CAPUTI UNA FAMIGLIA NELLA MARINA MILITARE - Lucio Caputi
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A.N.M.I.<br />
Associazione Nazionale <strong>MARINA</strong>I D’ITALIA<br />
Gruppo “DANTE SUMMER”<br />
Corso Milano 39 - 20900 Monza –<br />
<strong>CAPUTI</strong><br />
<strong>UNA</strong> <strong>FAMIGLIA</strong> <strong>NELLA</strong> <strong>MARINA</strong> <strong>MILITARE</strong><br />
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Durante l’ultimo conflitto, come in altri, mille circostanze, legate agli<br />
eventi bellici, hanno segnato profondamente il destino di tante famiglie.<br />
Molte di esse sono state coinvolte in fatti dolorosi, tante in tragici<br />
episodi e altrettante disastrose conseguenze.<br />
Nei nostri racconti vi sono esempi di varie entità; fatti accaduti in<br />
circostanze che, se inseriti considerandone il periodo, potremmo definirle<br />
“normali”.<br />
Come è vero che tutto è relativo!<br />
E’ l’assuefazione che ci rende sempre meno sensibili e le nostre<br />
considerazioni sono naturalmente conseguenti agli stati d’animo del momento.<br />
Sono perciò riflessioni occasionali che, prima o poi, saranno seguite<br />
da quelle che riflettono la pura realtà.<br />
Ci soffermiamo necessariamente su questa famiglia, nel tentativo, fin<br />
dai primi contatti, di poterla considerare, nel succedersi degli eventi, fra i<br />
principali protagonisti di quelle vicende.<br />
Vorremmo, poter riflettere con quella calma e sensibilità acquisita, che<br />
il nostro ambiente, quello marinaro, ci ha trasmesso nel corso degli anni, e<br />
poterne comporre gruppi omogenei elencandone i nomi che il destino, spesso<br />
crudele, ha voluto rendere indissolubili.<br />
Questi gli episodi con i principali protagonisti:<br />
Carmen Ketty <strong>Caputi</strong>, consorte del T.V. Umberto De Julio<br />
Comandante del sommergibile Barbarigo.<br />
Guido <strong>Caputi</strong> con l’incrociatore Gorizia prima e la corazzata Roma<br />
poi.<br />
Aldo <strong>Caputi</strong> con il Cacciatorpediniere Pancaldo prima e un aereo<br />
ricognitore della Marina poi.<br />
Sergio <strong>Caputi</strong> con l’aviazione della Marina.<br />
E’ suggestivo elencarne i nomi e fonderli con quelli che intrinsecamente<br />
appartengono alla Marina come quelli delle navi e dei luoghi.<br />
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Potremo così ottenere una idonea premessa che possa inserirci negli<br />
stessi avvenimenti che si distendono nella storia, poiché in quella che ci viene<br />
raccontata, generica e spesso superficiale, non appaiono mai.<br />
Desideriamo, con l’augurio di riuscirci, volerci inserire nell’altra storia,<br />
quella con la “s” minuscola che, con un po’ di presunzione, riteniamo<br />
certamente più genuina e vera.<br />
In essa enunciamo particolari che hanno investito, spesso<br />
drammaticamente e nella forma più piena e intensa, i sentimenti personali<br />
nelle sue più intime manifestazioni .<br />
E’ la forma che integralmente enuncia la verità sacrosanta e che da<br />
essa non potrà mai dissociarsi.<br />
Riteniamo sia indispensabile, prima di considerare i protagonisti , dare<br />
una doverosa scorsa alle lontane origini di questa famiglia.<br />
Dalle notizie forniteci da <strong>Lucio</strong> <strong>Caputi</strong>, uno dei suoi componenti,<br />
ricavate da minuziose ricerche, apprendiamo che trattasi di una grande e molto<br />
numerosa comunità.<br />
Tantissime sono le generazioni e i gruppi familiari da essi composte,<br />
che hanno attraversato il corso di più secoli.<br />
In maggiore evidenza, anche nel numero dei suoi componenti, è<br />
certamente quella a noi più vicina, scorta e considerata con maggiore<br />
interesse per i suoi peculiari motivi.<br />
Una famiglia composta dai genitori Oreste <strong>Caputi</strong> e Maria Stella e da<br />
dieci figli che elenchiamo in ordine di tempo dal 1911 al 1938:<br />
Carmen Ketty, Mario, Guido, Aldo, Sergio, Bruno, <strong>Lucio</strong>, Anna Maria,<br />
Paolo e Tullia.<br />
Tra questi nomi, abbiamo già elencati quelli più direttamente coinvolti<br />
nei nostri episodi.<br />
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Gruppo di famiglia. Da sinistra: Papà Oreste, Aldo, Guido, <strong>Lucio</strong>(papà di Gipsy) in<br />
braccio alla mamma, Mario, Ketty. Al centro con Sergio il piccolo Bruno.<br />
Dobbiamo intanto compiere il dovere di esporre qualche pensiero e<br />
considerazioni sui genitori Oreste e Maria, anch’essi protagonisti in questi<br />
eventi bellici da loro certamente indesiderati.<br />
Per questi genitori, le prerogative che si addicono a chi, per primo, deve<br />
guidare e proteggere la famiglia che rimane sempre il caposaldo della società.<br />
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Il padre. Oreste <strong>Caputi</strong>.<br />
Uomo integerrimo, savio, laborioso, padre<br />
esemplare che, sempre con grande umiltà, ha<br />
dedicato tutto il suo impegno alla famiglia non<br />
dissociando la carezza dal delicato e attento<br />
richiamo alla buona educazione e ai valori quali la<br />
Patria, il lavoro, la famiglia, l’onestà, la dignità,<br />
l’amicizia.<br />
E’ in essi valori l’eredità più preziosa.<br />
Grande e superba volontà non disgiunta<br />
dall’interessamento nel sociale, tutto nella<br />
