque, <strong>di</strong> quattro<br />

giorni fa, <strong>di</strong> ritorno da<br />

Sondrio lasciai Sirta che<br />

ormai era scuro. Don Cirillo mi<br />

accompagnò fin sul ponticello<br />

<strong>di</strong> sasso, che solca il torrente,<br />

a pochi passi dalla porta <strong>di</strong><br />

casa, mi salutò compassato,<br />

eppure, ne ero sicuro, cor<strong>di</strong>ale.<br />

Daniele, il mio parrocchiano, mi<br />

aspettava paziente, seduto su<br />

un muricciolo nella piazzetta<br />

della latteria, con la lanterna<br />

in mano come fosse <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a.<br />

Si alzò rispettosamente in<br />

pie<strong>di</strong> a salutarci, togliendosi il<br />

cappello, ma il parroco si era<br />

già voltato e camminava, lento<br />

e solenne, come in processione,<br />

verso l’uscio rimasto aperto.<br />

Lo scroscio vicino dell’acqua,<br />

nello sboccare risentito fra i<br />

massi faceva parte del silenzio,<br />

ma il rotolìo <strong>di</strong> un carro<br />

sull’acciottolato, giù in mezzo<br />

al paese e il fischio lontano del<br />

treno traversavano da intrusi<br />

quella intensa sera delle cose e<br />

dell’animo.<br />

Prendemmo su per la salita<br />

che dal campanile cadevano<br />

i tocchi e i rintocchi delle<br />

ventuno, passammo un<br />

piccolo mulino sulla sinistra,<br />

arrivammo, con un tornante<br />

faticoso a un breve tratto<br />

pianeggiante: “ ‘Le panche’ –<br />

mi informò il mio compagno<br />

–’Il baak’, in <strong>di</strong>aletto”. Un<br />

balcone quasi a strapiombo<br />

su Sirta, rannicchiata sotto <strong>di</strong><br />

noi sull’Adda, sui prati della<br />

pianura.<br />

Dai paesi e villaggi ai pie<strong>di</strong> e<br />

sulle pen<strong>di</strong>ci trasparivano qua<br />

e là deboli lumicini; l’altissima<br />

barriera nera delle Retiche<br />

38 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 39


si alzava a tagliare l’azzurro<br />

primaverile. Mi appoggiai al<br />

parapetto <strong>di</strong> sasso a cercare<br />

con gli occhi la piccola<br />

vecchia canonica, confusa<br />

nella macchia <strong>di</strong> tetti, quasi<br />

a voler riprendere contatto<br />

col mio confratello, che avevo<br />

visto e sentito, seduti insieme<br />

a tavola, ma che non avevo<br />

potuto avvicinare. Immagine<br />

inquietante <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza, <strong>di</strong><br />

isolamento, forse <strong>di</strong> solitu<strong>di</strong>ne.<br />

Mi bastarono quattro passi<br />

sul viottolo, in momentanea<br />

<strong>di</strong>scesa, prima <strong>di</strong> impennarsi,<br />

per trovarmi inghiottito dalla<br />

valle e sentirmi chiuso in un<br />

altro mondo.<br />

Nel mezzo del Cammin …<br />

“Nel mezzo del cammin <strong>di</strong><br />

nostra vita<br />

mi ritrovai per una selva oscura<br />

che la <strong>di</strong>ritta via era smarrita.<br />

Ahi! Quanto a <strong>di</strong>r qual’era …”<br />

Fino a quel momento non<br />

m’ero quasi accorto della mia<br />

guida, così gentile e <strong>di</strong>screta,<br />

e adesso era lui che recitava<br />

quasi fra sé i primi versi<br />

dell’Inferno <strong>di</strong> Dante, col suo<br />

sacco non proprio leggero sulla<br />

testa e sulle spalle (e voleva<br />

portarsi anche la mia borsa <strong>di</strong><br />

pelle, regalo <strong>di</strong> prima messa<br />

dei miei coscritti).<br />

Recitava i versi a voce<br />

sommessa, per nulla<br />

declamatoria, come li avesse<br />

incorporati nei suoi pensieri, e<br />

intanto saliva leggero, elastico,<br />

sulla punta dei peduli <strong>di</strong> pezza,<br />

sfiorando appena i sassi, nei<br />

quali io invece ciampicavo,<br />

senza mai spezzare la cadenza<br />

misurata e regolare:<br />

“Che nel pensier rinnova la<br />

paura” …” Scusi, Signor curato,<br />

se l’annoio, ma questa valle mi<br />

suggerisce sempre il viaggio <strong>di</strong><br />

Dante all’Inferno”.<br />

“Avete stu<strong>di</strong>ato?”<br />

“Stu<strong>di</strong>ato io?! Ho il certificato<br />

<strong>di</strong> seconda elementare … Sono<br />

andato a scuola dal povero Don<br />

Foppoli. Si cominciava dopo i<br />

Morti, <strong>di</strong> ritorno dal maggengo<br />

A sinistra: i prati <strong>di</strong> Sostila.<br />

Sotto: il nucleo <strong>di</strong> case <strong>di</strong> Larét.<br />

e si smetteva in marzo a S.<br />

Giuseppe, quando sul maggengo<br />

bisognava risalirci, dopo aver<br />

pulito i prati dai sassi”.<br />

“E avete stu<strong>di</strong>ato qualche verso<br />

dell’Inferno?”<br />

“Anche del Purgatorio, Signor<br />

curato, e del Para<strong>di</strong>so …”<br />

“Come mai?”<br />

“Mio nonno, vede, aveva la<br />

Divina Comme<strong>di</strong>a e me la regalò<br />

quando ricevetti la cresima.<br />

L’aveva portata dal servizio<br />

militare, regalatagli dal suo<br />

capitano. La teneva in uno<br />

scrigno, dentro una cassettina<br />

<strong>di</strong> legno. Ho cominciato a<br />

leggerla, nelle sere d’inverno,<br />

nella stalla, e la domenica<br />

dopo i vespri. Per molto tempo<br />

non ci capivo nulla, ma ci<br />

sentivo dentro qualcosa <strong>di</strong><br />

importante e <strong>di</strong> bello, che<br />

non mi dava pace … A furia<br />

<strong>di</strong> leggerla me n’è rimasta in<br />

mente molta e adesso che sono<br />

quasi vecchio mi pare proprio<br />

<strong>di</strong> capirci meglio. Ma è un<br />

mare”.<br />

40 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 41


Fatta insieme a quel conta<strong>di</strong>no,<br />

fine, ricco <strong>di</strong> sensibilità, la<br />

strada mi si era trasformata in<br />

un’avventura straor<strong>di</strong>naria.<br />

Un primo risultato fu il bisogno<br />

<strong>di</strong> riprendere la lettura delle<br />

tre Cantiche, ritrovate ora<br />

come nuove, <strong>di</strong>ssotterrate<br />

dal grigiore scolastico,<br />

riscattate dall’immaturità della<br />

giovinezza.<br />

Un ambiente simile …<br />

Dante doveva aver<br />

raccolto nella memoria<br />

dell’immaginazione un<br />

ambiente simile a quello<br />

che ci incombeva, infossato<br />

fra rupi, deserto, spartito,<br />

dall’andamento dei versanti,<br />

in cavità fonde come crateri,<br />

con la sola possibile fuga degli<br />

occhi verso il cielo stellato.<br />

“Capisco che <strong>di</strong>cano questa<br />

valle frequentata dagli spiriti”<br />

osservai a Daniele.<br />

Non ebbi risposta. Intanto<br />

eravamo giunti in una piccola<br />

piazzola con una ru<strong>di</strong>mentale<br />

piattaforma <strong>di</strong> grossi pietroni,<br />

su un lato.<br />

… Vi depose il sacco<br />

Vi si avvicinò, vi depose il<br />

sacco e spense il lumino della<br />

lanterna, per non consumarlo<br />

inutilmente.<br />

“Questa è la ‘sosta dei mulini’<br />

– mi <strong>di</strong>sse. – La prima che<br />

abbiamo fatta al secondo<br />

tabernacolo è la ‘sosta <strong>di</strong><br />

inizio valle’. ‘Posa <strong>di</strong> iném-laval’<br />

– precisò - La sosta noi<br />

la chiamiamo ‘posa’ (con la<br />

esse sorda), posto <strong>di</strong> riposo.<br />

Con tutti i pesi che si devono<br />

portare su e giù, non si<br />

reggerebbe tutta la strada,<br />

senza sgravarsi qualche volta<br />

del carico. I nostri vecchi ci<br />

hanno lasciati i punti giusti,<br />

dove fermarsi. Ne abbiamo<br />

ancora quattro e poi siamo a<br />

casa”.<br />

“Quanto pesa il vostro sacco?”<br />

“Non molto. Sono venticinque<br />

chili <strong>di</strong> crusca, per una mucca<br />

ammalata”.<br />

Un <strong>di</strong>eci minuti dopo, riaccese<br />

la lanterna e ci rimettemmo a<br />

salire. A un ponticello <strong>di</strong> legno,<br />

deviammo su un sentiero in<br />

mezzo ai prati, che rasenta<br />

un gruppetto <strong>di</strong> baite con una<br />

cappella (la terza) e prosegue<br />

a ricongiungersi con il viottolo<br />

principale. Una scorciatoia.<br />

“Vede, Signor curato, in cima a<br />

questi prati sta l’unico paese <strong>di</strong><br />

questa valle, Sostila, <strong>di</strong> cento<br />

anime circa. L’ultimo prete morì<br />

all’inizio del secolo. Io l’ho<br />

conosciuto. Era alto, magro e<br />

sempre triste. Dicevano che vi<br />

fosse stato mandato, perché<br />

modernista”.<br />

“Sapete cosa significa<br />

modernista?”<br />

“Il povero curato mi spiegò<br />

una volta che modernista è<br />

un cattolico secondo il quale<br />

le verità della fede possono<br />

benissimo cambiare coi tempi”.<br />

Tacque per un po’ e concluse:<br />

“Che cosa ci resterebbe, nella<br />

vita fra queste montagne, se<br />

non fossimo più sicuri neppure<br />

della dottrina” (E pensare alla<br />

fatica mia e dei miei compagni<br />

<strong>di</strong> seminario, per rispondere<br />

all’interrogazione <strong>di</strong> dogmatica<br />

sull’argomento).<br />

Il campanaccio degli spiriti<br />

Alla sosta successiva, deposto<br />

il sacco sul muradello, mentre<br />

riposavamo, mi fece cenno <strong>di</strong><br />

tendere l’orecchio. Si u<strong>di</strong>va un<br />

<strong>di</strong>n<strong>di</strong>n roco <strong>di</strong> campanaccio da<br />

capre, inuguale, ora corto, ora<br />

prolungato, ora fievole, ora più<br />

forte.<br />

“Ecco, Signor curato, qui<br />

posso raccogliere la sua<br />

osservazione <strong>di</strong> mezz’ora fa<br />

sugli spiriti. Immagini <strong>di</strong><br />

essere qui da solo, a quest’ora<br />

o sul mezzo della notte, con<br />

tutte le storie che da bambini<br />

si sentono raccontare nelle<br />

veglie d’inverno. E insieme<br />

col rumore del vento e questo<br />

silenzio … Qualche pecora o<br />

capra che si muove <strong>di</strong>venta uno<br />

spirito … Non c’è poi tanto da<br />

meravigliarsi. Sa la risposta<br />

che mi dette mio padre, al<br />

quale chiedevo se ‘giù per la<br />

valle’ ci sono gli spiriti? Sì,<br />

ma dentro <strong>di</strong> te. Vuol credere?<br />

Da allora non ne ho più avuto<br />

paura. Avrò avuto <strong>di</strong>eci-do<strong>di</strong>ci<br />

anni”. Fra una fermata e l’altra,<br />

una preghiera e l’altra d’obbligo<br />

davanti ai tabernacoli (lasciavo<br />

a Daniele iniziarla, per seguire<br />

la regola certamente fissata<br />

dalla tra<strong>di</strong>zione), dopo<br />

un’estrema salita piuttosto<br />

sfiatante, arrivammo a Campo<br />

verso le ventitré. Ci lasciammo,<br />

lui per salire alla contrada<br />

a sinistra della sella, io per<br />

raggiungere, sull’orlo della<br />

valle maggiore, la chiesa, il<br />

A fianco: a Larèt il sentiero passa in<br />

galleria.<br />

Sotto: la cappelletta del Zapél de Val<br />

sulla sella <strong>di</strong> Campo.<br />

Nella pagina a fronte: la Val Fabiolo<br />

ripresa dall’Alpe Granda.<br />

sagrato, la mia casa, sepolti<br />

ormai nella notte.<br />

Pensavo nel camminare ormai<br />

in piano, calmo e fiducioso,<br />

al sereno equilibrio <strong>di</strong> quel<br />

conta<strong>di</strong>no cinquantenne,<br />

che da giovane (mi raccontò<br />

lungo la strada, col tono<br />

più naturale) era emigrato,<br />

come molti compaesani, in<br />

Argentina, ma aveva fatto<br />

a pie<strong>di</strong> il percorso dalla<br />

Valtellina al porto francese<br />

<strong>di</strong> Le Havre, per risparmiare i<br />

sol<strong>di</strong> del treno (aveva anche lui<br />

dovuto prestare l’importo del<br />

viaggio).<br />

Mia sorella Bambina, che mi<br />

aspettava in cucina, assonnata<br />

e ansiosa, voleva sapere <strong>di</strong><br />

Sondrio e delle pratiche, ma le<br />

raccontai <strong>di</strong> Don Cirillo e della<br />

salita con Daniele ‘su per la<br />

valle’.<br />

42 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 43


<strong>di</strong> Franco Scotti<br />

Piz Julier<br />

«...il sentiero è abbastanza lunga, perchè più soleggiata<br />

ci lasciamo guidare dalle<br />

esposto e benchè i punti ma soprattutto più interessante<br />

abbondanti segnalazioni<br />

maggiormente impegnativi paesaggisticamente. Un motivo<br />

sulle rocce, dalle catene,<br />

siano attrezzati con catene e <strong>di</strong> interesse è sicuramente<br />

dagli scalini artificiali,<br />

parapetti metallici, è richiesto l’aggressivo rock glacier che,<br />

dalle ringhiere in ferro che<br />

passo sicuro e assenza <strong>di</strong> nel suo silenzioso movimento,<br />

addomesticano il percorso<br />

vertigini»<br />

ha sbarrato il torrente <strong>di</strong><br />

(ma era proprio il caso?...)<br />

Questa premessa nella mail fondovalle e invaso il sentiero,<br />

serpeggiando sui due lati della<br />

<strong>di</strong> invito alla gita, con i ritracciato più a monte.<br />

cresta che offre spettacolari<br />

dati <strong>di</strong> tempi e <strong>di</strong>slivello, Confortati dall’aver lasciato un<br />

