ANNUARIO 2009 - CAI Sezione di Morbegno
ANNUARIO 2009 - CAI Sezione di Morbegno
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<strong>ANNUARIO</strong> <strong>2009</strong><br />
<strong>CAI</strong> MORBEGNO<br />
I
<strong>CAI</strong><br />
<strong>ANNUARIO</strong> <strong>2009</strong><br />
Club Alpino Italiano<br />
<strong>Sezione</strong> <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong><br />
Via San Marco<br />
Tel. e fax 0342 613803<br />
e-mail: info@caimorbegno.org<br />
www.caimorbegno.org<br />
Redazione:<br />
Alessandro Caligari, Domenico Del Barba,<br />
Riccardo Marchini, Lodovico Mottarella.<br />
Hanno collaborato:<br />
Pierenrico Belluzzo, Davide Bonzi,<br />
Alessandro Caligari, Daniele Chiarelli<br />
Domenico Del Barba, Elena Fattarelli,<br />
Libero Marchesi, Riccardo Marchini,<br />
Carlo B. Mazzoleni, Lodovico Mottarella,<br />
Franco Scotti, Mario Spini, Paolo Vitali.<br />
Fotografie:<br />
Davide Bonzi: 74, 75<br />
Barbara Del Nero: 67(destra)<br />
Giuseppe Maloberti: 70,71<br />
Riccardo Marchini: 7, 8, 9, 10, 11(sopra),<br />
14, 15, 16, 17, 18, 19, 20(sopra), 24,<br />
25, 26, 27, 28, 50-51, 52-53, 62(sopra),<br />
63(sopra), 64, 65(sinistra), 76, 77<br />
Carlo B. Mazzoleni: 40, 41, 42, 43<br />
Lodovico Mottarella: copertina e II, 2, 3, 4,<br />
5, 11(sotto), 12-13, 20(sotto), 21, 22, 23,<br />
30, 44, 45, 49, 54-55, 60, 61, 64(sotto),<br />
65(dx), 66, 67, 68, 69, 72, 73, 78, 79, 80,<br />
81, 82, 83, 84, 85<br />
Franco Scotti: 46, 47<br />
Alda Vaninetti, Luigi Ottelli: 57, 58, 59<br />
Paolo Vitali: 32-33, 34, 35, 36, 37, 38, 39<br />
Progetto grafico e<br />
realizzazione:<br />
Mottarella Stu<strong>di</strong>o Grafico<br />
www.mottarella.com<br />
II <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 1<br />
Stampa:<br />
Tipografia Bonazzi<br />
Storia<br />
Narrativa<br />
Scialpinismo<br />
Ricor<strong>di</strong><br />
Personaggi<br />
Avventura<br />
Ferrate<br />
S O M M A R I O<br />
Strade e sentieri retici<br />
<strong>di</strong> DANIELE CHIARELLI<br />
A pie<strong>di</strong> nu<strong>di</strong><br />
<strong>di</strong> ELENA FATTARELLI<br />
Scialpinismo in Georgia<br />
<strong>di</strong> PAOLO VITALI<br />
Quando si scioglie la neve?<br />
<strong>di</strong> FRANCO SCOTTI<br />
Riccardo Cassin<br />
a cura della REDAZIONE<br />
Canyoning<br />
<strong>di</strong> LIBERO MARCHESI<br />
A proposito <strong>di</strong> ferrate<br />
<strong>di</strong> RICCARDO MARCHINI
E D I T O R I A L E<br />
<strong>di</strong> Domenico Del Barba<br />
E D I T O R I A L E<br />
L’attività zootecnica <strong>di</strong> montagna che aveva contribuito in modo determinante<br />
a modellare, attraverso processi millenari, il paesaggio alpino che<br />
siamo abituati a conoscere ed apprezzare, sta affrontando una grave crisi.<br />
L’intero comparto ha subito una notevole evoluzione: le aziende trasferite<br />
in pianura hanno ampliato la loro <strong>di</strong>mensione e hanno potenziato l’efficienza<br />
tecnica e produttiva, mettendo fuori mercato quelle che non si sono adeguate<br />
e che sole potevano presi<strong>di</strong>are le aree più <strong>di</strong>sagiate.<br />
Nel corso degli ultimi 40-50 anni i prati e i pascoli <strong>di</strong> alta quota si sono ridotti<br />
<strong>di</strong> un terzo nell’insieme dell’arco alpino, gli alpeggi sono abbandonati.<br />
A quote superiori i ghiacciai e i nevai sono in continuo restringimento,<br />
come ci ha bene illustrato il nostro socio-relatore Riccardo Scotti nella<br />
serata “Ghiacciai sotto Serra” tenutasi venerdì 20 novembre presso la nostra<br />
sede. La qualità dell’aria, dell’acqua e dei suoli non è certo migliorata<br />
anche in montagna, complici le industrie <strong>di</strong> pianura e il traffico sempre<br />
più congestionato.<br />
Questa non è una lettura pessimistica della situazione ambientale della nostra<br />
provincia, ma una presa <strong>di</strong> coscienza della realtà in cui viviamo.<br />
Il suolo, che rappresenta uno degli elementi costitutivi della natura e del<br />
paesaggio ed è parte integrante dell’ecosistema, soprattutto per quanto riguarda<br />
i cicli dell’acqua e delle sostanze nutritive, non è un bene infinito.<br />
Non credo che sia gestito in modo parsimonioso al fine <strong>di</strong> garantirne le sue<br />
funzioni nel lungo periodo. Specialmente se si guarda il fondovalle.<br />
Nel corso <strong>di</strong> un incontro in sede Cai col Presidente Annibale Salsa, il Segretario<br />
generale della Convenzione delle Alpi (1), Marco Onida riferiva che:<br />
“Prima <strong>di</strong> giungere a limiti <strong>di</strong> insostenibilità e punti <strong>di</strong> non ritorno, proprio<br />
per la delicatezza e specificità degli ambienti alpini occorre passare all’applicazione<br />
<strong>di</strong> nuovi modelli <strong>di</strong> sviluppo locale”.<br />
E la ratifica dei protocolli della Convenzione delle Alpi (pianificazione territoriale<br />
e sviluppo sostenibile, agricoltura <strong>di</strong> montagna, protezione della<br />
natura e tutela del paesaggio, foreste montane, turismo, <strong>di</strong>fesa del suolo,<br />
energia, trasporti, qualità dell’aria, idroeconomia, popolazione e cultura,<br />
economia dei rifiuti), già firmati dai paesi membri, sarebbe un passo decisivo<br />
per scegliere un futuro <strong>di</strong> qualità per lo spazio alpino e per promuovere<br />
in modo sostanziale quelle miriade <strong>di</strong> azioni/progetto <strong>di</strong> sostenibilità<br />
già realizzate”.<br />
Sarebbe tempo quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> scelte concrete.<br />
L’Italia, unico tra gli otto paesi ad abbracciare per intero l’arco alpino, è<br />
tra i pochi che pur avendo firmato tutti i Protocolli della Convenzione delle<br />
Alpi tra il 1994 e il 2001, nel 2007 non ne aveva ancora ratificato alcuno.<br />
Confidando a questo punto nell’anno del pianeta Terra <strong>2009</strong> proclamato<br />
dall’UNESCO e che nell’attesissima Conference of the Parties <strong>di</strong> Copenhagen<br />
(COP15) del 7-18 Dicembre i Gran<strong>di</strong> della terra decidano a favore delle generazioni<br />
future, credo che noi aderenti a un Club importante, che rappresenta<br />
un grande movimento <strong>di</strong> opinione e un valore tecnico e morale a favore<br />
della montagna, abbiamo il dovere <strong>di</strong> far nostro il tema “Your Planet needs<br />
You! Unite to combat climate change” (“Il pianeta ha bisogno <strong>di</strong> te! Uniti<br />
per combattere il cambiamento climatico”), per favorire in ogni sede le migliori<br />
politiche a favore delle terre alte.<br />
(1)La Convenzione delle Alpi è una<br />
convenzione internazionale, nata su<br />
iniziativa della CIPRA (Commissione<br />
Internazionale per la Protezione<br />
delle Alpi), intesa a realizzare la<br />
protezione e lo sviluppo sostenibile<br />
dell’arco alpino. La Convenzione<br />
delle Alpi è stata firmata a Salisburgo<br />
(Austria) il 7 novembre 1991<br />
da Austria, Francia, Germania, Italia,<br />
Svizzera, Liechtenstein e UE. La<br />
Slovenia ha firmato la Convenzione<br />
il 29 marzo del 1993. Un protocollo<br />
supplementare ha consentito l’accesso<br />
al Principato <strong>di</strong> Monaco.<br />
2 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 3
CORSO BASE DI SCI ALPINISMO<br />
Direttore: Giulio Gadola.<br />
Istruttori: Cesare De Donati, Enrico Bertoli, Marco Riva<br />
e Franco Scotti.<br />
Allievi: Simona Angelini, Placido Azzalini, Stefano<br />
Boninsegna, Gabriele Corgatelli, Aldo Giu<strong>di</strong>ci, Ezio<br />
Luzzi, Barbara Pedranzini, Mistica Pedranzini,<br />
Franco Pellegatta, Davide Perego, Peppino<br />
Rapella, Angelo Rossanese, Fabrizio Venturini,<br />
Paolo Zugnoni.<br />
Queste le uscite <strong>di</strong> una giornata, precedute, al<br />
venerdì, dalle lezioni teoriche: Cima del Munt de<br />
Sura (Valgerola) – Passo <strong>di</strong> Tartano (Valtartano),<br />
Monte Colombana (Valgerola), Cima della Pesciöla<br />
(Val d’Arigna), Piz Surgonda (Enga<strong>di</strong>na).<br />
A conclusione del corso è stata effettuata<br />
un’uscita <strong>di</strong> due giorni al rifugio Boval in<br />
Enga<strong>di</strong>na, con salita al Misaun (gruppo<br />
Morteratsch).<br />
CORSO DI ARRAMPICATA<br />
Si è svolto nei mesi <strong>di</strong> settembre e <strong>di</strong> ottobre in<br />
collaborazione con il <strong>CAI</strong> <strong>di</strong> Chiavenna ed ha coinvolto 8<br />
allievi.<br />
Direttore: Cesare De Donati.<br />
Istruttori: Mauro Bongianni, Gianfranco Cason, Moreno<br />
Libera, Paola Lucchinetti, Pio Scaramella e Mario Spini.<br />
Allievi: Alessandro Bassi, Stefania Della Bitta, Stefano<br />
Gui<strong>di</strong>, Luigi Martinucci, Marco Bianchi, Giovanni Pierazzi,<br />
Mauro Spazzadeschi, Roberto Rigamonti.<br />
Queste le uscite <strong>di</strong> una giornata: Sasso Remenno,<br />
Sasso Bianco, Placche <strong>di</strong> Bette, Palestra <strong>di</strong> Piuro(cattivo<br />
tempo), Denti della Vecchia (Pescegallo), Piramide<br />
Casati(Grignetta)<br />
Gli allievi che hanno ricevuto l’attestato <strong>di</strong><br />
partecipazione sono stati complessivamente 21 (13 per<br />
lo sci alpinismo e 8 per l’arrampicata).<br />
4 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 5
STRADE E<br />
E SENTIERI<br />
RETICI<br />
Per attraversar il paese<br />
de’ ss.ri grisoni le strade<br />
sono <strong>di</strong>verse…<br />
Il sole <strong>di</strong> mezzodì splendeva<br />
sul passo dello Julier, nudo<br />
d’alberi, circondato <strong>di</strong> vette<br />
rocciose, nel paese dei<br />
Grigioni.<br />
Sotto i suoi raggi, sfreccianti<br />
giù a perpen<strong>di</strong>colo, le<br />
pareti rocciose ardevano e<br />
scintillavano. E’ l’incipit dello<br />
Jürg Jenatsch <strong>di</strong> C. F. Meyer,<br />
il celebre romanzo ambientato<br />
nel cuore della storia e della<br />
geografia della Rezia. Siamo<br />
nel luglio 1620, alla vigilia<br />
del Sacro macello, Enrico<br />
Waser, protestante, in viaggio<br />
per incontrare a Berbenno il<br />
pastore Jenatsch, raggiunge<br />
lo spartiacque alpino con la<br />
consapevolezza <strong>di</strong> essere in un<br />
<strong>di</strong> Daniele Chiarelli<br />
punto decisivo del suo viaggio<br />
da Zurigo alla Valtellina. Lo<br />
attendono ancora il passo del<br />
Muretto e la Val Malenco, ma la<br />
sensazione <strong>di</strong> essere vicino alla<br />
dolcezza della terra italiana è<br />
forte.<br />
A Waser, personaggio<br />
d’invenzione, Valtellina e<br />
Valchiavenna apparivano come<br />
valli aperte: quando ci si<br />
muoveva a pie<strong>di</strong>, coi muli, coi<br />
cavalli e coi piccoli carri a due<br />
ruote o d’inverno con le slitte,<br />
per andare dalle valli del Reno<br />
e del Danubio alla pianura<br />
del Po e viceversa, i passi<br />
Spluga, Maloja, Septimer,<br />
Bernina, Cassana, Umbrail,<br />
erano considerati varchi, non<br />
strozzature.<br />
Le Alpi erano una <strong>di</strong>fficoltà,<br />
ma non una barriera.<br />
Queste <strong>di</strong>rettrici principali<br />
si articolavano in un fitto<br />
reticolo <strong>di</strong> itinerari alternativi<br />
e passi secondari, utilizzati o<br />
meno a seconda della stagione,<br />
della congiuntura politico<strong>di</strong>plomatica,<br />
della meta precisa<br />
da raggiungere, del numero,<br />
della legalità o illegalità dei<br />
viaggiatori, della quantità e<br />
qualità delle merci.<br />
In queste pagine si cercherà <strong>di</strong><br />
riportare all’attenzione <strong>di</strong> tanti<br />
appassionati della montagna<br />
un po’ <strong>di</strong> storia e alcune storie<br />
che sentieri e mulattiere<br />
tra<strong>di</strong>zionali ci raccontano.<br />
6 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 7
A fianco: il Passo<br />
del Maloja con il<br />
Passo del Muretto<br />
dal Piz Lunghin.<br />
Sotto:<br />
il Passo Lunghin.<br />
La Via dello Spluga:<br />
uomini e muli.<br />
Tralasciando le pur importanti<br />
testimonianze relative ai<br />
percorsi e agli inse<strong>di</strong>amenti<br />
temporanei dei cacciatori<br />
mesolitici (es. Pian dei<br />
Cavalli), il documento<br />
certo e più antico cui fare<br />
riferimento è la celebre Tabula<br />
Peutingeriana, copia me<strong>di</strong>evale<br />
<strong>di</strong> una mappa del IV secolo d.<br />
C che rappresenta il sistema<br />
viario dell’impero romano e<br />
dei territori ad esso legati.<br />
Evidentissima è la <strong>di</strong>rettrice<br />
Como-Coira attraverso<br />
Samolaco, Chiavenna, la val<br />
S. Giacomo e l’attuale passo<br />
dello Spluga (il Cunus Aureus<br />
dei romani). Questo sistema <strong>di</strong><br />
comunicazione, che connetteva<br />
la pianura padana ai bacini del<br />
Reno e del Danubio, rimase<br />
attivo per secoli, incidendo<br />
profondamente nella vita delle<br />
comunità interessate.<br />
Nel periodo me<strong>di</strong>evale<br />
e moderno i trasporti<br />
sottostavano, in tutto l’arco<br />
alpino, a un preciso sistema<br />
<strong>di</strong> regole e consuetu<strong>di</strong>ni<br />
co<strong>di</strong>ficate. Lungo i principali<br />
itinerari, esemplare quello<br />
dello Spluga, erano attive delle<br />
corporazioni <strong>di</strong> mulattieri e<br />
trasportatori, dette porti,<br />
che avevano il monopolio del<br />
trasporto sul loro territorio. Il<br />
mercante che doveva spostare<br />
un carico da Chiavenna a Coira<br />
(e viceversa) poteva ricorrere al<br />
sistema della roda, si affidava<br />
cioè ai sei porti in cui si<br />
articolava il percorso, pagando<br />
una cifra fissa, ma accettando<br />
una notevole lentezza nel<br />
percorso (da due a quattro<br />
settimane), in quanto ad ogni<br />
passaggio (es. da Chiavenna a<br />
Montespluga) i muli venivano<br />
scaricati e ricaricati sulle<br />
bestie dei someggiatori della<br />
tratta (porto) successiva.<br />
In alternativa poteva<br />
contrattare <strong>di</strong>rettamente con<br />
un someggiatore (locale o<br />
forestiero) un trasporto <strong>di</strong>retto<br />
(adrittura), nettamente più<br />
costoso, ma più rapido (trecinque<br />
giorni per il percorso<br />
completo). In ogni caso si<br />
pagavano i dazi in punti<br />
prefissati, inoltre al porto<br />
andava un pedaggio (forletto)<br />
per ogni collo trasportato,<br />
nonché una sovrattassa per<br />
la manutenzione della strada<br />
e, d’inverno, per la rottura<br />
della neve. In cambio i porti<br />
si facevano carico della<br />
manutenzione della strada.<br />
E’ noto che le comunità locali<br />
cercavano <strong>di</strong> ostacolare i<br />
trasporti <strong>di</strong>retti, a favore dei<br />
porti, il cui sistema garantiva<br />
una <strong>di</strong>stribuzione dei vantaggi<br />
economici, il mantenimento <strong>di</strong><br />
forti vincoli comunitari, una<br />
responsabilità con<strong>di</strong>visa per<br />
quanto riguarda i continui e<br />
costosi lavori <strong>di</strong> manutenzione<br />
del percorso che erano a carico<br />
delle comunità locali.<br />
Così sarà fino ai primi dell’800,<br />
quando, con l’apertura del<br />
S. Bernar<strong>di</strong>no, comincerà il<br />
declino commerciale dello<br />
Spluga.<br />
Val Bregaglia, Septimer e<br />
Maloja: eretici ed eserciti.<br />
Una valle e due passi fra<br />
loro connessi, fisicamente<br />
gravitanti intorno allo<br />
spartiacque del Lunghin, da<br />
cui si <strong>di</strong>ramano i bacini del<br />
Po, del Reno e del Danubio. Il<br />
tratto che si sviluppa lungo la<br />
val Bregaglia, fino a Casaccia,<br />
è <strong>di</strong> straor<strong>di</strong>naria suggestione<br />
storica, paesaggistica e<br />
alpinistica.<br />
Poco a monte dell’abitato<br />
<strong>di</strong> Casaccia, dove i percorsi<br />
del Septimer e del Maloja si<br />
biforcano, ci s’imbatte nei<br />
ruderi romantici e suggestivi<br />
della chiesa <strong>di</strong> S. Gaudenzio.<br />
Pochi decenni dopo la<br />
rie<strong>di</strong>ficazione della chiesa,<br />
avvenuta nel 1518 sulla<br />
preesistente struttura<br />
me<strong>di</strong>evale, la val Bregaglia,<br />
come altre comunità della<br />
repubblica delle Tre Leghe, fu<br />
profondamente interessata<br />
alla <strong>di</strong>ffusione della riforma<br />
protestante. Non solo, da<br />
8 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 9
quegli stessi passi alpini<br />
da cui scendeva il sale del<br />
Nord, transitavano anche,<br />
clandestinamente, i libri e gli<br />
opuscoli riformati stampati<br />
in area tedesca, taluni già<br />
tradotti in italiano. Da Sud<br />
arrivavano i primi gran<strong>di</strong><br />
intellettuali ed ecclesiastici<br />
cattolici convertiti al<br />
protestantesimo. Sceglievano<br />
<strong>di</strong> rifugiarsi tra queste valli<br />
sotto la protezione dei Signori<br />
Grisoni e delle “libertà retiche”<br />
che essi garantivano (nelle<br />
Tre Leghe del XVI secolo<br />
convivevano, con <strong>di</strong>fficoltà,<br />
ma convivevano, cattolici<br />
e protestanti), potendo<br />
contemporaneamente rimanere<br />
in contatto con le terre italiane<br />
da dove provenivano. Uno<br />
dei più importanti fra questi<br />
ecclesiastici fu Pietro Paolo<br />
Vergerio, vescovo cattolico<br />
<strong>di</strong> Capo<strong>di</strong>stria, che, vicino a<br />
una seconda condanna per<br />
eresia presso il tribunale<br />
dell’inquisizione veneta,<br />
accettò nel 1549 l’offerta <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>ventare pastore riformato a<br />
Vicosoprano, il più importante<br />
centro della Bregaglia.<br />
Il Vergerio pre<strong>di</strong>cò il 6 maggio<br />
1551, vigilia dell’Ascensione,<br />
a Casaccia. Secondo alcuni<br />
la notte prima, secondo altre<br />
ricostruzioni poco dopo la sua<br />
pre<strong>di</strong>ca, alcuni fanatici, già<br />
infiammati per sue precedenti<br />
invettive contro il lusso e<br />
il culto idolatrico dei santi,<br />
devastarono la chiesa <strong>di</strong> S.<br />
Gaudenzio. Furono <strong>di</strong>strutte<br />
tele e statue, scrostati i<br />
<strong>di</strong>pinti, infranta le teca con<br />
le reliquie. Il tutto fu gettato<br />
nell’Orlegna.<br />
Oggi è in corso un <strong>di</strong>screto<br />
e intelligente recupero della<br />
struttura, che la metterà al<br />
sicuro dal degrado, senza<br />
alterare le tracce della storia.<br />
Dal Septimer arrivarono nel<br />
giugno1629 le avanguar<strong>di</strong>e dei<br />
lanzichenecchi. Per garantirsi<br />
il passaggio e dare scacco ai<br />
francesi, le truppe imperiali<br />
avevano occupato Coira,<br />
aprendosi così la strada per la<br />
Valchiavenna, la Valtellina e<br />
il Lago <strong>di</strong> Como. Erano <strong>di</strong>retti<br />
a Mantova. I tre mesi <strong>di</strong><br />
permanenza dei lanzichenecchi<br />
in Valchiavenna (della<br />
Valtellina propriamente detta<br />
fu interessato marginalmente<br />
solo l’imbocco della valle)<br />
furono devastanti, anche e<br />
soprattutto a causa della<br />
peste che <strong>di</strong>ffusero. Ancor più<br />
drammatico fu il passaggio<br />
<strong>di</strong> ritorno dei lanzichenecchi,<br />
avvenuto nella primavera<br />
del 1631, attraverso valli già<br />
duramente provate dalla peste,<br />
dalla fame e dalla guerra.<br />
La popolazione e l’economia<br />
<strong>di</strong> Valtellina e Valchiavenna<br />
subirono un crollo <strong>di</strong> portata<br />
secolare. Gli ossari secenteschi,<br />
<strong>di</strong>ffusi in tutta la provincia<br />
<strong>di</strong> Sondrio, ricordano proprio<br />
questa tristissima stagione.<br />
Nella pagina a fronte: lungo la mulattiera<br />
che sale al Septimer in Val Maroz, al Sascel.<br />
A fianco: i resti della chiesa <strong>di</strong> S.Gaudenzio.<br />
Sotto: la mole del Monte Disgrazia fa da<br />
sfondo alla <strong>di</strong>scesa in mountain-bike dal<br />
Passo del Muretto.<br />
Muretto e Forno. Due trage<strong>di</strong>e<br />
a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> tre secoli:<br />
l’arcipreteNicolò Rusca e<br />
Ettore Castiglioni.<br />
Il passo del Muretto, che<br />
collega la val Malenco con l’Alta<br />
Enga<strong>di</strong>na, fu particolarmente<br />
importante nel lungo periodo<br />
durante il quale la Valtellina<br />
fu tributaria delle Tre Leghe<br />
(1512-1797). Attraverso questo<br />
passo, i magistrati grigioni<br />
dall’Enga<strong>di</strong>na potevano<br />
facilmente raggiungere<br />
Sondrio, città baricentrica<br />
rispetto alle altre (<strong>Morbegno</strong>,<br />
Tirano, Chiavenna e Bormio) e<br />
non a caso eretta a residenza<br />
principale del Capitano <strong>di</strong><br />
valle. Negli anni del declino<br />
delle libertà retiche e<br />
dell’inasprimento del conflitto<br />
religioso fra cattolici e<br />
protestanti, il Muretto è<br />
testimone della tragica vicenda<br />
dell’arciprete <strong>di</strong> Sondrio, Nicolò<br />
Rusca. E’ il 1618, il debole<br />
esperimento <strong>di</strong> convivenza<br />
interreligiosa grigiona si<br />
sta sgretolando sotto i colpi<br />
degli interessi spagnoli, delle<br />
rigi<strong>di</strong>tà controriformistiche e<br />
del prevalere dell’intransigenza<br />
protestante. L’arciprete<br />
Rusca, colto, campione della<br />
sensibilità pastorale post<br />
10 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 11
tridentina, è accusato <strong>di</strong> aver<br />
cospirato per uccidere o far<br />
rapire Scipione Calandrino,<br />
pastore protestante, e <strong>di</strong><br />
non aver rispettato le leggi<br />
in materia <strong>di</strong> convivenza<br />
interreligiosa. All’alba del 24<br />
luglio una schiera <strong>di</strong> armati<br />
grigioni lo preleva dalla sua<br />
casa e lo traduce, attraverso il<br />
passo del Muretto, in Enga<strong>di</strong>na<br />
e da qui a Thusis. Comparirà<br />
davanti al tribunale penale<br />
il 1° settembre, <strong>di</strong>chiarandosi<br />
innocente. Morirà durante un<br />
interrogatorio, sotto tortura, il<br />
4 settembre 1618.<br />
Dal 1935 è aperto il processo<br />
canonico per la beatificazione<br />
del Rusca; a lui è intitolato<br />
il sentiero che, partendo da<br />
Sondrio, giunge al passo del<br />
Muretto ripercorrendo l’antico<br />
itinerario attraverso la val<br />
Malenco. La storiografia <strong>di</strong><br />
matrice cattolica e quella <strong>di</strong><br />
matrice protestante, a lungo<br />
<strong>di</strong>vise nella ricostruzione dei<br />
fatti e nell’interpretazione<br />
della figura del Rusca, hanno<br />
trovato un primo, importante<br />
momento <strong>di</strong> sintesi nella<br />
giornata <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o promossa<br />
nel 2002 dal Centro Evangelico<br />
<strong>di</strong> Cultura <strong>di</strong> Sondrio. A<br />
pochissima <strong>di</strong>stanza dal passo<br />
del Muretto si apre un altro<br />
passaggio: la bocchetta o<br />
passo del Forno (m 2775). Qui<br />
trovò la morte il 12 marzo<br />
1944 Ettore Castiglioni. Nato<br />
in provincia <strong>di</strong> Trento nel<br />
1908, <strong>di</strong> famiglia milanese,<br />
Castiglioni è colto, ama il<br />
bello e le montagne. Negli<br />
anni ’30 firma importanti testi<br />
della celebre collana “Guida<br />
dei monti d’Italia” del <strong>CAI</strong>,<br />
partecipa senza successo alla<br />
spe<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Aldo Bonacossa<br />
al Fitz Roy del 1937 e, nello<br />
stesso anno, conquista con<br />
Vitale Bramani la Nord-Ovest<br />
del Pizzo Ba<strong>di</strong>le. Ufficiale<br />
degli alpini <strong>di</strong> stanza in Val<br />
d’Aosta, dopo l’8 settembre<br />
1943 si unisce alla Resistenza<br />
e organizza in Valpelline<br />
l’espatrio <strong>di</strong> ricercati ed ebrei<br />
nel vicino Vallese. Arrestato in<br />
Svizzera una prima volta, viene<br />
rilasciato un mese dopo. Un<br />
secondo arresto in territorio<br />
elvetico gli costerebbe una<br />
lunga detenzione, nonostante<br />
ciò ritesse i contatti col CLN<br />
<strong>di</strong> Milano e l’11 marzo 1944<br />
