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Luca Augusto Pietro Uccelli, uomo di dio (Biografia) - saveriani.com

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<strong>Augusto</strong> <strong>Luca</strong><br />

PIETRO UCCELLI<br />

Uomo <strong>di</strong> Dio


PREFAZIONE<br />

Già molti anni fa avevo pensato <strong>di</strong> scrivere una vita <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong>, e avevo<br />

raccolto varie notizie sui perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> Reggio e della Cina; ma prima che mi accingessi<br />

a or<strong>di</strong>nare il materiale, ho incontrato persone desiderose <strong>di</strong> scrivere esse<br />

stesse una biografia del Servo <strong>di</strong> Dio; ritenni opportuno <strong>di</strong> fornire loro il materiale<br />

raccolto. Si trattò del sacerdote vicentino, mons. Fausto Rossi e del padre saveriano<br />

Ettore Fasolini che scrissero, infatti, belle biografie del Servo <strong>di</strong> Dio.<br />

In seguito, fui sollecitato a raccogliere altro materiale <strong>di</strong> documentazione per<br />

la Causa <strong>di</strong> canonizzazione ed ebbi così modo <strong>di</strong> trovare nuove notizie e <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>re<br />

altri aspetti della vita <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong>. A un certo momento mi sono domandato<br />

se non fosse opportuno presentare al pubblicò alcuni particolari, ignorati<br />

dagli altri biografi, e mi sono perciò accinto a rior<strong>di</strong>nare la materia e a preparare<br />

questo volume, tanto più che si presentava l’occasione <strong>di</strong> un patrocinatore.<br />

Si può <strong>di</strong>re che ho qui raccolto vetera et nova, nel senso che molte cose sono<br />

già state scritte nelle biografie succitate e nel bel volumetto <strong>di</strong> padre Ermanno<br />

Zulian, sempre così vivo e popolare; altri particolari appaiono nei due volumetti<br />

<strong>di</strong> “Fioretti” curati dal padre Gianni Viola; tuttavia penso che qualche cosa <strong>di</strong><br />

nuovo il lettore possa trovare in questo mio libro, il cui scopo è <strong>di</strong> far conoscere<br />

maggiormente la veneranda figura del padre <strong>Uccelli</strong>, che io ho avuto <strong>com</strong>e Rettore<br />

ed educatore nei primi anni <strong>di</strong> vita saveriana, e il cui ricordo riconoscente mi<br />

ha ac<strong>com</strong>pagnato per tutta la vita.<br />

Parma, 19 marzo 2005<br />

5<br />

<strong>Augusto</strong> <strong>Luca</strong>


NOTA REDAZIONALE. Le fonti <strong>di</strong> questo volume sono soprattutto gli Atti del Processo <strong>di</strong><br />

beatificazione e canonizzazione del Servo <strong>di</strong> Dio, celebrato a Vicenza nel 1997, e particolarmente<br />

L’Epistolario. I molti brani, riportati dalle lettere, non hanno in nota gli estremi per un reperimento<br />

rapido, perché non abbiamo voluto appesantire le pagine <strong>di</strong> troppo numerose note, che non avreb-<br />

bero interessato il <strong>com</strong>une lettore; lo stu<strong>di</strong>oso potrà ritrovare i brani riportati, consultando<br />

l’Epistolario, alla data o nel periodo a cui la lettera si riferisce.<br />

Abbiamo citato in nota solo ciò che, contenuto negli Atti o in altri documenti, meritava una<br />

particolare conferma <strong>di</strong> veri<strong>di</strong>cità. Per altre fonti ve<strong>di</strong> Bibliografia a fine volume..<br />

6


PARTE PRIMA<br />

REGGIO EMILIA<br />

Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre<br />

(Ger 20,7)<br />

7


CAMPANE A MORTO<br />

Quella mattina del 25 febbraio 1876, prima che spuntasse l’alba, quando la<br />

campana soleva destare i conta<strong>di</strong>ni per accu<strong>di</strong>re alle stalle e chiamava le massaie<br />

alla messa mattutina, vibrarono nell’aria, al <strong>di</strong> sopra delle case <strong>di</strong> Barco, i tristi<br />

rintocchi delle campane a morto.<br />

– Chi sarà morto? — si chiedevano nelle case i conta<strong>di</strong>ni e le donne, aprendo le<br />

finestre e interrogando i vicini.<br />

Qualcuno, passando frettoloso, rispondeva con l’emozione nella voce:<br />

– È morta l’Albina del Bolognin; è morta stanotte.<br />

Lo stupore e la <strong>com</strong>passione si esprimevano nei <strong>com</strong>menti della gente. Le vicine<br />

<strong>di</strong> casa si vestirono in fretta e si recarono dai Bolognin. Altre le avevano precedute<br />

e avevano già lavato e vestito la morta.<br />

Era successo all’una <strong>di</strong> notte. Albina si era sentita male, e Battista, suo marito,<br />

aveva urlato dalla finestra a chiamare aiuto. I vicini accorsi avevano avvisato il<br />

prete. Questi arrivò appena in tempo a rac<strong>com</strong>andarle l’anima.<br />

Albina aveva 31 anni. Due bambini dormivano in un unico lettino, ignari della<br />

<strong>di</strong>sgrazia. Erano Teresa <strong>di</strong> quattro anni e <strong>Pietro</strong> <strong>di</strong> due.<br />

Battista <strong>Uccelli</strong>, detto il Bolognin, aveva sposato Albina Guberti nel 1871, a 27<br />

anni. La sposa era <strong>di</strong> Bibbiano, un paese vicino, in provincia <strong>di</strong> Reggio Emilia<br />

<strong>com</strong>e Barco, e aveva un anno meno <strong>di</strong> lui.<br />

Sappiamo i particolari <strong>di</strong> quella morte improvvisa perché il parroco, don Pellegrino<br />

Curti, ne annotò le circostanze nel registro dei morti. La salma fu portata in<br />

chiesa, nel pomeriggio del giorno dopo, per le esequie.<br />

Battista era <strong>di</strong>sperato. Tra lui e Albina c’era stato un amore così vivo che non<br />

riuscirà mai a <strong>di</strong>menticarla. Anche dopo vari anni, vorrà imporre il nome <strong>di</strong> Albina<br />

o Albino ai bimbi che nasceranno da altre nozze.<br />

Battista faceva il calzolaio, anche se don <strong>Pietro</strong>, per umiliarsi, <strong>di</strong>ceva <strong>di</strong> essere<br />

figlio <strong>di</strong> un ciabattino. Scriveva infatti: «Non deve credere che io sia tanto delicato.<br />

Si figuri! Sono figlio <strong>di</strong> un ciabattino: buono e onorato sì, ma sempre ciabattino».<br />

In realtà gli altri figli <strong>di</strong>cevano che era un vero calzolaio, ma che si accontentava<br />

<strong>di</strong> confezionare le scarpe per i familiari, mentre il vero lavoro era il <strong>com</strong>mercio<br />

<strong>di</strong> granaglie, canapa e cordami, che esercitava, all’ingrosso e al minuto, insieme<br />

ai suoi fratelli.<br />

Ora, dopo la morte <strong>di</strong> Albina, doveva accu<strong>di</strong>re ai due bambini, in tenera età. La<br />

gente lo <strong>com</strong>passionava e qualche donna del vicinato andava ogni tanto a dargli<br />

9


una mano; ma, passati i primi mesi del lutto, molti si facevano premura <strong>di</strong> suggerirgli<br />

<strong>di</strong> sposarsi <strong>di</strong> nuovo: «Come si potevano lasciare senza mamma dei bambini<br />

così piccoli?».<br />

Così egli si decise. Verso la fine dell’anno entrò nella sua casa Maria Ciarlini a<br />

fare da mamma ai suoi bambini e a dargliene altri, se Dio avesse voluto.<br />

Pierino aveva allora due anni e mezzo, essendo nato il 10 marzo 1874. Era stato<br />

battezzato nello stesso giorno con i nomi <strong>di</strong> <strong>Pietro</strong> Stanislao. 1<br />

Quando la mamma morì, era troppo piccolo per ricordarla; ma papà Battista<br />

gliene deve aver parlato spesso e con tanto affetto che <strong>Pietro</strong> ne conservò sempre<br />

una specie <strong>di</strong> nostalgia e, quarant’anni dopo, in Cina, annoterà al 25 febbraio la<br />

celebrazione <strong>di</strong> una messa in suffragio <strong>di</strong> mamma Albina.<br />

Nell’agosto dell’anno seguente nacque una femminuccia che Battista volle<br />

chiamare Albina e che morì quasi subito; un anno dopo nacque una seconda Albina<br />

che raggiunse ben presto in cielo la sorellina. Finalmente, nel 1880, nacque un<br />

maschietto, Luigi, che sopravvisse. I registri annotano che in quell’anno l’inverno<br />

fu rigi<strong>di</strong>ssimo e possiamo pensare che nella povera casa <strong>di</strong> Battista si sia sofferto<br />

il freddo.<br />

Nel 1883 Maria Ciarlini morì, dopo aver dato alla luce un altro bimbetto, che<br />

non le sopravvisse. La mortalità dei bambini, nel primo anno <strong>di</strong> vita, era molto alta<br />

allora nelle campagne; a Barco nel 1870 era stata quasi del 50 per cento.<br />

Pierino aveva nove anni e non serberà un ricordo <strong>di</strong>stinto <strong>di</strong> questa seconda<br />

mamma che, afflitta da continue gravidanze e malattie, forse non ebbe modo <strong>di</strong> attendere<br />

molto a lui e alla sorellina; o forse perché il ricordo della terza mamma si<br />

sovrappose, confondendo in un’unica immagine le due donne che erano succedute<br />

alla sua vera madre. Battista infatti aveva deciso <strong>di</strong> sposarsi una terza volta.<br />

Irene Ferrari, entrata nella casa del Bolognin nel 1884, fece da mamma agli orfanelli<br />

e darà a Battista altri figli: Amleto nel 1885 e Fermo <strong>di</strong>eci anni dopo. Tra i<br />

due, erano nati un bimbo e una bimba che Battista volle, caparbiamente, chiamare<br />

Albino e Albina, e che se ne andarono subito con gli Angeli. Si racconta che,<br />

all’ultima gravidanza, Battista abbia espresso al figlio seminarista, ormai ventenne,<br />

la sua preoccupazione per quelle morti precoci. <strong>Pietro</strong> avrebbe risposto giocosamente:<br />

«Il prossimo bambino chiamalo Fermo, e così starà fermo e non se ne<br />

andrà». Questa sarebbe l’origine del nome dell’ultimo fratello.<br />

Benché avesse <strong>di</strong>eci anni, Pierino non ebbe <strong>di</strong>fficoltà a chiamare mamma la Irene,<br />

ma <strong>di</strong>venuto adulto ne parlava <strong>com</strong>e della matrigna nel senso che non era la<br />

vera madre. Della sua infanzia sappiamo poco: quasi solo quanto è scritto nei registri<br />

parrocchiali. Vi è segnata la cresima il 30 maggio 1881, a sette anni, e la<br />

prima <strong>com</strong>unione nello stesso anno. Ci resta però una lettera, scritta molti anni più<br />

tar<strong>di</strong>, nella quale egli <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> se stesso: «Ero un monello <strong>di</strong> piazza, e la <strong>di</strong>vina Misericor<strong>di</strong>a<br />

ha avuto <strong>com</strong>passione <strong>di</strong> me, facendomi entrare in seminario».<br />

----------------<br />

1 In municipio appare Stanislao <strong>Pietro</strong>.<br />

10


Dai racconti dei contemporanei sappiamo che non era un “monello” nel senso<br />

negativo del termine; anzi, ci appare un bambino giu<strong>di</strong>zioso che faceva il chierichetto<br />

e che gli piaceva molto leggere. Una certa Teresa Anceschi, che faceva da<br />

aiutante alla perpetua del parroco, notando la pietà del piccolo, lo segnalò al sacerdote<br />

e suggerì <strong>di</strong> farlo stu<strong>di</strong>are. La famiglia era povera e non riusciva a pagare<br />

la retta del seminario. Fu trovato un <strong>com</strong>promesso: Pierino sarebbe andato a Marola<br />

presso una famiglia, pagando una piccola pensione, e avrebbe frequentato il<br />

seminario da esterno. Aveva tre<strong>di</strong>ci anni. Non sappiamo in quale preciso momento,<br />

<strong>Pietro</strong> fu accolto <strong>com</strong>e interno, usufruendo <strong>di</strong> una Borsa <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o della <strong>di</strong>ocesi,<br />

forse in considerazione della sua buona condotta e della riuscita negli stu<strong>di</strong>. Non<br />

sarebbe successo se fosse vero quanto egli <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> quel tempo in cui fu alunno esterno:<br />

«Die<strong>di</strong> cattive prove <strong>di</strong> sapere e peggio <strong>di</strong> virtù». Il suo racconto continua:<br />

«Id<strong>di</strong>o, che voleva <strong>di</strong>ventassi suo e tutto suo, <strong>di</strong>spose quasi pro<strong>di</strong>giosamente che<br />

entrassi in seminario dove rimasi cinque anni e dove <strong>com</strong>inciai a riflettere sul serio<br />

e vi<strong>di</strong> che la mia strada da percorrere era quella ecclesiastica. La abbracciai<br />

con ardore e timore e col fermo proposito <strong>di</strong> essere sempre buono». Nella sua umiltà<br />

aggiunge: «Ma non fui fedele al mio proposito, perché la bontà la facevo<br />

consistere in una certa esteriorità, mentre nell’intimo mancava la sodezza. Il Signore<br />

mi <strong>di</strong>ede più volte illustrazioni alla mente e scosse al cuore, alle quali non<br />

seppi resistere, e proposi <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare religioso e missionario».<br />

Da queste informazioni si deduce che egli sia entrato <strong>com</strong>e interno dopo il ginnasio,<br />

per i due anni <strong>di</strong> Filosofia e i tre <strong>di</strong> Teologia.<br />

Quanto al Seminario, sappiamo che ce n’era uno ad Albinea, il più importante<br />

della <strong>di</strong>ocesi, e un altro a Marola. Questo raccoglieva i giovani della montagna; vi<br />

si svolgevano i cinque anni <strong>di</strong> ginnasio e quelli <strong>di</strong> liceo e teologia. Negli anni in<br />

cui fu seminarista <strong>Pietro</strong> <strong>Uccelli</strong>, ebbe fin 250 seminaristi, <strong>di</strong> cui quin<strong>di</strong>ci o se<strong>di</strong>ci<br />

studenti <strong>di</strong> teologia. C’erano bravi professori, tra cui il canonico Francesco Poletti<br />

per la teologia, i sacerdoti Francesco Romei per la filosofia, Francesco Marchioni<br />

per il Diritto Canonico. Si ricordano anche i prof. Don G. B. Vezzosi e Luigi Magnani.<br />

Era Rettore don <strong>Pietro</strong> Carpanoni, che esigeva una rigida <strong>di</strong>sciplina. Non vi entravano<br />

giornali e gli alunni interni non potevano avere contatto con gli esterni.<br />

Non sappiamo chi fosse il Direttore spirituale, ma il seminarista <strong>Pietro</strong> <strong>Uccelli</strong> ebbe<br />

certamente delle buone guide che lo aiutarono a <strong>di</strong>scernere le “illustrazioni della<br />

mente” <strong>di</strong> cui egli parla, e lo incoraggiavano a seguire le “scosse del cuore” che<br />

lo animavano al bene.<br />

Quello che si è potuto constatare in seguito, fa pensare che abbia <strong>com</strong>piuto con<br />

serietà i suoi stu<strong>di</strong> teologici e che sia stato bene in<strong>di</strong>rizzato nel cammino della virtù.<br />

Possiamo, infine, <strong>com</strong>e e fino a che punto abbia influito sul carattere <strong>di</strong> <strong>Pietro</strong><br />

la sua fortunosa infanzia.<br />

La per<strong>di</strong>ta della madre in tenera età, il succedersi <strong>di</strong> volti nuovi sia pure amo-<br />

11


evoli, lasciarono in <strong>Pietro</strong> un senso <strong>di</strong> insicurezza e <strong>di</strong> timidezza che lo ac<strong>com</strong>pagnò<br />

per tutta la vita. Le caratteristiche della sua vita — cercare il nascon<strong>di</strong>mento,<br />

passare inosservato, non parlare mai <strong>di</strong> sé — possono aver trovato alimento nella<br />

formazione seminaristica ricevuta a Marola e nella lettura <strong>di</strong> libri ascetici, l’una e<br />

l’altra convergenti nell’inculcare l’umiltà, <strong>com</strong>’era d’uso, e tendenti, talvolta, a<br />

reprimere lo svolgersi della personalità; ma possono anche avere avuto fondamento<br />

in un’infanzia priva del sostegno stabile e rassicurante <strong>di</strong> una madre.<br />

In contrapposto, la mancanza <strong>di</strong> una figura materna a cui appoggiarsi e in cui<br />

confidare, può aver risvegliato in lui, fin dalla fanciullezza, il bisogno della ricerca<br />

<strong>di</strong> Dio per <strong>com</strong>pensarlo <strong>di</strong> quanto non aveva trovato, almeno con pienezza, nella<br />

famiglia, e aver favorito lo spirito <strong>di</strong> <strong>com</strong>unione con Dio, altra caratteristica<br />

della la sua vita spirituale. Vedremo <strong>com</strong>e un’amicizia femminile, sublimata dalla<br />

<strong>com</strong>une ricerca <strong>di</strong> Dio, abbia creato un <strong>com</strong>penso alla mancata presenza materna<br />

nella sua infanzia.<br />

Infine, le esperienze <strong>di</strong> privazioni e <strong>di</strong> povertà gli hanno fatto crescere nel cuore<br />

quel senso <strong>di</strong> <strong>com</strong>passione e tenerezza verso i poveri e i sofferenti che lo renderanno<br />

un giorno apostolo <strong>di</strong> carità e consolatore degli afflitti. Questi aspetti hanno<br />

poi trovato nella grazia dello Spirito Santo il modo <strong>di</strong> sublimarsi e <strong>di</strong>venire virtù e<br />

santità.<br />

Resta da considerare l’influenza del padre nella formazione del giovane <strong>Pietro</strong>.<br />

Battista era una figura poliedrica, un <strong>uomo</strong> <strong>di</strong> fede e <strong>di</strong> un cuore grande che si esprimeva<br />

in affetto verso i familiari e in benevolenza verso tutti. Nella sua maturità<br />

assunse un rilievo <strong>di</strong> primo piano nel paese, per la sua istruzione, superiore a<br />

quella <strong>com</strong>une dei conta<strong>di</strong>ni, tanto che leggeva agli altri il giornale nelle stalle, e<br />

perché aveva un carattere sereno, sempre pronto alla battuta allegra ed era efficace<br />

nel racconto delle barzellette. Si <strong>di</strong>stingueva, inoltre, per lo spirito <strong>di</strong> iniziativa<br />

che si manifestava soprattutto nell’organizzare drammi teatrali nel teatrino del paese.<br />

Erano drammi strappalacrime, <strong>com</strong>e La Storia <strong>di</strong> Genoveffa, La Cieca <strong>di</strong> Sorrento,<br />

I due Sergenti, eccetera. Otteneva un grande successo e, con le entrate degli<br />

spettacoli, riuscì a <strong>com</strong>perare un grande lampadario che pose al centro del teatrino.<br />

Era piccolo <strong>di</strong> statura e camminava svelto anche da vecchio; era deciso e risoluto<br />

nei suoi doveri. Non mancava mai alla Messa domenicale e alle Funzioni. Per<br />

il suo Pierino ebbe sempre un affetto particolare, forse perché, rimasto orfano in<br />

tenera età, gli faceva più tenerezza; l’affetto parve crescere quando lo vide avviarsi<br />

con successo verso il sacerdozio. Gli echi del suo primo apostolato a S. Terenziano<br />

lo entusiasmavano e gli facevano pensare a una vecchiaia quieta e tranquilla<br />

all’ombra <strong>di</strong> un presbiterio. Perciò fu grande la sua delusione quando seppe dei<br />

propositi missionari del figlio, e cercò <strong>di</strong> ostacolarlo in tutti i mo<strong>di</strong>, <strong>com</strong>e vedremo.<br />

Dal padre don <strong>Pietro</strong> ere<strong>di</strong>tò la fede profonda e generosa; dal suo esempio imparò<br />

ad essere <strong>di</strong>sponibile agli altri, e <strong>com</strong>e lui sviluppò in se stesso un carattere<br />

affabile, sereno e faceto. Anche a lui piaceva raccontare le barzellette e le narrava<br />

12


con brio destando l’ilarità in chi lo ascoltava. La de<strong>di</strong>zione al lavoro senza risparmi<br />

fu certo un’ere<strong>di</strong>tà paterna; anche la fiducia nella Provvidenza, così caratteristica<br />

nella vita <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong>, trova riscontro nel <strong>com</strong>portamento <strong>di</strong> Battista, che<br />

varie volte si trovò in <strong>di</strong>fficoltà economiche durante la sua lunga vita e che sempre<br />

confidò nell’aiuto celeste.<br />

13


REGGIO EMILIA<br />

A FINE OTTOCENTO<br />

Arrivati a questo punto dobbiamo soffermarci a considerare brevemente la situazione<br />

sociale e politica della <strong>di</strong>ocesi <strong>di</strong> Reggio, dove il nostro si troverà ad esercitare<br />

il ministero per i primi sei o sette anni <strong>di</strong> sacerdozio.<br />

Dopo l’annessione al Governo d’Italia (1860) e specialmente dopo<br />

l’occupazione <strong>di</strong> Roma nel 1870, in tutta Italia furono introdotte misure ristrettive<br />

nei confronti della Chiesa, quali l’incameramento dei beni ecclesiastici,<br />

l’abolizione dell’insegnamento religioso nella scuola, la coscrizione obbligatoria<br />

anche per i chierici; si cercò anche <strong>di</strong> abolire le feste religiose e <strong>di</strong> sottrarre le istituzioni<br />

educative e caritative alle suore. L’entrata dei vescovi nelle <strong>di</strong>ocesi era<br />

soggetta al Placet del governo, che spesso ritardava mesi o anni, e talvolta era rifiutato.<br />

Nel Reggiano non mancò un’attiva propaganda antireligiosa a opera dei liberali<br />

e, in seguito, dei socialisti. Inoltre, nella Bassa Reggiana era stata favorita la <strong>di</strong>ffusione<br />

del protestantesimo dei Valdesi, che svolgevano una propaganda capillare,<br />

con linguaggio semplice e <strong>com</strong>prensibile, e promovevano la giustizia sociale. La<br />

grande <strong>di</strong>fferenza tra poveri e ricchi, tra padroni e operai, assai viva nel Reggiano,<br />

faceva sì che molte persone della campagna fossero attratte dalla pre<strong>di</strong>cazione dei<br />

Valdesi. Essi trovarono seguaci nella zona <strong>di</strong> Guastalla e nei paesi della Bassa<br />

Reggiana.<br />

Verso gli anni ’80 gli anticlericali <strong>di</strong> Reggio presero <strong>di</strong> mira anche due illustri<br />

concitta<strong>di</strong>ni, solo perché facenti parte del clero. Si trattava del gesuita Angelo<br />

Secchi, astronomo <strong>di</strong> fama mon<strong>di</strong>ale che, con il suo spettroscopio, era riuscito a<br />

descrivere circa quattro mila stelle e aveva stu<strong>di</strong>ato l’atmosfera <strong>di</strong> Venere e <strong>di</strong><br />

Marte, ecc. L’altro su cui si appuntarono le critiche degli anticlericali fu il paleontologo<br />

don Costanzo Chierici, residente a Reggio, il quale però aveva richiamato<br />

l’attenzione per la sua polemica politico-religiosa.<br />

La situazione sociale nel Reggiano negli ultimi decenni del secolo XIX era assai<br />

critica. In città non c’erano industrie e, in una popolazione <strong>di</strong> 12.000 abitanti,<br />

quasi due terzi erano iscritti nel registro dei poveri. In campagna regnava la pellagra,<br />

a causa della denutrizione, malattia che a volte portava alla pazzia e che era<br />

una delle cause più frequenti <strong>di</strong> morte. In queste situazioni l’emigrazione si rese<br />

necessaria e, solo negli anni 1881-82 si ebbe la partenza <strong>di</strong> più <strong>di</strong> 2.500 persone.<br />

In reazione alla mancanza <strong>di</strong> giustizia sociale e per affermare i <strong>di</strong>ritti dei lavoratori,<br />

nella seconda metà del secolo XIX erano sorti in Italia vari Partiti che si<br />

proponevano riforme sociali. Nel 1892 il Partito dei Lavoratori, ispirato a idee so-<br />

15


cialiste, si unì in Congresso a Genova e fondò un giornale intitolato Lotta <strong>di</strong> classe,<br />

il cui <strong>di</strong>rettore fu Camillo Prampolini (1859-1930) <strong>di</strong> Reggio Emilia, laureato<br />

in giurisprudenza e convinto assertore dell’idea socialista. L’anno seguente, 1893,<br />

al Congresso <strong>di</strong> Reggio Emilia, il Partito dei Lavoratori assunse il nome <strong>di</strong> “Partito<br />

socialista del lavoratori italiani”, e nel 1895, nel Congresso <strong>di</strong> Parma, si chiamò<br />

con un nome definitivo “Partito Socialista Italiano”.<br />

A Reggio, Prampolini fu l’anima <strong>di</strong> un socialismo militante. Attirava i lavoratori<br />

con la fondazione <strong>di</strong> Cooperative e con le cosiddette Organizzazioni <strong>di</strong> Resistenza.<br />

Fu anche il corifeo <strong>di</strong> un anticlericalismo ra<strong>di</strong>cale. Egli era convinto che i<br />

preti stavano con i ricchi e ne <strong>di</strong>fendevano gli interessi. Proclamava: «Operai,<br />

guardatevi dai preti! Essi <strong>di</strong>fendono i ricchi e angariano il popolo. Hanno tra<strong>di</strong>to<br />

Cristo che era un vero rivoluzionario». Così si arrivava al paradosso <strong>di</strong> <strong>com</strong>battere<br />

la Chiesa in nome <strong>di</strong> Cristo stesso.<br />

Non mancavano ragioni <strong>di</strong> coinvolgere i preti nella <strong>di</strong>sparità sociale. I preti, infatti,<br />

facevano parte <strong>di</strong> una o dell’altra categoria: c’erano preti ricchi con estese<br />

proprietà ecclesiali, chiamate “Benefici”, e altri che soffrivano la povertà. Inoltre,<br />

non si schieravano contro i ricchi, limitandosi a pre<strong>di</strong>care il dovere <strong>di</strong> questi ultimi<br />

<strong>di</strong> dare la giusta mercede e <strong>di</strong> soccorrere i poveri.<br />

Il Prampolini voleva la lotta <strong>di</strong> classe anche contro la Chiesa. Si ebbero così<br />

manifestazioni <strong>di</strong> piazza e attività <strong>di</strong>rette a impe<strong>di</strong>re le processioni, mentre in alcuni<br />

luoghi furono bruciate le immagini sacre e profanate le chiese. Fa meraviglia<br />

che le violente incitazioni contro i preti non abbiano portato a uccisioni in quel periodo.<br />

Nel 1891 uscì l’Enciclica Rerum Novarum <strong>di</strong> Leone XIII, nella quale veniva<br />

enunciata una dottrina sociale cattolica e i fedeli erano esortati a promuovere la<br />

giustizia. Bisogna però <strong>di</strong>re che già dal 1883 nella <strong>di</strong>ocesi <strong>di</strong> Reggio era <strong>com</strong>inciato<br />

un movimento <strong>di</strong> carattere sociale con la costituzione <strong>di</strong> una Società <strong>di</strong> Mutuo<br />

Soccorso, a cui altre si aggiunsero negli anni seguenti.<br />

Nel 1894 fu celebrato a Reggio un Sinodo <strong>di</strong>ocesano con la problematica sul<br />

tipo <strong>di</strong> clero necessario per i tempi moderni. Alcuni sacerdoti restarono ancorati<br />

alla pre<strong>di</strong>cazione tra<strong>di</strong>zionale, ma altri si impegnarono seriamente nella questione<br />

sociale. Si <strong>di</strong>stinse, tra gli altri, don Pacifico Vellani, parroco <strong>di</strong> san Nicolò a Cavriago.<br />

Egli scrisse un opuscolo per stimolare i cattolici a prendere iniziative sociali<br />

e a mettersi a capo della Camera del Lavoro. Propugnava un salario fisso e la<br />

partecipazione agli utili in forma <strong>di</strong> “Azioni”. Fondò a Cavriago una “Società <strong>di</strong><br />

Operai cattolici” e si fece promotore della riforma agricola secondo la scuola <strong>di</strong><br />

Stanislao Solari, sorta a Parma in quegli anni.<br />

In seguito alla venuta a Reggio, nel 1895, del prof. Giuseppe Toniolo, massimo<br />

esponente della scuola sociale cattolica, fu fondato un Centro <strong>di</strong> Stu<strong>di</strong> Sociologici,<br />

<strong>di</strong> cui il Vellani <strong>di</strong>venne Direttore. Inoltre fu chiamato a Reggio don Luigi Cerutti<br />

della <strong>di</strong>ocesi <strong>di</strong> Venezia, noto apostolo delle Casse rurali, e si <strong>di</strong>ede impulso anche<br />

a tale iniziativa.<br />

16


I socialisti che prima accusavano la Chiesa <strong>di</strong> inerzia nel campo sociale, ora la<br />

rimproveravano perché si ingeriva in attività che non le erano proprie. Reggio era<br />

il centro del socialismo, ma era anche il centro <strong>di</strong> un cattolicesimo vivace, operoso,<br />

patriottico; vari preti erano usciti dalla sagrestia a soccorrere i poveri e a pre<strong>di</strong>care<br />

la dottrina sociale della Chiesa. Rimanevano però le incongruenze <strong>di</strong> preti<br />

ricchi e preti poveri. 1<br />

<strong>Pietro</strong> <strong>Uccelli</strong> era seminarista in quegli anni, ma gli echi delle lotte socialiste e<br />

delle nuove <strong>di</strong>rettive della Chiesa non potevano non varcare le soglie del seminario<br />

e influenzare i giovani seminaristi già prossimi al sacerdozio. Se non altro,<br />

giungevano a loro le Lettere pastorali del Vescovo, mons. Vincenzo Manicar<strong>di</strong>,<br />

che incoraggiava l’impegno sociale dei sacerdoti e, nello stesso tempo, rac<strong>com</strong>andava<br />

<strong>di</strong> non perdere <strong>di</strong> vista l’aspetto spirituale, e perciò promoveva la pre<strong>di</strong>cazione<br />

<strong>di</strong> missioni al popolo per far fronte all’irreligiosità che la propaganda socialista<br />

aveva largamente <strong>di</strong>ffusa. La <strong>di</strong>rettiva del vescovo si potrebbe sintetizzare in<br />

queste frasi: «Il prete moderno non teme <strong>di</strong> sconfinare, agendo nel sociale: la fede<br />

deve congiungersi alla sociologia per costruire la società su basi cristiane».<br />

Quando <strong>Uccelli</strong> <strong>di</strong>verrà sacerdote, seguendo le sue propensioni, s’interesserà<br />

soprattutto del rinnovamento spirituale e si adopererà con squisita carità, in ogni<br />

evenienza, a soccorrere i poveri e i bisognosi. Sarà questa una caratteristica che lo<br />

ac<strong>com</strong>pagnerà per tutta la vita. Solo occasionalmente tratterà della questione sociale.<br />

Il 19 settembre 1896 il seminarista <strong>Pietro</strong> <strong>Uccelli</strong> fu ammesso alla Tonsura e ai<br />

primi Or<strong>di</strong>ni minori e così entrò nel Corso teologico. La cerimonia della tonsura<br />

consisteva nel taglio <strong>di</strong> una ciocca <strong>di</strong> capelli da parte del vescovo, che dava il via<br />

a una più elaborata rasatura a forma rotonda sul cocuzzolo del capo, chiamata<br />

chierica. Da quel momento il seminarista entrava nella categoria dei chierici. I<br />

primi or<strong>di</strong>ni minori erano il Lettorato e l’Accolitato che davano al can<strong>di</strong>dato la facoltà<br />

<strong>di</strong> leggere la Sacra Scrittura durante le cerimonie liturgiche e <strong>di</strong> servire<br />

all’altare. Erano i primi passi verso il sacerdozio. Nel <strong>di</strong>cembre dello stesso anno<br />

<strong>Pietro</strong> <strong>Uccelli</strong> fu ammesso al Sud<strong>di</strong>aconato e il 3 aprile 1897 ricevette l’Or<strong>di</strong>ne<br />

del Diaconato nella cattedrale <strong>di</strong> Reggio.<br />

Il 18 settembre 1897 fu consacrato presbitero dal vescovo mons. Vincenzo<br />

Manicar<strong>di</strong>, insieme ad altri can<strong>di</strong>dati, nella cappella del Seminario <strong>di</strong> Albinea. Era<br />

il sabato delle Tempora <strong>di</strong> autunno, giorno generalmente scelto per le or<strong>di</strong>nazioni.<br />