scorci sulle pareti e sul piccolo<br />

deve aver causato un pò <strong>di</strong> tempo grigio in Valtellina, su<br />

ghiacciaio sospeso sul lato<br />

preoccupazione, infatti ho ottimo sentiero raggiungiamo<br />

NE. Talvolta l’esposizione crea<br />

ricevuto parecchie telefonate la fuorcla Albana.<br />

qualche emozione, mitigata<br />

per ulteriori chiarimenti e Il Piz Julier, 3380 m, è la<br />

dall’aiuto reciproco.<br />

rassicurazioni.<br />

vetta più alta della zona ed ha<br />

In vetta i cumuli limitano<br />

Sommando anche le incertezze un aspetto imponente. Dalla<br />

il panorama alle montagne<br />

della meteo temevo una fuorcla possiamo osservare<br />

dell’Enga<strong>di</strong>na, comunque<br />

scarsa partecipazione invece, la lunga cresta rocciosa,<br />

gran<strong>di</strong>oso, e la sod<strong>di</strong>sfazione è<br />

a sorpresa, ci ritroviamo al all’apparenza impraticabile, che<br />

generale.<br />

parcheggio del Suvretta in 14 si snoda fino alla vetta.<br />

La <strong>di</strong>scesa è lunga e laboriosa,<br />

con ben 7 rappresentanti del Un’altro gruppone <strong>CAI</strong>, salito<br />

e, dopo i 1400 m <strong>di</strong> <strong>di</strong>slivello,<br />

gentil sesso.<br />

dall’ombroso versante opposto,<br />

in pochi rinunciano a un<br />

Abbiamo scelto la salita dal ci precede <strong>di</strong> un buon tratto.<br />

corroborante pe<strong>di</strong>luvio nelle<br />

versante est, sebbene più Abbandonati i bastoncini<br />

gelide acque del torrente.<br />

44 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 45


STUBAI<br />

tre giorni, un agosto<br />

A fine agosto una quarantina<br />

<strong>di</strong> persone hanno partecipato<br />

all’ormai tra<strong>di</strong>zionale gita in<br />

Austria organizzata dal Cai <strong>di</strong><br />

<strong>Morbegno</strong>,<br />

Quest’anno oltre alla novità<br />

della località Fulpmes nella<br />

valle dello Stubai,<br />

parallela alla Oetztal, siamo<br />

stati allietati dalla presenza <strong>di</strong><br />

cinque ragazzini dai sette ai<br />

<strong>di</strong>eci anni.<br />

Si sono <strong>di</strong>vertiti visibilmente<br />

nelle pozzanghere che la<br />

pioggia abbondante nelle prime<br />

due mattinate aveva formato;<br />

rumorosamente nei tragitti<br />

sul bus nonostante avessero<br />

ricevuto minacce <strong>di</strong> morte.<br />

A tavola avevano posti<br />

riservati e vicini, si gestivano<br />

senza mettere a dura prova gli<br />

altri commensali con la loro<br />

vivacità e con le loro trovate<br />

non sempre e<strong>di</strong>ficanti.<br />

Durante le escursioni, si<br />

sono comportati in modo<br />

irreprensibile, affrontando ogni<br />

tragitto con abilità e senso<br />

<strong>di</strong> responsabilità e, inutile<br />

<strong>di</strong>rlo, senza accusare fatica, da<br />

provetti soci Cai!<br />

Trovavano anche il tempo <strong>di</strong><br />

cercare funghi con successo.<br />

La convivenza è stata allegra,<br />

sopperendo alla uggiosità<br />

del tempo che però non ci ha<br />

impe<strong>di</strong>to <strong>di</strong> fare ogni giorno<br />

delle escursioni, anche se<br />

necessariamente si è dovuto<br />

mo<strong>di</strong>ficare il programma.<br />

Il primo pomeriggio, quello<br />

del giorno <strong>di</strong> arrivo, ci siamo<br />

recati al rifugio Galtalm<br />

attraverso una strada sterrata<br />

tra i boschi. Abbiamo gustato<br />

lo strudel e poi siamo tornati,<br />

alcuni dal tragitto più breve,<br />

i più ar<strong>di</strong>mentosi concludendo<br />

l’anello.<br />

La mattina del secondo giorno,<br />

data la pioggia, siamo andati<br />

col bus a Innsbruck, e ogni<br />

gruppetto ha effettuato la<br />

<strong>di</strong> Alessandro, Carmen, Chiara<br />

visita della splen<strong>di</strong>da città,<br />

come meglio credeva.<br />

Non poteva mancare la sosta al<br />

“tettuccio d’oro” emblema della<br />

città, coperto da 2657 scandole<br />

dorate, ma molto gettonati<br />

sono stati i negozi <strong>di</strong> articoli<br />

sportivi. Nel primo pomeriggio<br />

la pioggia ha concesso una<br />

tregua consentendoci <strong>di</strong><br />

effettuare una bella gita al<br />

Calvario nella Pinnisbachtal.<br />

Un “sentiero spirituale”,<br />

contrassegnato da statue in<br />

legno a soggetto religioso e<br />

recanti le scritte <strong>di</strong> versetti<br />

dei Salmi, immerso in un<br />

bosco da favola. Il percorso,<br />

caratterizzato dalle stazioni<br />

della Via Crucis, proseguiva<br />

raggiungendo il rifugio<br />

Issenangeralm dove abbiamo<br />

fatto sosta e merenda.<br />

Il terzo giorno, finalmente<br />

bel tempo, abbiamo percorso<br />

l’alta via dello Stubai<br />

(Stubaierhöhenweg). Raggiunta<br />

Mutterbergalm ci siamo <strong>di</strong>visi<br />

in tre gruppi, chi a pie<strong>di</strong> chi<br />

in funivia siamo arrivati alla<br />

Dresdnerhütte, quin<strong>di</strong> attraverso<br />

il passo <strong>di</strong> Peil (Peiljoch)<br />

siamo scesi, lasciando sulla<br />

destra il ghiacciaio dello<br />

Sulzenauferner e la cima dello<br />

Zuckerhütl (3507), dapprima alla<br />

Sulzenauhütte (ristorazione) e<br />

quin<strong>di</strong> abbiamo concluso l’anello<br />

a Grabalm. L’altro gruppetto, il<br />

terzo, ha scelto un giro molto<br />

panoramico, anche se meno<br />

impegnativo dal punto <strong>di</strong> vista<br />

alpinistico.<br />

Un percorso comunque<br />

sod<strong>di</strong>sfacente per la bellezza<br />

del paesaggio e per il piacere<br />

<strong>di</strong> camminare su sentieri molto<br />

curati o su strade altrettanto<br />

agevoli.<br />

All’arrivo abbiamo trovato il<br />

pullman pronto per il rientro che<br />

è stato piacevole.<br />

Eravamo tutti, fuori <strong>di</strong> retorica,<br />

stanchi, ma felici.<br />

46 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 47


In gita all’isola<br />

<strong>di</strong> Maria Laura Bettega<br />

PALMARIA<br />

Anche quest’anno non poteva<br />

mancare la tra<strong>di</strong>zionale gita<br />

settembrina in Liguria: meta<br />

prescelta Portovenere e l’isola<br />

Palmaria.<br />

Domenica 19 settembre, dopo<br />

un sabato autunnale e ricco <strong>di</strong><br />

pioggia, ci si trova in partenza<br />

alle sei del mattino, sotto un<br />

cielo terso e con una arietta<br />

frizzante che fanno ben sperare<br />

in una bella giornata che<br />

si rivelerà poi decisamente<br />

estiva.<br />

Il viaggio si svolge<br />

regolarmente: qualche pisolino,<br />

qualche chiacchiericcio, la<br />

solita “ questua” del Presidente<br />

Cai con Segretario, la fermata<br />

d’obbligo e poi…. Eccoci<br />

al porto <strong>di</strong> La Spezia per<br />

l’imbarco verso Portovenere.<br />

Da qui proseguiamo per altri<br />

cinque minuti fino all’isola<br />

Palmaria, proprio antistante a<br />

Portovenere. Palmaria, meno<br />

<strong>di</strong> due chilometri quadrati, fa<br />

parte dell’arcipelago spezzino,<br />

nel comune <strong>di</strong> Portovenere, ed<br />

è patrimonio dell’Unesco dal<br />

1997.<br />

Iniziamo il periplo<br />

percorrendo una strada<br />

immersa nella vegetazione<br />

tipica me<strong>di</strong>terranea, ricca <strong>di</strong><br />

bacche colorate e <strong>di</strong> profumi,<br />

raggiungiamo una cava, ora<br />

abbandonata, <strong>di</strong> marmo nero.<br />

Poi, per esigenze <strong>di</strong> orario<br />

(ultimo traghetto dopo circa<br />

due ore) e per l’irrinunciabile<br />

bagno in mare, il ritmo <strong>di</strong> salita<br />

fino alla sommità dell’isola<br />

si fa più concitato, seguito<br />

da una <strong>di</strong>scesa su sentiero<br />

abbastanza insi<strong>di</strong>oso <strong>di</strong> rocce<br />

lisce come marmo e <strong>di</strong> terra<br />

umida, rossiccia e scivolosa<br />

come borotalco.<br />

Comunque il paesaggio è<br />

bellissimo e quando la visuale<br />

si apre sul promontorio <strong>di</strong><br />

Portovenere … è stupendo.<br />

Anch’io, forse la più… o meglio<br />

“la meno giovane” del gruppo,<br />

arrivo sod<strong>di</strong>sfatta e appagata<br />

da questo mare meraviglioso.<br />

Concluso il giro dell’isola<br />

in località Terrizzo, dove<br />

lo stabilimento balneare è<br />

ancora ben frequentato, e<br />

fatto il bagno tanto agognato,<br />

ripren<strong>di</strong>amo il traghetto per<br />

sbarcare a Portovenere e<br />

visitare la località da turisti<br />

rilassati e sod<strong>di</strong>sfatti; la<br />

chiesa <strong>di</strong> san Pietro, proprio<br />

all’estremità del promontorio a<br />

strisce bianche e nere con un<br />

campanile a bifore; la chiesa<br />

<strong>di</strong> san Lorenzo originariamente<br />

in stile romanico, ma ora con<br />

influenze gotiche e classiche;<br />

il castello Doria che domina<br />

dall’alto e il susseguirsi <strong>di</strong><br />

case alte e strette, addossate<br />

le une alle altre e variamente<br />

colorate, ne fanno un centro<br />

caratteristico e pittoresco.<br />

Tranquillamente percorriamo le<br />

viuzze strette e affascinanti,<br />

ricche <strong>di</strong> colori, <strong>di</strong> profumi<br />

e <strong>di</strong> sapori che invitano a<br />

gustare un bel piatto <strong>di</strong> pesce<br />

o <strong>di</strong> trenette al pesto o un bel<br />

gelato con la panna.<br />

La giornata si sta concludendo:<br />

alle 17.30 si parte per<br />

<strong>Morbegno</strong>.<br />

Grazie al Cai <strong>Morbegno</strong>, grazie<br />

al tempo bello e caldo, grazie<br />

alla compagnia e... arrivederci<br />

al prossimo anno.<br />

48 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 49


Oramai sono una realtà consolidata del<br />

C.A.I. <strong>Morbegno</strong>: sono le escursioni del<br />

mercoledì organizzate dal Gruppo U99. Non<br />

allarmatevi, la sigla non nasconde nulla <strong>di</strong><br />

strano, sta semplicemente per “Under 99”<br />

e significa che le gite sono rivolte a tutte<br />

le persone con un’età inferiore ai 99 anni.<br />

Siamo però fermamente intenzionati ad<br />

aprirle anche agli ultracentenari.<br />

Per la verità non tutti sono d’accordo<br />

sulla denominazione; c’è chi, rifiutando<br />

gli inglesismi, preferirebbe il più classico<br />

“Gruppo Seniores” che ad altri pare, al<br />

contrario, troppo limitante ed anche<br />

un po’ triste. Nell’attesa <strong>di</strong> <strong>di</strong>rimere la<br />

