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DA MISSIONE SAVERIANA<br />
A CHIESA SIERRALEONESE<br />
- Guglielmo Camera -<br />
Introduzione<br />
Il tema che mi è stato chiesto è: “Da <strong>missione</strong> Saveriana a <strong>missione</strong> locale in Africa”. II contesto<br />
di questa relazione è quello del Centenario di fon<strong>da</strong>zione dell’Istituto Saveriano Missioni Estere,<br />
Istituto fon<strong>da</strong>to a Parma <strong>da</strong> mons. Conforti, presto beato.<br />
Non parlerò certo di tutte le missioni saveriane in Africa, ma della prima <strong>missione</strong> <strong>saveriana</strong> in<br />
Africa, quella della Sierra Leone in cui ho potuto lavorare per tredici anni.<br />
La Sierra Leone oltre che essere la prima <strong>missione</strong> <strong>saveriana</strong> in Africa, per i cittadini di<br />
Parma ha un particolare interesse, perché la <strong>missione</strong> è stata fon<strong>da</strong>ta e gui<strong>da</strong>ta per quasi un quarantennio<br />
<strong>da</strong> una grande vescovo parmense, mons. Augusto Azzolini.<br />
Ecco una breve traccia per questa conversazione.<br />
Partiremo <strong>da</strong> un fatto: Azzolini è un eroe nazionale in Sierra Leone.<br />
Prima <strong>missione</strong> <strong>saveriana</strong> in Africa: in quale ambiente si troveranno ad operare i Saveriani?<br />
Alcuni cenni:<br />
Come si sono preparati i figli di mons. Conforti per questo nuovo campo di lavoro?<br />
Mons. Azzolini gui<strong>da</strong> della nuova <strong>missione</strong>: una strategia missionaria per l’Africa.<br />
Valutazione del lavoro missionario <strong>da</strong> parte di autorità e civili: riconoscimenti.<br />
Una proposta.<br />
Un vescovo bianco tra gli eroi nazionali<br />
Su muri ed edifici nella piazza principale della cittadina di Makeni, capitale della provincia del<br />
nord della Sierra Leone, si notano grandi affreschi murali: sono i ritratti delle più eminenti personalità<br />
della nazione, degli eroi nazionali. Tra i ritratti c’è un solo uomo bianco: Bishop Azzolini,<br />
il vescovo mons. Augusto Azzolini, originario di Roccabianca di Parma, morto a Parma il 24<br />
Luglio 1992 e sepolto a Makeni, appena fuori la cattedrale.<br />
Ancora in Makeni, la via più lunga, che coincide con la superstra<strong>da</strong> che attraversa Makeni,<br />
è intitolata a mons. Azzolini. Non solo: il grande auditorio del Collegio degli insegnanti, con<br />
studenti provenienti <strong>da</strong> tutta la nazione, porta il nome del grande fon<strong>da</strong>tore della Chiesa cattolica<br />
di Makeni.<br />
Mi sento <strong>da</strong>vvero onorato di parlare della Chiesa di Makeni e del suo primo vescovo. Sono<br />
convinto che a Parma non è conosciuto <strong>com</strong>e si merita.<br />
Ho avuto il privilegio di essere uno degli organizzatori del suo funerale a Makeni. Ho<br />
passato vicino a lui gli ultimi sei anni della sua permanenza a Makeni. Ha lasciato Makeni nel<br />
1987, dopo 37 anni di presenza in Sierra Leone.<br />
Parlare di mons. Azzolini vuol dire rivivere i momenti della fon<strong>da</strong>zione della diocesi di<br />
Makeni, vuol dire ricor<strong>da</strong>re la storia di decine di missionari <strong>saveriani</strong> che là hanno servito. Là alcuni<br />
di loro hanno sacrificato la loro vita. Ricordiamo: padre Attilio Stefani, uno dei primi <strong>com</strong>pagni<br />
di Azzolini, morto e sepolto in Sierra Leone, dopo 42 anni continui di lavoro apostolico;<br />
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Guglielmo Canera<br />
padre Giovanni Restagno, morto tragicamente a 33 anni, e fratel dottor Lio Stocco, là morti e sepolti.<br />
Là continuano a servire quella Chiesa locale.<br />
Parlare di mons. Azzolini vuol dire soprattutto seguire l’evolversi di una strategia missionaria,<br />
che stava presentandosi con un nuovo volto nella Chiesa universale, il passaggio cioè <strong>da</strong><br />
<strong>missione</strong> affi<strong>da</strong>ta ad un Istituto missionario, nel nostro caso “<strong>missione</strong> <strong>saveriana</strong>”, ad una <strong>missione</strong><br />
affi<strong>da</strong>ta alla Chiesa locale. Il passaggio cioè <strong>da</strong> una concezione del missionario <strong>com</strong>e pioniere<br />
