19.06.2013 Views

da missione saveriana a chiesa sierraleonese - saveriani.com

da missione saveriana a chiesa sierraleonese - saveriani.com

da missione saveriana a chiesa sierraleonese - saveriani.com

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

DA MISSIONE SAVERIANA<br />

A CHIESA SIERRALEONESE<br />

- Guglielmo Camera -<br />

Introduzione<br />

Il tema che mi è stato chiesto è: “Da <strong>missione</strong> Saveriana a <strong>missione</strong> locale in Africa”. II contesto<br />

di questa relazione è quello del Centenario di fon<strong>da</strong>zione dell’Istituto Saveriano Missioni Estere,<br />

Istituto fon<strong>da</strong>to a Parma <strong>da</strong> mons. Conforti, presto beato.<br />

Non parlerò certo di tutte le missioni saveriane in Africa, ma della prima <strong>missione</strong> <strong>saveriana</strong> in<br />

Africa, quella della Sierra Leone in cui ho potuto lavorare per tredici anni.<br />

La Sierra Leone oltre che essere la prima <strong>missione</strong> <strong>saveriana</strong> in Africa, per i cittadini di<br />

Parma ha un particolare interesse, perché la <strong>missione</strong> è stata fon<strong>da</strong>ta e gui<strong>da</strong>ta per quasi un quarantennio<br />

<strong>da</strong> una grande vescovo parmense, mons. Augusto Azzolini.<br />

Ecco una breve traccia per questa conversazione.<br />

Partiremo <strong>da</strong> un fatto: Azzolini è un eroe nazionale in Sierra Leone.<br />

Prima <strong>missione</strong> <strong>saveriana</strong> in Africa: in quale ambiente si troveranno ad operare i Saveriani?<br />

Alcuni cenni:<br />

Come si sono preparati i figli di mons. Conforti per questo nuovo campo di lavoro?<br />

Mons. Azzolini gui<strong>da</strong> della nuova <strong>missione</strong>: una strategia missionaria per l’Africa.<br />

Valutazione del lavoro missionario <strong>da</strong> parte di autorità e civili: riconoscimenti.<br />

Una proposta.<br />

Un vescovo bianco tra gli eroi nazionali<br />

Su muri ed edifici nella piazza principale della cittadina di Makeni, capitale della provincia del<br />

nord della Sierra Leone, si notano grandi affreschi murali: sono i ritratti delle più eminenti personalità<br />

della nazione, degli eroi nazionali. Tra i ritratti c’è un solo uomo bianco: Bishop Azzolini,<br />

il vescovo mons. Augusto Azzolini, originario di Roccabianca di Parma, morto a Parma il 24<br />

Luglio 1992 e sepolto a Makeni, appena fuori la cattedrale.<br />

Ancora in Makeni, la via più lunga, che coincide con la superstra<strong>da</strong> che attraversa Makeni,<br />

è intitolata a mons. Azzolini. Non solo: il grande auditorio del Collegio degli insegnanti, con<br />

studenti provenienti <strong>da</strong> tutta la nazione, porta il nome del grande fon<strong>da</strong>tore della Chiesa cattolica<br />

di Makeni.<br />

Mi sento <strong>da</strong>vvero onorato di parlare della Chiesa di Makeni e del suo primo vescovo. Sono<br />

convinto che a Parma non è conosciuto <strong>com</strong>e si merita.<br />

Ho avuto il privilegio di essere uno degli organizzatori del suo funerale a Makeni. Ho<br />

passato vicino a lui gli ultimi sei anni della sua permanenza a Makeni. Ha lasciato Makeni nel<br />

1987, dopo 37 anni di presenza in Sierra Leone.<br />

Parlare di mons. Azzolini vuol dire rivivere i momenti della fon<strong>da</strong>zione della diocesi di<br />

Makeni, vuol dire ricor<strong>da</strong>re la storia di decine di missionari <strong>saveriani</strong> che là hanno servito. Là alcuni<br />

di loro hanno sacrificato la loro vita. Ricordiamo: padre Attilio Stefani, uno dei primi <strong>com</strong>pagni<br />

di Azzolini, morto e sepolto in Sierra Leone, dopo 42 anni continui di lavoro apostolico;<br />

187


Guglielmo Canera<br />

padre Giovanni Restagno, morto tragicamente a 33 anni, e fratel dottor Lio Stocco, là morti e sepolti.<br />

Là continuano a servire quella Chiesa locale.<br />

Parlare di mons. Azzolini vuol dire soprattutto seguire l’evolversi di una strategia missionaria,<br />

che stava presentandosi con un nuovo volto nella Chiesa universale, il passaggio cioè <strong>da</strong><br />