questione, non rimane che autocertificarci<br />

come “Quelli-del-mercoledì”. Così, infatti,<br />

veniamo ad<strong>di</strong>tati con una certa malcelata<br />

invi<strong>di</strong>a dal resto degli umani.<br />

Il Gruppo, che è nato nel 2008, non è<br />

strutturato, ha un presidente onorario<br />

eletto a furor <strong>di</strong> soci nella persona <strong>di</strong><br />

Antonio, ma per il resto siamo tutti<br />

consiglieri.<br />

Nello svolgimento dell’attività, concordata<br />

mensilmente con il contributo <strong>di</strong> chi<br />

vuole, c’è un nucleo storico, il famoso<br />

zoccolo duro, formato da alcuni soci<br />

che, secondo la felice definizione <strong>di</strong><br />

un autorevole esponente del Gruppo,<br />

sono “programmatori <strong>di</strong> tempo libero”,<br />

affiancati <strong>di</strong> volta in volta da quanti,<br />

senza <strong>di</strong>stinzione <strong>di</strong> età e <strong>di</strong> sesso,<br />

saltuariamente o in modo continuativo,<br />

riescono a ritagliarsi il mercoledì libero da<br />

impegni lavorativi.<br />

Nel <strong>2010</strong> l’attività è stata decisamente<br />

buona: importante per quantità e qualità<br />

delle escursioni, sod<strong>di</strong>sfacente per la loro<br />

varietà, confortante come partecipazione.<br />

Abbiamo effettuato 13 gite sci-ciaspolo<br />

alpinistiche fino ad aprile e 22 uscite<br />

estive/autunnali (ma la stagione non è<br />

ancora finita). Mentre la programmazione<br />

invernale richiederà in futuro qualche<br />

aggiustamento per accontentare sia gli<br />

sci alpinisti sia i ciaspolatori, le cui<br />

esigenze sono a volte incompatibili, quella<br />

estiva/autunnale si sta <strong>di</strong>mostrando<br />

rispondente alle aspettative. Si è cercato<br />

<strong>di</strong> non limitare le gite alle valli attorno<br />

a <strong>Morbegno</strong>, ma <strong>di</strong> estenderle all’intera<br />

provincia e alle montagne del Lario, con un<br />

buon rapporto <strong>di</strong>slivello-lunghezza-tempi,<br />

senza trascurare l’aspetto conviviale che<br />

è un elemento fondamentale della “slow<br />

mountain”, anzi della “montagna a misura<br />

d’uomo”, che tutti vogliamo praticare.<br />

50 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 51


NATALINO BAVO<br />

Un grande atleta<br />

<strong>di</strong> Angelo De Donati<br />

L’ostetrica della Valgerola<br />

è molto indaffarata nel<br />

giorno <strong>di</strong> Natale del 1943:<br />

ci sono 3 partorienti quasi<br />

contemporaneamente a<br />

Fenile, a Valle <strong>di</strong> Gerola e a<br />

Gerola Alta.<br />

A complicare le cose c’è<br />

anche molta neve, ma le<br />

ostetriche <strong>di</strong> una volta non<br />

si scoraggiano facilmente<br />

e questa, con grande<br />

professionalità e tenacia,<br />

riesce a far vedere la luce a<br />

tutti e tre i bambini. Non sa<br />

ancora che uno dei tre farà<br />

della neve, che quel giorno<br />

scendeva copiosa, l’elemento<br />

forse più importante della<br />

sua vita: infatti nasce<br />

quel giorno Natalino che<br />

ha nel suo DNA gran<strong>di</strong> ed<br />

incomparabili doti atletiche<br />

ed agonistiche.<br />

Si può <strong>di</strong>re che muove i primi<br />

passi, anzi no, le prime<br />

sciate nella sua Valgerola e<br />

precisamente sui prati del<br />

“Magat” senza impianti <strong>di</strong><br />

risalita e con attrezzi semplici<br />

<strong>di</strong> frassino o <strong>di</strong> hickory.<br />

Passano gli anni e Natalino<br />

partecipa a numerose gare<br />

nelle quattro specialità <strong>di</strong> sci<br />

slpino riportando sempre dei<br />

successi: si piazza nei primi<br />

posti nel ’59 a Bormio e nel<br />

’60 a Bardonecchia gareggiando<br />

per i Campionati Italiani<br />

Juniores organizzati dal C.S.I..<br />

Il suo spirito agonistico lo<br />

porta negli anni 1960/61 in<br />

Valmalenco, precisamente<br />

sul Ventina con un gruppo<br />

sociale della Valgerola<br />

capitanato con maestria da<br />

Gino Curtoni, grande pioniere<br />

dello sci e nonno delle attuali<br />

campionesse Irene ed Elena,<br />

atlete che parteciperanno alla<br />

Coppa del Mondo <strong>2010</strong>/11.<br />

Le gare che seguiranno saranno<br />

sempre più impegnative come<br />

ad esempio l’Azzurrissimo a<br />

Cervinia dove, in 6’ e 10”,<br />

<strong>di</strong>sputa la <strong>di</strong>scesa <strong>di</strong> slalom<br />

gigante piazzandosi al primo<br />

posto. Guadagnerà il primo<br />

posto per tre anni consecutivi,<br />

quin<strong>di</strong> il secondo per due<br />

consecutivi ed il terzo per un<br />

ulteriore anno.<br />

Dopo tanti successi<br />

decide <strong>di</strong> de<strong>di</strong>carsi anche<br />

all’insegnamento per cui<br />

negli anni 1964/65 e 1965/66<br />

intraprende la strada per<br />

<strong>di</strong>ventare maestro <strong>di</strong> sci.<br />

Terminati i due anni <strong>di</strong><br />

tirocinio obbligatorio da allievo<br />

maestro, nel 1967 rientra in<br />

Valgerola aprendo, con Piero<br />

Lombella e Valeriano Maccani<br />

<strong>di</strong> Rasura, la Scuola <strong>di</strong> sci<br />

“Pescegallo” valorizzando<br />

ancora <strong>di</strong> più la Valle. Insegna<br />

a sciare e successivamente<br />

allena fino a portarlo in<br />

coppa del mondo il <strong>di</strong>scesista<br />

comasco Giuliano Giar<strong>di</strong>ni.<br />

Come capita ai gran<strong>di</strong><br />

campioni, ad un certo punto gli<br />

sembra giusto de<strong>di</strong>carsi anche<br />

a qualcosa che non sia solo<br />

sci, montagne e neve. Insieme<br />

alla moglie Silvana apre nel<br />

1976 a <strong>Morbegno</strong> un ristorante<br />

che avrà molto successo; del<br />

resto in ogni cosa che fa mette<br />

impegno, professionalità e<br />

de<strong>di</strong>zione. Ma dopo 14 anni<br />

il richiamo della neve e delle<br />

gare si fa più forte per cui<br />

riprende a competere in gare<br />

nazionali ed internazionali<br />

entrando nel circuito Master.<br />

Inanella 10 titoli regionali in<br />

S e GS arrivando ad ottenere<br />

nel 2003 il 1° titolo Italiano<br />

in S.<br />

Nel 2004 a Scuol in Svizzera<br />

ottiene due medaglie d’oro in<br />

GS e SG ai campionati mon<strong>di</strong>ali<br />

Master.<br />

La sua Valgerola però gli offre<br />

altre possibilità agonistiche<br />

per cui, per 5 anni consecutivi,<br />

partecipa e vince il Gran Prix<br />

Valgerola.<br />

Natalino è un uomo dalle<br />

molteplici doti quin<strong>di</strong> si fa<br />

onore anche nella Protezione<br />

52 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 53


Civile <strong>di</strong> cui fa parte ed ottiene,<br />

in questo gruppo, 4 vittorie<br />

consecutive nei Campionati<br />

italiani in GS e Combinata con<br />

sci <strong>di</strong> fondo.<br />

I successi continuano: la sua<br />

tenacia e le sue straor<strong>di</strong>narie<br />

doti sportive gli consentono <strong>di</strong><br />

brillare anche nella stagione<br />

2008/09 vincendo 22 gare su 32<br />

<strong>di</strong>sputate sempre nel circuito<br />

Master.<br />

Ottiene, se ancora non<br />

bastasse, nel Campionato<br />

Italiano <strong>di</strong> categoria Maestri<br />

<strong>di</strong> Sci 2 titoli in GS. Un altro<br />

grande successo arriva nel<br />

2009: in Slovenia partecipa<br />

alle prime Olimpia<strong>di</strong> Master<br />

ed ottiene 3 ori (in S - GS –<br />

SG) e un bronzo ai mon<strong>di</strong>ali in<br />

slamon sulle piste dell’Oberland<br />

Bernese.<br />

Il suo “Curriculum vitae” non<br />

sarebbe stato completo se nel<br />

1992 non avesse partecipato<br />

ad una spe<strong>di</strong>zione Himalayana<br />

sull’Everest.<br />

Quest’uomo che insieme a due<br />

amici è stato fra i primi ad<br />

utilizzare l’impianto <strong>di</strong> risalita<br />

dell’allora Società Orobia, che<br />

si è sempre allenato da solo<br />

senza il supporto dello Skiman,<br />

che ha mantenuto in tutti<br />

questi anni un fisico atletico<br />

e sportivo,che ha dato lustro<br />

alla Valle, alla categoria e che<br />

il C.A.I. <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong> è onorato<br />