parte in missione segreta con<br />
sci e falsi documenti svizzeri<br />
dal rifugio Porro, presso<br />
Chiareggio, <strong>di</strong>retto a Maloja.<br />
Vi arriva senza <strong>di</strong>fficoltà,<br />
ma la gendarmeria ne scopre<br />
l’identità fittizia e lo trattiene<br />
in arresto nell’albergo, privato<br />
degli indumenti pesanti e<br />
senza scarpe. All’alba del<br />
giorno seguente si cala usando<br />
le lenzuola, riprende la via del<br />
Cavloc, calza i ramponi senza<br />
scarponi, <strong>di</strong>rettamente sui<br />
pie<strong>di</strong> protetti alla meglio da<br />
stracci e riesce a salire fino al<br />
passo del Forno. Lo troveranno<br />
morto assiderato, scalzo ma<br />
coi ramponi, senza pantaloni<br />
e avvolto in una coperta, tre<br />
mesi dopo, poco oltre il passo,<br />
in territorio italiano.<br />
Zocca, Ferro, Teggiola: passi<br />
minori. Minori per chi?<br />
Se il grosso dei traffici e dei<br />
movimenti <strong>di</strong> truppe avveniva<br />
attraverso i passi principali,<br />
non vuol <strong>di</strong>re che quelli<br />
secondari fossero usati solo<br />
dai cacciatori. Questi ultimi,<br />
a seconda della stagione e<br />
delle esigenze del momento,<br />
si trasformavano regolarmente<br />
in contrabban<strong>di</strong>eri e seguivano<br />
una fitta ragnatela <strong>di</strong> percorsi<br />
minori. La merce preziosa<br />
da portare a casa, a costo <strong>di</strong><br />
rischi e sacrifici immensi era<br />
il sale, fino a cinquant’anni fa<br />
in<strong>di</strong>spensabile e costoso come<br />
mille o duemila anni prima. Due<br />
dei passi minori più frequentati<br />
per questo scopo erano il passo<br />
<strong>di</strong> Zocca (m 2749) e il passo del<br />
Ferro (m 3205), che mettono<br />
in comunicazione la val <strong>di</strong><br />
Mello con la val Bregaglia. Gli<br />
uomini e talvolta le donne<br />
dalla costiera dei Cech e dalla<br />
Valmasino aspettavano che<br />
la neve fosse ben ghiacciata,<br />
che il controllo dei finanzieri<br />
Vista dall’Alpe Sentieri, in<br />
Valmalenco, dei passi del<br />
Muretto, a destra, e del<br />
Forno posto a sinistra del<br />
Monte del Forno.<br />
Più a sinistra le Cima <strong>di</strong><br />
Vazzeda e <strong>di</strong> Rosso.<br />
12 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 13
fosse meno attento e<br />
partivano carichi <strong>di</strong> riso, da<br />
scambiare col sale a Bondo,<br />
Vicosoprano e nei centri<br />
bregagliotti minori. Nei mesi<br />
primaverili, quando il rischio<br />
<strong>di</strong> slavine rendeva il percorso<br />
eccessivamente pericoloso,<br />
il traffico si bloccava. Gli<br />
itinerari erano <strong>di</strong>fficili,<br />
richiedevano una resistenza<br />
fisica straor<strong>di</strong>naria e venivano<br />
affrontati con attrezzature<br />
del tutto inadeguate rispetto<br />
alle severissime con<strong>di</strong>zioni<br />
ambientali. Un giorno per<br />
andare, un giorno per tornare.<br />
Non mancarono le trage<strong>di</strong>e.<br />
Qualche anziano ricorda ancora<br />
il triste episo<strong>di</strong>o che vide<br />
perire due giovani <strong>di</strong> un gruppo<br />
<strong>di</strong> tre melàt in val del Ferro,<br />
forse nel 1946.<br />
Fra l’alta val Codera e la val<br />
Bondasca, a m 2490, si apre<br />
la bocchetta <strong>di</strong> Teggiola. Il 1°<br />
<strong>di</strong>cembre 1944 vide il <strong>di</strong>fficile<br />
passaggio della 55a Brigata<br />
partigiana “Fratelli Rosselli”. La<br />
Brigata era attiva dal mese <strong>di</strong><br />
settembre nell’area che va dai<br />
piani <strong>di</strong> Artavaggio al Legnone,<br />
comprendendo anche la val<br />
Gerola e Colico. Messo in grave<br />
<strong>di</strong>fficoltà dalla controffensiva<br />
tedesca del 10 ottobre, ciò<br />
che rimane della brigata inizia<br />
un lunghissimo ripiegamento.<br />
Attraverso la val Varrone, la<br />
val Gerola, la sponda retica<br />
della bassa Valtellina, i<br />
partigiani raggiungono Poira<br />
e l’Alpe Visogno, ma non sono<br />
ancora al sicuro. Appesantiti<br />
dalle armi ma senza viveri e<br />
opportuno equipaggiamento<br />
invernale, li aspetta ancora il<br />
passo del Malvedello e la ripida<br />
<strong>di</strong>scesa in val dei Ratti, da<br />
qui, attraverso il Tracciolino,<br />
in val Codera, da risalire fino<br />
alla Teggiola. I partigiani<br />
della Rosselli si consegnano<br />
a Bondo il 1° <strong>di</strong>cembre<br />
1944 alle autorità svizzere<br />
che li avvieranno al campo<br />
d’internamento <strong>di</strong> Elgg. Mente<br />
e regista del programma <strong>di</strong><br />
svernamento in quota chiamato<br />
in co<strong>di</strong>ce MRC (Masino-Ratti-<br />
Codera) è Alfonso Vinci (Bill).<br />
Grande conoscitore <strong>di</strong> queste<br />
montagne, accademico del <strong>CAI</strong>,<br />
negli anni prima della guerra<br />
aveva aperto la celebre via<br />
sul versante Sud del Cengalo<br />
che oggi porta il suo nome.<br />
Il comandante Bill, dopo una<br />
vita avventurosa che lo vide<br />
anche cercatore <strong>di</strong> <strong>di</strong>amanti<br />
e professore universitario in<br />
America Latina, dal 1992,<br />
<strong>di</strong>menticato dai più, riposa nel<br />
piccolo cimitero del Masino,<br />
ai pie<strong>di</strong> dei suoi monti che<br />
stiamo raccontando.<br />
Sull’intero tracciato, da<br />
Introbio a Bondo, per iniziativa<br />
dell’ANPI <strong>di</strong> Lecco, sono state<br />
posizionate delle piccole<br />
A sinistra: risalendo la<br />
Valbona verso il Passo<br />
del Forno.<br />
A destra: dalla Cima <strong>di</strong><br />
Castello vista verso il<br />
Ghiacciaio e il Passo del<br />
Forno.<br />
targhe che ricordano l’epopea e<br />
la salvezza della 55a Rosselli.<br />
Bernina, Cassana, Umbrail, S.<br />
Marco: spagnoli, imperiali, il<br />
ruolo <strong>di</strong> Venezia<br />
La Serenissima, capace <strong>di</strong><br />
sviluppare una politica estera<br />
e <strong>di</strong> alleanze tra le più vivaci<br />
e accorte nell’Europa dell’età<br />
moderna, ha dal XVI secolo<br />
un rapporto privilegiato con<br />
i Signori Grisoni. Il motivo<br />
fondamentale è l’assoluta<br />
necessità veneta <strong>di</strong> tenersi<br />
aperta la strada per il<br />
Nord Europa e la Francia,<br />
senza passare dai territori<br />
imperiali asburgici, dovendo<br />
quin<strong>di</strong> rinunciare al vicino<br />
ma strategicamente poco<br />
praticabile corridoio del<br />
Brennero. Nei territori retici<br />
i veneziani, e non solo loro,<br />
reclutavano anche truppe<br />
mercenarie. La fortuna del<br />
passo del Bernina è proprio<br />
legata alla sua vicinanza con<br />
gli itinerari che, attraverso<br />
la catena orobica, mettono in<br />
comunicazione i territori più<br />
occidentali della terraferma<br />
veneta con la Rezia. Più a<br />
Nord-Est il passo del Gavia avrà<br />
una funzione simile. Stesso<br />
<strong>di</strong>scorso, in bassa valle, per il<br />
S. Marco, fortemente voluto<br />
proprio dalla Serenissima e<br />
in larga parte da essa pagato<br />
e manutenuto, per garantire<br />
14 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 15
continuità al corridoio che<br />
dalla bergamasca arrivava<br />
al sistema dei passi Spluga-<br />
Septimer-Maloja.<br />
La “Magnifica Terra” <strong>di</strong> Bormio<br />
metteva <strong>di</strong>rettamente in<br />
comunicazione l’alta Valtellina<br />
con i territori tedeschi<br />
attraverso il sistema detto<br />
della Via Imperiale d’Alemagna<br />
(attraverso la valle <strong>di</strong> Fraele<br />
e la val Monastero) e della<br />
Via Maestra dell’Ombraglio<br />
(Umbrail o Giogo <strong>di</strong> Santa<br />
Maria).<br />
Siamo negli anni ’60 del<br />
XVI secolo. Politica, scontri<br />
religiosi, riven<strong>di</strong>cazioni<br />
territoriali e <strong>di</strong>nastiche<br />
s’intrecciano in tutta Europa e<br />
infiammano il primo decennio<br />
del “secolo <strong>di</strong> ferro” (1550-<br />
1660). Il re <strong>di</strong> Spagna Filippo II<br />
deve fronteggiare una rivolta<br />
nei Paesi Bassi. Impossibile<br />
raggiungere l’area via mare,<br />
vista la superiorità navale<br />
inglese e impensabile piegare<br />
ai propri interessi militari la<br />
Francia, avversaria storica<br />
della Spagna. L’unico modo per<br />
far affluire rinforzi è tenere<br />
aperti alcuni percorsi nel cuore<br />
delle Alpi, collegando il porto<br />
<strong>di</strong> Genova con il versante nord<br />
alpino. Finchè durerà l’alleanza<br />
con i Savoia, che garantiscono<br />
il passaggio del Moncenisio,<br />
tutto bene. A questo corridoio,<br />
molto occidentale, si affianca,<br />
più incerto, l’accordo con alcuni<br />
cantoni svizzeri <strong>di</strong> religione<br />
A fianco:<br />
il Passo del Bernina.<br />
Nella pagina a fronte:<br />
il Passo Cassana.<br />
cattolica dell’area del Gottardo<br />
che consentono il passaggio<br />
<strong>di</strong> truppe spagnole sul loro<br />
territorio e l’arruolamento<br />
<strong>di</strong> truppe. E’ tuttavia una<br />
situazione instabile: i Savoia<br />
si riavvicinano alla Francia e i<br />
cantoni svizzeri, <strong>di</strong> fatto, sono<br />
pronti a vendere il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong><br />
passaggio al miglior offerente.<br />
In questo contesto, Valtellina,<br />
Valchiavenna e relativi passi<br />
retici <strong>di</strong>ventano centrali nella<br />
grande partita politico-militare<br />
europea. Il primo atto degli<br />
spagnoli sarà la costruzione del<br />
Forte <strong>di</strong> Fuentes (1603-1604)<br />
sul confine più settentrionale<br />
dei loro posse<strong>di</strong>menti milanesi,<br />
a guar<strong>di</strong>a delle due importanti<br />
vallate. Il Sacro macello del<br />
luglio 1620, a Guerra dei<br />
Trent’anni ormai avviata, aprirà<br />
la strada al libero passaggio <strong>di</strong><br />
truppe spagnole attraverso la<br />
Valtellina, ormai svincolata dal<br />
controllo grigione e <strong>di</strong> fatto<br />
entrata nell’orbita spagnola.<br />
Negli anni seguenti i francesi<br />
tentano per due volte <strong>di</strong><br />
riprendere il controllo delle<br />
valli dell’Adda e del Mera,<br />
formalmente per ristabilire il<br />
legittimo governo grigione.<br />
La prima volta, nel 1624-25,<br />
col marchese <strong>di</strong> Coeuvres, che<br />
però nel febbraio 1626 deve<br />
ritirarsi; la seconda volta alla<br />
fine dell’inverno del 1635,<br />
col duca <strong>di</strong> Rohan. Le chiavi<br />
del suo successo: la profonda<br />
conoscenza dello spazio alpino<br />
e la rapi<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> movimento.<br />
Le truppe franco-grigioni<br />
che comanda penetrano<br />
inaspettate, anche vista la<br />
stagione, con un’azione a<br />
tenaglia, dai due estremi della<br />
Valchiavenna e della Valtellina.<br />
Un primo contingente <strong>di</strong> fanti<br />
e cavalieri fra 27 e 28 marzo<br />
1635 dallo Spluga scende a<br />
Chiavenna occupando tutto il<br />
contado. Il secondo si muove<br />
da Zuoz in Bassa Enga<strong>di</strong>na,<br />
supera il passo <strong>di</strong> Cassana (m<br />
2694), irrompe in val Federia,<br />
giunge a Livigno e da qui, il<br />
giorno seguente, a Bormio.<br />
Nell’autunno dello stesso<br />
anno gli imperiali, attraverso<br />
Val<strong>di</strong>dentro, Valfurva e Umbrail<br />
attaccano, il Rohan li batte<br />
sul campo, ma deve in seguito<br />
cedere agli accor<strong>di</strong> <strong>di</strong>plomatici<br />
e al capovolgimento <strong>di</strong> alleanze<br />
dei grigioni che, consapevoli<br />
della <strong>di</strong>fficile situazione,<br />
abbandonano lo storico legame<br />
con la Francia e si accordano<br />
con gli imperiali (Trattato<br />
<strong>di</strong> Milano del 1636-39),<br />
riprendendo il controllo delle<br />
valli dell’Adda e del Mera.<br />
Le Alpi Retiche si presentano<br />
nei secoli come barriera<br />
permeabile nel cuore<br />
dell’Europa, crocevia <strong>di</strong><br />
popoli e lingue <strong>di</strong>versi, ma<br />
continuamente comunicanti.<br />
Una rete <strong>di</strong> percorsi che<br />
rimane a vario titolo attiva<br />
fino alla fine dell’800 e in<br />
qualche caso fino alla metà<br />
del ‘900. Sarà la stagione dei<br />
trafori ferroviari (fine XIX<br />
secolo) e, in seguito, stradali<br />
che ridurrà drasticamente<br />
gli itinerari e cambierà la<br />
percezione del muoversi fra<br />
un versante e l’altro delle<br />
Alpi. Da quel momento<br />
Valtellina e Valchiavenna,<br />
prive dei moderni collegamenti<br />
veloci, saranno percepite<br />
come valli chiuse e cambierà<br />
la loro vocazione. I passi<br />
secondari oggigiorno vedono<br />
esclusivamente il passaggio <strong>di</strong><br />
escursionisti appassionati della<br />
montagna. I passi principali,<br />
ora carreggiabili e transitabili<br />
nel periodo estivo, vedono<br />
un traffico prevalentemente<br />
turistico, i motociclisti<br />
lombar<strong>di</strong> e non solo, da giugno<br />
a ottobre, amano inanellare<br />
in giornata il periplo dei passi<br />
che abbiamo raccontato.<br />
Queste note vorrebbero essere<br />
anche un invito a conoscere<br />
la montagna coi tempi della<br />
lentezza antica, piuttosto che<br />
della moderna velocità.<br />
16 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 17
IL PASS DA SETT E IL<br />
PASS LUNGHIN<br />
Al cospetto <strong>di</strong> tre mari<br />
Quota <strong>di</strong> Partenza: 1460 m<br />
Quota massima: 2645 m<br />
Dislivello totale: 1185 m<br />
Tempo occorrente: circa 5 ore<br />
Segnaletica: sì<br />
Difficoltà: E<br />
Periodo consigliato: da fine<br />
giugno a ottobre<br />
Lasciata l’auto a Casaccia (1460 m),<br />
si imbocca la strada a fondo naturale<br />
che risale il pen<strong>di</strong>o per penetrare<br />
nella val Maroz. Una segnalazione<br />
in<strong>di</strong>rizza sulla vecchia mulattiera<br />
facendo risparmiare le lungaggini<br />
dei tornanti. Raggiunta <strong>di</strong> nuovo la<br />
sterrata, la si percorre per un breve<br />
tratto. In prossimità <strong>di</strong> Maroz Dora,<br />
le cui costruzioni sono visibili al <strong>di</strong> là<br />
<strong>di</strong> un ponticello sul versante opposto<br />
della valle, si prende a destra su un<br />
sentiero (segnalazione) che percorre<br />
il pascolo con pendenza blanda<br />
prima <strong>di</strong> affrontare il tortuoso, ripido<br />
tracciato sulla sinistra idrografica<br />
dell’Aua da Sett, il torrente che farà<br />
da guida fino al Septimer. Superato<br />
il gra<strong>di</strong>no che dà origine ad una bella<br />
cascata, il tracciato, ora più ampio<br />
e ricoperto da ciottoli antichi, si<br />
addentra decisamente nella valle,<br />
passa sulla destra del torrente e<br />
raggiunge la località <strong>di</strong> Sascel, dove<br />
sono visibili, su due livelli <strong>di</strong>versi, i<br />
piani stradali del percorso romano<br />
e del percorso me<strong>di</strong>oevale. Più<br />
avanti, su un suggestivo ponticello<br />
<strong>di</strong> recente ristrutturazione, si<br />
riattraversa il torrente, ma dopo<br />
poche centinaia <strong>di</strong> metri si ripassa a<br />
sinistra. Qui la carreggiata si allarga,<br />
supera la Tgesa da Sett, l’antico<br />
ospizio del passo, e raggiunge il<br />
Pass da Sett (2310 m, 2.15 h).<br />
Lasciata la strada che, oltre il<br />
passo, conduce a Bivio, si piega<br />
decisamente a destra contornando<br />
da Sud un rilievo erboso e si risale<br />
il pen<strong>di</strong>o sempre più povero <strong>di</strong><br />
vegetazione fino all’anfiteatro che<br />
precede la salita finale. Ancora un<br />
centinaio <strong>di</strong> metri su detriti minuti e<br />
si è al Pass Lunghin (2645 m, 3.15<br />
h), un cartello turistico ci spiega<br />
che tre gocce <strong>di</strong> pioggia contigue<br />
potrebbero seguire destini <strong>di</strong>versi:<br />
una nel Mar Adriatico, lungo i fiumi<br />
Mera e Po, la seconda nel Mare del<br />
Nord, percorrendo il Reno, e l’ultima<br />
nel Mar Nero, seguendo l’Inn e il<br />
Danubio.<br />
Si scende su terreno detritico al<br />
lago Lunghin, visibile 160 metri più<br />
in basso; da qui, con il nome <strong>di</strong> En,<br />
nasce convenzionalmente il fiume<br />
Inn. Più giù, oltrepassato un ampio<br />
pianoro e superato un ponticello,<br />
inizia la lunga sequenza <strong>di</strong> tornanti<br />
che portano al passo Maloja. E’<br />
opportuno, per accorciare il tragitto,<br />
seguire le in<strong>di</strong>cazioni per la località<br />
Pila da dove, lungo la vicina strada<br />
cantonale, si raggiunge la stazione<br />
degli autobus nei pressi dell’albergo<br />
Schweizerhaus (1810 m, 1.30 h<br />
dal Pass Lunghin). Si ritorna a<br />
Casaccia servendosi del postale per<br />
Chiavenna.<br />
Variante 1: Dal Pass Lunghin è<br />
possibile raggiungere facilmente<br />
il Piz Lunghin (2780 m), dalla cui<br />
cima si può godere della vista unica<br />
e splen<strong>di</strong>da sui laghi enga<strong>di</strong>nesi e<br />
sulla val Bregaglia. La deviazione<br />
richiede un ulteriore <strong>di</strong>slivello <strong>di</strong> 135<br />
metri, superabile in circa mezz’ora.<br />
Dalla cima si può scendere al lago<br />
Lunghin per altra via.<br />
Variante 2: Può valere la pena <strong>di</strong><br />
compiere il tratto Maloja – Casacce a<br />
pie<strong>di</strong>. Il supplemento <strong>di</strong> cammino è<br />
un po’ lungo, ma interessante. Poco<br />
oltre l’albergo Schweizerhaus una<br />
stra<strong>di</strong>na sulla destra (segnalazione)<br />
porta sull’antico percorso del<br />
Malogin dove è possibile ammirare,<br />
inciso nella roccia, un tratto<br />
dell’antica strada romana. Raggiunta<br />
la cantonale al piano <strong>di</strong> Cavril, la si<br />
fiancheggia per breve tratto, poi si<br />
sale leggermente alle rovine della<br />
chiesa <strong>di</strong> San Gaudenzio, oltre la<br />
quale, per sentieri fra i prati, si arriva<br />
a Casaccia.<br />
18 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 19
IL PASSO<br />
DEL MURETTO<br />
Sulle tracce<br />
<strong>di</strong> Nicolò Rusca<br />
Da Chiareggio<br />
Quota <strong>di</strong> partenza: 1612 m<br />
Quota massima: 2562 m<br />
Dislivello totale: 950 m<br />
Tempo occorrente: 2.45 h<br />
Segnaletica: sì<br />
Difficoltà: E<br />
Periodo consigliato: giugnoottobre<br />
(all’inizio <strong>di</strong> giugno è<br />
possibile trovare molta neve<br />
in prossimità del passo: sono<br />
in<strong>di</strong>spensabili i bastoncini)<br />
Da Chiareggio – Pian del Lupo<br />
(1612 m) si segue la strada a<br />
fondo naturale che porta nella valle<br />
del Muretto. Dopo averla risalita<br />
per circa 200 metri <strong>di</strong> quota, in<br />
corrispondenza <strong>di</strong> un tornante<br />
destrorso si imbocca una ripida<br />
traccia che consente <strong>di</strong> evitare<br />
una prima serie <strong>di</strong> 4 o 5 tornanti.<br />
Ritrovata la strada principale, la si<br />
percorre per un altro lungo tratto.<br />
Una nuova deviazione, anche questa<br />
in corrispondenza <strong>di</strong> una svolta<br />
destrorsa, bypassa sulla sinistra<br />
una seconda sequenza <strong>di</strong> tornanti.<br />
Raggiunto il margine dell’Alpe<br />
dell’Oro (2000 m circa), si ritorna<br />
sulla comoda carrabile che penetra<br />
pianeggiante nella valle. Sulla destra<br />
i ripi<strong>di</strong> scivoli erbosi che, assieme<br />
agli ambienti detritici e rocciosi,<br />
per la ricchezza e la varietà <strong>di</strong> fiori,<br />
fanno del luogo un giar<strong>di</strong>no botanico<br />
naturale. Al termine della strada il<br />
sentiero si innalza ripido sulla ganda<br />
grossolana fino al passo del Muretto<br />
(2562 m, 2.45 h).<br />
Spesso il tratto sommitale va<br />
risalito su nevaio: occorre prestare<br />
attenzione.<br />
Da Maloja<br />
Quota <strong>di</strong> partenza: 1790 m<br />
Quota massima: 2562 m<br />
Dislivello totale: 800 m<br />
Tempo occorrente: 3.00 h<br />
Segnaletica: sì<br />
Difficoltà: E<br />
Periodo consigliato: giugnoottobre<br />
(all’inizio <strong>di</strong> giugno la<br />
risalita della valle del Muretto<br />
avviene quasi sempre su nevaio)<br />
Posteggiata l’auto a bordo strada<br />
o nel parcheggio a pagamento<br />
segnalato prima dell’arrivo al passo<br />
Maloja (1790 m), si raggiunge<br />
la strada sterrata che attraversa<br />
il piano <strong>di</strong> Orden. Oltrepassato<br />
il ponte sul torrente Orlegna, si<br />
piega a sinistra lungo la traccia<br />
che, nel primo tratto, consente <strong>di</strong><br />
abbreviare il tragitto. Raggiunta <strong>di</strong><br />
nuovo la strada, la si percorre fino<br />
al lago Cavloc. Il tracciato prosegue<br />
oltre le costruzioni dell’alpe e, con<br />
andamento pressoché pianeggiante,<br />
raggiunge il piccolo bacino artificiale<br />
<strong>di</strong> Plan Canin (1992 m). Trascurato il<br />
sentiero che, sulla destra, conduce<br />
al ghiacciaio del Forno, si scende<br />
<strong>di</strong> qualche metro per scavalcare il<br />
torrente su un aereo ponticello.<br />
Si risale il pen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> pascolo sempre<br />
più magro e ci si addentra nella valle,<br />
spesso ingombra <strong>di</strong> resti <strong>di</strong> valanga.<br />
Raggiunto un ampio pianoro, lo si<br />
contorna da sinistra per risalire lo<br />
scomodo pen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> ganda e detriti.<br />
Tutta la zona è scenario <strong>di</strong> ricerche<br />
mineralogiche.<br />
Con un ultimo sforzo sul pen<strong>di</strong>o più<br />
ripido ed infido si raggiunge l’ampia<br />
insellatura del passo del Muretto<br />
(2562 m, 3.00 h).<br />
Con un’attenta organizzazione<br />
logistica vale la pena <strong>di</strong> compiere<br />
l’intera traversata da Chiareggio<br />
a Maloja o viceversa in un’unica<br />
soluzione.<br />
20 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 21
A pie<strong>di</strong> nu<strong>di</strong><br />
Abitavano a Colico, il paese<br />
sulle rive del lago, abbracciato<br />
dall’ampio versante del Legnone,<br />
rivolto a nord. Vedevano la<br />
cima al mattino presto, quando<br />
l’aria dava vibrazioni <strong>di</strong> vita alle<br />
rocce. Durante il giorno, appena<br />
si alzava il viso, la montagna<br />
era lì e sembrava aspettare<br />
con aria <strong>di</strong> sfida. Sul tar<strong>di</strong> si<br />
colorava <strong>di</strong> luce, dorata d’estate,<br />
innevata <strong>di</strong> rosa d’inverno. La<br />
mamma, che aveva trascorso<br />
la sua giovinezza sull’alpeggio<br />
degli Andossi, fiancheggiato<br />
da alte cime, aveva amato i<br />
monti e conservava nel cuore la<br />
nostalgia delle vette. Lasciava<br />
trasparire questa sua passione<br />
e la trasmetteva ai suoi due<br />
<strong>di</strong> Elena Fattarelli<br />
bambini. Salire sulla cima del<br />
Legnone era il compimento<br />
<strong>di</strong> un sogno. Sogno <strong>di</strong>verso<br />
e sempre rinnovato. L’estate<br />
in cui sembrava possibile<br />
attuarlo, la mamma si ammalò.<br />
Neanche si poteva più pensare<br />
ad un piccolo progetto. Poi la<br />
mamma fu portata all’ospedale.<br />
La nonna lasciò intendere che<br />
le cose si mettevano male<br />
per sua figlia. I due bambini<br />
una sera, alla fine dell’estate<br />
guardarono la vetta e, quasi<br />
per liberarsi del loro <strong>di</strong>spiacere<br />
<strong>di</strong>ssero al monte che il suo<br />
fascino non esisteva più. Essi<br />
non sapevano che farsene della<br />
sua cima. L’amore era finito.<br />
L’amicizia conclusa. Così passò<br />
l’inverno con altri incontri ed<br />
altre attrattive.<br />
Il Legnone era sempre lo<br />
stesso, alto, misterioso ed<br />
invitante. In primavera,<br />
dopo la scuola, i giochi<br />
in cortile, le corse per le<br />
strade avevano sempre<br />
come sfondo la montagna<br />
incantata. Con l’avvicinarsi<br />
delle vacanze, la mamma,<br />
sentendosi sufficientemente<br />
forte, ripropose il viaggio.<br />