consapevolezza che il costante e sano impegno<br />
verso i figli, si riflette incomparabilmente verso la<br />
società, che senza di esso non potrà mai essere<br />
migliore.<br />
Costantemente instancabile fino<br />
all’immancabile resoconto finale giunto alla<br />
veneranda età di 92 anni. Il Signore lo avrà<br />
certamente premiato.<br />
Un grandissimo esempio che merita essere interamente considerato e<br />
seguito. .<br />
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La mamma. Maria Stella.<br />
Mamma è certamente l’unica parola<br />
universalmente compresa.<br />
Se l’amore più dolce, più sublime è<br />
quello di una mamma per la sua creatura,<br />
quanto grande è la tristezza e acuto e<br />
insanabile il suo dolore per la perdita.<br />
Il cuore della mamma è al centro di ogni<br />
nobile sentimento che mai fallisce. E’ il solo su<br />
cui si può sempre contare.<br />
Per questa nostra “mamma”, non<br />
troviamo parole che possano degnamente<br />
accostarsi al sentimento che intensamente<br />
scuote il nostro pensiero.<br />
Si dice che, sotto le ali del tempo, tutto<br />
può essere dimenticato. Ciò non vale per la<br />
memoria della mamma.<br />
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M<br />
Maria Stella con in braccio il piccolo<br />
Guido<br />
Abbiamo così composta una “famiglia” numerosa, interamente legata ai<br />
destini degli eventi bellici che andremo ad esporre, possibilmente con quei<br />
particolari che riflettono, nella loro essenza, quelle condizioni mai esposte nelle<br />
pagine della Storia.<br />
Si tratta invece di fondere in esse pagine, l’intero animo umano nelle<br />
sue più intime manifestazioni che hanno spesso lasciato piaghe insanabili, che<br />
nel tempo, come l’andare delle onde del mare, nel loro inesorabile procedere,<br />
si infrangono su ogni ostacolo disintegrandosi.
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“Come mia nonna Maria abbia potuto sopportare le conseguenze di<br />
questi tragici eventi per aver perduto, in così breve tempo, tre figli.”<br />
E’ una frase che esprime una umanissima considerazione, pronunciata<br />
da Gipsy figlia di <strong>Lucio</strong> <strong>Caputi</strong> che, a suo tempo, venne esonerato dal servizio<br />
militare perché suoi fratelli lo avevano già prestato.<br />
Gipsy ha sposato il mio secondogenito Sergio, che, acquisito, è entrato<br />
a far parte di questa comunità.<br />
Gipsy assieme al marito.<br />
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Nel corso degli anni, altri figli sono cresciuti ed hanno ricomposto questa<br />
antica famiglia napoletana con tutte le sue autentiche tradizioni, nel perenne<br />
riverente ricordo di tutti i suoi componenti così tragicamente coinvolti nel<br />
compimento del dovere.<br />
E’ ancora Gipsy a parlare:<br />
“Siamo cresciuti in un ambiente dove la considerazione sulla<br />
morte ci aveva così assuefatti che sembrava ne fossimo quasi del tutto<br />
insensibili.”<br />
Un’altra triste constatazione che, oltre ai danni materiali, le guerre con<br />
le loro inspiegabili e ingiustificabili violenze, non fanno che peggiorare gli<br />
uomini e con essi il mondo.<br />
Abbiamo espresso, in varie circostanze il nostro pensiero critico sulla<br />
guerra che non possiamo che confermare con estrema decisione.<br />
Genuini rimangono comunque i sentimenti sempre più colmi di<br />
riverente affetto verso chi ha subito mali e tristezze fino alle più tragiche<br />
conseguenze.<br />
Tra le innumerevoli famiglie coinvolte e travolte dagli eventi bellici,<br />
quella dei <strong>Caputi</strong> è forse fra quelle più sfortunate.<br />
Noi vogliamo ricordarle tutte nella consapevolezza che la loro memoria<br />
possa indurci ad intense riflessioni e ad un definitivo convincimento che il loro<br />
sacrificio non resti vano e che la violenza, comunque essa si presenti, non fa<br />
che provocare e produrre disgrazie, sventure, miserie, tristezze, dolori e<br />
sofferenze di ogni genere.<br />
Sentiamoci una buona volta uniti in queste riflessioni e in questo<br />
convincimento.<br />
E’ la sola condizione che, finalmente, possa sconfiggere il male.<br />
Soprattutto in questo è indispensabile crederci ed aver fede nella evangelica<br />
promessa della definitiva vittoria del bene.<br />
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GLI EVENTI<br />
Carmen Ketty <strong>Caputi</strong> (1911), il TV Umberto De Julio e il smg Barbarigo.<br />
Carmen, primogenita della famiglia, è la consorte dell’ultimo<br />
comandante di questa nostra unità il TV Umberto De Julio.<br />
Il Comandante Umberto De Julio con Carmen Ketty<br />
<strong>Caputi</strong> il giorno del loro matrimonio.<br />
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Un momento del<br />
matrimonio
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Il STV De Julio qualche anno prima del suo imbarco sul Barbarigo.<br />
Il primo sommergibile con questo nome fu costruito nei cantieri<br />
Fiat S.Giorgio del Muggiano e varato il 18-11-1917.<br />
Il primo sommergibile Barbarigo -1917<br />
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“Par animo gloria” è il motto del sommergibile.<br />
Il secondo sommergibile Barbarigo - 1938<br />
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Il secondo, che è quello cui ci riferiamo, è stato costruito nei cantieri di<br />