<strong>di</strong> annoverare fra i suoi soci è il<br />

maestro <strong>di</strong> sci Natalino Bavo.<br />

A lui vanno il rispetto, il<br />

ringraziamento e l’affetto <strong>di</strong><br />

un’intera Provincia che si sente<br />

orgogliosa <strong>di</strong> avergli dato i<br />

natali.<br />

Auguri, continua così per tanti<br />

tanti anni ancora e speriamo<br />

che tu sia da esempio per molti<br />

altri atleti.<br />

54 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 55


In Valle<br />

Il viaggio<br />

A giugno la Pinina, partita<br />

da Colico, era sulla strada per<br />

Teggiate. Si era fermata come<br />

<strong>di</strong> consueto a Chiavenna. Nella<br />

merceria della Prima aveva<br />

comperato varie cose che le<br />

sarebbero servite. Stava già<br />

per uscire dal piccolo negozio<br />

quando i sui occhi caddero su<br />

una matassa bianca. “La seta”,<br />

sospirò. Dopo un rapido calcolo<br />

su ciò che le restava nel<br />

borsellino:“la compero”, <strong>di</strong>sse.<br />

In un sussulto <strong>di</strong> gioia, quando<br />

uscì dal negozio, pensava<br />

che avrebbe potuto ricamare<br />

lo scialletto da mettere<br />

incrociato sul corpino. E ne<br />

avanzava anche per la frangia.<br />

Una bella frangia, annodata<br />

a intreccio, come lei sapeva<br />

fare. Lenta si avviò verso il<br />

carro dove il Gos (Agostino),<br />

suo marito, l’aspettava. Salì,<br />

si sedette sull’asse, accanto<br />

all’uomo e non <strong>di</strong>sse una<br />

I racconti <strong>di</strong> Elena Fattarelli<br />

parola. Sorrise lievemente,<br />

pensando al bell’ornamento<br />

e poi guardò la strada e fu<br />

presa da tutti i problemi<br />

del momento. Incominciò la<br />

“muntada” (salita) <strong>di</strong> Bette.<br />

L’andatura del cavallo rallentò,<br />

ma non era niente in confronto<br />

a quello che sarebbe capitato<br />

sui “crang”. Là suo marito<br />

sarebbe sceso, per risparmiare<br />

fatica all’animale. In certi<br />

punti sarebbe scesa anche lei.<br />

Non erano ancora giunti alla<br />

Madonna <strong>di</strong> Gallivaggio, quando<br />

sentirono qualcuno gridare:<br />

“Sü, sü, asasìn, sü” (alzati,<br />

alzati, assassino, alzati).<br />

Si fermarono. Sul tornante<br />

superiore videro un carro<br />

stracolmo, fermo. Il cavallo era<br />

inginocchiato. Il suo padrone<br />

lo strattonava, lo tirava, lo<br />

supplicava per farlo rialzare.<br />

La povera bestia muoveva il<br />

collo, oscillava il capo, ma<br />

non riusciva ad alzarsi. “E’ il<br />

Gusto; ha caricato troppo”,<br />

<strong>di</strong>sse il Gos. Intanto che erano<br />

lì fermi a considerare la scena,<br />

l’uomo si raddrizzò; con due<br />

<strong>di</strong>ta rimise a posto il logoro<br />

cappello. Poi lentamente sfilò<br />

dalla tasca il borsellino. Lo<br />

aprì con circospezione e ne<br />

tolse un piccolo biglietto da<br />

... (una lira, forse). L’accarezzò<br />

per lisciarlo. Poi l’alzò e<br />

solennemente promise “l’è per<br />

la Madona de l’alp, s’el caval el<br />

56 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 57


va ineenz” (e’ per la Madonna<br />

<strong>di</strong> Gallivaggio se il cavallo<br />

andrà avanti). L’animale, forse<br />

intuendo che il suo padrone si<br />

era acquietato, forse perché<br />

lasciato un po’ in pace, riuscì a<br />

mettersi in pie<strong>di</strong>. Lentamente<br />

fece qualche passo. Il<br />

Gusto, prima incredulo, poi<br />

nuovamente in preda all’ira,<br />

prese il cavallo per la cavezza,<br />

gli sventolò sotto il naso il<br />

povero biglietto sdrucito e<br />

urlò: “To’, brütt ügiulun de<br />

San Casèn, te fee bri ‘n pass, u<br />

te se paghièd” (Tieni! Brutto<br />

occhiolone <strong>di</strong> San Cassiano,<br />

non fai un passo se non vieni<br />

pagato). I due silenziosi<br />

testimoni si guardarono<br />

sorpresi e poi cominciarono<br />

a ridere. Anch’essi presero il<br />

loro cavallo per la cavezza,<br />

raggiunsero il loro conoscente,<br />

lo rianimarono e assieme risero<br />

ancora. Lo sconforto del Gusto<br />

scomparve. Giunto alla chiesa,<br />

si affrettò a mettere nella<br />

bussola <strong>di</strong> pietra la sua lira<br />

miracolosa. Anche la Madonna<br />

dell’Alpe avrà sorriso a veder<br />

la sua povera gente, un po’<br />

<strong>di</strong>sperata, un po’ fiduciosa.<br />

Certamente l’avrà guardata<br />

con misericor<strong>di</strong>a. La donna<br />

si fece il segno della croce e<br />

iniziò: “Ave Maria...” “Santa<br />

Maria mater Dei...” risposero<br />

gli uomini. Intanto il buio si<br />

era fatto intenso. I cavalli<br />

andavano con il capo chino,<br />

seguendo il bianco della strada.<br />

Quando giunsero in vista <strong>di</strong><br />

Campodolcino, la donna era<br />

stanca. L’unico sollievo era<br />

quella matassa <strong>di</strong> seta. Il<br />

sogno dello scialletto ricamato,<br />

con la frangia, la sosteneva.<br />

I viandanti si sarebbero<br />

fermati per la notte. Prima<br />

dell’alba avrebbero ripreso il<br />

cammino. Infatti, appena la<br />

prima luce scolorì il cielo, la<br />

Pinina, infreddolita, prese<br />

posto accanto al marito sul<br />

carro, che si avviò, lentamente,<br />

sulle ruote cigolanti. La<br />

donna avvertiva una certa<br />

apprensione. Era la prima<br />

volta che si avviava verso la<br />

baita del marito. Le nozze<br />

erano avvenute a gennaio.<br />

Ora aveva cambiato la zona <strong>di</strong><br />

transumanza estiva. Non più<br />

Madesimo e gli Andossi, ma<br />

Teggiate.<br />

Il vitello ferito<br />

Un mattino la Pinina aprì<br />

la porta e guardò la valle:<br />

i torrenti scendevano dalle<br />

montagne <strong>di</strong> fronte con un<br />

mormorio uguale. Le vette<br />

erano <strong>di</strong>segnate nel cielo<br />

immobile. Neanche un nube.<br />

La donna chiamò il Tino, il<br />

pastorello, perché venisse a<br />

mangiare lo “scotamüs” (latte<br />

bollente con la polenta del<br />

giorno prima) e si affrettasse<br />

poi a portare le mucche<br />

sull’alpe. Venne <strong>di</strong> corsa il<br />

ragazzetto, tutto contento.<br />

Intanto chiamava le mucche:<br />

“too, Chièrina! Too, Lena! Too,<br />

Fula!” e i vitelli, soprattutto<br />

il Güs (guscio), così svelto<br />

e leggero, sempre fuori dal<br />

gruppo. Il pastore, col suo<br />

bastone lisciato si avviò verso<br />

il pen<strong>di</strong>o, attento e rapido.<br />

Fischiettava felice. Gli piaceva<br />

stare lì sull’alpe. La Pinina era<br />

buona, allegra: un po’ sorella,<br />

un po’ mamma. Lo lasciava<br />

riposare, gli dava da mangiare<br />

finché ne voleva. Beninteso,<br />

non doveva sciupare niente.<br />

Doveva <strong>di</strong>re le preghiere sera e<br />

mattina. Per il resto era libero<br />

<strong>di</strong> ridere e scherzare. Non era<br />

così in tutte le case. Lui aveva<br />

nostalgia della sua famiglia,<br />

ma a Teggiate si trovava bene.<br />

Quel mattino era allegro,<br />

sentiva la forza della montagna<br />

nelle gambe. Poteva correre,<br />

superare la mandria, tornare<br />

in<strong>di</strong>etro e superarla <strong>di</strong> nuovo,<br />

sul pen<strong>di</strong>o ripido, senza il<br />

minimo sforzo. Aveva le gambe<br />

<strong>di</strong> elastico. Così <strong>di</strong>cevano<br />

<strong>di</strong> lui. “Oggi vado sopra i<br />

Cascestri” <strong>di</strong>sse. Chiamò ad una<br />

ad una le sue bestie: “si va in<br />

alto, dove l’erba è più bella”,<br />

le informava. I campanacci<br />

oscillavano veloci, i rintocchi<br />

si spandevano nella valle e<br />

l’eco lontana rispondeva. Su,<br />

su, tutto il dosso era fiorito.<br />

Il ragazzo girò la cengia. Su<br />

ancora. Poi si sdraiò a guardare<br />

il cielo, mentre le mucche<br />

brucavano sod<strong>di</strong>sfatte. Vide<br />

una nube bianca che passava<br />

veloce sopra i suoi occhi.<br />

“Schiuma <strong>di</strong> latte” <strong>di</strong>sse. Ed<br />

ebbe sete. Intanto sentiva il<br />

richiamo degli altri pastorelli.<br />

Li vedeva più in basso, e li<br />

raggiunse. Incominciarono a<br />

<strong>di</strong>scutere per preparare il gioco<br />

della “zòca”. Si <strong>di</strong>vertirono per<br />

un buon tempo.<br />

Nelle pagine precedenti: «barech»<br />

sugli Andossi e il monti Legnone e<br />

Berlinghera dalla Valle Spluga.<br />

Nella pagina a fronte: la Valle<br />

Spluga, sullo sfondo il Legnone e a<br />

destra il Pizzo Quadro.<br />

A fianco: rododendri sullo sfondo<br />

del Suretta.<br />

Sopra: al pascolo nei pressi della<br />

<strong>di</strong>ga <strong>di</strong> Montespluga.<br />

58 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 59


Quando le mucche si<br />

sdraiarono, i ragazzi scesero<br />

<strong>di</strong> corsa verso le baite, per<br />

consumare il pasto. Non<br />

vedevano neanche i dossi, non<br />

erano intimi<strong>di</strong>ti da nessun<br />

pen<strong>di</strong>o, da nessuna sporgenza<br />

rocciosa. Il Tino, sudato, entrò<br />

nella baita, si sedette sulla<br />

panca, intanto che la Pinina<br />

gli dava la scodella. Con la<br />

fame <strong>di</strong> chi vuol saziarsi in un<br />

boccone, mangiò la polenta col<br />

formaggio. Poi un altro pezzo,<br />

e un altro ancora. Alla fine<br />

mangiò quel che restava. Era<br />

pronto, già sulla porta, vigile<br />

al richiamo dei compagni.<br />

Ora insieme salivano lenti,<br />

si giravano, parlavano <strong>di</strong> chi<br />

era appena arrivato dal piano,<br />

<strong>di</strong> quel che avevano u<strong>di</strong>to.<br />

Il pomeriggio passò uguale<br />

agli altri. Ma quando fu l’ora<br />

<strong>di</strong> radunare gli armenti, per<br />

scendere, il Tino ebbe un tuffo<br />

al cuore. Mancava il Güs. Lo<br />

chiamò e lo richiamò con la<br />

mano alla bocca per dare più<br />

forza alla voce. Salì sui dossi<br />

interni e su quelli esterni.<br />

Anche i compagni, coinvolti<br />

nella ricerca, intuirono la<br />

sua pena. Il Güs mancava. Il<br />

Tino affidò le sue mucche agli<br />

amici e corse sulla cengia.<br />

Non respirava neanche, tanto<br />

intensa era la sua ansia. Guardò<br />

giù. Niente. Guardò tra una<br />

roccia rotta e una scarpata: il<br />

Güs era lì. Sollevava la testa,<br />

ma era immobile. “Oh Güs,<br />

Güsìn” supplicava il ragazzo,<br />

“cos’hai fatto? Vieni!” Il Vitello<br />

era lì, gli occhi umi<strong>di</strong>, velati.<br />

A fatica il ragazzo scese la<br />

rampa. Guardò la bestia, la<br />

toccò e vide la ferita: una<br />

lacerazione <strong>di</strong>ritta, dall’anca<br />

al ginocchio. Allora corse giù<br />

fino al sentiero e cominciò a<br />

gridare aiuto. Corsero quelli<br />

delle baite vicine, lì ai Casìn.<br />

Arrivarono prima le donne,<br />

poi due uomini. Uno, deciso,<br />

andò a prendere il carro. Quin<strong>di</strong><br />

staccò una sponda: sarebbe<br />

servita da barella. Bisognava<br />

far arrivare il vitello sul<br />

sentiero, ai pie<strong>di</strong> della cengia.<br />

Il Tino piangendo andò ad<br />

avvertire la Pinina. La incontrò<br />

poco sotto. Aveva già sentito<br />

dagli altri ragazzi l’accaduto.<br />

Non conosceva i particolari.<br />

Le donne la incoraggiavano,<br />

gli uomini la rassicuravano: la<br />

ferita non era grave, il vitello<br />

non era da macellare. Nel modo<br />

ingegnoso dei montanari, con<br />

l’aiuto <strong>di</strong> tutti, la bestia venne<br />

caricata sulla barella e portata<br />

al carro. E poi giù fino alla<br />

baita della Pinina. Il Güs venne<br />

messo su una lettiera fresca.<br />

Si pulì la ferita con degli<br />

asciugamani intinti nell’acqua<br />

fresca e ben ritorti. Si <strong>di</strong>ede<br />

da bere al vitello, da bere<br />

quello che le donne sapevano<br />

preparare sia per le bestie<br />

sia per i cristiani. La Pinina,<br />

intanto, con decisione, attuò<br />

il suo piano. Prese un lungo<br />

ago, la lesina e la sua bella<br />

matassa <strong>di</strong> seta bianca, quella<br />

per la frangia dello scialle della<br />

festa. Si inginocchiò vicino<br />

al vitello, chiamò il Tino e gli<br />

chiese <strong>di</strong> portare dell’acqua<br />

pulita, gli asciugamani e tutto<br />

l’aceto. Decisa, <strong>di</strong>sinfettò<br />

la ferita e incominciò ad<br />

accostare i lembi <strong>di</strong> pelle,<br />

con precisione, vicini. Con la<br />

lesina bucava la forte cote e<br />

poi introduceva l’ago e col filo<br />

<strong>di</strong> seta cuciva, un punto <strong>di</strong>etro<br />

l’altro. Il vitello immobile. Gli<br />

occhi velati, sembrava capire<br />

Sopra: la chiesetta <strong>di</strong> Teggiate.<br />

A fianco: il Ferrè dagli Andossi.<br />

che lo volessero aiutare. Non<br />

un gemito, non una mossa.<br />

La Pinina andava avanti nel<br />

suo lavoro, mentre il sudore<br />

la avvertiva della fatica e<br />

dell’ansia. I vicini, senza<br />

far rumore, si erano messi<br />

intorno, per vedere e restavano<br />

meravigliati per l’energia della<br />

giovane, e per la mansuetu<strong>di</strong>ne<br />

del vitello. Alla fine espressero<br />

la loro approvazione e nella<br />

voce c’era la gioia <strong>di</strong> chi<br />

ha vinto un pericolo, una<br />

minaccia. Era la vittoria<br />

<strong>di</strong> tutti. Tutti si sentivano<br />

partecipi <strong>di</strong> quella riuscita.<br />

“Brava Pinina, bravo Güsin”.<br />

Così era la solidarietà nelle<br />

case sulla montagna: il male e<br />

il bene <strong>di</strong> uno, lo era <strong>di</strong> tutti. Il<br />

vitello guarì e la vita continuò.<br />

Ps: i fatti narrati risalgono alla<br />

seconda metà del XIX secolo e<br />

sono stati tramandati in famiglia<br />

fino a noi.<br />

60 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 61


Nel più che fitto elenco <strong>di</strong> gare <strong>di</strong> sci, ciaspolate e rally sci alpinistici<br />

organizzati durante l’inverno, <strong>di</strong> camminate, cronoscalate, skyraces,<br />

biciclettate, feste d’alpe, raduni degli alpini che hanno<br />

caratterizzato la stagione estiva, segnaliamo alcuni eventi che ci<br />

sembrano meritevoli <strong>di</strong> attenzione.<br />

GENNAIO<br />

L’orso della Valmasino<br />

Il plantigrado segnalato lo scorso autunno in Valmasino non è, come<br />

ipotizzato, JJ5, la cui presenza, come hanno confermato i responsabili<br />

del Parco Adamello-Brenta, è invece documentata come continua<br />

in quell’area da circa sei mesi. L’orso avvistato in Valmasino, in Val<br />

Bregaglia e in Alta Val Brembana è, quin<strong>di</strong>, un nuovo esemplare <strong>di</strong><br />

cui si cerca <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare la provenienza. La domanda è: dove sta<br />

svernando, dal momento che <strong>di</strong> lui si è persa ogni traccia?<br />