La bambina guardò il<br />
fratello, piena <strong>di</strong> meraviglia.<br />
Un’esultanza grande le faceva<br />
battere il cuore. “Allora la<br />
mamma era veramente guarita,<br />
se aveva in mente quel viaggio,<br />
pensò. Era ritornata <strong>di</strong> nuovo<br />
22 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 23
giovane, capace <strong>di</strong> cose<br />
impossibili.” Il bambino, con<br />
il suo realismo, fece presente<br />
:”Non abbiamo lo zaino.” E la<br />
mamma :”Aggiusterò quello<br />
del papà. Lo porterò io. A voi<br />
due cucirò due bei zainetti.<br />
Ho quella stoffa resistente<br />
della zia Anna.” Giusto quella<br />
ci voleva. La mamma era<br />
abilissima a tagliare e cucire.<br />
Aveva la sua macchina a<br />
manovella, che faceva rapida<br />
tutte le cuciture. La mamma,<br />
con la mano libera, muoveva<br />
la stoffa <strong>di</strong> qua, <strong>di</strong> là, faceva<br />
gli angoli. Toglieva la sacca,<br />
la rovesciava, vi infilava<br />
un cordoncino per chiudere<br />
l’imboccatura. Per rendere più<br />
solide le bretelle, davanti agli<br />
occhi stupiti dei bambini, che<br />
dovevano tenere le estremità,<br />
fece lunghe e ripetute cuciture.<br />
Allo zaino <strong>di</strong> Paolo applicò<br />
anche le tasche. Lui pensava<br />
<strong>di</strong> metterci in una il suo melìn<br />
(coltellino ricurvo, che si<br />
chiudeva nel manico <strong>di</strong> legno).<br />
Così ogni volta che doveva<br />
tagliare un bastone, l’avrebbe<br />
avuto a portata <strong>di</strong> mano. “E<br />
nell’altra, cosa ci metti?”<br />
Voleva sapere la sorella, delusa,<br />
perché il suo zaino era privo<br />
<strong>di</strong> qualsiasi decorazione.<br />
“Nell’altra il bicchiere <strong>di</strong><br />
alluminio.” Era l’unico lusso <strong>di</strong><br />
cui si <strong>di</strong>sponeva. Le bretelle<br />
dello zaino del papà erano <strong>di</strong><br />
pelle vera, con le fibbie, che<br />
si potevano aprire e chiudere.<br />
Anche gli angoli erano<br />
rinforzati <strong>di</strong> pelle, e così la<br />
chiusura. L’ultima domenica <strong>di</strong><br />
luglio, dopo i Vespri, la piccola<br />
In questa pagina:<br />
il bivacco nei pressi del<br />
lago Scoggione.<br />
Nella pagina a fronte,<br />
sopra: il Monte Legnone<br />
dall’Alpe omonima.<br />
Sotto: l’Alpe Legnone<br />
dall’Alpe Piazza.<br />
comitiva era pronta a partire.<br />
Sul tavolo della cucina erano<br />
allineati gli zaini. La mamma<br />
soppesò quelli dei bambini,<br />
prima <strong>di</strong> infilarli nelle loro<br />
braccia magre. Il cordoncino<br />
stringeva la chiusura, su cui<br />
era stato annodato il golf.<br />
“Paolo, non abbiamo la corda”,<br />
<strong>di</strong>sse la bambina al fratello.<br />
Avevano visto degli alpinisti<br />
a Madesimo con la corda fatta<br />
ad aspo, infilata nel braccio.<br />
“A noi non serve.” Tagliò corto<br />
il bambino, più sicuro. I tre<br />
si avviarono verso Chiaro.<br />
Attraversarono poi l’Inganna<br />
e presero il sentiero per<br />
Fontanedo. Videro la chiesa,<br />
tutta chiusa sotto gli alti<br />
castani. Le baite vicine erano<br />
abitate, ma a quell’ora non si<br />
vedeva nessuno. Faceva caldo.<br />
I tre viaggiatori si fermarono a<br />
bere alla fresca sorgente, che<br />
sgorgava a lato della strada. I<br />
bambini si chinarono e presero<br />
l’acqua nell’incavo della mano.<br />
Era fresca. Sorseggiarono<br />
più volte. Cercavano l’acqua<br />
proprio nel mezzo, dove<br />
gorgogliava. “Col bicchiere<br />
non si può prendere lì, dove<br />
sgorga. È meglio la mano.” Il<br />
bicchiere rimase nella tasca<br />
dello zaino. “Su, an<strong>di</strong>amo,<br />
sollecitò la mamma.” La prima<br />
sosta sarebbe stata Rusico.<br />
Ora si sentiva alle spalle il<br />
sole sempre meno caldo. Si<br />
facevano alcuni passi <strong>di</strong> corsa,<br />
per raggiungere l’ombra, e<br />
allora attardarsi a guardare i<br />
ciuffi d’erba, gli steli fioriti. “I<br />
montanari tengono sempre lo<br />
stesso passo”, <strong>di</strong>ceva intanto<br />
la donna. Dopo una breve<br />
ripida salita, ecco la baita della<br />
Tranquilla, messa in posizione<br />
eretta sul declivio. Sul<br />
poggiolo la donna aspettava.<br />
La mamma si era accordata<br />
24 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 25
precedentemente con lei.<br />
Qui gli “alpinisti” avrebbero<br />
passato la prima notte. Mentre<br />
i bambini guardavano giù nel<br />
piano, per ritrovare così <strong>di</strong>versi<br />
i luoghi conosciuti, la mamma<br />
era entrata e si era andata a<br />
cambiare la maglietta. Dopo<br />
l’operazione dell’anno prima,<br />
le era rimasta una debolezza:<br />
sudava tantissimo. I figli<br />
capivano in modo molto vago<br />
il suo problema. Intanto la<br />
Tranquilla parlava, faceva<br />
vedere ai bambini la stalla.<br />
Poi la baita. Tutta or<strong>di</strong>nata e<br />
pulita. Sulla peltriera le tazze<br />
allineate. Com’era bello l’ampio<br />
camino. Il tavolo, proprio <strong>di</strong><br />
fronte alla porta, invitava.<br />
Il fieno in un angolo, il très<br />
(mucchio <strong>di</strong> fieno) era alto. Lì<br />
gli ospiti avrebbero dormito la<br />
notte. Una scala a pioli, subito<br />
provata dai bambini, permise<br />
loro <strong>di</strong> raggiungere il culmine.<br />
Si sdraiarono, fingendo che<br />
fosse già l’ora <strong>di</strong> dormire. La<br />
donna intanto <strong>di</strong>ceva: “Vi do<br />
delle belle coperte da mettere<br />
sotto.” Sopra non servono<br />
perché fa caldo. Poi munse e<br />
preparò il latte con la polenta<br />
fredda. La mamma aveva<br />
portato cacao e zucchero.<br />
Com’era buono quel pulenta e<br />
lacc (polenta e latte) gustato<br />
sul poggiolo <strong>di</strong> pietra, dove<br />
arrivavano le cime dei castani,<br />
alti sull’erta erbosa. Sotto il<br />
primo buio delle fronde, la sera<br />
era dolcissima. Anche il letto,<br />
ritrovato ridendo al buio, era<br />
profumato. Tutto profumato<br />
<strong>di</strong> fieno. I bambini stesi,<br />
appena il tempo <strong>di</strong> sentire il<br />
respiro <strong>di</strong> chi era vicino e già<br />
dormivano. Le due donne si<br />
scambiavano delle confidenze<br />
e gioivano della loro amicizia e<br />
<strong>di</strong> quel momento <strong>di</strong> intesa. La<br />
notte non esistette. Fu subito<br />
ora <strong>di</strong> alzarsi perché il gallo<br />
cantò. E si intesero altri che<br />
rispondevano a quel richiamo.<br />
L’aria entrò in un’ondata<br />
fresca, appena aperta la porta.<br />
Sorseggiato il latte caldo<br />
dalla tazza, i tre erano pronti<br />
per mettersi in cammino.<br />
Superarono i prati, passando<br />
nei sentieri sui bor<strong>di</strong>. Videro<br />
le baite ancora addormentate,<br />
in quell’ora <strong>di</strong> poca luce.<br />
Imboccarono il sentiero verso<br />
la Corte del Praa. Quando la<br />
raggiunsero, videro vivo il sole<br />
che si alzava <strong>di</strong>etro i monti<br />
della Valtellina. Si fermarono<br />
sul sasso, fatto <strong>di</strong> due lastre<br />
spaccate. Il bambino si tolse<br />
la sua giacchetta verde e la<br />
posò accanto. Quando riprese<br />
il cammino la <strong>di</strong>menticò. Così<br />
perse la giacchetta verde, che<br />
non poteva soffrire. Eppure era<br />
<strong>di</strong> un bel panno morbido. Ma a<br />
lui non piaceva. L’aveva avuta<br />
da un cugino più grande, <strong>di</strong><br />
Milano. In paese i bambini non<br />
mettevano simili indumenti,<br />
lui fu contento <strong>di</strong> aver perduto<br />
la sua giacchetta. Al Piano<br />
delle Formiche sosta, per bere.<br />
Dall’abbeveratoio scendeva un<br />
lento filo d’acqua. Sembrava<br />
sporca. “Io bevo col bicchiere”<br />
<strong>di</strong>sse la bambina. “Tò (tieni),<br />
hai paura <strong>di</strong> un po’ <strong>di</strong> sporco!”,<br />
<strong>di</strong>sse il fratello. Ripresero il<br />
cammino. Il sentiero ora era<br />
ripido, tra alti larici e pini.<br />
A sinistra: dalla vetta del<br />
Legnone vista sul Lago <strong>di</strong><br />
Deleguaccio, il Pizzo Alto,<br />
il Pizzo Trona e il Pizzo dei<br />
Tre Signori.<br />
A destra: nei pressi del<br />
Lago Scoggione.<br />
I bambini precedevano la<br />
mamma. Camminavano più<br />
svelti. Avevano i sandali ai<br />
pie<strong>di</strong>. Sandali con brevi liste<br />
<strong>di</strong> pelle che si incrociavano.<br />
Erano le uniche calzature<br />
estive che possedevano. Oltre<br />
gli zoccoli, naturalmente.<br />
In casa gli zoccoli, fuori i<br />
sandali. Ma quando si giocava<br />
in cortile o in strada, si stava<br />
a pie<strong>di</strong> nu<strong>di</strong>. Ciò era naturale e<br />
comodo. Gli zoccoli impe<strong>di</strong>vano<br />
nella corsa, potevano far male<br />
alle <strong>di</strong>ta. Camminare scalzi<br />
era una meraviglia, tutti i<br />
bambini lo sapevano. Si arrivò<br />
all’alpe Scoggione con una<br />
gran fame. L’ultimo tratto,<br />
fuori dal bosco, fu percorso dai<br />
bambini <strong>di</strong> corsa. Si vedeva <strong>di</strong><br />
nuovo tutto il cielo sereno; i<br />
pie<strong>di</strong> si posavano leggeri tra<br />
l’erba tenera e folta. Dietro la<br />
casera, videro spuntare la Rica,<br />
la moglie dell’alpeggiatore.<br />
La chiamarono a gran voce,<br />
agitando le braccia. Ella venne<br />
avanti lenta, col suo vestito<br />
stinto e <strong>di</strong>sse felice: “Ah, sii<br />
scià (siete arrivati).”<br />
Anche lei, amica della mamma,<br />
ci aspettava. “La polenta è<br />
quasi pronta” <strong>di</strong>sse, invitò i<br />
bambini ad entrare e lei andò<br />
incontro alla mamma. I due<br />
varcarono la soglia correndo. Il<br />
Giuani li guardò, abbandonando<br />
il paiolo alla catena. Offerse un<br />
mestolo <strong>di</strong> legno ricolmo <strong>di</strong><br />
latticello. “Bevete il lac de<br />
penagia (latte <strong>di</strong> zangola). L’ho<br />
appena tolto, è dolcissimo.<br />
Vedete quanti granelli <strong>di</strong> burro<br />
ci sono!” I bambini bevettero e<br />
lo trovarono buono e fresco.<br />
26 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 27
Dopo il pranzo, consumato<br />
all’ingresso, fecero progetti per<br />
il pomeriggio. Sarebbero andati<br />
a cercare ramoscelli <strong>di</strong> larice,<br />
da stendere sulle assi della<br />
camera, per rendere morbido il<br />
giaciglio. Il bambino teneva il<br />
melin aperto, luccicante. Ad<br />
ogni mossa della mano, quando<br />
il fendente era netto,<br />
esclamava :”Il melin taglia”, ed<br />
ogni volta un ramoscello<br />
cadeva. La bambina li<br />
raccoglieva in piccoli fasci,<br />
portati poi nelle braccia<br />
ricolme alla casera. Si<br />
vedevano in lontananza le<br />
mucche. Un pastore andava e<br />
veniva. I bambini volevano<br />
esplorare il luogo, vedere il<br />
camerone dove avrebbero<br />
dormito. Naturalmente sulle<br />
assi del pavimento. Ma la Rica<br />
aveva preparato già le coperte.<br />
Nel pomeriggio ci fu il tempo<br />
anche per una breve escursione<br />
al Corno Grande. Il bambino,<br />
con un balzo, raggiunse il muro<br />
<strong>di</strong> una trincea. Poi si infilò in<br />
un cunicolo. Finita la breve<br />
esplorazione incominciò a<br />
porre alla mamma tante<br />
domande. Voleva sapere chi<br />
avesse scavato quei “fossi” e<br />
costruito quei muri, tutti quei<br />
muri a secco. “Soldati dell’altra<br />
guerra” <strong>di</strong>ceva la mamma. Forse<br />
sentiva il dolore <strong>di</strong> quella<br />
appena terminata, perché la<br />
sua voce si incrinò. La bambina<br />
invece era affascinata dalla<br />
visione del piano e del lago,<br />
cercava nel paese la sua casa,<br />
così lontana, così piccola. La<br />
Dalla vetta del Legnone<br />
si inquadra la Grigna<br />
settentrionale che spunta<br />
dalle nebbie.<br />
sera arrivò in fretta. La<br />
minestra <strong>di</strong> riso e latte era<br />
buona; i bambini chiesero<br />
doppia razione. “Su mangiate,<br />
mangiate, <strong>di</strong>ceva la Rica, il<br />
latte fa bene.” Appena fu buio,<br />
dopo le preghiere, i bambini si<br />
stesero sul letto, questa volta<br />
profumato <strong>di</strong> larice. Trovarono<br />
molto piacevole poter dormire<br />
senza svestirsi. Sdraiarsi e<br />
dormire. Neanche il tempo <strong>di</strong><br />
girarsi e già gli occhi erano<br />
chiusi. Il mattino si<br />
svegliarono al suono ritmico<br />
dei campanacci. Il cielo era<br />
così azzurro da essere tutto<br />
uguale, sia dalla parte del sole<br />
che da quella del monte. La<br />
cima era nell’ombra. I raggi<br />
uscivano da una bocchetta, più<br />
in basso. Quel giorno il<br />
percorso sarebbe stato breve.<br />
Erano <strong>di</strong>retti ad un altro<br />
alpeggio, un po’ più elevato,<br />
<strong>di</strong>etro il crinale: l’alpe<br />
Legnone. Anche lì la piccola<br />
comitiva era attesa. I bambini<br />
trovarono il tempo per giocare.<br />
Il casaro, poi, mise a<br />
<strong>di</strong>sposizione degli ospiti la sua<br />
camera, quella sera i tre<br />
dormirono in un bel letto <strong>di</strong><br />
legno intagliato, con lenzuola e<br />
cuscini. La mamma preparò<br />
gnocchi con le ortiche e tutti i<br />
commensali trovarono il piatto<br />
ottimo. Il Cesare, i suoi<br />
aiutanti e i pastori<br />
ringraziarono la mamma, che,<br />
ridendo, <strong>di</strong>ceva che toccava a<br />
lei ringraziare. Poi ci fu come<br />
un’aria <strong>di</strong> festa. Uno prese la<br />
fisarmonica. Si cominciò a<br />
cantare. La mamma cantava<br />
così bene che tutti<br />
l’ammiravano. I bambini erano<br />
felici, si sentivano ben accolti.<br />
Forse capirono, in quella casera<br />
solitaria, cosa volesse <strong>di</strong>re<br />
“ospiti gra<strong>di</strong>ti”. La sera solo<br />
una breve gioia per il letto, con<br />
il pagliericcio <strong>di</strong> foglie <strong>di</strong><br />
granoturco. Ed era già ora <strong>di</strong><br />
alzarsi e <strong>di</strong> partire. Una<br />
consolazione: la certezza <strong>di</strong><br />
ritrovare il bel giaciglio, dopo<br />
aver toccato la piza. Molto<br />
prima dell’alba la partenza.<br />
Subito si avvertì la prima<br />
fatica, anche se partiti con lo<br />
zaino leggero. La bocchetta da<br />
raggiungere sembrava lì,<br />
eppure era lontana. Sudavano<br />
anche i bambini, nonostante<br />
l’aria fresca. Su e su. Ad un<br />
certo punto la bambina sentì il<br />
piede leggero. Il sandalo si era<br />
rotto. Lo raccolse che emergeva<br />
dall’erba, si girò e lo mostrò,<br />
28 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 29
dondolante nella mano. La<br />
mamma era più in basso.<br />
Raggiunse la figlia. Esaminò la<br />
calzatura. Era inservibile, i<br />
cinturini strappati. Disse<br />
:”Togli anche l’altro sandalo.<br />
Uniscili tutti e due e legali allo<br />
zaino.” “A pie<strong>di</strong> nu<strong>di</strong>?”<br />
Domandò meravigliata la<br />
bambina. Non c’era altra<br />
possibilità. La piccola, abituata<br />
ad andare scalza, all’inizio non<br />
trovò <strong>di</strong>fficoltà. Cercava l’erba,<br />
evitava i sassi appuntiti. Era<br />
piacevole, in certi punti.<br />
Guardava il fratello, con aria <strong>di</strong><br />
privilegiata. Poi il sentiero<br />
<strong>di</strong>veniva sempre più incerto e<br />
aggirava il crinale del monte.<br />
Ora gli escursionisti si<br />
trovavano <strong>di</strong>etro. Guardando in<br />
basso vedevano solo un pen<strong>di</strong>o<br />
ripido, una profonda valle,<br />
oltre la quale si alzava un altro<br />
pen<strong>di</strong>o ripido. Luogo tutto<br />
inatteso, sconosciuto. Un<br />
attimo <strong>di</strong> paura prese la<br />
bambina, perché non sapeva<br />
come sarebbe stata la salita lì,<br />
sotto la cima. C’erano ciuffi<br />
d’erba e brevi pen<strong>di</strong>i ghiaiosi,<br />
trattenuti da zolle ver<strong>di</strong>,<br />
fiorite. La piccola cercava i<br />
punti <strong>di</strong> appoggio più morbi<strong>di</strong>.<br />
La mamma la seguiva e le<br />
ad<strong>di</strong>tava dove mettere i pie<strong>di</strong>.<br />
Ne cercava non uno solo, ma<br />
<strong>di</strong>versi, <strong>di</strong> seguito. Visti dal<br />
basso sembravano belli,<br />
invitanti. Ma a volte erano<br />
insi<strong>di</strong>osi, tra<strong>di</strong>tori. Sembravano<br />
accoglienti e poi un orlo<br />
franava, una bordura aveva<br />
qualche cardo pungente. La<br />
mamma incitava la figlia, che<br />
alzò gli occhi e vide il fratello<br />
già in alto. Camminava<br />
appoggiando le mani. Allora si<br />
sentì incoraggiata, perché<br />
anche le mani avevano bisogno<br />
<strong>di</strong> un appoggio delicato. E<br />
ricominciò. La mamma<br />
sceglieva i punti più<br />
accessibili, misurava con gli<br />
occhi la <strong>di</strong>stanza. “Di qui,<br />
<strong>di</strong>ceva, o più in là.” Poi<br />
incontrarono quell’erba<br />
piegata, scivolosa, el scervin.<br />
Erba dura e scivolosa, rifiutata<br />
anche dalle capre. Tutti<br />
sapevano che quell’erba era un<br />
pericolo. I pie<strong>di</strong> resistevano,<br />
ma erano graffiati. La bambina<br />
cercò con gli occhi la mamma e<br />
la vide forte, alta su quel<br />
pen<strong>di</strong>o, e la paura le passò. La<br />
mamma le <strong>di</strong>sse :”Tu vai<br />
davanti, io resto <strong>di</strong>etro.” La<br />
cima era lontanissima. Una<br />
pietraia separava la donna e la<br />
bambina. I sassi sembravano<br />
piccoli, ma erano bucati e l’orlo<br />
pungente. La piccola con un<br />
ultimo gran<strong>di</strong>ssimo sforzo,<br />
guadagnò palmo per palmo il<br />
crinale ed arrivò in cima. Le<br />
venne incontro il fratello. Lo<br />
vide chinato sull’orlo del<br />
monte. Le <strong>di</strong>sse :”La croce è<br />
storta.” Lei alzò appena gli<br />
occhi. Le sembrò molto grande,<br />
così da vicino. Era sbilenca. La<br />
neve l’aveva piegata. O il<br />
vento. Si guardò intorno e fu<br />
come folgorata. Non c’era più<br />
fatica. Solo cielo e tante cime<br />
<strong>di</strong> monti, tutte rivolte al cielo.<br />
Quello era veramente il mondo.<br />
Il mondo vero si poteva vedere<br />
solo dalla cima. Ecco perché la<br />
mamma aveva voluto portare lì<br />
i suoi bambini, perché<br />
vedessero il mondo: il mondo<br />
fatto <strong>di</strong> cime chiare, sotto un<br />
cielo <strong>di</strong> luce. Lontano, il resto<br />
del mondo, ecco il lago <strong>di</strong> Como<br />
tra i monti. “È solo una pozza<br />
d’acqua”, <strong>di</strong>sse convinto il<br />
bambino. Il mondo era sulle<br />
cime: la gioia <strong>di</strong> quella<br />
scoperta sommerse il cuore. Più<br />
si guardava lontano, più cime<br />
s’incontravano. Negli occhi<br />
ancora tutta la meraviglia della<br />
visione, la mamma chiamava ai<br />
pe<strong>di</strong> della croce, per recitare<br />
una preghiera. Si avviarono<br />
entrambi e mormorarono l’Ave<br />
Maria. “Anche l’Angelo <strong>di</strong> Dio,”<br />
<strong>di</strong>sse la bambina, nel ricordo<br />
del pericolo scampato e del<br />
piccolo quadro della sua<br />
camera, dove un angelo dalle<br />
gran<strong>di</strong> ali tratteneva due<br />
bambini sull’orlo <strong>di</strong> un<br />
precipizio. Intanto altri<br />
escursionisti erano giunti sulla<br />
cima. Due attirarono<br />
l’attenzione dei bambini,<br />
perché erano vestiti in modo<br />
<strong>di</strong>verso, avevano il berretto. A<br />
tracolla il cannocchiale.<br />
Puntavano il binocolo ora qua,<br />
ora là, parlavano tra loro.<br />
“Sono sciuri”, <strong>di</strong>ssero i<br />
bambini. I due signori avevano<br />
le scarpe. E che scarpe! Di<br />
pelle liscia, con le stringhe,<br />
che arrivavano a fasciare la<br />
caviglia. “Chissà come si<br />
cammina sui sassi con scarpe<br />
così” pensò la bambina. Guardò<br />
i suoi pie<strong>di</strong> scorticati e per un<br />
momento immaginò <strong>di</strong> avere<br />
scarpe <strong>di</strong> pelle liscia e <strong>di</strong><br />
saltare, <strong>di</strong> correre. Le sembrò <strong>di</strong><br />
sentire delle molle che la<br />
facevano sollevare e andare<br />
senza fatica. Nella gioia della<br />
scoperta della cima, la bambina<br />
sentì qualcosa <strong>di</strong> caldo che le<br />
scendeva verso la bocca. Toccò.<br />
Vide le <strong>di</strong>ta rosse. “Sangue <strong>di</strong><br />
naso” <strong>di</strong>sse. Soffriva spesso <strong>di</strong><br />
quell’inconveniente, ma non se<br />
l’aspettava proprio in quel<br />
momento. Gridò alla mamma<br />
:“Sangue <strong>di</strong> naso!” La voce<br />
della mamma la rassicurò<br />
:”Sdraiati.” Mentre cercava <strong>di</strong><br />
appoggiare bene il capo, vide<br />
sopra <strong>di</strong> sé il viso <strong>di</strong> uno <strong>di</strong><br />
quei signori. “Sono un me<strong>di</strong>co”<br />
<strong>di</strong>ceva alla mamma. Piegò un<br />
po’ in<strong>di</strong>etro il capo della<br />
bambina. Si tolse <strong>di</strong> tasca una<br />
bottiglietta e l’avvicinò alle<br />
sue labbra. Lei pensò, gioiosa<br />
:”Sarà gazzosa.” Assaggiò,<br />
felice, la bevanda. Poi tutto<br />
tornò normale. “Com’era?”<br />
Chiese il fratello. E quella<br />
rispose :”Era acqua.” Poi non ci<br />
pensò più, perché uno dei<br />
signori aveva prestato il<br />
cannocchiale a suo fratello.<br />
Paolo era lì che guardava, che<br />
domandava, voleva vedere<br />
Milano, il monte Rosa. Era<br />
contento. La sorella lo capiva<br />
anche se lo guardava alle<br />
spalle. Allora gli si avvicinò,<br />
ma non osò toccare quel<br />
bell’oggetto, perché aveva<br />
ancora le mani sporche. Sentì<br />
in cuore un attimo <strong>di</strong> pena. Poi<br />
fu <strong>di</strong>stratta da altre meraviglie.<br />
Da piccole corolle gialle, che<br />
vedeva più sotto. Avrebbe<br />
voluto toccare quei fiorellini,<br />
ma non si poteva. Erano i più<br />
alti <strong>di</strong> tutta Colico. Erano<br />
uguali ad altri, già visti prima,<br />
nella salita. Ma questi erano i<br />
più alti. Il ritorno fu facile. Si<br />
poteva scegliere con un salto il<br />
punto dove posare il piede. Era<br />
<strong>di</strong>vertente. Allora anche il<br />
fratello si tolse le sue<br />
calzature. E tutto si trasformò<br />
in gioco. Si contavano i sassi,<br />
si faceva il gioco <strong>di</strong> pari e<br />
<strong>di</strong>spari, si correva. A sera<br />
ancora alla casera dell’alpe. Ad<br />
attendere c’era la minestra <strong>di</strong><br />
riso e latte. Poi quel giaciglio<br />
perfetto, <strong>di</strong> soffice foglia <strong>di</strong><br />
granoturco e il cuscino morbido<br />
in cui affondare il capo, e<br />
prima <strong>di</strong> chiudere gli occhi i<br />
bambini u<strong>di</strong>rono la voce felice<br />
della mamma, che li aveva fatti<br />
salire alla cima del Legnone,<br />
per gustare la gioia della vetta.<br />
N.d.A.: I fatti narrati<br />
risalgono al 1949.<br />
30 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 31
SCIAL PINISMO<br />
GEORGIA<br />
<strong>di</strong> Paolo Vitali<br />
Pur amando geografia e storia<br />
faccio una fatica improba<br />
a realizzare e memorizzare<br />
luoghi ed avvenimenti lontani<br />
“a secco”.... l’unico modo <strong>di</strong><br />
focalizzarli è viverli! Sarà<br />
forse questa una ragione che<br />
mi spinge continuamente a<br />
viaggi in luoghi remoti e dalla<br />
cultura completamente <strong>di</strong>versa<br />
dalla nostra, possibilmente<br />
abbinando una delle attività<br />
outdoor preferite: sci,<br />
arrampicata, mountain bike!<br />
Avevo immaginato questo<br />
viaggio un paio <strong>di</strong> anni fa,<br />
prima del conflitto Russo-<br />
Georgiano sul confine<br />
dell’Ossezia! Ho temuto <strong>di</strong><br />
non poterlo organizzare fino<br />
all’ultimo, e ancora ora sono<br />
sorpreso <strong>di</strong> poterci essere<br />
andato in questa situazione!<br />
Si, perché temo che i problemi<br />
territoriali fra Russia e<br />
Georgia siano tutt’altro che<br />
superati: la Georgia non pare<br />
assolutamente rassegnata<br />
ad aver perduto la regione <strong>di</strong><br />