Monfalcone e varato il 12-06-1938.<br />
Durante il conflitto ha compiuto 14 missioni affondando 39.299 tons di<br />
naviglio. Ha operato prettamente in Atlantico.<br />
Betasom (Bordeaux) era la sua base navale.<br />
Il nome gli venne dato in onore di Agostino Barbarigo, doge della<br />
Repubblica veneta.<br />
Il 2 luglio del 1940 fu al comando del C.C. Giulio Ghiglieri che il 13 luglio<br />
del 1941 passò le consegne al nuovo Comandante C.C. Francesco Murzi.<br />
Cambiato nuovamente comandante (il capitano di corvetta Enzo Grossi),<br />
il 22 ottobre lasciò Bordeaux diretto fra Oporto, le Azzorre e lo stretto di<br />
Gibilterra; vi arrivò quattro giorni dopo e cercò più volte di attaccare unità<br />
nemiche, senza mai riuscirci a causa del maltempo e dovendo infine rientrare<br />
alla base.<br />
Il 30 aprile salpò per l’ottava missione in Atlantico e il 17 maggio giunse<br />
nel proprio settore d’operazioni, al largo di Capo San Rocco.<br />
6/10/42<br />
“Bollettino straordinario, 721 venti corrente ore 2,50 di Roma, largo<br />
coste brasiliane, cento miglia ponente isola Ferdinando Noronha,<br />
sommergibile Barbarigo comandato Cap.Corvetta Enzo Grossi, attaccava<br />
formazione navale statunitense diretta verso sud. Barbarigo passava<br />
all’attacco evitando cacciatorpediniere di scorta, lanciava da poche<br />
centinaia di metri di distanza, salva siluri contro la corazzata classa<br />
Maryland, 32.000 tonnellate armata 8 cannoni da 406 mm. Nave da<br />
battaglia colpita proravia da siluri, in breve tempo affondava.”<br />
ll 24 gennaio 1943 iniziò la sua decima missione atlantica con il<br />
T.V. Roberto Rigoli come nuovo comandante.<br />
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Si decise poi di trasformarlo in sommergibile da trasporto per missioni<br />
verso l’Estremo Oriente: i lavori durarono da marzo a fine maggio del 1943 e<br />
comportarono la rimozione di cannoni, tubi lanciasiluri, alcuni componenti delle<br />
batterie, uno dei periscopi e altro.<br />
Il Comandante del Barbarigo TV Umberto De Julio.<br />
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Il Comandante De<br />
Julio in plancia.
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Il 16 giugno 1943 lasciò Bordeaux con destinazione Batavia (o<br />
Singapore), al comando del Tenente di Vascello Umberto de Julio e con a bordo<br />
130 tonnellate di materiali e, oltre all’equipaggio, tre uomini destinati alla<br />
nuova base da costituire a Singapore; il 24 giugno avrebbe dovuto segnalare la<br />
posizione a Betasom, ma non lo fece: dal Barbarigo non giunsero mai più<br />
notizie.<br />
Distintivi e simboli del Smg. Barbarigo<br />
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Un’altra immagine del Barbarigo<br />
In varie azioni effettuate dagli alleati anglo-americani furono segnalati<br />
anche attacchi a sommergibili nella zona dove avrebbe dovuto trovarsi il<br />
Barbarigo.<br />
L’ordine per il sommergibile era quello di navigare in immersione.<br />
Dobbiamo comunque tener conto che, una qualsiasi avaria o altra<br />
necessità, potrebbero averlo indotto a salire in superficie con la conseguenza di<br />
essere avvistato e attaccato.<br />
Dall’esame minuzioso, comunque forzatamente assunte da notizie<br />
approssimate e incomplete, delle azioni svolte dagli Alleati nella zona,<br />
verosimilmente il sommergibile fu affondato da attacchi aerei, il 19 giugno ’43.<br />
Con esso scomparvero il Comandante Umberto De Julio, 6 ufficiali e 52<br />
fra sottufficiali e marinai.<br />
Erano trascorsi poco meno di due anni, da quando, altrettanto<br />
sfortunata, fu la consorte del nostro comandante . Carmen Ketty <strong>Caputi</strong>,<br />
primogenita della nostra famiglia.<br />
Ketty, nel settembre 1941, a soli trent’anni, morì di tifo lasciando il<br />
marito e tre tenerissimi figli, Paola di quattro anni, Sergio di tre e Gabriella di<br />
quattro mesi.<br />
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I tre figli del Comandante De Julio: Paola,Sergio e Gabriella.<br />
Fu un infame destino avverso alla povera giovane madre, quel destino<br />
che non perde nessuna occasione affinché i suoi misfatti vengano compiuti<br />
Tragedia nella tragedia fu la scomparsa del nostro Umberto, giovane<br />
marito, padre e marinaio che, travolto da quell’evento terribile, sentiva, forse<br />
più di quanto non fosse necessario, di dover comunque adempiere al suo<br />
dovere.<br />
Parliamo di necessità perché, per la situazione venutasi a creare dopo la<br />
scomparsa della sua amatissima compagna, tenuto conto anche degli altri<br />
imprescindibili suoi doveri, avrebbe potuto ottenere l’esonero dal servizio,<br />
anche se parziale, magari attraverso una diversa destinazione che gli avrebbe<br />
consentito di evitare, da parte sua, l’abbandono delle tre piccole creature.<br />
Certo, vi erano i parenti ma mancavano il padre e la madre. Una<br />
mancanza definitiva che provoca inevitabilmente dei traumi che potranno<br />
essere alleviati, ma non verranno mai ne risolti ne circoscritti.<br />
I figlioli del Comandante De Julio con lo zietto Paolo, poco più grande di loro.<br />
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Con quale diritto possiamo noi voler giudicare, con la pretesa di essere<br />