Nuove regole per i rifugi<br />

Tre milioni <strong>di</strong> euro da qui al 2012 e cinque anni <strong>di</strong> tempo per<br />

adeguarsi alle nuove regole: i 150 rifui alpini della Lombar<strong>di</strong>a hanno<br />

il nuovo regolamento che rende operativa la legge approvata l’anno<br />

scorso (ve<strong>di</strong> Annuario 2009). Verranno privilegiati i rifugi che<br />

svolgeranno un servizio utile per il territorio montano. Per ottenere<br />

gli aiuti regionali, i rifugi dovranno essere iscritti all’albo e saranno<br />

<strong>di</strong>stinti in “alpini” (oltre 1000 m <strong>di</strong> quota, non raggiungibili in<br />

auto) ed “escursionistici” (oltre i 700 m e raggiunti da strade). E’<br />

raccomandato che ogni rifugista segua ogni due anni un corso <strong>di</strong><br />

primo soccorso.<br />

FEBBRAIO<br />

Nuova <strong>di</strong>sgrazia sul<br />

Monte Olano<br />

E’ morta la ventottenne francese<br />

travolta da una valanga il giorno<br />

21 sulle pen<strong>di</strong>ci del Monte Olano<br />

in Valgerola. La sci alpinista stava<br />

effettuando un’escursione con il<br />

marito quando, a causa <strong>di</strong> un errore<br />

<strong>di</strong> valutazione nella scelta della<br />

traccia <strong>di</strong> <strong>di</strong>scesa, si è avventurata<br />

su un pen<strong>di</strong>o dal quale si è staccata<br />

una massa <strong>di</strong> neve che l’ha investita.<br />

Trasportata al San Raffaele <strong>di</strong><br />

Milano, le sue con<strong>di</strong>zioni sono<br />

andate via via peggiorando fino al<br />

decesso.<br />

Si è spenta Vera Cenini<br />

Alla fine del mese si è spenta Vera<br />

Cenini, la “Signora della Valmasino”.<br />

Nel 1956 aveva assunto la <strong>di</strong>rezione<br />

dell’Albergo Bagni Masino che da<br />

quel momento <strong>di</strong>ventò il cuore e<br />

la centrale operativa del Soccorso<br />

Alpino della valle. Da questa<br />

posizione strategica coor<strong>di</strong>nò fino<br />

al 1991 le operazioni riguardanti<br />

i fatti più drammatici della storia<br />

alpinistica del Masino-Bregaglia.<br />

Aveva conosciuto tutti i gran<strong>di</strong><br />

alpinisti che hanno reso celebri<br />

queste montagne e con essi aveva<br />

intessuto rapporti <strong>di</strong> collaborazione<br />

e <strong>di</strong> amicizia. “La montagna mi<br />

ha sempre dato molto, – <strong>di</strong>ceva<br />

sempre – ho arrampicato, ma chi<br />

ama la montagna la frequenta<br />

in<strong>di</strong>pendentemente dal primo,<br />

secondo o terzo grado”. Nel 1972 le<br />

venne de<strong>di</strong>cata la “Via Vera” sulla<br />

pasrete Sud-Est del Ba<strong>di</strong>le da parte<br />

degli alpinisti C. Corti e C. Gilar<strong>di</strong>.<br />

Regolamentare la<br />

frequentazione della<br />

montagna?<br />

Le <strong>di</strong>sgrazie sull’arco alpino, con<br />

9 morti travolti da valanga nel<br />

week-end dal 6 all’8 febbraio,<br />

hanno indotto il Governo a<br />

porre in <strong>di</strong>scussione al Senato<br />

un regolamento per limitare la<br />

frequentazione della montagna.<br />

Netta presa <strong>di</strong> posizione contraria<br />

del C.A.I. tramite il Presidente<br />

generale Annibale Salsa.<br />

La proposta del Governo non<br />

può essere accettabile, perché<br />

la montagna è e deve continuare<br />

ad essere uno spazio <strong>di</strong> libertà e non<br />

<strong>di</strong> coercizione, la cui frequentazione<br />

deve <strong>di</strong>pendere unicamente dal<br />

senso <strong>di</strong> responsabilità dei fruitori.<br />

Contrari anche Reinhold Messner,<br />

per il quale l’iniziativa è una reazione<br />

isterica che rischia <strong>di</strong> uccidere<br />

l’alpinismo, e il Codacons, che<br />

giu<strong>di</strong>ca il provve<strong>di</strong>mento ri<strong>di</strong>colo,<br />

in quanto, in caso <strong>di</strong> incidente,<br />

esistono già il co<strong>di</strong>ce penale e civile.<br />

UN ANNO DI MONTAGNA<br />

Incarico prestigioso<br />

Il 4 marzo, con decreto firmato dal Ministro<br />

dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo, Oscar Del<br />

Barba è stato nominato membro del Consiglio<br />

Nazionale per l’Ambiente. Oscar Del Barba,<br />

architetto e urbanista la cui famiglia è originaria<br />

<strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong>, è nato a Lecco nel 1950 e dal 1967<br />

è iscritto al <strong>CAI</strong>. Diplomato all’Ecole Nationale<br />

d’Administration <strong>di</strong> Parigi, ha ricoperto <strong>di</strong>versi<br />

incarichi a livello regionale riguardanti il territorio<br />

e l’ambiente. Dal 2008 è presidente <strong>di</strong> CIPRA, la<br />

Commissione Internazionale per la Protezione<br />

delle Alpi.<br />

MARZO<br />

62 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 63


APRILE<br />

E’ tornato il lupo sulle Orobie<br />

Dopo più <strong>di</strong> 100 anni il lupo pare essere tornato sulle Orobie, più precisamente nel settore<br />

bergamasco Beviso – Barbellino. La conferma arriva dal Dipartimento <strong>di</strong> Biologia animale<br />

dell’Università <strong>di</strong> Pavia sulla base <strong>di</strong> numerosi segni: orme nella neve e nel fango, peli e feci.<br />

Si ipotizza che i primi esemplari siano arrivati dalla Svizzera attraverso la Val <strong>di</strong> Scalve.<br />

Arte e graffiti<br />

Un writer <strong>di</strong> Milano si trova sotto processo con l’accusa <strong>di</strong> aver imbrattato alcuni e<strong>di</strong>fici con<br />

i suoi graffiti. Ne è nata una polemica accesa fra chi afferma che i graffiti sono una forma<br />

d’arte che abbellisce la città e chi, invece, fa appello all’art. 42 della Costituzione che tutela<br />

la proprietà. Chi imbratta e<strong>di</strong>fici pubblici o privati senza alcuna autorizzazione commette una<br />

violazione. Che lo faccia un se<strong>di</strong>cente artista poco importa. Noi siamo d’accordo con questa<br />

tesi. Ma allora non <strong>di</strong>ciamo proprio nulla <strong>di</strong> fronte alle sculture che sono comparse negli<br />

ultimi anni in Valmasino e in Valgerola? Non sono anche queste assimilabili ai graffiti che<br />

imperversano nelle nostre città e nei nostri paesi?<br />

Ri<strong>di</strong>mensionato il parco<br />

eolico a San Marco?<br />

Il progetto del parco eolico del Passo San Marco, deplorato anche sulle pagine del nostro<br />

annuario, sarà con tutta probabilità ri<strong>di</strong>mensionato. Sarà ridotto da 6 a 4 il numero delle pale<br />

e <strong>di</strong>mezzata la loro altezza che non potrà superare i 50 m. Favorevoli al progetto Provincia <strong>di</strong><br />

Sondrio, CM <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong>, Parco delle Orobie valtellinesi e Comuni <strong>di</strong> Albaredo e <strong>di</strong> Bema.<br />

Purtroppo il parere contrario del Parco delle Orobie bergamasche e del C.A.I. <strong>di</strong> Bergamo non<br />

sarà vincolante, perché il parco sorgerà sul territorio della Provincia <strong>di</strong> Sondrio. Per parte<br />

nostra auspichiamo l’annullamento dell’intero progetto.<br />

UN ANNO DI MONTAGNA<br />

Finalmente una notizia gratificante<br />

Non solo brutte notizie. Il giorno 4, Andrea<br />

Perlini, do<strong>di</strong>cenne <strong>di</strong> Talamona affetto da<br />

<strong>di</strong>strofia muscolare, ha potuto salire in cima<br />

al Monte Pisello per assistere alla messa<br />

celebrata in occasione dell’annuale gita<br />

organizzata dalla parrocchia <strong>di</strong> Talamona.<br />

L’evento è stato possibile grazie all’impiego<br />

della speciale carrozzina “joelette”, stu<strong>di</strong>ata<br />

appositamente per il trasporto <strong>di</strong> persone<br />

<strong>di</strong>sabili in montagna, e il gruppo <strong>di</strong> volontari<br />

che si sono dati il cambio lungo il tragitto.<br />

MAGGIO<br />

Melloblocco<br />

Si è svolto dal 6 al 9 maggio sui sassi della Valmasino l’annuale appuntamento Melloblocco, una<br />

delle più rinomate manifestazioni <strong>di</strong> bouldering a livello internazionale. Oltre 2500 i partecipanti.<br />

Fitto anche il programma <strong>di</strong> incontri, conferenze, proiezioni, musica e degustazioni che hanno<br />

affiancato l’evento.<br />

GIUGNO<br />

Recupero in parete<br />

Alla fine del mese sono stati recuperati<br />

due alpinisti rimasti bloccarti sulla parete<br />

del “Pè sgunfi”, lungo la via “Scubidù”, in<br />

Valmasino. L’allarme era stato lanciato la sera<br />

precedente il recupero quando, i due, raggiunti<br />

dall’oscurità e non attrezzati a bivaccare in<br />

parete, hanno deciso <strong>di</strong> chiedere aiuto. La<br />

squadra <strong>di</strong> soccorso non ha potuto utilizzare<br />

l’elicottero a causa dell’oscurità e ha dovuto<br />

operare salendo dal basso. L’operazione è<br />

durata tutta notte<br />

LUGLIO<br />

AGOSTO<br />

I funghi continuano ad uccidere<br />

Strage <strong>di</strong> cercatori <strong>di</strong> funghi in tutta la<br />

provincia, ma in particolare in Valgerola<br />

dove , nell’arco <strong>di</strong> 20 giorni, si sono verificati<br />

ben 4 incidenti mortali. I malcapitati, a<br />

quanto sembra tutti conoscitori dei posti,<br />

avventurandosi in luoghi molto scoscesi,<br />

hanno evidentemente sottovalutato i rischi a<br />

cui andavano incontro.<br />

64 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 65


SETTEMBRE<br />

Sparito un cippo storico<br />

Dalla cresta che separa la Val Bian<strong>di</strong>no, in territorio lecchese, dalla bergamasca Val<br />

Torta, è scomparso lo storico cippo posato lassù nel 1770 per in<strong>di</strong>care il confine fra il<br />

Ducato <strong>di</strong> Milano e la Repubblica <strong>di</strong> Venezia. Già lo scorso anno era stato trafugato, ma<br />

il cimelio storico era stato ritrovato nei pressi del Rifugio Santa Rita.<br />

OTTOBRE<br />

Di nuovo l’orso<br />

Ricordate? In gennaio ci eravamo chiesti dove fosse finito l’orso avvistato l’autunno scorso in Valmasino.<br />

Ebbene, ci sono nuove segnalazioni. A metà settembre orme del plantigrado, al vaglio della polizia provinciale,<br />

sono state fotografate sulla Piana <strong>di</strong> Predarossa. In precedenza tracce dell’animale erano state scoperte ai Prati<br />

Aragno, nelle vicinanze <strong>di</strong> Mello, in aprile, quin<strong>di</strong> a Dubino e, in maggio, nella valle del torrente Maroggia. Ora la<br />

conferma definitiva: una foto-trappola agli infrarossi ha immortalato l’animale in Val Torreggio, a circa 2000 m<br />

nella zona <strong>di</strong> Arcoglio.<br />

Parco eolico a San Marco, da Roma il no definitivo<br />

Il progetto <strong>di</strong> parco eolico che avrebbe dovuto sorgere al Passo San Marco, pur nella versione ri<strong>di</strong>mensionata<br />

(ve<strong>di</strong> Aprile), è stato bocciato definitivamente dal Consiglio dei Ministri che ha con<strong>di</strong>viso i <strong>di</strong>ssensi emersi<br />

in sede <strong>di</strong> Conferenza dei servizi. Ricor<strong>di</strong>amo che il progetto, sostenuto dai Comuni <strong>di</strong> Albaredo e Bema, dalla<br />

CM <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong> e dal Parco delle Orobie valtellinesi, aveva fatto registrare il parere negativo della Provincia <strong>di</strong><br />