Samachablo, quella che i Russi<br />
impropriamente chiamano<br />
Ossezia del Sud, ma che con<br />
l’Ossezia non ha nulla a che<br />
vedere, né geograficamente<br />
né culturalmente, visto che<br />
un’ardua catena <strong>di</strong> montagne<br />
del Caucaso le separa<br />
nettamente!<br />
32 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 33<br />
in
Arriviamo a Tbilisi via Istanbul<br />
con un volo notturno, i più<br />
economici e forse al momento<br />
gli unici possibili sulla<br />
capitale Georgiana. Siamo<br />
assonnati e neppure le sferzate<br />
<strong>di</strong> vento e pioggia appena<br />
fuori dall’aeroporto riescono<br />
a svegliarci. Gudauri non è<br />
molto lontana dalla capitale,<br />
ma non temiamo molto la<br />
meteo, confi<strong>di</strong>amo nella nostra<br />
proverbiale fortuna, che ci<br />
ha sempre assistito in ogni<br />
viaggio!<br />
Il pulmino su cui viaggiamo<br />
è un po’ “costretto”, ma<br />
nonostante la strada sia<br />
meglio <strong>di</strong> quanto mi aspettassi<br />
l’andatura è lentissima,<br />
con frequenti soste: per<br />
un centinaio <strong>di</strong> chilometri<br />
impieghiamo più <strong>di</strong> tre ore!<br />
Non incrociamo praticamente<br />
nessun mezzo, forse per i<br />
Georgiani viaggiare <strong>di</strong> notte<br />
è alquanto insolito ed il<br />
nostro autista sembra molto<br />
insofferente al suo posto <strong>di</strong><br />
guida.<br />
Scaricati i bagagli in una delle<br />
poche strutture con standard<br />
europei <strong>di</strong> Gudauri, rinunciamo<br />
ad un pisolino e partiamo<br />
subito con gli sci, ma vista<br />
le stanchezza del viaggio<br />
sfruttiamo le seggiovie per<br />
guadagnare il monte Kudebi<br />
3007m. Dopo una breve <strong>di</strong>scesa<br />
saliamo al monte Sadzele<br />
3307m per una affilata cresta,<br />
la <strong>di</strong>scesa è su ottimo firn,<br />
ma non molto lontano dagli<br />
impianti. La guida che è con<br />
noi vorrebbe già rientrare<br />
sciando fino a Gudauri, ma non<br />
senza fatica lo convinciamo<br />
(obblighiamo...) a ripellare<br />
una seconda volta per risalire<br />
al passo Kobi e quin<strong>di</strong> al<br />
monte Pitara 3183m. Il sole ha<br />
scaldato, e il firn ha mollato un<br />
po’, ma la pendenza è tale da<br />
permettere un’ottima sciata,<br />
con qualche cautela iniziale per<br />
testare la tenuta del pen<strong>di</strong>o!<br />
Il giorno successivo la meteo<br />
georgiana si rivela subito<br />
nella sua estrema variabilità:<br />
nevica e la visibilità è quasi<br />
nulla. Nella speranza in un<br />
successivo rasserenamento<br />
partiamo comunque dal<br />
passo Jvari verso il monte<br />
Khorisar 3736m. Fatichiamo<br />
tanto a trovare il complicato<br />
passaggio sulla dorsale quanto<br />
a convincere la guida locale a<br />
proseguire nella nebbia! Sono<br />
abituati a muoversi solo con<br />
il bello (e in eliski!...), non<br />
riescono a comprendere il<br />
nostro tentativo <strong>di</strong> sfruttare<br />
ogni possibilità, inoltre non<br />
usano GPS e non si fidano come<br />
noi a proseguire nella nebbia<br />
guidati esclusivamente dalle<br />
curve <strong>di</strong> livello sul <strong>di</strong>splay!<br />
L’atteso miglioramento però<br />
non arriva, e non possiamo<br />
continuare troppo questa gita<br />
dallo sviluppo abbastanza<br />
complicato... per oggi si<br />
rientra presto, a sfruttare<br />
l’ottima sauna in hotel!<br />
Proprio <strong>di</strong> fronte a Gudauri,<br />
sul versante opposto della<br />
valle, si erge una bella cresta<br />
affilata, confine naturale<br />
con la <strong>di</strong>sputata regione <strong>di</strong><br />
Samachablo. Una serie <strong>di</strong> cime<br />
su questa cresta prendono il<br />
nome <strong>di</strong> Lomisa, la più alta<br />
2452m ma poco sciistica,<br />
mentre la 2385m nonostante<br />
la quota relativamente bassa<br />
offre una bellissima sciata<br />
grazie all’esposizione a nord.<br />
Dalla cima propongo un<br />
concatenamento con breve<br />
passaggio sul versante opposto,<br />
ma il nostro amico georgiano<br />
molto scenograficamente<br />
mi riporta sul lato ancora<br />
georgiano “the Russian look<br />
at us, very dangerous!”. Non<br />
ci resta che sfogare le nostre<br />
energie residue con una <strong>di</strong>scesa<br />
dal canalino sotto la vetta e<br />
risalita, poi tornati a Gudauri<br />
abbiamo ancora il tempo <strong>di</strong><br />
una salita con le pelli alla<br />
quota 2508 a sud del Kudebi,<br />
Nella pagina a fianco:<br />
salita al monte Pitara.<br />
Sopra: la<br />
chiesa <strong>di</strong> Tsminda Sameba.<br />
A fianco: la paretina finale<br />
del monte Kasbek.<br />
34 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 35
fantastica <strong>di</strong>scesa sul ripido<br />
versante ovest e birretta al bar<br />
delle piste.... cominciamo ad<br />
acclimatarci!<br />
Siamo al clou del nostro<br />
viaggio, il Kazbek 5047m! Da<br />
Gudauri partiamo per Kazbegi,<br />
ma subito dopo il passo Jvari<br />
il primo grosso ostacolo: un<br />
vecchio camion è scivolato<br />
sul ghiaccio in una galleria<br />
e si è incastrato <strong>di</strong> traverso<br />
ostruendo completamente la<br />
galleria! Non si passa, inutile<br />
chiedere previsioni sui tempi <strong>di</strong><br />
rimozione!.... Ci mettiamo in<br />
spalla tutto il nostro materiale<br />
e partiamo con gli sci a lato<br />
della strada, nel frattempo il<br />
nostro amico georgiano riesce<br />
a trovare un minibus che da<br />
Kazbegi ci viene incontro!<br />
In ritardo sulla tabella <strong>di</strong><br />
marcia riusciamo a metterci<br />
in cammino da Kazbegi per<br />
il rifugio Betlemi 3685m.<br />
Quando lo raggiungiamo le<br />
nuvole si stanno aprendo e<br />
<strong>di</strong>etro compare in tutta la<br />
sua bellezza ed imponenza<br />
il Kazbek! La favola è subito<br />
spezzata però dallo squallore<br />
del rifugio Betlemi, freddo<br />
e sporco rimasuglio <strong>di</strong> una<br />
grossa stazione metereologica<br />
dell’Unione Sovietica, che<br />
si presenta tutt’altro che<br />
confortevole e non invoglia<br />
certo a rimanervi più a lungo<br />
del minimo in<strong>di</strong>spensabile!<br />
Serata ventosa e fredda ma<br />
serena, poi <strong>di</strong> notte cala il<br />
vento e la mattina successiva<br />
è perfetta! Il programma<br />
prevedeva una salita <strong>di</strong><br />
acclimatamento al monte<br />
Ortsveri 4258m, e il nostro<br />
amico georgiano oppone<br />
forte resistenza alla nostra<br />
irremovibile intenzione <strong>di</strong><br />
sfruttare la bella giornata<br />
per puntare <strong>di</strong>rettamente alla<br />
cima del Kazbek! La meteo è<br />
troppo bizzarra per sciupare<br />
un’occasione buona, solo Bepi<br />
ha un po’ <strong>di</strong> malessere per la<br />
quota e si ferma al rifugio,<br />
tutto il resto del gruppo sale<br />
deciso verso l’obbiettivo! La<br />
salita non presenta <strong>di</strong>fficoltà<br />
particolari fino all’ampio colle<br />
a quota ca 4500m, appena a<br />
destra della Q4517.<br />
Da qui comincia un lungo<br />
<strong>di</strong>agonale via via più ripido<br />
che porta all’ultimo colle fra le<br />
due cime del Kazbek. Il vento<br />
ha spazzato completamente la<br />
neve, saliamo con i ramponi e<br />
per essere più sicuri e veloci<br />
preferisco fissare qualche<br />
spezzone <strong>di</strong> corda, in breve ci<br />
ritroviamo tutti in cima con<br />
una vista perfetta che spazia<br />
su montagne sconosciute del<br />
Caucaso e sulla pianura che<br />
si estende verso la Cecenia.<br />
Grazie agli spezzoni fissati<br />
scen<strong>di</strong>amo veloci anche se<br />
il gruppo è molto numeroso,<br />
passo per ultimo e recupero<br />
tutto il materiale, per poi<br />
ri<strong>di</strong>stribuirlo dove abbiamo<br />
lasciato gli sci! All’inizio la<br />
neve non è bella, con grossi<br />
sastrugi, ma non ci facciamo<br />
molto caso per la grande<br />
sod<strong>di</strong>sfazione della cima, poi<br />
migliora e sciamo bene fino al<br />
Betlemi, dove si festeggia a<br />
vodka e brodo!<br />
Seconda notte al Grand Hotel<br />
Betlemi, la sod<strong>di</strong>sfazione per<br />
la salita mitiga il degrado della<br />
struttura!<br />
Sveglia ancora prima dell’alba,<br />
i più coriacei vorrebbero<br />
salire oggi la cima <strong>di</strong><br />
acclimatamento, il monte<br />
Ortsveri, prima <strong>di</strong> intrapendere<br />
la <strong>di</strong>scesa verso Kazbegi,<br />
ma la meteo è già cambiata,<br />
nuvole scure salgono dal<br />
fondovalle e la visibilità è<br />
già compromessa.... torniamo<br />
volentieri a riposare nel sacco<br />
a pelo ancora caldo, un paio<br />
d’ore <strong>di</strong> gustato sonno prima<br />
della meritata <strong>di</strong>scesa a<br />
Kazbegi. La visibilità è ridotta<br />
nel primo tratto, il GPS ci<br />
salva dall’imboccare la vallata<br />
sbagliata, e un firn fantastico<br />
ci perdona ogni errore causato<br />
dallo zaino pesante! Poi in<br />
basso le nubi si <strong>di</strong>radano e<br />
go<strong>di</strong>amo al meglio l’ultima<br />
parte <strong>di</strong> <strong>di</strong>scesa, compresa una<br />
visita alla Tsminda Sameba<br />
(Santa Trinità), chiesa del<br />
1300 a 2170m simbolo <strong>di</strong><br />
bellezza, determinazione e<br />
devozione per tutta la Georgia.<br />
Ancora il tempo per una<br />
birra per le desolate vie <strong>di</strong><br />
Stepantsminda, come è tornata<br />
da poco a chiamarsi Kazbegi,<br />
antico crocevia commerciale<br />
e turistico in declino dopo la<br />
In alto: prime curve dalla<br />
vetta del monte Pitara.<br />
A fianco: balli <strong>di</strong> gioia in<br />
vetta al monte Kasbek,<br />
m 5047.<br />
36 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 37
chiusura delle frontiere con la<br />
Russia, e poi ci avventuriamo<br />
sull’ultimo tratto <strong>di</strong> strada<br />
militare nelle Gole <strong>di</strong> Dariali<br />
fino al vietato confine: nulla<br />
<strong>di</strong> speciale da vedere, solo il<br />
fascino misterioso del luogo,<br />
e un po’ <strong>di</strong> brivi<strong>di</strong> d’avventura<br />
nel passare col minibus su<br />
ponti e viadotti malmessi e<br />
parzialmente coperti da frane!<br />
La sera siamo ospiti in una<br />
casa <strong>di</strong> Kazbegi, sembra <strong>di</strong><br />
fare un salto nel passato <strong>di</strong><br />
almeno cinquant’anni, ai tempi<br />
dei nostri nonni, e i nostri<br />
ospiti sono nonni gentili e<br />
cor<strong>di</strong>alissimi come da nelle<br />
migliori usanze georgiane!<br />
Mattina ancora perturbata,<br />
ritorniamo verso Kobi, prima <strong>di</strong><br />
questo una pista scende verso<br />
destra ad attraversare il fiume<br />
Terek su un ponticello <strong>di</strong> ferro,<br />
poi la pista malmessa (che<br />
presumo rimanga chiusa buona<br />
parte dell’inverno!) risale fino<br />
al villaggio <strong>di</strong> Kanobi, poche<br />
anime e altrettante vacche<br />
sotto i ripi<strong>di</strong> pen<strong>di</strong>i del monte<br />
Sut 2996m. Il tempo è pessimo,<br />
nevica e la visibilità è quasi<br />
nulla, sopra i 2500m ve<strong>di</strong>amo<br />
a malapena la punta dei nostri<br />
sci..... riusciamo a continuare<br />
solo grazie alla precisione<br />
delle curve <strong>di</strong> livello caricate<br />
sul GPS, ma ogni passo è una<br />
incognita sulla pendenza<br />
che an<strong>di</strong>amo a trovare!...<br />
L’obiettivo primario potrebbe<br />
essere una cima <strong>di</strong> 3339m<br />
sulla cresta che prosegue a<br />
nord dal Sut, ma oggi sarebbe<br />
Sopra: la cresta del monte Lomisa.<br />
In alto: all’assalto del monte<br />
Sadzele Ovest.<br />
già fin troppo riuscire a<br />
raggiungere la prima delle<br />
tre quote sulla cresta, circa<br />
3160m. Ci arren<strong>di</strong>amo solo a<br />
2900m, il terreno non sembra<br />
più ripido come la parte bassa,<br />
ma siamo veramente immersi<br />
in una tormenta che toglie<br />
completamente orientamento<br />
e visibilità, scendendo subito<br />
riusciamo ancora parzialmente<br />
a seguire le tracce <strong>di</strong> salita<br />
anzichè navigare puramente<br />
guidati dalla traccia registrata<br />
sul GPS!... Peccato perché<br />
la sciata è super su neve<br />
trasformata e coperta da <strong>di</strong>eci<br />
cm <strong>di</strong> fresca con pendenze a<br />
tratti notevoli... mancavano<br />
solo un 200m a guadagnarci<br />
una cima... ma per oggi può<br />
bastare! La confortevole sauna<br />
all’hotel <strong>di</strong> Gudauri è il primo<br />
segno dell’iniziato ritorno<br />
verso como<strong>di</strong>tà e civiltà!<br />
Penultimo giorno a Gudauri,<br />
e ultima possibilità <strong>di</strong> salire<br />
il il Khorisar. Ripartiamo ma<br />
sembra proprio che questa<br />
montagna non s’abbia da<br />
fare... il passo è chiuso per<br />
la nevicata notturna, saliamo<br />
allora alla cima ovest del<br />
monte Sadzele 3268m, da cui<br />
scen<strong>di</strong>amo verso nord in un<br />
canale con neve e pendenza<br />
strepitosa, prima della strada<br />
per Kobi ripelliamo e risaliamo<br />
al passo Kobi, da questo<br />
breve <strong>di</strong>scesa vero Gudauri e<br />
<strong>di</strong> nuovo ripellata per salire<br />
alla Q3025m, infine <strong>di</strong>scesa in<br />
bella neve trasformata fino a<br />
Gudauri. Niente male per una<br />
gita <strong>di</strong> ripiego!<br />
La meteo è ancora brutta,<br />
abbiamo sciato abbastanza....<br />
per il Khorisar o un’altra meta<br />
“lunga” saremmo rimasti, ma<br />
ad un’altra sciata intorno a<br />
Gudauri e al Sadzele preferiamo<br />
tornare con più calma alla<br />
capitale, con una sosta<br />
al castello <strong>di</strong>Ananuri, poi<br />
all’antica capitale Mtkheta,<br />
dove tra l’altro gustiamo uno<br />
strepitoso kachapuri e vino<br />
rosato in una piccola taverna<br />
locale!<br />
Natalie è la giovane guida che<br />
parla un ottimo italiano e ci<br />
accompagna pazientemente<br />
per la capitale per tutta la<br />
giornata, visitando quasi<br />
tutto il visitabile, compresi<br />
i cortei <strong>di</strong> protesta contro<br />
Il gruppo: Paolo & Sonja con<br />
Amos Locatelli, Gianni Corti,<br />
Ruggero Vaia, Ottavio Penati,<br />
Vigilio Ganz, Giuseppe Gilmozzi,<br />
Franco Scotti, Umberto Isman.<br />
Maggiori informazioni su questo<br />
e altri viaggi li potete trovare su<br />
www.paolo-sonja.net<br />
l’attuale contestato presidente<br />
... chiu<strong>di</strong>amo con un’oretta e<br />
mezzo ai bagni sulfurei, ma<br />
riservando una stanza e sauna<br />
privata per tutto il gruppo,<br />
vista l’esperienza scioccante<br />
vissuta dai nostri quattro amici<br />
in avanscoperta all’andata<br />
nelle sale pubbliche, con<br />
ambigui tentativi <strong>di</strong> approccio<br />
da omaccioni locali!....<br />
Ultima cena con specialità<br />
locali e trasferimento <strong>di</strong>retto<br />
all’aeroporto, dove solo un paio<br />
d’ore <strong>di</strong> sonno precedono il volo<br />
a casa..... un’ultima giornata<br />
intensa al pari del resto della<br />
vacanza.<br />
38 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 39
NEPAL<br />
Trekking alla scoperta del Manaslu e dell’Annapurna<br />
A furia <strong>di</strong> picchiare la testa<br />
sul tettuccio della jeep senza<br />
sospensioni che arranca sulla<br />
pista, attraverso la foresta,<br />
verso le montagne, ho il<br />
cranio che assomiglia a un<br />
modellino in scala della catena<br />
himalayana. D’altronde qui in<br />
Nepal le strade asfaltate sono<br />
pochissime e in con<strong>di</strong>zioni<br />
terribili! Non vedo l’ora <strong>di</strong><br />
scendere dall’auto e cominciare<br />
a camminare, camminare<br />
lontano dalle auto e dal<br />
loro smog nero, frutto <strong>di</strong> un<br />
carburatore scavezzato che<br />
tenta <strong>di</strong> bruciare nafta.<br />
L’idea <strong>di</strong> compiere questo<br />
viaggio nelle terre più alte e<br />
selvagge del pianeta è maturata<br />
nel corso dell’estate, quando,<br />
terminata la maturità, mi sono<br />
lasciato coinvolgere dai progetti<br />
dell’amico e capo rifugista<br />
Clau<strong>di</strong>o, veterano <strong>di</strong> questo<br />
tipo <strong>di</strong> avventure. Quale miglior<br />
modo per investire la moneta<br />
guadagnata durante le brevi<br />
parentesi estive degli ultimi<br />
anni? Bisognava fare il pieno <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong> Carlo B. Mazzoleni<br />
montagna prima <strong>di</strong> cominciare<br />
la nuova avventura scolastica<br />
nella bassa pianura emiliana.<br />
Così dopo folli spese per<br />
attrezzatura adatta ai luoghi<br />
inospitali e per i permessi<br />
governativi per raggiungerli,<br />
pernottamenti forzati in<br />
geli<strong>di</strong> aeroporti arabici, due<br />
lunghi giorni a vagare per la<br />
confusionaria, ma affascinante<br />
Kathmandu, e otto ore su<br />
quella terribile jeep, finalmente<br />
iniziamo il nostro viaggio oltre<br />
le frontiere del nostro mondo<br />
<strong>di</strong> plastica, verso il regno dove<br />
domina la natura e gli uomini<br />
vivono in pace con essa e con<br />
se stessi.<br />
Il nostro trekking si è <strong>di</strong>viso<br />
in due parti: il Manaslu<br />
circuit, nella prima settimana,<br />
poi collegato con il round<br />
Annapurna nella seconda parte,<br />
per un totale <strong>di</strong> 16 giorni <strong>di</strong><br />
intenso cammino, lungo un<br />
percorso che generalmente le<br />
agenzie vendono per non meno<br />
<strong>di</strong> 30-35 giorni. L’ottimo gruppo<br />
era composto da Clau<strong>di</strong>o e<br />
Gabriele <strong>di</strong> Villa <strong>di</strong> Tirano, Fabio<br />
<strong>di</strong> Colico, Nima e Jandu, due<br />
amici e guide <strong>di</strong> origine sherpa,<br />
e i due fortissimi portatori,<br />
Sethe e Dorche, oltre che da me.<br />
La regione del Manaslu, nel<br />
<strong>di</strong>stretto <strong>di</strong> Gorkha, colpisce<br />
per la sua incontaminatezza,<br />
per la lontananza più assoluta<br />
dal mondo occidentale,<br />
essendo una regione assai poco<br />
frequentata dai turisti e ancora<br />
non raggiunta nemmeno dalle<br />
strade più audaci. Bisogna<br />
Primo sole sul<br />
Dhaulaghiri 8167<br />
m, che significa<br />
«montagna<br />
bianca».<br />
Nella pagina<br />
a fronte: il<br />
Machhapuchhare,<br />
6996 m, montagna<br />
sacra ancora<br />
ufficialmente<br />
40 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNOinviolata.<br />
41
davvero avere uno spirito <strong>di</strong><br />
adattamento e una personalità<br />
spiccatamente selvatica per<br />
affrontare il percorso, che si<br />
snoda in una valle che offre<br />
panorami mozzafiato, sia<br />
alle basse quote, quando le<br />
imponenti pareti ghiacciate<br />
fanno capolino dagli squarci<br />
della foresta tropicale, sia nelle<br />
terre alte, quando le lunghe<br />
lingue glaciali che scendono<br />
dall’immenso massiccio del<br />
Manaslu, ottava montagna<br />
del mondo con i suoi 8163m,<br />
arrivano quasi a lambire il<br />
sentiero. Per quanto riguarda<br />
pasti e pernottamenti si<br />
è “costretti” a negoziare<br />
l’ospitalità dei generosi<br />
abitanti del luogo, per avere un<br />
materassino in una gelida stanza<br />
e un piatto <strong>di</strong> dalbhat (riso con<br />
curry <strong>di</strong> verdure) da consumare<br />
velocemente, stretti intorno<br />
al fuoco insieme agli anziani<br />
del caseggiato, del tutto ignari<br />
dell’esistenza <strong>di</strong> altre lingue<br />
oltre al loro <strong>di</strong>aletto.<br />
Questa parte estremamente<br />
suggestiva ed emozionante<br />
del viaggio si conclude con<br />
il superamento del Larkya<br />
pass, 5200m, in una gelida<br />
ma limpi<strong>di</strong>ssima giornata, e<br />
il successivo innesto lungo il<br />
percorso dell’Annapurna round,<br />
il più frequentato trekking<br />
nepalese.<br />
È un totale cambio <strong>di</strong><br />
prospettiva: guest houses<br />
dotate <strong>di</strong> camerette private,<br />
acqua (semi)calda, cucina<br />
occidentale e tanti, tanti turisti.<br />
Ciononostante l’entusiasmo è<br />
sempre alto e si procede con<br />
il solito, alto ritmo, verso la<br />
grande avventura che avevamo<br />
progettato: il Chulu west<br />
peak, 6430m; per me sarebbe<br />
stato solo un tentativo,<br />
nessun obiettivo preciso, ma<br />
l’intenzione era <strong>di</strong> provare a<br />
mettere un piede a 6000m.<br />
Certo, si faceva sentire una<br />
certa pressione e apprensione,<br />
ma tutto fu tacitato quando<br />
la mattina in cui avevamo<br />
progettato <strong>di</strong> salire al campo<br />
base ci siamo svegliati sotto<br />
un’abbondante nevicata,<br />
accolta dal sottoscritto con un<br />
misto <strong>di</strong> delusione e sollievo.<br />
Dopo un rapido consulto<br />
il progetto vetta è stato<br />
abbandonato e si è scelto <strong>di</strong><br />
seguire il percorso turistico<br />
attraverso il Thorong pass, a<br />
5416m, che porta nella vasta e<br />
desertica regione del Mustang,<br />
e quin<strong>di</strong> verso la fine delle<br />
nostre fatiche.<br />
Una tranquilla gita a Poon<br />
Hill (2000m <strong>di</strong> <strong>di</strong>slivello in<br />
giornata) per ammirare la<br />
strepitosa alba sull’Annapurna,<br />
e quattro giorni <strong>di</strong> completo<br />
relax nella ridente citta<strong>di</strong>na<br />
lacustre <strong>di</strong> Pokhara, hanno<br />
concluso un’avventura davvero<br />
emozionante tanto per i<br />
gran<strong>di</strong>osi panorami sulle vette<br />
più alte del mondo, quanto per<br />
la nuova <strong>di</strong>mensione in cui ci<br />
si tuffa, lontani una settimana<br />
<strong>di</strong> cammino da strade con<br />
automobili, da televisioni,<br />
telefonini, business selvaggio.<br />
Esperienze <strong>di</strong> questo genere<br />
aiutano a ritrovare se stessi, a<br />
riflettere sulle cose importanti<br />
della vita, ad affrontare la vita<br />
<strong>di</strong> ogni giorno con un altro<br />
spirito.<br />
A fianco: il Manaslu, 8163m<br />
Sotto: i contrafforti del<br />
Manaslu all'alba, salendo<br />
verso il Larkia La pass e<br />
scollinando sul Larkia La pass,<br />
5200m, da sinistra Fabio, Torta<br />
e io.<br />
42 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 43
Ma quando<br />
si scioglierà qui la<br />
NEVE?<br />
Cronaca <strong>di</strong> un elisoccorso anni settanta<br />
Nell’estate del 1973 trascorsi<br />
una settimana al rifugio<br />
Marinelli, in alta Val Malenco,<br />
in compagnia <strong>di</strong> alcuni amici,<br />
per quello che veniva chiamato<br />
«accantonamento giovanile»<br />
del <strong>CAI</strong> <strong>di</strong> Sondrio.<br />
Avevo già partecipato<br />
all’e<strong>di</strong>zione precedente quando,<br />
in una fortunata settimana<br />
<strong>di</strong> bel tempo, i nostri<br />
accompagnatori «Bartali» e<br />
«Nicola» ci avevano condotto<br />
<strong>di</strong> Franco Scotti<br />
in vetta al Bernina, al Palù e al<br />
pizzo Sella.<br />
Il programma era ancora<br />
lo stesso e, all’alba del<br />
20 settembre 1973, ci<br />
incamminammo sul ghiacciaio<br />
<strong>di</strong> Fellaria ovest verso il<br />
passo delle Belleviste, per<br />
raggiungere la capanna Marco<br />
e Rosa.<br />
Nei pressi del passo dei Sassi<br />
Rossi, vasta sella glaciale<br />
a 3500 m che immette<br />
sull’Altipiano <strong>di</strong> Fellaria, il<br />
netto cambio <strong>di</strong> pendenza del<br />
ghiacciaio è all’origine <strong>di</strong> un<br />
complicato nodo <strong>di</strong> crepacci,<br />
molto insi<strong>di</strong>oso perchè<br />
multi<strong>di</strong>rezionale.<br />
Mentre seguivamo fedelmente<br />
la tortuosa traccia, legati<br />
or<strong>di</strong>natamente in cordate da<br />
tre, Sara, esile ragazza, che<br />
ricordo pallida e timida, legata<br />
fra Fausto e Andrea, scomparve<br />
senza neppure un fruscio in<br />
44 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 45
una stretta fessura.<br />