<strong>missione</strong> affi<strong>da</strong>ta ad un Istituto missionario, nel nostro caso “<strong>missione</strong> <strong>saveriana</strong>”, ad una <strong>missione</strong><br />

affi<strong>da</strong>ta alla Chiesa locale. Il passaggio cioè <strong>da</strong> una concezione del missionario <strong>com</strong>e pioniere<br />

fon<strong>da</strong>tore, alla concezione del missionario <strong>com</strong>e collaboratore aiuto della Chiesa locale.<br />

Sierra Leone, la prima <strong>missione</strong> in Africa dei Saveriani - Ragioni di<br />

una scelta<br />

Già il nostro fon<strong>da</strong>tore mons. Conforti aveva tentato di avere una <strong>missione</strong> in Africa, ma la pratica<br />

non ebbe buon esito 1 .<br />

Padre Giovanni Gazza, secondo successore del fon<strong>da</strong>tore <strong>com</strong>e superiore generale dei Saveriani,<br />

nel 1947 si metteva in contatto coi Padri Bianchi, offrendo loro missionari <strong>saveriani</strong> per qualche<br />

loro <strong>missione</strong> che volessero dividere. Un accordo quasi firmato per una <strong>missione</strong> in Rodesia è<br />

stato rivisto <strong>da</strong>l nuovo superiore generale dei Padri Bianchi e annullato. In porto è invece an<strong>da</strong>to<br />

il progetto di dividere la <strong>missione</strong> della Sierra Leone con i Padri dello Spirito Santo irlandesi, che<br />

lavoravano in Sierra Leone <strong>da</strong> oltre settant’anni. Dall’accordo all’entrata effettiva in Sierra Leone<br />

sono, però, passati due anni, dovuto questo al permesso di entrata che andò molto a<strong>da</strong>gio ad<br />

arrivare. I primi quattro Saveriani arrivati in Africa furono i padri Augusto Azzolini, Serafino<br />

Pietro Calza, Camillo Olivani, Attilio Stefani. Era il 29 giugno 1950.<br />

I Padri dello Spirito Santo avevano limitato la loro area di influenza in Sierra Leone solo<br />

al sud, perché al nord trovarono delle popolazioni piuttosto refrattarie al cattolicesimo.<br />

I Saveriani venivano proprio destinati alla zona nord, un’area di circa 36.000 kmq con<br />

circa un milione di abitanti.<br />

In quest’area del nord si trovano diverse tribù: Temne, Limba, Kuranko, Loko, Susu, Jalunka,<br />

Fulah. Per gli africani tribù è ciò che per noi significa nazione o razza. C’è certamente<br />

qualcosa in <strong>com</strong>une tra le diverse tribù in Sierra Leone, ma è la diversità tra loro la cosa che più<br />

colpisce. Quando ci si abitua a vivere con loro e si passa <strong>da</strong> una tribù ad un’altra, si notano facilmente<br />

tradizioni religiose e culturali notevolmente diverse. Potremmo parlare di culture diverse.<br />

Tra le diverse tribù la <strong>com</strong>unicazine è difficile, perché ogni tribù ha una propria lingua e le<br />

lingue sono molto diverse tra loro. In Sierra Leone troviamo due lingue franche, cioè di <strong>com</strong>unicazione<br />

intertribale, l’inglese e il krio, il primo per coloro che hanno frequentato la scuola, il secondo<br />

per coloro che sono addetti al <strong>com</strong>mercio e si muovono tra diverse città. Nei villaggi generalmente<br />

la gente conosce una sola lingua.<br />

C’è diversità di tradizioni religiose: ci sono musulmani convinti con ascendenti tra le tribù<br />

della Guinea Conakry, dove c’era una tradizione culturale musulmana, ci sono tribù legate a<br />

religioni tradizionali africane. C’è poi una minoranza qualificata influenzata <strong>da</strong>l Cristianesimo,<br />

perché la tradizione accademica è stata in mano a cristiani fin <strong>da</strong>ll’inizio della fon<strong>da</strong>zione della<br />

colonia inglese. A Freetown troviamo 1’univeristà più antica dell’Africa, nata <strong>com</strong>e seminario<br />

per la formazione del clero anglicano. Una delle materie presenti in tutti gli istituti a livello accademico<br />

è “conoscenza biblica” (B.K.) e molti musulmani sostengono quindi esami di Bibbia.<br />

Il clima è tropicale e caldo tutto l’anno. Ci sono due stagioni: la stagione delle piogge e la<br />

stagione asciutta di circa sei mesi l’una. Soprattutto durante la stagione delle piogge le strade sono<br />

facilmente impraticabili.<br />

In qualche parte il <strong>com</strong>mercio è basato su scambi “in natura” più che sull’uso di moneta.<br />