nel giusto, invadendo i sentimenti , inevitabilmente costretti ad una dura lotta<br />
fra i doveri da compiere, quello del genitore e l’altro, anch’esso gravoso, di<br />
Ufficiale della Regia Marina, in momenti così difficili che imponevano il<br />
compimento di doveri forse determinanti.<br />
Papà Umberto e il Comandante De Julio, in un solo individuo, in questa<br />
lotta fra valori inevitabilmente separati, partì col suo Barbarigo per quella<br />
missione speciale, fiducioso e, forse speranzoso, di poter tornare, per non<br />
lasciare nulla di intentato e poter provvedere a sanare la situazione tragica<br />
venutasi a creare adempiendo anche a ciò che gli imponeva il dovere verso la<br />
famiglia.<br />
Non aveva fatto i conti con la sua fortuna, davvero cieca, che gli è stata<br />
totalmente e crudelmente avversa.<br />
Un’analisi, che senza voler essere quella definitiva, in piena umiltà,<br />
riteniamo la più prossima alla realtà.<br />
Un evento di un contenuto tragico e penetrante anche nei cuori meno<br />
sensibili, che coinvolse l’intera famiglia e sul quale non si può che rimanere<br />
colpiti e fortemente spinti ad immedesimarsi in quelle indescrivibili umane<br />
reazioni.<br />
Seguendo questi eventi, anche noi, che abbiamo vissuto e<br />
“attraversato” quel periodo, forse ne veniamo più pesantemente coinvolti.<br />
Prevale inoltre l’istintivo raziocinio del comune essere umano, sollecitato<br />
da quella naturale sensibilità che, particolarmente per chi legato all’ambiente,<br />
ne riceve e, in maniera più sentita, ne avverte le reazioni interiori.<br />
Ho avuto la felice opportunità di poter contattare Gabriella, la figlia<br />
minore del TV Umberto De Julio ultimo Comandante del Barbarigo.<br />
Ho ritenuto più che opportuno, riportare integralmente, la lettera che mi<br />
ha trasmesso.<br />
Il suo contenuto, meglio di qualunque altra descrizione, potrà<br />
trasmetterci le sensazioni conseguenti all’evento e, per la sua gravità,<br />
obbligarci a riflettere.<br />
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Penso comunque che, prima di azzardare giudizi definitivi, è del tutto<br />
necessario, come in ogni evento su cui discutere e analizzare, collocarsi e<br />
immedesimarsi nell’ambiente del periodo in cui quegli eventi sono accaduti.<br />
Ora leggiamo la lettera di Gabriella De Julio:<br />
“Caro Antonio,<br />
ci siamo sentiti un paio di settimane fa al telefono: sono la cugina di<br />
Gipsy, Gabriella De Julio figlia di Umberto.<br />
Per facilitare la conversazione ci eravamo dati del tu, quindi continuo su<br />
questa linea.<br />
Ho lasciato passare un po' di tempo prima di scriverti, perché volevo<br />
raccogliere le idee ed esserti di aiuto nel tuo complesso lavoro.<br />
Purtroppo non credo di poter far molto, anzi credo che dirò qualcosa che<br />
potrebbe perfino dispiacerti.<br />
Nel settembre del 1941, quando io avevo solo 4 mesi, mia madre Ketty<br />
<strong>Caputi</strong> si ammalò di tifo e morì.<br />
Mio padre rimase vedovo con tre figli piccolissimi ed era certamente<br />
annientato dal dolore per la perdita della moglie amatissima, ma decise di<br />
partire ugualmente per continuare la sua missione militare e, come sai, non è<br />
più tornato.<br />
Prima di partire ci ha affidato ai parenti di mia madre: mia sorella e<br />
mio fratello maggiori a tre zii single e io ai miei nonni.<br />
Siamo cresciuti separati ma educati all'amore fraterno da persone<br />
meravigliose, che sono state capaci di costruirci le figure genitoriali con<br />
descrizioni opportune ma che comunque non hanno potuto evitare che ci<br />
sentissimo non solo orfani, ma "orfani di guerra".<br />
Io sapevo recitare la preghiera del marinaio e riempivo i miei<br />
quaderni con disegni di sommergibili.<br />
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A dicembre andavo alla festa che la Marina Militare organizzava per gli<br />
orfani e ricevevo il mio regalo di Natale e a fine anno scolastico, se<br />
raggiungevo una buona media, vincevo una borsa di studio.<br />
Gli altri bambini di casa con cui sono cresciuta (i miei giovani zii poco<br />
più grandi di me) mi guardavano con una punta di invidia perché nel<br />
dopoguerra, ricevere regali o addirittura una piccola somma di denaro, era<br />
fuori del comune, ma io non riuscivo a gradire niente di tutto ciò; mi sentivo<br />
mortificata e diversa.<br />
La guerra, la terribile guerra ancora così presente nella percezione<br />
generale, mi aveva tolto quello che tutti i bambini hanno diritto di avere e mi<br />
sentivo sola e a volte incompresa.<br />
Per anni ho sperato che mio padre, dichiarato disperso, un giorno<br />
potesse tornare e quando ho fatto la Prima Comunione, pur sapendo che era<br />
impossibile, ho chiesto a Gesù di esaudire il mio desiderio.<br />
Quando ho cominciato ad acquisire maggiori capacità riflessive e<br />
critiche, mi sono posta una serie di domande che non erano tanto in linea con<br />
la visione romantica che mi si era formata nell'infanzia:<br />
- Quale sentimento deve prevalere in una persona: l'amore per la<br />
patria o quello per la propria famiglia?<br />
-E’ giusto lasciare tre bambini di 4, 3 e 1 anno e dividerli?<br />
-Poteva mio padre rinunciare alle missioni di guerra?<br />