Fu trattrenuta senza grande<br />
sforzo dai due ragazzi, mentre<br />
Nicola, il nostro «capo», intimò<br />
a tutti <strong>di</strong> fermarsi e <strong>di</strong> non<br />
muoversi per nessun motivo.<br />
Sara era gracile e, senza<br />
particolari manovre, con poche<br />
bracciate <strong>di</strong> corda fu riportata<br />
in pochi minuti in superficie,<br />
ma ne uscì priva <strong>di</strong> coscienza.<br />
«Avrà battuto la testa? Avrà un<br />
trauma cervicale?» Io e Fausto,<br />
al primo anno <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> in<br />
me<strong>di</strong>cina, fummo coinvolti in<br />
un esame obiettivo sommario:<br />
il respiro era regolare, il polso<br />
pure; con le nostre limitate<br />
nozioni <strong>di</strong> pronto soccorso<br />
ricordo che le tiravamo la<br />
lingua con due mani per<br />
impe<strong>di</strong>rle il soffocamento...<br />
Che fare? Il telefonino era<br />
fantascienza. Nicola incaricò<br />
me ed Ermete, forse considerati<br />
più esperti ed affidabili<br />
(ci conosceva dall’anno<br />
precedente), <strong>di</strong> scendere alla<br />
Marinelli a chiedere aiuto.<br />
Inorgogliti da questo compito<br />
traversammo il ghiacciaio<br />
correndo come forsennati,<br />
inciampando <strong>di</strong> continuo nella<br />
corda che ci legava.<br />
Giunti sulla morena, Ermete,<br />
un pò provato, mi fece<br />
questa proposta: «Ora che<br />
siamo fuori dal ghiacciaio è<br />
inutile scendere entrambi alla<br />
Marinelli, vado solo io, perchè<br />
non me la sento più <strong>di</strong> risalire.<br />
Tu fermati qui, riposati e<br />
aspetta i rinforzi».<br />
L’idea mi parve ragionevole,<br />
per cui mi sdraiai su una<br />
roccia riscaldata dal sole ad<br />
aspettare, non prima <strong>di</strong> aver<br />
<strong>di</strong>panato la corda e pre<strong>di</strong>sposto<br />
no<strong>di</strong> e cor<strong>di</strong>ni per la risalita.<br />
Saranno state le 8 o le 9 del<br />
mattino e, su quella roccia,<br />
rimasi fino a pomeriggio<br />
inoltrato, solo, cercando<br />
inutilmente <strong>di</strong> interpretare<br />
gli eventi <strong>di</strong> cui ero solo<br />
spettatore.<br />
Dalla Marinelli non arrivò mai<br />
nessuno ma, dopo qualche<br />
ora, avvertii l’inconfon<strong>di</strong>bile<br />
rombo dell’elicottero che,<br />
dopo una prolungata sosta al<br />
rifugio, roteò sui ghiacciai e<br />
lentamente raggiunse il luogo<br />
dell’incidente dove si posò,<br />
spegnendo il motore.<br />
Io vedevo chiaramente gli<br />
omini come puntini scuri sulla<br />
neve del passo, ma erano<br />
tutti sempre fermi, a lato<br />
Nella pagina a fianco:<br />
assembramento sull’altopiano<br />
<strong>di</strong> Fellaria nel corso<br />
dell’accantonamento giovanile<br />
del 1972, sul fondo il Pizzo Palù.<br />
Sotto: sulla cresta del Palù.<br />
dell’elicottero, fermo e spento.<br />
«Ma cosa fanno? Ma quanto<br />
tempo ci vuole? Boh!»<br />
Ero interdetto, e ancor più<br />
grande fu ilmio stupore<br />
quando, dopo un interminabile<br />
lasso <strong>di</strong> tempo, vi<strong>di</strong> formarsi<br />
una colonna <strong>di</strong> neri puntini<br />
che lentamente si allontanava<br />
dall’elicottero e scendeva<br />
lungo il ghiacciaio, i primi<br />
trascinando una barella sulla<br />
neve con la malcapitata Sara.<br />
Nel frattempo risuonò <strong>di</strong> nuovo<br />
il rombo dell’elicottero, ma<br />
era un altro, sempre grigioverde<br />
militare, e atterrò alla<br />
Marinelli.<br />
Quando la «truppa», che<br />
ricordava la rtirata <strong>di</strong> Russia,<br />
finalmente mi raggiunse,<br />
tutti si stupirono <strong>di</strong> trovarmi<br />
lì fermo su un sasso, e le<br />
spiegazioni reciproche su<br />
quella strana giornata ci<br />
impegnarono per tutto<br />
l’accidentato tratto morenico<br />
fino alla Marinelli.<br />
Il primo elicottero caricò al<br />
rifugio 3 o 4 soccorritori, forse<br />
guide alpine, <strong>di</strong> cui non ricordo<br />
i nomi. Mentre si avvicinava al<br />
luogo dell’incidente, pare si sia<br />
accesa una spia che segnalava<br />
«incen<strong>di</strong>o a bordo», per cui<br />
il pilota si affrettò ad un<br />
atteraggio <strong>di</strong> emergenza.<br />
I passeggeri, terrorizzati, si<br />
lanciarono dai portelloni nella<br />
neve, ben prima che che la<br />
macchina volante si posasse,<br />
rischiando a loro volta <strong>di</strong><br />
infilarsi in un crepaccio.<br />
Nella concitazione,<br />
l’atterraggio avvenne in leggera<br />
salita, la coda si inclinò e il<br />
rotore posteriore affondò nella<br />
neve, danneggiandosi.<br />
Il pilota scese contrariato<br />
e, con evidente accento<br />
romanesco, chiese ad alta<br />
voce: «Ahò! Ma qua quanno<br />
se scioie sta neve che io devo<br />
decollà..?!»<br />
La povera Sara fu trasportata in<br />
ospedale dal secondo elicottero<br />
militare e, fortunatamente, non<br />
aveva nulla <strong>di</strong> grave.<br />
Nei mesi <strong>di</strong> settembre e ottobre<br />
il campo sportivo <strong>di</strong> Sondrio fu<br />
occupato dalle tende militari,<br />
e l’elicottero danneggiato fu<br />
smontato e trasportato pezzo<br />
per pezzo a valle dalle truppe<br />
alpine.<br />
46 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 47
OMAGGIO A<br />
RICCARDO CASSIN<br />
Questo è lo scritto inviato da<br />
Riccardo Cassin al Comitato<br />
BADILE 87 come introduzione<br />
al libretto celebrativo del<br />
50° anniversario della<br />
prima salita assoluta sulla<br />
Nord Est del pizzo Ba<strong>di</strong>le.<br />
Quell’anno, era il 1987, pur<br />
nella tristezza degli eventi<br />
che avevano prodotto<br />
<strong>di</strong>sastri e lutti in val<br />
Tartano e in val Pola,<br />
ebbero luogo a <strong>Morbegno</strong><br />
e in Valmasino una<br />
serie <strong>di</strong> manifestazioni<br />
commemorative <strong>di</strong> un<br />
avvenimento epocale<br />
per l’alpinismo sui<br />
nostri monti: l’impresa<br />
portata a termine<br />
dal 14 al 16 luglio<br />
1937 dalla cordata<br />
lecchese composta<br />
da Riccardo Cassin,<br />
Vittorio Ratti e<br />
Gino Esposito<br />
sull’inviolata<br />
parete Nord Est<br />
del Ba<strong>di</strong>le, in<br />
val Bondasca,<br />
lungo la via che da<br />
Cassin prenderà il nome. C’erano tutti in<br />
quell’occasione, tutti gli alpinisti che avevano contribuito<br />
con le loro vie tracciate sui <strong>di</strong>versi versanti del Ba<strong>di</strong>le a rendere famosa in<br />
tutto il mondo l’epopea <strong>di</strong> questa montagna, tutti a rendere omaggio a chi<br />
fra <strong>di</strong> loro era stato il più grande: Riccardo Cassin. Anche Reinhold Messner,<br />
conquistatore <strong>di</strong> tutti gli Ottomila del pianeta, aveva voluto essere presente.<br />
Ma ecco la relazione integrale <strong>di</strong> quella salita, pubblicata sulla Rivista mensile<br />
del C.A.I. nel 1937. E’ la cronaca <strong>di</strong> una vittoria ed al tempo stesso <strong>di</strong> una<br />
trage<strong>di</strong>a: la morte dei due alpinisti comaschi Molteni e Valsecchi che, in<br />
<strong>di</strong>fficoltà, si erano uniti alla cordata dei lecchesi.<br />
48 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 49
Quando lo scorso anno apparve<br />
sul Corriere della Sera l’articolo<br />
<strong>di</strong> Dino Buzzati, si <strong>di</strong>ceva che<br />
fra i pochi problemi che ancora<br />
rimanevano da risolvere in<br />
campo alpinistico, erano quelli<br />
della conquista della Nord della<br />
Lavaredo Ovest e della Nord<br />
Est del Ba<strong>di</strong>le. Appena risolto<br />
il primo problema, esponemmo<br />
a comandante della Centuria<br />
Rocciatori il proponimento <strong>di</strong><br />
provare le nostre forze su quel<br />
baluardo granitico, definito da<br />
Bonacossa, nella sua guida,<br />
uno dei più gran<strong>di</strong> lastroni<br />
delle Alpi. Dopo un intenso<br />
allenamento sulle guglie<br />
della Grignetta, il giorno 28<br />
giugno1937 partimmo da Lecco<br />
per la Val Bregaglia con lo scopo<br />
<strong>di</strong> familiarizzarci con la zona, a<br />
noi sconosciuta, e <strong>di</strong> osservare<br />
la famosa parete.<br />
Purtroppo poco si poté<br />
vedere,perché dal nostro arrivo<br />
al rifugio Sciora il tempo si era<br />
guastato. Nebbia e pioggia per<br />
i due giorni che rimanemmo<br />
lassù, cosicché, vista<br />
l’impossibilità <strong>di</strong> un prossimo<br />
ristabilirsi delle con<strong>di</strong>zioni<br />
atmosferiche, ce ne ritornammo<br />
a Lecco. La domenica successiva<br />
<strong>di</strong> nuovo lassù; ci recammo alla<br />
base della parete per scegliere<br />
il punto <strong>di</strong> un eventuale<br />
attacco, poi salimmo per circa<br />
200 metri sullo spigolo Nord<br />
per osservare meglio la parete.<br />
Fummo sod<strong>di</strong>sfatti del nostro<br />
soppraluogo, ma il cielo,<br />
essendo ritornato minaccioso, ci<br />
decise al ritorno.<br />
Mentre stavamo per lasciare<br />
il rifugio Sciora, giunsero sul<br />
posto i comaschi Molteni e<br />
Valsecchi, animati anch’essi<br />
dal nostro stesso proposito;<br />
si sistemarono al rifugio; ci<br />
salutammo e noi partimmo per<br />
Lecco. La sera del 12 luglio<br />
ci vede <strong>di</strong> nuovo al rifugio; il<br />
tempo non è sod<strong>di</strong>sfacente,<br />
ma ormai si è deciso <strong>di</strong><br />
rimanerci finché le con<strong>di</strong>zioni<br />
atmosferiche permettano <strong>di</strong><br />
attaccare la parete. I comaschi<br />
sono sempre al rifugio dalla<br />
precedente settimana.<br />
Il martedì mattina, allo scopo<br />
<strong>di</strong> familiarizzarci ancora <strong>di</strong><br />
più col granito, ascendemmo<br />
per circa 600 metri lo spigolo<br />
Nord <strong>di</strong>scendendo pure in<br />
corda libera. La sera stessa<br />
preparammo ogni cosa per il<br />
tentativo <strong>di</strong> ascensione alla<br />
parete Nord Est. Il mattino<br />
del mercoledì sveglia alle due,<br />
ma, dato il cielo coperto e la<br />
pioggia, dovemmo ritornare<br />
nelle cuccette. Più tar<strong>di</strong>,<br />
essendosi il tempo rimesso al<br />
bello, decidemmo <strong>di</strong> attaccare.<br />
Alle 8 partenza. I comaschi<br />
ci hanno preceduti <strong>di</strong> circa 3<br />
ore. Però non siamo affatto<br />
preoccupati <strong>di</strong> questo, anche<br />
perché il punto <strong>di</strong> attacco scelto<br />
da Molteni e Valsecchi è <strong>di</strong> circa<br />
200 metri alla destra <strong>di</strong> quello<br />
scelto da noi. Alle 10 siamo alla<br />
base della paretr; sii calzano<br />
le scarpette ed attacchiamo<br />
in questa formazione: Cassin,<br />
Esposito, Ratti.<br />
I primi 100 metri, percorsi<br />
su una cengia che obliqua<br />
verso destra, non presentano<br />
eccessive <strong>di</strong>fficoltà; dopo<br />
un’ora, la cordata comasca è<br />
già superata. Tempo ottimo,<br />
e al termine <strong>di</strong> questa prima<br />
giornata, quando fermi su un<br />
pianerottolo sostiamo per il<br />
primo bivacco, dopo aver già<br />
saggiato la parete per una<br />
cinquantina <strong>di</strong> metri sopra<br />
<strong>di</strong> noi, siamo sod<strong>di</strong>sfatti del<br />
lavoro compiuto. Più tar<strong>di</strong><br />
ci raggiungono Molteni e<br />
Valsecchi, i quali bivaccano<br />
vicino a noi, sullo stesso<br />
ripiano. Alle 22, rispon<strong>di</strong>amo<br />
ai segnali luminosi che i nostri<br />
amici ci fanno dal rifugio, poi ci<br />
chiu<strong>di</strong>amo nel sacco da bivacco<br />
ad attendere l’alba. Notte calma<br />
senza freddo.<br />
Nelle pagine precedenti: Cassin<br />
al Sasso <strong>di</strong> Remenno durante il<br />
meeting <strong>di</strong> arrampicata organizzato<br />
nel 1987 in concomitanza con la<br />
manifestazione Ba<strong>di</strong>le 87.<br />
Sopra: la parete nord-est del Pizzo<br />
Ba<strong>di</strong>le.<br />
Nella pagina a fronte: Riccardo<br />
Cassin nel 1987.<br />
50 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 51
Giovedì mattina, mentre alle<br />
cinque stiamo riprendendo<br />
l’ascensione, Molteni ci propone<br />
<strong>di</strong> formare un’unica cordata<br />
con noi. Forse i comaschi non<br />
si sentono più <strong>di</strong> riprendere<br />
da soli, date le loro con<strong>di</strong>zioni<br />
fisiche, forse già menomate<br />
dal fatto che per 10 giorni<br />
consecutivi hanno dovuto<br />
dormire sul tavolaccio nel primo<br />
vano del rifugio, non avendo<br />
potuto servirsi delle cuccette,<br />
perché essi erano sprovvisti<br />
delle chiavi. Alla proposta<br />
<strong>di</strong> Molteni si resta alquanto<br />
sconcertati:il salire in cinque su<br />
una parete simile non è certo<br />
cosa troppo logica, ma <strong>di</strong>etro<br />
le insistenze dei due camerati,<br />
formiamo un’unica cordata;<br />
tuttavia il procedere della nuova<br />
cordata è abbastanza spe<strong>di</strong>to.<br />
Alcune scariche ci <strong>di</strong>sturbano la<br />
salita e, ad un certo momento,<br />
una <strong>di</strong> queste asporta il sacco <strong>di</strong><br />
dosso a Molteni.<br />
Solo verso sera i comaschi, forse<br />
meno allenati <strong>di</strong> noi, faticano<br />
assai e il salire si fa più lento.<br />
Le <strong>di</strong>fficoltà sono eccessive<br />
e non ci lasciano momenti <strong>di</strong><br />
tregua; anche noi cominciamo<br />
a risentire dello sforzo, ma non<br />
possiamo concederci sosta:<br />
bisogna assolutamente andare<br />
avanti per trovare un posto per<br />
il bivacco, prima che scendano<br />
le tenebre.<br />
Salgono dalla Val Bregaglia<br />
folate <strong>di</strong> nebbia, il cielo<br />
va lentamente coprendosi.<br />
Verso le ventuno siamo su<br />
un pianerottolo che si presta<br />
per passarvi la notte. Molteni<br />
e Valsecchi sono sfiniti.<br />
Siamo preoccupati per le loro<br />
con<strong>di</strong>zioni. Resisteranno?<br />
Quando arriveremo in vetta?<br />
Quali e quante <strong>di</strong>fficoltà ci<br />
attendono? Le supereremo?<br />
Pensieri che ci perseguitano,<br />
ma che non esponiamo; anzi<br />
cerchiamo in tutti i mo<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>mostrarci allegri per rincuorare<br />
i comaschi che sono parecchi<br />
abbattuti. Ci è impossibile<br />
scorgere e fare segnali<br />
luminosi, causa la fitta nebbia<br />
interpostasi tra noi e il rifugio.<br />
Appena sistemati per il nuovo<br />
bivacco, si scatena un violento<br />
temporale.. Torrenti <strong>di</strong> acqua<br />
che si fanno strada da alcuni<br />
colatoi ci investono. Non<br />
possiamo, data la ristrettezza<br />
del pianerottolo in cui siamo,<br />
permetterci alcun spostamento,<br />
e dopo pochi minuti ci troviamo<br />
completamente inzuppati.<br />
Verso le24 , un forte vento da<br />
Nord spazza le nubi e ritorna<br />
il sereno. Abbiamo freddo e gli<br />
abiti bagnati ci intirizziscono<br />
la pelle. Interminabili sono le<br />
ore trascorse in attesa della<br />
levata del sole.Apparso questo,<br />
sostiamo un’ora per scaldarci<br />
un poco, poi ripren<strong>di</strong>amo<br />
l’arrampicata. I comaschi non<br />
si sono potuti rimettere e sono<br />
molto abbattuti. Mutiamo la<br />
formazione della cordata: Cassin<br />
in testa poi Esposito, Molteni,<br />
Valsecchi e Ratti. Sin dall’inizio<br />
<strong>di</strong> questa giornata le <strong>di</strong>fficoltà<br />
si presentano al limite delle<br />
possibilità umane, anche perché<br />
l’unica via <strong>di</strong> salita è un camino<br />
il quale scarica abbondante<br />
acqua.<br />
Bisogna procedere con tutta<br />
la velocità consentita dalle<br />
<strong>di</strong>fficoltà perché ve<strong>di</strong>amo<br />
che il cielo, a Nord, ritorna<br />
ad oscurarsi. Dopo circa due<br />
ore <strong>di</strong> arrampicata, Molteni e<br />
Valsecchi danno segni palesi<br />
<strong>di</strong> esaurimento; è necessario<br />
aiutarli ed è lavoro duro per noi,<br />
lavoro che però adempiamo <strong>di</strong><br />
buon grado.<br />
Verso le do<strong>di</strong>ci, ricomincia la<br />
pioggia; siamo impegnati in<br />
una traversata espostissima;<br />
necessita assolutamente<br />
La parete nord-est<br />
del Pizzo Ba<strong>di</strong>le:<br />
«...questa<br />
gigantesca muraglia<br />
<strong>di</strong> placche, su<br />
cui l’occhio non<br />
trova nè riposo nè<br />
quiete». (Hermann<br />
Buhl)<br />
52 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 53
continuare date le nostre<br />
con<strong>di</strong>zioni, e così raggiungiamo<br />
il colatoio centrale che continua<br />
a scaricarci addosso acqua.<br />
Poi la pioggia si tramuta in<br />
gran<strong>di</strong>ne, siamo sferzati sulle<br />
mani e nel viso dai ghiaccioli<br />
della tempesta e un vento<br />
gelido ci intirizzisce le membra.<br />
Ad un tratto cessa la gran<strong>di</strong>ne,<br />
ma la neve comincia a cadere.<br />
Con quella forza <strong>di</strong> volontà<br />
che solo chi si cimenta sulla<br />
verticalità dei monti conosce,<br />
continuiamo la salita. Ad ogni<br />
costo bisogna raggiungere la<br />
vetta, un bivacco in parete in<br />
quelle con<strong>di</strong>zioni può essere<br />
fatale per tutti. I comaschi<br />
moralmente e fisicamente non<br />
esistono più; la lotta con la<br />
parete e con gli elementi li<br />
ha completamente afflosciati.<br />
Somministriamo loro del cognac<br />
e dei biscotti, e su verso la<br />
vetta. Finalmente, usciti dal<br />
colatoio, le <strong>di</strong>fficoltà vanno<br />
scemando, ma ci è impossibile<br />
accelerare l’andatura dato lo<br />
stato <strong>di</strong> Molteni e Valsecchi.<br />
Nevica sempre e folate <strong>di</strong><br />
vento ci sferzano il volto; è<br />
impossibile vedere oltre un<br />
metro avanti a noi, ma pur<br />
sentiamo che la meta sta per<br />
essere raggiunta. Ci sembra<br />
che lassù ci sia la salvezza.<br />
Proce<strong>di</strong>amo sempre, molto<br />
lentamente, ma proce<strong>di</strong>amo.<br />
Ci avviciniamo alla vetta, alla<br />
salvezza,alla vittoria. Verso<br />
le se<strong>di</strong>ci la parete è vinta. Ma<br />
la lotta ancora non è finita;<br />
la tormenta non si è punto<br />
placata, anzi infuria più<br />
violenta, tutto è troppo uguale,<br />
la neve caduta uguaglia tutto.<br />
Iniziamo subito la <strong>di</strong>scesa per<br />
raggiungere il rifugio Gianetti,<br />
ma nella seconda metà non<br />
riusciamo più a orientarci;<br />
doman<strong>di</strong>amo ragguagli ai<br />
comaschi, più pratici <strong>di</strong> noi<br />
della zona, ma non ce ne<br />
sanno dare alcuno. Intanto si<br />
fa notte; Molteni e Valsecchi<br />
sono in piena crisi e noi siamo<br />
preoccupatissimi. Ci <strong>di</strong>amo<br />
dattorno <strong>di</strong>speratamente, a<br />
destra e a sinistra, in su e in<br />
giù in cerca della via <strong>di</strong> <strong>di</strong>scesa,<br />
ma non veniamo a capo <strong>di</strong><br />
niente; la tormenta con il suo<br />
turbine ghiacciato ci avviluppa<br />
sempre <strong>di</strong> più, gli elementi<br />
avversi stanno per vincere i più<br />
deboli <strong>di</strong> noi. Tutto il possibile<br />
è fatto per tener lontana<br />
la morte che sta pronta in<br />
agguato; vuotiamo nelle labbra<br />
<strong>di</strong> Molteni e Valsecchi tutto il<br />
cognac che abbiamo con noi,<br />
io cerco <strong>di</strong> sostenere il Molteni<br />
che ormai non ha più la forza <strong>di</strong><br />
proseguire, ma invano: infatti<br />
Molteni, senza alcun lamento<br />
si accascia al suolo per non<br />
rialzarsi più.<br />
Sostiamo un minuto in silenzio,<br />
il cuore vorrebbe che portassimo<br />
con noi le spoglie del caduto, e<br />
per un momento il cuore vince<br />
la ragione; infatti caricata<br />
sulle mie spalle la salma,<br />
cerco <strong>di</strong> <strong>di</strong>scendere, ma la<br />
fatica è immane in mezzo agli<br />
elementi scatenati. Consigliato<br />
da Esposito che è rimasto con<br />
me e che mi aiuta, assicuro il<br />
cadavere ad un masso,che un<br />
po’ lo ripara dalla bufera.<br />
Raggiungiamo poi il Ratti ed il<br />
Valsecchi, che non si è accorto<br />
della sciagura avvenuta: non<br />
gli <strong>di</strong>ciamo niente, perché non<br />
si turbi oltre, dato il suo stato<br />
<strong>di</strong>sastroso. Ma quando una<br />
<strong>di</strong>fficoltà improvvisa cisbarra<br />
il cammino e ci riunisce tutti,<br />
Valsecchi cerca con gli occhi<br />
Molteni, non lo vede, intuisce<br />
l’accaduto e in pie<strong>di</strong> vicino a un<br />
masso piange silenziosamente.<br />
Ad un tratto si accascia al<br />
suolo, invano trattenuto da noi<br />
che cerchiamo <strong>di</strong> riscuoterlo<br />
dal torpore che lo ha invaso,<br />
reclina il capo sul petto ed<br />
senza un lamento rimane<br />
esanime nelle nostre braccia.<br />
Tutti siamo muti per la seconda<br />
dolorosa per<strong>di</strong>ta; mettiamo<br />
il corpo al sicuro, poi, vista<br />
l’impossibilità <strong>di</strong> continuare<br />
anche perché la notte è<br />
scurissima, ci ficchiamo nel<br />
sacco per un terzo bivacco.<br />
Nessuno riesce a dormire in<br />
quella notte, ognuno ha il<br />
pensiero ai camerati morti che<br />
sono là sotto la coltre <strong>di</strong> neve,<br />
e pensa a chi per primo <strong>di</strong> noi li<br />
avrebbe seguiti.<br />
Verso le 24, la violenta<br />
tormenta che imperversava da<br />
12 ore, si placa, e una calma<br />
impressionante succede a tanta<br />
violenza. Aspettiamo l’alba<br />
abbracciati l’uno con l’altro per<br />
riscaldarci un poco e anche<br />
perché quello poteva essere<br />
forse l’ultimo nostro abbraccio.<br />
All’alba il cielo è terso, il calore<br />
del sole ci ridona le nostre<br />
energie: ci guar<strong>di</strong>amo attorno,<br />
a 100 metri sotto <strong>di</strong> noi è il<br />
nevaio al piede del ba<strong>di</strong>le.<br />
Portiamo fino alla base<br />
la salma <strong>di</strong> Valsecchi, lo<br />
copriamo con cura col suo<br />
sacco da bivacco e partiamo<br />
verso il rifugio. In un’ora<br />
vi arriviamo,comunichiamo<br />
la notizia della morte dei<br />
compagni comaschi e ci<br />
buttiamo sfiniti sulle cuccette.<br />
Il giorno dopo torniamo<br />
sul Ba<strong>di</strong>le, colla squadra <strong>di</strong><br />
soccorso, giunta dalla valle, per<br />
il ricupero delle salme.<br />
A fianco: vista<br />
verso sud dalla<br />
vetta del Pizzo<br />
Ba<strong>di</strong>le. Sul fondo,<br />
dalle nuvole,<br />
spunta il Ligoncio.<br />
54 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 55
L’emozione del tuffo in una<br />
profonda vasca verde smeraldo,<br />
la felicità <strong>di</strong> scivolare lungo<br />
un toboga naturale come<br />
in un gioco <strong>di</strong> bambini, la<br />
scossa adrenalinica della<br />
calata in mezzo alle acque<br />
vorticose <strong>di</strong> una cascata, la<br />
magia dell’avventura in un<br />
luogo nascosto ai più….. Il<br />
canyoning è questo e molto<br />
altro. Non è uno sport estremo,<br />
ma un’attività che consiste<br />
nella <strong>di</strong>scesa dei torrenti, con<br />
particolare interesse per quelli<br />
che scorrono tra strette gole<br />
scavate e modellate dall’acqua<br />
nel corso del tempo. Non va<br />
confuso con il rafting né con<br />
altri sport che prevedono<br />
l’utilizzo <strong>di</strong> gommoni, canoe,<br />
kayak o tavole galleggianti.<br />
Nel torrentismo la progressione<br />
avviene a pie<strong>di</strong>, affrontando<br />
gli ostacoli con le opportune<br />
tecniche: calate su corda, tuffi,<br />
nuoto o <strong>di</strong>sarrampicate. Il<br />
terreno <strong>di</strong> gioco è affascinante<br />
NEL CUORE OSCURO DELLA MONTAGNA<br />
CANYONING<br />
DIVERTIMENTO E AVVENTURA<br />
<strong>di</strong> Libero Marchesi<br />
e permette un’esperienza <strong>di</strong><br />
totale immersione nella natura.<br />
Ognuno vive il canyoning a<br />
proprio modo, con gioia e<br />
passione. Come in molti altri<br />
sport, si può cercare <strong>di</strong> superare<br />
i propri limiti e le proprie paure:<br />
un tuffo più alto del solito,<br />