fon<strong>da</strong>tore, alla concezione del missionario <strong>com</strong>e collaboratore aiuto della Chiesa locale.<br />
Sierra Leone, la prima <strong>missione</strong> in Africa dei Saveriani - Ragioni di<br />
una scelta<br />
Già il nostro fon<strong>da</strong>tore mons. Conforti aveva tentato di avere una <strong>missione</strong> in Africa, ma la pratica<br />
non ebbe buon esito 1 .<br />
Padre Giovanni Gazza, secondo successore del fon<strong>da</strong>tore <strong>com</strong>e superiore generale dei Saveriani,<br />
nel 1947 si metteva in contatto coi Padri Bianchi, offrendo loro missionari <strong>saveriani</strong> per qualche<br />
loro <strong>missione</strong> che volessero dividere. Un accordo quasi firmato per una <strong>missione</strong> in Rodesia è<br />
stato rivisto <strong>da</strong>l nuovo superiore generale dei Padri Bianchi e annullato. In porto è invece an<strong>da</strong>to<br />
il progetto di dividere la <strong>missione</strong> della Sierra Leone con i Padri dello Spirito Santo irlandesi, che<br />
lavoravano in Sierra Leone <strong>da</strong> oltre settant’anni. Dall’accordo all’entrata effettiva in Sierra Leone<br />
sono, però, passati due anni, dovuto questo al permesso di entrata che andò molto a<strong>da</strong>gio ad<br />
arrivare. I primi quattro Saveriani arrivati in Africa furono i padri Augusto Azzolini, Serafino<br />
Pietro Calza, Camillo Olivani, Attilio Stefani. Era il 29 giugno 1950.<br />
I Padri dello Spirito Santo avevano limitato la loro area di influenza in Sierra Leone solo<br />
al sud, perché al nord trovarono delle popolazioni piuttosto refrattarie al cattolicesimo.<br />
I Saveriani venivano proprio destinati alla zona nord, un’area di circa 36.000 kmq con<br />
circa un milione di abitanti.<br />
In quest’area del nord si trovano diverse tribù: Temne, Limba, Kuranko, Loko, Susu, Jalunka,<br />
Fulah. Per gli africani tribù è ciò che per noi significa nazione o razza. C’è certamente<br />
qualcosa in <strong>com</strong>une tra le diverse tribù in Sierra Leone, ma è la diversità tra loro la cosa che più<br />
colpisce. Quando ci si abitua a vivere con loro e si passa <strong>da</strong> una tribù ad un’altra, si notano facilmente<br />
tradizioni religiose e culturali notevolmente diverse. Potremmo parlare di culture diverse.<br />
Tra le diverse tribù la <strong>com</strong>unicazine è difficile, perché ogni tribù ha una propria lingua e le<br />
lingue sono molto diverse tra loro. In Sierra Leone troviamo due lingue franche, cioè di <strong>com</strong>unicazione<br />
intertribale, l’inglese e il krio, il primo per coloro che hanno frequentato la scuola, il secondo<br />
per coloro che sono addetti al <strong>com</strong>mercio e si muovono tra diverse città. Nei villaggi generalmente<br />
la gente conosce una sola lingua.<br />
C’è diversità di tradizioni religiose: ci sono musulmani convinti con ascendenti tra le tribù<br />
della Guinea Conakry, dove c’era una tradizione culturale musulmana, ci sono tribù legate a<br />
religioni tradizionali africane. C’è poi una minoranza qualificata influenzata <strong>da</strong>l Cristianesimo,<br />
perché la tradizione accademica è stata in mano a cristiani fin <strong>da</strong>ll’inizio della fon<strong>da</strong>zione della<br />
colonia inglese. A Freetown troviamo 1’univeristà più antica dell’Africa, nata <strong>com</strong>e seminario<br />
per la formazione del clero anglicano. Una delle materie presenti in tutti gli istituti a livello accademico<br />
è “conoscenza biblica” (B.K.) e molti musulmani sostengono quindi esami di Bibbia.<br />
Il clima è tropicale e caldo tutto l’anno. Ci sono due stagioni: la stagione delle piogge e la<br />
stagione asciutta di circa sei mesi l’una. Soprattutto durante la stagione delle piogge le strade sono<br />
facilmente impraticabili.<br />
In qualche parte il <strong>com</strong>mercio è basato su scambi “in natura” più che sull’uso di moneta.<br />
1 Cfr. Vita Saveriana Bollettino ufficiale della Pia Società di S. Francesco Saverio per le Milioni Estere riservato ai membri<br />
della medesima, ISME, Parma, settembre 1959, p. 203<br />
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Da <strong>missione</strong> <strong>saveriana</strong> a Chiesa <strong>sierraleonese</strong><br />