Don <strong>Pietro</strong> <strong>Uccelli</strong> aveva 23 anni e cinque mesi: dovette quin<strong>di</strong> ottenere la <strong>di</strong>spensa<br />

da Roma per i sette mesi che mancavano all’età <strong>di</strong> 24 anni prescritta per<br />

l’or<strong>di</strong>nazione.<br />

Non abbiamo notizie <strong>com</strong>e si sia svolta la cerimonia e nulla è trapelato dei sentimenti<br />

del neo or<strong>di</strong>nato. Sappiamo solo che il giorno dopo, domenica, festa della<br />

----------------<br />

1 Queste notizie sono attinte prevalentemente dal volume <strong>di</strong> Sandro SPREAFICO, La Chiesa <strong>di</strong><br />

Reggio Emilia tra antichi e nuovi regimi, II. Il contro-Stato socialcattolico, Bologna, Cappelli,<br />

1982. Così pure le notizie riguardanti le parrocchie <strong>di</strong> Cavriago, ecc.<br />

17


Madonna Addolorata, celebrò la prima Messa a Barco, nella chiesa in cui era stato<br />

battezzato. Gli fece il <strong>di</strong>scorso il parroco don Possi<strong>di</strong>o Rasori, perché il professore<br />

del Seminario <strong>di</strong> Marola che aveva promesso <strong>di</strong> venire non venne, forse a causa<br />

della pioggia che cadeva a <strong>di</strong>rotto. Anche la processione pomeri<strong>di</strong>ana con<br />

l’immagine della Madonna fu dovuta sospendere per la pioggia.<br />

Il parroco annota nei suoi Registri: «Il giorno 19 settembre <strong>di</strong>ce Messa per la<br />

prima volta don <strong>Uccelli</strong> <strong>Pietro</strong>, che fin d’adesso ha gran volontà <strong>di</strong> spiccare il volo<br />

per la Cina in cerca d’anime». 2<br />

Perché la Cina? E fin da allora? <strong>Uccelli</strong> nella sua testimonianza resa a padre<br />

Grazzi sul beato Conforti, nel 1942, afferma che aveva letto “I miei 35 anni <strong>di</strong><br />

missione” del Card. Massaia, che li aveva gustati, ma che non lo avevano invogliato<br />

per le missioni. Dunque, quale cosa lo aveva spinto a cercare la Cina? 3<br />

Passata la festa don <strong>Pietro</strong> tornò in Seminario per <strong>com</strong>pletare l’ultimo anno <strong>di</strong><br />

teologia.<br />

----------------<br />

2 Copia in Archivio Postulazione.<br />

3 GRAZZI Luigi, Testimonianza sul Beato Guido M. Conforti, in Archivio Postulazione, pag. 2.<br />

18


UN VIAGGIO CHE CAMBIA LA VITA<br />

Col giugno del 1898 ebbe termine il Corso teologico <strong>di</strong> don <strong>Pietro</strong> ed egli fu<br />

destinato a Coa<strong>di</strong>utore nella parrocchia <strong>di</strong> San Terenziano a Cavriago. Cavriago<br />

era <strong>di</strong>stante da Piolo due o tre chilometri, quin<strong>di</strong> don <strong>Pietro</strong> era vicino ai suoi, con<br />

grande sod<strong>di</strong>sfazione <strong>di</strong> Battista che aveva allora 54 anni.<br />

Il paese contava 3.500 abitanti e aveva due parrocchie; in quella <strong>di</strong> San Niccolò<br />

c’era un prete avanzato nelle opere sociali, don Pacifico Vellani, mentre nella parrocchia<br />

<strong>di</strong> San Terenziano, l’arciprete, don Giovanni Bonilauri era più impegnato<br />

nella tra<strong>di</strong>zionale cura spirituale dei cristiani. I parrocchiani rispondevano al suo<br />

zelo, perché tutti, eccetto otto o nove persone, sod<strong>di</strong>sfacevano al precetto pasquale;<br />

i matrimoni venivano celebrati secondo il rito della Chiesa e l’insegnamento<br />

della dottrina cristiana era svolto regolarmente.<br />

Tuttavia c’era una macchia <strong>di</strong> fronte all’emergente socialismo: don Giovanni<br />

passava per ricco, perché la parrocchia aveva un beneficio <strong>di</strong> 35 ettari, dati in<br />

mezzadria a varie famiglie <strong>di</strong> conta<strong>di</strong>ni. Inoltre, nel 1897 era successo che due<br />

mezzadri, Angelo e Francesco Corra<strong>di</strong>ni, si erano rifiutati <strong>di</strong> consegnare alla parrocchia<br />

quanto le spettava, indotti a ciò da particolari <strong>di</strong>fficoltà familiari o spinti<br />

dalle organizzazioni socialiste che pre<strong>di</strong>cavano apertamente la lotta <strong>di</strong> classe, cioè<br />

la guerra ai ricchi. La vicenda finì in tribunale, fornendo pretesto ai socialisti <strong>di</strong><br />

criticare la Chiesa. Tanto più che nella parrocchia vicina <strong>di</strong> San Nicolò, don Vellani<br />

pre<strong>di</strong>cava apertamente le riforme sociali.<br />

Quando don <strong>Uccelli</strong> arrivò a San Terenziano, probabilmente gli echi <strong>di</strong> quella<br />

questione si erano sopiti, ma la schiera dei poveri non era affatto <strong>di</strong>minuita. Sappiamo<br />

dalle notizie raccolte dalla <strong>com</strong>unità <strong>di</strong> Barco, che don <strong>Uccelli</strong> si de<strong>di</strong>cò alla<br />

pre<strong>di</strong>cazione, ai poveri e agli ammalati.<br />

Forse faceva qualche pre<strong>di</strong>cazione anche fuori paese o, almeno, doveva recarsi<br />

a celebrare nell’Oratorio <strong>di</strong> San Giovanni, che sorgeva tra Cavriago e Barco. La<br />

suddetta relazione, infatti, scrive: «Quando tornava a pie<strong>di</strong> da San Giovanni verso<br />

Pratonera, immancabilmente c’era gente ad attenderlo per chiedergli l’elemosina,<br />

e l’offerta della Messa finiva nelle tasche <strong>di</strong> quei poveretti, tra i quali, a volte,<br />

c’era qualche ruffianetto». 1<br />

Non sappiamo altro dell’apostolato <strong>di</strong> don <strong>Uccelli</strong> a San Terenziano, se non<br />

che da Barco gli arrivava talvolta il fratello Fermo perché gli facesse lezioni <strong>di</strong> latino<br />

per l’ammissione al seminario. Purtroppo lo trovava raramente, perché era<br />

spesso al capezzale degli ammalati.<br />

----------------<br />

1 Padre <strong>Pietro</strong> <strong>Uccelli</strong>: la Comunità <strong>di</strong> Barco a ricordo. [Pro manuscripto], Barco, 1979, pag.<br />

2.<br />

19


Due anni più tar<strong>di</strong>, quando uscì voce che don <strong>Pietro</strong> sarebbe stato trasferito,<br />

una petizione con molte firme fu inviata al Vescovo perché lo lasciasse sul posto.<br />

Anzi, racconta la relazione della <strong>com</strong>unità <strong>di</strong> Barco, all’ultima sera, il 30 <strong>di</strong>cembre<br />

1900, don <strong>Pietro</strong> fece una “stupenda pre<strong>di</strong>ca”, poi pregò un altro prete <strong>di</strong> dare<br />

la bene<strong>di</strong>zione con il Santissimo Sacramento, ed egli uscì quieto quieto dalla sagrestia,<br />

evitando così ogni manifestazione <strong>di</strong> saluto. Raggiunse a pie<strong>di</strong> la famiglia<br />

a Barco.<br />

I Cavriaghesi pubblicarono sul giornale dell’Azione cattolica un articolo con<br />

cui esprimono tutto il loro rimpianto e la loro riconoscenza: «Ah, Don <strong>Uccelli</strong>,<br />

Don <strong>Uccelli</strong>! Vi siete portato con voi il nostro cuore. Non ci avete lasciato che il<br />

ricordo delle vostre buone opere, degli esempi <strong>di</strong> una virtù cristiana e sacerdotale,<br />

virtù ed esempi che resteranno impressi in eterno nelle anime nostre. Voi foste<br />

un’immagine <strong>di</strong> Gesù che passò in mezzo al popolo facendo del bene a tutti».<br />

Don <strong>Uccelli</strong> era stato trasferito a Piolo in alta montagna. A Piolo nessun prete<br />

ci voleva andare. Quello che faceva <strong>di</strong>fficoltà era la s<strong>com</strong>o<strong>di</strong>tà del luogo e lo scarso<br />

red<strong>di</strong>to <strong>di</strong> lire 200 annue. Le altre parrocchie avevano un red<strong>di</strong>to sulle 1000 lire;<br />

qualcuna anche <strong>di</strong> più, <strong>com</strong>e Iano, 1.300, e San Vitale <strong>di</strong> Carpineti con un red<strong>di</strong>to<br />

<strong>di</strong> lire 2.800. Duecento lire non erano sufficienti a mantenere una persona.<br />

Don Francesco Branchetti, che vi era stato per qualche tempo, <strong>di</strong>ceva che era obbligato<br />

a osservare un <strong>di</strong>giuno rigorosissimo e nel marzo <strong>di</strong> quell’anno aveva rinunciato<br />

alla parrocchia.<br />

Sic<strong>com</strong>e si veniva assegnati a una parrocchia in seguito a esame, il Vescovo<br />

nell’aprile aveva pubblicato un Bando <strong>di</strong> concorso. Passato un mese, senza che<br />

nessuno si presentasse, pubblicò un secondo Bando il 14 maggio. Si presentò don<br />

<strong>Pietro</strong> <strong>Uccelli</strong>, non sappiamo se spontaneamente o per invito del Vescovo. Fu nominato<br />

il 9 agosto arciprete della parrocchia <strong>di</strong> san Basilide martire, in Piolo, e insieme<br />

fu nominato Vicario Foraneo della zona.<br />

Piolo era un paesino a 844 metri sul livello del mare, in mezzo ai monti, <strong>com</strong>posto<br />

<strong>di</strong> poche case, appoggiato su uno sperone <strong>di</strong> rocce a picco sul torrente Ozzola,<br />

quasi ai pie<strong>di</strong> del monte Cusna (2120 m.). Era circondato da boschi <strong>di</strong> castagni<br />

e faggi e l’ampia valle era a chiusa a nord, verso Reggio, da una catena <strong>di</strong> monti<br />

tra cui spiccava il Ventasso e la dantesca Pietra <strong>di</strong> Bismantova. Era <strong>di</strong>stante 80<br />

chilometri da Reggio, e forse anche più, tenuto conto che questa è la <strong>di</strong>stanza per<br />

le strade attuali. D’estate ci si poteva vivere, ma d’inverno… Il centro più importante<br />

della montagna era Castelnovo Monti con il famoso roccione del Bismantova.<br />

Il paese contava circa 150 abitanti, pastori poveri, tagliati fuori dal mondo. Non<br />

c’era luce elettrica né telefono, <strong>com</strong>e nei tempi moderni e, alla sera, bisognava accendere<br />

il lume a petrolio. Le strade erano semplici mulattiere e il mezzo <strong>di</strong> trasporto<br />

più <strong>com</strong>une era proprio il mulo. Il centro più vicino, Ligonchio, sede del<br />

Comune, era a cinque chilometri.<br />

Il Vescovo deve aver prospettato a don <strong>Pietro</strong> anche la pre<strong>di</strong>cazione nei paesi<br />

20


<strong>di</strong> montagna, per fare le Missioni al popolo e istituire Circoli Cattolici, primi nuclei<br />

<strong>di</strong> quella Azione Cattolica che fece tanto bene in Italia. Tutto questo rientrava<br />

negli impegni assunti da don <strong>Pietro</strong> stesso, quando aveva dato il nome alla Congregazione<br />

dei Sacerdoti Missionari, fondata da don Prospero Campioli nel 1884 e<br />

allora fiorente. Riteniamo che abbia accettato senza opporre obiezioni per la situazione<br />

economica, perché, <strong>di</strong>rà in seguito, non si era fatto prete per il denaro.<br />

<strong>Uccelli</strong> condusse con sé il padre, la matrigna e il fratello Fermo. Possiamo immaginare<br />

la delusione <strong>di</strong> Battista e soprattutto <strong>di</strong> Irene nel trovarsi in un luogo così<br />

fuori del mondo, senza nessun conoscente e con la prospettiva <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagi senza<br />

numero. La chiesa era vecchia e maltenuta, la canonica era in uno stato miserevole.<br />

Poi venne l’inverno, in anticipo sui tempi della pianura, e la famigliola si trovò<br />

<strong>com</strong>pletamente isolata e forse con problemi anche per il vitto quoti<strong>di</strong>ano. Irene,<br />

nel suo intimo, se la prendeva con don <strong>Pietro</strong>, che aveva tante altre possibilità in<br />

<strong>di</strong>ocesi e che, invece, aveva accettato <strong>di</strong> andare in capo al mondo. Questo stato<br />

d’animo spiega anche un certo nervosismo e alcune escandescenze che don <strong>Pietro</strong><br />

notò nella matrigna in certi momenti <strong>di</strong>fficili. Piano piano la famiglia si sarà un<br />

po’ organizzata, Battista coltivando un orticello e Irene mettendo su un piccolo<br />

pollaio; ma a Piolo anche la terra era arida, se don <strong>Pietro</strong> poté scrivere: «Il mio<br />

cervello è <strong>com</strong>e il terreno <strong>di</strong> Piolo che, non zappato, dà triboli e spine; e zappato<br />

incallisce le mani del lavoratore e poi, invece <strong>di</strong> dare buon grano, produce zizzania».<br />

Forse don <strong>Pietro</strong> scrisse questo pensando al misero orticello vicino alla canonica<br />

e al lavoro improbo <strong>di</strong> suo padre.<br />

Non sappiamo nulla dei primi un<strong>di</strong>ci mesi, passati a Piolo, eccetto <strong>di</strong> un viaggio,<br />

<strong>com</strong>piuto dal giovane prete nell’ottobre del 1900, un mese dopo il suo trasferimento.<br />

Don <strong>Pietro</strong> aveva sentito parlare <strong>di</strong> un prete <strong>di</strong> Parma che aveva aperto<br />

un istituto per giovanetti per farli stu<strong>di</strong>are con poca spesa. Quel prete si chiamava<br />

Guido Conforti e l’istituto che aveva fondato era seminario per le missioni<br />

all’estero, ma don <strong>Pietro</strong> non lo sapeva, e pensava che si trattasse semplicemente<br />

<strong>di</strong> un collegio per ragazzi poveri, aspiranti al sacerdozio. Pensò <strong>di</strong> andare a chiedere<br />

a don Conforti <strong>di</strong> accogliere suo fratello Fermo.<br />

Arrivò a Parma nella mattinata del 9 ottobre e ci recò in Curia a chiedere dove<br />

avrebbe potuto trovare don Conforti. Gli <strong>di</strong>ssero che era nella Basilica<br />

dell’Annunziata, al <strong>di</strong> là del ponte, con i suoi aspiranti missionari, per la <strong>com</strong>memorazione<br />

<strong>di</strong> mons. Francesco Fogolla e degli altri missionari martiri, uccisi in<br />

Cina nel luglio passato.<br />

Don <strong>Pietro</strong> vi si recò e giunse in tempo a sentire il <strong>di</strong>scorso del vescovo Francesco<br />

Magani: «Un <strong>di</strong>scorso bellissimo — <strong>di</strong>rà don <strong>Pietro</strong> — che esaltava quei<br />

campioni della fede». E aggiunge: «Mi venne imme<strong>di</strong>atamente il desiderio <strong>di</strong> andare<br />

da mons. Conforti e <strong>di</strong> non parlare <strong>di</strong> mio fratello, ma chiedere che accogliesse<br />

me, che mi sentivo venire nell’anima questa domanda: Non potrei occupare io<br />

il posto <strong>di</strong> almeno l’ultimo <strong>di</strong> quei martiri?».<br />

Il canonico Conforti lo accolse con tale cor<strong>di</strong>alità che don <strong>Pietro</strong> ne fu conqui-<br />

21


stato per sempre. Gli rispose: «Avremmo proprio bisogno <strong>di</strong> un sacerdote…».<br />

Quelle parole sottintendevano una grande angoscia. Due anni prima erano partiti<br />

per la Cina, ac<strong>com</strong>pagnati dal vescovo francescano mons. Francesco Fogolla, i<br />

primi due missionari dell’Istituto del Conforti, uno era sacerdote e l’altro appena<br />

sud<strong>di</strong>acono. Ora i giornali avevano parlato dell’ecci<strong>di</strong>o avvenuto in Cina, nella<br />

città <strong>di</strong> Taiyuan, e <strong>di</strong>cevano che erano stati uccisi i due vescovi e tutti i missionari.<br />

Conforti era angosciato per la sorte dei suoi primi figli: saranno stati uccisi<br />

anch’essi, o saranno riusciti a salvarsi?<br />

Non riceverà notizie se non a fine d’anno, quando finalmente gli giunse una<br />

lettera dalla Mongolia, dove i suoi erano riusciti a rifugiarsi; ma in quel momento,<br />

<strong>di</strong> fronte a don <strong>Pietro</strong>, pensava che l’unico prete che aveva e il giovane studente<br />

forse erano morti. Perciò aveva detto: «Avremmo proprio bisogno <strong>di</strong> un sacerdote…».<br />

Gli <strong>di</strong>sse poi che lo avrebbe accolto tanto volentieri, ma che era necessario il<br />

permesso del Vescovo <strong>di</strong> Reggio perché egli era incar<strong>di</strong>nato in quella <strong>di</strong>ocesi; e<br />

che bisognava preparare i parenti al <strong>di</strong>stacco.<br />

Don <strong>Pietro</strong> aveva fretta <strong>di</strong> recarsi dal Vescovo ed è presumibile che vi sia andato<br />

il giorno dopo.<br />

Don <strong>Pietro</strong> ci racconta l’incontro. «Era molto buono il mio Vescovo, scrisse,<br />

ma quando gli parlai <strong>di</strong> farmi missionario si mostrò contrariato». Gli ricordò <strong>di</strong><br />

averlo mantenuto in seminario con una Borsa <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o, per averlo a servizio nella<br />

<strong>di</strong>ocesi… Poi <strong>di</strong>sse: «Perché volete andare in Cina?».<br />

– «Per salvare anime», gli rispose don <strong>Pietro</strong>.<br />

E il Vescovo: «Avete tutta la montagna a vostra <strong>di</strong>sposizione! Anche queste<br />

sono anime da salvare…».<br />

Don <strong>Pietro</strong> replicava: «Ma là c’è maggior bisogno. Mi sono quasi impegnato<br />

con mons. Conforti… E poi, Vostra Eccellenza ha pure firmata la Lettera pastorale<br />

dei Vescovi Emiliani in cui si rac<strong>com</strong>andava <strong>di</strong> favorire le vocazioni per l’opera<br />

<strong>di</strong> mons. Conforti…».<br />

«Sì — rispose il Vescovo, e accostandosi confidenzialmente all’orecchio <strong>di</strong><br />

don <strong>Pietro</strong>, gli <strong>di</strong>sse sorridendo: – Certe cose si <strong>di</strong>cono e… si scrivono, ma poi i<br />

bisogni della <strong>di</strong>ocesi… Insomma, state a Piolo due anni e poi vedremo». Così si<br />

chiuse la conversazione col Vescovo. 2<br />

----------------<br />

2 GRAZZI, Testimonianza, pag. 1-2.<br />

22


APOSTOLO DELLA MONTAGNA<br />

Nelle lettere <strong>di</strong> don <strong>Pietro</strong> <strong>Uccelli</strong> <strong>di</strong> quand’era a Piolo, si trova varie volte che<br />

va in pellegrinaggio alla Madonna della Pietra. Si trattava <strong>di</strong> un piccolo modesto<br />

santuario, de<strong>di</strong>cato alla Madonna, costruito proprio sotto la Pietra del Bismantova<br />

e così abbarbicato ad essa da far pensare che la parete del presbiterio non fosse altro<br />

che la roccia della montagna. A guardarlo da fuori, sembra che tutta la montagna,<br />

un’immensa pietra che s’innalza verso il cielo, gli stia per crollare addosso.<br />

Nell’estate del 1901, don <strong>Pietro</strong> andando in pellegrinaggio alla Madonna della<br />

Pietra, si fermò, <strong>com</strong>’era solito, nella canonica <strong>di</strong> Castelnovo Monti a salutare<br />

l’arciprete. Pensiamo che abbia incontrato qui la prima volta una certa Melania<br />

Genitoni, che abitava nel piccolo borgo <strong>di</strong> Tavernelle, famoso in seguito per la<br />

fonderia <strong>di</strong> campane. Era maestra <strong>di</strong> scuola e insegnava nella nella vicina frazione<br />

<strong>di</strong> Garfagnolo, ma era attiva nella parrocchia <strong>di</strong> Castelnovo, <strong>com</strong>e animatrice<br />

dell’Associazione delle Figlie <strong>di</strong> Maria e Zelatrice della devozione del Sacro Cuore.<br />

Probabilmente era anche insegnante <strong>di</strong> catechismo nella scuola parrocchiale. O<br />

forse si incontrarono a Garfagnolo in occasione <strong>di</strong> una pre<strong>di</strong>cazione in quel paese.<br />

Melania ebbe un colloquio con don <strong>Pietro</strong> e sentì in lui un <strong>uomo</strong> <strong>di</strong> Dio, che<br />

avrebbe potuto guidarla verso le ascensioni dello spirito. Da parte sua, don <strong>Pietro</strong><br />

ebbe l’impressione <strong>di</strong> trovarsi <strong>di</strong> fronte a una creatura privilegiata, assetata <strong>di</strong> Dio<br />

e della perfezione.<br />

Quando don <strong>Pietro</strong> incontrò Melania, aveva 27 anni, mentre essa ne aveva 37,<br />

<strong>di</strong>eci anni in più e quella maturità <strong>di</strong> una donna adulta, che ha già avuto esperienza<br />

della vita per il continuo contatto con i ragazzi della scuola e le loro famiglie. Don<br />

<strong>Pietro</strong> sentì soprattutto <strong>di</strong> aver trovato una persona che amava parlare <strong>di</strong> Dio.<br />

Quando tornava a casa dai suoi, don <strong>Pietro</strong> non sentiva che <strong>di</strong>scorsi <strong>di</strong> cose materiali,<br />

e se parlava con i preti si trattava <strong>di</strong> problemi apostolici, quando non erano<br />

ad<strong>di</strong>rittura pettegolezzi, ma mai si entrava in <strong>di</strong>scorsi intimi <strong>di</strong> carattere spirituale.<br />

Don <strong>Pietro</strong>, spiritualmente, viveva <strong>com</strong>e in un deserto.<br />

La <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> età creava una <strong>di</strong>stanza tra i due, che impe<strong>di</strong>va <strong>di</strong> scendere a<br />

confidenze, anche quella semplicemente <strong>di</strong> darsi del tu. I due.infatti, usarono<br />

sempre il Lei, <strong>di</strong> prammatica nel secolo appena trascorso.<br />

Dato che gli incontri non potevano essere frequenti, <strong>com</strong>inciò tra loro una nutrita<br />

corrispondenza, nella quale don <strong>Pietro</strong> apriva il suo cuore a confidenze spirituali<br />

intime, mentre a poco a poco, vincendo la sua naturale ritrosia a far da maestro,<br />

svolse verso Melania un’autentica <strong>di</strong>rezione spirituale, spingendola alle vette<br />

della santità.<br />

Da queste lettere attingiamo anche tante notizie sul suo apostolato, che non ci<br />

23


sarebbe stato possibile conoscere, data la modestia del Servo <strong>di</strong> Dio, che evitava<br />

rigorosamente <strong>di</strong> parlare <strong>di</strong> sé; ne risulta un ritratto spirituale in cui don <strong>Pietro</strong> appare<br />

fortemente impegnato nella santità e nel servizio <strong>di</strong> Dio e del prossimo.<br />

Il primo biografo, il padre Luigi Grazzi, missionario saveriano, si trovò in<br />

grande imbarazzo quando volle scrivere <strong>di</strong> lui e dovette accontentarsi <strong>di</strong> notizie<br />

vaghe, tanto che il manoscritto rimase ine<strong>di</strong>to. Egli scrive che in occasione del 50°<br />

anniversario <strong>di</strong> or<strong>di</strong>nazione sacerdotale si è dovuto consultare l’archivio per saperne<br />

la data precisa, perché il buon Padre, richiestone, sorrideva e non <strong>di</strong>ceva<br />

nulla. Padre Grazzi aggiunge:«Per lunghi anni si poteva vivere nella stessa casa <strong>di</strong><br />

cui padre <strong>Uccelli</strong> era Rettore; si pregava con lui, si mangiava con lui; nelle ricreazioni<br />

si poteva anche ridere con lui e burlarlo benevolmente; ma <strong>di</strong> sé non parlava.<br />

Non si può rievocare un ricordo della sua puerizia, né un’impressione sulla sua infanzia.<br />

Non si può scrivere una riga sulla sua vita <strong>di</strong> seminarista e <strong>di</strong> giovane cappellano;<br />

non si possono dare i dati della sua vita <strong>di</strong> parroco, al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong> quando<br />

fu fatto arciprete <strong>di</strong> Piolo e se ne partì, perché in quella parrocchia, al tempo<br />

dell’altra guerra, fu costruita una chiesa nuova e in quell’occasione si stampò un<br />

opuscolo che abbiamo rintracciato per caso nell’archivio dell’arciprete Lumetti a<br />

Sant’Ilario d’Enza, e in quel libricino stavano tutti i parroci <strong>di</strong> Piolo, in lunga fila<br />

con le date <strong>di</strong> entrata e uscita». 1<br />

Un’idea dell’intensa attività apostolica <strong>di</strong> don <strong>Uccelli</strong> si ha già nella prima lettera<br />

del 13 agosto 1901. Prima <strong>di</strong> tale data aveva fatto una pre<strong>di</strong>ca a Cervarezza e<br />

tenuta una missione a Ginepreto. La missione al popolo durava generalmente otto<br />

giorni, con una pre<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> cartello alla sera e altre alla Messa del mattino o a qualche<br />

categoria <strong>di</strong> persone in ore <strong>di</strong>verse. Quella <strong>di</strong> Ginepreto durò dal 4 al 12 agosto.<br />

Il programma dei giorni successivi era previsto così: giovedì 15 agosto, festa<br />

dell’Assunzione, a Piolo; venerdì e forse anche sabato, a Ligonchio o ad Acquapendente;<br />

domenica 19 a Piolo o Felina; martedì 21, inizio della Missione a Cervarezza;<br />

poi, se la salute lo permetterà, andrà a Crovara, un paesino ad almeno 10<br />

chilometri al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> Castelnovo Monti, poi a Buana per 15 giorni e forse alla Gatta,<br />

un paese tra Castelnovo e Villa Minozzo. Così erano pieni i suoi giorni.<br />

C’è un cenno alla sua salute: va soggetto a mal <strong>di</strong> testa e a mal <strong>di</strong> stomaco, forse<br />

a causa della troppo intensa attività: «Imprendo fatiche che per me sono troppo<br />

pesanti; pazienza! Faccio questo per obbe<strong>di</strong>enza, dunque non sarò responsabile<br />

davanti al Signore».<br />

Così sono stati programmati i mesi <strong>di</strong> agosto e settembre <strong>di</strong> quell’anno. La<br />

missione <strong>di</strong> Cervarezza sarà pre<strong>di</strong>cata insieme a don Luppi, «bravissimo e zelantissimo<br />

missionario apostolico e professore in Seminario». Con lui farà i famosi<br />

<strong>di</strong>aloghi che usavano nelle missioni popolari, nei quali un prete faceva la parte<br />

dell’ignorante che chiede e obietta, mentre l’altro risponde, confutando ed espo-<br />

----------------<br />

1 GRAZZI Luigi, Padre <strong>Uccelli</strong>, Missionario Saveriano (1874-1954). La vita e i fioretti / e i racconti<br />

popolari / a due mesi dalla morte. Istituto Saveriano Missioni Estere, Vicenza 1954 (Ine<strong>di</strong>to.<br />

Archivio della Postulazione).<br />

24


nendo la dottrina della Chiesa. Di solito, don <strong>Pietro</strong> faceva la parte dell’ignorante,<br />

suscitando l’ilarità del pubblico. Racconta <strong>di</strong> aver sostenuto, una volta, questa parte<br />

con il canonico Francesco Poletti, suo maestro e amico, e destava tanta ilarità<br />

che il Poletti stesso non riusciva a proseguire per il ridere. Era questa una forma<br />

popolare <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>cazione.<br />

Quanto a don Luppi, <strong>di</strong>ceva <strong>di</strong> incontrarlo volentieri perché missionario reduce<br />

dalla Cina (per questo aveva il titolo <strong>di</strong> missionario apostolico) e si proponeva <strong>di</strong><br />

tempestarlo <strong>di</strong> domande.<br />

Nelle lettere a Melania emergono i nomi <strong>di</strong> una ventina <strong>di</strong> paesi, in alcuni dei<br />

quali si recò più <strong>di</strong> una volta, tutti nella zona montagnosa. Oltre a quelli vicini a<br />

Ligonchio, si leggono i nomi <strong>di</strong> Cerreto dell’Alpi, Colagna, Busana, Vallisneras,<br />

Nismozza e giù giù fino a Castelnovo Monti e a Felina, per nominarne solo alcuni.<br />

Inoltre, fu invitato a pre<strong>di</strong>care anche in pianura, nel Reggiano e nel Guastallese.<br />

Per rendersi conto del peso <strong>di</strong> questi ministeri, pren<strong>di</strong>amo ad esempio quelli a<br />

Cerre Sologno e Cerreto Alpi, che si susseguirono l’uno all’altro nella seconda<br />

metà <strong>di</strong> agosto 1901. <strong>Uccelli</strong> scrive che a Cerre Sologno non gli va troppo bene,<br />

perché deve fare due pre<strong>di</strong>che al mattino presto, una prima delle 5, perché a<br />

quell’ora <strong>com</strong>incia la Messa: «Pre<strong>di</strong>co a occhi chiusi causa il sonno, che non posso<br />

scuotere a modo…». Poi la Messa con un'altra pre<strong>di</strong>ca, in modo che alle 6 sia<br />

finito tutto».<br />

Altro impegno a Cerreto Alpi nell’estate 1902. Ha dovuto lavorare «per uno e<br />

mezzo». Alle 23 della vigilia <strong>di</strong> San Giovanni (24 giugno), si trovava ancora ad<br />

ascoltare confessioni. Il giorno dopo, tre fervorini alle Messe e il panegirico <strong>di</strong><br />

San Giovanni alle 11. Al pomeriggio alle 16, altro <strong>di</strong>scorso al Circolo e al Comitato.<br />

E si trattava <strong>di</strong> un paesino minuscolo.<br />

A Buana, un grosso paese, confessa «molto, molto, molto». «E non solo alla<br />

mattina fino alle 11, ma anche alla sera. Pre<strong>di</strong>cai tre volte e confessai per quattro.<br />

Quanto mi sentivo stanco, ma che vuole, in casa d’altri bisogna ubbi<strong>di</strong>re, anche a<br />

costo <strong>di</strong> lasciarci un polmone». Alle volte è così stanco che non riesce a prender<br />

sonno.<br />

Una volta, a Cervarezza gli è capitato <strong>di</strong> fare proprio una brutta figura. Stava<br />

cenando ad ora avanzata, ma aveva tanto sonno che a un certo momento, senza<br />

accorgersi, si addormentò con la testa sul piatto. Pensa <strong>di</strong> aver dormito per un’ora,<br />

e aggiunge: «È stata la prima volta che mi sono addormentato a tavola e vedremo<br />

se sarà anche l’ultima». Proprio in questa circostanza afferma: «Non sono le pre<strong>di</strong>che<br />

a darmi sgomento, ma il confessionale. L’anno scorso stetti una settimana<br />

col male <strong>di</strong> stomaco».<br />

C’è un paese del quale ci parla anche don Guglielmo Camogli, arciprete <strong>di</strong> Poviglio.<br />

Si tratta <strong>di</strong> Poiago <strong>di</strong> Carpiteti, dove don <strong>Uccelli</strong> tenne una missione.<br />

L’entusiasmo fu tanto che, quando partì, lo ac<strong>com</strong>pagnarono a suon <strong>di</strong> musica.<br />

Alcuni piangevano e <strong>di</strong>cevano: Torni presto! – Altri <strong>di</strong>cevano: Quello è un santo! 2<br />