In cuor mio avevo le risposte, ma mi costava troppo "giudicare" mio<br />
padre, quindi me la sono presa, di volta in volta, con le circostanze, con i<br />
condizionamenti di un'educazione fascista, con un esagerato attaccamento alla<br />
Marina Militare.<br />
Con la maturità ho capito che questo attaccamento, formatosi sin dal<br />
tempo dell'Accademia, in fondo era anche giusto e gli faceva onore.<br />
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E allora, ho aggiunto a tutte queste ipotesi una più umana, quella della<br />
paura di affrontare la vita con tre figli senza avere accanto la compagna che<br />
aveva scelto.<br />
Del resto quando è partito aveva solo 30 anni... e così l'ho perdonato.<br />
Ecco in sintesi quello che posso dire di mio padre.<br />
Del Tenente di Vascello Umberto De Julio so poco più di quello che<br />
sanno tutti gli altri.<br />
Durante la mia vita di adulta, mi è capitato di vivere situazioni che<br />
,senza alcun preavviso, mi hanno catapultato nell’atmosfera di smarrimento e<br />
dolore che vivevo da bambina.<br />
Ne voglio ricordare due che testimoniano lo smarrimento e il dolore di<br />
altre persone.<br />
La prima risale agli anni ’70.<br />
Mi trovavo a Capri con la mia famiglia e nel salire su un taxi (all’epoca<br />
c’erano delle vetture lunghe e basse) mio marito esclamò:<br />
“Mi sembra di entrare in un sommergibile!” Il tassista si turbò molto e<br />
rispose che lui era stato sommergibilista durante la guerra.<br />
“Anche il padre di mia moglie era imbarcato su un sommergibile…”<br />
soggiunse mio marito, ma non ebbe il tempo di aggiungere altro perché<br />
l’autista, con la voce rotta dall’emozione, lo interruppe: “Non ditemi niente… E’<br />
tornato?”<br />
L’umanità della sua domanda ci lasciò tutti senza parole e riprendere la<br />
conversazione fu emozionante e coinvolgente. Quando gli dissi come si<br />
chiamava mio padre lui esclamò:<br />
“Il Comandante De Julio! Certo che l’ho conosciuto, ho navigato con lui<br />
e mi ricordo che era una persona severa ma giusta.” I suoi contatti con mio<br />
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padre erano stati limitati e non poté dirmi di più, ma per me fu molto<br />
significativo aver sentito queste poche informazioni da una persona estranea.<br />
Erano passati più di 25 anni, ma quell’uomo non aveva ancora superato<br />
lo shock della guerra e lo si notava dal turbamento che manifestava nel parlare<br />
con noi, dalla commozione che esprimeva, dal tremore della sua voce…<br />
Ancora oggi l’incontro con lui è molto vivo nei nostri ricordi.<br />
La seconda situazione di cui voglio parlare risale agli anni ’80.<br />
Ero in vacanza in un piccolo chalet che avevamo preso in Val Sesia e<br />
seguivo alla radio una di quelle trasmissioni nelle quali si invita il pubblico ad<br />
intervenire su un tema stabilito.<br />
In quell’occasione si parlava della morte e della capacità o meno di<br />
affrontarla. C’era un gruppo di esperti, tra i quali una psicologa, che<br />
partecipavano alla discussione insieme al conduttore.<br />
Io seguivo un po’ distrattamente la trasmissione quando fui<br />
letteralmente catturata da una telefonata: era la sorella di un marinaio<br />
imbarcato sul Barbarigo (il sommergibile su cui era imbarcato anche mio<br />
padre), che raccontava la tragedia vissuta dalla sua famiglia negli anni ‘40,<br />
sempre in attesa di qualche notizia del loro caro.<br />
Questa donna, che all’epoca era una bambina poco più grande di me,<br />
era stata condizionata dal dramma familiare e aveva una grande difficoltà ad<br />
affrontare i problemi importanti della vita e della morte, nonostante avesse<br />
raggiunto la maturità.<br />
Si può immaginare la ridda di emozioni che scatenò in me questa<br />
telefonata, ma più che di me, io volevo parlare della donna che aveva portato a<br />
conoscenza del grande pubblico della radio le sue difficoltà emotive.<br />
A distanza di 40 anni la sua vita era ancora condizionata dal lutto<br />
subito e lei chiedeva aiuto agli esperti perché le spiegassero come superare il<br />
suo grande problema e affrontare più serenamente il proprio futuro…<br />
Sono a tua disposizione per qualsiasi domanda tu voglia pormi e resto in<br />
attesa di una tua mail.<br />
Ti saluto cordialmente<br />
Gabriella De Julio.”<br />
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Ora, dopo la lettura di questa lettera, rimane, senza il minimo dubbio,<br />
l’obbligo di una serena riflessione.<br />
Le espressioni e gli atteggiamenti di una signora nei suoi ricordi di<br />
bambina, rimasta orfana soprattutto a causa degli eventi bellici che lei non<br />
riesce a spiegarsi, ci presentano umane situazioni di una gravità tale che non<br />
possono lasciarci in alcun modo insensibili.<br />
Che le nostre serene riflessioni possano essere di giovamento per un<br />
futuro migliore, è l’augurio che auspichiamo sempre dopo ogni fatto o evento<br />
negativo. Bisogna ricercarne le cause e trovare nuovi atteggiamenti affinchè<br />
le conseguenze non si ripetano similmente, ma invertano il loro senso.<br />
Sarebbe ora che ciò avvenisse! In nome di tanti concetti errati di Patria,<br />
si sono commessi infiniti delitti e si è inutilmente versato tanto sangue.<br />
Patria o famiglia? Una domanda grave che la ragazza si pone a cui non<br />