Le malattie sono diffuse, specie le malattie <strong>da</strong> malaria, infezioni della pelle, dissenterie, lebbra,<br />
tubercolosi. L’insieme di queste malattie aveva contribuito a far considerare la Sierra Leone <strong>com</strong>e<br />
la tomba dell’uomo bianco.<br />
I primi missionari, infatti, sono morti quasi tutti giovanissimi, colpiti soprattutto <strong>da</strong> febbre<br />
gialla. Anche adesso le aspettative di vita sono di 42 anni. In qualche villaggio la mortalità<br />
infantile è altissima, oltre il cinquanta per cento.<br />
L’istruzione scolastica interessa una esigua minoranza. L’analfabetismo tocca ora<br />
l’ottantacinque per cento. A1 tempo del primo arrivo dei Saveriani in Sierra Leone la percentuale<br />
degli analfabeti era certamente più alta.<br />
Tre anni fa la Sierra Leone, secondo le stime della Organizzazione delle Nazioni Unite,<br />
veniva presentata con un primato poco invidiabile: nazione più sottosviluppata del mondo.<br />
Non ci sono solo aspetti negativi che balzano agli occhi. In Sierra Leone la gente è pacifica,<br />
sono felici di incontrare stranieri, ti mettono a tuo agio, ti vogliono accontentare per quanto è<br />
loro possibile, tanto che talvolta dicono bugie, non tanto per il gusto del falso, quanto per dire<br />
qualcosa che fa piacere all’ascoltatore.<br />
La soli<strong>da</strong>rietà all’interno della tribù è ammirevole. Essere della stessa tribù vuol dire essere<br />
della stessa famiglia. Non ci sono orfani abbandonati, tutti hanno una famiglia. Hanno un<br />
grande senso di ospitalità. Sono sempre disponibili a condividere quanto hanno.<br />
Sono molto rispettosi della diversità religiosa. Generalmente sono praticanti di una religione.<br />
Non è concepibile una persona che non cre<strong>da</strong> in Dio. Apprezzano molto la preghiera e si<br />
uniscono facilmente a persone che pregano. Qualsiasi incontro inizia con la preghiera. Io sono<br />
testimone di questo. Mai abbiamo tenuto un incontro a livello accademico, e persino in occasione<br />
di serate con <strong>da</strong>nze, senza una preghiera, musulmana o cristiana, o entrambe.<br />
Quanto detto rispecchia una realtà di 40 anni fa ed una realtà ancora dei nostri giorni.<br />
Inizi della <strong>missione</strong><br />
I primi quattro missionari <strong>saveriani</strong> lavorarono alle dipendenze dei Padri dello Spirito Santo,<br />
tra le cui file c’era anche il vescovo di Freetown. In breve tempo venne loro assicurata una<br />
grande autonomia. A un anno e mezzo <strong>da</strong>ll’arrivo dei primi quattro, altri tre Saveriani si aggiunsero<br />
e cioè i padri Natale Vaccari, Paolino Zanon, Pietro Noaro, alla fine di dicembre 1951.<br />
Il 3 aprile 1952, a meno di due anni <strong>da</strong>ll’arrivo dei primi, la Santa Sede erigeva la Prefettura apostolica<br />
di Makeni, nominando padre Azzolini primo prefetto apostolico. Si creava così una circoscrizione<br />
ecclesiastica autonoma.<br />
Rovistando nella storia dei primi anni della <strong>missione</strong> di Makeni si sente il sapore dei fioretti:<br />
“La stanza in cui padre Calza ed io ci troviamo è un’aula scolastica, divisa <strong>da</strong> un graticcio<br />
con un letto avente materasso e un lenzuolo ciascuno, un tavolo senza cassetti, una sedia, un catino<br />
ed uno specchietto per ciascuno. Niente altro”. Ci imbattiamo in missionari con caratteristiche<br />
<strong>da</strong> pionieri. Si ha l’impressione che siano ossessionati <strong>da</strong>l primo annuncio. Li vediamo sparsi<br />
ai quattro angoli della provincia del nord, confine anche per la nuova <strong>missione</strong>, per iniziare nuove<br />
cristianità. Emerge una strategia fin <strong>da</strong>ll’inizio: piazzarsi nei centri più grossi e <strong>da</strong> lì diffondersi<br />
nei villaggi. Non è certo una strategia nuova nella Chiesa, faceva così anche san Paolo.<br />
Preparazione alla <strong>missione</strong><br />
Prima di inoltrarci nella strategia missionaria di questa nostra prima <strong>missione</strong> africana, dobbiamo<br />
doman<strong>da</strong>rci se i nostri missionari erano preparati per accettare una <strong>missione</strong> in Africa e<br />
<strong>com</strong>e si erano preparati.<br />