Una volta fu invitato a Marmirolo, un paese a sette-otto chilometri a est <strong>di</strong><br />

----------------<br />

2 Lettera <strong>di</strong> don Camogli del 1945 in Archivio Postulazione.<br />

25


Reggio. Uscì voce che avesse avuto un <strong>di</strong>battito con i socialisti. Egli negò, <strong>di</strong>cendo<br />

<strong>di</strong> «non aver mai parlato a quattro occhi con gente <strong>di</strong> tali idee e molto meno in<br />

pubblico»; ma confessa <strong>di</strong> averli vergati <strong>di</strong> santa ragione con le parole, ed essi,<br />

quantunque presenti, non hanno fatto altro che andarsene, mogi mogi, prima che<br />

la pre<strong>di</strong>ca fosse terminata, ma senza fare alcun chiasso». Don <strong>Pietro</strong> preferiva,<br />

nelle sue pre<strong>di</strong>che, attenersi agli aspetti spirituali, ma non mancava talvolta, <strong>com</strong>e<br />

si vede, <strong>di</strong> dare a ciascuno il suo.<br />

E poi c’è la questione dei viaggi. Mulattiere e viottoli <strong>di</strong> montagna erano le vie<br />

or<strong>di</strong>narie. A volte gli capitò <strong>di</strong> dover fare a pie<strong>di</strong> lunghi percorsi, <strong>com</strong>e quando<br />

tornò da Busana a Piolo, circa 20 chilometri.<br />

Per far fronte alla mancanza <strong>di</strong> mezzi pubblici, don <strong>Pietro</strong> pensò <strong>di</strong> <strong>com</strong>perarsi<br />

una cavalla. Sia che gli abbiano affibbiato un animale <strong>di</strong> scarto, sia che egli non la<br />

sapesse governare, il fatto è che la cavalla gli giocò dei brutti tiri. Un giorno cadde<br />

da cavallo con i pie<strong>di</strong> nelle staffe e poteva essere trascinato sui sassi: «Potrei già<br />

essere nel numero dei più… Se sono ancora in vita lo debbo attribuire alla Madonna<br />

<strong>di</strong> Pompei <strong>di</strong> cui porto sempre la medaglia e l’abitino e cerco <strong>di</strong> zelarne la<br />

gloria».<br />

Poco tempo dopo scrive: «Ieri mi sono quasi ammazzato (per <strong>di</strong>sgrazia,<br />

s’intende). Tornavo da Casalino; a un certo momento la cavalla ebbe ombra <strong>di</strong><br />

qualche cosa, mi prese la mano e andò tanto veloce che chi mi vide mi dava già<br />

per morto. Grazie al Signore e alla Beata Vergine <strong>di</strong> Pompei, sono riuscito a rimanere<br />

in sella in quella velocissima corsa. Ho perso il cappello che fu poi ritrovato.<br />

Mio padre mi sgridò, ma la colpa non era mia…».<br />

Don <strong>Pietro</strong> non si dà per vinto e qualche giorno dopo inforca <strong>di</strong> nuovo la cavalla<br />

e va a Solignano. Torna per la strada dei boschi. «Che viaggio! Che viaggio! Mi<br />

sono rotolato con la cavalla e grazie all’Altissimo non mi sono fatto niente. La cavalla<br />

che ha rotolato più <strong>di</strong> me, temevo si fosse rotta una gamba. Invece niente. Mi<br />

ero perduto e mi sono trovato a metà del monte Prampa, dove c’era neve e molta».<br />

Dato che a cavalcare andava male, si procurò un biroccino, sperando che le cose<br />

andassero meglio. Forse a inaugurarlo, vi fece salire il parroco <strong>di</strong> Cervarezza e<br />

un nipote Il Canonico Poletti, invitato, non si fidò né del cavallo né del guidatore.<br />

Dopo poco più <strong>di</strong> 200 metri «la cavalla si mise a calciare, a saltare, a correre a<br />

spron battuto, che era una cosa da mettere pensieri in testa. Con l’aiuto del Signore<br />

e con la robustezza del mio braccio coccino riuscii a fermarla o quasi. Mi voltai<br />

in<strong>di</strong>etro e vi<strong>di</strong> il Sig. Canonico, nel fossatello sinistro della strada, che raccoglieva<br />

il mio cappello e qualche frantume del biroccino. Miseria!».<br />

Malgrado queste cattive esperienze <strong>Uccelli</strong> non perdeva la speranza <strong>di</strong>… convertire<br />

la sua cavalla; ma non basta la santità del padrone a convertire un animale.<br />

È successo… Non sappiamo quello che è successo, solo che papà Battista fece<br />

osservare a suo figlio che la cavalla non era <strong>com</strong>e prima, che era rovinata in una<br />

gamba e nel collo, e poi che la cavezza non era la loro, che era nuova e forte…<br />

Alle domande, don <strong>Pietro</strong> faceva lo gnorri; <strong>di</strong>ceva che non sapeva, che non si era<br />

accorto… Ma alla Genitoni scrive che la cosa era stata tanto grossa che non osava<br />

26


<strong>di</strong>rlo nemmeno a lei, che non credeva <strong>di</strong> aver tanto coraggio, che la gente piangeva<br />

<strong>di</strong>rottamente e che lui aveva un volto sereno, rassegnato al volere <strong>di</strong> Dio. «Un<br />

miracolo, e nulla più, credo sia stato fatto dal Signore per darmi in tutte le maniere<br />

la prova del suo amore e farmi sentire l’obbligo che ho <strong>di</strong> andarlo a servire e a farlo<br />

conoscere, anche in mezzo a popoli barbari. Così spero e così sia».<br />

Da questo momento non si parla più della cavalla <strong>di</strong> don <strong>Pietro</strong>. Resta da raccontare<br />

l’ultima avventura della montagna. La scrive da Masone nel gennaio<br />

1903, dopo il suo trasferimento a Poviglio, ma si riferisce all’anno precedente.<br />

Con Don Bigi <strong>di</strong> Cerreto dell’Alpi avevano deciso <strong>di</strong> andare a Reggio da Marola.<br />

Evidentemente non potevano contare su mezzi pubblici o privati e pensavano<br />

<strong>di</strong> fare tutta la strada a pie<strong>di</strong>. Partirono quin<strong>di</strong> alle 4 e tre quarti «quando era buio<br />

<strong>com</strong>e in bocca al lupo». Dissero alcune preghiere alle Anime purganti e poi continuarono<br />

il cammino, tenendosi a braccetto, sostenendosi l’un l’altro perché, nel<br />

buio, inciampavano ad ogni qualche passo. A un certo punto don <strong>Pietro</strong> cadde in<br />

un <strong>di</strong>rupo, trascinandosi <strong>di</strong>etro il <strong>com</strong>pagno. Don <strong>Pietro</strong> rimase in pie<strong>di</strong>, mentre<br />

don Bigi gli cadeva addosso, mettendogli un piede sul braccio e l’altro sulla<br />

schiena, prima <strong>di</strong> precipitare più in basso. Lo sfortunato gridava e non si vedeva<br />

dove fosse. Finalmente don <strong>Uccelli</strong>, a tastoni, lo trovò lungo e <strong>di</strong>steso sul fondo.<br />

Don Bigi s’era fatto male a una gamba e don <strong>Pietro</strong> a un braccio. Come abbiano<br />

continuato il viaggio, don <strong>Pietro</strong> non ce lo <strong>di</strong>ce; <strong>di</strong>ce solo che lui ha portato il<br />

braccio fasciato per qualche tempo.<br />

Abbiamo parlato fin qui delle sue <strong>di</strong>savventure cavalleresche e dei suoi guai fisici;<br />

dobbiamo ora parlare <strong>di</strong> altre tribolazioni <strong>di</strong> carattere morale. Prima <strong>di</strong> tutte,<br />

l’ostilità <strong>di</strong> alcuni preti che lo criticavano, forse per gelosia. Don <strong>Pietro</strong>, infatti,<br />

era un pre<strong>di</strong>catore <strong>di</strong> successo.<br />

Un prete arrivò a scrivere al Vescovo <strong>di</strong> proibirgli <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>care fuori del suo vicariato.<br />

Don <strong>Pietro</strong> si sentì sgomento. Che cosa avrebbe fatto se il Vescovo avesse<br />

ascoltato quel prete? Qualche altro ebbe parole <strong>di</strong> <strong>di</strong>sprezzo, <strong>di</strong>cendo che don <strong>Pietro</strong><br />

pre<strong>di</strong>cava per interesse: «E <strong>di</strong>re che non ho accettato da lui il becco <strong>di</strong> un quattrino!»,<br />

<strong>com</strong>menta. Un collega <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>cazione, il Prof. don Magnani, in pre<strong>di</strong>ca,<br />

ebbe parole dure per coloro che parlano tanto <strong>di</strong> martirio. Lo riferirono a don <strong>Pietro</strong><br />

<strong>com</strong>e se fosse stata un’allusione alle sue ripetute aspirazioni <strong>di</strong> dare la vita per<br />

il Signore.<br />

Un altro prete scrisse al Vescovo che don <strong>Pietro</strong> aveva lasciato morire una<br />

donna <strong>di</strong> Piolo senza assistenza religiosa. Non era vero. Da mesi don <strong>Pietro</strong> aveva<br />

accolto in canonica un certo don Giorgioni, un prete sospeso a <strong>di</strong>vinis per qualche<br />

colpa. Gli era cioè proibito <strong>di</strong> celebrare la messa e amministrare i sacramenti; ma<br />

don <strong>Uccelli</strong> sapeva bene che, in pericolo <strong>di</strong> morte, egli poteva esercitare il ministero.<br />

Chiamato al letto dell’inferma le aveva dato i sacramenti. Per fortuna il Vescovo<br />

non credette all’accusa e gli scrisse una lettera paterna, <strong>di</strong>cendo: «Se mai<br />

fosse vero, ricordate che è una cosa grave…».<br />

Melania aveva riportato a don <strong>Uccelli</strong> alcune critiche su <strong>di</strong> lui da parte…«dell’ecclesiastico<br />

mondo». Egli risponde sorpreso, forse per la persona che<br />

27


aveva fatto la critica, ma non se ne preoccupa eccessivamente:<br />

«Non credevo mai, ma dunque che fare? Pazienza e pazienza. Creda che<br />

ormai certe cose, non per effetto <strong>di</strong> virtù, ma solo per il callo fatto, non mi danno<br />

più tanta molestia. Avessi pur contro <strong>di</strong> me tutto il mondo, purché abbia dalla mia<br />

Gesù benedetto, trionferò sempre.<br />

Ella si prende pensiero degli insulti ricevuti da due o tre in<strong>di</strong>vidui, ma deve<br />

rallegrarsene, poiché è bella e santa cosa l’esser ingiuriati e vituperati in o<strong>di</strong>o della<br />

religione che si professa e dell’abito che si veste, e così …(l’ingiuria) serve <strong>com</strong>e<br />

occasione per imitare nostro Signore Gesù Cristo, che fu insultato in tutto il tempo<br />

<strong>di</strong> sua vita.<br />

Quando ritornai a casa da Garfagnolo. Cervarezza e Caprile, giunto a Piolo<br />

colla mia cavalcatura andavo <strong>di</strong> trotto. A un tratto sentii una voce rauca e irosa<br />

che scioglieva contro <strong>di</strong> me parole men che belle. lo misi la cavalla al passo, ascoltai<br />

tutto e non fiatai. Dopo pochi istanti mi era tutto passato <strong>di</strong> mente. Noti che<br />

quel tale è un po’ beneficato dallamia famiglia; ma che ciò fece <strong>di</strong>etro insinuazione<br />

<strong>di</strong> un mio sincero amico!... 3<br />

Un certo giorno scrive che l’unico prete che gli è veramente amico è il canonico<br />

Poletti, già suo professore in seminario. E proprio in casa <strong>di</strong> lui, a Reggio, dove<br />

era andato a fargli visita, ricevette una dura notizia. Paesani <strong>di</strong> Piolo avevano<br />

scritto al vescovo denunciando che il loro arciprete era sempre assente e trascurava<br />

la parrocchia. Aggiungevano che non lo avrebbero più voluto in parrocchia e lo<br />

avrebbero insultato e peggio. «Lessi quella lettera e rimasi <strong>com</strong>e agghiacciato».<br />

Che cosa fare? Mons. Poletti gli <strong>di</strong>sse: «Su, su! Si armi <strong>di</strong> coraggio e torni a Piolo».<br />

Con molta trepidazione si avviò al paese. Per strada qualcuno gli <strong>di</strong>sse: «Stia<br />

all’erta, perché quei montanari sono capaci <strong>di</strong> tutto». Si fece coraggio e arrivò in<br />

paese, dove trovò tutto in pace. Nessuna <strong>di</strong>mostrazione. Pre<strong>di</strong>cò la novena <strong>di</strong> Natale<br />

con molto concorso <strong>di</strong> gente e venne a sapere che i paesani erano incolleriti<br />

contro quei due che avevano scritto la lettera.<br />

Le critiche contro don <strong>Uccelli</strong> finirono per far breccia nella Curia vescovile <strong>di</strong><br />

Reggio. Alla fine <strong>di</strong> luglio 1902, don <strong>Pietro</strong> incontrò casualmente il nuovo vescovo,<br />

mons. Arturo Marchi, nella casa delle suore <strong>di</strong> Castelnovo. Il vescovo lo accolse<br />

con freddezza. Disse: «Ah, don <strong>Uccelli</strong>!». «Parole poche e molta cera scura<br />

— <strong>com</strong>menta don <strong>Pietro</strong> —, pazienza, pazienza!». Il Vescovo era a Reggio solo<br />

dal 15 giugno: forse non sapeva nulla <strong>di</strong> quel “parrocchetto <strong>di</strong> montagna”.<br />

Poi fu la volta del Vicario generale, verso metà ottobre. A don <strong>Pietro</strong> il Vicario<br />

<strong>di</strong>sse in faccia che egli non aveva la vocazione missionaria perché non attendeva<br />

alla sua parrocchia. Questa volta don <strong>Pietro</strong> si <strong>di</strong>fese: «Parlai, parlai e parlai, e riuscii<br />

a fargli <strong>di</strong>re il contrario». Dopo tutto questo, è probabile che don <strong>Pietro</strong> abbia<br />

interpretato il suo trasferimento a Poviglio <strong>com</strong>e un atto <strong>di</strong> sfiducia. Da arciprete e<br />

Vicario foraneo passava a semplice “Sagrista”, <strong>com</strong>e si <strong>di</strong>ceva, cioè aiuto al parroco.<br />

----------------<br />

3 Questo brano è tolto da una lettera senza data , riportata da Teodori (a pag.232) e in Atti nel<br />

periodo <strong>di</strong> Poviglio, ma si riferisce senz’altro al periodo <strong>di</strong> Piolo.<br />

28


Un’altra fonte <strong>di</strong> sofferenze erano i poveri. Don <strong>Pietro</strong> ebbe spesso a che fare<br />

con un certo Giosuè B. che in principio chiama chierico e in seguito solo Giosué o<br />

il sig. Giosué. Si trattava <strong>di</strong> un giovane che doveva essere stato in seminario e ne<br />

era uscito e che cercava <strong>di</strong> essere accolto in un Collegio <strong>di</strong> don Bosco a Torino.<br />

Spesso chiedeva sol<strong>di</strong> a don <strong>Pietro</strong>, il quale gliene dava, ma aveva qualche dubbio<br />

sul personaggio perché si <strong>di</strong>cevano varie cose <strong>di</strong> lui; tra l’altro, era uscita voce che<br />

volesse <strong>com</strong>prare un terreno del costo <strong>di</strong> 19.000 lire, un’enormità in quei tempi.<br />

«Misteri misteriosissimi», <strong>com</strong>menta don <strong>Pietro</strong>, su questo e su altri fatti. Per ingraziarsi<br />

il buon don <strong>Pietro</strong>, Giosuè scrisse una poesia in suo onore e la fece circolare.<br />

Giosuè era <strong>di</strong> Garfagnolo e si era fatto stampare sulla carta da lettera: “Giosué<br />

B. Fondatore della Pia Unione delle Figlie <strong>di</strong> Maria e dei Luigini <strong>di</strong> Garfagnolo”,<br />

e <strong>com</strong>e tale invitò don <strong>Uccelli</strong> a Conferenze e perfino a una pre<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci<br />

giorni. <strong>Uccelli</strong> rispose che attendeva l’invito del parroco. Il Rettore della chiesa<br />

non andava d’accordo con Giosuè, evidentemente per l’ambiguità del personaggio.Una<br />

volta <strong>Uccelli</strong> scrisse <strong>di</strong> lui: «È arrivato Giosué. Non so se sia riuscito a<br />

fermare il sole. Si <strong>di</strong>rebbe <strong>di</strong> sì, a guardarlo dall’aspetto».<br />

Se lo ritroverà a Parma tre anni dopo, ancora a chiedere sol<strong>di</strong>, eppure <strong>di</strong>ceva <strong>di</strong><br />

essere a Parma per aprirvi un negozio. Poi, sempre a Parma, venne all’attacco anche<br />

sua madre, Brigida, che chiedeva sol<strong>di</strong>. <strong>Uccelli</strong> non sapeva <strong>com</strong>e fare; <strong>di</strong>ede<br />

qualche cosa e poi si rivolse ai superiori dell’Istituto che gli <strong>di</strong>ssero <strong>di</strong> non dare<br />

più che un’elemosina; ma la Brigida arrivò a chiedere che le desse l’orologio che<br />

avrebbe portato al Banco dei pegni per averne denaro. 4 Bisogna <strong>di</strong>re che i poveri,<br />

a volte, richiedono molta pazienza.<br />

Il colmo arrivò dopo vent’anni, quando a padre <strong>Uccelli</strong>, ritornato dalla Cina, fu<br />

chiesto, da un certo Galimberti <strong>di</strong> Montecchio, <strong>di</strong> adoperarsi perché il suo rac<strong>com</strong>andato,<br />

il solito Giosuè, gli restituisse la somma <strong>di</strong> Lire 14.000. <strong>Uccelli</strong> non ne<br />

sapeva nulla, non l’aveva mai rac<strong>com</strong>andato e l’altro doveva averne imitato la<br />

scrittura e la firma…<br />

Nel periodo <strong>di</strong> Piolo don <strong>Pietro</strong> non abbandona mai la sua aspirazione alla Cina.<br />

Ne scrive spesso a Melania e le sue aspirazioni al martirio sono frequenti.<br />

«Martirio! Che parola celeste, che parola consolante, che parola efficace! Il pensiero<br />

<strong>di</strong> dover soffrire un po’ — e anche un bel po’ — e poi andare a godere Dio<br />

per sempre…».<br />

Anche se ottenesse il permesso dal vescovo rimarrebbe ancora l’ostacolo della<br />

famiglia: <strong>com</strong>e abbandonarla in con<strong>di</strong>zioni economiche così precarie? Ebbe occasione<br />

<strong>di</strong> parlarne con il padre Gerardo Beccaro, missionario dell’Istituto San Calogero<br />

<strong>di</strong> Milano. Questi gli <strong>di</strong>sse chiaramente <strong>di</strong> seguire la chiamata <strong>di</strong> Dio, affidando<br />

a Dio la cura della famiglia. E a quelli che gli <strong>di</strong>cono che c’è tanto bene da<br />

fare qui, risponda che è meglio chiamare alla fede quelli che non conoscono Dio,<br />

che non perfezionare la fede in chi l’ha già.<br />

----------------<br />

4 TEODORI, Virtù e opere, 6 e 11 maggio 1905, pag.306-307.<br />

29


Conclu<strong>di</strong>amo riportando qualche apprezzamento dello storico Spreafico:<br />

«Pure l’alta montagna esprime alcuni sacerdoti preparati ed è in grado <strong>di</strong> affiancare<br />

i propagan<strong>di</strong>sti ufficiali (quelli delle iniziative sociali): da don <strong>Pietro</strong> <strong>Uccelli</strong><br />

a don Erminio Maioli <strong>di</strong> Felina, a don Pasquale Bezzi <strong>di</strong> Montecastagneto e<br />

don Giovanni Bigi <strong>di</strong> Cerreto Alpi». Si parla poi nella fondazione dei Circoli cattolici<br />

per opera <strong>di</strong> don <strong>Uccelli</strong>, «animatore del movimento cattolico in montagna e<br />

poi missionario in Cina». «Tra questi monti l’intensa propaganda <strong>di</strong> don <strong>Pietro</strong><br />

<strong>Uccelli</strong>, suscita generosa risposta…». Altrove è definito: «Trascinatore dei gruppi<br />

cattolici del più alto Appennino». 5<br />

----------------<br />

5 SPREAFICO, La Chiesa <strong>di</strong> Reggio Emilia, pag. 504, 1078, 511-512 e 571.<br />

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A POVIGLIO<br />

Poviglio è un paese nella Bassa Reggiana, nei pressi del Po. Dopo l’annessione<br />

dell’Emilia Romagna al Regno d’Italia, i gruppi <strong>di</strong> protestanti Valdesi che erano<br />

entrati a fare propaganda della loro setta nella zona del Po, si presentarono anche<br />

a Poviglio. Una prima conferenza, negli anni 1870, ebbe circa 300 u<strong>di</strong>tori. Forse<br />

attirava il fatto che i Valdesi trattavano temi <strong>di</strong> giustizia sociale; ma a una successiva<br />

conferenza l’oratore fu cacciato a sassate.<br />

La popolazione conta<strong>di</strong>na era denutrita e trattata male dai padroni; per questo il<br />

socialismo trovò un buon terreno. Furono fondate leghe socialiste e cooperative<br />

sociali operaie. Ben presto Poviglio e il circondario <strong>di</strong>vennero un centro socialista<br />

in cui si pre<strong>di</strong>cava la lotta <strong>di</strong> classe. I preti erano accusati <strong>di</strong> spilorceria e <strong>di</strong> non<br />

interessarsi del benessere del popolo.<br />

L’arciprete don Diego Del Monte, nel 1903, fondò la Cassa <strong>di</strong> Risparmio cattolica<br />

interparrocchiale; tuttavia lamentava la tendenza <strong>di</strong> molti preti a darsi ad attività<br />

sociali, trascurando l’aspetto spirituale. La gente lavorava alla domenica e<br />

non andava più in chiesa.<br />

Ai primi <strong>di</strong> novembre 1902 don <strong>Pietro</strong> <strong>Uccelli</strong>, anziché ricevere il permesso <strong>di</strong><br />

seguire la sua vocazione missionaria, ricevette l’or<strong>di</strong>ne dal vescovo <strong>di</strong> trasferirsi a<br />

Poviglio. Non sappiamo <strong>com</strong>e gli sia stata <strong>com</strong>unicata questa decisione. Purtroppo<br />

a volte la burocrazia ha mo<strong>di</strong> che rendono più <strong>di</strong>fficile l’obbe<strong>di</strong>enza. Don <strong>Pietro</strong> si<br />

sfoga con Melania. L’annuncio <strong>di</strong> dover trasferirsi in pianura l’ha fatto piangere a<br />

lungo e molto amaramente. I motivi addotti dai Superiori sono da lui ritenuti bassi,<br />

tanto che pensa <strong>di</strong> <strong>di</strong>chiararlo un giorno: tanto bassi da ritenerli quasi immorali;<br />

e sono la migliorata con<strong>di</strong>zione economica e cioè una ren<strong>di</strong>ta annuale <strong>di</strong> lire<br />

1.200, sei volte superiore a quella che percepiva a Piolo. Don <strong>Pietro</strong> <strong>com</strong>menta:<br />

«Si credono per questo che io ci corra volentieri, quasi che io sia <strong>di</strong>ventato prete<br />

per il denaro».<br />

Quello che soprattutto lo turba è il vedere rimandata sine <strong>di</strong>e la sua partenza<br />

per le missioni. «Quand’ero affranto dalle fatiche, a volte non <strong>com</strong>uni, del ministero<br />

— egli <strong>di</strong>ce — il pensiero <strong>di</strong> potere un giorno partire per la Cina mi dava<br />

forza; quando sorgeva qualche ostacolo al raggiungimento dell’ideale, ne risentivo<br />

anche fisicamente». D’altra parte don <strong>Pietro</strong> era incar<strong>di</strong>nato a Reggio e aveva giurato<br />

obbe<strong>di</strong>enza al suo vescovo; non poteva andarsene senza il suo permesso.<br />

Egli teme che il cambiamento gli nuocerà anche alla salute, già così precaria.<br />

«Vede che salto! Dal Cusna al Po. La salute a simili sbalzi ne deve risentire e i<br />

Superiori non ci pensano; e neanch’io ci voglio pensare. Fiat voluntas Dei… Umanamente,<br />

è impossibile che io vi possa durare, non solo per l’opprimente fatica<br />

31


(che lo attende), ma anche per l’aria troppo bassa che ivi si respira».<br />

Passa poi a descrivere la situazione: il paese è a 18 chilometri da Reggio, ha<br />

3.500 abitanti e vi sono alcune borgate che <strong>di</strong>stano quattro chilometri dalla chiesa.<br />

L’arciprete, <strong>di</strong> cui dovrà essere coa<strong>di</strong>utore, è molto vecchio, e il curato è più<br />

vecchio <strong>di</strong> lui; c’è un sacerdote giovane, press’a poco della sua età, che è abitualmente<br />

infermiccio, per cui il peso della pre<strong>di</strong>cazione, del confessionale e<br />

dell’assistenza ai malati toccherà tutto a lui e non sarà un peso leggero. Quanto<br />

poi alla pre<strong>di</strong>cazione dovrà misurare le parole e ponderare bene le frasi, perché c’è<br />

sempre pericolo: un suo antecessore è dovuto fuggire per mettersi in salvo da un<br />

in<strong>di</strong>viduo che lo voleva accoltellare.<br />

Inoltre, sa <strong>di</strong> andare in mezzo a una popolazione «numerosissima in piazza e<br />

scarsissima in chiesa». Vi era stato per l’ottavario dei morti e ne era rimasto sgomento:<br />

alla pre<strong>di</strong>ca, quantunque il pre<strong>di</strong>catore fosse bravo — era il padre Gaudenzio<br />

—, la chiesa era quasi deserta: poche donne, e uomini solo uno o due. «Miseria!».<br />

Non c’è da meravigliarsi che il pensiero della nuova situazione gli abbia fatto<br />

passare notti insonni e gli abbia reso melanconiche le ore del giorno.<br />

Alla fine <strong>di</strong> novembre o ai primi <strong>di</strong> <strong>di</strong>cembre don <strong>Uccelli</strong> è nella nuova sede.<br />

Non ci <strong>di</strong>ce <strong>com</strong>e sia stato accolto, ma racconta <strong>di</strong> aver avuto, dopo due o tre<br />

giorni dall’arrivo, un forte mal <strong>di</strong> testa con capogiri; sperava fosse una cosa passeggera,<br />

ma il mal <strong>di</strong> testa cresceva ogni giorno più e si aggiunse anche il vomito.<br />

Nuovo del posto e timido per temperamento, non <strong>di</strong>sse niente a nessuno, sperando<br />

che tutto passasse; invece dopo tre o quattro giorni si aggiunse un forte mal <strong>di</strong><br />

stomaco. Non aveva più voglia <strong>di</strong> mangiare e non riusciva a dormire. Quasi non si<br />

reggeva in pie<strong>di</strong>, ma continuò a <strong>di</strong>simpegnare i suoi <strong>com</strong>piti, con gran<strong>di</strong> sforzi e<br />

sudori. Tutto questo durò do<strong>di</strong>ci o quin<strong>di</strong>ci giorni.<br />

Quando si sentì un po’ meglio si recò a Reggio dal suo amico, il canonico Poletti,<br />

e dalle signore Paterni. Quando lo videro scarno e macilento,<br />

s’impressionarono e gli fecero amorose rac<strong>com</strong>andazioni <strong>di</strong> curare la salute, perché<br />

la sua cera in<strong>di</strong>cava il principio <strong>di</strong> una malattia grave. Egli si mise a ridere e<br />

gli altri a insistere ancor <strong>di</strong> più.<br />

<strong>Uccelli</strong> andò anche a salutare il Vicario generale che lo trattò tanto gentilmente<br />

da fargli pensare che fosse lui, il Vicario generale, vicino alla fine (tanto era cambiato!).<br />

La lettera termina con un cenno alla pre<strong>di</strong>cazione: «Va più che bene. C’è gente<br />

sempre molta molta, e anche tanti uomini ad ascoltare la parola <strong>di</strong> Dio». Si vede<br />

proprio che il suo fervore attirava la gente.<br />

Don <strong>Pietro</strong> è l’ultimo arrivato e <strong>com</strong>e ultimo è trattato. Naturalmente ne soffre<br />

e se ne accusa <strong>com</strong>e <strong>di</strong> mancanza <strong>di</strong> umiltà: «Quando ero in montagna godevo <strong>di</strong><br />

andare a tavola negli infimi posti, e non mi era mai concesso; e ora che mi vien<br />

concesso quasi senza <strong>com</strong>plimenti, debbo <strong>com</strong>battere molto perché la prontezza<br />

esteriore sia ac<strong>com</strong>pagnata dal desiderio <strong>di</strong> occupare tale posto». Gli faceva anche<br />

32


una certa impressione ricevere lettere che non portavano più il titolo <strong>di</strong> “Arciprete”.<br />

Un’altra umiliazione gli arrivò dalla montagna, dove si <strong>di</strong>ceva che fosse impazzito…<br />

«Chi sa per quale azione mi giu<strong>di</strong>cano così… Ma anche Gesù fu giu<strong>di</strong>cato<br />

pazzo…». E così si consolava.<br />

Malgrado le occupazioni assorbenti, mons. Poletti e il vescovo stesso lo pregarono<br />

<strong>di</strong> pre<strong>di</strong>care una missione a Masone, un grosso centro a pochi chilometri da<br />

Reggio. Ci andò verso metà gennaio. Tre pre<strong>di</strong>che al giorno, concorso numerosissimo<br />

e, quello che è più importante, «prestano un’attenzione religiosissima». Con<br />

sua meraviglia, gli u<strong>di</strong>tori crescono ogni giorno. Il canonico Poletti doveva venire<br />

a con<strong>di</strong>videre la fatica; ma vi andò un giorno solo e poi non è più tornato, forse —<br />

aggiungiamo noi — perché aveva ammirato il successo del giovane pre<strong>di</strong>catore e<br />

non voleva defraudare, anche <strong>di</strong> poco, le aspettative della gente. Così tutto il peso<br />

della missione restò sulla spalle <strong>di</strong> don <strong>Pietro</strong>.<br />

Durante la missione, ebbe anche un incontro con un socialista puro sangue. Fu<br />

durante una pre<strong>di</strong>ca sull’educazione dei figli. Quel tale saltò su ad alta voce, domandando<br />

la parola. Don <strong>Pietro</strong> con tutta calma, <strong>di</strong>sse: «Sì, parli pure». Ma intervenne<br />

il parroco a <strong>di</strong>re: «Lei taccia, vada fuori, che educazione è…». Don <strong>Pietro</strong>:<br />

«Lo lasci <strong>di</strong>re, non ho paura <strong>di</strong> rispondere…». Ma il prete insistette e il socialista<br />

se ne andò brontolando: «Hanno sempre ragione loro! Bella forza: non lasciano<br />

parlare».<br />

Dopo Masone fu richiesto per una missione a Marmirolo, un paese poco <strong>di</strong>scosto<br />

dal primo. Anche qui «esito felicissimo e con frutti consolantissimi, grazie al<br />

Signore». Si tenga presente che i frutti della missione erano le molte confessioni,<br />

che stremavano il povero don <strong>Pietro</strong>. Infatti aggiunge: «Ho faticato molto molto, e<br />

credevo <strong>di</strong> averci rimesso un polmone o due, ma grazie a Dio sono tutti e due in<br />

buona con<strong>di</strong>zione da sfidare altri climi e altre fatiche.<br />

Don <strong>Pietro</strong> non trattava ex professo la questione sociale, ma all’occasione non<br />

esitava a richiamare i ricchi ai loro doveri verso i <strong>di</strong>pendenti e alla carità verso i<br />

bisognosi. Scrive: «Sono qui in una parrocchia <strong>di</strong> Conti e <strong>di</strong> Marchesi, ma tutti<br />

cristianissimi. Pensi <strong>com</strong>e potrò trovarmi, in mezzo a tali persone, io così rozzo e<br />

rude. Circa il pre<strong>di</strong>care, non so <strong>com</strong>e potrà andare: tiro giù botte da orbi anche ai<br />

ricchi quando mi si presta l’occasione, e sèguito sempre anche qui a pre<strong>di</strong>care con<br />

quello stile che agli istruiti sono certo darà ai nervi. Non volevo accettare perché<br />

conoscevo la <strong>di</strong>fficoltà, ma il M.R. Can.co Poletti me l’ha imposto e ho dovuto,<br />

brontolando, chinare il capo ed eseguire.<br />

Del suo ministero a Poviglio ricorderemo ancora qualcosa. In marzo venne<br />

chiamato alle 11 e mezzo <strong>di</strong> notte per un giovane tisico che stava per morire.<br />