è facile rispondere.<br />
Provo ad esprimere un mio concetto relativo all’argomento, maturato<br />
nel corso delle esperienze di vita che, in ogni caso, per la sua estrema<br />
importanza, continua a lasciarmi nelle indecisioni e nei dubbi.<br />
Intanto penso,quanto meno, si possa stabilire, secondo il mio modesto<br />
convincimento, che trattasi di un binomio indissolubile, dove comunque, fra le<br />
maggiori e più dirette responsabilità del singolo individuo, sono ovviamente e<br />
naturalmente da privilegiare quelle verso la famiglia.<br />
I due valori, in tal senso, penso non si possano discernere . Sono gli<br />
individui e le famiglie che compongono la comunità con i valori ad essa legati.<br />
Nel concetto vero di Patria predomina quello dell’assoluto altruismo.<br />
Non possiamo intendere patrie diverse perché il fondamentale concetto<br />
ha un contenuto prettamente morale.<br />
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Questo concetto, per mio conto, dovrebbe avvicinarsi sempre più a<br />
quello di “Umanità”. E’ il punto di arrivo e la strada da percorrere per giungere<br />
alla meta, è davvero molto lunga con infiniti grandi e piccoli tratti impervi da<br />
superare.<br />
Rimarrà un sogno o potrà un tempo realizzarsi?<br />
Umanità è la Patria dell’uomo che considera fratelli tutti i suoi simili.<br />
Che peccato! Tanti uomini si sono smarriti nel dedalo dei nazionalismi<br />
esacerbati e delle divisioni razziali che, inesorabilmente, prima o poi, aprono<br />
su strade che non dovremmo mai percorrere.<br />
Per tanti uomini, come i protagonisti dei nostri episodi dei quali<br />
certamente non sono causa, vogliamo mettere in atto la nostra coscienza nel<br />
considerare e tenere ben presente la loro buona fede.<br />
In situazioni così difficili e precarie, ci si può trovare in stati d’animo<br />
confusi e incerti che possono limitare e confondere le nostre facoltà da<br />
condurci a comportamenti ed azioni inconsulte con tante probabili incertezze.<br />
Fare dei semplici cenni su di un argomento che merita certamente<br />
intense ricerche e maggiori e più sereni giudizi, è il minimo indispensabile per<br />
invitare, prima di giungere ad un esame definitivo, ad una sempre più intensa<br />
e costante riflessione che investe pienamente la propria coscienza.<br />
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Guido <strong>Caputi</strong>, l’incrociatore Gorizia e la corazzata Roma.<br />
Diamo alcuni dati su queste unità.<br />
Il Gorizia venne impostato il 17 marzo 1930 nei cantieri Odero Terni<br />
Orlando di Livorno. Fu varato il 28 dicembre 1930 e consegnato alla Marina il<br />
23 dicembre del 1931.<br />
L’incrociatore “Gorizia”<br />
Con il Fiume e il Pola apparteneva alla classe Zara con un dislocamento di<br />
10.000 tonnellate.<br />
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Il Gorizia differiva dalle altre tre navi in alcuni particolari delle<br />
sovrastrutture, autonomia e dislocamento ( 11.900 tons.).<br />
Ebbe migliori fortune delle altre tre che furono affondate nella battaglia<br />
di Capo Matapan che avvenne il 28 e 29 marzo ’41 nelle acque del<br />
Peloponneso fra l’isola di Gaudo e Capo Matapan.<br />
Nello scontro, oltre ai tre incrociatori Pola, Fiume e Zara, affondarono<br />
anche i caccia Carducci e Alfieri. Una tremenda sconfitta con perdite umane<br />
che raggiunsero i 2.331 morti.<br />
Questo grave evento era seguito, solo dopo breve tempo, a quello di<br />
Taranto dell’ 11 novembre 1940 nel quale subimmo incalcolabili perdite.<br />
Il Gorizia venne danneggiato il 10-4-43 a La Maddalena da un attacco<br />
aereo americano. Raggiunse La Spezia per i lavori di riparazione.<br />
L’8 settembre del 43, l’armistizio capovolse e mise in una illeggibile<br />
stato, l’intero campo bellico.<br />
La mattina del 9 settembre la nave, abbandonata dal suo equipaggio e<br />
dagli operai addetti ai lavori, venne catturata dai tedeschi.<br />
Il 26 giugno del ’44, nella rada di La Spezia, venne attaccata e<br />
affondata da mezzi d’assalto italo britannici.<br />
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Qualche notizia sulla corazzata Roma.<br />
La corazzata ROMA – La Spezia - 1943<br />
E’ della classe Littorio che comprende 4 unità: Littorio, Vittorio<br />
Veneto, Roma e Impero.<br />
La Roma venne consegnata alla Marina il 14 giugno 1942.<br />
Venne gravemente danneggiata da bombardamenti aerei USA alla<br />
fonda a La Spezia.<br />
Ritornò operativa, dopo le riparazioni, il 13 agosto del ’43.<br />
Il giorno dopo l’armistizio, il 9 settembre ’43 venne ordinato che assieme<br />
ad altre unità, raggiungesse La Maddalena.<br />
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Con la Roma, al comando dell’Amm. Bergamini, componevano il gruppo<br />
gli Incrociatori Eugenio di Savoia e Regolo, la Corazzata Italia, i Ct<br />
Mitragliere, Carabiniere, Fuciliere , Impetuoso e le Torpediniere Pegaso e Orsa.<br />
Queste unità vennero attaccate da bombardieri tedeschi armati con le<br />
nuove bombe autoguidate plananti Ruhrstahl SD 1400 che colpirono la Roma.<br />
La nave, danneggiata gravemente affondò alle 16,11.<br />
Vi furono gravissime perdite.<br />
Dopo l’affondamento della Roma dove perì anche l’Amm. Bergamini, il<br />