Direi che, proprio partendo <strong>da</strong>lla loro preparazione, va letto il cammino fatto, e la strategia missionaria<br />
adottata in questa nostra prima <strong>missione</strong> africana. Occorre fermarsi e accennare a qualche<br />
punto essenziale nella formazione dei nostri.<br />
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Guglielmo Canera<br />
Anzitutto emerge qualcosa di chiaro nella loro formazione: l’impronta di mons. Conforti, il fon<strong>da</strong>tore<br />
dell’Istituto. Mons. Azzolini era stato ordinato <strong>da</strong>l fon<strong>da</strong>tore stesso e <strong>da</strong>l fon<strong>da</strong>tore aveva<br />
ricevuto uno stampo indelebile. Lo dice Azzolini stesso già vescovo in una relazione del 1965:<br />
“Se vi è stata una persona che ha esercitato un influsso determinante nella mia vita di<br />
giovane studente, seminarista, allievo missionario e in seguito sacerdote ed apostolo, quella è indubbiamente<br />
monsignor Conforti. Prima della morte, avvenuta il 5 novembre 1931, la sua presenza,<br />
la sua parola e il suo esempio mi furono di stimolo e di ispirazione durante gli anni di<br />
formazione e nei primi anni di sacerdozio. Negli anni che seguirono, la sua immagine paterna mi<br />
ha ac<strong>com</strong>pagnato ovunque e mi è stata fonte di forza, coraggio e di decisione nel superamento di<br />
tante difficoltà incontrate nell’attuazione della multiforme attività della mia vita sacerdotale e<br />
missionaria”.<br />
Anche nel suo testamento dopo 50 anni di sacerdozio così scriveva:<br />
“È quell’anima grande di monsignor Conforti che mi ha ispirato e gui<strong>da</strong>to e sorretto.<br />
Quello sguardo, quelle parole erano sempre un incorraggiamento e uno stimolo; quella figura e<br />
quel ricordo mi hanno sempre ac<strong>com</strong>pagnato anche durante i miei cinquant’anni di sacerdozio e<br />
lavoro apostolico”.<br />
Questa impronta del fon<strong>da</strong>tore emergeva con chiarezza anche <strong>da</strong>vanti agli occhi degli aspiranti<br />
missionari, che egli aveva gui<strong>da</strong>to <strong>com</strong>e rettore a Grumone (Cremona). Così infatti scrive<br />
padre Achille Figini a proposito del rettore Azzolini: “Si vedeva chiaramente che in lui dominava<br />
<strong>com</strong>e modello <strong>da</strong> imitare la figura del nostro venerato fon<strong>da</strong>tore: nei suoi ideali, nel suo<br />
<strong>com</strong>portamento personale, nel suo metodo educativo, nella sua spiritualità, nei suoi sogni”. Vorrei<br />
qui richiamare alcune norme costituzionali, e quindi irrinunciabili, scritte <strong>da</strong>l fon<strong>da</strong>tore mons.<br />
Conforti per preparare i suoi missionari. Ci <strong>da</strong>nno il senso della grande apertura del Conforti verso<br />
l’umanità, verso ogni creatura che va accettata, amata, perché figlia di Dio. Vedere Dio, cercare<br />
Dio, amare Dio in tutto vale soprattutto per la persona umana fatta ad immagine di Dio.<br />
Il fon<strong>da</strong>tore ci lascia quasi una sintesi del suo rispetto ed amore verso l’umanità<br />
nell’articolo 223 delle Costituzioni <strong>da</strong> lui scritte nel 1921: “Infine, volendosi un programma generale<br />
di studi e di occupazioni che apra l’adito ad ogni progresso si mediti spesso quanto<br />
l’apostolo scriveva ai Filippesi (IV,8): ‘Del resto, o fratelli, tutto quello che è vero, tutto quello<br />
che è onesto, tutto quello che è giusto, tutto quello che è santo, tutto quello che rende amabile,<br />
tutto quello che ha buon nome, se qualche virtù, se qualche lode di disciplina, a queste cose pensate”<br />
2 . “Sarebbe desiderabile - scrive nell’art. 196 - che tra i giovani studenti sorgesse una santa<br />
gara nel fare acquisto del sapere”. Vuole che ogni casa religiosa <strong>saveriana</strong> abbia una biblioteca<br />
ben fornita (art. 221).<br />
L’articolo 222 coglie la grandezza d’animo e l’amore del fon<strong>da</strong>tore verso tutti i popoli:<br />
“Per favorire la cultura indispensabile ad un missionario, riuscirà pure utile qualche museo etnografico,<br />
che contenga quanto di più interessante possono offrire le diverse missioni in fatto di costumi,<br />
di arte, di religione e in ordine alla flora e alla fauna di lontane regioni. Sarà quindi a lo<strong>da</strong>rsi<br />