Quando arrivò, i me<strong>di</strong>ci che erano accanto all’infermo, e forse i genitori stessi, gli<br />

impe<strong>di</strong>rono <strong>di</strong> entrare nella stanza e gli <strong>di</strong>ssero che poteva tornare a casa; ma egli<br />

rimase fino alle 3 e mezzo e poi gli <strong>di</strong>ssero che il pericolo era passato.<br />

Tornò a casa e si mise a letto. Non era passata un’ora che lo chiamarono <strong>di</strong><br />

nuovo. Stavolta non erano i parenti, ma il giovane stesso che lo voleva. Da quel<br />

33


momento don <strong>Pietro</strong> lo assisté quasi ininterrottamente per otto giorni. Fece una<br />

morte <strong>com</strong>movente. Quando stava per morire attirò a sé il viso <strong>di</strong> don <strong>Pietro</strong> e gli<br />

<strong>di</strong>ede un bacio. Tutti erano <strong>com</strong>mossi.<br />

Ogni mattina, alle 6.30 o alle 7.00, andava a <strong>di</strong>re la messa in una <strong>com</strong>unità <strong>di</strong><br />

suore. Una notte sentì suonare le ore: contò fino a sei e poiché erano della campana<br />

mezzana pensò che segnassero le 6.30. Si alzò in fretta pensando <strong>di</strong> aver fatto<br />

tar<strong>di</strong> per la Messa, ma poi si accorse che era mezzanotte e mezzo. Tornò a letto e<br />

al mattino raccontò la sua <strong>di</strong>savventura alle suore. Così esse seppero che don <strong>Pietro</strong><br />

non aveva nemmeno una sveglia a <strong>di</strong>sposizione. Pochi giorni dopo gliene fecero<br />

trovare una, regalo <strong>di</strong> una buona signora.<br />

Un altro giorno venne chiamato per una donna malata grave. Restò al suo capezzale<br />

fino alle 22.30. Al ritorno, passò vicino al cimitero e, non avendo ancora<br />

finita la recita del rosario, si fermò a recitarlo davanti al cancello. Poco dopo sentì<br />

i rintocchi <strong>di</strong> mezzanotte: l’ora degli spiriti, pensò; ma continuò a pregare. A un<br />

tratto sentì un frastuono, un grande rumore vicino a sé. Prese una tale paura che<br />

cadde privo <strong>di</strong> sensi. Quando rinvenne, <strong>com</strong>inciò a sudare e a tremare. Poi si incamminò<br />

verso la canonica e gli pareva <strong>di</strong> non arrivarvi mai…<br />

In maggio fu colpito da un fortissimo mal <strong>di</strong> testa e fu costretto a letto: pensava<br />

fosse meningite; ma era uno dei soliti attacchi, dovuto a eccessivo lavoro e a stanchezza.<br />

Sic<strong>com</strong>e aveva parlato dei suoi mali a Melania, si affrettò ad aggiungere:<br />

«Non si preoccupi per la mia salute temporale. Lasci che l’asinaccio del mio corpo<br />

venga meno sotto la soma del dovere, che sarà un bel guadagno per me e per<br />

lei».<br />

È sempre occupatissimo: malati, sani, suore, ospedali… Nemmeno la notte è<br />

sempre tranquilla. Per il 15 agosto, festa dell’Assunta, scrive <strong>di</strong> aver confessato<br />

per <strong>di</strong>eci!<br />

Ma il suo impegno più grande sembra essere quello dei malati. Nell’inverno<br />

del 1904, scrive che lo chiamano giorno e notte per malati gravi, che abitano molto<br />

<strong>di</strong>stante; quattro muoiono. Lo chiamano anche per un’isterica che lo vorrebbe<br />

sempre accanto. Un vecchio che da cinquant’anni non andava più in chiesa, si<br />

converte e riceve i sacramenti; per un altro da cui va spesso e non si induce a confessarsi,<br />

chiede preghiere.<br />

Nella quaresima del 1904 tenne il quaresimale tutti i giorni, con molta affluenza<br />

e molta attenzione. Ne restò <strong>com</strong>mosso ed esclama: «Come sono buoni questi<br />

Povigliesi!». Che cosa era successo, da quando scriveva: «Questi Povigliesi sono<br />

numerosissimi in piazza e pochissimi in chiesa»? Certo, il cambiamento non lo attribuiva<br />

a se stesso, ma alla grazia <strong>di</strong> Dio, anche se egli ne era stato strumento.<br />

Per i poveri — una sua passione — non abbiamo alcun cenno esplicito nelle<br />

lettere a Melania; solo una frase significativa: «Non è vero che io sia proverbialmente<br />

povero, perché sol<strong>di</strong> ne ho sempre. Ma io non sono fatto per i quattrini e i<br />

quattrini non sono fatti per me». Infatti ha ricevuto 150 lire e se ne libera subito:<br />

50 le manda a Melania per l’altare, e 100 le manda al rettore del Seminario <strong>di</strong> Marola<br />

per la celebrazione <strong>di</strong> Messe, anche per supplire a offerte ricevute senza bi-<br />

34


glietto e che forse erano per Messe. (Questo scrupolo gli rimase per tutta la vita,<br />

tanto che negli ultimi anni fece chiedere una sanazione alla Santa Sede, per eventuali<br />

Messe non celebrate).<br />

Tra parentesi, notiamo che Melania aveva mandato 100 lire: don <strong>Pietro</strong> non aveva<br />

mai visto una carta da cento lire! Doveva essere per lui, ma egli ha già deciso<br />

<strong>di</strong> usare quella somma per l’acquisto <strong>di</strong> una statua del S. Cuore per Garfagnolo,<br />

<strong>di</strong> cui si parlava già da tanto tempo.<br />

Ma alla mancanza <strong>di</strong> notizie sulle sue elemosine ai poveri, supplisce l’inchiesta<br />

fatta dai <strong>com</strong>paesani <strong>di</strong> Barco. Essi scrivono: «Era uso che il cappellano andasse<br />

alla questua dell’uva, del grano, ecc. Don <strong>Pietro</strong> non portava a casa mai niente: <strong>di</strong>stribuiva<br />

tutto ai poveri lungo il percorso…» Ricordano anche un piccolo fatto significativo:<br />

«Tutti i sabati dava dei sol<strong>di</strong> a una bambina, Ada Bolzoni, perché<br />

<strong>com</strong>perasse delle pagnottine dolci per i vecchietti del Ricovero, proibendole <strong>di</strong> <strong>di</strong>re<br />

da chi provenivano. Faceva il bene <strong>di</strong> nascosto… Si era accattivato il cuore <strong>di</strong><br />

tutti, anche dei non praticanti. Bontà e sacrificio. Si dava tutto a tutti. Dopo tanti<br />

anni è ancora ricordato (anno 1979) dai pochi rimasti e anche dai figli e nipoti». 1<br />

Dobbiamo anche aggiungere quanto racconta la nipote Suor Dina Tagliavini figlia<br />

<strong>di</strong> Teresa. Dice che lo zio dava via tutto, anche gli stivaletti, fatti su misura<br />

dal nonno Battista. Mamma Teresa gli confezionava calze e camicie che poi sparivano.<br />

Diceva che le camicie fatte dalla sorella erano troppo belle per lui. 2 Non è<br />

chiaro se si riferisca a Poviglio o anche a Piolo.<br />

E la Cina? Ne aveva parlato tante volte nelle sue lettere a Melania, durante i<br />

due anni <strong>di</strong> Piolo, e soprattutto aveva espresso il desiderio <strong>di</strong> mostrare il suo amore<br />

al Signore con il martirio. Ora ritorna frequentemente sull’argomento. La notizia<br />

<strong>di</strong> altri massacri <strong>di</strong> missionari in Cina gliene dà motivo.<br />

«Oh, perché non m’è dato <strong>di</strong> andare presto presto a sostituire quei felici e zelanti<br />

apostoli che <strong>di</strong>edero il sangue a la vita per la fede! Quando sarà che vedrò<br />

appianate tutte le <strong>di</strong>fficoltà e libera la via per le Missioni!<br />

Mons. Vescovo crede e pensa che io voglia rimanere parroco a Poviglio, ma,<br />

poverino, la sbaglia <strong>di</strong> grosso. I miei pensano e sperano che <strong>di</strong>venti parroco <strong>di</strong> Cavriago<br />

(San Terenziano) quando si renderà vacante, ma rimarranno delusi».<br />

Il periodo <strong>di</strong> Poviglio è tutto intessuto <strong>di</strong> aspirazioni a partire e ne parla liberamente,<br />

suscitando reazioni: «Qui a Poviglio non vogliono assolutamente che vada<br />

in Cina. E quando me lo <strong>di</strong>cono — ed è <strong>di</strong> frequente — mi fanno ridere. Le suore,<br />

guai a parlarne. La signora Matilde (Corazza) non solo è <strong>di</strong>sposta a lasciarmi andare,<br />

ma anche ad aiutarmi».<br />

Ha momenti <strong>di</strong> avvilimento: «Preghi per me, che sono una povera anima, afflitta<br />

e oppressa dagli innumerevoli dolori della vita, perché trovi in Dio pace e conforto».<br />

«Sono stanco <strong>di</strong> questo mondo. Mi pento <strong>di</strong> non averlo abbandonato». «Se<br />

----------------<br />

1 Comunità <strong>di</strong> Barco, pag. 3.<br />

2 Vicentina beatificationis et canonizationis Servi Dei Petri <strong>Uccelli</strong> sacerdotis professi Piae<br />

Societatis Sancti Francisci Xaverii pro Exteris Missionibus, Summarium, pag. 82 e 91.<br />

35


desidero, ed ora più ardentemente, <strong>di</strong> andare tra i barbari a portare la luce<br />

dell’evangelica dottrina, è per non rimanere confuso nel giorno del giu<strong>di</strong>zio,<br />

quando segnandomi a <strong>di</strong>to si <strong>di</strong>rà: Ecco colui che era stimato buono, quante ne ha<br />

fatte e quante! Se mi sarà dato <strong>di</strong> fare un po’ <strong>di</strong> bene in mezzo a quei popoli e <strong>di</strong><br />

versare il sangue per la fede, allora monderò del tutto l’anima mia e mi risparmierò<br />

un tal rossore».<br />

Vedendo che le cose si trascinavano già da tre anni, il rettore dell’Istituto Missioni<br />

Estere <strong>di</strong> Parma, don Ormisda Pellegri, si recò a Poviglio per indurre don<br />

<strong>Pietro</strong> a una decisione. Era durante la novena dell’Immacolata, pre<strong>di</strong>cata da lui.<br />

Don <strong>Pietro</strong> assicurò che la sua decisione era ferma. 3<br />

Con l’anno 1904, si moltiplicano i desideri e gli sforzi per appianare la via alla<br />

partenza. Ma purtroppo si vede sempre ostacolato: «Il vescovo e il vicario generale<br />

se ne ridono delle mie aspirazioni, perché hanno in mano tanto da potermi trattenere».<br />

Pensa che ci sia, in fondo, qualche interesse materiale. Poco dopo: «Mi<br />

trovo in tali circostanze che davvero non so <strong>com</strong>e potrò uscirne. Se da una parte<br />

mi rivolgo ai Superiori, essi — quantunque sempre pronti a concedermi qualsiasi<br />

cosa — non vogliono saperne <strong>di</strong> lasciarmi partire. Il vescovo mi ha fatto tante belle<br />

promesse, ma la bella e cara libertà <strong>di</strong> andare, mi <strong>di</strong>ce che non me la concederà<br />

mai… Ho perduto il sonno e l’appetito, a causa <strong>di</strong> queste nuove e decisive negazioni».<br />

In luglio torna a parlarne al vicario generale: «Sono stanco <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferire. Se<br />

<strong>di</strong>fferisco ancora un po’ andrò in Cina dopo morte».<br />

Probabilmente questa lettera, malgrado la data, è antecedente a quella datata al<br />

16 luglio, nella quale don <strong>Pietro</strong> scrive, con gioia, <strong>di</strong> essere stato dal vescovo e <strong>di</strong><br />

averlo trovato accon<strong>di</strong>scendente: «Quantunque ne abbia <strong>di</strong>spiacere, <strong>di</strong>ce che non<br />

può resistere né contrad<strong>di</strong>re allo Spirito Santo; solo mi <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> fare sosta ancora un<br />

po’».<br />

Oltre al permesso da ottenere dal vescovo, un altro grosso ostacolo era lasciare<br />

la famiglia in una situazione economica assai precaria. Si è consigliato e gli hanno<br />

detto che se avesse provveduto un certo cespite per la famiglia, poteva partire<br />

tranquillo. Per far fronte alle necessità della famiglia, Melania ha messo in serbo<br />

2.000 lire e la sig.ra Matilde ha promesso pure il suo contributo.<br />

Superato in questo modo l’ostacolo <strong>di</strong> provvedere alla famiglia, don <strong>Pietro</strong> in<br />

ottobre si recò a Parma ad annunziare all’arcivescovo Conforti che ormai gli ostacoli<br />

si erano appianati. Rimase sod<strong>di</strong>sfattissimo dell’incontro e promise <strong>di</strong> entrare<br />

nell’Istituto subito dopo i Morti e, se fosse riuscito a trovare chi lo sostituisse nelle<br />

pre<strong>di</strong>che, anche prima. «Sono stato all’Istituto e mi sembrava <strong>di</strong> essere in Para<strong>di</strong>so<br />

— scrive —. Mi mettevano davanti <strong>di</strong>fficoltà non lievi, sacrifici non <strong>com</strong>uni<br />

e tante altre cose da intimorire forse altri, ma da parte mia non facevano che<br />

l’effetto <strong>di</strong> un vaso <strong>di</strong> petrolio che si getti sulle brace accese. Spero proprio che il<br />

Signore mi voglia per quella strada e io gli giuro eterna fedeltà. Indegno io sono <strong>di</strong><br />

tante grazie e tanti favori, e questa indegnità mi annichilisce in tal modo che se la<br />

fede non mi fosse <strong>di</strong> vali<strong>di</strong>ssimo sostegno, alle volte <strong>di</strong>spererei della mia salvez-<br />

----------------<br />

3 GRAZZI, Testimonianza, pag. 2.<br />

36


za».<br />

Intanto la voce si <strong>di</strong>ffonde e <strong>com</strong>inciano i tentativi <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>re quella partenza:<br />

«A Poviglio sono tutti contrari alla mia partenza. Quella signora non sa decidersi a<br />

lasciarmi partire; il sindaco si oppone; mio padre con un sacerdote <strong>di</strong> Barco vogliono<br />

andare a Parma a <strong>di</strong>re a mons. Conforti che non mi accetti. Tutti insomma<br />

congiurano contro <strong>di</strong> me, ma io sono imperturbabile, anzi provo piacere nel vedere<br />

che il demonio non dorme e s’agita tanto. L’arciprete piange e a volte mi fa<br />

<strong>com</strong>passione. Volevo fare un <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> ad<strong>di</strong>o in chiesa prima <strong>di</strong> partire, ma sarà<br />

conveniente fuggire in sor<strong>di</strong>na, altrimenti c’è da far sorgere altri ostacoli. Che miseria!».<br />

L’ultimo assalto è quello <strong>di</strong> suo padre. È <strong>com</strong>parso in canonica in una giornata<br />

<strong>di</strong> novembre. Don <strong>Pietro</strong> lo trovò in cucina che piangeva <strong>di</strong>rottamente e l’arciprete<br />

piangeva con lui. Presso la stufa c’era la donna che preparava la cena, anch’essa<br />

con le lacrime agli occhi. Situazione penosa, tanto più che l’arciprete stava dalla<br />

parte <strong>di</strong> papà Battista.<br />

Battista si fermò a dormire in canonica e don <strong>Pietro</strong> gli suggerì <strong>di</strong> confessarsi e<br />

<strong>com</strong>unicarsi il giorno dopo, per avere la forza <strong>di</strong> <strong>com</strong>piere il sacrificio del figlio. Il<br />

buon <strong>uomo</strong> era andato anche da mons. Conforti e dal Vescovo <strong>di</strong> Reggio a perorare<br />

per il figlio.<br />

Quanto sia costato a don <strong>Pietro</strong> staccarsi dai suoi è <strong>di</strong>fficile da immaginare. «In<br />

tanti dolori, un refrigerio lo trovavo ai pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> Gesù sacramentato e ai pie<strong>di</strong> della<br />

Beata Vergine Immacolata. Se le consolazioni celesti mi fossero mancate, povero<br />

me! Forse avrei lasciato tutto. La continua assistenza della grazia del Signore, che<br />

mi ispirava in modo sensibile, mi ha fatto crescere il desiderio <strong>di</strong> sentire nuovi<br />

rimbrotti».<br />

Questa lettera è stata scritta dall’Istituto delle Missioni Estere <strong>di</strong> Parma, dove<br />

don <strong>Pietro</strong> <strong>Uccelli</strong> era finalmente entrato il 30 novembre <strong>di</strong> quell’anno, 1904, festa<br />

<strong>di</strong> sant’Andrea Apostolo, «Novena dell’Immacolata», precisa don <strong>Pietro</strong>.<br />

Don <strong>Uccelli</strong> se ne andò da Poviglio, <strong>di</strong>cendo che sarebbe ritornato ai primi <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>cembre e quin<strong>di</strong> si risparmiò gli ad<strong>di</strong>i. Don Guglielmo Camogli, successo<br />

all’arciprete <strong>di</strong> allora, scrive: «Quando don <strong>Uccelli</strong> decise <strong>di</strong> farsi missionario,<br />

l’arciprete don Diego Del Monte, che tanto l’amava, cercò <strong>di</strong> tutto per <strong>di</strong>ssuaderlo:<br />

“Io sono vecchio, <strong>di</strong>ceva, rinuncio alla parrocchia e le lascio tutti i miei averi.<br />

Lei <strong>di</strong>verrà arciprete qui”».<br />

La sua partenza fu un grande dolore per tutti, perché era il consigliere e il conforto<br />

<strong>di</strong> molti. Quando qualcuno stentava a ricevere i sacramenti, si chiamava don<br />

<strong>Uccelli</strong>. Anche dopo tornato dalla Cina fu chiamato per un malato che si convertì».<br />

4<br />

----------------<br />

4 Lettera Don Camogli in Archivio Postulazione.<br />

37


DIRETTORE SPIRITUALE<br />

Prima <strong>di</strong> parlare <strong>di</strong> don <strong>Uccelli</strong> nel suo anno <strong>di</strong> preparazione missionaria<br />

all’Istituto <strong>di</strong> Parma, in vista della partenza per la Cina, vogliamo riempire una lacuna<br />

nella storia del suo ministero reggiano. Si tratta del <strong>com</strong>pito <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezione spirituale.<br />

La prima forma <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezione è quella della pre<strong>di</strong>cazione. Quella <strong>di</strong> don <strong>Uccelli</strong><br />

era rivolta alla conversione del cuore, a richiamare a Dio le persone che se ne erano<br />

allontanate e, inoltre, a suscitare nelle anime pre<strong>di</strong>sposte un grande amore <strong>di</strong><br />

Dio. Talvolta, e forse sempre, la missione terminava con la <strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> un foglietto<br />

con dei “Ricor<strong>di</strong>”. Erano consigli pratici, <strong>com</strong>e fuggire la bestemmia, santificare<br />

la festa, aver cura dell’educazione dei figli, non dare ascolto a coloro che<br />

pre<strong>di</strong>cano il benessere materiale <strong>com</strong>e unico scopo della vita; e in fine, devozione<br />

alla Madonna e imparare a salutarsi con un “Sia lodato Gesù Cristo”.<br />

La pre<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong> don <strong>Uccelli</strong> portava <strong>com</strong>e conseguenza il lavoro del confessionale:<br />

qui ricorrevano i convertiti, e qui le anime privilegiate si sentivano esortate<br />

a camminare verso la santità. Purtroppo <strong>di</strong> questo lavoro, intenso e nascosto,<br />

non abbiamo tracce, tanto è delicato l’apostolato del confessionale. Come pure ci<br />

resta poco dell’impegno <strong>di</strong> conversione e <strong>di</strong> aiuto spirituale che egli con tanta frequenza<br />

esercitava verso gli infermi.<br />

Ci resta, invece, un carteggio con quella Melania Genitoni <strong>di</strong> cui abbiamo parlato,<br />

che ci permette <strong>di</strong> cogliere alcuni aspetti della <strong>di</strong>rezione spirituale propriamente<br />

detta, verso la stessa Melania, un’anima che aspirava a Dio nella santità.<br />

Come abbiamo detto altrove, tra il giovane sacerdote e la maestra <strong>di</strong> Garfagnolo,<br />

si era creata un’amicizia che durò tutta la vita. Don <strong>Pietro</strong>, pur tanto delicato <strong>di</strong><br />

coscienza, sente che si tratta veramente <strong>di</strong> una santa amicizia e rassicura Melania<br />

che gli aveva manifestato qualche turbamento. Le scrive: «Vi sono momenti dolcissimi<br />

nella vita, i quali appartengono a quei puri affetti dell’amicizia, in modo<br />

che invano si cercherebbero al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong> essa. Io le <strong>di</strong>co il vero, signora Maestra,<br />

il rivederla, il poterle parlare e passare in santo ragionamento un po’ <strong>di</strong> tempo fu<br />

per me <strong>di</strong> tanta consolazione che non glielo posso esprimere a parole e ne ho ringraziato<br />

il Signore <strong>com</strong>e <strong>di</strong> un beneficio singolare. …Infatti, qual è lo scopo che<br />

gli amici si prefiggono allorché vanno a farsi visita? Forse un fine basso, mondano?<br />

No, assolutamente no. Se sono veri amici <strong>di</strong> un’amicizia santa, essi desiderano<br />

il momento <strong>di</strong> poter trattenersi insieme per parlare <strong>di</strong> quelle cose che fanno <strong>di</strong>menticare<br />

la terra e innalzano e sollevano lo spirito al Cielo. Ora se la nostra amicizia<br />

è <strong>di</strong> questa specie, <strong>com</strong>e da parte mia gliene faccio fede, e da parte sua non<br />

39


ne dubito, quale cosa potrebbe dare motivo <strong>di</strong> turbamento?». 1<br />

Dunque lo scopo degli incontri era proprio per parlare <strong>di</strong> cose spirituali e infiammarsi<br />

l’un l’altro <strong>di</strong> amore verso Dio. Di questi santi colloqui, pochi sprazzi<br />

appaiono nelle lettere; ma qualche suggerimento particolare vi è pure scritto. Per<br />

esempio, quando Melania chiede consiglio per la scelta dello stato, egli suggerisce<br />

anzitutto la preghiera e poi la esorta a scegliersi un confessore zelante e sapiente<br />

al quale fare la confessione generale e manifestare dubbi e aspirazioni. Aggiunge<br />

che quel confessore non può essere lui, perché conscio che gli mancano le qualità<br />

necessarie per darle un retto consiglio. Tuttavia, qualche tempo dopo le dà alcuni<br />

consigli sulla scelta dello stato, <strong>di</strong>cendo che si può salvare l’anima in ogni con<strong>di</strong>zione<br />

e stato, ma in se stesso lo stato <strong>di</strong> verginità è migliore. Dopo molti mesi, delicatamente,<br />

la spinge a pensare a un qualche Istituto per consacrarsi a vivere per<br />

Dio solo.<br />

Generalmente è restio a dare consigli, per quella poca stima che ha <strong>di</strong> sé e della<br />

propria virtù: «Dovrei proprio essere virtuoso e santo per poter in<strong>di</strong>rizzare alla<br />

perfezione tante anime buone, le quali si mettono sotto la mia <strong>di</strong>rezione allo stesso<br />

modo che fa un bambino con la propria mamma. Pensando alla virtù <strong>di</strong> cui dovrei<br />

vedere adorno il mio cuore, mi confondo, mi sgomento, tremo e piango. Preghi<br />

per me, perché il bisogno è molto, molto».<br />

Pure, talvolta, si trattiene a parlare <strong>di</strong> virtù particolari. Ecco cosa <strong>di</strong>ce<br />

dell’umiltà:<br />

«Ci sono in Para<strong>di</strong>so molti Santi che non hanno castigato il loro corpo e la debolezza<br />

della loro costituzione li scusa; vi sono molti Santi che non hanno fatto<br />

elemosine e la loro povertà li giustifica; vi furono molti Santi che non furono vergini<br />

e lo stato coniugale non ne fa loro un rimprovero. Ma in Para<strong>di</strong>so non c’è<br />

nessun Santo che non sia stato davvero umile.<br />

«Id<strong>di</strong>o ha scacciato dal Cielo gli angeli perché furono superbi, e non possiamo<br />

pretendere <strong>di</strong> andarvi noi, se saremo superbi? San Pier Damiani <strong>di</strong>ce che senza<br />

umiltà neppure Maria Santissima sarebbe entrata nella gloria del Para<strong>di</strong>so, quantunque<br />

avesse un’in<strong>com</strong>parabile verginità.<br />

«Senza qualche altra virtù potremo salvarci, ma senza l’umiltà, no <strong>di</strong> certo.<br />

Tutto il nostro impegno, dunque, sia <strong>di</strong> fare acquisto <strong>di</strong> questa virtù, sicuri che se<br />

riusciremo a <strong>di</strong>venire umili <strong>di</strong> mente e <strong>di</strong> cuore, saremo sicuri della salvezza<br />

dell’anima nostra. Doman<strong>di</strong>amola spesso al Signore la santa umiltà, <strong>di</strong>cendo per<br />

esempio: “Signore, io non so nemmeno che cosa sia quest’umiltà, so che non ce<br />

l’ho e che senza <strong>di</strong> essa non mi salverò. Non mi resta dunque che <strong>di</strong> domandarvela:<br />

datemi la grazia <strong>di</strong> domandarla <strong>com</strong>e conviene”. Oppure: “Fate, o mio Signore,<br />

che io sia umile e non lo sappia. Fatemi santa e che io non sappia <strong>di</strong> essere santa”.<br />

«Un mio debole consiglio, a cui Ella si atterrà o meno secondo lo crederà meglio,<br />

è <strong>di</strong> <strong>di</strong>re ogni mattina più col cuore che con le labbra, la seguente orazioncina:<br />

“Vi offro, o mio Dio, tutti i miei pensieri, tutte le mie parole, tutte le mie opere<br />

<strong>di</strong> questo giorno e voi, con la vostra santa grazia, fate che i miei pensieri siano<br />

----------------<br />

1 Ho mo<strong>di</strong>ficato un poco la frase per dare il senso <strong>com</strong>plessivo del <strong>di</strong>scorso.<br />

40


pensieri <strong>di</strong> umiltà, le mie opere, opere <strong>di</strong> umiltà, a vostra gloria, a vantaggio<br />

dell’anima e a suffragio delle anime sante del Purgatorio”.<br />

«Un secondo consiglio per acquistare questa importantissima virtù è <strong>di</strong> accusarsi<br />

al tribunale <strong>di</strong> penitenza del vizio contrario, facendo qualche breve <strong>di</strong>chiarazione.<br />

Ancora: quando doman<strong>di</strong>amo al Signore qualche grazia, non dobbiamo<br />

sperare <strong>di</strong> ottenerla quale premio delle nostre buone opere, ma bensì solo per i<br />

meriti <strong>di</strong> nostro Signore Gesù Cristo. Tutte le nostre azioni, tutte le nostre preghiere<br />

siano in<strong>di</strong>rizzate a gloria <strong>di</strong> Dio, a onore <strong>di</strong> Maria santissima e a suffragio delle<br />

anime sante del Purgatorio, per l’acquisto <strong>di</strong> tale virtù». 2<br />

Forse più ancora <strong>di</strong> queste esortazioni, fecero breccia nel cuore <strong>di</strong> Melania i<br />

mirabili e continui esempi <strong>di</strong> umiltà del suo Direttore spirituale.<br />

Come si vede, nella <strong>di</strong>rezione spirituale don <strong>Pietro</strong> procede con la gradualità<br />

insegnata dai Maestri <strong>di</strong> spirito, che introducono anzitutto alla via purgativa; e in<br />

questo campo la prima virtù è l’umiltà. Seconda, viene la penitenza o mortificazione.<br />

Qui, don <strong>Pietro</strong> deve averne parlato la prima volta, quasi senza volerlo, con<br />

un accenno a qualche penitenzuola che egli aveva fatto per il bene dell’anima della<br />

stessa Melania. Essa, poi, deve avergli fatto qualche domanda e strappato un<br />

po’ il suo segreto. In seguito, ritorna sull’argomento e lo stimola a parlarne <strong>di</strong>ffusamente,<br />

<strong>di</strong>cendo — forse apposta — che la penitenza è una cosa <strong>di</strong> nessun valore.<br />

Egli risponde riportando le parole <strong>di</strong> Gesù: «Se non farete penitenza, tutti perirete».<br />

E aggiunge: «Ora a chi tocca, in special modo, <strong>di</strong> fare un po’ <strong>di</strong> penitenza?<br />

Ai cristiani, è vero, ma in special modo alle guide dei cristiani. Non le pare?». E<br />

continua: «Ella <strong>di</strong>ce che è una cosa da nulla, <strong>di</strong> nessun valore; io le <strong>di</strong>co che, riguardo<br />

a me è purtroppo vero, perché peccatore, ma se <strong>com</strong>piuta dai non peccatori,<br />

dai Santi, allora è una cosa <strong>di</strong> gran<strong>di</strong>ssimo merito, forse più che la stessa <strong>com</strong>unione,<br />

nel senso che nella <strong>com</strong>unione ci uniamo a Dio senza scapito corporale,<br />

nella flagellazione invece ci uniamo a Dio in spirito, ma con un po’ <strong>di</strong> afflizione<br />

volontaria corporale». 3 Cita poi l’esempio dei Santi e delle loro penitenze mille<br />

volte più dolorose; più avanti ricorderà santa Rosa da Lima con penitenze da far<br />

raccapricciare, e Santa Caterina da Siena che si flagellava a sangue, offrendo il<br />

suo sangue in tre porzioni espiatorie: una per le sue colpe, un’altra per la Chiesa<br />

militante e la terza per le anime del Purgatorio.<br />

Inoltre: «Come non darci dattorno per salvare la povera anima nostra? Come<br />

non prendere tutte le vie, tutte le sante industrie che la santa religione ci somministra<br />

per rendere la carne soggetta allo spirito e questo a Dio? Non è obbligo <strong>di</strong> tutti<br />

il fare queste cose, ma dei sacerdoti certamente, perché la Sacra Scrittura è fatta<br />

per tutti, in special modo è per i preti che, ad esempio <strong>di</strong> Gesù benedetto, devono<br />

fare e poi insegnare. Quanto bene faccia allo spirito una flagellazioncella, ella non<br />

----------------<br />

2 TEODORI, Virtù e opere, (n. 91), pag. 195.<br />

3 Tutta la vita <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong> è segnata da una profonda <strong>com</strong>unione con Dio, sorretta in modo<br />

particolare dall’Eucaristia. In questo contesto, invece, egli sottolinea una necessaria “afflizione<br />

corporale”, quale personale e “volontaria” partecipazione alla Passione <strong>di</strong> Cristo.<br />

41


può capirlo se non lo ha provato; quanto al momento soffre il corpo è cosa non poi<br />

così dolorosa, ma è molto profittevole per rintuzzare la malizia del mio pravo corpo.<br />

Il Signore <strong>di</strong>ce: Solo quelli che si fanno violenza rapiranno il Regno dei Cieli;<br />

dunque… Perché tanti castighi che fanno agghiacciare il sangue nelle vene? Perché<br />

si fa poca penitenza, perché si accarezza troppo il corpo».<br />

Come si <strong>di</strong>ceva sopra, il <strong>di</strong>scorso delle sue penitenze deve essergli sfuggito,<br />

quasi senza volerlo. Infatti nella lettera seguente, si rimprovera: «Dicevo tra me e<br />

me, mentre una lagrima furtiva mi scendeva dagli occhi: Che cosa ho mai fatto?<br />

Che cosa ho mai svelato?». Dice però <strong>di</strong> non averlo fatto per spirito <strong>di</strong> superbia,<br />

ma per farle sapere che l’aveva fatto per lei e sollecitarla così a pregare per lui. Ha<br />

ragione Melania: «Non sono opere da <strong>com</strong>piere da un povero peccatore…».<br />

Quanto a Melania, che ha chiesto <strong>di</strong> imitarlo a vantaggio della <strong>di</strong> lui anima, risponde:<br />