Comando venne preso dall’Amm. Oliva imbarcato sull’Eugenio di Savoia.<br />
Con i marinai periti, anche l’ufficiale direttore di tiro TV. Guido<br />
<strong>Caputi</strong> altro componente la nostra “famiglia” che sbarcato dal Gorizia,<br />
venne inviato sulla Roma in sostituzione di un collega ammalato.<br />
Lasciò la moglie Bonita e la figlioletta Barbara di appena un anno.<br />
Diretto a Malta, questo gruppo di navi doveva congiungersi con quello<br />
proveniente da Taranto al comando dell’Amm. Da Zara di cui facevano parte:<br />
la corazzata Duilio, gli incrociatori Cadorna, Pompeo Magno e il Ct. Da Recco.<br />
Qualche giorno dopo giunsero a Malta la corazzata Giulio Cesare e la<br />
nave ausiliaria Miraglia scortate da un idrovolante Cant.Z 506.<br />
Le unità maggiori Vittorio Veneto e Italia vennero internate per un lungo<br />
periodo ai Laghi Amari.<br />
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Aldo <strong>Caputi</strong>, il Ct Pancaldo e un ricognitore della Marina.<br />
Un eccezionale fantastico marinaio e una nave superlativa con un curriculum<br />
particolare.<br />
Il nome Leone Pancaldo fu dato alla nave in onore del navigatore ligure<br />
nato a Savona il 1488 che partecipò con Magellano alla spedizione intorno al<br />
mondo.<br />
Il motto “ D’aquila penne, ugne di leonessa” è tratto da Merope 1912 di<br />
D’Annunzio.<br />
Nata con le caratteristiche di esploratore (alta velocità e forte<br />
autonomia) entrò in servizio nel novembre del 1929.<br />
L’ esploratore “Pancaldo”.<br />
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Nel 1930 ha partecipato alla Crociera Atlantica in occasione della<br />
transvolata Italia-Brasile.<br />
Dal 1936 al ’38 è stata impegnata nella guerra di Spagna.<br />
Nel 1939-’40 nei cantieri di Muggiano vennero apportate le modifiche<br />
che la trasferirono nella categoria dei cacciatorpediniere le cui caratteristiche<br />
erano velocità oltre 30 nodi, autonomia di oltre 4.000 miglia.<br />
Il 9 luglio del ’40 ha partecipato alla battaglia di Punta Stilo. Con i due<br />
caccia Da Noli e Vivaldi vennero chiamati in sostituzione di altre unità simili<br />
indisponibili.<br />
Il giorno successivo, il Pancaldo, nella rada di Augusta, venne attaccato<br />
da aerosiluranti inglesi Swordfish che lo colpirono sul lato sinistro della prua<br />
con danni molto gravi che ne causarono l’affodamento.<br />
feriti.<br />
La nave si adagiò su un fondale di circa 25 metri.<br />
Trenta uomini risultarono fra morti e dispersi . Vi furono anche nove<br />
Buona parte dell’equipaggio riuscì a salvarsi. Fra questi, per sua<br />
fortuna, anche il nostro giovane ufficiale Aldo <strong>Caputi</strong>.<br />
Il primo siluro lanciato dall’aereo era finito sulla spiaggia. Fu il secondo<br />
che colpì il bersaglio. Una tremenda esplosione danneggiò gravemente la nave<br />
squarciando lo scafo sul lato sinistro della prua. Inclinatosi sulla destra, con la<br />
poppa verso l’alto, la nave iniziò ad affondare.<br />
Aldo dice:<br />
“ Ero rimasto intontito e non riuscivo a raccapezzarmi. Mi sentivo come<br />
se fossi fuori dell’accaduto.<br />
Riuscii ad orientarmi con le lucette rosse del centralino telefonico per<br />
uscire fuori in coperta ed evitare di rimanere intrappolato. La nave, in<br />
posizione quasi verticale, era già affondata per metà.<br />
Mi precipitai all’esterno trascinando con me in acqua un marinaio quasi<br />
svenuto. Ci allontanammo dallo scafo che ormai presentava in superficie solo la<br />
parte poppiera, evitando di rimanere coinvolti nel risucchio.<br />
Nuotando ci avviammo per raggiungere la riva.”<br />
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Aldo <strong>Caputi</strong>, attivissimo e sempre colmo di una volontà ferrea, subito<br />
dopo il naufragio del Pancaldo, decise di seguire un corso per ufficiale<br />
osservatore.<br />
Sullo stretto di Messina, su di un ricognitore della Marina, in<br />
esercitazione, durante il decollo,mentre Aldo, come osservatore, era intento<br />
ad effettuare il collegamento radio, forse per un banale errore o una svista del<br />
pilota, l’aereo andò a picchiare contro l’albero di una nave.<br />
Precipitò in mare e l’impatto violento lo ridusse in più pezzi che<br />
affondarono in pochi secondi.<br />
Aldo racconta:<br />
“ Il ricognitore affondava letteralmente disintegrato.<br />
Riuscii a liberarmi dai cosciali del paracadute che mi avrebbero<br />
inesorabilmente trascinato nel fondo dello stretto.<br />
Dopo alcuni minuti, non so quanti ,(in quei momenti il tempo è<br />
incalcolabile), riuscii a risalire in superficie. Purtroppo il mio amico pilota venne<br />
trascinato sul fondo.<br />
Riportai una frattura al cranio. Anche questa volta la fortuna è stata<br />
dalla mia parte!”<br />
Quando partì per Livorno per frequentare l’Accademia Navale, disse:<br />
“Sentivo con sempre maggior forza e volontà, di voler appartenere alla<br />
Patria!”<br />
Adagiato su un fondale di circa 25 metri nella rada di Augusta, dopo<br />
oltre un anno di intenso lavoro, il 26 luglio del 1941, il Pancaldo venne<br />
riportato in superficie.<br />
Dopo ulteriori lavori di ammodernamento, la nave, il 12 dicembre del<br />
1942 ritornò in servizio .<br />
A quasi due anni e mezzo dal siluramento, nel marzo del ’43 tornò<br />
operativa.<br />