un toboga più vertiginoso...<br />
Ma l’aspetto più gratificante<br />
rimane l’esperienza <strong>di</strong> vivere<br />
dei momenti <strong>di</strong> libertà in un<br />
ambiente unico, a prescindere<br />
dalla <strong>di</strong>fficoltà superata e<br />
dall’implacabile cronometro.<br />
La scarsa accessibilità ha<br />
consentito <strong>di</strong> mantenere<br />
nel tempo l’equilibrio<br />
dell’ecosistema dei torrenti,<br />
e non sono rari gli incontri<br />
con gli animali che popolano<br />
i corsi d’acqua; occorre<br />
frequentare questi luoghi<br />
con il massimo rispetto ed<br />
attenzione, ricordandosi<br />
nell’approccio che non si<br />
tratta <strong>di</strong> parchi avventura, ma<br />
<strong>di</strong> sistemi naturali complessi<br />
e delicati. Il <strong>di</strong>vertimento<br />
è assicurato, ma l’ambiente<br />
è a volte molto severo ed<br />
isolato, e la sua particolare<br />
morfologia richiede un’attenta<br />
valutazione del percorso; la<br />
progressione in <strong>di</strong>scesa lungo<br />
scivoli e cascate non consente,<br />
infatti, il ritorno, e le vie <strong>di</strong><br />
fuga laterali sono in alcuni<br />
casi quasi del tutto assenti.<br />
Grande importanza, quin<strong>di</strong>, alle<br />
previsioni meteo: un temporale<br />
improvviso può causare una<br />
pericolosa piena del torrente.<br />
Le caratteristiche delle forre<br />
già esplorate sono riassunte<br />
nelle relazioni riportate dalle<br />
guide o sono consultabili su<br />
Internet. Le <strong>di</strong>fficoltà sono<br />
espresse con numeri romani<br />
crescenti che in<strong>di</strong>cano il grado<br />
<strong>di</strong> verticalità, acquaticità e<br />
impegno complessivo; è prassi<br />
comune da parte degli apritori<br />
esprimere anche una valutazione<br />
sulla bellezza e l’interesse<br />
dell’itinerario. E’ fondamentale<br />
56 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 57
<strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> adeguate<br />
attrezzature e conoscere le<br />
tecniche più comunemente<br />
utilizzate. Per la <strong>di</strong>scesa in un<br />
torrente alpino già attrezzato<br />
sono raccomandati una muta<br />
intera in neoprene da 5 mm.,<br />
casco, imbragatura e calzature<br />
adatte; oltre alle specifiche<br />
scarpe da canyoning, vivamente<br />
consigliate, possono essere<br />
utilizzate anche quelle normali<br />
da trekking. Come materiale<br />
personale sono necessari almeno<br />
una coppia <strong>di</strong> <strong>di</strong>scensori,<br />
moschettoni, longes, maniglia<br />
o autobloccante meccanico per<br />
un’eventuale risalita su corda,<br />
coltello o cesoie. Ogni gruppo<br />
dovrebbe avere un numero<br />
adeguato <strong>di</strong> corde, viveri e<br />
materiale <strong>di</strong> pronto soccorso, e<br />
una sacca d’armo per realizzare<br />
ancoraggi su roccia in caso <strong>di</strong><br />
emergenza. Il canyoning ha<br />
avuto forte sviluppo in Francia<br />
e Spagna negli anni 80, ed in<br />
Italia dagli anni ’90. I primi<br />
praticanti provenivano in genere<br />
dalla speleologia, ma col tempo<br />
si sono avvicinati a questa<br />
<strong>di</strong>sciplina anche alpinisti,<br />
arrampicatori e semplici<br />
escursionisti. La <strong>di</strong>ffusione del<br />
torrentismo ha reso necessaria<br />
la creazione, nell’ambito del<br />
Corpo Nazionale Soccorso Alpino<br />
e Speleologico, <strong>di</strong> un gruppo<br />
attivo nel soccorso in forra.<br />
Il grado <strong>di</strong> specializzazione<br />
che contrad<strong>di</strong>stingue i tecnici<br />
CNSAS e la capacità <strong>di</strong> operare<br />
anche in situazioni estreme<br />
ha consentito <strong>di</strong> risolvere<br />
positivamente incidenti che in<br />
passato avrebbero avuto esiti<br />
sicuramente drammatici. Di<br />
pari passo con l’aumento dell’<br />
interesse per il torrentismo<br />
sono sorti numerosi gruppi<br />
<strong>di</strong> appassionati. Promossa<br />
inizialmente da un ristretto<br />
numero <strong>di</strong> cultori <strong>di</strong> questa<br />
<strong>di</strong>sciplina, l’Associazione<br />
Italiana Canyoning ha<br />
festeggiato recentemente i <strong>di</strong>eci<br />
anni <strong>di</strong> attività ed è cresciuta<br />
fino a <strong>di</strong>ventare il gruppo <strong>di</strong><br />
riferimento per i frequentatori<br />
delle forre <strong>di</strong> tutta Italia. Lo<br />
scopo dell’A.I.C. è lo sviluppo<br />
del torrentismo nel massimo<br />
rispetto dell’ambiente e la<br />
creazione <strong>di</strong> una rete <strong>di</strong>ffusa sul<br />
territorio, utile allo scambio <strong>di</strong><br />
informazioni e idee. Le attività<br />
sociali comprendono corsi <strong>di</strong><br />
formazione a <strong>di</strong>versi livelli,<br />
raduni locali e nazionali, la<br />
pubblicazione <strong>di</strong> un perio<strong>di</strong>co e<br />
la gestione <strong>di</strong> un sito internet<br />
ricco <strong>di</strong> utili riferimenti.<br />
Particolare importanza rivestono<br />
il progetto Pro Canyon, che<br />
consiste nell’attrezzatura e<br />
messa in sicurezza delle forre<br />
più interessanti e maggiormente<br />
frequentate, e la realizzazione<br />
del Catasto delle forre<br />
italiane, resa possibile dalla<br />
collaborazione dei numerosi<br />
iscritti e simpatizzanti. In tutto<br />
il territorio nazionale sono<br />
sorte, spesso in modo informale,<br />
associazioni <strong>di</strong> canyonisti;<br />
nella zona <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong> è attivo<br />
il Ranciga Canyoning Club,<br />
affiliato all’A.I.C. e costituito<br />
nel 2007 da un gruppo <strong>di</strong> amici<br />
accomunati dalla passione per il<br />
torrentismo.<br />
Canyoning in provincia <strong>di</strong><br />
Sondrio<br />
La Valtellina e la Valchiavenna<br />
sono ricche <strong>di</strong> torrenti adatti<br />
alla pratica del canyoning. Il<br />
periodo in<strong>di</strong>cato va da maggio<br />
a ottobre, ma le con<strong>di</strong>zioni<br />
ideali si trovano nei mesi<br />
estivi. Ogni anno torrentisti<br />
provenienti da tutta Europa<br />
raggiungono il torrente Boggia,<br />
in Val Bodengo, che offre la<br />
possibilità <strong>di</strong> itinerari <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse<br />
<strong>di</strong>fficoltà tecniche e impegno<br />
complessivo. Il percorso si<br />
snoda tra gole <strong>di</strong> splen<strong>di</strong>do<br />
granito lavorato dalle acque,<br />
intervallando alte cascate e<br />
profonde vasche cristalline;<br />
calate, tuffi e toboga si<br />
susseguono in un crescendo<br />
emozionante. La <strong>di</strong>scesa<br />
integrale richiede dalle otto<br />
alle <strong>di</strong>eci ore e oltre, secondo<br />
la preparazione e il numero <strong>di</strong><br />
componenti del gruppo, ma è<br />
possibile <strong>di</strong>viderla in tre sezioni<br />
consecutive (Bodengo 1, 2<br />
e 3) <strong>di</strong> progressiva maggiore<br />
<strong>di</strong>fficoltà. Nei pressi troviamo<br />
anche il Pilotera, canyon molto<br />
interessante e caratterizzato dai<br />
meravigliosi colori delle acque<br />
e dall’esposizione a sud che<br />
consente <strong>di</strong> godere dei raggi del<br />
sole in buona parte del percorso.<br />
Altra splen<strong>di</strong>da gola è quella<br />
del Cormor, che si sviluppa<br />
tra la <strong>di</strong>ga <strong>di</strong> Campo Moro e<br />
Campo Franscia in Valmalenco.<br />
L’itinerario si svolge tra gli<br />
enormi massi <strong>di</strong> una paleofrana<br />
all’interno della quale l’acqua<br />
ha scavato profon<strong>di</strong> meandri, e<br />
lunghi tratti sono caratterizzati<br />
dalla totale assenza <strong>di</strong> luce<br />
naturale. L’ambiente è gran<strong>di</strong>oso,<br />
e l’illuminazione con le pile<br />
frontali conferisce ulteriore<br />
fascino alle ampie volte ed<br />
agli stretti cunicoli che si<br />
incontrano durante questa<br />
<strong>di</strong>scesa mozzafiato. Grande<br />
merito agli scopritori Luca<br />
Maspes ‘Rampikino’, Jacopo<br />
Merizzi & c. che ci hanno<br />
regalato questa perla. Di sicuro<br />
fascino anche le forre delle<br />
Orobie Valtellinesi. L’acqua<br />
abbondante e cristallina ci guida<br />
attraverso valli poco frequentate<br />
e a tratti ancora selvagge;<br />
l’ambiente è alpino e le <strong>di</strong>fficoltà<br />
non sono da sottovalutare. La<br />
presenza <strong>di</strong> opere idrauliche<br />
e bacini artificiali a monte<br />
impone un’attenta valutazione<br />
delle con<strong>di</strong>zioni dei corsi<br />
d’acqua. Anche in Valmasino,<br />
para<strong>di</strong>so dell’arrampicata e<br />
dell’alpinismo, troviamo alcune<br />
<strong>di</strong>vertenti <strong>di</strong>scese: il torrente<br />
Mello, la cascata del Ferro ed<br />
il tratto finale del Masino.<br />
Roccia splen<strong>di</strong>da e portata<br />
sostenuta ne fanno itinerari <strong>di</strong><br />
sicuro interesse. L’esplorazione<br />
e l’attrezzatura <strong>di</strong> gran parte<br />
dei canyons della provincia<br />
<strong>di</strong> Sondrio sono opera della<br />
guida alpina Pascal Van Duin.<br />
Le guide pubblicate da Van<br />
Duin rappresentano un sicuro<br />
riferimento per i torrentisti<br />
e contengono sintetiche<br />
ma molto precise relazioni<br />
sulle più interessanti forre<br />
della Lombar<strong>di</strong>a e dell’Italia<br />
settentrionale.<br />
Ci si può avvicinare al canyoning in<br />
tutta sicurezza avvalendosi delle guide<br />
alpine specializzate in questa attività e<br />
consultando le informazioni <strong>di</strong>sponibili in<br />
rete. Ecco alcuni in<strong>di</strong>rizzi interessanti:<br />
www.topcanyon.com Sito gestito<br />
dalla guida Pascal Van Duin, proposte <strong>di</strong><br />
canyoning, alpinismo e trekking.<br />
www.guidealp.it Sito delle guide alpine<br />
della Valchiavenna, ampio ventaglio <strong>di</strong><br />
attività nel mondo del torrentismo e della<br />
montagna.<br />
www.aic.it Sito dell’Associazione Italiana<br />
Canyoning; <strong>di</strong> particolare interesse il<br />
forum, all’interno del quale gli utenti si<br />
scambiano informazioni sulla percorribilità<br />
delle forre e su temi <strong>di</strong> interesse comune.<br />
www.x-gatt.com Riporta numerose<br />
schede tecniche, cartine e fotografie; i<br />
contenuti sono precisi, atten<strong>di</strong>bili e molto<br />
curati.<br />
www.descente-canyon.com Portale<br />
francese, con schede ed aggiornamenti<br />
anche su canyons italiani.<br />
www.swisscanyon.com Ricco ed<br />
aggiornato database del Ticino, con links<br />
ad altri siti svizzeri.<br />
www.ceffo.com Da non imitare!<br />
Bibliografia:<br />
Pascal Van Duin – Canyoning in<br />
Lombar<strong>di</strong>a, Ed. TopCanyon 2005<br />
Pascal Van Duin – Canyoning Nord Italia,<br />
Ed. TopCanyon <strong>2009</strong><br />
De<strong>di</strong>cato all’amico Bruno<br />
Sassella.<br />
58 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 59
A PROPOSITO DI<br />
FERRATE<br />
Sgombro subito il campo da<br />
ogni possibilità <strong>di</strong> equivoco:<br />
chi ha tranciato le catene<br />
sul pizzo Trona ha compiuto<br />
un atto criminale, perché<br />
ha messo a repentaglio<br />
l’incolumità <strong>di</strong> quanti,<br />
ignari, si sono avventurati<br />
su quell’itinerario facendo<br />
affidamento sulla presenza<br />
<strong>di</strong> protezioni come segnalato<br />
dalle guide esursionistiche.<br />
Vorrei, però, cogliendo<br />
l’occasione offerta da questo<br />
deprecabile episo<strong>di</strong>o, fare<br />
qualche ulteriore riflessione,<br />
senza la pretesa <strong>di</strong> spacciare<br />
le mie conclusioni per verità<br />
assolute.<br />
La <strong>di</strong>sputa “pro o contro le vie<br />
ferrate” è da sempre oggetto <strong>di</strong><br />
accese <strong>di</strong>scussioni, pubbliche<br />
e private. Non ha mai trovato<br />
una risposta univoca, né<br />
mai potrà trovarla, perché<br />
<strong>di</strong> Riccardo Marchini<br />
Sul giornale online Vaol.it è<br />
stata pubblicata la notizia<br />
(ripresa sul nostro Annuario<br />
a pag. 85) che le catene<br />
della ferrata sulla cresta<br />
NNO del pizzo Trona sono<br />
state tagliate da qualche<br />
sconsiderato anonimo.<br />
le motivazioni a sostegno<br />
dell’una o dell’altra tesi sono<br />
troppo soggettive e opinabili<br />
sono pure gli aspetti che<br />
ciascun contendente intende<br />
sottolineare come essenziali ai<br />
fini della <strong>di</strong>scussione.<br />
Vengo al dunque. L’uomo è<br />
forse l’unico essere vivente<br />
in grado <strong>di</strong> compiere azioni<br />
superflue, non finalizzate<br />
alla mera sopravvivenza.<br />
L’escursionismo e l’alpinismo,<br />
come del resto tutte le<br />
attività cosiddette ricreative,<br />
rientrano nel novero <strong>di</strong> quelle<br />
azioni che hanno come unico<br />
scopo quello <strong>di</strong> ricreare il<br />
corpo e la mente, <strong>di</strong> trovare<br />
gratificazione, cioè, nel piacere<br />
fine a sé stesso: piacere fisico<br />
nel sentire il proprio corpo<br />
reagire positivamente alle<br />
sollecitazioni imposte dalla<br />
volontà e piacere psichico<br />
nella sod<strong>di</strong>sfazione che si<br />
prova quando si riesce a<br />
superare una <strong>di</strong>fficoltà o nel<br />
go<strong>di</strong>mento degli spettacoli che<br />
la montagna offre.<br />
Azioni superflue, <strong>di</strong>cevo, ma<br />
non inutili. Ed è appunto con<br />
questo timbro <strong>di</strong> umanità<br />
stampigliato nel DNA che mi<br />
ritrovo spesso a scarpinare<br />
verso l’alto alla ricerca <strong>di</strong> un<br />
rapporto intimo e personale<br />
con i monti della mia valle e<br />
non solo. Come ricompensa<br />
alla fatica mi aspetto (e trovo)<br />
60 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 61
Nella pagina a fronte: la<br />
ferrata del monte Grona.<br />
Sotto: sulla cresta nord<br />
del Pizzo Trona.<br />
A fianco: la Via delle<br />
Bocchette nel gruppo del<br />
Brenta.<br />
sensazioni emotivamente<br />
forti e lo stimolo alla ricerca<br />
introspettiva <strong>di</strong> cui, mi pare,<br />
come esseri umani <strong>di</strong>stratti<br />
dal benessere siamo sempre<br />
più poveri. Ma non essendo un<br />
integralista mistico dell’etica<br />
escursionistica, non arriccio<br />
il naso scandalizzato se le<br />
mie fatiche montanare sono<br />
aiutate da qualche mezzo<br />
artificiale, a maggior ragione<br />
se ne va della sicurezza, né<br />
<strong>di</strong>sdegno <strong>di</strong> tanto in tanto <strong>di</strong><br />
cimentarmi con le cosiddette<br />
“vie ferrate”, ad<strong>di</strong>tate con<br />
sufficienza da alcuni come<br />
surrogato dell’alpinismo. C’è,<br />
però, ferrata e ferrata. Sono<br />
convinto, infatti, che alcuni<br />
<strong>di</strong> questi percorsi attrezzati,<br />
pur ubbidendo alle logiche<br />
del mercato turistico, abbiano<br />
una loro ragion d’essere in<br />
virtù della loro unicità ed<br />
una indubbia coerenza con gli<br />
ambienti che attraversano.<br />
La Via delle Bocchette nelle<br />
Dolomiti <strong>di</strong> Brenta, ad esempio,<br />
altro non è che una lunga<br />
escursione che si snoda al<br />
cospetto <strong>di</strong> scenari mutevoli<br />
<strong>di</strong> continuo, sfruttando una<br />
sequenza <strong>di</strong> cenge naturali<br />
che tagliano orizzontalmente<br />
la verticalità delle pareti<br />
dolomitiche. Gli interventi<br />
migliorativi, i corrimano che<br />
rendono più sopportabile il<br />
vuoto sottostante e le scalette<br />
che raccordano i tratti <strong>di</strong> via<br />
posti a livelli <strong>di</strong>versi non mi<br />
pare che possano costituire<br />
un attentato all’integrità<br />
dell’ambiente ne una forzatura<br />
del corretto andar per monti.<br />
Allo stesso modo le numerose<br />
iniziative finalizzate a<br />
realizzare vie ferrate<br />
recuperando i camminamenti<br />
costruiti dagli alpini durante<br />
la prima guerra mon<strong>di</strong>ale (ne<br />
esistono anche nella nostra<br />
provincia), sono apprezzabili,<br />
perché riescono a coniugare<br />
turismo, cultura alpina e storia.<br />
Altre ferrate, invece, nate<br />
sull’onda del gra<strong>di</strong>mento della<br />
massa turistica e <strong>di</strong>ffusesi a<br />
macchia d’olio in tutto l’arco<br />
alpino a partire dalle Dolomiti,<br />
presentano alcuni punti <strong>di</strong><br />
criticità. O sono troppo brevi e<br />
non portano da nessuna parte<br />
oppure sono inutili, perché<br />
affiancate da un percorso<br />
più agevole che sortisce gli<br />
stessi effetti o, ancora, sono<br />
volutamente tenute ad un alto<br />
livello <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà, quasi che<br />
ci fosse l’intenzione <strong>di</strong> ricreare<br />
in quota una situazione<br />
da luna park. A volte si ha<br />
la sensazione che queste<br />
strutture servano <strong>di</strong> più a chi<br />
le realizza che al pubblico<br />
degli appassionati. Le rituali,<br />
immancabili targhe poste al<br />
loro attacco rappresentano<br />
spesso l’ostentato suggello<br />
dell’esigenza <strong>di</strong> visibilità da<br />
parte <strong>di</strong> dei gruppi alpinistici<br />
titolari dei manufatti.<br />
Proprio a partire da queste<br />
ultime considerazioni in<br />
passato mi sono posto questa<br />
domanda (che ripropongo):<br />
perché una ferrata sul pizzo<br />
Trona?<br />
Se il motivo è raggiungerne la<br />
cima, ebbene, esiste un’altra<br />
via d’accesso più semplice,<br />
che non richiede alcun<br />
intervento. Se, come molti<br />
asseriscono, lo scopo è quello<br />
<strong>di</strong> consentire anche ai meno<br />
esperti <strong>di</strong> provare le stesse<br />
emozioni nell’ammirare gli<br />
spettacoli panoramici che si<br />
possono godere dalla vetta,<br />
esistono lì vicino altri punti<br />
62 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 63
<strong>di</strong> osservazione ugualmente<br />
gratificanti e raggiungibili<br />
più facilmente. La cresta<br />
NNO del pizzo Trona presenta<br />
alcuni passaggi <strong>di</strong> facile<br />
arrampicata. La presenza<br />
della ferrata priva la salita<br />
del suo fascino, inserendola<br />
nel pacchetto delle avventure<br />
prefabbricate tanto care alle<br />
agenzie turistiche. Ognuno<br />
sia misurato e consapevole<br />
gestore delle proprie capacità,<br />
in fondo nessuno ci obbliga a<br />
compiere tutti gli stessi gesti<br />
e se qualcuno, sentendosi<br />
insicuro, volesse a tutti<br />
i costi affrontare quella<br />
salita per provare l’ebbrezza<br />
dell’arrampicare, potrebbe<br />
benissimo farsi guidare da un<br />
compagno esperto, in grado <strong>di</strong><br />
fargli sicurezza.<br />
Credo infine, facendo mia la<br />
posizione del <strong>CAI</strong> <strong>Morbegno</strong>,<br />
che “Favorire il turismo<br />
escursionistico <strong>di</strong> un territorio<br />
non significa ferrare le vie<br />
d’accesso alle cime, ma<br />
significa solo valorizzare e<br />
potenziare la rete sentieristica<br />
già esistente, con l’eventuale<br />
messa in sicurezza (questo sì,<br />
anche con catene) <strong>di</strong> alcuni<br />
brevi tratti particolarmente<br />
pericolosi”.<br />
Fra i numerosi commenti alla<br />
notizia apparsa su Vaol.it<br />
c’era anche quella <strong>di</strong> Andrea<br />
Savonitto, guida alpina, in<br />
quel tempo gestore del rifugio<br />
Trona, progettista ed autore<br />
della ferrata: scontata e<br />
comprensibile la <strong>di</strong>fesa della<br />
sua creatura. Non è vero, però,<br />
come egli afferma, che nessuno<br />
all’epoca si oppose. Si oppose<br />
A fianco: sulla Tridentina.<br />
il <strong>CAI</strong> <strong>Morbegno</strong>, eccome se si<br />
oppose. Il <strong>CAI</strong> <strong>Morbegno</strong>, dopo<br />
un vivace scambio <strong>di</strong> vedute<br />
con Savonitto sugli organi <strong>di</strong><br />
stampa locali e su Lo Scarpone,<br />
fece sentire la propria voce<br />
presso gli attori istituzionali<br />
interessati al progetto. Con<br />
un documento inviato alla CM<br />
<strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong>, al Comune <strong>di</strong><br />
Gerola e al Parco delle Orobie il<br />
presidente Vincenzo Spreafico<br />
rese ufficiale la posizione<br />
della <strong>Sezione</strong> nei confronti<br />
<strong>di</strong> un’iniziativa che giu<strong>di</strong>cava<br />
profondamente sbagliata. E<br />
il risultato fu che la seconda<br />
tranche <strong>di</strong> quel “progetto<br />
<strong>di</strong> sviluppo alpinistico della<br />
Valgerola”, che prevedeva un<br />
ulteriore, analogo intervento<br />
sul pizzo <strong>di</strong> Mezzaluna, venne<br />
annullata.<br />
In alto: sulle ferrate al<br />
Monte Grona e<br />
al Piz Trovat.<br />
Testo della lettera inviata dal presidente del <strong>CAI</strong> <strong>Morbegno</strong>, Vincenzo Spreafico, alle autorità competenti<br />
<strong>Morbegno</strong>, 9 agosto 1996<br />
• Al Presidente della C.M. Valtellina <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong><br />
• Al Sindaco del Comune <strong>di</strong> Gerola<br />
• Al Presidente del Parco delle Orobie valtellinesi<br />
Oggetto: “ferratura” della cresta Nord del Pizzo Trona<br />
Da parte <strong>di</strong> alcuni soci ci viene segnalato che sulla cresta che dal Lago Inferno sale al Pizzo Trona sono depositati<br />
<strong>di</strong>versi mucchi <strong>di</strong> catene pronti per la posa in opera finalizzata alla “ferratura” della intera cresta.<br />
Tale iniziativa ci pare del tutto inopportuna per i seguenti motivi:<br />
• è possibile salire sul Pizzo Trona per una via più semplice che non richiede interventi;<br />
• favorire il turismo escursionistico <strong>di</strong> un territorio non significa ferrare le vie d’accesso alle cime, ma significa<br />
solo valorizzare e potenziare la rete sentieristica già esistente, con l’eventuale messa in sicurezza (anche con<br />
catene) <strong>di</strong> alcuni brevi tratti particolarmente pericolosi;<br />
• il Pizzo Trona, che fa parte del Parco delle Orobie, è zona frequentato da camosci che verrebbero <strong>di</strong>sturbati<br />
da una frequentazione massiccia <strong>di</strong> escursioniosti;<br />
Si fa inoltre notare che, mentre nelle aree turisticamente più evolute in fatto <strong>di</strong> “vie ferrate” è in atto un ripensamento<br />
culturale importante, che arriva persino allo smantellamento <strong>di</strong> molti percorsi considerati inutili o dannosi<br />
per l’ambiente, in Val Gerola si percorre il cammino contrario.<br />
Con la presente si chiede agli enti competenti <strong>di</strong> annullare l’iniziativa, invitando nel contempo a coinvolgere,<br />
quando si interviene sull’ambiente montano, le associazioni che, come il C.A.I., possono assicurare il loro<br />
contributo concreto e competente.<br />
Cor<strong>di</strong>almente<br />
Il Presidente<br />
Vincenzo Spreafico<br />
64 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 65
Gita al lago della Manzina e almeno vedere questo benedetto lago della Manzina, deci<strong>di</strong>amo comunque<br />
<strong>di</strong> andare avanti, imitati poi da altri. Ci viene in mente che se<br />
avessimo portato le ciaspole sarebbe stato un gioco da ragazzi; d’altro<br />
canto è un attrezzo che non fa parte della nostra cultura alpinistica,<br />
e nonostante il boom che sta avendo in questi anni fatichiamo a pensarlo<br />
come un arnese da mettere nello zaino. Comunque, in un modo<br />
o nell’altro riusciamo ad andare avanti e arriviamo al lago, che sta appena<br />
cominciando a sciogliersi. Non è certo lo specchio della Nord del<br />
Tresero che ci avevano promesso, e la spettacolarità del luogo e frustrata<br />
da questo periodo <strong>di</strong> muta tra l’aspetto invernale e quello estivo,<br />
che comunque ha un suo fascino. Torniamo verso il gruppo e ci sdraiamo<br />
su un dosso erboso, proprio <strong>di</strong> fronte alla Nord del Tresero. Mangiando,<br />