«Continui a fare quello che ha fatto finora e quanto mi ha promesso per<br />

l’avvenire e io ne sarò pago ad usura». Melania gli aveva promesso <strong>di</strong> fare sempre<br />

o spesso la Comunione per lui.<br />

Non si creda che la <strong>di</strong>rezione spirituale nei riguar<strong>di</strong> <strong>di</strong> Melania si fermasse alla<br />

via purgativa. La guida spirituale la conduce ben oltre, invitandola a coltivare la<br />

devozione al S. Cuore e alla Madonna e le altre pratiche <strong>di</strong> pietà <strong>com</strong>uni<br />

all’ascetica della fine Ottocento. In particolare le rac<strong>com</strong>anda <strong>di</strong> pregare in suffragio<br />

delle anime del Purgatorio, e la esorta alla continua preghiera: «L’orazione,<br />

per sua norma, vale sempre, purché non si frapponga un volontario ostacolo».Ma<br />

poi la porta in alto, con un colpo d’ala, parlandole dell’amore <strong>di</strong> Dio:<br />

«Il desiderio d’amare il Signor è grande, ma l’amore poi che in realtà gli porto<br />

è poco, ahi troppo poco. Vorrei esser infiammato <strong>di</strong> santo ardore e così infiammare<br />

anche gli altri che meco si trovano, ma creda che non vado più in là dalla cerchia<br />

dei desideri. Spero che, se potrò andare in Cina, <strong>di</strong> supplire ivi a questa mia<br />

innata freddezza, col consacrarmi anima e corpo al servizio del Signore e<br />

coll’esser sempre pronto a dar la mia misera vita per Suo Amore.<br />

«Voglio viver solo per Id<strong>di</strong>o e per il bene delle anime; e questo voglio sia il<br />

mio unico scopo. Amare Id<strong>di</strong>o!? Oh, se si intendesse dai mondani che vuol <strong>di</strong>re!<br />

Si vedrebbero tosto abbandonate le piazze e piene le Chiese, deserte le osterie e<br />

affollati i confessionali! Non più timori, non più ansie né il dubbio né il te<strong>di</strong>o, ma<br />

solo gau<strong>di</strong>o e pace. Di tutte le grazie che possiamo domandare, la più bella e la<br />

più utile è questa: l’amor <strong>di</strong> Dio. E quando riceviamo Gesù in Sacramento, allora<br />

non ci dobbiamo stancare <strong>di</strong> domandargli il suo santo amore, protestando <strong>di</strong> non<br />

voler altra grazia che questa. Chi ama Id<strong>di</strong>o non lo può offendere e, se non<br />

l’offen<strong>di</strong>amo, siamo certi che egli sul nostro capo verserà tesori immensi delle più<br />

elette grazie».<br />

La ra<strong>di</strong>calità dell’amore, che ha prospettato alla sua <strong>di</strong>retta, arriva fino al punto<br />

<strong>di</strong> suggerirle, o permetterle, il voto del più perfetto, ma anche qui con equilibrio e<br />

misura. L’esorta anzitutto a formarsi una regola: «Senza regola, l’anima rassomiglia<br />

a una nave in alto mare, senza vela, senza timone, senza bussola e senza pilota;<br />

per inghiottirla non c’è bisogno <strong>di</strong> una tempesta: basta il primo soffio <strong>di</strong> vento.<br />

42


La regola è per la volontà ciò che sono le arterie per il sangue, le ra<strong>di</strong>ci dell’albero<br />

per il succo: un canale che contiene la vita e che la porta dappertutto senza perdere<br />

una sola goccia. Avendo un tal regolamento riesce assai più facile il voto <strong>di</strong> miglior<br />

perfezione che consiste in questo: nel fare quanto siamo obbligati, ma in<br />

modo non <strong>com</strong>une, cioè meglio del solito. …Quando fa un’azione e non si ricorda<br />

del voto, allora è impossibile che lo abbia a violare; se poi si ricorda del voto, si<br />

faccia questa domanda: Quando sarò sul letto <strong>di</strong> morte, ricorderò con piacere<br />

quest’azione? Se stessi per morire, <strong>com</strong>pirei quest’opera? La farei in questo modo?<br />

Se può rispondere affermativamente, prosegua nell’opera e il voto sarà adempiuto…».<br />

Questi ultimi insegnamenti ci fanno capire che don <strong>Uccelli</strong> concepisce la vita<br />

cristiana non solo <strong>com</strong>e preghiera, ma anche <strong>com</strong>e azione. Da saggio <strong>di</strong>rettore spirituale<br />

ha <strong>com</strong>presa la via sulla quale lo Spirito Santo stava incamminando quella<br />

santa donna ed era il soccorso ai i poveri. Su questa via don <strong>Uccelli</strong> intende spingere<br />

la sua <strong>di</strong>retta, tanto più che questa è stata sempre la passione della sua stessa<br />

vita. Non possiamo a meno <strong>di</strong> riportare il lungo <strong>di</strong>scorso che <strong>Uccelli</strong> rivolgeva a<br />

sé, prima ancora <strong>di</strong> scriverlo alla sua amica.<br />

«Id<strong>di</strong>o <strong>di</strong>ce per bocca <strong>di</strong> sant’Agostino: “Dammi poco e io ti renderò molto”.<br />

Che sarà poi <strong>di</strong> chi ha dato moltissimo? San Grisostomo <strong>di</strong>ce che gli uomini danno<br />

l’uno per cento e Id<strong>di</strong>o dà il cento per uno; quin<strong>di</strong> lascio a Lei immaginare<br />

quanto Le terrà preparato il Signore, sia in questa che in quell’altra vita.<br />

«In un altro luogo sant’Agostino <strong>di</strong>ce che il Signore dà a noi cose <strong>di</strong>verse da<br />

quelle che noi doniamo per suo amore, perché noi <strong>di</strong>amo beni terreni e Lui ce li dà<br />

spirituali; ci dà meglio <strong>di</strong> quello che <strong>di</strong>amo, perché ci dà il para<strong>di</strong>so per cose <strong>di</strong><br />

quaggiù; ci dà <strong>di</strong> più <strong>di</strong> quello che noi <strong>di</strong>amo, perché ci dà il cento per uno; ci dà<br />

cose più durevoli, perché per cose caduche ci dà cose eterne.<br />

«San Giovanni Grisostomo <strong>di</strong>ce che l’elemosina è un’arte, col cui mezzo si<br />

possono guadagnare tutte le cose del Cielo e della terra. Chi dà in elemosina,<br />

sempre per amor <strong>di</strong> Dio, non dona ma traffica, non perde ma acquista, non getta<br />

via ma semina.<br />

«Perché sempre meglio conosca la sua felicità, mentre pur deve intendere anche<br />

la mia, senta che cosa <strong>di</strong>ce un pio e devoto autore: “L’elemosina è la chiave<br />

del Para<strong>di</strong>so, è la veste nuziale che ci introduce al convito della beatitu<strong>di</strong>ne eterna,<br />

è il manto che copre la moltitu<strong>di</strong>ne delle nostre colpe, è l’acqua che estingue gli<br />

ardori dell’inferno”. In ultimo, <strong>di</strong>ce che è la scala che poggia sino al Cielo. Che<br />

consolanti espressioni per chi usa delle proprie sostanze a favore dei poveri e alla<br />

maggior gloria <strong>di</strong> Dio!<br />

«Nelle Sacre Carte si legge che il limosiniere porta il sigillo del Signore, per<br />

impetrar da Lui quanto desidera. E sant’Agostino passa più avanti e <strong>di</strong>ce che il limosiniere<br />

non solamente <strong>com</strong>pra tutte le ricchezze <strong>di</strong> Dio, ma <strong>com</strong>pra il medesimo<br />

Dio e se ne impossessa <strong>com</strong>e <strong>di</strong> cosa propria. Quando ci troveremo al cospetto<br />

dell’eterno Giu<strong>di</strong>ce per essere rimunerati secondo le nostre opere, <strong>di</strong>ce san Giovanni<br />

Grisostomo che tutti avranno a temere, meno i limosinieri, poiché essi po-<br />

43


tranno rispondere affermativamente alle domande dell’Agnello <strong>di</strong>vino: Avete dato<br />

da mangiare agli affamati, da bere agli assetati, ecc. ecc.<br />

«La Vergine santissima, <strong>di</strong>ce san Bonaventura, fu molto limosiniera, figlia <strong>di</strong><br />

parenti limosinieri che davano la terza parte delle loro facoltà ai poveri, ed Ella<br />

<strong>di</strong>ede in elemosina ai bisognosi tutti quei gran<strong>di</strong> donativi che aveva ricevuto dai<br />

Magi. Benché Ella fosse tutta pura, immacolata e santa, tuttavia non nelle sue preghiere<br />

poneva confidenza non nei suoi meriti, ma bensì nella preghiera del povero.<br />

4<br />

«Mentre io le <strong>di</strong>co queste cose, mi sento inondare il cuore <strong>di</strong> una purissima<br />

gioia e desidero e spero che una simile contentezza abbia a provare Lei. So quanto<br />

Lei fa per i poverelli della sua parrocchia, o per <strong>di</strong>r meglio, per tutti i poveretti che<br />

conosce; so le cure che ha per l’incremento della gloria del Signore, sia col tener<br />

vive e animate le pie confraternite e sodalizi della parrocchia <strong>di</strong> Garfagnolo, sia<br />

coll’adoperarsi per lo splendore del tempio santo, e queste cose tutte il Signore le<br />

nota nel libro della vita a caratteri d’oro, in fronte alle quali, non per ragione <strong>di</strong><br />

tempo ma per ragione <strong>di</strong> eminenza, vi ha quella che tutte altre eclissa, cioè quella<br />

d’aver contribuito in modo oltremodo generoso a che un povero sacerdote voli nei<br />

più lontani confini della terra per annunziare l’evangelica parola. Il mio cuore è in<br />

continuo sussulto <strong>di</strong> gioia e a giorni spero che i miei desideri siano pienamente<br />

adempiti». 5<br />

Terminiamo con le ultime parole che padre <strong>Uccelli</strong> le inviò da Napoli, prima <strong>di</strong><br />

lasciare l’Italia: «Figlia <strong>di</strong>lettissima, oggetto principalissimo delle mie cure spirituali,<br />

io parto. La mia partenza non è <strong>com</strong>e le solite che fanno i mondani, ma è<br />

ben <strong>di</strong>versa perché, mentre ci allontaniamo col corpo, restiamo uniti con lo spirito<br />

in Dio benedetto, nel quale abbiamo ogni bene. …Le mie orazioni spero saranno<br />

più numerose e più accette al Signore che nel passato, perché mi voglio proprio<br />

mettere a corpo morto a fare un po’ <strong>di</strong> bene».<br />

----------------<br />

4 La pietà popolare si è riferita spesso ai Vangeli apocrifi, per quello che riguarda la vita della<br />

Madonna.<br />

5 Idem, 257 (Proc 1276)<br />

44


PARTE SECONDA<br />

IN CINA<br />

Gli mostrerò quanto dovrà soffrire per Me<br />

(At 9,16)<br />

45


NEL NIDO DEGLI AQUILOTTI<br />

Quando don <strong>Pietro</strong> entrò, finalmente, nell’Istituto Missioni Estere, questo non<br />

si trovava più in Borgo Leon d’oro, <strong>com</strong>e quattro anni prima. Nella speranza <strong>di</strong><br />

avere numerose vocazioni per le Missioni, il canonico Guido Conforti aveva costruito<br />

un e<strong>di</strong>ficio nuovo poco fuori dalla città, nel cosiddetto Campo <strong>di</strong> Marte, attuale<br />

Viale San Martino. Vi aveva profuso tutto il suo patrimonio, vendendo i poderi<br />

che il padre, Rinaldo, gli aveva lasciato in ere<strong>di</strong>tà.<br />

Alla posa della prima pietra il 24 aprile 1900, il vescovo <strong>di</strong> Parma Francesco<br />

Magani aveva fatto un alato <strong>di</strong>scorso nel quale, tra l’altro, aveva detto:«Giorno<br />

verrà — quando le mie ossa riposeranno nella tomba — che da questo nido benedetto<br />

spiccheranno il volo robusto gli aquilotti del Vangelo, per portare la fede a<br />

coloro che ancora giacciono nelle tenebre e ombre <strong>di</strong> morte. Il mio spirito allora<br />

esulterà alla visione delle magnifiche conquiste che essi opereranno». Da quel<br />

momento la Casa dei Missionari venne chiamata, poeticamente, «Il Nido degli<br />

Aquilotti».<br />

A don <strong>Pietro</strong> non <strong>di</strong>spiacerà se, scherzando sul suo nome <strong>com</strong>e egli stesso faceva<br />

qualche volta, <strong>di</strong>remo che “l’uccello ha spiccato il volo”. Forse il buon prete<br />

reggiano, tra gli uccelli, avrebbe scelto i più umili e piccoli a in<strong>di</strong>care se stesso,<br />

forse i passerotti; invece il suo volo lo portò in un nido <strong>di</strong> aquile: gli cresceranno<br />

presto le ali robuste e non avrà timore <strong>di</strong> attraversare gli oceani.<br />

L’Istituto delle Missioni Estere era stato fondato dal giovane sacerdote Guido<br />

Maria Conforti nel 1895. I primi due missionari, partiti per la Cina nel 1899, si<br />

trovarono coinvolti nella persecuzione dei Boxer del 1900. I due vescovi della città<br />

<strong>di</strong> Taiyuan, dove essi si trovavano, erano stati uccisi insieme con altri tre missionari,<br />

nove suore e vari cristiani, mentre essi erano riusciti a mettersi in salvo in<br />

Mongolia. Ritornati nella missione, il padre Caio Rastelli era morto per gli strapazzi<br />

subìti, e il giovane Odoardo Manini, non ancora sacerdote, era stato richiamato<br />

in patria dal Fondatore.<br />

Nel 1902 Guido Maria Conforti era stato nominato arcivescovo <strong>di</strong> Ravenna ed<br />

era stato costretto ad affidare a un sacerdote <strong>di</strong> fiducia, don Ormisda Pellegri, la<br />

guida del giovane Istituto da lui fondato.<br />

Nel 1904 Conforti aveva inviato in Cina un nuovo manipolo <strong>di</strong> quattro missionari,<br />

affidandoli al Vicario apostolico del Henan, mons. Simone Volonteri<br />

dell’Istituto Missioni Estere <strong>di</strong> Milano. Nello stesso anno, per gravi ragioni <strong>di</strong> salute,<br />

aveva dato le <strong>di</strong>missioni dall’archi<strong>di</strong>ocesi <strong>di</strong> Ravenna ed era ritornato a Parma<br />

nel suo Istituto. Quando vi entrò don <strong>Uccelli</strong>, oltre ai quattro missionari in Ci-<br />

47


na, c’erano in Italia altri due Padri che si preparavano alla partenza e un piccolo<br />

gruppo <strong>di</strong> seminaristi che attendeva agli stu<strong>di</strong>.<br />

Passati i primi giorni — e dopo un ritorno a Poviglio per precedenti impegni <strong>di</strong><br />

ministero — don <strong>Pietro</strong> inviò a Melania una lettera, scritta a pezzi e bocconi dal<br />

13 <strong>di</strong>cembre in avanti. Comincia con un esultante ringraziamento al Signore e alla<br />

Madonna: «Sia ringraziato il Sacro Cuore <strong>di</strong> Gesù e Maria Immacolata! Finalmente<br />

mi trovo nell’Istituto delle Missioni Estere ove godo <strong>di</strong> una pace indescrivibile,<br />

perché mi pare <strong>di</strong> essere proprio nel mio centro».<br />

Il giorno 18 <strong>di</strong>cembre il Fondatore, l’arcivescovo Conforti, si era recato a pranzo<br />

con gli allievi missionari: la sua presenza aveva colmato <strong>di</strong> gioia il nuovo venuto.<br />

Egli scrisse:<br />

«Sono momenti <strong>di</strong> felicità celeste, momenti che si vorrebbero eternare, ma non<br />

ci è dato finché siamo viatori quaggiù. In Para<strong>di</strong>so <strong>com</strong>e si starà bene! Se in terra,<br />

con una persona santamente amata e venerata, tanto si gode, chi potrà esprimere a<br />

parole la gioia che si proverà in cielo, nella <strong>com</strong>pagnia <strong>di</strong> Dio, della B. V. e dei<br />

Santi!».<br />

«…Qui con i miei <strong>com</strong>pagni mi trovo benissimo, perché sono tutti virtuosi e<br />

sanno sopportare in pace i miei <strong>di</strong>fetti. Quando penso che tutti sono molto istruiti,<br />

che molti sanno cantare e molti anche suonare, che alcuni sanno <strong>di</strong>pingere e altri<br />

hanno altre abilità, io mi sento un po’ sgomento perché non so fare nulla. Poi mi<br />

rasseren,o pensando che non <strong>di</strong>pende da me avere certe abilità che hanno i miei<br />

<strong>com</strong>pagni, e che quello che <strong>di</strong>pende da me è farmi santo, e a questo solo voglio attender<br />

<strong>di</strong> proposito, perché la scienza è utile, la virtù è necessaria».<br />

Don <strong>Pietro</strong> si mise <strong>di</strong> lena a stu<strong>di</strong>are il francese col metodo Berlitz e con un<br />

professore presso il quale si recava due volte alla settimana. Si proponeva, in seguito,<br />

<strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are anche un po’ <strong>di</strong> inglese. La lingua cinese la imparerà sul posto:<br />

anzi, si illudeva <strong>di</strong> poterla imparare in pochi mesi, «salvo la scrittura che è <strong>di</strong>fficilissima».<br />

La lettera esprime anche il desiderio e l’attesa impaziente che venga il momento<br />

<strong>di</strong> dare al Signore la prova dell’amore che ha per Lui: è ancora una volta<br />

l’aspirazione al martirio.<br />

A fine febbraio 1905 don <strong>Pietro</strong>, in una lunga lettera a Melania, parla con ammirazione<br />

del veneratissimo fondatore e arcivescovo, il quale lo riceve regolarmente<br />

una volta alla settimana e anche più spesso, e gli parla con il cuore acceso<br />

<strong>di</strong> amore celeste. «Egli è veramente un santo, un secondo don Bosco», scrive il<br />

nostro. È e<strong>di</strong>ficato dal fatto che, pur avendo una salute precaria («se si può chiamare<br />

salute»), è fedele ai segni della campana e, con i seminaristi, si reca alla me<strong>di</strong>tazione,<br />

alle orazioni, alla visita al Santissimo Sacramento ecc. Nelle feste, e anche<br />

più spesso, si trattiene a pranzo con loro.<br />

Poco più avanti scrive: «Abbiamo un vali<strong>di</strong>ssimo aiuto spirituale<br />

nell’eccellentissimo nostro arcivescovo, il quale sempre ci prega <strong>di</strong> andare da lui,<br />

in sua stanza, e ci dà tanta confidenza. Pochi giorni or sono mi <strong>di</strong>ede un piccolo<br />

regolamento,da osservarsi da chi vuole essere missionario non solo <strong>di</strong> nome ma <strong>di</strong><br />

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fatto, e aggiunse qualche parola che gli veniva dal cuore, un cuore acceso d’amore<br />

celeste. Poi mi <strong>di</strong>ede la sua bene<strong>di</strong>zione. Così tutte le volte che lo vedo ed è una<br />

volta alla settimana e anche più. È un santo e tutti gli elogi che si possono fare <strong>di</strong><br />

una persona, sono <strong>com</strong>pen<strong>di</strong>ate in questa parola».<br />

La giornata <strong>di</strong> don <strong>Pietro</strong>, all’Istituto, è piuttosto piena. Tutte le mattine deve<br />

andare a celebrare la Messa in qualche chiesa, alle volte vicina e alle volte abbastanza<br />

<strong>di</strong>stante. Vi si reca a pie<strong>di</strong> ed è un paio d’ore che se ne vanno; poi <strong>di</strong> nuovo<br />

in città per la scuola <strong>di</strong> francese o per qualche pre<strong>di</strong>ca, alla sera: altre due ore. A<br />

casa deve insegnare agli aspiranti missionari per almeno un’ora, ma più spesso<br />

anche quattro ore, senza contare il tempo della preparazione alle lezioni. Si tratta<br />

<strong>di</strong> classi <strong>di</strong>verse: uno fa le elementari, un altro stu<strong>di</strong>a belle lettere e retorica, e un<br />

altro filosofia. Per conto proprio, <strong>com</strong>e preparazione alla Missione, don <strong>Pietro</strong> deve<br />

stu<strong>di</strong>are agronomia e chimica, e rispondere al professore <strong>di</strong> queste materie<br />

quando lo interroga. 1 C’è anche la scuola <strong>di</strong> musica che deve frequentare, anche<br />

se non vi è molto portato.<br />

Alla sera è stanco morto. Per far fronte a tutti gli impegni, si alza presto al mattino<br />

e va in cappella a pregare. Per non dare nell’occhio, ha ottenuto <strong>di</strong> essere incaricato<br />

<strong>di</strong> suonare la campana dell’alzata. Alla sera, quando gli altri vanno a riposo,<br />

don <strong>Pietro</strong> — col debito permesso — va ancora in cappella a <strong>com</strong>piere altre<br />

pratiche <strong>di</strong> pietà.<br />

Ha tante visite da parte dei parenti e della gente <strong>di</strong> Poviglio, e deve passare con<br />

loro tanto tempo. C’è anche un soldato dalla Cittadella militare che lo va spesso a<br />

trovare, …un po’ troppo spesso; tanto più che lo conosce appena. È tanto occupato<br />

che vorrebbe star su <strong>di</strong> notte: ci ha provato, ma il giorno dopo soffrì <strong>di</strong> mal <strong>di</strong><br />

petto dal mattino alla sera. C’è anche qualcuno della montagna che lo raggiunge<br />

fin là: un certo Giosuè che è sempre a chiedere sol<strong>di</strong>, e viene poi anche la madre,<br />

Brigida, <strong>com</strong>e abbiamo raccontato altrove. Fortunatamente c’è un Superiore che<br />

lo protegge contro la petulanza <strong>di</strong> certi poveri, della cui povertà dubita egli stesso.<br />

Un giorno don <strong>Pietro</strong> ha avuto la gra<strong>di</strong>ta visita del canonico Poletti — “mio secondo<br />

padre” —, ma questi, ad un certo momento, gli buttò là una domanda: «È<br />

vero che si è stancato e che vuol tornare in <strong>di</strong>ocesi?». «Immaginarsi!», gli rispose<br />

<strong>Uccelli</strong> con tutto l’entusiasmo <strong>di</strong> cui era capace. Poi lo condusse da mons. Conforti,<br />

che <strong>di</strong>sse cose tanto lusinghiere su <strong>di</strong> lui, da far rimanere confuso il nostro umile<br />

don <strong>Pietro</strong>.<br />

Le lettere che seguono parlano ancora delle molte occupazioni del nostro don<br />

<strong>Pietro</strong>, della salute malferma, della <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> prendere sonno e <strong>di</strong> un vivo desiderio<br />

<strong>di</strong> andare in Para<strong>di</strong>so: «Desidero la Cina per assicurarmi il Para<strong>di</strong>so, ma se<br />

c’è modo d’andare in Cielo <strong>di</strong>rettamente, sono più che pronto. Fiat voluntas Dei».<br />

Spera <strong>di</strong> poter pronunciare presto i voti religiosi: quel giorno segnerà una data<br />

incancellabile per la gioia e la consolazione celeste che proverà e che già pregusta.<br />

La lettera dell’11 maggio è una bella pagina autobiografica che riportiamo in<br />

----------------<br />

1 In quell’epoca erano in voga a Parma le teorie agronomiche del capitano Stanislao Solari: i<br />

missionari le stu<strong>di</strong>avano per poterle applicare nelle Missioni.<br />

49


parte:<br />

«Con quanta gioia e felicità le invio questa mia! Dopo tanti sospiri, dopo tante<br />

ansie e peripezie, finalmente con la grazia <strong>di</strong> Dio sono giunto a quella mèta che ho<br />

sempre ardentemente desiderato: sono religioso! Religioso! Parola bella, cara e<br />

soave; parola che ci invoglia al bene e ci fa aborrire il male; parola che ci rende<br />

santamente superbi e che ci apre innanzi un campo estesissimo da coltivare con le<br />

nostre fatiche e da innaffiare coi nostri sudori e, Dio volesse, col nostro sangue<br />

[…]. Il fortunatissimo giorno della B. V. <strong>di</strong> Pompei [8 maggio], a mezzogiorno,<br />

dopo <strong>di</strong> aver dette le orazioni <strong>di</strong> supplica alla Celeste Regina, dopo <strong>di</strong> aver recitato<br />

l’Atto <strong>di</strong> fede, <strong>di</strong> speranza e <strong>di</strong> carità, genuflesso davanti a Gesù Sacramentato, facevo<br />

i miei voti e così mi obbligavo ad essere tutto <strong>di</strong> Dio, solo <strong>di</strong> Dio e sempre <strong>di</strong><br />

Dio. Credo <strong>di</strong> non aver mai provato nella mia vita un momento <strong>di</strong> uguale contentezza.<br />

E ora la mia felicità continua, non scema, anzi mi pare che sia piuttosto in<br />

aumento, perché al presente non ho più certi dubbi, certi timori che alle volte mi<br />

facevano star male».<br />

Da questo momento, anche se i suoi voti sono fatti in privato, lo chiameremo<br />

“Padre”, <strong>com</strong>e lui stesso sa <strong>di</strong> potersi chiamare.<br />

Tralasciamo i vari riferimenti alla Cina e alla felicità <strong>di</strong> essere nell’Istituto; segnaliamo<br />

solo che il giorno 3 <strong>di</strong>cembre, festa <strong>di</strong> san Francesco Saverio, padre <strong>Uccelli</strong><br />

sarà ammesso ufficialmente alla professione religiosa dei voti <strong>di</strong> povertà, castità<br />

e obbe<strong>di</strong>enza. Attende con gioia quel giorno e ne scrive a Melania, pregustandone<br />

la gioia e anticipando <strong>di</strong> voler corrispondere alla grazia ed essere santo:<br />

«Signore, fatemi santo o fatemi morire!».<br />

Nell’Istituto si parla già <strong>di</strong> partenze: i can<strong>di</strong>dati erano i padri Leonardo Armeloni,<br />

Eugenio Pelerzi e il nostro <strong>Pietro</strong> <strong>Uccelli</strong>. Con un biglietto a Melania, senza<br />

data, ma attribuibile all’8/9 gennaio 1906, padre <strong>Pietro</strong> annuncia con gioia la sua<br />

prossima partenza, per il sabato successivo.<br />

La cerimonia <strong>di</strong> partenza fu preceduta da un inatteso incontro con papà Battista<br />

che ci viene narrato dallo stesso padre <strong>Pietro</strong>. Egli stava andando a <strong>di</strong>r la Messa<br />

alle Cappuccine, in Via Farini, al mattino del giorno stesso in cui doveva partire,<br />

venerdì 13 gennaio.<br />

«Andavo sul sentiero del canale (verso il monastero delle Cappuccine) 2 ; vedo<br />

un ometto lontano… Corpo d’un… mi sembra mio padre! Era lui».<br />

Dopo il saluto e l’espressione <strong>di</strong> meraviglia <strong>di</strong> quell’incontro inatteso, don <strong>Pietro</strong><br />

domandò al padre dove stava andando. Andava all’Istituto, si capisce.<br />

A sua volta papà Battista chiese:<br />

– E tu, dove vai?<br />

– Dalle Cappuccine a <strong>di</strong>re la Messa. Ma… Ho una cosa da <strong>di</strong>rvi. Sto per partire.<br />

– Partire? Per dove?.<br />

– Per la Cina?.<br />

----------------<br />

2 A quei tempi un canale colmo d’acqua, scorreva dalla città, o verso la città, lungo l’attuale<br />

Viale Solferino, passando presso l’Istituto a oriente; in seguito fu coperto.<br />

50


– Quando?.<br />

– Oggi.<br />

Papà Battista rimase senza parola. Padre <strong>Pietro</strong> si affrettò per la Messa. Quando<br />

uscì dalla chiesuola <strong>di</strong> Via Farini, trovò che suo padre era ancora là, in pie<strong>di</strong> ad<br />

aspettarlo. 3<br />

Il rito <strong>di</strong> partenza dei tre nuovi Missionari, Leonardo Armelloni, Eugenio Pelerzi<br />

e <strong>Pietro</strong> <strong>Uccelli</strong>, si svolse nella cappella dell’Istituto alle ore nove del 13<br />

gennaio 1906.<br />

La cappella era gremita <strong>di</strong> sacerdoti e fedeli. Celebrò la Messa mons. Conforti,<br />

arcivescovo titolare <strong>di</strong> Stauropoli e fondatore dell’Istituto. Visto il clima <strong>di</strong> raccoglimento<br />

e devozione, il cronista <strong>com</strong>menta: «Sembrava <strong>di</strong> essere nel Cenacolo,<br />

negli ultimi momenti che precedettero la <strong>di</strong>scesa dello Spirito Santo». 4 Dopo la<br />

Messa il Fondatore benedì il crocefisso, lo <strong>di</strong>ede ai partenti e rivolse loro gli ultimi<br />

ammonimenti. Ai presenti espresse un vivo ringraziamento.<br />

<strong>Uccelli</strong> racconta:<br />

«Abbiamo fatto la funzione all’Istituto: molta gente. Fece il <strong>di</strong>scorso padre<br />

Armelloni (un <strong>di</strong>scorso troppo personale). Mio padre restò lì, piangendo».<br />

Dunque, <strong>Uccelli</strong> non aveva detto niente ai suoi!… Strano <strong>com</strong>portamento in un<br />

figlio così affettuoso. Voleva forse evitare il dolore del <strong>di</strong>stacco?.<br />

Partirono in treno alle 11.45, ac<strong>com</strong>pagnati dal Fondatore: Papà Battista li ac<strong>com</strong>pagnò<br />

fino a Reggio; un saluto in treno, un bacio e un’angosciosa domanda:<br />

Chissà se ci rivedremo ancora?<br />

Il treno proseguì per Roma. 5 Arrivarono il giorno dopo, sabato 14 gennaio alle<br />

ore 11.15, dopo <strong>di</strong> aver viaggiato tutta la notte.<br />

A Roma padre <strong>Uccelli</strong> rimase incantato dalla bellezza della città e specialmente<br />

delle basiliche <strong>di</strong> San <strong>Pietro</strong>, San Paolo. Ma soprattutto gli rimase impressa la visita<br />

al Santo Padre Pio X, il giorno 16 febbraio. «Ci inginocchiammo e baciammo<br />

il piede, meno il Servo <strong>di</strong> Dio.<br />

– Ecco i miei missionari — <strong>di</strong>sse mons. Conforti.<br />

– Siete missionari? Senza barba? — <strong>di</strong>sse il Papa.<br />

– Santità, rispose il Fondatore, usano lasciarla crescere quando sono in terra <strong>di</strong><br />

missione, in Cina.<br />

– Partite per la Cina?, chiese il Papa; e aggiunse: – Tenete la barba anche in patria<br />

per <strong>di</strong>stinguervi dagli altri sacerdoti. Poi <strong>di</strong>sse:<br />

– Diamoci appuntamento ogni giorno davanti al santo Tabernacolo. 6 E li bene<strong>di</strong>sse.<br />

Da Roma partirono per Napoli il pomeriggio del 16 alle ore 18,50. Arrivarono<br />

a mezzanotte e furono ospiti nell’Hotel Santa Lucia. Il Vesuvio era in eruzione.<br />

Sorpresa <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong>: vi trovò il canonico Francesco Poletti e don Riccar-<br />

----------------<br />

3 GRAZZI, Testimonianza, pag. 2.<br />

4 Partenza dei nostri missionari, in “Fede e Civiltà”, III(1906), pag. 2.<br />

5 GRAZZI, Testimonianza, pag. 3.<br />

6 “Fede e Civiltà”, 1906, pag. 2-3.<br />

51


do Azzolini che lo venivano a salutare prima della partenza. Il giorno dopo <strong>com</strong>binò<br />

con loro <strong>di</strong> fare una scappata a Pompei, ma l’idea era venuta improvvisa<br />

quand’erano fuori dall’albergo e non pensarono <strong>di</strong> avvisare mons. Conforti: tanto<br />

sarebbero tornati in tempo.<br />

L’ora della partenza si avvicinava e <strong>Uccelli</strong> non <strong>com</strong>pariva… Finalmente arrivò.<br />

Fu accolto con “una filippica” da padre Armelloni, che era il capo-spe<strong>di</strong>zione.<br />

Conforti invece non si s<strong>com</strong>pose e, per consolare lo sfortunato, gli <strong>di</strong>sse che aveva<br />

già pensato <strong>di</strong> collocarlo in un qualche Istituto <strong>di</strong> Napoli, se non fosse arrivato in<br />

tempo, in attesa del prossimo battello. 7 Ma il peggio doveva ancora venire. Stava<br />

per salire sulla nave e il passaporto non era ancora arrivato: suo padre l’aveva<br />

spe<strong>di</strong>to a un in<strong>di</strong>rizzo <strong>di</strong>verso da quello in<strong>di</strong>cato. Come fare?<br />