che ogni missionario, senza pregiudizio del sacro ministero e della povertà evangelica,<br />
mandi all’Istituto qualche oggetto che possa fare bella mostra nelle diverse collezioni, che si potranno<br />
mettere insieme a <strong>com</strong>une utilità”. Il Museo Cinese e quello Etnografico, che arricchiscono<br />
ora la città di Parma, hanno avuto origine per volontà del parmense mons. Conforti.<br />
Nella vita del Conforti all’amore di Dio è profon<strong>da</strong>mente unita la passione per l’uomo, un uomo<br />
senza frontiere. In questa passione per l’uomo, trasmessa ai suoi missionari, possiamo vedere<br />
l’origine di un movimento che ancora una volta onora la città di Parma: il Centro Educazione alla<br />
Mondialità (CEM), sorto per iniziativa di studenti <strong>saveriani</strong> di teologia nel 1940, anno di guerra<br />
e di lotte fratricide. Questo gruppo di studenti missionari era gui<strong>da</strong>to <strong>da</strong> uno di loro, Augusto<br />
2 Nella traduzione ora in uso anche nella liturgia (XXVII domenica tempo ordinario, anno A), il brano paolino suona così: “In<br />
conclusione, fratelli, tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo<br />
sia oggetto dei vostri pensieri”.<br />
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Da <strong>missione</strong> <strong>saveriana</strong> a Chiesa <strong>sierraleonese</strong><br />
Luca, ora “padre”, che molti di noi conoscono per le sue conferenze, per i suoi numerosi articoli<br />
su riviste specializzate in problemi missionari e per la sua profon<strong>da</strong> conoscenza sul fon<strong>da</strong>tore<br />
dell’Istituto.<br />
Il CEM indica il suo più profondo messaggio nel nome stesso del movimento. L’amore e<br />
la stima per l’uomo crea la necessità di una conoscenza più profon<strong>da</strong> dell’uomo per l’altro uomo,<br />
anche se di cultura e razza diverse. La conoscenza farà cadere molte barriere e molti pregiudizi,<br />
diventando quindi segno di speranza e fratellanza per l’umanità. Mi sembra di poter individuare<br />
il cuore del movimento nello sforzo continuo di cogliere gli aspetti positivi di tutti i popoli e di<br />
proporli agli alunni delle nostre scuole italiane.<br />
Il movimento era sorto in una atmosfera di odio e di distruzione, durante la secon<strong>da</strong> guerra<br />
mondiale. Non è il caso ora di diffondersi sul movimento: occorrerebbe un incontro a parte.<br />
Basti solo notare che è stato accolto con plauso quasi generale, accettato e incoraggiato anche <strong>da</strong>l<br />
ministero della pubblica istruzione <strong>com</strong>e messaggio educativo rilevante per le scuole italiane<br />
dell’obbligo.<br />
Questo movimento a noi interessa anche per un altro motivo. I primi missionari in Sierra<br />
Leone erano nel gruppo degli studenti fon<strong>da</strong>tori del movimento. Apprezzavano cioè il valore<br />
dell’istruzione e della apertura alla fratellanza universale: una mentalità che verrrà esportata in<br />
Africa, in Sierra Leone. È soprattutto a motivo della scuola, direi, che I missionari <strong>saveriani</strong> sono<br />
stati accolti ed apprezzati <strong>da</strong> tutta la gente in Sierra Leone.<br />
Sono solo brevi cenni che ci permettono, però, di capire qualcosa di quella strategia missionaria<br />
che verrà adottata nella loro azione in Sierra Leone.<br />
Mons. Azzolini stratega e fon<strong>da</strong>tore della Chiesa di Makeni<br />
A me sembra di poter individuare due costanti nella strategia missionaria di mons. Augusto Azzolini:<br />
la passione per l’uomo e la supplenza <strong>com</strong>e criterio per il lavoro missionario.<br />
Passione per l’uomo.<br />
Azzolini amava i sierraleonesi. Non voleva che se ne parlasse male neppure in privato, tra<br />
missionari: “Vorrei pregarvi, cari confratelli, di cambiare o migliorare una certa mentalità pessimistica<br />
o denigratrice del popolo a cui siamo venuti a portare la Salvezza...; bando quindi a critiche<br />
e a <strong>com</strong>menti negativi e antiapostolici” (20 gennaio 1967).<br />
Sembrava che mons. Azzolini avesse assorbito l’atteggiamento di Gesù, il quale era venuto<br />
non per giudicare, ma per salvare. Scriveva: “Siano giovani o siano adulti, siano cristiani o<br />