1 Cfr. Vita Saveriana Bollettino ufficiale della Pia Società di S. Francesco Saverio per le Milioni Estere riservato ai membri<br />

della medesima, ISME, Parma, settembre 1959, p. 203<br />

188


Da <strong>missione</strong> <strong>saveriana</strong> a Chiesa <strong>sierraleonese</strong><br />

Le malattie sono diffuse, specie le malattie <strong>da</strong> malaria, infezioni della pelle, dissenterie, lebbra,<br />

tubercolosi. L’insieme di queste malattie aveva contribuito a far considerare la Sierra Leone <strong>com</strong>e<br />

la tomba dell’uomo bianco.<br />

I primi missionari, infatti, sono morti quasi tutti giovanissimi, colpiti soprattutto <strong>da</strong> febbre<br />

gialla. Anche adesso le aspettative di vita sono di 42 anni. In qualche villaggio la mortalità<br />

infantile è altissima, oltre il cinquanta per cento.<br />

L’istruzione scolastica interessa una esigua minoranza. L’analfabetismo tocca ora<br />

l’ottantacinque per cento. A1 tempo del primo arrivo dei Saveriani in Sierra Leone la percentuale<br />

degli analfabeti era certamente più alta.<br />

Tre anni fa la Sierra Leone, secondo le stime della Organizzazione delle Nazioni Unite,<br />

veniva presentata con un primato poco invidiabile: nazione più sottosviluppata del mondo.<br />

Non ci sono solo aspetti negativi che balzano agli occhi. In Sierra Leone la gente è pacifica,<br />

sono felici di incontrare stranieri, ti mettono a tuo agio, ti vogliono accontentare per quanto è<br />

loro possibile, tanto che talvolta dicono bugie, non tanto per il gusto del falso, quanto per dire<br />

qualcosa che fa piacere all’ascoltatore.<br />

La soli<strong>da</strong>rietà all’interno della tribù è ammirevole. Essere della stessa tribù vuol dire essere<br />

della stessa famiglia. Non ci sono orfani abbandonati, tutti hanno una famiglia. Hanno un<br />

grande senso di ospitalità. Sono sempre disponibili a condividere quanto hanno.<br />

Sono molto rispettosi della diversità religiosa. Generalmente sono praticanti di una religione.<br />

Non è concepibile una persona che non cre<strong>da</strong> in Dio. Apprezzano molto la preghiera e si<br />

uniscono facilmente a persone che pregano. Qualsiasi incontro inizia con la preghiera. Io sono<br />

testimone di questo. Mai abbiamo tenuto un incontro a livello accademico, e persino in occasione<br />

di serate con <strong>da</strong>nze, senza una preghiera, musulmana o cristiana, o entrambe.<br />

Quanto detto rispecchia una realtà di 40 anni fa ed una realtà ancora dei nostri giorni.<br />

Inizi della <strong>missione</strong><br />

I primi quattro missionari <strong>saveriani</strong> lavorarono alle dipendenze dei Padri dello Spirito Santo,<br />

tra le cui file c’era anche il vescovo di Freetown. In breve tempo venne loro assicurata una<br />

grande autonomia. A un anno e mezzo <strong>da</strong>ll’arrivo dei primi quattro, altri tre Saveriani si aggiunsero<br />

e cioè i padri Natale Vaccari, Paolino Zanon, Pietro Noaro, alla fine di dicembre 1951.<br />

Il 3 aprile 1952, a meno di due anni <strong>da</strong>ll’arrivo dei primi, la Santa Sede erigeva la Prefettura apostolica<br />

di Makeni, nominando padre Azzolini primo prefetto apostolico. Si creava così una circoscrizione<br />

ecclesiastica autonoma.<br />

Rovistando nella storia dei primi anni della <strong>missione</strong> di Makeni si sente il sapore dei fioretti:<br />

“La stanza in cui padre Calza ed io ci troviamo è un’aula scolastica, divisa <strong>da</strong> un graticcio<br />

con un letto avente materasso e un lenzuolo ciascuno, un tavolo senza cassetti, una sedia, un catino<br />

ed uno specchietto per ciascuno. Niente altro”. Ci imbattiamo in missionari con caratteristiche<br />

<strong>da</strong> pionieri. Si ha l’impressione che siano ossessionati <strong>da</strong>l primo annuncio. Li vediamo sparsi<br />

ai quattro angoli della provincia del nord, confine anche per la nuova <strong>missione</strong>, per iniziare nuove<br />

cristianità. Emerge una strategia fin <strong>da</strong>ll’inizio: piazzarsi nei centri più grossi e <strong>da</strong> lì diffondersi<br />

nei villaggi. Non è certo una strategia nuova nella Chiesa, faceva così anche san Paolo.<br />