Sondrio, del Parco delle Orobie bergamasche e della Regione Lombar<strong>di</strong>a. Finalmente una buona notizia per il<br />

nostro martoriato territorio.<br />

UN ANNO DI MONTAGNA<br />

DICEMBRE<br />

PAROLE SANTE<br />

Gian Antonio Stella, autore con Sergio Rizzo del fortunato best-seller “La casta”, così scrive<br />

sul Corriere della Sera del 22 luglio <strong>2010</strong>, a conclusione <strong>di</strong> un lungo articolo su fatti e<br />

misfatti delle Comunità montane:<br />

“Vogliamo <strong>di</strong>rlo? La verità è che la montagna e i montanari, le loro asprezze, i loro<br />

silenzi, i loro boschi, i loro valori, sono fuori moda. Sempre più estranei a una società<br />

caciarona, edonista, tele<strong>di</strong>pendente, <strong>di</strong>scotecara, grandefratellistica. Dove tutto deve<br />

essere “facile”. Tutto apparenza. Tutto consumato in fretta. Tutto messo a nudo sulle<br />

spiagge. Sulle barche. Sulle copertine dei giornali popolari. Alcide De Gasperi, Sandro<br />

Pertini, Francesco Cossiga, Karol Wojtyla andavano in vacanza in montagna. Tra le<br />

vette. L’avete mai vista una foto <strong>di</strong> Silvio Berlusconi in montagna? E <strong>di</strong> Gianfranco Fini?<br />

E <strong>di</strong> tutti gli altri, salvo eccezioni? Od<strong>di</strong>o, il maglione <strong>di</strong> lana!!!”<br />

Mistero a Predarossa<br />

Il ghiacciaio <strong>di</strong> Predarossa ha restituito<br />

nei mesi scorsi uno spezzone <strong>di</strong> roccia<br />

recante incisa una data incompleta:<br />

(dal) 10 al 28 (ag)osto 188(?). A cosa<br />

si riferisce? Quale avvenimento voleva<br />

ricordare? E’ <strong>di</strong>fficile azzardare ipotesi. In<br />

attesa <strong>di</strong> nuovi ritrovamenti chiarificatori<br />

(non sono esclusi in questi anni <strong>di</strong><br />

ritiro dei ghiacciai), accontentiamoci <strong>di</strong><br />

visionare il reperto conservato presso il<br />

rifugio Ponti.<br />

66 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 67


A CHISCIO<br />

CANEVA<br />

Il 17 <strong>di</strong>cembre ci ha lasciati Chiscio Caneva, presidente<br />

del C.A.I. <strong>Morbegno</strong> dal 1978 al 1988. E’ stato una figura<br />

<strong>di</strong> spicco dell’alpinismo valtellinese, con un curriculum<br />

lunghissimo <strong>di</strong> scalate sulle montagne non solo <strong>di</strong><br />

casa, nel gruppo del Masino e sulle Orobie, ma anche<br />

sulle Dolomiti e, fuori d’Italia, in Perù, in Patagonia e<br />

nel massiccio dell’Hoggar. Noi lo vogliamo ricordare<br />

attraverso una testimonianza.<br />

Caro Chiscio,<br />

ti ho conosciuto trentacinque<br />

anni fa, nel 1975, in occasione<br />

dell’assemblea annuale del<br />

C.A.I. <strong>Morbegno</strong>. Io, neofita,<br />

partecipavo per la prima volta<br />

ad una riunione del sodalizio,<br />

tu, seduto dall’altra parte<br />

del tavolo, eri un alpinista<br />

affermato, con alle spalle<br />

un’attività importante sulle<br />

pareti del Masino, delle Orobie<br />

e delle Dolomiti e da pochi<br />

mesi eri rientrato da una<br />

spe<strong>di</strong>zione extraeuropea nelle<br />

Ande peruviane, conclusasi con<br />

successo.<br />

In quella circostanza, con il<br />

tuo compagno <strong>di</strong> cordata Carlo<br />

Milani, stavi presentando ai<br />

soci il progetto <strong>di</strong> portare<br />

nelle scuole citta<strong>di</strong>ne, me<strong>di</strong>e<br />

e superiori, la narrazione e le<br />

immagini <strong>di</strong> quell’avventura<br />

in terre lontane. La tua idea<br />

era quella <strong>di</strong> non lasciare che<br />

un’esperienza così bella e<br />

positiva rimanesse un episo<strong>di</strong>o<br />

fine a se stesso, circoscritto<br />

ai soli specialisti, ma, al<br />

contrario, che <strong>di</strong>ventasse<br />

un veicolo costruttivo <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>vulgazione. E illustravi il tuo<br />

piano con la passione e con<br />

la capacità <strong>di</strong> coinvolgimento<br />

che ti erano caratteristiche,<br />

spiegando quanto fosse<br />

importante, in una citta<strong>di</strong>na<br />

alpina come <strong>Morbegno</strong>,<br />

avvicinare i giovani e far capire<br />

loro come l’alpinismo, ma anche<br />

il semplice escursionismo e, più<br />

in generale, il mondo alpino<br />

potessero essere fonte <strong>di</strong><br />

piacere sano e stimolo per una<br />

crescita personale.<br />

Ti devo <strong>di</strong>re che non ci hai<br />

messo molto a convincermi,<br />

con quel tuo parlare fluido,<br />

reso più accattivante dalla<br />

tua inconfon<strong>di</strong>bile “erre”,<br />

ed è così che è iniziata la<br />

nostra collaborazione nel<br />

Gruppo giovanile del C.A.I.<br />

<strong>Morbegno</strong>, del quale tu sei<br />

stato instancabile animatore,<br />

giovane fra i giovani grazie al<br />

tuo spirito esuberante. Quel<br />

ciclo <strong>di</strong> incontri a scuola e<br />

<strong>di</strong> escursioni in montagna è<br />

durato solo quattro anni, ma<br />

ha lasciato il segno, perché<br />

molti <strong>di</strong> quei ragazzi sono oggi<br />

i rappresentanti <strong>di</strong> una nuova<br />

generazione <strong>di</strong> alpinisti e <strong>di</strong> sci<br />

68 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 69


alpinisti, alcuni dei quali sono<br />

<strong>di</strong>ventati a loro volta istruttori<br />

<strong>di</strong> montagna e punti <strong>di</strong><br />

riferimento per chi verrà dopo<br />

<strong>di</strong> loro. Come tu avevi intuito<br />

ed auspicato.<br />

Negli anni successivi ho avuto<br />

modo <strong>di</strong> conoscerti meglio<br />

e <strong>di</strong> stimarti non solo come<br />

uomo <strong>di</strong> montagna, ma anche<br />

come persona. Oltre alle tue<br />

doti <strong>di</strong> comunicatore, ho<br />

potuto apprezzare il tuo innato<br />

ottimismo che ti rendeva<br />

pacato e rassicurante anche<br />

nei momenti più <strong>di</strong>fficili, unito<br />

alla generosità con cui ti<br />

de<strong>di</strong>cavi alla vita della sezione,<br />

della quale eri, nel frattempo,<br />

<strong>di</strong>ventato presidente. Eri un<br />

vulcano <strong>di</strong> idee che perseguivi<br />

poi con determinazione e che<br />

riuscivi sempre a concretizzare.<br />

Devo riconoscere che gli anni<br />

nei quali ci siamo frequentati<br />

sono stati per me molto intensi<br />

e li ricordo con particolare<br />

piacere. Di questo ti sono<br />

grato. Poi il tempo e gli eventi<br />

hanno allontanato le nostre<br />

strade e i nostri rapporti<br />

si sono <strong>di</strong>radati. Quando ci<br />

trovavamo, però, eri il Chiscio<br />

<strong>di</strong> sempre. Anche l’ultima<br />

volta che ci siamo visti, in<br />

ottobre, quando con Giovanni<br />

ti ho incontrato ai giar<strong>di</strong>ni<br />

sotto casa, non hai smentito<br />

te stesso. Pur consapevole<br />

delle tue con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> salute<br />

oramai irrime<strong>di</strong>abilmente<br />

compromesse, hai abbracciato<br />

entrambi e ci hai avvolto con<br />

la tua giovialità, riuscendo,<br />

con il tuo ottimismo e con la<br />

tua forza d’animo, a rendere<br />

leggera una conversazione che<br />

avrebbe potuto essere oppressa<br />

da una cappa pesante fatta <strong>di</strong><br />

molti silenzi allusivi. Non c’è<br />

che <strong>di</strong>re, un’altra <strong>di</strong>mostrazione<br />

<strong>di</strong> com’eri fatto.<br />

Caro Chiscio, per ciò che<br />

sei stato e per quanto hai<br />

fatto voglio esprimerti il<br />

mio ringraziamento sincero,<br />

sicuro <strong>di</strong> interpretare anche<br />

il pensiero dei tanti amici del<br />

Club Alpino Italiano.<br />

Riccardo<br />

Giuseppe “Chiscio” Caneva nasce a <strong>Morbegno</strong> l’11 maggio<br />

1933 e, ancora giovanissimo, nell’imme<strong>di</strong>ato dopoguerra,<br />

inizia a frequentare la montagna e a compiere le prime<br />

timide scalate. La sua passione lo porta nello spazio <strong>di</strong><br />

trentacinque anni <strong>di</strong> alpinismo a compiere oltre 1300<br />

scalate su tutto l’arco alpino. Chiscio si cimenta ai massimi<br />

livelli con tutte le specialità dell’alpinismo: l’arrampicata<br />

classica, le ascensioni invernali e le salite solitarie e,<br />

dal 1975, partecipa a tre spe<strong>di</strong>zioni extraeuropee. La<br />

spe<strong>di</strong>zione “Città <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong>” nelle Ande peruviane<br />

con la conquista del Puscanturpa, quella in Patagonia con<br />

i ripetuti assalti al Fitz Roy e quella in Algeria nel gruppo<br />

dell’Hoggar sono le imprese più significative realizzate al <strong>di</strong><br />

fuori delle montagne <strong>di</strong> casa.<br />

Se l’attività alpinistica <strong>di</strong> Giuseppe Caneva è stata<br />

importante dal punto <strong>di</strong> vista sportivo, <strong>di</strong> pari rilevanza è<br />

stato il suo impegno in ambito sociale: dal 1978 al 1988 ha<br />

ricoperto la carica <strong>di</strong> Presidente della sezione morbegnese<br />

del C.A.I., dal 1961 al 1973 ha collaborato come istruttore<br />

alla Scuola <strong>di</strong> Alpinismo “Luigi Bombar<strong>di</strong>eri” <strong>di</strong> Sondrio<br />

e dal 1961 ha fatto parte come volontario del Corpo<br />

Nazionale <strong>di</strong> Soccorso Alpino della provincia <strong>di</strong> Sondrio.<br />