pagani o maomettani, sono un popolo che siamo venuti a salvare ... occorre tanta <strong>com</strong>prensione<br />
e tanta pazienza”. Egli ne <strong>da</strong>va l’esempio. La sua porta era aperta a tutti. Nessuno era tanto povero<br />
o umile <strong>da</strong> non poter essere accolto fraternamente <strong>da</strong>l vescovo e ascoltato. Aveva una predilezione<br />
per i giovani, coi quali si intratteneva familiarmente.<br />
“Azzolini era convinto dice in una testimonianza il padre Quartilio Gabrielli che<br />
l’evangelizzazione non è un’opera temporanea, ma continua. Questo spiega perché prima di costruire<br />
chiese e cappelle, monsignor Azzolini ha voluto le scuole, l’ospe<strong>da</strong>le, i dispensari, la<br />
campagna contro la lebbra, la medicina preventiva nei villaggi, perché la fede si annuncia prima<br />
che con le parole con la carità”.<br />
L’uomo, anche se non cristiano, va amato senza riserve, perché Dio lo ama così. Azzolini<br />
ha promosso la fon<strong>da</strong>zione di scuole, dispensari in posti dove non c’erano speranze di conversione,<br />
perché egli credeva nella dignità della persona umana. E credeva anche nella crescita della<br />
persona, credeva nella educazione scolastica <strong>com</strong>e strumento indispensabile per ogni essere umano,<br />
per crescere ed essere libero. Da queste convinzioni la sua passione per la scuola. Lui,<br />
sempre senza soldi per i tanti progetti di sviluppo sociale e cristiano, non esitava ad aiutare i musulmani<br />
per i loro progetti di educazione scolastica.<br />
Questa passione per l’uomo è stata una costante della sua <strong>missione</strong>, <strong>da</strong>ll’inzio alla fine. Ecco una<br />
sua testimonianza del 1955, al suo terzo anno <strong>com</strong>e gui<strong>da</strong> della Prefettura apostolica: “Abbiamo<br />
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Guglielmo Canera<br />
al nostro attivo 20 scuole in azione, con un <strong>com</strong>plesso di 2.500 alunni, e alcune altre scuole sono<br />
già state approvate per il prossimo anno; inoltre abbiamo una pro-cattedrale, sei residenze..., il<br />
seminario ormai <strong>com</strong>pletato nella sua prima parte, il convento ai suoi inizi, che, ci auguriamo,<br />
col nuovo anno possa alloggiare le prime suore e le prime ragazze di questa porzione della<br />
Chiesa di Dio. C’è poi in vista una scuola collegio per la formazione dei maestri cattolici; una<br />
scuola di arte e mestieri e altre opere, per le quali si stanno facendo le necessarie pratiche”.<br />
Mons. Azzolini credeva profon<strong>da</strong>mente nella dignità della donna. In un paese dove la<br />
donna è considerata un essere di secon<strong>da</strong> categoria e le stesse donne sono convinte di questo, dove<br />
la quasi totalità delle donne non è an<strong>da</strong>ta e non va a scuola, e quelle che <strong>com</strong>inciano difficilmente<br />
finiscono anche solo le elementari, egli ha avuto il coraggio di fon<strong>da</strong>re una scuola esclusivamente<br />
femminile, che fosse un messaggio forte di ciò che il Cristianesimo proclama sulla dignità<br />
della donna.<br />
La sua insistenza sui matrimoni cristiani aveva un profondo risvolto anche a livello umano.<br />
Il matrimonio religioso, con la sua stabilità, garantisce alla donna più dignità e partecipazione<br />
nella conduzione della famiglia.<br />
Mons. Azzolini non era un intellettuale; operava, però, con strategie precise, profetiche<br />
direi rispetto al suo tempo, strategie frutto non tanto di costruzioni teoriche, ma della profon<strong>da</strong><br />
intuizione dell’amore passione per l’uomo.<br />
Un passo della Redemptoris missio, l’enciclica sulle missioni del 1990, potrebbe sintetizzare<br />
le linee operative di mons. Azzolini. A1 numero 60 l’enciclica parla del criterio della <strong>missione</strong><br />
che consiste nella carità, espressa con una “attenzione preferenziale per i poveri”, con un<br />
“umile servizio”, con “lo sviluppo integrale della persona e della società mediante scuole, centri<br />
sanitari, lebbrosari .... iniziative per la promozione della donna”. Idea gui<strong>da</strong> di Azzolini: un<br />
amore fattivo verso tutti, <strong>com</strong>e migliore strumento per una vera crescita umana e <strong>com</strong>e presentazione<br />