Preparazione alla <strong>missione</strong><br />

Prima di inoltrarci nella strategia missionaria di questa nostra prima <strong>missione</strong> africana, dobbiamo<br />

doman<strong>da</strong>rci se i nostri missionari erano preparati per accettare una <strong>missione</strong> in Africa e<br />

<strong>com</strong>e si erano preparati.<br />

Direi che, proprio partendo <strong>da</strong>lla loro preparazione, va letto il cammino fatto, e la strategia missionaria<br />

adottata in questa nostra prima <strong>missione</strong> africana. Occorre fermarsi e accennare a qualche<br />

punto essenziale nella formazione dei nostri.<br />

189


Guglielmo Canera<br />

Anzitutto emerge qualcosa di chiaro nella loro formazione: l’impronta di mons. Conforti, il fon<strong>da</strong>tore<br />

dell’Istituto. Mons. Azzolini era stato ordinato <strong>da</strong>l fon<strong>da</strong>tore stesso e <strong>da</strong>l fon<strong>da</strong>tore aveva<br />

ricevuto uno stampo indelebile. Lo dice Azzolini stesso già vescovo in una relazione del 1965:<br />

“Se vi è stata una persona che ha esercitato un influsso determinante nella mia vita di<br />

giovane studente, seminarista, allievo missionario e in seguito sacerdote ed apostolo, quella è indubbiamente<br />

monsignor Conforti. Prima della morte, avvenuta il 5 novembre 1931, la sua presenza,<br />

la sua parola e il suo esempio mi furono di stimolo e di ispirazione durante gli anni di<br />

formazione e nei primi anni di sacerdozio. Negli anni che seguirono, la sua immagine paterna mi<br />

ha ac<strong>com</strong>pagnato ovunque e mi è stata fonte di forza, coraggio e di decisione nel superamento di<br />

tante difficoltà incontrate nell’attuazione della multiforme attività della mia vita sacerdotale e<br />

missionaria”.<br />

Anche nel suo testamento dopo 50 anni di sacerdozio così scriveva:<br />

“È quell’anima grande di monsignor Conforti che mi ha ispirato e gui<strong>da</strong>to e sorretto.<br />

Quello sguardo, quelle parole erano sempre un incorraggiamento e uno stimolo; quella figura e<br />

quel ricordo mi hanno sempre ac<strong>com</strong>pagnato anche durante i miei cinquant’anni di sacerdozio e<br />

lavoro apostolico”.<br />

Questa impronta del fon<strong>da</strong>tore emergeva con chiarezza anche <strong>da</strong>vanti agli occhi degli aspiranti<br />

missionari, che egli aveva gui<strong>da</strong>to <strong>com</strong>e rettore a Grumone (Cremona). Così infatti scrive<br />

padre Achille Figini a proposito del rettore Azzolini: “Si vedeva chiaramente che in lui dominava<br />

<strong>com</strong>e modello <strong>da</strong> imitare la figura del nostro venerato fon<strong>da</strong>tore: nei suoi ideali, nel suo<br />

<strong>com</strong>portamento personale, nel suo metodo educativo, nella sua spiritualità, nei suoi sogni”. Vorrei<br />

qui richiamare alcune norme costituzionali, e quindi irrinunciabili, scritte <strong>da</strong>l fon<strong>da</strong>tore mons.<br />

Conforti per preparare i suoi missionari. Ci <strong>da</strong>nno il senso della grande apertura del Conforti verso<br />

l’umanità, verso ogni creatura che va accettata, amata, perché figlia di Dio. Vedere Dio, cercare<br />

Dio, amare Dio in tutto vale soprattutto per la persona umana fatta ad immagine di Dio.<br />

Il fon<strong>da</strong>tore ci lascia quasi una sintesi del suo rispetto ed amore verso l’umanità<br />

nell’articolo 223 delle Costituzioni <strong>da</strong> lui scritte nel 1921: “Infine, volendosi un programma generale<br />

di studi e di occupazioni che apra l’adito ad ogni progresso si mediti spesso quanto<br />

l’apostolo scriveva ai Filippesi (IV,8): ‘Del resto, o fratelli, tutto quello che è vero, tutto quello<br />

che è onesto, tutto quello che è giusto, tutto quello che è santo, tutto quello che rende amabile,<br />

tutto quello che ha buon nome, se qualche virtù, se qualche lode di disciplina, a queste cose pensate”<br />

2 . “Sarebbe desiderabile - scrive nell’art. 196 - che tra i giovani studenti sorgesse una santa<br />

gara nel fare acquisto del sapere”. Vuole che ogni casa religiosa <strong>saveriana</strong> abbia una biblioteca<br />

ben fornita (art. 221).<br />

L’articolo 222 coglie la grandezza d’animo e l’amore del fon<strong>da</strong>tore verso tutti i popoli:<br />