In quella stessa nave viaggiava mons. Versiglia, vescovo salesiano, poi martire<br />

in Cina, con alcuni suoi missionari. Si accordarono con lui <strong>di</strong> far salire sulla nave<br />

il nostro <strong>Uccelli</strong> <strong>com</strong>e se fosse un ac<strong>com</strong>pagnatore; poi si doveva eclissare finché<br />

la nave non fosse partita. Gli andò bene. Più nessuno gli chiese il passaporto e<br />

quando giungerà ad Hankou gli sarà dato un passaporto dal Console italiano, sulla<br />

garanzia <strong>di</strong> padre Armelloni. 8<br />

La nave era la Prinzess Alice, una nave lunga 160 metri e larga 18. Partirono<br />

alle ore 14.30 del 19 gennaio. 9<br />

Mons. Conforti consegnò loro la sua prima Lettera circolare, <strong>di</strong>retta ai missionari<br />

<strong>di</strong> Cina: i nostri tre furono i primi a leggerla e a gustarla. Era un invito a ringraziare<br />

il Signore perché la Sacra Congregazione <strong>di</strong> Propaganda aveva stabilito<br />

<strong>di</strong> affidare all’Istituto una parte del territorio dei Missionari <strong>di</strong> Milano che costituirà<br />

la Prefettura apostolica del Henan occidentale: il decreto sarebbe arrivato<br />

presto. Il vasto territorio e il numero degli abitanti non dovevano spaventarli:<br />

l’aiuto <strong>di</strong> Dio non sarebbe mai venuto meno.<br />

Rac<strong>com</strong>andava ai suoi missionari <strong>di</strong> tenere sempre davanti a sé, <strong>com</strong>e modello,<br />

Gesù stesso, per incarnarne gli esempi <strong>di</strong> santità. Nelle angustie e nelle <strong>di</strong>fficoltà<br />

non si perdano d’animo: «Dio è spettatore delle vostre pene e delle vostre lotte,<br />

delle quali terrà conto nel libro della vita». Rac<strong>com</strong>andava poi l’unione fraterna:<br />

siano tra loro un cuor solo e un’anima sola. Terminava con le seguenti parole:<br />

«Ad<strong>di</strong>o, carissimi, gau<strong>di</strong>um et corona mea! Se vedeste il mio cuore in questo<br />

istante, se potessi esprimervi tutto quello che sento, conoscereste quanto io vi ami<br />

e quali voti io faccia per voi. Il Signore, punto badando alla mia indegnità, li assecon<strong>di</strong><br />

questi voti ardenti, vi ac<strong>com</strong>pagni sempre con la sua grazia e vi conceda<br />

ogni bene». 10<br />

Quella lettera fu il “viatico” per i tre partenti.<br />

----------------<br />

7 GRAZZI, Testimonianza, pag. 3.<br />

8 GARBERO, I Missionari <strong>saveriani</strong> in Cina, Parma, ISME, 1965, pag. 100.<br />

9 Telegramma del Conforti, 19 gennaio 1906.<br />

10 TEODORI, Lettere a mons. Luigi Calza s.x., Roma, Procura Generale, 1977, pag. 277-279.<br />

52


Rientrato a Parma, Mons. Conforti volle preparare una pagina <strong>di</strong> esaltazione<br />

del missionario. L’articolo <strong>com</strong>parve sul numero <strong>di</strong> febbraio della rivista Fede e<br />

Civiltà. Vi si leggono, tra l’altro, queste parole:<br />

«Contempliamo per un istante il Salvatore <strong>di</strong>vino, ritto fra gli apostoli, ra<strong>di</strong>ante<br />

<strong>di</strong> luce celeste, mentre ad<strong>di</strong>ta loro il mondo da conquistare: niente <strong>di</strong> più sublime<br />

può rifulgere allo spirito umano. Orbene, il missionario è appunto l’incarnazione<br />

<strong>di</strong> questo <strong>di</strong>vino ideale. Egli ha u<strong>di</strong>to la voce <strong>di</strong> Dio che lo chiama all’apostolato,<br />

ha u<strong>di</strong>to la voce lamentevole <strong>di</strong> tanti miseri che brancicano tra le tenebre<br />

dell’errore e le ombre <strong>di</strong> morte, e tanto gli basta perché nulla curando i patimenti,<br />

le privazioni e la morte stessa, senza frapporre indugi, armato solo della croce e<br />

del Vangelo, a tutto si renda superiore per seguire i generosi impulsi del suo cuore».<br />

11<br />

----------------<br />

11 Ricordando, in “Fede e Civiltà”, III(1906), pag. 17-19. L’articolo non è firmato, ma lo attribuiamo<br />

al Conforti perché il pensiero riportato riappare, con espressioni poco <strong>di</strong>verse, nel <strong>di</strong>scorso<br />

ai partenti del 16 novembre 1924 (cf. La parola del Fondatore, Parma, ISME, 1966, pag. 103).<br />

53


CINA, MIA NUOVA DILETTA PATRIA<br />

Il viaggio dei nuovi missionari dall’Italia alla Cina non ha avuto particolari avventure.<br />

Padre <strong>Uccelli</strong> narra solo, con un certo brio, ai confratelli <strong>di</strong> Parma, la sua<br />

uscita dalla nave a Port Said per rifornirsi <strong>di</strong> ostie per la Messa. Era sera e il negro<br />

che si offrì ad ac<strong>com</strong>pagnarli alla chiesa cattolica aveva un ceffo da far paura… 1<br />

<strong>Uccelli</strong> soffrì <strong>di</strong> mal <strong>di</strong> mare per quasi tutto il viaggio. Giunsero a Hongkong, il<br />

primo porto cinese, l’11 febbraio 1906; si fermarono due giorni e furono ospiti dei<br />

Missionari <strong>di</strong> San Calocero <strong>di</strong> Milano. Proseguirono poi per Shanghai con la stessa<br />

nave. Arrivarono il giorno 17.<br />

Padre <strong>Pietro</strong> aveva scritto a suo padre una cartolina da Hongkong, il 13 febbraio,<br />

<strong>di</strong>cendo la sua prima impressione sulla Cina: «Qui non ci sono cavalli, ma<br />

sono gli uomini che fanno da cavalli. Nella pianura gli uomini vengono tirati in<br />

belle ed eleganti carrozzelle (sono i risciò) e nelle montagne vengono portati su<br />

belle portantine».<br />

Da Shanghai un’altra cartolina, il 17 febbraio. Il mare è stato sempre agitato,<br />

anche in quell’ultimo tratto, da Hongkong a Shanghai; è contento d’aver lasciato<br />

il mare. Sono ospiti dei Padri Lazzaristi; il tempo è cattivo, fa molto freddo, nevica.<br />

Da Shanghai <strong>Uccelli</strong> scrive anche la prima lettera a mons. Conforti: «Ricordo<br />

con piacere le paterne cure <strong>di</strong> Vostra Eccellenza a nostro riguardo, perché <strong>di</strong>venissimo<br />

degni missionari, tutto zelo per la gloria <strong>di</strong> Dio e la salvezza delle anime, <strong>di</strong><br />

tante anime che dormono placidamente il sonno <strong>di</strong> morte. Solo un pensiero mi ferisce<br />

il cuore, ed è <strong>di</strong> non avere fatto <strong>di</strong> tutto, <strong>com</strong>e ero obbligato, per mettere in<br />

pratica i <strong>di</strong> Lei consigli; gliene chiedo umilmente perdono e L’assicuro, con<br />

l’aiuto della <strong>di</strong>vina grazia, che da qui innanzi mi farò stretto dovere <strong>di</strong> metterli rigorosamente<br />

in pratica». Vuole in<strong>com</strong>inciare una nuova vita, tutta secondo il Cuore<br />

Sacratissimo <strong>di</strong> Gesù.<br />

Partirono da Shanghai il lunedì 19 febbraio; viaggiarono per cinque giorni “sul<br />

bellissimo Fiume Azzurro», con un battello tedesco, Malle. Il padre <strong>Uccelli</strong> fa sapere<br />

a Melania che il Fiume Azzurro (Yangzi) è lungo 5018 chilometri (in realtà<br />

6300) e che è largo dai tre ai <strong>di</strong>eci chilometri. Padre Armelloni scrive: «Com’è<br />

bello il Fiume Azzurro che scende lento e maestoso al mare, fiancheggiato molte<br />

volte da incantevoli panorami!». 2<br />

Giunsero a Hankou, nella provincia del Hubei, il 24 febbraio, e furono ospiti<br />

----------------<br />

1 Lo stesso episo<strong>di</strong>o è narrato da: PELERZI Eugenio, in “Fede e Civiltà”, III(1906), pag. 25-27.<br />

Per altre lettere sul viaggio: PELERZI, in “Fede e Civiltà”, III(1906), pag. 42-45.<br />

2 ARMELLONI, in “Fede e Civiltà”, III(1906), pag. 61.<br />

55


dei Padri Francescani. Hankou era una città importante per il <strong>com</strong>mercio estero;<br />

oggi è inglobata nella megalopoli <strong>di</strong> Wuhan, circa 3 milioni <strong>di</strong> abitanti. Ancora<br />

neve e freddo.<br />

Qui i nostri missionari cambiarono i vestiti. Avevano notato con una certa perplessità<br />

la stranezza, per quei tempi, delle donne che vestivano con i calzoni e gli<br />

uomini con sottane lunghe fino ai pie<strong>di</strong>. I buoni frati francescani avevano fatto<br />

venire un sarto che misurava, adattava ecc. Il padre Pelerzi, che racconta il fatto,<br />

ci descrive <strong>Uccelli</strong> tutto imbarazzato: «Colle mani in mano, guardava e riguardava<br />

la veste che gli era destinata, e non l’avrebbe voluta indossare. Si schermiva, non<br />

la voleva, ma poi finì per <strong>com</strong>inciare la metamorfosi».<br />

Era inverno e le vesti erano imbottite. Poi le scarpe, il berretto e un gran surtout<br />

che il nostro autore non sa <strong>com</strong>e definire <strong>di</strong>versamente. 3 Di padre <strong>Uccelli</strong> ci<br />

resta una fotografia nel suo vestito cinese.<br />

A suo padre scrive da Hankou e <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> essersi già abituato a bere il tè e a mangiare<br />

il riso cinese, ma non parla della sua “trasformazione”; <strong>di</strong>ce invece che il<br />

tempo è pessimo e che c’è la neve, alta 15 centimetri. Dice anche <strong>di</strong> aver <strong>com</strong>inciato<br />

lo stu<strong>di</strong>o dei caratteri cinesi e ne manda un saggio ai suoi «con l’assoluta<br />

proibizione <strong>di</strong>… leggerli!».<br />

Per la prima volta, a Hankou, poterono visitare un orfanotrofio e un ospedale<br />

tenuto dalle suore. Le suore erano quin<strong>di</strong>ci o se<strong>di</strong>ci e avevano un migliaio <strong>di</strong> orfane.<br />

Sei bambine le avevano raccolte solo il giorno prima; talvolta le trovavano già<br />

<strong>di</strong>vorate dai cani. 4<br />

Qui avvenne un fatto da registrare, perché segna un nuovo corso nella missione<br />

<strong>di</strong> Cina. Fino a poco tempo prima, tutti i missionari si trovavano sotto il protettorato<br />

francese, per un accordo della S. Sede col governo <strong>di</strong> Francia e <strong>di</strong> questo con<br />

il governo della Cina. Non si era molto sod<strong>di</strong>sfatti <strong>di</strong> tale protettorato, perché era<br />

notoriamente legato a interessi politici. Nei primi anni del 1900 ci fu la rottura dei<br />

rapporti <strong>di</strong>plomatici tra la Francia e la Santa Sede, mentre si attenuava l’ostilità <strong>di</strong><br />

quest’ultima verso il governo italiano per l’occupazione dello Stato pontificio.<br />

Perciò si prospettava la possibilità <strong>di</strong> ottenere il protettorato dell’Italia.<br />

L’arcivescovo Conforti, già dal 5 maggio 1905, aveva iniziato approcci con la<br />

Santa Sede e con il Governo italiano per avere tale protettorato sulle missioni saveriane<br />

in Cina. La pratica arrivò a <strong>com</strong>pimento verso la fine <strong>di</strong> giugno 1906. Nel<br />

frattempo altri missionari avevano <strong>com</strong>inciato a valersi del passaporto italiano.<br />

A Hankou il padre Armelloni, capo della spe<strong>di</strong>zione, su istruzione del Conforti,<br />

si mise a contatto col console italiano e ottenne per sé e per i due <strong>com</strong>pagni il passaporto<br />

italiano. A padre <strong>Uccelli</strong> fu fatto un passaporto nuovo sulla parola del padre<br />

Armelloni. 5<br />

----------------<br />

3 PELERZI, in “Fede e Civiltà”, III(1906), pag. 73.<br />

4 PELERZI, Ivi, III(1906), pag. 73-74.<br />

5 GARBERO, I Missionari <strong>saveriani</strong> in Cina, pag. 67-70.<br />

56


I tre missionari lasciarono Hankou il 28 febbraio, <strong>di</strong>retti alla città <strong>di</strong> Xuzhou 6<br />

nel Henan. Padre <strong>Uccelli</strong> scrive che era in programma <strong>di</strong> andarvi in treno e che<br />

avrebbero impiegato un giorno e mezzo; ma, o perché partirono più tar<strong>di</strong> del previsto<br />

o perché la ferrovia a un solo binario obbligava a soste indeterminate, arrivarono<br />

a Xuchang il 4 marzo, non dopo un giorno e mezzo, ma dopo quattro.<br />

Xuchang era una citta<strong>di</strong>na sulla linea ferroviaria Pechino-Hankou, ed era nel<br />

territorio affidato ai Saveriani. Li stava ad attendere il padre Giovanni Bonar<strong>di</strong>, arrivato<br />

là cavalcando «un ronzino o un destriero, secondo se si giu<strong>di</strong>ca all’italiana<br />

o alla cinese». Così scrive padre Pelerzi. Si fermarono quattro giorni a Xuchang,<br />

in attesa dei bagagli, poi partirono per Xiangxian, dove li attendevano i padri Sartori<br />

e Brambilla, venuti dalle loro residenze. Non videro invece il padre Calza, che<br />

si trovava lontano, nella missione <strong>di</strong> Luyi-xian.<br />

Padre Pelerzi ci racconta l’accoglienza entusiasta dei cristiani, con lo sparo <strong>di</strong><br />

mortaretti; ci <strong>di</strong>ce anche che Xiangxian era «una bella città, ossia un ammasso <strong>di</strong><br />

capanne, vecchie e nuove, antiche e moderne. Per le strade c’era un odore particolare…».<br />

Pelerzi è il cronista, anche se non nominato ufficialmente. Il 18 marzo,<br />

vigilia <strong>di</strong> San Giuseppe, ci descrive i preparativi per adornare la chiesetta e far festa<br />

a San Giuseppe. Padre Armelloni è tutto indaffarato a piantar chio<strong>di</strong>, a tirar<br />

ten<strong>di</strong>ne, a stendere tappeti. E padre <strong>Uccelli</strong>? «Poveretto! — scrive Pelerzi — gli si<br />

è ammalato il catechista (che doveva fargli da maestro) ed egli lo cura con tutte le<br />

premure…». Aggiunge anche che <strong>Uccelli</strong> stu<strong>di</strong>a la lingua e aiuta in chiesa ed è<br />

«un vero lavoratore del Signore». Nella stessa lettera Pelerzi ci descrive un funerale<br />

e la visita a una pagoda. 7<br />

La de<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong> verso il suo catechista malato fece una certa meraviglia<br />

perché, secondo le usanze invalse anche presso i missionari, i servi e i catechisti<br />

venivano trattati con un certo <strong>di</strong>stacco. <strong>Uccelli</strong> si lasciò trasportare dal<br />

cuore e dal suo senso cristiano. Fu certo il primo atto <strong>di</strong> virtù che i cristiani <strong>di</strong><br />

Xiangxian ebbero da ammirare in quel giovane missionario.<br />

È significativo che la prima festa, celebrata in Cina da padre <strong>Uccelli</strong>, sia stata<br />

quella <strong>di</strong> san Giuseppe. Pochi giorni dopo, padre Pelerzi, il più intraprendente, ottenne<br />

<strong>di</strong> essere mandato, con un catechista, nel piccolo villaggio <strong>di</strong> Niuzhuang a<br />

pochi chilometri da Xuchang. Là vi era la possibilità <strong>di</strong> acquistare una certa estensione<br />

<strong>di</strong> terreno e fondarvi un’Azienda agricola modello, sulle orme del Solari, alla<br />

cui scuola il nostro si era preparato. 8 Gli altri due rimasero a Xiangxian con padre<br />

Bonar<strong>di</strong>.<br />

Intanto, alla fine <strong>di</strong> marzo, nel Henan, corse voce che fosse iniziata una rivolta.<br />

Il 31 marzo, un cristiano giunse alla missione <strong>di</strong>cendo che era scoppiata la rivoluzione<br />

e che i cristiani erano ricercati. Si parlava <strong>di</strong> migliaia <strong>di</strong> insorti che marciavano<br />

verso la città <strong>di</strong> Xuchang. La gente, presa dal panico, fuggiva dalla campa-<br />

----------------<br />

6 Xuzhou, in seguito fu declassata in Xuchang, perché non più capoluogo <strong>di</strong> provincia, e con<br />

questo nome la citiamo sempre. Prima era Hsu-chow e Hsuchang.<br />

7 PELERZI, in “Fede e Civiltà”, III(1906), pag. 62-63 e 74-77.<br />

8 PELERZI, Ivi III(1906), pag. 120-121; pag. 122-124; pag. 132-134.<br />

57


gna per rifugiarsi entro le mura <strong>di</strong> cui la città era circondata; gente su carri o a<br />

pie<strong>di</strong>, portando sulle spalle le poche cose essenziali.<br />

Ma ecco <strong>com</strong>e racconta l’avvenimento il padre <strong>Uccelli</strong> stesso, in una lettera a<br />

suo padre: «Desiderate sapere che cosa sia avvenuto ai <strong>di</strong>avoli europei in quei<br />

giorni <strong>di</strong> sollevazione? Eccovi, in due parole. Molte chiacchiere, maggiori timori e<br />

pochi fatti. Dico pochi fatti, ma quando si tratta della vita, <strong>di</strong> pochi o <strong>di</strong> molti e<br />

anche <strong>di</strong> uno solo, non è mai poca cosa».<br />

Dice poi che l’esercito «formato dai crudeli Boxer» era numerosissimo e che si<br />

ingrossava, man mano, reclutando per forza i conta<strong>di</strong>ni, e che una notte i missionari<br />

ebbero veramente paura, tanto che si confessarono l’un l’altro, e temettero<br />

che fosse giunta l’ultima ora. Avevano i soldati <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a alle porte, ma c’era poco<br />

da fidarsi: «Ma anche in Cina c’è il Signore, — continua padre <strong>Pietro</strong> —. Mi<br />

misi nelle sue paterne braccia e con una confidenza illimitata nel suo potente aiuto,<br />

passai bene anche quei giorni». Le cose, però, non erano andate così lisce <strong>com</strong>e<br />

il nostro le racconta a suo padre.<br />

Padre Bonar<strong>di</strong>, preoccupato per la situazione, decise <strong>di</strong> mettere al sicuro i giovani<br />

missionari, mandandoli a Nangyang, presso i Padri <strong>di</strong> Milano. Il 4 aprile partirono<br />

con una scorta <strong>di</strong> sei soldati e un caporale, gentilmente concessa dal mandarino<br />

locale. Impiegarono tre giorni <strong>di</strong> carro cinese a percorrere i circa 200 chilometri<br />

che li separavano ha Kinkiakan, la residenza dei Padri <strong>di</strong> Milano, nella periferia<br />

della città <strong>di</strong> Nanyang. Furono accolti con mille riguar<strong>di</strong>.<br />

Dopo qualche giorno, giunse una lettera del padre Calza che invitava <strong>Uccelli</strong> a<br />

raggiungerlo a Luyi-xian, <strong>di</strong>stante oltre 500 chilometri. Vi impiegò otto giorni,<br />

sempre col carro cinese, e arrivò con le ossa rotte, <strong>com</strong>e possiamo immaginare.<br />

Da là scrisse al Rettore della Casa <strong>di</strong> Parma, don Ormisda Pellegri, raccontando il<br />

seguito della paurosa avventura della rivoluzione dei… Boxer.<br />

Anzitutto non si trattava dei Boxer, <strong>com</strong>e avevano immaginato, dato i precedenti<br />

della persecuzione del 1900; si trattava, invece, <strong>di</strong> un avventuriero <strong>di</strong> circa<br />

40 anni, che si era arricchito con il <strong>com</strong>mercio e che, preso dall’ambizione, voleva<br />

ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong>ventare imperatore. Formò un primo gruppo <strong>di</strong> facinorosi con belle<br />

promesse, e poi <strong>com</strong>inciò a reclutare forzatamente i conta<strong>di</strong>ni. In breve tempo<br />

raccolse un esercito <strong>di</strong> oltre do<strong>di</strong>ci mila uomini. Pechino mandò loro contro un esercito<br />

regolare che li sbaragliò.<br />

Il <strong>di</strong>sgraziato capo si rifugiò a Luyi-xian, presso un amico, il quale lo tradì per<br />

guadagnare la taglia <strong>di</strong> 2400 once d’argento, promessa a chi lo avesse messo nelle<br />

mani dell’esercito.<br />

Altre lettere al padre, il 20 maggio e un’altra senza data, probabilmente del settembre;<br />

una lettera pure agli studenti <strong>di</strong> Parma e un paio a Melania. Racconta le<br />

sue prime impressioni. I cinesi non sono “feroci”, <strong>com</strong>e si <strong>di</strong>ceva, ma sono piuttosto<br />

timi<strong>di</strong>, <strong>com</strong>plimentosi e interessati; sono anche molto attivi (mai stanchi e<br />

sempre pronti ad ogni <strong>com</strong>ando) e, in fine, sono curiosi all’eccesso.<br />

Gli fa meraviglia il vedere gli uomini in sottana e le donne in calzoni. Queste<br />

specialmente gli fecero impressione, perché le donne indossavano una specie <strong>di</strong><br />

58


giubba che arrivava al ginocchio e due bragoni larghi che legavano al collo del<br />

piede. I pie<strong>di</strong> erano piccoli oltre ogni <strong>di</strong>re, e così deformati che facevano quasi ribrezzo.<br />

«A causa <strong>di</strong> questi pie<strong>di</strong> deformati, egli scrive, le donne camminano con<br />

<strong>di</strong>fficoltà, appoggiandosi ai muri e ai tavoli quando sono in casa, e servendosi del<br />

bastone quando vanno fuori. Cadono spesso, ma non si fanno male perché sono<br />

avvezze a questo gioco. Negli uomini fa impressione la treccia <strong>di</strong> capelli che portano<br />

sul capo, inestetica e molto s<strong>com</strong>oda». Qui in Italia era nota <strong>com</strong>e “il co<strong>di</strong>no”:<br />

una treccia che anche i missionari si adattavano a portare, prima posticcia,<br />

poi al naturale.<br />

Tralasciamo le considerazioni sulla lingua. Interessanti, invece, i sentimenti<br />

che padre <strong>Pietro</strong> esprime. Anzitutto, parla della Cina <strong>com</strong>e sua «nuova e <strong>di</strong>letta<br />

patria»; e poi <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> non saper esprimere a parole quanto si senta contento<br />

d’esservi venuto e quanta speranza abbia <strong>di</strong> procurare la salvezza <strong>di</strong> tante anime.<br />

«Sì, questa terra non è tutta seminata <strong>di</strong> fiori; ci sono tante spine, ma quando si<br />

tratta <strong>di</strong> strappare anime al demonio pare che anche le spine non pungano, e i <strong>di</strong>sagi<br />

e le privazioni non apportino dolore».<br />

Ai confratelli <strong>di</strong> Parma, scrive: «Non vi so esprimere a parole la gioia tutta celeste<br />

<strong>di</strong> cui è continuamente inondato il mio cuore, nel trovarmi in queste lontane<br />

contrade, sempre nell’occasione <strong>di</strong> strappare anime al demonio e confermare meglio<br />

nella fede coloro che l’hanno già abbracciata».<br />

Gli <strong>di</strong>spiace, invece, <strong>di</strong> non sapere ancora la lingua e non poter quin<strong>di</strong> fare tutto<br />

il bene che vorrebbe; supplisce con la preghiera.<br />

«Chi vive nei paesi ove la religione illumina le menti e accende i cuori, non<br />

può farsi l’idea del dolore che prova il missionario allorché, passando per una città<br />

<strong>di</strong> cento, cento e cinquanta, duecentomila abitanti, domanda: — Qui ci sono cristiani?<br />

— e gli si risponde: — No, neppure uno! — Credete che a queste risposte<br />

ho pianto più volte, e maggiormente mi sono prefissato <strong>di</strong> tutto soffrire per la<br />

conversione <strong>di</strong> questi poveri pagani».<br />

Luyi era un hsien (xian), termine che corrisponde a un nostro Comune <strong>di</strong> non<br />

grande entità. Comprendeva un paese quasi tutto cristiano e aveva poco lontano<br />

altri due villaggi nei quali i cristiani erano molti. Era stato fondato dai gesuiti nel<br />

1704 e santificato dalla presenza <strong>di</strong> san Gabriele Perboyre, missionario lazzarista,<br />

martire del 1840. Era quin<strong>di</strong> un paese cristiano da generazioni. Di caratteristico<br />

c’era la scuola per catechisti, che preparava anche alcune catechiste per le donne.<br />

Lo meravigliò vedere gli uomini e le donne così separati, da avere perfino due<br />

chiese <strong>di</strong>verse. O meglio, la chiesa era fatta a elle: nella navata centrale, più grande,<br />

stavano gli uomini, <strong>di</strong> fronte all’altare; nell’altra navata stavano le donne che<br />

vedevano l’altare <strong>di</strong> lato. Le preghiere non erano recitate, ma cantate. Cominciavano<br />

tre quarti d’ora prima della Messa e continuavano anche dopo. Alle domeniche<br />

la chiesa si riempiva, tanto che a padre <strong>Uccelli</strong> sembrava <strong>di</strong> essere a Reggio<br />

Emilia.<br />

«Sono tutti vecchi cristiani — scrive al padre — e hanno una fede viva che si<br />

riconosce dalle loro opere. Sono molto obbe<strong>di</strong>enti al Padre».<br />

59


Dopo qualche mese, scrive <strong>di</strong> aver fatto la prima pre<strong>di</strong>ca nel giorno<br />

dell’Assunta, 15 agosto, e <strong>di</strong> aver anche confessato 48 persone (ma vi aveva impiegato<br />

tutto il giorno, fino alle nove <strong>di</strong> sera!). Aveva stu<strong>di</strong>ato con tutto l’ardore<br />

possibile, ogni giorno, e persino alla domenica stava per ore a tavolino per mettere<br />

qualche parola nel magazzino della sua memoria.<br />

Dopo la partenza <strong>di</strong> padre Calza per Xiangxian, rimase solo per qualche tempo,<br />

e alla domenica doveva celebrare due messe, in paesi <strong>di</strong>versi. «Sono solo in questa<br />

estesissima cristianità e sono continuamente in giro per confessare malati, per<br />

portare il viatico, per cresimare bambini e adulti, gravemente infermi e per altre<br />

opere <strong>di</strong> ministero».<br />

Ai primi <strong>di</strong> ottobre padre <strong>Uccelli</strong> era ancora a Luyi-xian; ma il 15 del mese, lo<br />

troviamo già a Xiangxian. 9 Da qui venne mandato, per un mese, a tenere <strong>com</strong>pagnia<br />

al padre Sartori, non sappiamo se a Lushan o altrove. Con quel Padre, <strong>Uccelli</strong><br />

si trovò a <strong>di</strong>sagio, perché lo intratteneva continuamente con progetti e proposte sul<br />

futuro della missione, e al giovane missionario non restava tempo per stu<strong>di</strong>are la<br />

lingua o per occuparsi in altra maniera. 10 In seguito, fu mandato solo nella piccola<br />

cristianità <strong>di</strong> Baichuan.<br />

----------------<br />

9 PELERZI, in “Fede e Civiltà”, III(1906), pag. 169; pag. 188.<br />

10 TEODORI, Missioni in Cina e legislazione saveriana, Città del Vaticano, Libreria E<strong>di</strong>trice<br />

Vaticana, 1995, pag. 331. [FCT 14]<br />

60


Cenni storici<br />

L’IMPERO CINESE E IL CRISTIANESIMO<br />

Intratteniamoci un poco su quel paese misterioso, <strong>di</strong> antichissima civiltà, che è<br />

la Cina.<br />

Si ritiene che la prima <strong>di</strong>nastia, ricordata dagli storici cinesi, la <strong>di</strong>nastia Xia, si<br />

sia sviluppata dal 2500 a.C. nella zona <strong>di</strong> Luoyang, nell’attuale provincia del Henan.<br />

Essa fa parte più della preistoria che della storia, Così è della <strong>di</strong>nastia Shang<br />

(ca. 1750-1100 a.C.), anche questa limitata alla zona settentrionale del Henan. Più<br />

nota la <strong>di</strong>nastia Zhou (1100-221 a.C.), durante la quale visse Confucio (551-479<br />

a.C.), <strong>uomo</strong> <strong>di</strong> Stato e filosofo moralista, la cui influenza è durata per secoli. Solo<br />

verso la fine del 3° secolo avanti Cristo, i vari Stati in cui era <strong>di</strong>viso il territorio,<br />

vennero unificati dall’imperatore Shi Huang<strong>di</strong> della <strong>di</strong>nastia Qin (221-207 a.C.).<br />

Varie <strong>di</strong>nastie si succedettero lungo i secoli, alcune effimere, altre gloriose. Ricor<strong>di</strong>amo<br />

la <strong>di</strong>nastia Han (206 a.C-220 d.C.) e quella Tang (618-907 d.C.) per il<br />

loro contributo alla sviluppo del progresso in ogni campo. I cinesi, infatti, lungo i<br />

secoli, coltivarono scienze e arti; crearono la carta e scoprirono la polvere da sparo;<br />

le sete cinesi furono famose in tutto il mondo. Fin dall’antichità coltivarono<br />

l’astronomia e la matematica, mentre l’arte si andò gradatamente raffinando, producendo<br />

ceramiche e porcellane, pitture, sculture e architettura.<br />

Durante la <strong>di</strong>nastia Tang, si ebbero i primi contatti del mondo cristiano con la<br />

Cina, a opera <strong>di</strong> alcuni monaci cristiani, provenienti dalla Siria.<br />

Nel 1200 Marco Polo, veneziano, visse per vari anni in Cina, favorito da Kubilai<br />

Khan, della <strong>di</strong>nastia mongola degli Yuan (1279-1368) che si era impossessata<br />

della Cina verso la fine del 1200. La <strong>di</strong>nastia cinese dei Ming (1368-1644) subentrata<br />

ai mongoli, chiuse il territorio ad ogni influsso straniero.<br />

Nella seconda metà del secolo XIX, <strong>com</strong>inciarono rapporti <strong>com</strong>merciali con la<br />

Compagnia Inglese delle In<strong>di</strong>e; ma avendo questa <strong>com</strong>inciato a importare oppio in<br />

gran<strong>di</strong> quantità, la Cina ne fu allarmata e cercò <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>rlo. Da qui la Guerra<br />

dell’oppio (1840-1844) e i conseguenti Trattati, imposti dalla Gran Bretagna e<br />

dalle altre nazioni occidentali. La Cina dovette cedere l’isola <strong>di</strong> Hongkong e fu<br />

obbligata ad aprire <strong>com</strong>mercio estero alcuni porti.<br />

In seguito, anche altre nazioni europee pretesero territori e privilegi. Il popolo<br />

cinese sopportò con amarezza tali imposizioni. Il colmo dell’umiliazione giunse<br />

con la sconfitta, a opera del Giappone nel 1895, che portò alla cessione della<br />

grande isola <strong>di</strong> Taiwan e della penisola <strong>di</strong> Liaodong in Manciuria.<br />

In seguito a queste <strong>di</strong>savventure, si creò un movimento per portare la Cina<br />

61


all’altezza delle nazioni moderne. Il giovane imperatore Guangxu, <strong>di</strong> appena 23<br />

anni, promulgò nel 1898 alcuni decreti che favorivano le riforme; ma una congiura<br />

<strong>di</strong> palazzo riportò al potere l’imperatrice-vedova Cixi. L’imperatore fu estromesso<br />

e praticamente tenuto prigioniero in uno dei palazzi della zona imperiale<br />

fino alla morte, avvenuta nel 1908. La Cina ricadde nell’immobilità precedente.<br />

In reazione alla penetrazione europea e alle imposizioni dei trattati ineguali, nel<br />

1900 scoppiò l’insurrezione dei Boxer, <strong>di</strong>retta a cacciare gli stranieri. Le nazioni<br />

europee reagirono con ferocia e imposero pesanti pagamenti, in risarcimento dei<br />

danni arrecati agli e<strong>di</strong>fici delle Legazioni straniere e alle Missioni.<br />