Nel palmares <strong>di</strong> Chiscio<br />

11 ottobre 1952<br />

Prima salita della parete Nord Est del<br />

Pizzo Varrone in Valgerola, con<br />

Luigi Bongio.<br />

26 luglio 1966<br />

Prima salita della parete Est della<br />

Cima <strong>di</strong> Pescegallo in Valgerola, con<br />

Giorgio Bertarelli.<br />

6 gennaio 1968<br />

Prima salita e prima invernale della<br />

parete Nord dei Denti della Vecchia<br />

in Valgerola, con Ezio Angelini.<br />

27-28 <strong>di</strong>cembre 1970<br />

Prima invernale della Via Bonatti<br />

sulla Punta Fiorelli in Valmasino,<br />

con Giorgio Bertarelli.<br />

13 agosto 1971<br />

Prima solitaria della Via Bonatti sulla<br />

Punta Fiorelli in Valmasino.<br />

10 agosto 1972<br />

Prima solitaria della parete Nord<br />

Ovest del Pizzo Ligoncio in Val<br />

Codera.<br />

29-30 giugno e 1 luglio 1973<br />

Prima ripetizione della Via Bianchi-<br />

Nardella-Robecchi sulla parete Sud<br />

del Cavalcorto in Valmasino, con<br />

Carlo Milani.<br />

5 agosto 1973<br />

Salita in solitaria della parete Nord<br />

Est del Pizzo Ba<strong>di</strong>le in Val Bondasca.<br />

6 settembre 1976<br />

Prima salita della parete Ovest della<br />

Punta Virgilio in Valmasino, con<br />

Carlo Milani.<br />

Nel 2002 Chiscio ha pubblicato le<br />

sue memorie alpinistiche nel volume<br />

“Cartoline dalla montagna”.<br />

70 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 71


SOLO<br />

SULLA NORD EST DEL BADILE<br />

Il 5 agosto 1973 Chiscio Caneva effettua la terza<br />

delle sue ascensioni solitarie sui monti del Màsino.<br />

Dopo la via Vinci sulla Nord del Ligoncio e la via<br />

Bonatti sulla Punta Fiorelli, è la volta della via<br />

Cassin sulla Nord Est del Ba<strong>di</strong>le.<br />

Ecco la relazione autografa<br />

inviata al C.A.I. <strong>Morbegno</strong>,<br />

sua sezione <strong>di</strong> appartenenza.<br />

Il 4 agosto 1973, sabato mattina<br />

<strong>di</strong> buon’ora mi trovo ai Bagni<br />

Masino. Sono solo, ho con me il<br />

mio zaino e voglio raggiungere il<br />

rifugio Gianetti.<br />

E’ il mio primo obbiettivo, ma<br />

il mio pensiero non si ferma lì,<br />

va oltre, al giorno successivo<br />

quando, una volta risalito il<br />

Pizzo Ba<strong>di</strong>le per la via normale e<br />

<strong>di</strong>sceso lo spigolo Nord mi troverò<br />

faccia a faccia con la Nord Est.<br />

E’ questo infatti il mio<br />

inten<strong>di</strong>mento, fare in solitaria la<br />

via Cassin. Non è la prima volta<br />

che vado in montagna da solo,<br />

l’anno scorso ho salito la via Vinci<br />

alla parete Nord del Ligoncio e<br />

due anni prima la via Bonatti alla<br />

Nord della Punta Fiorelli, eppure<br />

è come se fosse la prima volta. I<br />

pensieri si accavallano l’un con<br />

l’altro ma conducono tutti a un<br />

punto, a quella immane parete,<br />

fra le più belle delle Alpi, che<br />

dai 3308 metri del Pizzo Ba<strong>di</strong>le<br />

precipita con un salto <strong>di</strong> 900<br />

metri in Val Bondasca. Sono i<br />

soliti pensieri che passano per<br />

la testa <strong>di</strong> ogni alpinista che<br />

si accinge ad effettuare una<br />

ascensione, facile o <strong>di</strong>fficile che<br />

sia.<br />

Giungo al Rifugio Gianetti e<br />

mi concedo una sosta. Non c’è<br />

il custode per cui non reputo<br />

necessario comunicare ai presenti<br />

il mio inten<strong>di</strong>mento anche in<br />

considerazione che a fondo valle<br />

i miei amici sanno cosa voglio<br />

fare e che, se tutto va secondo il<br />

programma, quegli stessi amici<br />

domani li incontrerò sulla vetta<br />

del Ba<strong>di</strong>le.<br />

Questo pensiero mi fa sentire<br />

meno solo, mentre dal Rifugio<br />

Gianetti mi <strong>di</strong>rigo verso il Ba<strong>di</strong>le<br />

che risalgo lungo la via normale<br />

fino alla vetta. Qui ho il piacere<br />

<strong>di</strong> incontrare una persona, un<br />

solitario anche lui. E’ un inglese<br />

e capisco che proprio quel giorno<br />

deve aver effettuato in solitaria<br />

la Nord Est. Ci scambiamo qualche<br />

parola, io in italiano lui in inglese<br />

e anche se io non so l’inglese e<br />

lui non sa l’italiano, ci mettiamo<br />

d’accordo per <strong>di</strong>scendere insieme<br />

lo spigolo Nord.<br />

Vedo subito che è un giovane ben<br />

preparato e grazie a un cor<strong>di</strong>no<br />

<strong>di</strong> 100 metri in suo possesso<br />

la <strong>di</strong>scesa si rivela veloce e in<br />

poco più <strong>di</strong> 2 ore e mezza siamo<br />

alla base dello spigolo. Lungo la<br />

<strong>di</strong>scesa ho modo <strong>di</strong> conoscerlo<br />

72 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 73


meglio e fra l’altro mi fa osservare<br />

che lui non è inglese ma gallese<br />

facendomi omaggio <strong>di</strong> un<br />

<strong>di</strong>stintivo del Galles.<br />

Sono all’attacco dello spigolo<br />

Nord e sono <strong>di</strong> nuovo solo, il<br />

mio compagno inglese è <strong>di</strong>sceso<br />

verso il Sass Furà e io decido <strong>di</strong><br />

effettuare la traversata verso<br />

il centro della parete. Questo<br />

mi permetterà <strong>di</strong> evitare un<br />

lungo giro e <strong>di</strong> portarmi quin<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>rettamente all’inizio delle prime<br />

grosse <strong>di</strong>fficoltà della parete.<br />

Raggiungo infatti il cosiddetto<br />

“sasso spaccato” e lì decido che<br />

per oggi può bastare. Ho salito<br />

il Ba<strong>di</strong>le per la normale, l’ho<br />

ri<strong>di</strong>sceso per lo spigolo Nord per<br />

cui reputo necessario fermarmi<br />

in questo posto, proprio all’inizio<br />

delle <strong>di</strong>fficoltà, <strong>di</strong>fficoltà che il<br />

mio buon senso suggerisce <strong>di</strong><br />

affrontare il mattino successivo.<br />

Mi accingo quin<strong>di</strong> al bivacco che<br />

preparo con ogni cura, mangio<br />

qualcosa e cerco <strong>di</strong> darmi un<br />

po’ <strong>di</strong> energia con dell’ottimo<br />

vino caldo. Evidentemente il<br />

mio fisico è stanco, la traversata<br />

dalla base dello spigolo Nord al<br />

centro della parete e la salita<br />

fino a dove mi trovo mi aveva<br />

impegnato per un’ora, e questo,<br />

aggiunto a quanto già avevo fatto<br />

precedentemente, ha contribuito<br />

senza dubbio a far sì che io mi<br />

addormentassi tranquillamente.<br />

Sarebbe stato troppo bello se<br />

questo sonno ristoratore fosse<br />

durato fino al mattino, ma come<br />

sempre capita in quasi tutti i<br />

bivacchi, nel mezzo della notte<br />

mi sveglio e non è più possibile<br />

riprendere sonno.<br />

E’ il periodo psicologicamente<br />

più duro, fra l’altro una nebbia<br />

intensa si è levata e sale lungo<br />

la parete verso la cima. Non ho<br />

nessuno a cui rivolgere la parola<br />

ed è umano che i miei pensieri<br />

volino lontano, verso la mia<br />

famiglia, i miei parenti, i miei<br />

amici e verso tutti coloro che<br />

conosco. Ed è solo con enorme<br />

sforzo che riesco a convincermi<br />

che se mi trovo lì è solo perché<br />

io l’ho voluto, e se l’ho voluto<br />

è solo perché sono convinto <strong>di</strong><br />

poter fare quello che ho in animo<br />

<strong>di</strong> fare.<br />

Bene o male passano anche<br />

queste ultime ore della notte.<br />

E’ l’alba del 5 agosto 1973 e<br />

attacco la serie <strong>di</strong> <strong>di</strong>edri che<br />

portano al primo bivacco Cassin.<br />

Tutti i pensieri della notte sono<br />

scomparsi e le <strong>di</strong>fficoltà della<br />

parete mi impegnano totalmente.<br />

Ora è uno solo il mio pensiero<br />

e il mio obbiettivo. Superare la<br />

serie <strong>di</strong> <strong>di</strong>edri, raggiungere il<br />

primo bivacco Cassin, traversare<br />

a sinistra, salire e <strong>di</strong> nuovo<br />

traversare verso il gran <strong>di</strong>edro,<br />

superarlo, superare il tetto,<br />

raggiungere il secondo Cassin,<br />

risalire il caminone, traversare<br />

a sinistra, ri<strong>di</strong>scendere lungo le<br />

doppie, risalire il colatoio finale<br />

per trovarmi finalmente in vetta.<br />

Il tempo non è fra i più ideali,<br />

oltre alla nebbia ci sono anche<br />

dei grossi nuvoloni che non<br />

promettono nulla <strong>di</strong> buono, ma<br />

tuttavia io salgo. Avevo già fatto<br />

due volte in cordata la Nord Est<br />

e questo mi è molto <strong>di</strong> aiuto.<br />

La parete la conosco bene, per<br />

cui la mia salita si rivela sicura<br />

e decisa. Raggiungo il primo<br />

bivacco Cassin, anche il gran<br />

<strong>di</strong>edro è raggiunto e superato.<br />

Vado avanti tranquillo, sento che<br />

la mia terza impegnativa solitaria<br />

è ormai a portata <strong>di</strong> mano quando<br />

raggiungo l’inizio del caminone.<br />

E’ a questo punto che sento delle<br />

voci, è una cordata che si trova<br />

impegnata un poco più avanti<br />

<strong>di</strong> me. Deve aver bivaccato in<br />

parete. “Ora li raggiungo e con<br />

loro salgo fino in vetta” <strong>di</strong>co<br />

fra me. Invece al termine del<br />

caminone sono scomparsi, con<br />

ogni probabilità o sono proseguiti<br />

<strong>di</strong>ritti o hanno tagliato verso<br />

lo spigolo Nord evitando così<br />

l’ultima parte della via Cassin.<br />

Io invece preferisco traversare a<br />

sinistra, verso le doppie che mi<br />

porteranno nel centro del colatoio<br />

finale, preferisco insomma seguire<br />

per intero la via Cassin. E così<br />

faccio infatti, solo che mentre<br />

pensavo che il colatoio finale<br />

poteva essere quello che meno<br />

<strong>di</strong> tutti doveva impegnarmi,<br />

sarà stata la stanchezza o la<br />

presenza <strong>di</strong> un leggero strato <strong>di</strong><br />

neve caduta durante la notte,<br />

è purtroppo in questo tratto<br />

che invece sono costretto ad<br />

impegnarmi maggiormente. Sono<br />

gli ultimi metri e forse perché gli<br />

ultimi, anche i più sofferti.<br />

Dalla vetta giungono voci amiche<br />

che mi chiamano e che mi danno<br />

la forza <strong>di</strong> cui ho bisogno per<br />

raggiungere la cima.<br />

Sono le 10 e mezza del 5 agosto<br />

1973 e ho fatto in solitaria la<br />

Nord Est del Ba<strong>di</strong>le, sono in vetta<br />

e sono felice.<br />

La grande parete è ora sotto <strong>di</strong><br />

me, e anche se il tempo non<br />

è molto buono è per me una<br />

giornata meravigliosa. Riprovo la<br />

stessa gioia, ma sempre nuova, <strong>di</strong><br />

quando ho salito in solitaria la via<br />

Bonatti alla Punta Fiorelli e la via<br />

Vinci alla Nord del Ligoncio.<br />

Erano mesi che avevo questo<br />

obbiettivo e l’ho raggiunto.<br />

Ho affrontato e superato la Nord<br />

Est del Ba<strong>di</strong>le cosciente <strong>di</strong> quello<br />

che mi aspettava e sicuro <strong>di</strong> poter<br />

superare tutte le <strong>di</strong>fficoltà che<br />

man mano mi si presentavano.<br />

Non è stato quin<strong>di</strong> un gesto<br />

sprovveduto, ma ponderato in<br />

ogni dettaglio, dalla preparazione<br />

fisica alla preparazione morale,<br />

elementi in<strong>di</strong>spensabili che<br />

fanno tanto bello e meraviglioso<br />

l’andare in montagna.<br />

74 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 75


SIC<br />

Sondrio, 5 novembre <strong>2010</strong><br />

Oggetto: SIC<br />

Ill.mo Sig. Massimo SERTORI<br />

Presidente della Provincia <strong>di</strong> Sondrio<br />

Via XXV Aprile, 22<br />

23100 S O N D R I O<br />

Come forse saprà, nella Provincia <strong>di</strong> Sondrio operano 11 Sezioni del Club Alpino Italiano (Aprica, Bormio, Chiavenna, Chiesa Valmalenco,<br />

Livigno, Madesimo, <strong>Morbegno</strong>, Novate Mezzola, Sondalo, Sondrio, Valfurva) e 5 Sottosezioni, tutte del <strong>CAI</strong> Valtellinese,<br />

<strong>Sezione</strong> <strong>di</strong> Sondrio (Berbenno Valtellina, Ponte, Teglio, Tirano, Val<strong>di</strong>dentro).<br />

Tra le 11 Sezioni, ai sensi del vigente Statuto Generale del Club Alpino Italiano, già da anni è stato costituito un Coor<strong>di</strong>namento,<br />

con la finalità <strong>di</strong> creare un luogo <strong>di</strong> collegamento tra le varie attività e <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione sui temi e problemi <strong>di</strong> respiro provinciale<br />

o, quantomeno, intersezionale.<br />

Nell’ultima riunione, tenutasi a Sondrio il 4/11/<strong>2010</strong>, si sono, fra l’altro, prese in esame le problematiche connesse alla recente<br />

approvazione dei SIC (Siti <strong>di</strong> Interesse Comunitario) ricadenti nell’ambito del territorio della Provincia <strong>di</strong> Sondrio.<br />

All’unanimità è stata, innanzitutto, con<strong>di</strong>visa la finalità sottesa all’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> tali siti, per le loro alte qualità ambientali<br />

sotto <strong>di</strong>versi profili (faunistici, floristici, geologici, ecc.) che, sicuramente, meritano la massima attenzione e la massima tutela,<br />

onde mantenere la loro sopravvivenza e la loro salvaguar<strong>di</strong>a da azioni che ne possano intaccare l’integrità.<br />

Il Club Alpino Italiano ha quale proprio scopo statutario (art. 1), fra l’altro, “la conoscenza e lo stu<strong>di</strong>o delle montagne, specialmente<br />

<strong>di</strong> quelle italiane, e la <strong>di</strong>fesa del loro ambiente naturale”.<br />

Si è quin<strong>di</strong> interessato da sempre, fin dalla sua fondazione (che risale al 1863), al mondo della montagna in tutte le sue possibili<br />

espressioni e sfaccettature, ivi compresa la vivibilità da parte delle persone che lì vivono, operano e lavorano, non <strong>di</strong>sgiunta<br />

però dalla sostenibilità ambientale <strong>di</strong> ogni intervento umano.<br />