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Il 30 aprile del ’43 conduceva una missione di scorta ad un convoglio di<br />
truppe tedesche assieme al Ct. tedesco Hermes.<br />
Nel canale di Sicilia,vennero attaccati da una forza aeronavale alleata<br />
costituita da 5 aerosiluranti, 12 cacciatorpediniere e 32 bombardieri.<br />
Malgrado da quell’attacco sembrava non esserci nessuna via di scampo,<br />
il Ct tedesco Hermes riuscì a raggiungere Biserta mentre il Pancaldo, a<br />
rimorchio, affondò a due miglia da Capo Bon.<br />
Perirono 156 uomini, che costituivano oltre metà dell’equipaggio e con<br />
esso il Comandante Tommaso Ferreri <strong>Caputi</strong>.<br />
Un omonimo che potrebbe anch’egli essere in qualche modo legato a<br />
questa “nostra famiglia.”<br />
Un rilievo forse unico, certamente raro, è che il Pancaldo è affondato<br />
due volte.<br />
Ora ritorniamo, e lo facciamo doverosamente, sul curriculum vitae di<br />
Aldo <strong>Caputi</strong>. Esso è troppo importante e diremmo unico, per non sentirne<br />
quest’obbligo.<br />
Oltre ai normali, ma certamente responsabili impegni di padre, di<br />
cittadino, di serio professionista (laureato in ingegneria ) e con un passato<br />
da ufficiale di Marina, egli, per la sua passione per il mare, è anche<br />
strettamente legato alle sue attività sportive.<br />
Da giovanissimo, si presentò per la prima volta al circolo Posillipo della<br />
sua città, diceva di essere del tutto impreparato, ma avrebbe fatto comunque<br />
un po’ di nuoto e altre attività fisiche.<br />
“ Il nuoto fa sempre bene e vale la pena frequentarlo”<br />
Nato nel 1915.<br />
A Riccione, nella categoria 85-89, per il campionato mondiale, ha<br />
vinto l’oro nei 200 misti e l’argento nei 50 farfalla e nei 200 rana.<br />
Nel 18° campionato italiano nuoto master, è stato il nonno dei record.<br />
Il 23 marzo 2010 a 95 anni, Aldo <strong>Caputi</strong> torna a gareggiare. Un<br />
record di longevità che non trova uguali.<br />
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Aldo vittorioso nel trofeo del nuoto<br />
Il 31 maggio 2010 vince il trofeo del nuoto.<br />
In quella occasione Aldo dice: “Per me entrare in acqua è una emozione<br />
costante!”<br />
Ha compiuto il suo ultimo volo il 20 febbraio 2011.<br />
Napoli sua città e il mondo sportivo, piangono sulla sua ultima vasca<br />
olimpica.<br />
Un particolare sentimento di affetto per un legame indissolubile,<br />
come facenti parte della sua famiglia, viene dal cuore di tutti i marinai.<br />
Nato con la passione per il mare, essa non poteva che associarlo alla<br />
Marina; il passo è stato davvero breve!<br />
Il decorso sportivo di Aldo è luminoso , forse unico al mondo .<br />
Ha stabilito 41 record italiani, 19 europei e 4 mondiali.<br />
La stampa internazionale del settore ne ha parlato e continua a farlo.<br />
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Sergio <strong>Caputi</strong>.<br />
Sergio è il primo dei fratelli <strong>Caputi</strong> coinvolti negli eventi disastrosi e<br />
sfortunati. Era nato nel 1917 in piena prima guerra mondiale mentre si<br />
scatenava una incursione aerea.<br />
Come tutti i familiari, viveva la passione per il mare. Forse per averne<br />
un maggior dominio, aveva scelto di poterlo ammirare dall’alto così scelse di<br />
voler volare. Sergio aveva scelto l’Aeronautica Militare.<br />
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Un giovanissimo S. Tenente Pilota che nel compiere con scrupolo il suo<br />
dovere, cadde in un tragico volo nel cielo di Gorizia il 1° agosto del 1939.<br />
Il sotto tenente Pilota Sergio <strong>Caputi</strong>.<br />
Aveva solo 22 anni. Si è improvvisamente spenta una fiorente<br />
giovinezza. Che tristezza!<br />
Sergio <strong>Caputi</strong>. L’immagine ricordo.<br />
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Il primo dei <strong>Caputi</strong> che, inconsapevolmente, ha segnato, nella più<br />
tremenda delle sfortune, una strada che il destino crudele ha voluto<br />
seguissero altri componenti di questa grande e gloriosa famiglia.<br />
Il tempo, sembra sia l’unico medicamento che, lasciando le inevitabili<br />
cicatrici, possa far dimenticare tutto, ma non potrà mai neppure attenuare il<br />
dolore straziante di una mamma.<br />
Per la famiglia <strong>Caputi</strong>, come per tante altre, la parola guerra,<br />
continua ancora oggi a suonare sinistramente le sue tristi note.<br />
Un ulteriore sfogo contro questo terribile e infernale evento voluto<br />
dall’egoismo e dalla cattiveria umana.<br />
E’ un vocabolo che, con le sue assordanti vibrazioni, disturba i nostri<br />
timpani e disgusta al suo semplice ascolto.<br />
Sarà una coincidenza della nostra lingua, ma questo spontaneo rilievo<br />
fisico di questo tristissimo vocabolo, è conseguente e collima, più<br />
profondamente, con il suo significato e la sua infernale essenza.<br />
Prima di chiudere queste pagine, sentiamo la interiore necessità di<br />
raccoglierci in silenzio e meditare .<br />
Abbiamo cercato di adempiere al nostro compito che sentiamo doveroso,<br />
nel ricordare questi sfortunati episodi che hanno coinvolto questa grande<br />
famiglia, che come tante altre, merita essere onorata nel più rispettoso e<br />
sacro ricordo.<br />
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Antonio Cotrone.