“Per favorire la cultura indispensabile ad un missionario, riuscirà pure utile qualche museo etnografico,<br />

che contenga quanto di più interessante possono offrire le diverse missioni in fatto di costumi,<br />

di arte, di religione e in ordine alla flora e alla fauna di lontane regioni. Sarà quindi a lo<strong>da</strong>rsi<br />

che ogni missionario, senza pregiudizio del sacro ministero e della povertà evangelica,<br />

mandi all’Istituto qualche oggetto che possa fare bella mostra nelle diverse collezioni, che si potranno<br />

mettere insieme a <strong>com</strong>une utilità”. Il Museo Cinese e quello Etnografico, che arricchiscono<br />

ora la città di Parma, hanno avuto origine per volontà del parmense mons. Conforti.<br />

Nella vita del Conforti all’amore di Dio è profon<strong>da</strong>mente unita la passione per l’uomo, un uomo<br />

senza frontiere. In questa passione per l’uomo, trasmessa ai suoi missionari, possiamo vedere<br />

l’origine di un movimento che ancora una volta onora la città di Parma: il Centro Educazione alla<br />

Mondialità (CEM), sorto per iniziativa di studenti <strong>saveriani</strong> di teologia nel 1940, anno di guerra<br />

e di lotte fratricide. Questo gruppo di studenti missionari era gui<strong>da</strong>to <strong>da</strong> uno di loro, Augusto<br />

2 Nella traduzione ora in uso anche nella liturgia (XXVII domenica tempo ordinario, anno A), il brano paolino suona così: “In<br />

conclusione, fratelli, tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo<br />

sia oggetto dei vostri pensieri”.<br />

190


Da <strong>missione</strong> <strong>saveriana</strong> a Chiesa <strong>sierraleonese</strong><br />

Luca, ora “padre”, che molti di noi conoscono per le sue conferenze, per i suoi numerosi articoli<br />

su riviste specializzate in problemi missionari e per la sua profon<strong>da</strong> conoscenza sul fon<strong>da</strong>tore<br />

dell’Istituto.<br />

Il CEM indica il suo più profondo messaggio nel nome stesso del movimento. L’amore e<br />

la stima per l’uomo crea la necessità di una conoscenza più profon<strong>da</strong> dell’uomo per l’altro uomo,<br />

anche se di cultura e razza diverse. La conoscenza farà cadere molte barriere e molti pregiudizi,<br />

diventando quindi segno di speranza e fratellanza per l’umanità. Mi sembra di poter individuare<br />

il cuore del movimento nello sforzo continuo di cogliere gli aspetti positivi di tutti i popoli e di<br />

proporli agli alunni delle nostre scuole italiane.<br />

Il movimento era sorto in una atmosfera di odio e di distruzione, durante la secon<strong>da</strong> guerra<br />

mondiale. Non è il caso ora di diffondersi sul movimento: occorrerebbe un incontro a parte.<br />

Basti solo notare che è stato accolto con plauso quasi generale, accettato e incoraggiato anche <strong>da</strong>l<br />

ministero della pubblica istruzione <strong>com</strong>e messaggio educativo rilevante per le scuole italiane<br />

dell’obbligo.<br />

Questo movimento a noi interessa anche per un altro motivo. I primi missionari in Sierra<br />

Leone erano nel gruppo degli studenti fon<strong>da</strong>tori del movimento. Apprezzavano cioè il valore<br />

dell’istruzione e della apertura alla fratellanza universale: una mentalità che verrrà esportata in<br />

Africa, in Sierra Leone. È soprattutto a motivo della scuola, direi, che I missionari <strong>saveriani</strong> sono<br />

stati accolti ed apprezzati <strong>da</strong> tutta la gente in Sierra Leone.<br />

Sono solo brevi cenni che ci permettono, però, di capire qualcosa di quella strategia missionaria<br />

che verrà adottata nella loro azione in Sierra Leone.<br />

Mons. Azzolini stratega e fon<strong>da</strong>tore della Chiesa di Makeni<br />

A me sembra di poter individuare due costanti nella strategia missionaria di mons. Augusto Azzolini:<br />

la passione per l’uomo e la supplenza <strong>com</strong>e criterio per il lavoro missionario.<br />

Passione per l’uomo.<br />

Azzolini amava i sierraleonesi. Non voleva che se ne parlasse male neppure in privato, tra<br />

missionari: “Vorrei pregarvi, cari confratelli, di cambiare o migliorare una certa mentalità pessimistica<br />

o denigratrice del popolo a cui siamo venuti a portare la Salvezza...; bando quindi a critiche<br />

e a <strong>com</strong>menti negativi e antiapostolici” (20 gennaio 1967).<br />