immaginiamo sulla parete delle ipotetiche <strong>di</strong>scese con gli sci,<br />
puntualmente frustrate da un seracco e da un salto roccioso. Da qui<br />
si ha anche una bella vista sul ghiacciaio dei Forni e sulle cime che<br />
lo attorniano. Terminata l’ingestione <strong>di</strong> panini, dolci caffè ed ammazzacaffè,<br />
dall’apporto calorico sicuramente superiore rispetto a quanto<br />
consumato fino a quel momento, ci rimettiamo in pie<strong>di</strong> e ripercorriamo<br />
la via <strong>di</strong> salita, arrivando però all’albergo Ghiacciaio dei Forni. La<br />
<strong>di</strong> Alessandro Caligari<br />
strada asfaltata ci riporta alle macchine.<br />
Domenica 24 maggio, mattina presto, piazza Sant’Antonio, una ventina <strong>di</strong><br />
persone vestite da montagna. Ci si saluta, si cincischia un po’, quin<strong>di</strong> si<br />
compattano i posti auto per ecologica premura e si parte per la Val dei Forni.<br />
Ad essere sinceri io e Davide, gli organizzatori, abbiamo qualche perplessità<br />
su ciò che troveremo; la ricognizione a <strong>di</strong>stanza, effettuata durante<br />
un’uscita scialpinistica <strong>di</strong> 15 giorni prima, ci ha rassicurati sul fatto che per<br />
gran parte della salita non si troverà neve. Non sappiamo però cosa ci aspetta<br />
nella parte alta: dopotutto il lago è a circa 2800 m, e quest’anno ha nevicato<br />
parecchio. Comunque facciamo finta <strong>di</strong> nulla e partiamo. Fermiamo i<br />
mezzi al ristoro Stella Alpina, a circa 2000 m, sulla strada che porta all’albergo<br />
Ghiacciaio dei Forni. Qui, dopo un parcheggio che assomiglia più ad una<br />
partita a “Tetris”, incastrati a meraviglia i nostri mezzi su un fazzoletto <strong>di</strong><br />
terra iniziamo a camminare. La salita è subito molto ripida ed in poco tempo<br />
arriviamo alla malga Pradaccio. Siamo nel parco dello Stelvio, e si vede che<br />
la tutela imposta fa i suoi effetti. Gli e<strong>di</strong>fici sono ben conservati, con basamento<br />
in pietrame a secco e la soprastante struttura a travi incastrate (carden)<br />
secondo il sistema del block-bau, riutilizzando o riproponendo gli elementi<br />
tipologici principali, compresi i canali <strong>di</strong> gronda in legno e le scandole<br />
del manto <strong>di</strong> copertura. Angelo DD, a fianco a me, visto il mio interesse<br />
per la copertura lignea, mi spiega vita, morte e miracoli del legno <strong>di</strong> larice.<br />
E così, immersi in questa dendroconversazione, guadagnamo rapidamente<br />
quota e ci portiamo alla base del muro finale. Ci compattiamo, ci ricontiamo<br />
ed in fila in<strong>di</strong>ana ripren<strong>di</strong>amo il sentiero. Eccoci al piano finale, dove si<br />
avverano le nostre peggiori previsioni: è tutto bianco, non spunta manco un<br />
filo d’erba. Il tempo <strong>di</strong> indossare le ghette e poi via, sulla neve, che si intuisce<br />
avere uno spessore considerevole. Partiamo con circospezione, e fatti<br />
tre passi ci si trova sprofondati fino alla vita. Abbiamo la velocità e l’agilità<br />
<strong>di</strong> un branco <strong>di</strong> gnù nelle sabbie mobili e così la maggior parte decide <strong>di</strong><br />
fermarsi lì. Io e Davide, per portare a termine i nostri compiti istituzionali<br />
66 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 67
Gita cicloalp inistica<br />
in Val Roseg<br />
Da un paio d’anni la nostra sezione<br />
organizza uscite cicloalpinistiche.<br />
Così il 28 giugno, partendo da<br />
Samaden, i quattor<strong>di</strong>ci partecipanti<br />
alla gita hanno raggiunto la<br />
Capanna Tschierva attraverso la Val<br />
Roseg.<br />
Dapprima pedalando a fianco della<br />
ferrovia retica, poi fra i larici della<br />
Val Roseg fino al piano che precede<br />
la morena del Vadret da Tschierva.<br />
Accompagnati dalle incombenti<br />
pareti del Roseg, dello Scerscen<br />
e del Bernina, in una giornata<br />
non particolarmente soleggiata, il<br />
gruppo ha poi raggiunto il rifugio.<br />
Assieme a tutti ha raggiunto la<br />
meta Alessandro <strong>di</strong> soli 9 anni.<br />
68 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 69
Ötztal<br />
<strong>di</strong> Pierenrico Belluzzo<br />
la tre giorni in Austria<br />
Dopo il successo dell’anno<br />
precedente, anche quest’anno,<br />
durante l’ultimo fine settimana<br />
<strong>di</strong> agosto, il <strong>CAI</strong> <strong>Morbegno</strong><br />
ha replicato la gita in valle<br />
Ötztal, nel Tirolo austriaco. Su<br />
suggerimento <strong>di</strong> una mia amica,<br />
sod<strong>di</strong>sfatta dell’esperienza<br />
passata, ho colto l’occasione<br />
per non mancare. E così, in<br />
un gruppo <strong>di</strong> circa trenta<br />
valtellinesi <strong>di</strong> ogni età, venerdì<br />
28 agosto siamo partiti alla<br />
volta <strong>di</strong> Huben (1180 m),<br />
piccolo paese nel mezzo della<br />
valle, dove abbiamo preso posto<br />
nella confortevole e familiare<br />
Gasthof Felsenhof, che ci ha<br />
ospitato per tutto il soggiorno<br />
(per informazioni si può visitare<br />
il sito internet www.gasthoffelsenhof.at).<br />
Nel pomeriggio,<br />
partendo da Au (1154 m), ci<br />
siamo incamminati lungo il<br />
sentiero panoramico che ci ha<br />
permesso <strong>di</strong> ammirare la cascata<br />
Stuibenfall, fino ad arrivare<br />
all’incantevole alpeggio della<br />
Wiesle Hütte (1528 m), un<br />
tipico rifugio in legno con una<br />
chiesetta <strong>di</strong> fronte, cogliendo<br />
così l’occasione per la rituale<br />
foto <strong>di</strong> gruppo.<br />
Nella giornata <strong>di</strong> sabato 29,<br />
il clima umido e piovoso del<br />
mattino non ci ha permesso<br />
<strong>di</strong> intraprendere il tragitto<br />
più lungo inizialmente<br />
programmato. Ci siamo quin<strong>di</strong><br />
accontentati <strong>di</strong> fare un giro<br />
per i negozi <strong>di</strong> articoli sportivi<br />
<strong>di</strong> Sölden (1377 m), principale<br />
stazione turistica della valle,<br />
da dove parte la funivia che<br />
raggiunge le piste da sci dei<br />
monti Gaislachkogel (3056 m) e<br />
Innere Schwarze Schneid (3370<br />
m). Nel pomeriggio, passata la<br />
pioggia, la maggior parte del<br />
gruppo ha potuto raggiungere<br />
il rifugio Kleblealm (1983 m),<br />
dove la gentile ristoratrice<br />
in tipico costume locale ci<br />
ha servito lo strudel <strong>di</strong> mele<br />
e altri piatti tipici austriaci,<br />
dopo qualche iniziale <strong>di</strong>fficoltà<br />
<strong>di</strong> comprensione dei nomi<br />
tedeschi del menu, superata<br />
grazie all’aiuto fondamentale<br />
della nostra interprete Anna.<br />
Gli altri escursionisti rimasti a<br />
Sölden hanno invece preferito<br />
recarsi alle terme Aqua Dome <strong>di</strong><br />
Längenfeld (1180 m), potendosi<br />
così ritemprare, visto il clima<br />
umido della giornata.<br />
Il terzo giorno (domenica 30)<br />
il sole e il cielo terso ci hanno<br />
spinto ancor più volentieri ad<br />
intraprendere la camminata,<br />
potendo scegliere l’itinerario più<br />
lungo previsto dal programma.<br />
Raggiunto il paese <strong>di</strong> Oetz (820<br />
m), all’imbocco dell’omonima<br />
valle, siamo saliti sulla<br />
cabinovia che ci ha portato<br />
all’alpeggio <strong>di</strong> Hochoetz (2020<br />
m). Da lì, quasi tutti ci siamo<br />
avviati lungo il sentiero che<br />
ci ha condotto sulla vetta del<br />
monte Rosskopfe (2399 m); da<br />
quel luogo alcuni hanno deciso<br />
<strong>di</strong> imboccare la via del ritorno,<br />
mentre i più instancabili<br />
hanno proseguito verso la cima<br />
Wetterkreuzkogel (2591 m);<br />
da quest’ultima siamo scesi<br />
seguendone la costa che ci ha<br />
portato al rifugio Balbach Alm<br />
(1957 m), dove ci siamo ripresi<br />
dalle fatiche gustando sulla<br />
terrazza panoramica ancora<br />
l’ottimo apfelstrudel e gli altri<br />
cibi, come sempre serviti da<br />
una ragazza in rigoroso costume<br />
tirolese. Tornati a Hochoetz,<br />
abbiamo ritrovato quei pochi<br />
che avevano scelto il percorso<br />
più breve, che arrivava fino<br />
al rifugio Bielefelder Hütte<br />
(2150 m). Siamo quin<strong>di</strong> scesi<br />
con l’ovovia a Oetz, dove<br />
abbiamo salutato Anna, Giulio<br />
e i loro allegri bambini, che ci<br />
hanno accompagnato in tutte<br />
le escursioni; ci aspettava<br />
il pullman per il rientro in<br />
Valtellina.<br />
Anche quest’anno la vacanza è<br />
stata apprezzata come valida<br />
occasione per coniugare relax<br />
ed escursionismo a portata<br />
<strong>di</strong> tutti e quin<strong>di</strong>, entusiasta<br />
anche perché per me è stata<br />
la prima volta, consiglio allo<br />
staff organizzativo <strong>di</strong> rinnovare<br />
l’appuntamento per la terza<br />
uscita all’anno prossimo. Ciao<br />
a tutti!<br />
70 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 71
Il <strong>CAI</strong> al mare<br />
le CINQUE TERRE<br />
<strong>di</strong> Alessandro Caligari<br />
Quando arrivo in piazza ci sono<br />
già molte persone, nonostante<br />
sia piuttosto presto. Festanti ma<br />
non troppo, causa levataccia,<br />
aspettano il profilarsi della<br />
sagoma inconfon<strong>di</strong>bile del<br />
grosso scatolone che li porterà<br />
fino in riviera. Puntuale arriva il<br />
bus, su cui mi saetto cercando<br />
<strong>di</strong> trovare il posto più adatto<br />
per tornare a riappisolarmi.<br />
Già prima <strong>di</strong> Delebio perdo<br />
conoscenza, per risvegliarmi<br />
su un’autostrada inaspettata;<br />
dal panorama e dai cartelli<br />
stradali capisco <strong>di</strong> essere sulla<br />
Milano-Bologna e non sulla<br />
prevista Milano-Genova. E’<br />
singolare che l’organizzatore<br />
(cioè io) non sappia la strada<br />
da percorrere. Vengo a sapere<br />
che gli ammutinati dell’autobus,<br />
cioè l’autista ed il suo ex (ma<br />
ancora influente) <strong>di</strong>rigente<br />
hanno deciso che sarebbe stato<br />
più saggio fare la Cisa, piuttosto<br />
che la tortuosa A7. Mi adeguo,<br />
torno al mio loculo e guardo<br />
con crescente preoccupazione<br />
le lancette dell’orologio,<br />
che girano più veloci delle<br />
ruote del bus, e le nuvole<br />
in agguato sull’Appennino,<br />
a cui ci stiamo avvicinando.<br />
La nostra meta è la Liguria,<br />
e più precisamente le Cinque<br />
Terre, che avremmo deciso <strong>di</strong><br />
percorrere integralmente, da<br />
levante a ponente. All’uscita<br />
autostradale, scopriamo<br />
che una corsa ciclistica si<br />
sta svolgendo proprio sulla<br />
strada che dovrebbe portarci<br />
a Rio Maggiore.<br />
Sacramentando,<br />
l’autista prende<br />
una stra<strong>di</strong>na<br />
infame che aggira<br />
i pedalanti,<br />
si arrampica<br />
sul crinale, per<br />
precipitarci su<br />
Monterosso, cioè<br />
quella che avrebbe dovuto<br />
essere la nostra meta finale.<br />
Non contento, il <strong>di</strong>o cattivo<br />
delle gite domenicali, ci<br />
parcheggia su uno spoglio<br />
piazzale in riva al mare, dove<br />
organizza, appena si spegne il<br />
motore del bus, un comitato <strong>di</strong><br />
benvenuto a base <strong>di</strong> raffiche<br />
<strong>di</strong> vento forza venti e acqua<br />
a secchiate. La maggior parte<br />
delle gente ignora o fa finta <strong>di</strong><br />
non sentire gli inviti a scendere,<br />
restia a lasciare il tepore del<br />
se<strong>di</strong>le-cuccia, che dopo quasi<br />
cinque ore <strong>di</strong> pullman si è<br />
conformato dell’anatomia del<br />
suo occupante, per essere presa<br />
a sberle dalla pioggia. Dopo un<br />
po’ comunque ci si ritrova tutti<br />
alla stazione, con il caparbio<br />
intendo <strong>di</strong> portarci, via treno, a<br />
Rio Maggiore e rimettere la gita<br />
nei binari giusti. Dopo la breve<br />
trasferta ferroviaria, finalmente<br />
cominciamo a camminare.<br />
Per fortuna non piove più.<br />
Potenzialmente questa gita, un<br />
classico nel suo genere, è molto<br />
bella. E’ un percorso su sentieri<br />
molto panoramici, a volte a<br />
picco sul mare, a volte nel<br />
verde del terrazzato entroterra<br />
72 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 73
ligure, a volte in piano, altre<br />
volte in scivolosa <strong>di</strong>scesa<br />
verso i borghi marinari altre<br />
ancora in faticosa salita verso<br />
quelli agricoli. Proprio i centri<br />
abitati sono il valore aggiunto<br />
<strong>di</strong> questa escursione. Anche la<br />
persona non interessata all’arte<br />
e all’architettura, <strong>di</strong>fficilmente<br />
resta in<strong>di</strong>fferente al fascino <strong>di</strong><br />
questi piccoli centri, gonfi <strong>di</strong><br />
storia e <strong>di</strong> bellezza, fatta <strong>di</strong><br />
monumenti ma anche <strong>di</strong> piccole<br />
cose, <strong>di</strong> chiese millenarie e<br />
<strong>di</strong> gatti che dormono sulla<br />
barca colorata tirata in secco.<br />
Ci sono i limoni e il profumo<br />
della focaccia, c’è il rumore<br />
del mare e quello dei gabbiani,<br />
c’è la vecchia che pesta il<br />
basilico nel mortaio <strong>di</strong> marmo<br />
e il marinaio superstite che<br />
rammenda la rete. Ci sono<br />
poi i lati negativi. Ben presto<br />
pren<strong>di</strong>amo coscienza <strong>di</strong> non<br />
essere gli unici a pensare che<br />
sia una gita molto interessante.<br />
Anzi, la pensa così un’umanità<br />
variopinta, fatta <strong>di</strong> persone<br />
in mocassini, che rischiano<br />
l’osso del collo su ognuno dei<br />
<strong>di</strong>ecimila gra<strong>di</strong>ni del percorso,<br />
<strong>di</strong> ciccioni che ci vengono<br />
incontro strafumati, sullo stretto<br />
passaggio a picco sul mare, o<br />
ottuagenarie che procedono a<br />
due all’ora, impedendo con la<br />
loro stampella da trekking il<br />
minimo sorpasso all’esasperata<br />
coda che le segue. Considerando<br />
quin<strong>di</strong> che non siamo soli,<br />
l’accompagnatore (io) chiede<br />
al gruppo che decide <strong>di</strong> fare la<br />
traversata integrale, <strong>di</strong> restare<br />
il più compatto possibile,<br />
non fosse altro per problemi<br />
logistici; va detto infatti che<br />
per percorrere il sentiero occorre<br />
munirsi <strong>di</strong> un prosaico (anche<br />
se comprensibile) biglietto<br />
d’accesso, che smorza un po’<br />
del fascino della traversata;<br />
questo biglietto cumulativo era<br />
nelle mani degli organizzatori<br />
che dovevano esibirlo ad ogni<br />
cancello <strong>di</strong> controllo. Dopo<br />
pochi minuti la comitiva è<br />
sparsa su una lunghezza <strong>di</strong><br />
circa duemila metri lineari.<br />
L’accompagnatore in un primo<br />
momento cerca affannosamente<br />
<strong>di</strong> ricompattare il tutto, poi<br />
esasperato, decide <strong>di</strong> lasciare<br />
ciascuno al proprio destino.<br />
La traversata in realtà è un<br />
concatenamento <strong>di</strong> più sentieri,<br />
raggruppati sotto il nome <strong>di</strong><br />
Sentiero Azzurro, esistenti fin<br />
da epoca me<strong>di</strong>oevale. Il primo<br />
tratto, quello da Rio Maggiore<br />
a Manarola è il famoso Sentiero<br />
dell’Amore. Tutto sommato, a<br />
parte l’innegabile panoramicità<br />
e la sua esposizione sul mare,<br />
non è così fascinoso. Non così<br />
però la devono pensare stuoli <strong>di</strong><br />
conformisti innamorati, che in<br />
ossequio ai dettami <strong>di</strong> Moccia<br />
vengono qui ad appendere<br />
grappoli <strong>di</strong> lucchetti, venduti a<br />
caro prezzo da scaltri e attenti<br />
tenutari <strong>di</strong> chioschetti pensili.<br />
Pochi sanno che in realtà questo<br />
sentiero, realizzato tra le due<br />
guerre mon<strong>di</strong>ali, fu scavato<br />
nella roccia per costruire alcuni<br />
depositi <strong>di</strong> esplosivo, lontano<br />
dai centri abitati. Lasciata<br />
Manarola, il percorso prosegue<br />
tranquillo fino alle trentatrè<br />
rampe della Scala Lardarina,<br />
che salgono a Corniglia. Dei<br />
cinque borghi è quello più<br />
alto sul mare, a conferma della<br />
sua vocazione agricola più<br />
che marinaresca. Mi accorgo<br />
che non è molto presto, così<br />
affretto il passo e, mangiando<br />
in corsa, ogni tanto raggiungo<br />
e supero brandelli <strong>di</strong> quello che<br />
doveva essere il compattissimo<br />
gruppo, per portarmi poi alla<br />
testa del serpentone. Il mio<br />
scopo è quello <strong>di</strong> riunire tutti<br />
a Vernazza, che a mio parere è<br />
il borgo più interessante. Patria<br />
<strong>di</strong> corsari (cioè legalmente<br />
autorizzati alla guerra <strong>di</strong> corsa,<br />
non come i pirati che parimenti<br />
uccidevano e saccheggiavano<br />
ma senza patente!) Vernazza è<br />
stata nel tempo un’orgogliosa<br />
e fasti<strong>di</strong>osa spina nel fianco<br />
della potente Genova, e la sua<br />
architettura testimonia questi<br />
suoi fasti. Merita sicuramente<br />
una visita la chiesa goticoligure<br />
<strong>di</strong> Santa Margherita<br />
d’Antiochia, a picco sul mare.<br />
Lasciata Vernazza si torna a<br />
salire, in mezzo alle vigne<br />
dove si produce lo Sciacchetrà,<br />
laboriosamente terrazzate e<br />
modernamente attrezzate con<br />
spirali <strong>di</strong> cremagliere su cui<br />
corrono carrelli che portano<br />
l’uva alla raccolta. Dopo<br />
un’ora <strong>di</strong> cammino comincia a<br />
profilarsi Monterosso, con la<br />
conseguente promessa <strong>di</strong> un bel<br />
bagno finale. Inconsciamente<br />
tutti affrettano il passo, e più<br />
<strong>di</strong> uno, me compreso, finisce<br />
per volare sugli interminabili<br />
ed infangati gra<strong>di</strong>ni che<br />
scendono al mare. La spiaggia<br />
comunque ormai e lì, con<br />
un’acqua trasparentissima che ci<br />
chiama per il bagno dell’ultimo<br />
giorno d’estate. Ci fermiamo un<br />
po’, cercando ossi <strong>di</strong> seppia e<br />
godendoci il mare, galleggianti<br />
come “inutile maceria”.<br />
Incre<strong>di</strong>bilmente quasi tutti<br />
convergono all’appuntamento<br />
delle 18,30 presso la stazione<br />
<strong>di</strong> Monterosso, dove pren<strong>di</strong>amo<br />
un treno che ci porta alla<br />
successiva Levanto, più<br />
abbordabile dall’ingombrante<br />
bus, che ci aspetta quin<strong>di</strong> sul<br />
piazzale. Da qui ripartiamo,<br />
questa volta via Genova,<br />
per tornare a casa. Arrivati<br />
nell’interland milanese mi<br />
rimetto l’i-pod, guardo fuori<br />
l’interminabile sequenza <strong>di</strong><br />
capannoni e perdo nuovamente<br />
conoscenza. Quando mi<br />
risveglio, le tristi e sfavillanti<br />
luci dell’Iperal mi <strong>di</strong>cono che<br />
ormai siamo ritornati in Valle,<br />
ma quasi non percepisco lo<br />
stacco.<br />
74 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 75
In valle <strong>di</strong> Albaredo<br />
sul sentiero Andrea Paniga<br />
Ad ospitare l’annuale appuntamento<br />
sul sentiero Andrea Paniga<br />
quest’anno è stata la valle <strong>di</strong><br />
Albaredo. Il 18 ottobre, in una<br />
gelida, ma tersa giornata, più <strong>di</strong><br />
30 soci hanno raggiunto il rifugio<br />
Alpe Piazza partendo da Valle,<br />
via Pitalone, e da Scöcia, via<br />
Baitridana. Un gruppo numeroso<br />
è salito da Pozza Rossa all’Alpe<br />
Pedroria e al Monte Pisello e da qui,<br />
per cresta, ha guadagnato la cima<br />
del Monte Lago da dove è poi sceso<br />
al rifugio per il ritrovo conviviale.<br />
76 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 77
GENNAIO<br />
Nuova legge sui rifugi<br />
Dopo numerose au<strong>di</strong>zioni con gli enti e le associazioni interessate,<br />
ha definitivamente concluso il suo iter, con il voto in Consiglio<br />
regionale, la nuova legge che regolamenta la funzione degli oltre 150<br />
rifugi della Lombar<strong>di</strong>a. Lo spirito della legge è quello <strong>di</strong> riconoscere<br />
l’in<strong>di</strong>spensabile ruolo dei rifugi nella promozione e nella tutela della<br />
montagna. Per questo motivo si è cercato <strong>di</strong> fare chiarezza sulle<br />
regole: <strong>di</strong>stinzione fra rifugi alpinistici (almeno 1000 m <strong>di</strong> quota in zone<br />
isolate e irraggiungibili al traffico or<strong>di</strong>nario), escursionistici (altitu<strong>di</strong>ne<br />
minima <strong>di</strong> 700 m, ma raggiungibili anche in auto), bivacchi alpini (oltre<br />
i 2000 m con una <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> almeno 3 Km lineari o 300 m <strong>di</strong> <strong>di</strong>slivello<br />
da strade, rifugi o impianti <strong>di</strong> risalita). Oltre a questo il testo <strong>di</strong> legge<br />
prevede interventi sulla segnaletica sentieristica e de<strong>di</strong>ca una voce<br />
specifica alla figura del gestore che dovrà esercitare la propria attività<br />
per un minimo <strong>di</strong> 100 giorni all’anno, oltre ad essere in grado <strong>di</strong> porsi<br />
come “riferimento informativo della zona” e, nel caso <strong>di</strong> incidenti, <strong>di</strong><br />
collaborare attivamente.<br />
FEBBRAIO<br />
Valanga a Cevo<br />
Le forti nevicate dell’inizio del mese<br />
hanno avuto come conseguenza lo<br />
scivolamento a valle <strong>di</strong> una notevole<br />
massa nevosa a monte della strada<br />
che collega Bedoglio a Cevo.<br />
L’enorme quantità <strong>di</strong> neve, mista a<br />
terriccio, ciottoli e massi, valutata in<br />
circa 20000 metri cubi <strong>di</strong> materiale,<br />
ha invaso la sede stradale sulla quale<br />
fortunatamente in quel momento<br />
non transitava nessuno.<br />
Valanga sulla Cima della<br />
Rosetta<br />
Domenica 8 febbraio una valanga,<br />
staccatasi dalla cima della Rosetta<br />
in Valgerola, ha travolto ed ucciso lo<br />
sci alpinista Marco Della Marianna,<br />
36 anni <strong>di</strong> Mossini, impegnato nella<br />
<strong>di</strong>scesa lungo uno degli itinerari più<br />
noti della valle. La bella mattinata<br />
<strong>di</strong> cielo terso, arrivata dopo alcune<br />
giornate <strong>di</strong> maltempo, aveva<br />
attirato lassù una cinquantina <strong>di</strong><br />
appassionati <strong>di</strong> questa <strong>di</strong>sciplina,<br />
ma le forti nevicate del venerdì<br />
e del sabato precedenti avevano<br />
accumulato 80 cm <strong>di</strong> neve fresca a<br />
1500 m, che non aveva legato con il<br />
sottostante manto già consistente.<br />
Troppi per poter affrontare<br />
l’escursione con la necessaria<br />
sicurezza.<br />
Non è la prima volta che avvengono<br />
episo<strong>di</strong> <strong>di</strong> questa portata sulla<br />
Rosetta. Già nel 1987, più o meno<br />
nella stessa posizione, si era<br />
verificato un grosso <strong>di</strong>stacco <strong>di</strong><br />
lastroni che aveva spazzato tutto<br />
il pen<strong>di</strong>o sottostante la cima.<br />
Fortunatamente in quell’occasione<br />
non ci furono vittime.<br />
Ancora le motoslitte alla<br />
ribalta della cronaca<br />
Intanto che <strong>CAI</strong>, Legambiente e<br />
Mountain wilderness si ritrovano al<br />
passo dello Spluga per <strong>di</strong>re ancora<br />
una volta “no” alle troppe motoslitte<br />
presenti in quota, la polemica<br />
investe anche i monti <strong>di</strong> casa<br />
nostra. Le guar<strong>di</strong>e ecologiche della<br />
CM <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong> si sono attivate<br />
lungo la strada del passo San<br />
Marco per verificare l’osservanza<br />
del regolamento che <strong>di</strong>sciplina il<br />
transito delle motoslitte. I controlli<br />
effettuati non hanno fatto registrare<br />
infrazioni <strong>di</strong> sorta, anche perché gli<br />
abusi, segnalati più volte dal <strong>CAI</strong> <strong>di</strong><br />
<strong>Morbegno</strong> tramite il suo presidente,<br />
si verificano regolarmente fuori dai<br />
tracciati consentiti, dove <strong>di</strong> fatto i<br />
controlli sono impossibili. Inevitabile<br />
la reazione dei “motoslittisti” che<br />