In seguito, nel primo Novecento, sorsero in Cina numerosi movimenti rivoluzionari,<br />

tra cui l’Associazione per la rigenerazione della Cina, <strong>di</strong>retta da Sun Yatsen,<br />

un intellettuale cantonese, che guiderà la rivolta contro la <strong>di</strong>nastia mancese e<br />

darà inizio alla Repubblica nel 1911.<br />

Padre <strong>Pietro</strong> <strong>Uccelli</strong> sarà testimone <strong>di</strong> questi ultimi avvenimenti.<br />

Il cristianesimo in Cina<br />

Il primo contatto del Cristianesimo con la Cina avvenne nel secolo VII, con<br />

l’entrata dei monaci cristiani, <strong>di</strong> cui si è parlato più sopra. Erano <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione nestoriana<br />

e introdussero il cristianesimo, traducendo libri e pre<strong>di</strong>cando il Vangelo.<br />

Furono favoriti dall’imperatore dell’epoca, ma dopo un paio <strong>di</strong> secoli, il movimento<br />

cristiano venne meno.<br />

Nel secolo XIV, sotto la <strong>di</strong>nastia mongola degli Yuan, entrò a Kambalik —<br />

l’attuale Pechino — il francescano Giovanni da Monte Corvino, che ne <strong>di</strong>venne il<br />

primo vescovo. Dopo <strong>di</strong> lui altri francescani furono in Cina, per brevi perio<strong>di</strong>, ma<br />

del loro lavoro apostolico, svolto specialmente tra la popolazione mongola, non<br />

rimasero tracce.<br />

Durante la <strong>di</strong>nastia Ming, due missionari italiani, i gesuiti Michele Ruggeri e<br />

Matteo Ricci, nel 1582 ottennero il permesso <strong>di</strong> risiedere in territorio cinese. Nel<br />

1600 Ricci riuscì a stabilirsi a Pechino. Dopo <strong>di</strong> allora, vari gesuiti furono accolti,<br />

in veste <strong>di</strong> scienziati, mentre altri — anche <strong>di</strong> vari Or<strong>di</strong>ni religiosi — poterono<br />

pre<strong>di</strong>care la fede.<br />

Verso la metà del secolo XVIII il cristianesimo fu deligittimato e i pochi missionari<br />

presenti, entrati nella clandestinità, pagarono a volte con la vita il loro zelo<br />

apostolico.<br />

Solo nella seconda metà del secolo XIX, in seguito ai cosiddetti Trattati ineguali,<br />

i missionari poterono <strong>di</strong>ffondere liberamente la religione. Molti missionari,<br />

cattolici e protestanti, entrarono allora in Cina e vi svolsero un apostolato fecondo.<br />

La Francia si era assunta il protettorato dei missionari cattolici e aveva ottenuto<br />

per essi molti privilegi che favorirono la <strong>di</strong>ffusione della fede, ma contribuirono<br />

anche a creare nell’opinione pubblica l’idea che i missionari facessero parte del<br />

potere politico. Di qui ostilità e persecuzioni.<br />

Nel 1900 l’insurrezione dei Boxer, nel suo accanimento xenofobo, infierì anche<br />

62


contro i missionari stranieri e contro gli stessi cinesi, convertiti al cristianesimo.<br />

I due primi missionari <strong>saveriani</strong>, padre Caio Rastelli e il <strong>di</strong>acono Odoardo Manini,<br />

si trovarono coinvolti nella persecuzione dei boxer, che <strong>di</strong>strusse la missione<br />

dello Shanxi settentrionale, dove essi si trovavano. A stento poterono salvarsi con<br />

la fuga, mentre i due vescovi francescani, tre missionari, sette suore e vari seminaristi<br />

e cristiani furono uccisi. Dopo il 1900, i missionari ripresero le loro attività,<br />

non ostacolati dal governo imperiale,né da quello repubblicano.<br />

Quanto al metodo, i protestanti si <strong>di</strong>stinsero per un approccio culturale che avrebbe<br />

dato frutti a più lunga <strong>di</strong>stanza, creando scuole, università e <strong>di</strong>ffondendo la<br />

cultura occidentale; i cattolici, pur non trascurando opere culturali, si de<strong>di</strong>carono<br />

piuttosto alle opere benefiche e all’apostolato <strong>di</strong>retto.<br />

All’inizio del secolo XX, i cattolici in Cina erano 720.540, mentre i protestanti<br />

erano 85.000. Le ragioni <strong>di</strong> un maggior numero <strong>di</strong> conversioni da parte dei cattolici<br />

è da attribuire, per buona parte, al fatto che i missionari cattolici lavoravano<br />

tra la gente del popolo, influenzata dal buddhismo ami<strong>di</strong>sta che si attendeva la<br />

salvezza da un Essere superiore, Amida, ed era più facilmente <strong>di</strong>sposta a riconoscere<br />

in Gesù Cristo l’atteso Salvatore.<br />

Al sorgere della Repubblica, negli anni 1911-12, i protestanti avevano triplicato<br />

il loro numero, giungendo a circa 230.000 cristiani, ma il numero <strong>com</strong>plessivo<br />

dei cattolici raggiungeva già la cifra <strong>di</strong> 1.400.000.<br />

La Provincia del Henan<br />

La provincia del Henan si trova al centro della Cina. Il nome significa “A sud<br />

del Fiume Giallo”. Attualmente ha un’area <strong>di</strong> 167.000 kmq.; con una popolazione<br />

<strong>di</strong> circa 60 milioni <strong>di</strong> abitanti, è tra le province più popolate della Cina. All’epoca<br />

della nostra storia, ne contava circa 25 milioni.<br />

Storicamente ebbe una grande importanza nei perio<strong>di</strong> Zhou (771-221 a.C.) e<br />

Han (206 a.C.-220 d.C.), durante i quali Luoyang fu capitale dell’impero. Kaifeng<br />

<strong>di</strong>venne capitale nel secolo X sotto la <strong>di</strong>nastia Song (960-1127 d.C.). La Repubblica<br />

Popolare, entrata al potere nel 1949, elevò a capitale Zhengzhou (Chengchow),<br />

all’incrocio delle principali linee ferroviarie Pechino-Hankou e Shanghai-<br />

Lanchow). Conta attualmente oltre due milioni <strong>di</strong> abitanti.<br />

L’evangelizzazione del Henan <strong>com</strong>inciò nei primi decenni del 1600 per opera<br />

dei gesuiti che vi si recarono saltuariamente e vi fondarono alcune cristianità. Dopo<br />

la soppressione della Compagnia <strong>di</strong> Gesù (1773), i Lazzaristi <strong>di</strong> san Vincenzo<br />

de Paoli, presero il posto dei Gesuiti in vari <strong>di</strong>stretti . Subentrarono anche nel Henan<br />

e, non potendo agire liberamente, continuarono l’assistenza dei cristiani in<br />

forma clandestina. I nomi più illustri <strong>di</strong> questo periodo furono il Beato Francesco<br />

Regis Clet, ucciso nel 1820 dopo 39 anni <strong>di</strong> apostolato, e san Gabriele Perboyre,<br />

martire nel 1840.<br />

Nel 1844, la Santa Sede eresse la provincia del Henan in Vicariato apostolico,<br />

63


affidandola ai Lazzaristi francesi. Nel 1869 il Vicariato passò ai missionari <strong>di</strong> San<br />

Calogero <strong>di</strong> Milano. Mons. Simone Volonteri fu nominato Vicario apostolico nel<br />

1873; qualche anno dopo, egli propose la <strong>di</strong>visione della missione, creando un Vicariato<br />

al <strong>di</strong> là del Huang he ( Fiume Giallo) nel Henan settentrionale, che fu affidato<br />

a mons. Scarsella, dello stesso Istituto. Tuttavia il Vicariato del Henan Meri<strong>di</strong>onale<br />

risultava ancora troppo esteso per essere gestito dal piccolo gruppo dei<br />

Missionari <strong>di</strong> Milano.<br />

I Saveriani nel Henan<br />

Dopo che si era chiusa l’esperienza dello Shanxi per la morte del padre Caio<br />

Rastelli e il ritorno in patria <strong>di</strong> Odoardo Manini, mons. Conforti — <strong>com</strong>e si è visto<br />

— aveva ottenuto <strong>di</strong> inviare quattro suoi giovani missionari nella provincia del<br />

Henan, alle <strong>di</strong>pendenze <strong>di</strong> mons. Simone Volontari. I primi quattro <strong>saveriani</strong> furono<br />

i padri Luigi Calza, Giovanni Bonar<strong>di</strong>, Antonio Sartori e Giuseppe Brambilla.<br />

Erano partiti da Parma nel marzo 1904.<br />

Dopo qualche mese <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o della lingua, padre Luigi Calza, che <strong>di</strong>rigeva il<br />

piccolo gruppo, e il padre Brambilla furono mandati al nord, nella piccola città <strong>di</strong><br />

Xiangxian (Hsiang-hsien) — 20.000 abitanti circa — che doveva <strong>di</strong>venire il centro<br />

della loro futura missione. Vi arrivarono il 23 o 24 giugno 1904. Vi trovarono<br />

soltanto una residenza con tre piccole stanze per i Padri, e altre case, ancora più<br />

piccole, per i catechisti. Una più larga costruzione serviva da scuola; la chiesa era<br />

piccola, ma sufficiente per i pochi cristiani <strong>di</strong> allora. 1<br />

Ai Saveriani era stata assegnata la zona impervia del nord-ovest, quasi senza<br />

cristiani. Fu specialmente il padre Cattaneo, succeduto <strong>com</strong>e Vicario apostolico a<br />

mons. Volonteri, ad assegnare ai Saveriani anche la cristianità <strong>di</strong> Xuchang, sulla<br />

linea ferroviaria Pechino-Han-kou, con un certo numero <strong>di</strong> cristiani. Fece invece<br />

problema l’assegnazione <strong>di</strong> tre sottoprefetture, a ovest della ferrovia, che geograficamente<br />

facevano parte della zona affidata ai Saveriani, ma che politicamente<br />

erano subalterne della prefettura <strong>di</strong> Kaifeng. In fine trionfò la carità fraterna e il<br />

buon senso.<br />

Il 15 maggio 1906 Propaganda Fide pubblicava il Decreto <strong>di</strong> <strong>di</strong>visione del Vicariato<br />

e costituiva la Prefettura apostolica del Henan occidentale, nominando prefetto<br />

il padre Calza. I cristiani sparsi per il vasto <strong>di</strong>stretto affidato all’Istituto <strong>di</strong><br />

Parma erano circa 800. I Saveriani, specialmente nelle campagne, si trovarono a<br />

lavorare tra gente naturalmente buona e <strong>di</strong>sposta al cristianesimo.<br />

----------------<br />

1 TEODORI, Missioni in Cina e legislazione saveriana, pag. 137-138 [FCT 14]; Parma<br />

nell’Estremo Oriente, [numero unico], Parma, ISME, 21 aprile 1912, pag. 26.<br />

64


BAICHUAN – IL PRIMO AMORE<br />

(1906-1907)<br />

Il 5 <strong>di</strong>cembre 1906, padre <strong>Uccelli</strong> scrive da Xiangxian una lettera a mons. Conforti<br />

per ringraziarlo delle «carissime Sue che conservo e rileggo sempre con piacere<br />

e vantaggio». Purtroppo queste «carissime» lettere non ci sono più. La vita<br />

avventurosa <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong> in Cina, i cambiamenti <strong>di</strong> residenza, hanno fatto perdere<br />

quello che il nostro considerava un tesoro a cui ritornare spesso per piacere e<br />

vantaggio. L’unica lettera, ricevuta in Cina e conservata, è del 31 agosto 1918,<br />

quasi alla vigilia del suo richiamo in Italia.<br />

Nella lettera a Conforti, <strong>Uccelli</strong> promette <strong>di</strong> scrivergli più a lungo, dalla sua<br />

«cara residenza <strong>di</strong> Baichuan (leggi:Peciuang)»: forse vi si era già trasferito<br />

dall’inizio <strong>di</strong> <strong>di</strong>cembre o forse ad<strong>di</strong>rittura in novembre. Baichuan era un paesino a<br />

pochi chilometri da Xiangxian. ‘Pe’ significa bianco, e ‘chuang’ è villaggio. Otto<br />

anni prima non c’era nemmeno un cristiano. Nel 1898 erano stati battezzati i primi<br />

do<strong>di</strong>ci cristiani. Apostolo era stato un fumatore d’oppio che aveva avuto contatto<br />

con mons. Simone Volonteri a Nanyang — 200 chilometri <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza — e ne aveva<br />

ricevuto un’impressione incancellabile; tanto che tornato al villaggio non faceva<br />

che magnificare la bontà e la cortesia del missionario da lui incontrato. Egli<br />

si rivolse poi al padre Colombo, residente a Xiangxian, e <strong>com</strong>inciarono così le<br />

conversioni.<br />

Nel 1905 vi avevano lavorato i padri Calza e Bonar<strong>di</strong> e i cristiani erano cresciuti<br />

<strong>di</strong> una trentina. Ora toccava a padre <strong>Uccelli</strong>. Naturalmente aveva un catechista<br />

che l’aiutava; ma bisognava pensare anche alle donne, che — secondo l’antico<br />

costume cinese — non potevano essere avvicinate <strong>di</strong>rettamente dal catechista o<br />

dal Missionario. <strong>Uccelli</strong> fece venire una catechista da Luyi, dove ce n’erano varie.<br />

Scrisse a suo padre il 1° gennaio 1907, <strong>di</strong>cendo che <strong>di</strong> salute stava bene, ma<br />

che c’era un freddo eccessivo. Cercava <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendersi <strong>com</strong>e poteva, proteggendo i<br />

pie<strong>di</strong> con due calze europee corte e due lunghe; al <strong>di</strong> sopra <strong>di</strong> queste, indossava altre<br />

due calze cinesi <strong>di</strong> tela, imbottite <strong>di</strong> bambagia. Le scarpe erano pure <strong>di</strong> tela,<br />

con suole alte due <strong>di</strong>ta, anch’esse imbottite. Mutande lunghe europee e calzoni cinesi<br />

imbottiti. «I calzoni si tirano su fino alle ascelle — scrive — e si legano, perché<br />

bottoni non ce ne sono neanche a pagarli. Al <strong>di</strong> sopra <strong>di</strong> tutto una specie <strong>di</strong> tonaca,<br />

anche questa imbottita, abbottonata al lato destro e tenuta aderente al corpo<br />

da una fascia. Dopo la veste, il panciotto». Fa sapere che i cinesi hanno anche una<br />

vesticciola per le orecchie: due cuori <strong>di</strong> tela con cui le coprono. Chi sa <strong>com</strong>e lo<br />

avranno immaginato i parenti con tutte quelle imbottite addosso!<br />

Racconta poi che, quel giorno, 1° gennaio, erano arrivati alcuni cristiani da un<br />

65


paese <strong>di</strong>stante venti chilometri e gli avevano portato in dono mezzo maiale, alcune<br />

galline e molti dolci. Ci fa così sapere che la sua “parrocchia” — chiamiamola così<br />

— non si limita al paesello, ma si estende a destra e a sinistra, <strong>com</strong>prendendo<br />

un territorio esteso <strong>com</strong>e Parma, Reggio e Modena insieme: non ha quin<strong>di</strong> tempo<br />

<strong>di</strong>… star fermo. La sua residenza è piccola, ma in <strong>com</strong>penso vi sono molti cristiani<br />

— molti nel confronto <strong>di</strong> tanti luoghi dove non ce n’è nessuno.<br />

«Sono tutti buoni e fervorosi; amano il Padre con tutto il cuore, e solo che il<br />

Padre parli, sono pronti a obbe<strong>di</strong>rgli». Diceva che i cristiani erano un centinaio,<br />

con i <strong>di</strong>eci che aveva battezzato a Natale. Altri sette-otto li avrebbe battezzati per<br />

l’Epifania. Il suo primo battesimo però, lo aveva amministrato quand’era a Luyi<br />

ed era un <strong>uomo</strong> <strong>di</strong> 40 anni a cui aveva posto il nome <strong>di</strong> Battista, <strong>com</strong>e suo padre.<br />

Il 13 febbraio padre Pelerzi scrive una lettera a Parma, raccontando <strong>com</strong>e i<br />

missionari hanno passato il Capodanno cinese. Si tenga presente che si tratta<br />

dell’anno lunare. Per i cinesi, nel 1907, l’anno vecchio terminava il 13 febbraio e<br />

l’anno nuovo iniziava il 14; ma anche i giorni che seguivano erano giorni <strong>di</strong> festa<br />

e <strong>di</strong> baldorie. I Padri <strong>saveriani</strong> — li chiameremo così, anche se questo nome si è<br />

<strong>com</strong>inciato a usare solo molti anni dopo — erano riuniti tutti nella residenza <strong>di</strong><br />

Xiangxian e avevano approfittato <strong>di</strong> quel tempo <strong>di</strong> festa, per fare insieme un corso<br />

<strong>di</strong> esercizi spirituali. Erano in sette: il Prefetto apostolico padre Calza, i primi tre<br />

suoi <strong>com</strong>pagni e i tre ultimi arrivati.<br />

Dopo <strong>di</strong> aver descritto le feste <strong>di</strong> capodanno, padre Pelerzi, cronista ufficiale, ci<br />

fa sapere <strong>di</strong> essere uscito con padre <strong>Uccelli</strong> per una passeggiata lungo le mura della<br />

città. Fatta un po’ <strong>di</strong> strada sentirono un grande abbaiare. Si avvicinarono e videro<br />

un branco <strong>di</strong> cani che si contendevano il corpicciolo <strong>di</strong> un bambino. Al loro<br />

arrivo i cani fuggirono, portandosi via i resti <strong>di</strong> quel cadaverino <strong>di</strong>laniato. Padre<br />

<strong>Uccelli</strong>, impressionato dal macabro spettacolo, chiese a un passante che cosa fosse<br />

successo. Quegli spiegò che i bambini morti venivano gettati via, e in<strong>di</strong>cò una<br />

fossa lungo la mura dove si vedevano alcuni involti <strong>di</strong> stracci. Disse poi che, a<br />

volte, venivano gettati via anche i bambini appena nati, che non si volevano allevare.<br />

Spesso si trattava <strong>di</strong> bambine che per la famiglia erano considerate un peso.<br />

Era la piaga dell’infantici<strong>di</strong>o; non si sa se in questi costumi avesse più peso la miseria<br />

o la superstizione. I due Padri se ne tornarono tristi alla loro casa.<br />

Un’altra occasione per incontrarsi tutti si ebbe il 13-17 marzo. Erano arrivati<br />

dall’Italia altri due confratelli, i padri Disma Guareschi e Vincenzo Dagnino, tutti<br />

e due parmigiani. Il primo era entrato nell’Istituto nell’estate del 1905 a 24 anni,<br />

dal seminario <strong>di</strong> Parma; il secondo, padre Vincenzo, era entrato da ragazzo in<br />

Borgo Leon d’Oro fin dal 1896 ed era cresciuto, si può <strong>di</strong>re, sotto gli occhi del<br />

Fondatore. Erano stati consacrati preti insieme il 22 settembre 1906 ed erano partiti<br />

per la Cina quattro mesi dopo, il 25 gennaio 1907.<br />

Il Prefetto apostolico, padre Luigi Calza, era andato a incontrarli fino ad Hankou<br />

e insieme erano saliti in treno la mattina del 12 marzo <strong>di</strong>retti al nord, verso la<br />

missione. Probabilmente era un <strong>di</strong>retto o <strong>di</strong>rettissimo che non faceva fermate interme<strong>di</strong>e;<br />

il treno fece sosta a Zhengzhou e <strong>di</strong> là dovettero ritornare verso il sud,<br />

66


fino a Xuchang, una stazione secondaria dove i nostri li attendevano. A <strong>di</strong>fferenza<br />

dei tre precedenti, che nel 1906 avevano impiegato quattro giorni ad arrivare a<br />

Xuchang, essi percorsero in un giorno solo i quasi 700 chilometri che separavano<br />

Hankou da Zhengzhou. Guareschi <strong>di</strong>ce che il treno, a Zhengzhou, «si fermò a pernottare»:<br />

si vede che per i primi missionari «i pernottamenti» del treno furono più<br />

<strong>di</strong> uno.<br />

Arrivarono a Xuchang alle 9.30 del giorno 13, dopo tre ore e mezza <strong>di</strong> treno da<br />

Zhengzhou. Non trovarono alla stazione ad accoglierli il padre Giuseppe Brambilla,<br />

incaricato <strong>di</strong> quella cristianità, perché il messaggio del Prefetto da Hankou non<br />

era arrivato in tempo. Andarono <strong>di</strong>rettamente alla residenza e si fermarono tre<br />

giorni, in attesa dei bagagli. Intanto giunse padre Pelerzi a cavallo da Niuzhuang,<br />

inzaccherato dalla testa ai pie<strong>di</strong>, e solo più tar<strong>di</strong> arrivarono <strong>Uccelli</strong> e Armelloni da<br />

Xiangxian, su un carro cinese trainato da buoi.<br />

Si ritrovarono tutti a Niuzhuang la mattina del 17 e partirono in… processione<br />

verso Xiangxian: davanti il Prefetto apostolico che, data la sua <strong>di</strong>gnità, procedeva<br />

in portantina, sostenuta da quattro uomini e scortata da quattro soldati; seguivano<br />

Brambilla e Dagnino su un carro, fornito dal Mandarino <strong>di</strong> Xuchang, <strong>Uccelli</strong> e<br />

Armelloni sul loro carro. A quattro chilometri da Xiangxian vennero incontro i<br />

padri Bonar<strong>di</strong> e Sartori su un altro carro, con la scorta <strong>di</strong> quattro soldati. All’arrivo<br />

a Xiangxian, tre spari <strong>di</strong> cannone e centinaia <strong>di</strong> spari <strong>di</strong> mortaretti accolsero la<br />

portantina e i tre carri con i loro illustri personaggi. Tra suoni <strong>di</strong> pive cinesi e <strong>di</strong><br />

tam tam passarono in mezzo a una folla <strong>di</strong> gente e si <strong>di</strong>ressero alla chiesa dove<br />

cantarono un solenne Te Deum.<br />

Fece molta impressione ai nuovi venuti la solennità con cui viaggiava il Prefetto<br />

apostolico, il padre Luigi Calza: la portantina, la scorta <strong>di</strong> soldati e le prostrazioni<br />

che i cristiani facevano tre volte fino a toccare terra, perché era il capo della<br />

Chiesa cattolica che i cristiani chiamavano già “Vescovo”, anche se non lo era ancora.<br />

Sembrava tutto esagerato, ma era un retaggio dei tempi passati, quando la<br />

Francia aveva imposto certi obblighi al governo cinese e per conseguenza ai missionari.<br />

Per questo, Mons. Conforti, nella circolare che inviò in Cina con l’ultima<br />

spe<strong>di</strong>zione del 25 gennaio 1907, rac<strong>com</strong>andava ai suoi missionari <strong>di</strong> adattarsi alle<br />

costumanze cinesi, ma con un certo buon senso, e non a quelle «che rispondono<br />

troppo a vedute umane e non sono conformi alle norme date da Cristo ai suoi apostoli,<br />

i quali hanno conquistato il mondo per mezzo dell’umiltà, della povertà e,<br />

specialmente, <strong>di</strong> quella carità che tutto tollera, tutto sostiene, a tutto si rende superiore,<br />

<strong>di</strong> tutto sempre trionfa». 1<br />

Intanto — pur non volendo affrettare troppo i tempi — mons. Conforti aveva<br />

mandato loro delle biciclette, un mezzo <strong>di</strong> lo<strong>com</strong>ozione più modesto, per quando<br />

non fossero più obbligati a farsi trasportare in portantina o sui carri dei Mandarini.<br />

Si noti che ai quei tempi, in Italia era proibito ai preti <strong>di</strong> usare la bicicletta, <strong>com</strong>e<br />

lesiva del decoro clericale.<br />

Il 10 luglio, <strong>Uccelli</strong> scrisse un’altra lettera al suo buon vecchietto. «Ora il caldo<br />

----------------<br />

1 TEODORI, Lettere a mons. Luigi Calza s.x. pag. 281.<br />

67


è “eccessivo”. Le vesti sono leggere: una veste bianca, molto sottile; i cinesi poi<br />

vanno mezzo nu<strong>di</strong> e i bambini fino ai <strong>di</strong>eci o do<strong>di</strong>ci anni vanno nu<strong>di</strong> <strong>com</strong>pletamente».<br />

In una lettera seguente scriveva che il termometro segnava 40 gra<strong>di</strong> all’ombra,<br />

e che <strong>di</strong> notte egli dormiva all’aperto, nel cortile <strong>di</strong> casa, perché dentro non si poteva<br />

respirare. Nessuno <strong>di</strong> notte dorme in casa. Se poi nel colmo della notte <strong>com</strong>incia<br />

a piovere è un fuggi fuggi generale, tra un baccano in<strong>di</strong>avolato.<br />

Parla anche dei fumatori d’oppio, un peccato assai <strong>di</strong>ffuso in Cina e ritenuto<br />

grave dalla Chiesa. Non c’è però la bestemmia: «Che vergogna per i popoli cristiani<br />

dell’Europa che hanno il bene infinitamente grande <strong>di</strong> conoscere il vero<br />

Dio, eppure lo vilipendono così orribilmente con gran<strong>di</strong> bestemmie; qui dove il<br />

vero Dio non è conosciuto né adorato, ma solo si crede a <strong>di</strong>vinità false e bugiarde,<br />

mai e poi mai, neppure i piccoli, si abbandonano a ingiurie verso i loro idoli <strong>di</strong><br />

fango».<br />

Un altro fatto gli suggerisce una riflessione sui cristiani d’Europa: lo spettacolo<br />

delle processioni per ottenere la pioggia. Tutto il popolo, mandarini in capo, in abiti<br />

<strong>di</strong> penitenza, alcuni con la canga al collo, altri tirati con catene, altri che si foravano<br />

la lingua, le labbra, le braccia… E ciò per trenta e più giorni… La canga<br />

era una grossa tavola con un buco in mezzo per infilarvi la testa, ed era usata per i<br />

criminali, per esporli al lu<strong>di</strong>brio del popolo. Padre <strong>Pietro</strong> continuava:<br />

«Trovatemi un solo paese in Italia il quale abbia la contentezza <strong>di</strong> continuare,<br />

per un mese intero, a fare processioni a questo o a quel santuario per impetrare dal<br />

Signore qualche beneficio […]. Vedete dunque che la Cina pagana ha delle belle<br />

lezioni da dare all’Europa cattolica!».<br />

Alla fine <strong>di</strong> agosto scrive anche al Fondatore, facendo le solite scuse per non<br />

avere scritto e ripetendo i soliti propositi… Elogio dell’estate, perché con i suoi 40<br />

gra<strong>di</strong> all’ombra fa bere molto tè bollente, così si suda e si espellono dal corpo<br />

quegli umori eterogenei che mai non mancano e si entra poi nell’autunno pieni <strong>di</strong><br />

salute e <strong>di</strong> vigoria. Queste riflessioni ci fanno pensare che il nostro padre <strong>Pietro</strong><br />

stia assimilando l’antica saggezza cinese: c’è però un cenno tutto cristiano, cioè<br />

un «provvidenzialmente», collocato al <strong>di</strong> sopra <strong>di</strong> questi fatti.<br />

Notizie dei confratelli, tutte su sua misura: «Godo <strong>di</strong>re a Vostra Eccellenza<br />

Ill.ma e Rev.ma che noi tutti, all’unisono, lavoriamo per strappare moltissime anime<br />

al demonio e per allargare il regno del Signore, fondandolo sulle rovine <strong>di</strong><br />

quello <strong>di</strong> Satana. I cristiani vedendo quanto facciamo per loro, <strong>di</strong>ventano sempre<br />

migliori <strong>di</strong> giorno in giorno, e i pagani, ai quali è ormai noto che non siamo <strong>di</strong>avoli<br />

ma gente che desidera solo il loro vero bene, ben numerosi domandano <strong>di</strong> essere<br />

ammessi nell’albo dei catecumeni».<br />

Una famiglia <strong>di</strong> ben 43 persone ha chiesto <strong>di</strong> iniziare il catecumenato. È una<br />

famiglia che gode molta buona fama; gli uomini sono tutti letterati e il loro esempio<br />

non mancherà <strong>di</strong> attirare altri «Pensi, Vostra Eccellenza, che gioia <strong>di</strong> para<strong>di</strong>so<br />

ho io provato nel momento in cui facevo così bell’acquisto».<br />

Ma… C’è un ma. Il campo affidato ai Missionari <strong>saveriani</strong> è molto vasto e ci<br />

68


sono centri più importanti <strong>di</strong> quel paesetto <strong>di</strong> campagna. Il Prefetto apostolico ha,<br />

per così <strong>di</strong>re, messo una pulce nell’orecchio al nostro apostolo, per cui già al 10<br />

luglio scriveva a suo padre: «Fra poco dovrò lasciare questa cristianità che amo <strong>di</strong><br />

cuore nel Signore, perché corrisponde davvero alle mie povere premure. Essi lo<br />

sanno che devo presto lasciarli e sono sempre a pregarmi che non li abbandoni,<br />

che non li lasci. Io rispondo sempre che mi <strong>di</strong>spiace moltissimo, ma che debbo<br />

obbe<strong>di</strong>re al Vescovo. Essi, perché non parta, si sono accordati <strong>di</strong> recarsi in buon<br />

numero dal Vescovo, al fine <strong>di</strong> ottenere che non mi rimuova. Non riusciranno a<br />

nulla, ma io li lascio fare».<br />

Veramente si trattava del Prefetto apostolico, ma la <strong>di</strong>citura “Vescovo” era più<br />

<strong>com</strong>prensibile ai suoi cristiani e anche a suo padre.<br />

La lettera del 15 ottobre, a suo padre annuncia già la partenza: sarà trasferito<br />

«in una grossissima città, chiamata Zhengzhou (leggi Cianciao), dove ci sono tante<br />

cose europee, tra cui anche la strada ferrata con una bella stazione.<br />

Lascio questa cristianità, ma se sapeste <strong>com</strong>e mi rincresce! Dopo quasi un anno<br />

che sono in mezzo a questi cristiani, e dopo <strong>di</strong> averli conosciuti tutti e <strong>di</strong> aver fatto<br />

quel poco che ho potuto, sia moralmente per le anime, sia materialmente per le case<br />

e la chiesina, mi tocca lasciar tutto e tutti, per fare l’obbe<strong>di</strong>enza».<br />

Il numero unico Parma nell’Estremo oriente del 1912 ci fa sapere che padre<br />

<strong>Uccelli</strong> a Baichuang <strong>com</strong>prò una casa vicino alla chiesa, e in quella istituì la scuola<br />

femminile, <strong>di</strong>retta da una maestra <strong>di</strong> Luyi-xian. Pare che questa sia stata la prima<br />

scuola femminile, fondata nella Prefettura e che abbia preceduto quella stessa<br />

costruita a Xiangxian. Dice, inoltre, che il registro dei battezzati contava 110 nomi:<br />

una messe assai abbondante per la Cina <strong>di</strong> allora.<br />

«Se rincresce a me lasciare i miei cristiani, non pensate che non rincresca anche<br />

a loro <strong>di</strong> lasciare me. Per darvene un’idea, <strong>di</strong>rò solo che pochi giorni or sono<br />

una trentina <strong>di</strong> donne stettero fuori della porta della mia residenza quattro ore precise,<br />

sempre in ginocchio a pregare il Padre Prefetto a volermi lasciare qui. Gli<br />

uomini fecero quasi lo stesso, <strong>di</strong> modo che io, che dovrei già essere a Zhengzhou,<br />

mi trovo ancora qui e vi dovrò rimanere ancora per un po’».<br />

Anche a costo <strong>di</strong> qualche ripetizione ci pare opportuno riportare qui quanto<br />

scriveva in proposito alla Melania, manifestando ancora più esplicitamente i suoi<br />

sentimenti:<br />

«Domani mattina, giorno <strong>di</strong> San Martino (11 novembre), lascio per sempre<br />

questa mia <strong>di</strong>letta cristianità, ove ho provato consolazioni tali da non poter esprimere<br />

a parole. Se sapesse <strong>com</strong>e devo penare per lasciare questi miei buoni e fervorosi<br />

cristiani! Ella certo <strong>di</strong>rebbe che palpitano <strong>di</strong> tenero e santo affetto per chi,<br />

stando in mezzo a loro, tutto ha procurato <strong>di</strong> fare per il bene delle loro anime.<br />

Dirò in breve. Le donne sono state fuori della porta, inginocchiate al sole ardente<br />

per lo spazio <strong>di</strong> quattro ore <strong>di</strong> seguito, pregando sempre con belle e anche<br />