Sembrava che mons. Azzolini avesse assorbito l’atteggiamento di Gesù, il quale era venuto<br />

non per giudicare, ma per salvare. Scriveva: “Siano giovani o siano adulti, siano cristiani o<br />

pagani o maomettani, sono un popolo che siamo venuti a salvare ... occorre tanta <strong>com</strong>prensione<br />

e tanta pazienza”. Egli ne <strong>da</strong>va l’esempio. La sua porta era aperta a tutti. Nessuno era tanto povero<br />

o umile <strong>da</strong> non poter essere accolto fraternamente <strong>da</strong>l vescovo e ascoltato. Aveva una predilezione<br />

per i giovani, coi quali si intratteneva familiarmente.<br />

“Azzolini era convinto dice in una testimonianza il padre Quartilio Gabrielli che<br />

l’evangelizzazione non è un’opera temporanea, ma continua. Questo spiega perché prima di costruire<br />

chiese e cappelle, monsignor Azzolini ha voluto le scuole, l’ospe<strong>da</strong>le, i dispensari, la<br />

campagna contro la lebbra, la medicina preventiva nei villaggi, perché la fede si annuncia prima<br />

che con le parole con la carità”.<br />

L’uomo, anche se non cristiano, va amato senza riserve, perché Dio lo ama così. Azzolini<br />

ha promosso la fon<strong>da</strong>zione di scuole, dispensari in posti dove non c’erano speranze di conversione,<br />

perché egli credeva nella dignità della persona umana. E credeva anche nella crescita della<br />

persona, credeva nella educazione scolastica <strong>com</strong>e strumento indispensabile per ogni essere umano,<br />

per crescere ed essere libero. Da queste convinzioni la sua passione per la scuola. Lui,<br />

sempre senza soldi per i tanti progetti di sviluppo sociale e cristiano, non esitava ad aiutare i musulmani<br />

per i loro progetti di educazione scolastica.<br />

Questa passione per l’uomo è stata una costante della sua <strong>missione</strong>, <strong>da</strong>ll’inzio alla fine. Ecco una<br />

sua testimonianza del 1955, al suo terzo anno <strong>com</strong>e gui<strong>da</strong> della Prefettura apostolica: “Abbiamo<br />

191


Guglielmo Canera<br />

al nostro attivo 20 scuole in azione, con un <strong>com</strong>plesso di 2.500 alunni, e alcune altre scuole sono<br />

già state approvate per il prossimo anno; inoltre abbiamo una pro-cattedrale, sei residenze..., il<br />

seminario ormai <strong>com</strong>pletato nella sua prima parte, il convento ai suoi inizi, che, ci auguriamo,<br />

col nuovo anno possa alloggiare le prime suore e le prime ragazze di questa porzione della<br />

Chiesa di Dio. C’è poi in vista una scuola collegio per la formazione dei maestri cattolici; una<br />

scuola di arte e mestieri e altre opere, per le quali si stanno facendo le necessarie pratiche”.<br />

Mons. Azzolini credeva profon<strong>da</strong>mente nella dignità della donna. In un paese dove la<br />

donna è considerata un essere di secon<strong>da</strong> categoria e le stesse donne sono convinte di questo, dove<br />

la quasi totalità delle donne non è an<strong>da</strong>ta e non va a scuola, e quelle che <strong>com</strong>inciano difficilmente<br />

finiscono anche solo le elementari, egli ha avuto il coraggio di fon<strong>da</strong>re una scuola esclusivamente<br />

femminile, che fosse un messaggio forte di ciò che il Cristianesimo proclama sulla dignità<br />

della donna.<br />

La sua insistenza sui matrimoni cristiani aveva un profondo risvolto anche a livello umano.<br />

Il matrimonio religioso, con la sua stabilità, garantisce alla donna più dignità e partecipazione<br />

nella conduzione della famiglia.<br />

Mons. Azzolini non era un intellettuale; operava, però, con strategie precise, profetiche<br />

direi rispetto al suo tempo, strategie frutto non tanto di costruzioni teoriche, ma della profon<strong>da</strong><br />

intuizione dell’amore passione per l’uomo.<br />

Un passo della Redemptoris missio, l’enciclica sulle missioni del 1990, potrebbe sintetizzare<br />

le linee operative di mons. Azzolini. A1 numero 60 l’enciclica parla del criterio della <strong>missione</strong><br />

che consiste nella carità, espressa con una “attenzione preferenziale per i poveri”, con un<br />

“umile servizio”, con “lo sviluppo integrale della persona e della società mediante scuole, centri<br />

sanitari, lebbrosari .... iniziative per la promozione della donna”. Idea gui<strong>da</strong> di Azzolini: un<br />

amore fattivo verso tutti, <strong>com</strong>e migliore strumento per una vera crescita umana e <strong>com</strong>e presentazione<br />

migliore del Cristianesimo.<br />

Supplenza <strong>com</strong>e criterio del lavoro missionario.<br />

Dalla linea operativa di Azzolini emergeva una chiara convinzione. Egli voleva stabilire una<br />