Riteniamo, pertanto, <strong>di</strong> aver acquisito nel corso <strong>di</strong> questi lunghissimi anni <strong>di</strong> frequentazione, manutenzione, conservazione e<br />

protezione della montagna, titoli adeguati, maturati dalla conoscenza <strong>di</strong>retta del territorio montano, per poter esprimere, attraverso<br />

le singole specificità e conoscenze tecniche <strong>di</strong> certi nostri soci, adeguati suggerimenti per un corretto “utilizzo” delle<br />

aree inserite all’inteno <strong>di</strong> ciascun SIC.<br />

Vi è da aggiungere che il <strong>CAI</strong> è sempre stato un tenace sostenitore della libertà d’accesso alla montagna, vale a <strong>di</strong>re della libertà<br />

<strong>di</strong> praticare l’alpinismo e l’arrampicata (battendosi per la rimozione <strong>di</strong> ogni ostacolo frapposto in senso contrario), libertà da<br />

esercitarsi però in modo responsabile, secondo i principi etici fissati dall’UIAA (Unione Internazionale delle Associazioni Alpinistiche,<br />

<strong>di</strong> cui il <strong>CAI</strong> fa parte, unitamente a tutte le principali associazioni alpinistiche mon<strong>di</strong>ali).<br />

Poiché nei prossimi tre anni dovranno essere in<strong>di</strong>viduate le regole da applicare all’interno <strong>di</strong> ciascun SIC in riferimento ad argomenti<br />

<strong>di</strong> nostro grande interesse (razionalizzazione dei sentieri, percorsi obbligatori in certi perio<strong>di</strong> dell’anno in riferimento alle<br />

necessità faunisitiche, gestione dei rifugi, smaltimento dei rifiuti, utilizzo <strong>di</strong> mezzi meccanici, ecc.), ci auguriamo che l’Amministrazione<br />

da Lei presieduta voglia contattarci, affinchè possiamo mettere a Vostra <strong>di</strong>sposizione tutta la nostra esperienza e conoscenza,<br />

per il tramite dei nostri soci esperti in tali tematiche.<br />

Riteniamo, infatti, che, tenuto conto della duplice finalità del nostro sodalizio (frequentazione della montagna e <strong>di</strong>fesa dell’ambiente<br />

naturale montano), possiamo essere in grado <strong>di</strong> fornire i migliori suggerimenti per pervenire ad un giusto equilibrio tra<br />

la salvaguar<strong>di</strong>a dei SIC e la possibilità che gli stessi possano continuare ad essere frequentati, in modo responsabile e rispettoso<br />

dell’ambiente, dagli appassionati <strong>di</strong> montagna.<br />

Nell’attesa <strong>di</strong> sentirLa in merito, porgiamo <strong>di</strong>stinti saluti.<br />

Il Presidente del Coor<strong>di</strong>namento<br />

Luciano Bertolina<br />

Pubblichiamo i testi della<br />

corrispondenza intercorsa<br />

fra il Coor<strong>di</strong>namento delle<br />

Sezioni della provincia <strong>di</strong><br />

Sondrio del Club Alpino<br />

Italiano e l’Amministrazione<br />

provinciale sul tema delle<br />

regole che dovranno essere<br />

introdotte prossimamente<br />

nei SIC (Siti <strong>di</strong> Interesse<br />

Comunitario).<br />

La lettera del <strong>CAI</strong>, dai<br />

toni collaborativi, pacata<br />

ed equilibrata, come si<br />

conviene quando ci si<br />

rivolge alle istituzioni<br />

pubbliche, è volta a<br />

scongiurare un pericolo<br />

possibile: che sull’onda<br />

<strong>di</strong> una teorica e generica<br />

salvaguar<strong>di</strong>a ambientale,<br />

non correlata al territorio<br />

ed alla sua realtà sociale,<br />

la pratica delle attività<br />

legate alla montagna<br />

(escursionismo, alpinismo,<br />

sci alpinismo ecc.) subisca<br />

limitazioni spropositate o<br />

assurde.<br />

La risposta della Provincia,<br />

breve e istituzionalmente<br />

ineccepibile, dopo<br />

il riconoscimento <strong>di</strong><br />

prammatica del ruolo<br />

del <strong>CAI</strong> e la promessa del<br />

suo coinvolgimento sulla<br />

materia, fa comunque<br />

sapere che, d’ora in avanti,<br />

nelle aree in<strong>di</strong>viduate come<br />

SIC, molte cose dovranno<br />

cambiare.<br />

La cosa ci fa storcere un po’<br />

il naso, non tanto perché si<br />

è egoisticamente refrattari<br />

ad ogni vincolo e ad ogni<br />

limitazione (le regole<br />

ragionevoli le apprezziamo<br />

e le rispettiamo), quanto<br />

perché suona stridente il<br />

raffronto con lo scempio<br />

che quoti<strong>di</strong>anamente<br />

ve<strong>di</strong>amo compiere in ogni<br />

angolo della provincia,<br />

dal fondovalle agli<br />

ambienti <strong>di</strong> alta quota, con<br />

l’e<strong>di</strong>ficazione selvaggia e la<br />

realizzazione <strong>di</strong> strade <strong>di</strong><br />

montagna, mal progettate<br />

e mal costruite, in nome<br />

<strong>di</strong> un presunta economia<br />

turistica. L’impressione è<br />

che si sparino cannonate<br />

agli uccellini mentre si<br />

tirano sassolini ai bisonti.<br />

Nulla <strong>di</strong> nuovo, cioè SICut<br />

erat in principio, et nunc,<br />

et semper, et in saecula<br />

saeculorum.<br />

76 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 77


I NUMERI DEL C.A.I.<br />

MORBEGNO<br />

Alla data del 31.12.<strong>2010</strong> gli<br />

iscritti sono 574 così sud<strong>di</strong>visi:<br />

388 or<strong>di</strong>nari, 145 famigliari e<br />

41 giovani.<br />

Ricor<strong>di</strong>amo che le iscrizioni si<br />

effettuano presso gli sportelli<br />

del Cre<strong>di</strong>to Valtellinese <strong>di</strong> Via<br />

Ambrosetti.<br />

CONSIGLIO DIRETTIVO<br />

Presidente<br />

Domenico Del Barba<br />

Vicepresidente<br />

Mario Spini<br />

Segretario<br />

Davide Bonzi<br />

Consiglieri<br />

Danilo Acquistapace<br />

Enrico Bertoli<br />

Alessandro Caligari<br />

Angelo De Donati<br />

Tarcisio Pezzini<br />

Clau<strong>di</strong>a Ponzoni<br />

Franco Scotti<br />

Oreste Zecca<br />

ISTRUTTORI DI<br />

ALPINISMO E DI SCI<br />

ALPINISMO<br />

Enrico Bertoli (ISA)<br />

Giulio Gadola (ISA)<br />

Marco Riva (ISA)<br />

Franco Scotti (ISA)<br />

Cesare De Donati (INSA/IAIl)<br />

ISTRUTTORI SEZIONALI<br />

DI ALPINISMO E DI SCI<br />

ALPINISMO<br />

Mario Spini<br />

Moreno Libera<br />

Danilo Acquistapace<br />

Gottardo Riva<br />

Riccardo Scotti<br />

ACCOMPAGNATORI DI<br />

ESCURSIONISMO<br />

Davide Bonzi (AE)<br />

Alessandro Caligari (AE)<br />

BIBIOTECA/VIDEOTECA<br />

Sono entrati in biblioteca 1<br />

manuale tecnico <strong>di</strong> alpinismo<br />

e sci alpinismo e la guida “Pale<br />

<strong>di</strong> San Martino”.. Il totale dei<br />

titoli presenti negli scaffali è<br />

363. Completano il patrimonio<br />

31 videocassette e 152 carte<br />

geografiche.<br />

E’ in corso la procedura<br />

informatizzata per la gestione<br />

della biblioteca.<br />

I CORSI<br />

Corso <strong>di</strong> ginnastica presciistica<br />

Come oramai è tra<strong>di</strong>zione<br />

da <strong>di</strong>versi anni, da ottobre<br />

2009 a marzo <strong>2010</strong>, presso la<br />

palestra <strong>di</strong> via Prati Grassi si<br />

sono svolte le lezioni del corso<br />

<strong>di</strong> ginnastica in preparazione<br />

della stagione invernale. In<br />

circa 40 ore <strong>di</strong> lezione c’è stata<br />

una me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 15 partecipanti<br />

ad incontro.<br />

Corso base <strong>di</strong> scialpinismo<br />

Si è svolto da gennaio a<br />

marzo. Al corso hanno<br />

partecipato 16 allievi:<br />

De Finis Andrea, Donadelli<br />

Tommaso, Faldarini Riccardo,<br />

Fognini Amos, Fognini Patrizia,<br />

Gusmeroli Luca, Gusmeroli<br />

Mirco, Magoni Carlomaria,<br />

Manni Giuseppe, Maxenti<br />

Manuela, Mazzoni Andrea,<br />

Nogara Ingrid, Perego Mauro,<br />

Sosio Cristina, Spreafico Laura,<br />

Todesco Roberto<br />

Corso <strong>di</strong> arrampicata<br />

Si è svolto nei mesi <strong>di</strong><br />

settembre e <strong>di</strong> ottobre in<br />

collaborazione con il <strong>CAI</strong> <strong>di</strong><br />

Chiavenna ed ha coinvolto 8<br />

allievi: Cucchi Monica, De Finis<br />

Andrea, Falcinella Maurizio,<br />

Giacoma Pin Rosanna,<br />

Giar<strong>di</strong>ello Giovanni, Gusmeroli<br />

Luca, Gusmeroli Mariella,<br />

Gusmeroli Mirco, Manzi<br />

Simone, Manzoni Lorella,<br />

Piffari Paolo<br />

LE GITE<br />

Gennaio<br />

• Pescegallo<br />

Sci alpinismo al chiaro <strong>di</strong> luna.<br />

Febbraio<br />

• Ciaspolata a Baitridana –<br />

Pozza Rossa<br />

Aprile<br />

• Escursione sul Lario: Nesso –<br />

Ponte del Diavolo<br />

Maggio<br />

• Escursione al Büs de la Noga<br />

in Val Solda (Ceresio)<br />

Giugno<br />

• Escursione ai Laghi <strong>di</strong> Torena<br />

in Val Belviso<br />

• Escursione Alpe Tagliato –<br />

Alpe Olano<br />

Luglio<br />

• Escursione ai rifugi Sciora e<br />

Sasc Fura lungo il Viale<br />

• Gita famigliare al Lago <strong>di</strong><br />

Cavlocc/Passo Muretto<br />

Agosto<br />

• Week end in Stubaital<br />

(Tirolo)<br />

Settembre<br />

• Ascensione al Piz Julier<br />

(Enga<strong>di</strong>na)<br />

• Gita in Liguria: Porto Venere<br />

– Isola Palmaria<br />

Ottobre<br />

• Escursione in Val Trupchun<br />

(Enga<strong>di</strong>na)<br />

SERATE<br />

• Aggiornamento Arva<br />

Mammut (Tecnico Mammut)<br />

• Avventura in Nepal (Carlo<br />

Mazzoleni)<br />

• Ricordo <strong>di</strong> Vincenzo<br />

Spreafico (Franco Scotti)<br />

• Sci alpinismo <strong>2010</strong> (Lodovico<br />

Mottarella)<br />

• I fiori delle nostre valli<br />

(Giancarlo Donadelli)<br />

• I tetraoni<strong>di</strong> (Natalino Bavo)<br />

RITROVI CONVIVIALI<br />

• Polentata d’estate<br />

• Castagnata d’autunno<br />

• Brin<strong>di</strong>si <strong>di</strong> Natale<br />

RALLYNO DELLA<br />

ROSETTA<br />

Squadre partecipanti n. 43<br />

Regolarità salita<br />

1° - Gusmeroli Alessandro –<br />

Mazzoni Matteo (1,577)<br />

2° - Pezzini Maurizio – Brocchi<br />

Angelo (1,753)<br />

3° - Lan<strong>di</strong> Luigi – Tacchini<br />

Cristina (3,146)<br />

78 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 79


Velocità salita (m 510)<br />

1° - Pedrazzoli Paolo –<br />

Beltrama Pietro (0:28:26)<br />

2° Torri Maurizio – Franzi<br />

Domenico (0:29:03)<br />

3° Rusconi Michele – Speziale<br />

Max (0:33:57)<br />

Velocità <strong>di</strong>scesa<br />

De Donati Cesare – Pinoli<br />

Francesco (0:00:49)<br />

Del Barba Pietro – Orlan<strong>di</strong><br />

Mauro (0:00:50)<br />

Manenti Mauro – Del barba<br />

Stefano (0:00:54)<br />

I MERCOLEDÌ DEGLI<br />

UNDER 99<br />

Attività ricca quella del<br />

<strong>2010</strong>: 13 uscite sci-ciaspolo<br />

alpinistiche e 25 gite estive e<br />

autunnali (ve<strong>di</strong> articolo pag.<br />

48)<br />

Il più sportivo<br />

degli intimi...<br />

www.liod.it<br />

by Lorain sas<br />

I capi in polipropilene della nostra collezione sono<br />

l’ideale per gli sport in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> freddo intenso,<br />

sono estremamente efficaci nel trasporto<br />

dell’umi<strong>di</strong>tà permettendovi <strong>di</strong> avere<br />

sempre gli indumenti asciutti.<br />

Indossateli una volta... non li abbandonerete più!<br />

Liod - Via Industria 1 - 23017 <strong>Morbegno</strong> (SO) - tel. 0342 614622<br />

80 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 81


82 <strong>CAI</strong> MORBEGNO

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!