migliore del Cristianesimo.<br />
Supplenza <strong>com</strong>e criterio del lavoro missionario.<br />
Dalla linea operativa di Azzolini emergeva una chiara convinzione. Egli voleva stabilire una<br />
Chiesa che diventasse autosufficiente in tutto, non solo, ma con strumenti e motivazioni di crescita.<br />
Ha meravigliato tutti i vescovi della Conferenza episcopale quando, quasi senza cristiani<br />
- erano forse un migliaio o poco più, perché la circoscrizione era aperta appena <strong>da</strong> tre anni - gli<br />
ha voluto aprire un Seminario minore nella sua Prefettura apostolica. Nella sua mente non si poteva<br />
pensare alla fon<strong>da</strong>zione di una Chiesa autosufficiente senza preti. Oggi diremmo che ha giocato<br />
d’anticipo! Il tempo ha premiato il suo coraggio. Quando ha lasciato la diocesi, aveva già<br />
ordinato sette preti locali e aveva lasciato nel Seminario maggiore una quindicina di seminaristi.<br />
Ha promosso in ogni maniera l’attività dei laici in campo pastorale. Fon<strong>da</strong>ndo il Collegio<br />
per maestri aveva in mente anche la formazione dei leaders delle sue <strong>com</strong>unità cristiane, oltre<br />
che delle scuole cattoliche. I laici dovevano essere non tanto fruitori, ma costruttori della <strong>com</strong>unità<br />
cristiana. E l’attività dei laici non riguar<strong>da</strong>va certo solo il campo catechetico, era piuttosto<br />
intesa <strong>com</strong>e animazione cristiana della società. Egli aveva promosso numerose organizzazioni<br />
laicali, <strong>da</strong>lla Legione di Maria alla Società di San Vincenzo, ai gruppi giovanili, donne cattoliche,<br />
gruppi biblici, associazione dei catechisti.<br />
“Queste organizzazioni - scriveva nel 1973 - servono assai a formare lo spirito caritativo<br />
e sociale cristiano. Così pure la campagna contro la lebbra, di cui padre Rocco Serra è direttore<br />
nazionale, il Catholic Relief Service, la campagna agricola iniziata <strong>da</strong> padre Noaro qualche anno<br />
fa ed ora condotta <strong>da</strong>i laici missionari o volontari, allo scopo di insegnare a questa popolazione,<br />
eminentemente agricola, <strong>com</strong>e migliorare la produzione e il proprio livello di vita. I laici missionari<br />
ci cono di grande aiuto anche nei lavori materiali dell’edilizia, di falegnameria, di meccanica”.<br />
192
Da <strong>missione</strong> <strong>saveriana</strong> a Chiesa <strong>sierraleonese</strong><br />
Mons. Azzolini ci teneva ad arricchire la sua diocesi di tanti carismi presenti nelle diverse Congregazioni<br />
religiose. Molte congregazioni hanno accettato il suo invito, ottimamente impressionate<br />
di ciò che stava an<strong>da</strong>ndo avanti nella diocesi gui<strong>da</strong>ta <strong>da</strong>l vescovo Azzolini. Troviamo nella<br />
sua diocesi i Fatebenefratelli <strong>da</strong>lla Spagna, i Christian Brothers <strong>da</strong>ll’Inghilterra, i Giuseppini di<br />
san Leonardo Murialdo, i Salesiani <strong>da</strong>gli Stati Uniti. Anche molte congregazioni di suore <strong>da</strong>l<br />
Messico, <strong>da</strong>ll’Irlan<strong>da</strong>, <strong>da</strong>gli Stati Uniti, <strong>da</strong>ll’Italia, incluse le sorelle saveriane, che recentemente<br />
ricordiamo <strong>com</strong>e fatte prigioniere <strong>da</strong>i ribelli e liberate dopo due mesi.<br />
In venticinque anni, <strong>da</strong>l niente si era costruita una diocesi pienamente organizzata, più<br />
ricca di sacerdoti e religiosi religiose di tutte le diocesi del West Africa. Quando mons. Azzolini,<br />
all’età di 79 anni ha lasciato la sua diocesi per ritirarsi presso la Cara Madre dei missionari <strong>saveriani</strong><br />
di Parma, anche se tutti i Saveriani si fossero ritirati, la diocesi poteva pienamente continuare<br />
non solo a soppravvivere, ma a crescere.<br />
La strategia missionaria di Azzolini si rivelava vincente.<br />
Riconoscimento delle autorità civili e della gente<br />
Personalmente ho toccato con mano di quanta stima godesse la Chiesa cattolica. Bastava che<br />
fossimo identificati <strong>com</strong>e missionari della Chiesa cattolica per avere tutte le porte aperte e il<br />