Chiesa che diventasse autosufficiente in tutto, non solo, ma con strumenti e motivazioni di crescita.<br />

Ha meravigliato tutti i vescovi della Conferenza episcopale quando, quasi senza cristiani<br />

- erano forse un migliaio o poco più, perché la circoscrizione era aperta appena <strong>da</strong> tre anni - gli<br />

ha voluto aprire un Seminario minore nella sua Prefettura apostolica. Nella sua mente non si poteva<br />

pensare alla fon<strong>da</strong>zione di una Chiesa autosufficiente senza preti. Oggi diremmo che ha giocato<br />

d’anticipo! Il tempo ha premiato il suo coraggio. Quando ha lasciato la diocesi, aveva già<br />

ordinato sette preti locali e aveva lasciato nel Seminario maggiore una quindicina di seminaristi.<br />

Ha promosso in ogni maniera l’attività dei laici in campo pastorale. Fon<strong>da</strong>ndo il Collegio<br />

per maestri aveva in mente anche la formazione dei leaders delle sue <strong>com</strong>unità cristiane, oltre<br />

che delle scuole cattoliche. I laici dovevano essere non tanto fruitori, ma costruttori della <strong>com</strong>unità<br />

cristiana. E l’attività dei laici non riguar<strong>da</strong>va certo solo il campo catechetico, era piuttosto<br />

intesa <strong>com</strong>e animazione cristiana della società. Egli aveva promosso numerose organizzazioni<br />

laicali, <strong>da</strong>lla Legione di Maria alla Società di San Vincenzo, ai gruppi giovanili, donne cattoliche,<br />

gruppi biblici, associazione dei catechisti.<br />

“Queste organizzazioni - scriveva nel 1973 - servono assai a formare lo spirito caritativo<br />

e sociale cristiano. Così pure la campagna contro la lebbra, di cui padre Rocco Serra è direttore<br />

nazionale, il Catholic Relief Service, la campagna agricola iniziata <strong>da</strong> padre Noaro qualche anno<br />

fa ed ora condotta <strong>da</strong>i laici missionari o volontari, allo scopo di insegnare a questa popolazione,<br />

eminentemente agricola, <strong>com</strong>e migliorare la produzione e il proprio livello di vita. I laici missionari<br />

ci cono di grande aiuto anche nei lavori materiali dell’edilizia, di falegnameria, di meccanica”.<br />

192


Da <strong>missione</strong> <strong>saveriana</strong> a Chiesa <strong>sierraleonese</strong><br />

Mons. Azzolini ci teneva ad arricchire la sua diocesi di tanti carismi presenti nelle diverse Congregazioni<br />

religiose. Molte congregazioni hanno accettato il suo invito, ottimamente impressionate<br />

di ciò che stava an<strong>da</strong>ndo avanti nella diocesi gui<strong>da</strong>ta <strong>da</strong>l vescovo Azzolini. Troviamo nella<br />

sua diocesi i Fatebenefratelli <strong>da</strong>lla Spagna, i Christian Brothers <strong>da</strong>ll’Inghilterra, i Giuseppini di<br />

san Leonardo Murialdo, i Salesiani <strong>da</strong>gli Stati Uniti. Anche molte congregazioni di suore <strong>da</strong>l<br />

Messico, <strong>da</strong>ll’Irlan<strong>da</strong>, <strong>da</strong>gli Stati Uniti, <strong>da</strong>ll’Italia, incluse le sorelle saveriane, che recentemente<br />

ricordiamo <strong>com</strong>e fatte prigioniere <strong>da</strong>i ribelli e liberate dopo due mesi.<br />

In venticinque anni, <strong>da</strong>l niente si era costruita una diocesi pienamente organizzata, più<br />

ricca di sacerdoti e religiosi religiose di tutte le diocesi del West Africa. Quando mons. Azzolini,<br />

all’età di 79 anni ha lasciato la sua diocesi per ritirarsi presso la Cara Madre dei missionari <strong>saveriani</strong><br />

di Parma, anche se tutti i Saveriani si fossero ritirati, la diocesi poteva pienamente continuare<br />

non solo a soppravvivere, ma a crescere.<br />

La strategia missionaria di Azzolini si rivelava vincente.<br />

Riconoscimento delle autorità civili e della gente<br />

Personalmente ho toccato con mano di quanta stima godesse la Chiesa cattolica. Bastava che<br />

fossimo identificati <strong>com</strong>e missionari della Chiesa cattolica per avere tutte le porte aperte e il<br />

massimo rispetto. La gente aveva capito che eravamo là con loro non per sfruttarli, ma per<br />

camminare con loro.<br />

Dobbiamo certo essere onesti e riconoscere che un vescovo non avrebbe potuto fare niente senza<br />

la piena collaborazione dei suoi missionari. Egli amava grandemente i suoi missionari e ne era<br />

ricambiato. Non è giusto separare Azzolini <strong>da</strong>i suoi confratelli <strong>saveriani</strong>, molti dei quali andrebbero<br />

citati in particolare, se il tempo e lo scopo di questo incontro lo permettessero.<br />