hanno risposto a mezzo stampa<br />
alle osservazioni del <strong>CAI</strong>, in<br />
<strong>di</strong>fesa del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> frequentare<br />
la montagna con i loro mezzi<br />
motorizzati. La polemica continua<br />
e noi continueremo a <strong>di</strong>ssentire<br />
energicamente.<br />
UN ANNO DI MONTAGNA<br />
Da rifare il processo per la<br />
trage<strong>di</strong>a del Monte Olano<br />
La Corte <strong>di</strong> Cassazione ha annullato<br />
l’assoluzione decisa dalla Corte<br />
d’Appello <strong>di</strong> Milano nei confronti del<br />
sondriese Fabio Fanoni, accusato<br />
<strong>di</strong> aver provocato, nel gennaio<br />
2003, la valanga sul monte Olano<br />
in Valgerola, nella quale morirono<br />
tre sci alpinisti ed altri sei rimasero<br />
feriti.<br />
La Corte d’Appello aveva motivato<br />
il proprio verdetto <strong>di</strong> assoluzione<br />
affermando che non era emerso<br />
con certezza che era stato proprio il<br />
sovraccarico causato dai tre sciatori<br />
fuori pista a provocare la rottura<br />
del manto nevoso e che rilievi <strong>di</strong><br />
negligenza dovevano essere mossi<br />
a tutti i protagonisti della vicenda,<br />
quin<strong>di</strong> anche al gruppo travolto<br />
dalla valanga, in quanto percorreva<br />
zone dove era segnalato pericolo. La<br />
Cassazione ha confutato questa tesi<br />
precisando che una semplice ipotesi,<br />
anche se possibile, non è sufficiente<br />
per togliere rilievo ai fatti accertati.<br />
Quin<strong>di</strong> tutto da rifare.<br />
Firmato l’accordo Foresta<br />
Valmasino<br />
Mercoledì 18 marzo in Regione<br />
è stato sottoscritto il protocollo<br />
d’intesa “Contratto <strong>di</strong> Foresta<br />
Valmasino”. Erano presenti i sindaci<br />
<strong>di</strong> Valmasino, Ardenno, Mello<br />
e Buglio, il vicepresidente della<br />
Comunità Montana <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong>, il<br />
presidente della Provincia <strong>di</strong> Sondrio<br />
e gli assessori regionali all’Ambiente<br />
e alle Infrastrutture e mobilità.<br />
Il progetto prevede numerosi<br />
interventi <strong>di</strong> valorizzazione del<br />
territorio non solo all’interno della<br />
Foresta <strong>di</strong> Lombar<strong>di</strong>a Valmasino,<br />
ma anche nelle aree circostanti <strong>di</strong><br />
pertinenza dei comuni suin<strong>di</strong>cati.<br />
Nello specifico sono previsti la<br />
tutela del patrimonio naturalistico, il<br />
potenziamento dell’offerta turistica<br />
e un programma <strong>di</strong> educazione<br />
ambientale che coinvolga le scuole<br />
lombarde.<br />
Disegno <strong>di</strong> legge sui<br />
fuoristrada<br />
E’ agli atti del Senato della<br />
Repubblica il <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> legge n.1070<br />
con il quale si intende <strong>di</strong>sciplinare<br />
il settore della circolazione con<br />
mezzi motorizzati su strade a fondo<br />
naturale e fuori strada. Partendo<br />
dalla presa d’atto che la legislazione<br />
regionale esistente è del tutto<br />
inadeguata e che il contenzioso in<br />
or<strong>di</strong>ne alla concreta applicazione<br />
della normativa regionale è troppo<br />
alto, si è sentita la necessità <strong>di</strong><br />
in<strong>di</strong>viduare sul piano nazionale<br />
strumenti atti a permettere la <strong>di</strong>fesa<br />
del territorio e dell’ambiente da<br />
eventuali usi impropri od eccessivi<br />
dei mezzi motorizzati.<br />
MARZO<br />
78 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 79
APRILE<br />
Violata la riserva<br />
della val <strong>di</strong> Mello<br />
In val <strong>di</strong> Mello sono<br />
comparse opere invasive<br />
dell’ambiente naturale<br />
nel tratto <strong>di</strong> sentiero<br />
che costeggia la pozza<br />
denominata “bidet della<br />
contessa”, uno dei tratti<br />
più suggestivi e più<br />
fotografati del torrente<br />
che percorre la neonata<br />
Riserva naturale.<br />
L’intervento, realizzato<br />
dal Consorzio del proprietari della Val <strong>di</strong> Mello al fine <strong>di</strong> rendere più agevole<br />
l’acciottolato della mulattiera, è stato eseguito in maniera <strong>di</strong>fforme dalle<br />
opere autorizzate dal Comune, con tecniche poco rispettose <strong>di</strong> un ambiente<br />
così delicato e con il deposito <strong>di</strong> materiale nell’alveo del torrente, così da<br />
mo<strong>di</strong>ficarne il corso.<br />
Da parte dell’Amministrazione comunale è stato chiesto ai responsabili del<br />
Consorzio il ripristino della con<strong>di</strong>zione precedente. L’operazione <strong>di</strong> bonifica è<br />
stata eseguita dal Consorzio stesso.<br />
E’ morto Achille Compagnoni<br />
Il 13 maggio, all’età <strong>di</strong> 94 anni,<br />
si è spento all’ospedale <strong>di</strong> Aosta<br />
Achille Compagnoni, l’alpinista<br />
della Valfurva che il 31 luglio 1954,<br />
con il cortinese Lino Lacedelli, per<br />
primo salì il K2, la seconda vetta del<br />
pianeta. Campione <strong>di</strong> sci nor<strong>di</strong>co,<br />
medaglia d’oro al valor civile, Gran<br />
Croce dell’Or<strong>di</strong>ne al merito della<br />
Repubblica, da anni risiedeva a<br />
Cervinia dove faceva l’albergatore.<br />
Componente della squadra<br />
selezionata da Ar<strong>di</strong>to Desio,<br />
capo della spe<strong>di</strong>zione italiana in<br />
Karakorum, grazie alle sue doti <strong>di</strong><br />
ottimo alpinista ed alla sua tempra<br />
fisica, venne prescelto per l’attacco<br />
finale alla cima, conclusosi con<br />
successo.<br />
Il suo nome è legato anche alla<br />
polemica che, al ritorno della<br />
spe<strong>di</strong>zione, si innescò con Walter<br />
Bonatti, anch’esso componente<br />
del gruppo, sulla ricostruzione<br />
delle ultime fasi della salita. La<br />
<strong>di</strong>sputa, che si trascinò per anni,<br />
si è conclusa nel 2008 con il<br />
riconoscimento ufficiale da parte<br />
del C.A.I. della veri<strong>di</strong>cità della tesi<br />
sostenuta da Bonatti.<br />
UN ANNO DI MONTAGNA<br />
MAGGIO<br />
Parte la Riserva<br />
della val <strong>di</strong> Mello<br />
A <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> alcuni mesi dalla sua<br />
approvazione, avvenuta nel mese<br />
<strong>di</strong> gennaio, e in attesa che ERSAF e<br />
Comune <strong>di</strong> Valmasino, identificati<br />
come soggetti gestori della Riserva,<br />
procedano alla stesura del piano<br />
<strong>di</strong> intervento, è stata inaugurata<br />
ufficialmente la Riserva naturale<br />
della val <strong>di</strong> Mello, nata a tutela<br />
dell’ambiente, del paesaggio e della<br />
fauna della valle.<br />
La manifestazione, oltre che<br />
dall’immancabile taglio del<br />
nastro, è stata caratterizzata da<br />
alcuni momenti significativi <strong>di</strong><br />
intrattenimento. Al mattino il coro<br />
Cantorion Colin Jones ha accolto<br />
gli ospiti che nel pomeriggio hanno<br />
potuto partecipare ad un’escursione<br />
guidata a Cascina Piana ed assistere<br />
ad una <strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong> arrampicata.<br />
80 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 81
GIUGNO<br />
I ghiacciai si ritirano:<br />
cambiano i confini<br />
Dal 24 giugno è operativa una<br />
commissione italo-svizzera che<br />
avrà il compito <strong>di</strong> ridefinire i confini<br />
fra Lombar<strong>di</strong>a e Grigioni, fissati<br />
in una Convenzione del 1941. A<br />
causa del cambiamento climatico<br />
la massa glaciale dello spartiacque<br />
si è ridotta, mo<strong>di</strong>ficando <strong>di</strong> fatto la<br />
cresta che fa da confine. La linea<br />
<strong>di</strong> frontiera potrebbe così subire<br />
uno spostamento valutabile attorno<br />
ai 10-30 metri, a vantaggio o<br />
svantaggio dell’uno o dell’altro dei<br />
due stati.<br />
Trattandosi <strong>di</strong> aree geografiche<br />
demaniali al <strong>di</strong> sopra dei 3000<br />
metri non ci saranno conseguenze<br />
particolari se non la definizione<br />
delle responsabilità <strong>di</strong> intervento<br />
nei casi <strong>di</strong> incidenti, <strong>di</strong> soccorsi o <strong>di</strong><br />
ritrovamenti archeologici. Il ricordo<br />
corre infatti a Ötzi, la mummia<br />
ritrovata sul ghiacciaio del Similaun<br />
a cavallo fra la val Venosta e la<br />
Ötztal, contesa da Italia e Austria<br />
proprio a causa dell’incertezza dei<br />
confini. Assegnata in un primo<br />
momento all’Austria, si accertò<br />
poi che in realtà il ritrovamento era<br />
avvenuto in territorio italiano.<br />
UN ANNO DI MONTAGNA<br />
LUGLIO<br />
Moratoria acque. E’ legge<br />
La battaglia per contrastare lo sfruttamento delle acque della<br />
nostra provincia, partita nel 2005 con una grande mobilitazione<br />
popolare e proseguita con l’inserimento della sospensione<br />
delle nuove concessioni nella Finanziaria 2007, è arrivata al<br />
suo epilogo. Il 23 luglio il Comitato istituzionale dell’Autorità <strong>di</strong><br />
bacino del Po ha approvato<br />
l’adozione della moratoria in salvaguar<strong>di</strong>a del bilancio idrico <strong>di</strong><br />
Valtellina e Valchiavenna e le nuove norme che impongono un<br />
blocco pressoché totale delle nuove concessioni.<br />
Con il sì del Comitato istituzionale <strong>di</strong>venta definitiva la delibera<br />
assunta il 24 marzo dal Comitato tecnico dell’Autorità <strong>di</strong> bacino<br />
del fiume Po. Ora scatta la salvaguar<strong>di</strong>a. Le norme che entrano<br />
in vigore imme<strong>di</strong>atamente resteranno valide per otto mesi,<br />
periodo nel quale bisognerà arrivare all’approvazione del Piano<br />
territoriale <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>namento provinciale.<br />
Tracima il torrenteQualido:<br />
paura in val <strong>di</strong> Mello<br />
Da La Provincia <strong>di</strong> Sondrio del 1<br />
agosto: “Mercoledì 29 luglio dal<br />
cuore della parete della val Qualido,<br />
dove passa la via alpinistica<br />
“Paolo Fabbri 43”, tracciata anni<br />
fa da Jacopo Merizzi, si è staccato<br />
un roccione alto 55 metri, largo<br />
20 e profondo 8. Il materiale è<br />
finito tutto nel torrente Qualido,<br />
solitamente <strong>di</strong> modesta portata,<br />
ma in questi giorni, a causa della<br />
pioggia torrenziale, particolarmente<br />
impetuoso. Il materiale depositatosi<br />
in alveo ha quin<strong>di</strong> prodotto un<br />
effetto tappo e l’acqua accumulatasi<br />
è tracimata violentemente a valle<br />
<strong>di</strong>lavando l’alveo del torrente che ha<br />
mutato completamente la propria<br />
morfologia. Detriti, piante, massi<br />
sono rotolati fino a valle andando a<br />
finire nel torrente Mello, fermandosi<br />
a circa 400 metri dal ristoro Gatto<br />
Rosso”. Paura per tre soci del <strong>CAI</strong><br />
<strong>Morbegno</strong> che proprio quella mattina<br />
stavano effettuando un’escursione<br />
in val Qualido. Fortunatamente i<br />
tre erano già transitati dalla zona<br />
interessata dalla frana.<br />
82 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 83
AGOSTO<br />
E’ morto<br />
Riccardo Cassin<br />
Giovedì 6 agosto si è spento nella sua casa dei<br />
Resinelli Riccardo Cassin, uno dei più gran<strong>di</strong><br />
testimoni dell’alpinismo mon<strong>di</strong>ale del XX secolo.<br />
Aveva 100 anni e 7 mesi. In quasi sessant’anni<br />
<strong>di</strong> attività ha collezionato qualcosa come 2500<br />
ascensioni, fra le quali 100 prime assolute. Dalla<br />
Grigna dove debuttò nel 1931 con una prima sulla<br />
Est della Guglia Angelina allargò ben presto i<br />
propri orizzonti sulle montagne <strong>di</strong> tutto il pianeta.<br />
Molte delle vie aperte da Cassin fanno oramai<br />
parte dell’epica alpinistica: nelle Dolomiti la parete<br />
Sud Est della Piccolissima <strong>di</strong> Lavaredo, la Torre<br />
Trieste lungo lo spigolo Sud Est e la Nord della<br />
Ovest <strong>di</strong> Lavaredo, che <strong>di</strong>venterà il primo tassello<br />
del grande trittico delle Nord. Trittico proseguito<br />
nel 1937 con la Nord Est del Ba<strong>di</strong>le e concluso<br />
con quello che viene giu<strong>di</strong>cato il capolavoro <strong>di</strong><br />
Cassin: lo sperone Walker alle Grandes Jorasses,<br />
nel 1939. Dopo la guerra vennero le spe<strong>di</strong>zioni<br />
extraeuropee: il Gasherbrum 4 con Mauri e<br />
Bonatti, il McKinley nel 1961, quin<strong>di</strong>, nel 1969,<br />
lo Jirishanca nelle Ande ed infine, nel 1975, un<br />
tentativo con esito negativo alla temibile parete<br />
Sud del Lhotse, avendo come compagni <strong>di</strong><br />
spe<strong>di</strong>zione i migliori esponenti dell’alpinismo del<br />
tempo, fra i quali Messner. Concluse la sua attività<br />
nel 1987 quando, all’età <strong>di</strong> 78 anni, ripercorse la<br />
sua via sulla Nord Est del Ba<strong>di</strong>le per celebrarne<br />
il 50° anniversario. A Riccardo Cassin rimase<br />
sempre il cruccio <strong>di</strong> essere stato escluso dalla<br />
spe<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Ar<strong>di</strong>to Desio al K2.<br />
SETTEMBRE<br />
Avvistato un orso in Valmasino<br />
Doveva succedere. Alla fine del mese l’orso ha fatto la sua comparsa anche da noi. Un<br />
gruppo <strong>di</strong> cacciatori impegnati in una battuta <strong>di</strong> caccia agli ungulati in Valmasino ha infatti<br />
avvistato il plantigrado nei boschi della valle del Ligoncio. La polizia provinciale, ricevuta la<br />
segnalazione, ha effettuato un sopralluogo in zona ed ha confermato la presenza dell’animale<br />
sulla base delle inequivocabili tracce rinvenute. Con tutta probabilità si tratta <strong>di</strong> Jj5,<br />
l’esemplare che lo scorso anno era stato in<strong>di</strong>viduato nella zona del Mortirolo, proveniente dal<br />
gruppo dell’Adamello.<br />
La raccomandazione degli esperti, che rassicurano circa la non pericolosità dell’animale, è<br />
comunque quella <strong>di</strong> evitare situazioni nelle quali l’orso possa sentirsi minacciato. Con tutta<br />
probabilità nei giorni seguenti il nostro amico ha proseguito il suo vagabondaggio solitario<br />
espatriando in val Bregaglia: lo testimonierebbe il ritrovamento <strong>di</strong> alcune pecore uccise.<br />
UN ANNO DI MONTAGNA<br />
Asportate le catene sul pizzo Trona<br />
Chi ha tagliato le catene sul Pizzo <strong>di</strong> Trona? L’interrogativo è stato posto da un lettore al giornale online Vaol.it,<br />
corredando lo scritto con tre fotografie illustrative. Sullo stesso notiziario numerosi gli interventi a commento del fatto.<br />
La notizia fa riferimento alla cresta Nord (più correttamente NNO) del pizzo Trona in Valgerola. L’itinerario che la risale<br />
venne attrezzato nel 1996 con una serie <strong>di</strong> catene atte a proteggere i tratti più impegnativi ed esposti, in particolare il<br />
“lastrone”, soggetto <strong>di</strong> due delle tre immagini.<br />
In quell’occasione il <strong>CAI</strong> <strong>Morbegno</strong> si oppose alla realizzazione <strong>di</strong> un manufatto che giu<strong>di</strong>cava del tutto inutile e<br />
manifestò il proprio <strong>di</strong>ssenso con alcuni articoli sulla stampa locale e su Lo Scarpone (Ottobre 1996) e con un esposto<br />
al Comune <strong>di</strong> Gerola, alla CM <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong> e al Parco delle Orobie.<br />
La redazione si associa alla condanna <strong>di</strong> quest’atto irresponsabile. La ferrata del pizzo Trona è, a torto o a ragione, un<br />
fatto oramai consolidato negli anni. Danneggiarla o <strong>di</strong>sattivarla senza comunicazione alcuna o segnalazione adeguata<br />
al suo attacco, comporta grave pericolo a chi, sicuro <strong>di</strong> affrontare un percorso protetto, vi si avventura. Ciò, oltre a<br />
costituire un atto eticamente condannabile, costituisce un atto criminoso penalmente perseguibile.<br />
NOVEMBRE<br />
OTTOBRE<br />
E’ morto Lino Lacedelli<br />
A sei mesi dalla scomparsa <strong>di</strong> Achille Compagnoni, il 19 novembre<br />
se ne è andato anche Lino Lacedelli, conquistatore, assieme<br />
all’alpinista valtellinese, del K2 nel 1954. Aveva 84 anni. Lacedelli,<br />
ampezzano, maestro <strong>di</strong> sci e guida alpina, faceva parte degli<br />
Scoiattoli <strong>di</strong> Cortina. Abilissimo su roccia (molte le sue prime<br />
sulle torri dolomitiche), proprio per questa sua peculiarità venne<br />
selezionato fra i componenti della spe<strong>di</strong>zione da Ar<strong>di</strong>to Desio.<br />
84 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 85
• Il 22 aprile, presso la sede<br />
del <strong>CAI</strong> Sondrio, presente il<br />
Presidente generale Annibale<br />
Salsa, è stato costituito il<br />
“Gruppo Giovani valtellinese”.<br />
Il nostro socio Carlo Mazzoleni<br />
è entrato a far parte del<br />
Consiglio <strong>di</strong>rettivo del neo<br />
costituito gruppo.<br />
• Nel corso dell’Assemblea<br />
annuale è stato consegnato il<br />
<strong>di</strong>stintivo ricordo per i 50 anni<br />
<strong>di</strong> iscrizione ai Soci Riccardo<br />
Marchini e Antonio Passerini.<br />
I NUMERI DEL C.A.I.<br />
MORBEGNO<br />
Alla data del 31.12.<strong>2009</strong> gli<br />
iscritti sono 568 (+2) così<br />
sud<strong>di</strong>visi: 389 (-2) or<strong>di</strong>nari,<br />
139 (-4) famigliari e 40 (+8)<br />
giovani.<br />
Ricor<strong>di</strong>amo che le iscrizioni si<br />
effettuano presso gli sportelli<br />
del Cre<strong>di</strong>to Valtellinese <strong>di</strong> Via<br />
Ambrosetti.<br />
CONSIGLIO DIRETTIVO<br />
Presidente<br />
Domenico Del Barba<br />
Vicepresidente<br />
Mario Spini<br />
Segretario<br />
Davide Bonzi<br />
Consiglieri<br />
Danilo Acquistapace<br />
Enrico Bertoli<br />
Alessandro Caligari<br />
Angelo De Donati<br />
Giovanni Rovedatti<br />
Franco Scotti<br />
Oreste Zecca<br />
ISTRUTTORI DI<br />
ALPINISMO E DI<br />
SCI ALPINISMO<br />
Enrico Bertoli (ISA)<br />
Giulio Gadola (ISA)<br />
Marco Riva (ISA)<br />
Franco Scotti (ISA)<br />
Cesare De Donati (INSA/IAIl)<br />
ISTRUTTORI SEZIONALI<br />
DI ALPINISMO E DI SCI<br />
ALPINISMO<br />
Mario Spini<br />
Moreno Libera<br />
Danilo Acquistapace<br />
Gottardo Riva<br />
Riccardo Scotti<br />
ACCOMPAGNATORI DI<br />
ESCURSIONISMO<br />
Davide Bonzi (AE)<br />
Alessandro Caligari (AE)<br />
BIBIOTECA/VIDEOTECA<br />
Sono entrati in biblioteca 1<br />
manuale tecnico <strong>di</strong> alpinismo<br />
e sci alpinismo e la guida “Pale<br />
<strong>di</strong> San Martino”.. Il totale dei<br />
titoli presenti negli scaffali è<br />
363. Completano il patrimonio<br />
31 videocassette e 152 carte<br />
geografiche.<br />
E’ in corso la procedura<br />
informatizzata per la gestione<br />
della biblioteca.<br />
I CORSI<br />
Corso <strong>di</strong> ginnastica<br />
presciistica<br />
Come oramai è tra<strong>di</strong>zione<br />
da <strong>di</strong>versi anni, da ottobre<br />
2008 a marzo <strong>2009</strong>, presso<br />
la palestra <strong>di</strong> via Prati Grassi si<br />
sono svolte le lezioni del corso<br />
<strong>di</strong> ginnastica in preparazione<br />
della stagione invernale. In<br />
circa 40 ore <strong>di</strong> lezione c’è stata<br />
una me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 15 partecipanti<br />
ad incontro.<br />
LE GITE<br />
Gennaio<br />
Pescegallo – Sci alpinismo al<br />
chiaro <strong>di</strong> luna.<br />
Febbraio<br />
Ciaspolata alla Casera <strong>di</strong><br />
Olano.<br />
Aprile<br />
Sci alpinistica al Pisgana nel<br />
gruppo dell’Adamello.<br />
Maggio<br />
Gita al lago della Manzina in<br />
Valfurva (ve<strong>di</strong> pag.62).<br />
Giugno<br />
Cicloalpinistica in Val Roseg e<br />
alla Tschierva. (ve<strong>di</strong> pag.68).<br />
Luglio<br />
Semialpinistica al Pizzo Ferrè.<br />
Agosto<br />
3 giorni a Lagenfeld Huben in<br />
Austria (ve<strong>di</strong> pag.66).<br />
Settembre<br />
Cinque Terre (ve<strong>di</strong> pag.68).<br />
Ottobre<br />
Appuntamento sul Sentiero<br />
Paniga – Alpe Piazza (ve<strong>di</strong><br />
pag.72).<br />
RALLYNO DELLA<br />
ROSETTA<br />
Domenica 1 marzo 44 squadre<br />
si sono confrontate per<br />
aggiu<strong>di</strong>carsi il 22° Rallyno della<br />
Rosetta. In considerazione del<br />
rispetto dovuto a Marco Della<br />
Marianna, travolto e ucciso<br />
da una valanga sulla Cima<br />
della Rosetta, l’e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />
quest’anno è stata spostata<br />
sull’Alpe Olano. Il tracciato<br />
ine<strong>di</strong>to, dal rifugio della<br />
Corte alla Motta <strong>di</strong> Olano, ha<br />
incontrato il gra<strong>di</strong>mento dei<br />
partecipanti.<br />
Vincitori Rallyno:<br />
Flavio Colli – Davide Codega<br />
(penalità 1,186).<br />
Vincitori cronoscalata:<br />
Maurizio Torri – Gianluca Lan<strong>di</strong><br />
(<strong>di</strong>slivello 525 m - tempo 32’<br />
29”).<br />
Vincitori <strong>di</strong>scesa:<br />
Pietro Del Barba – Mauro Orlan<strong>di</strong><br />
(43”).<br />
SERATE IN SEDE<br />
19.12.2008<br />
Presentazione dell’apparecchio<br />
<strong>di</strong> ricerca in valanga (ARVA)<br />
della Ortovox.<br />
23 gennaio<br />
Serata <strong>di</strong> formazione e stage<br />
all’uso dell’apparecchio <strong>di</strong><br />
ricerca in valanga (ARVA) Pulse<br />
della Barrivox.<br />
17 febbraio<br />
Serata <strong>di</strong> <strong>di</strong>apositive<br />
“Montagne d’Africa”,<br />
presentata da Lorenzo Rizzini.<br />
3 aprile<br />
“Il turismo dell’incontro in<br />
sud America”, viaggio verso<br />
le magie an<strong>di</strong>ne con la guida<br />
Edgar Roca.<br />
15 maggio<br />
Scialpinismo sui vulcani del<br />
Cile, filmato <strong>di</strong> Franco Scotti.<br />
2 settembre<br />
Ricordo <strong>di</strong> Vincenzo Spreafico.<br />
20 novembre<br />
“Ghiacciai sotto serra”<br />
<strong>di</strong> Riccardo Scotti.<br />
I MERCOLEDÌ DEGLI<br />
UNDER 99<br />
Continuano con una buona<br />
partecipazione le uscite<br />
infrasettimanali del Gruppo<br />
Under 99”:<br />
Marzo<br />
• Pescegallo al chiaro <strong>di</strong> luna.<br />
86 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 87
• Sci alpinistica alla Cima della<br />
Pesciola in Val d’Arigna.<br />
Aprile<br />
• Scialpinistica in Valgerola.<br />
• Scialpinistica in valle Spluga<br />
Maggio<br />
• Scialpinistica in Alta<br />
Valtellina.<br />
• Escursione Savogno – Dasile<br />
in val Bregaglia.<br />
• Escursione al Monte<br />
Cornizzolo nel Triangolo<br />
Lariano.<br />
• Escursione a Bresciadega in<br />
val Codera.<br />
Giugno<br />
• Escursione al rifugio Motta<br />
in Valmalenco.<br />
• Escursione al Bregagno nei<br />
Monti Lariani.<br />
Luglio<br />
• Escursione al rifugio Marinelli<br />
dal Vallone dello Scerscen in<br />
Valmalenco.<br />
• Escursione all’Alpe Motta da<br />
Fraciscio in valle Spluga.<br />
• Escursione al bivacco del<br />
Servizio da San Sisto in valle<br />
Spluga.<br />
• Escursione in val Qualido in<br />
Valmasino.<br />
Settembre<br />
• Escursione a Pustaresc in<br />
Valtartano.<br />
• Escursione al pizzo Berro –<br />
Vesenda in valle <strong>di</strong> Albaredo.<br />
• Escursione a Laguzzola –<br />
Len<strong>di</strong>ne in val del Drogo –<br />
valle Spluga.<br />
Ottobre<br />
• Escursione al rifugio<br />
Scoggione al Legnone.<br />
• Escursione al “Pertuus” in<br />
val Vicima – Valtartano.<br />
• Escursione alla Cima<br />
Vignone da Scermendone.<br />
• Escursione a La Corvegia<br />
dall’alpe Zocca sui Monti<br />
Lariani.<br />
Novembre<br />
• Escursione a San Bartolomeo<br />
<strong>di</strong> Sorico.<br />
• Escursione sulla Costiera dei<br />
Cech ai Tre Cornini.<br />
RITROVI CONVIVIALI<br />
• Ottobre, Castagnata presso<br />
la sede sociale.<br />
• Dicembre, Cena sociale<br />
presso Antica Osteria Rapella.<br />
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88 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 89
90 <strong>CAI</strong> MORBEGNO