massimo rispetto. La gente aveva capito che eravamo là con loro non per sfruttarli, ma per<br />
camminare con loro.<br />
Dobbiamo certo essere onesti e riconoscere che un vescovo non avrebbe potuto fare niente senza<br />
la piena collaborazione dei suoi missionari. Egli amava grandemente i suoi missionari e ne era<br />
ricambiato. Non è giusto separare Azzolini <strong>da</strong>i suoi confratelli <strong>saveriani</strong>, molti dei quali andrebbero<br />
citati in particolare, se il tempo e lo scopo di questo incontro lo permettessero.<br />
Mons. Azzolini è stato insignito delle più grandi onorificenze riservate ai cittadini della<br />
Sierra Leone. Aveva persino ricevuto l’onore di essere considerato un paramount chief, un capo<br />
supremo, anche se onorario. Va notato allo stesso tempo che rispetto per l’autorità non voleva<br />
dire asservimento in tutto. Solo lui, mons. Azzolini, poteva avere l’ardire di dire in faccia ad un<br />
paramount chief. “Tu sei un uomo cattivo”. Al che il capo ha risposto: “È la prima volta che ricevo<br />
un’offesa così grave”, senza punire l’offensore con la morte. Quel grande capo ha voluto<br />
rendere omaggio a questo coraggioso uomo di Dio, volando appositamente <strong>da</strong> Londra a Parma in<br />
uno degli ultimi anni di vita di mons. Azzolini.<br />
I funerali<br />
Azzolini ha voluto essere coi suoi sierraleonesi anche dopo morte. Avrebbe voluto terminare i<br />
suoi giorni tra i suoi cristiani <strong>com</strong>e un semplice cappellano, magari anche solo <strong>com</strong>e confessore,<br />
ma le circostanze l’hanno portato a vivere i suoi ultimi quattro anni a Parma.<br />
Aveva, però, lasciato per testamento di voler essere sepolto a Makeni, presso la cattedrale, <strong>com</strong>e<br />
tante volte aveva promesso ai suoi fedeli riuniti in cattedrale. È stato esaudito.<br />
È stato un gesto apprezzatissimo <strong>da</strong>lla gente. Con questo gesto mons. Azzolini si è gua<strong>da</strong>gnato<br />
il diritto di essere considerato un “antenato”, un morto vivo, a cui ancora ci si ispira e il<br />
cui pensiero va custodito e accettato <strong>com</strong>e ispirazione di vita. Ciò è stata una ulteriore testimonianza<br />
di quanto Azzolini avesse capito il suo popolo e di quanto si fosse inculturato, non gui<strong>da</strong>to<br />
<strong>da</strong> studi speciali, ma <strong>da</strong> un amore straordinario.<br />
Come ho accennato, io ho avuto il privilegio di essere testimone di quanto la gente lo amasse.<br />
All’arrivo del feretro a Makeni, nella <strong>chiesa</strong> di San Francesco, il rappresentante della <strong>com</strong>unità<br />
cristiana, accogliendo la salma e porgendo il saluto a nome della <strong>com</strong>unità, ha detto testualmente:<br />
“Come si fa a salutare il nostro <strong>da</strong>ddy (papino) senza piangere?...”. Ed effettivamente<br />
è stato interrotto <strong>da</strong>l pianto. Il feretro ha poi attraversato la città in processione sotto una<br />
pioggia torrenziale e, nonostante questo, con una imponente partecipazione di gente, non solo<br />
cattolica.<br />
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Guglielmo Canera<br />
Il governo ha man<strong>da</strong>to una delegazione ufficiale <strong>com</strong>posta <strong>da</strong>lle più alte autorità militari e <strong>da</strong>i<br />
capi della polizia. Noi in Italia lo classificheremmo <strong>com</strong>e funerale di Stato.<br />
Se Makeni era diventata capitale della provincia del nord, ciò era proprio dovuto alla presenza<br />
della Chiesa cattolica che aveva costruito lebbrosario, cliniche, scuole elementari e secon<strong>da</strong>rie<br />
e il collegio per la preparazione dei maestri e dei direttori di<strong>da</strong>ttici.<br />
Proposta<br />
La cittadinanza di Parma dovrebbe sentirsi <strong>da</strong>vvero orgogliosa di un tale figlio. In particolare<br />
dovrebbe esserlo Roccabianca, suo paese natale.<br />
Se l’Africa l’ha tanto onorato, sarebbe forse fuori luogo proporre alle autorità di Roccabianca e<br />
di Parma di intitolare una via o qualche opera pubblica, per ricor<strong>da</strong>re il nome di questo grande<br />
cittadino, che tanto ha onorato la Chiesa e la sua Parma?...<br />
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