Mons. Azzolini è stato insignito delle più grandi onorificenze riservate ai cittadini della<br />

Sierra Leone. Aveva persino ricevuto l’onore di essere considerato un paramount chief, un capo<br />

supremo, anche se onorario. Va notato allo stesso tempo che rispetto per l’autorità non voleva<br />

dire asservimento in tutto. Solo lui, mons. Azzolini, poteva avere l’ardire di dire in faccia ad un<br />

paramount chief. “Tu sei un uomo cattivo”. Al che il capo ha risposto: “È la prima volta che ricevo<br />

un’offesa così grave”, senza punire l’offensore con la morte. Quel grande capo ha voluto<br />

rendere omaggio a questo coraggioso uomo di Dio, volando appositamente <strong>da</strong> Londra a Parma in<br />

uno degli ultimi anni di vita di mons. Azzolini.<br />

I funerali<br />

Azzolini ha voluto essere coi suoi sierraleonesi anche dopo morte. Avrebbe voluto terminare i<br />

suoi giorni tra i suoi cristiani <strong>com</strong>e un semplice cappellano, magari anche solo <strong>com</strong>e confessore,<br />

ma le circostanze l’hanno portato a vivere i suoi ultimi quattro anni a Parma.<br />

Aveva, però, lasciato per testamento di voler essere sepolto a Makeni, presso la cattedrale, <strong>com</strong>e<br />

tante volte aveva promesso ai suoi fedeli riuniti in cattedrale. È stato esaudito.<br />

È stato un gesto apprezzatissimo <strong>da</strong>lla gente. Con questo gesto mons. Azzolini si è gua<strong>da</strong>gnato<br />

il diritto di essere considerato un “antenato”, un morto vivo, a cui ancora ci si ispira e il<br />

cui pensiero va custodito e accettato <strong>com</strong>e ispirazione di vita. Ciò è stata una ulteriore testimonianza<br />

di quanto Azzolini avesse capito il suo popolo e di quanto si fosse inculturato, non gui<strong>da</strong>to<br />

<strong>da</strong> studi speciali, ma <strong>da</strong> un amore straordinario.<br />

Come ho accennato, io ho avuto il privilegio di essere testimone di quanto la gente lo amasse.<br />

All’arrivo del feretro a Makeni, nella <strong>chiesa</strong> di San Francesco, il rappresentante della <strong>com</strong>unità<br />

cristiana, accogliendo la salma e porgendo il saluto a nome della <strong>com</strong>unità, ha detto testualmente:<br />

“Come si fa a salutare il nostro <strong>da</strong>ddy (papino) senza piangere?...”. Ed effettivamente<br />

è stato interrotto <strong>da</strong>l pianto. Il feretro ha poi attraversato la città in processione sotto una<br />

pioggia torrenziale e, nonostante questo, con una imponente partecipazione di gente, non solo<br />

cattolica.<br />

193


Guglielmo Canera<br />

Il governo ha man<strong>da</strong>to una delegazione ufficiale <strong>com</strong>posta <strong>da</strong>lle più alte autorità militari e <strong>da</strong>i<br />

capi della polizia. Noi in Italia lo classificheremmo <strong>com</strong>e funerale di Stato.<br />

Se Makeni era diventata capitale della provincia del nord, ciò era proprio dovuto alla presenza<br />

della Chiesa cattolica che aveva costruito lebbrosario, cliniche, scuole elementari e secon<strong>da</strong>rie<br />

e il collegio per la preparazione dei maestri e dei direttori di<strong>da</strong>ttici.<br />

Proposta<br />

La cittadinanza di Parma dovrebbe sentirsi <strong>da</strong>vvero orgogliosa di un tale figlio. In particolare<br />

dovrebbe esserlo Roccabianca, suo paese natale.<br />

Se l’Africa l’ha tanto onorato, sarebbe forse fuori luogo proporre alle autorità di Roccabianca e<br />

di Parma di intitolare una via o qualche opera pubblica, per ricor<strong>da</strong>re il nome di questo grande<br />

cittadino, che tanto ha onorato la Chiesa e la sua Parma?...<br />

194

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!