<strong>com</strong>moventi parole il rev.mo Padre Prefetto, che si trovava da me in visita, perché<br />

non mi traslocasse, ma mi lasciasse in mezzo a loro per tutta la vita. Questo avveniva<br />

un mese fa, ed ora, dovendo partire, devo farlo in sor<strong>di</strong>na, cioè preparare tut-<br />

69


to questa notte, e domani mattina, poco dopo mezzanotte, celebrare la santa Messa,<br />

in<strong>di</strong> inforcare un cavallino e partire, mentre tutti giacciono nel più profondo riposo.<br />

Vorrei sentirli poi a fare i <strong>com</strong>menti, ma…<br />

Pazienza! Che parta è volontà <strong>di</strong> Dio e quin<strong>di</strong> anche mia, poiché non voglio,<br />

no, resistere alla volontà del Signore che ora mi chiama in una vastissima missione<br />

per aprirvi una cristianità. Ove sto per andare non vi è mai stato il missionario<br />

e per conseguenza non c’è neppure un battezzato. Pensi un po’ <strong>com</strong>e il mio cuore<br />

si possa trovare fra le strette del timore e dell’amore, cioè del timore <strong>di</strong> non riuscire<br />

a innalzare il vessillo della salvezza, e l’amore che mi sprona ad andarvi per far<br />

conoscere e amare Gesù Cristo a quei popoli che fino ad ora non hanno adorato<br />

che le false <strong>di</strong>vinità.<br />

La missione che sto per prendere, la consacro al Sacro Cuore <strong>di</strong> Gesù e a Maria<br />

Immacolata, per ottenere così più facilmente conversioni moltissime e sincere».<br />

Nell’ultima lettera scritta al padre da Baichuan, padre <strong>Pietro</strong> mostra un particolare<br />

interesse per l’Italia. Si vede che nella missione giungono giornali italiani ed<br />

egli vi apprende i trionfi del socialismo: «Ma non temete — scrive —, la Chiesa è<br />

una barca che ha per Pilota il Signore, e per quanto terribile si scateni la tempesta<br />

non si sommergerà giammai». Chiede il foglio dell’Azione Cattolica e avendo<br />

sentito che verrà pubblicato Il Mulo, in contrapposizione a L’Asino (anticlericale,<br />

stampato a Parma), chiede che gliene man<strong>di</strong>no il primo numero.<br />

70


PIONIERE A ZHENGZHOU<br />

(1907-1909)<br />

Zhengzhou è una città al sud del Fiume Giallo. Nei primi anni del 1900 era una<br />

prefettura <strong>di</strong> secondo grado, ma costituiva già un grande centro <strong>di</strong> industria e<br />

<strong>com</strong>mercio all’incrocio delle principali ferrovie della Cina, la Pechino-Hankou e<br />

Shanghai-Lanchow. Negli anni 1906-1910, oltre ai <strong>com</strong>mercianti cinesi, erano<br />

presenti anche numerosi europei con le loro famiglie, soprattutto per la sovrintendenza<br />

alle ferrovie.<br />

L’inizio del cristianesimo a Zhengzhou risale al 1904, quando, con l’impianto<br />

della ferrovia, alcuni <strong>com</strong>mercianti cinesi della cristianità <strong>di</strong> Zheng<strong>di</strong>ng, vi si stabilirono<br />

e per primi fecero conoscere a qualche amico la loro fede. Verso la fine<br />

del 1906 il saveriano padre Brambilla, faceva una visita a Zhengzhou, vi acquistava<br />

una casa e vi poneva un catechista. Erano i primi approcci.<br />

L’11 o 12 novembre 1907 vi arrivava il padre <strong>Uccelli</strong>. Il suo cavallino lo aveva<br />

lasciato in una delle residenze dove era passato, a Xiangxian o più probabilmente<br />

a Xuchang, dove aveva preso il treno.<br />

<strong>Uccelli</strong> andò a Zhengzhou con un certa trepidazione perché pensava <strong>di</strong> trovarvi<br />

<strong>com</strong>o<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> vita più che in altre città, ma non vi avrebbe trovato cristiani: «Non<br />

c’è neppure un cristiano battezzato!». «Non sarebbe meglio — egli scrive — che<br />

non ci fosse altro che erba da mangiare e acqua da bere, ma che i cristiani fossero<br />

moltissimi? Sapere che non ci sono cristiani e conoscere per esperienza quanto sia<br />

<strong>di</strong>fficile farne, credete che è un pensiero che lacera il cuore». E qui padre <strong>Pietro</strong><br />

non può a meno <strong>di</strong> rivolgersi ai familiari e chiedere la loro collaborazione: «Anche<br />

voi dovete prendere parte alla mia missione; anche voi dovete aiutarmi con le<br />

vostre orazioni, perché possa riuscire, con la grazia del Signore, a salvare un numero<br />

immenso <strong>di</strong> anime. Non <strong>di</strong>menticate <strong>di</strong> pregare lo Spirito Santo perché mi illumini<br />

e mi faccia conoscere quali siano i mezzi più adatti per ottenere copiosi<br />

frutti spirituali».<br />

Questo, prima <strong>di</strong> arrivare a Zhengzhou. Arrivato, fu tanto occupato da non avere<br />

più tempo <strong>di</strong> scrivere; eppure con i suoi aveva scherzato sulla sua corrispondenza,<br />

<strong>com</strong>e se fosse destinata a riempire chi sa quanti scaffali.<br />

La prima lettera fu alla Melania, alla quale si sentiva legato per debito <strong>di</strong> amicizia<br />

e <strong>di</strong> riconoscenza, ma gliela scrisse spinto più dallo zelo <strong>di</strong> <strong>com</strong>unicarle buoni<br />

pensieri <strong>di</strong> vita spirituale, che per mandare notizie. Tuttavia, qualche nota autobiografica<br />

gli è sfuggita. Scrive: «Ac<strong>com</strong>pagnato da un freddo in<strong>di</strong>cibile, arrivai<br />

alla mia nuova destinazione non troppo allegro e contento; ma appena giunto alla<br />

stazione, vedendo i miei pochi ma ottimi cristiani, che erano venuti a incontrarmi<br />

71


e a farmi festa, la noia e i <strong>di</strong>sturbi del viaggio sparirono <strong>com</strong>e nebbia al vento e<br />

subito la gioia più pura si impossessò del mio cuore».<br />

In città non trovò nemmeno un cristiano; nei <strong>di</strong>ntorni ce n’era qualcuno, ma<br />

non superavano la quin<strong>di</strong>cina. «E noti bene — soggiunge — che ho la cura non <strong>di</strong><br />

una sola città, ma <strong>di</strong> quattro e tutte popolatissime». Quali fossero quelle città, non<br />

si può <strong>di</strong>re con precisione, ma nel numero unico per mons. Calza ci viene detto<br />

che egli fondò la fiorente cristianità <strong>di</strong> Hochuang (Houzhuang), <strong>di</strong> Shuanghuaishu<br />

— due villaggi — e altre, nelle sottoprefetture <strong>di</strong> Seisui hsien, Yungyang hsien,<br />

Shince hsien. Le ultime tre sono riscontrabili sulla carta geografica, perché sede <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>stretto (xian), e sono le tre città <strong>di</strong> cui egli scrive, oltre Zhengzhou.<br />

I cristiani, venuti dalla campagna, non sapendo quando il Padre sarebbe arrivato,<br />

da otto giorni l’attendevano, abitando nella casa della missione. Due volte al<br />

giorno si recavano alla stazione, in attesa del treno dal sud.<br />

Quando <strong>Uccelli</strong> entrò nella casetta — tutta alla cinese — la trovò spoglia, letteralmente<br />

senza nulla. I cristiani, vista la sorpresa del Padre, si fecero in quattro e<br />

andarono a prendere in prestito, chi una se<strong>di</strong>a, chi un tavolo e chi un letto <strong>di</strong> bambù.<br />

Pensarono anche al tè e gli procurarono una teiera e una tazza Ormai poteva<br />

considerarsi un vero signore! Si mise a ringraziare quei buoni cristiani i quali non<br />

facevano altro che ripetere: «Non siamo degni! Non siamo degni!».<br />

Il mattino seguente, celebrò la prima Messa su un altarino fatto <strong>di</strong>… miseria<br />

(sic), ma unita a decenza e nitidezza, usando il calice e i paramenti che si era portato<br />

con sé e che erano dono <strong>di</strong> Melania e <strong>di</strong> alcuni sacerdoti reggiani.<br />

Nel corso della lettera, <strong>di</strong>ce che a Zhengzhou vi erano moltissimi europei «che<br />

per il povero missionario sono un vero impe<strong>di</strong>mento alla propagazione dei santi<br />

principi della dottrina del Signore (naturalmente per il loro <strong>com</strong>portamento). Ci<br />

sono anche, tra i cinesi, molti protestanti che potrebbero forse passare al cattolicesimo»;<br />

perciò chiede a Melania che gli trovi e gli invii un libro che parli del protestantesimo.<br />

Chiede anche due annate del “Poliglotta” per la lingua inglese, perché<br />

oltre ai francesi ci sono molti stranieri <strong>di</strong> lingua inglese.<br />

E ora dovremo aspettare fino alla Pasqua, prima <strong>di</strong> vedere una nuova lettera,<br />

in<strong>di</strong>rizzata questa volta a suo padre, che l’avrà attesa con tanta ansia. Gli hanno<br />

scritto che il fratello minore, Fermo, è stato accolto in seminario, grazie ad aiuti <strong>di</strong><br />

buone persone. Ciò gli fa ricordare, sempre con tenerezza d’affetto e con vero<br />

piacere, il suo pre<strong>di</strong>letto seminario <strong>di</strong> Marola: «Oh, i belli e fortunati anni che vi<br />

ho passati, fuori dallo strepito del mondo insano, solo intento ad apprendere le lezioni<br />

<strong>di</strong> virtù che ci venivano date con intelletto d’amore dagli zelantissimi e chiarissimi<br />

professori, ai quali tutti mando per mezzo vostro riconoscenti ossequi e<br />

cor<strong>di</strong>ali saluti».<br />

Ha ricevuto “Il Mulo” che aveva chiesto, il quale è arrivato «senza ferri e senza<br />

sella», cioè tutto sgualcito. Dice <strong>di</strong> non mandarglielo più perché non vuole pesare<br />

sulla famiglia. Passa poi a parlare della sua missione: «Il giorno <strong>di</strong> Pasqua ho avuto<br />

una gran folla nella mia piccola, ma non <strong>di</strong>sadorna chiesa. Vi erano francesi,<br />

belgi, italiani, americani, e cinesi <strong>di</strong> Pechino, <strong>di</strong> Hankou e <strong>di</strong> Hongkong. I nostri<br />

72


italiani (manco a <strong>di</strong>rlo) sono i più pigri a venire alla chiesa e i più svelti a fare un<br />

po’ <strong>di</strong> sol<strong>di</strong>. I francesi e i belgi non mancano mai alla Messa della domenica, e poi<br />

si intrattengono un bel po’ con me, a parlare <strong>di</strong> cose riguardanti l’Europa in genere<br />

e l’Italia e la Francia in particolare».<br />

Parla poi dei suoi cinesi con i quali se la passa più che bene, perché lo obbe<strong>di</strong>scono<br />

docilmente, lo ascoltano dolcemente quando pre<strong>di</strong>ca, e se li sgrida, non<br />

terminano mai <strong>di</strong> fargli prostrazioni e chiedergli perdono.<br />

Con i pagani è un po’ <strong>di</strong>verso: tutto quieto quando il vento spira favorevole, ma<br />

quando fa tramontana, allora <strong>di</strong>ventano terribili, perché covano in cuore un o<strong>di</strong>o<br />

feroce verso il povero missionario. Il Mandarino della città, poi, è una vecchia<br />

volpe, promette mari e monti e poi non ti dà niente. «A sentirlo parlare sembrerebbe<br />

un Santo Padre… L’ultima volta che mi venne a trovare, mi <strong>di</strong>sse: “Io e il<br />

Padre dobbiamo vivere in armonia e così dare buon esempio ai cento cognomi<br />

(cioè al popolo dai nomi <strong>di</strong>versi). Quando il Padre ha qualche affare da mettere a<br />

posto, venga da me e ac<strong>com</strong>oderemo insieme ogni cosa. Se ha bisogno della portantina,<br />

basta che mi avvisi; anche i miei soldati sono a sua <strong>di</strong>sposizione per farle<br />

scorta… Io non sono degno <strong>di</strong> avere nella mia spregevole città il Padre, questo<br />

vecchio grande <strong>uomo</strong>…”. Belle parole che sarebbero anzi bellissime se rispondessero<br />

a verità».<br />

In una lettera del lunedì <strong>di</strong> Pasqua a Melania, <strong>com</strong>pleta le notizie, <strong>di</strong>cendo che<br />

la Messa fu cantata solennemente dai cristiani provenienti da Zheng<strong>di</strong>ng, cristiani<br />

vecchi e istruiti, che alla istruzione non <strong>com</strong>une aggiungono anche una pietà veramente<br />

soda. Ha ascoltato più <strong>di</strong> 90 confessioni e amministrato 60 <strong>com</strong>unioni:<br />

«Mi pareva proprio <strong>di</strong> essere a Garfagnolo, in uno <strong>di</strong> quei giorni sempre dolci da<br />

ricordare della chiusura della santa Missione».<br />

Un’ultima lettera al padre il 23 novembre <strong>di</strong> quell’anno. Sta bene e i cristiani<br />

crescono sempre, non in modo straor<strong>di</strong>nario, ma da accontentarsi. Ha aperto cristianità<br />

in tutte le città <strong>di</strong>pendenti da lui e presto andrà a visitarle e spera <strong>di</strong> battezzarvi<br />

vari catecumeni. Purtroppo la mancanza <strong>di</strong> risorse impe<strong>di</strong>sce un maggiore<br />

sviluppo: «Il più grande dolore che noi proviamo, è quello <strong>di</strong> non poter fare quanto<br />

ve<strong>di</strong>amo necessario alla conversione <strong>di</strong> questi poveri pagani».<br />

Ora si è messo a fare anche il me<strong>di</strong>co («me<strong>di</strong>co da strapazzo, s’intende»), ma è<br />

un mezzo per fare del bene. Dispensando qualche me<strong>di</strong>cina si può <strong>di</strong>re una buona<br />

parola, specialmente quando vengono per la seconda o terza volta. Molti si fanno<br />

cristiani subito, mentre altri si riservano <strong>di</strong> pensarci su. La sua farmacia consiste<br />

in 100 grammi <strong>di</strong> chinino, una trentina <strong>di</strong> pillole per tutti i mali, un piccolo rotolo<br />

<strong>di</strong> cerotto e un po’ d’acqua <strong>di</strong>sinfettante.<br />

E qui ci fermiamo per <strong>com</strong>pletare il quadro dell’annata con altre notizie.<br />

Anzitutto facciamo notare che l’anno 1908 è un anno <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> fermenti politici<br />

in Cina. Due correnti, tra<strong>di</strong>zionalista e progressista, si contendono il potere. Due<br />

personaggi emergono e formano la speranza del futuro. Uno è il generale Yuan<br />

Shikai, capo dell’esercito imperiale e Ministro degli Esteri; l’altro è il prof. Sun<br />

73


Yatsen, che sta promovendo una vera rivoluzione e si propone non solo<br />

l’ammodernamento della Cina, ma anche la cessazione della <strong>di</strong>nastia mancese e<br />

l’instaurazione della repubblica. Sono con lui tutti i giovani studenti, specialmente<br />

quelli che hanno stu<strong>di</strong>ato all’estero. Già si parla della soppressione del co<strong>di</strong>no <strong>di</strong><br />

capelli degli uomini e della costumanza del piede piccolo delle donne. I missionari<br />

sono in attesa ansiosa degli eventi. 1<br />

Ciò che fece traboccare il vaso fu la morte, quasi contemporanea,<br />

dell’imperatore Ganxu e dell’imperatrice reggente Cixi, avvenute nel novembre<br />

1908. Successore fu un bambino <strong>di</strong> tre anni, Puyi, sotto tutela del padre, il principe<br />

Chun. Ma l’<strong>uomo</strong> forte, che aveva in mano il potere reale, era il Ministro degli<br />

Esteri, Yuan Shikai. Ormai erano <strong>di</strong> fronte i due futuri protagonisti del futuro della<br />

Cina. 2<br />

Il generale Yuan Shikai, nel 1898, aveva organizzato nel Hebei, per conto della<br />

Reggente Cixi, un’armata moderna, ben attrezzata e <strong>di</strong>sciplinata, <strong>com</strong>posta <strong>di</strong> sei<br />

<strong>di</strong>visioni e denominata Beiyang. Era in fondo il suo esercito personale che egli, a<br />

un certo momento, userà contro i rivoluzionari, ma senza troppa energia, con la<br />

chiara visione che qualche cosa stava cambiando e che la situazione poteva volgere<br />

a suo vantaggio. Anche i governatori delle altre province, approfittando della<br />

debolezza del governo centrale, avevano armato ciascuno il proprio esercito.<br />

Riprenderemo il <strong>di</strong>scorso poco più avanti, quando la rivoluzione inizierà il suo<br />

corso travolgente; ora ritorniamo ai nostri.<br />

Degli ultimi venuti, padre Vincenzo Dagnino era il più intraprendente. Poco<br />

dopo l’arrivo, il 18 novembre 1907, scriveva al suo professore <strong>di</strong> fisica, mons.<br />

Antonio Caselli, <strong>di</strong> avere installato, con i pezzi da lui ricevuti in regalo, un telegrafo<br />

Marconi che trasmetteva da un luogo a un altro tra la meraviglia dei cinesi.<br />

Qualche mese dopo, il 14 gennaio 1908, scriveva al fratello Amatore, alla Casa<br />

Madre <strong>di</strong> Parma, <strong>di</strong> aver montato le biciclette che aveva portato a pezzi staccati, e<br />

che i Padri Bonar<strong>di</strong> e Pelerzi le avevano già fatte vedere in funzione ai cinesi che<br />

le ammiravano a bocca aperta. Aveva poi scritto lettere entusiaste alla sorella e al<br />

Rettore della Casa Madre e aveva tanti progetti per il suo apostolato futuro. Invece…<br />

Il 4 luglio un telegramma dalla Cina, firmato Bonar<strong>di</strong>-<strong>Uccelli</strong>, annunciava al<br />

Fondatore: «Dagnino morto vaiolo emorragico».<br />

Il 28 giugno, domenica, si era messo a letto che bruciava dalla febbre. Il 1° luglio<br />

lo trasportarono da Xiangxian a Zhengzhou, perché là c’era un me<strong>di</strong>co belga<br />

molto bravo. Diagnosi: vaiolo della peggiore specie. Il corpo era <strong>di</strong>venuto <strong>di</strong> color<br />

paonazzo e si era riempito <strong>di</strong> pustole nere.<br />

Padre <strong>Uccelli</strong> restò solo con Vincenzo, perché doveva <strong>com</strong>unicargli il suo grave<br />

stato; ma fu preso dal pianto e non riuscì a <strong>di</strong>r nulla. Uscì fuori e pregò padre<br />

----------------<br />

1<br />

BONARDI Giovanni, La Cina nuova e il patriottismo, in “Fede e Civiltà”, V(1908), pag. 70-<br />

72;e Tre partiti, pag. 100-103.<br />

2<br />

Lutto in Cina, in “Fede e Civiltà”, V(1908), pag. 162-164.<br />

74


Bonar<strong>di</strong> <strong>di</strong> parlare lui. Vincenzo gli chiese: Perché <strong>Uccelli</strong> piange? — Bonar<strong>di</strong> ha<br />

un nodo alla gola e piange anche lui. Vincenzo ha capito e <strong>di</strong>ce: «Sia fatta la volontà<br />

<strong>di</strong> Dio. Se è suonata la mia ora, an<strong>di</strong>amo pure».<br />

All’alba del 3 luglio, padre <strong>Uccelli</strong> gli portò il Viatico. Padre Vincenzo chiese<br />

perdono a tutti, se mai li avesse poco e<strong>di</strong>ficati con la sua vita. Poco dopo mezzanotte<br />

del 4 luglio, Vincenzo rese la sua bell’anima a Dio. Aveva 24 anni ed era in<br />

missione da soli 17 mesi.<br />

In una lettera a papà Battista, <strong>Uccelli</strong> scriveva: «Una morte così bella non l’ho<br />

mai veduta. …In mezzo a tanti dolori era sempre paziente, non si lamentava mai<br />

ed era rassegnatissimo alla volontà <strong>di</strong> Dio. In una parola vi <strong>di</strong>rò che visse <strong>com</strong>e un<br />

angelo e <strong>com</strong>e un angelo morì. Potessi imitarlo, nella vita <strong>com</strong>e nella morte!».<br />

L’anno 1908, funestato dall’immatura morte <strong>di</strong> padre Vincenzo Dagnino, ci<br />

porta, alla fine, una nota <strong>di</strong> consolazione: è il Resoconto spirituale dell’intera missione<br />

che padre Calza inviò al Fondatore. Va da 1° settembre 1907 al settembre<br />

dell’anno successivo.<br />

«Le confesso schiettamente — <strong>com</strong>incia la lettera del padre Calza — che il<br />

numero dei nuovi battezzati ha superato le nostre speranze: sono quasi mille i battesimi<br />

<strong>di</strong> adulti <strong>di</strong> questi due primi anni <strong>di</strong> vita della nostra missione».<br />

I cristiani erano 1.758 e i catecumeni ben 4.300. I missionari erano rimasti solo<br />

in otto, dopo la morte <strong>di</strong> padre Vincenzo; le suore cinesi erano solo tre, ma i catechisti<br />

erano 43 e le catechiste (per le donne) 8. Nella missione non esisteva ancora<br />

una chiesa che si potesse chiamare tale, ma solo 10 cappelle; si stava però costruendo<br />

una chiesa nell’importante centro <strong>di</strong> Xuchang, che, nel pensiero dei Padri<br />

più avveduti, doveva <strong>di</strong>venire il centro del futuro Vicariato.<br />

Più che la chiesa, il Prefetto si era preoccupato <strong>di</strong> aprire piccole scuole <strong>di</strong> alfabetizzazione<br />

e <strong>di</strong> catechismo in varie località; a Xuchang era stata istituita anche<br />

una scuola <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> classici. PADRE Pelerzi a Niuzhuang aveva iniziato la sua Colonia<br />

agricola.<br />

75


UN UOMO USCĺ A SEMINARE…<br />

(1909-1910)<br />

Il 12 giugno 1909 padre <strong>Uccelli</strong> prese il treno per Xuchang per incontrare i due<br />

nuovi missionari, i padri Francesco Pucci e Corrado Di Natale, giunti la sera prima<br />

da Hankou. Li aveva accolti alla stazione il padre Bonar<strong>di</strong>; a mezzanotte era<br />

giunto il padre Pelerzi, a cavallo, per salutarli.<br />

Dopo <strong>Uccelli</strong>, giunse anche Brambilla. Il padre Calza, Prefetto apostolico, non<br />

poté essere presente perché in visita nella lontana Luoyang, oltre i monti, con i<br />

padri Sartori e Armelloni. Erano andati là, per vedere la possibilità <strong>di</strong> fondarvi una<br />

missione.<br />

Il lunedì, i due nuovi si recarono a Niuzhuang da PADRE Pelerzi, ad ammirare<br />

le nuove costruzioni e la colonia agricola. Vi si fermarono due giorni e poi proseguirono<br />

in carro verso Xiangxian ac<strong>com</strong>pagnati dai padri <strong>Uccelli</strong> e Pelerzi. Vi<br />

giunsero alle 16.00 del giorno 17, dopo sei ore <strong>di</strong> viaggio. Vennero accolti in festa<br />

da padre Guareschi e dai cristiani.<br />

C’era un caldo spaventoso, più <strong>di</strong> 40° all’ombra. Le camerette al pian terreno<br />

erano calde <strong>com</strong>e forni; qualche Padre dormiva nel cortile, all’aperto. I nuovi venuti<br />

pensarono che la cameretta al primo piano fosse un po’ più arieggiata; perciò<br />

si misero col padre <strong>Uccelli</strong> a pulirla e a imbiancarla. Dopo due giorni era pronta,<br />

ma ahimè! quando si misero a letto scoprirono due scorpioni che passeggiavano<br />

sui muri; spente le candele, un pipistrello entrò ad esplorare e i nostri cercarono <strong>di</strong><br />

non badarci e dormire, ma altri guai li attendevano: i lettucci erano pieni <strong>di</strong> cimici…<br />

Un giorno, uscendo in campagna col padre <strong>Uccelli</strong>, videro due cadaverini avvolti<br />

nella paglia e gettati nel fosso. Un’altra volta videro, con raccapriccio, un<br />

condannato, chiuso in una gabbia <strong>di</strong> ferro e già morto. 1<br />

<strong>Uccelli</strong> si trattenne a Xiangxian per oltre un mese, perché si era al colmo del<br />

caldo e non era possibile, in tale periodo, lavorare tra i cristiani. Approfittò <strong>di</strong> quel<br />

tempo per insegnare a padre Di Natale i primi ru<strong>di</strong>menti della lingua cinese; pareva<br />

l’imparasse bene. Tra maestro e <strong>di</strong>scepolo nacque una vicendevole simpatia e il<br />

padre <strong>Uccelli</strong> progettava già <strong>di</strong> condurlo con sé a Zhengzhou e averlo <strong>com</strong>pagno<br />

<strong>di</strong> apostolato.<br />

In questo periodo <strong>di</strong> permanenza a Xiangxian, <strong>Uccelli</strong> trovò finalmente tempo<br />

<strong>di</strong> scrivere al suo vecchietto in Italia. Gli <strong>di</strong>sse che i suoi cristiani <strong>di</strong> Zhengzhou<br />

erano buoni e fervorosi, ma non tutti; alcuni non andavano più in chiesa. Non<br />

c’era che da pregare per loro, perché se usi le maniere brusche c’è pericolo che si<br />

----------------<br />

1 PUCCI Francesco Saverio, in “Fede e Civiltà”, VI(1909), pag. 104-106 e pag. 124-125.<br />

77


allontanino per sempre.<br />

Nell’ultimo anno, aveva battezzato 80 adulti. Non erano molti, ma in altre cristianità<br />

era peggio. In una missione, grande <strong>com</strong>e quella dei Saveriani, c’erano otto<br />

Padri, buoni e zelanti; ebbene, in un anno, avevano battezzato solo cinque adulti.<br />

Il fatto è che per un cinese convertirsi al cristianesimo è molto <strong>di</strong>fficile. Farsi<br />

cristiano vuol <strong>di</strong>re, in certi casi, avere tutti contro, <strong>com</strong>inciando dagli stessi genitori.<br />

Se poi capita qualche malanno in casa o a parenti, la colpa è sua, perché ha<br />

abbandonato gli dèi della famiglia.<br />

I cristiani sono anche o<strong>di</strong>ati perché non versano l’obolo per la recita delle<br />

<strong>com</strong>me<strong>di</strong>e, che sono immorali, infarcite <strong>di</strong> paganesimo, perciò proibite ad essi. Di<br />

più: è <strong>di</strong>ffusa la voce che i missionari cavino gli occhi ai bambini morti. Una falsità<br />

simile non poteva suggerirla che il demonio, per far o<strong>di</strong>are i missionari e tener<br />

lontani i cinesi dalla nostra fede. Nel paese <strong>di</strong> Hochuang, dove c’è il gruppo <strong>di</strong><br />

cristiani più fervorosi, il Padre fu chiamato per un’inferma, una vecchietta che dopo<br />

qualche giorno morì; ebbene, <strong>di</strong>ssero che il Padre le aveva cavato gli occhi per<br />

farne me<strong>di</strong>cine. Ma se era morta tre o quattro giorni dopo che il Padre l’aveva visitata,<br />

e quando è morta il Padre era lontano? Niente da fare! Le calunnie si fanno<br />

strada.<br />

Poco più <strong>di</strong> un mese dopo, una nuova lettera, per raccontare l’immatura morte<br />

<strong>di</strong> un altro missionario, Corrado Di Natale.<br />

Il 24 luglio, <strong>Uccelli</strong> aveva lasciato Xiangxian per tornare a Zhengzhou. Due<br />

giorni dopo, la terribile notizia: Di Natale è morto!<br />

Il padre Bonar<strong>di</strong> racconta: «Lunedì 26 luglio, al mattino, Di Natale accusò un<br />

po’ <strong>di</strong> malessere. A mezzogiorno bevve solo un po’ <strong>di</strong> brodo; alle 15 aveva 40,3<br />

gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> febbre. La sera, la febbre era sempre sopra i 40. Nella notte ebbe mal <strong>di</strong><br />

testa e convulsioni. La febbre salì a 43,5. Alle 22,32 spirò. I me<strong>di</strong>ci <strong>di</strong>agnosticarono:<br />

Febbre violenta, perniciosa, ipertermica… Praticamente: morto <strong>di</strong> febbre!». 2<br />

Il 9 agosto una nuova lettera a papà Battista che gli ha scritto <strong>di</strong> essere stato assunto<br />

a custode dell’Oratorio <strong>di</strong> San Giovanni in Cavriago. Il figlio ne è contento<br />

e gli dà alcuni suggerimenti: dare il buon esempio; essere premuroso nel tenere in<br />

or<strong>di</strong>ne l’oratorio; e, in fine, usare sempre grande carità e gentilezza con chi venisse<br />

all’oratorio, capitasse anche <strong>di</strong> notte… Termina chiedendo preghiere per sé e<br />

per i nuovi cristiani, «perché si rafforzino sempre più nella fede che hanno abbracciato,<br />

e per i pagani perché si apra la loro mente e si rammollisca il loro cuore…».<br />

In questo periodo scrive da Xiangxian una lettera a un imprecisato amico, al<br />

quale chiede <strong>di</strong> inviargli un giornale italiano. Di rimarchevole, in quella lettera,<br />

c’è l’in<strong>di</strong>cazione della <strong>di</strong>stanza da Zhengzhou a Xiangxian: 150 chilometri, dei<br />

quali 90 si fanno in treno e gli altri, alla meglio, in carro o a cavallo. Difficoltà<br />

delle conversioni, molte le defezioni dei catecumeni, mentre quelle dei battezzati<br />

----------------<br />

2 PUCCI Francesco Saverio, in “Fede e Civiltà”, VI(1909), pag. 116-117; GARBERO, I Missio-<br />

nari <strong>saveriani</strong> in Cina, p 118-123.<br />

78


sono rarissime. 3<br />

In settembre, una lettera al Rettore della Casa Madre: Zhengzhou è una città<br />

che, pur non essendo aperta al <strong>com</strong>mercio internazionale, conta molti europei, impiegati<br />

nei lavori ferroviari e alcuni con qualche piccolo negozio. Tra essi, il dr.<br />

Bukens che ha curato il povero padre Dagnino, e l’ingegner Hegendeifes, belga,<br />

che ha fatto i progetti e seguito i lavori della chiesa <strong>di</strong> padre Bonar<strong>di</strong> a Xuchang.<br />

Vengono spesso a intrattenersi col missionario ed è bello vedere che pur essendo<br />

<strong>di</strong> religioni <strong>di</strong>verse — cattolici, protestanti, ebrei — si trattano molto amichevolmente,<br />

prescindendo dalle loro fe<strong>di</strong> religiose».<br />

Dei suoi cristiani <strong>di</strong>ce: «Quando venni qui, vi trovai solo 10 cristiani con poche<br />

decine <strong>di</strong> catecumeni; ora i cristiani sono più <strong>di</strong> 200 e i catecumeni oltre i mille». 4<br />

Lo stesso padre Calza fa sapere che Padre <strong>Uccelli</strong>, oltre ad attendere ai cristiani<br />

e neofiti <strong>di</strong> Zhengzhou e delle tre sottoprefetture, ha cura anche dei molti europei,<br />

addetti alle ferrovie. 5<br />

Il 7 novembre <strong>Uccelli</strong> al Fondatore:<br />

«Oh, fossi capace <strong>di</strong> fare molto <strong>di</strong> più <strong>di</strong> quello che mi è dato <strong>di</strong> fare, per consolarLa<br />

non solo con le parole, ma anche colle opere. Ne sarei contento anch’io.<br />

Creda, Eccellenza, che quel che posso fare lo faccio, e non mi <strong>di</strong>spiace lavorare<br />

per il Signore e per le anime <strong>di</strong> questi poveri cinesi; ma non riesco a ottenere quei<br />

frutti che desidererei. Capisco che la vigna che mi è stata affidata è nuova affatto,<br />

e che questi popoli sono assai timorosi e, prima <strong>di</strong> entrare nella nostra religione,<br />

vogliono essere sicuri <strong>di</strong> non fare un passo sbagliato. Noi missionari abbiamo un<br />

bel <strong>di</strong>re e un bel pre<strong>di</strong>care ai pagani, ma essi vogliono vedere e toccare con mano<br />

e solo allora ci credono».<br />

Passa poi a raccontare un fatto tragico, avvenuto nel Henan settentrionale, a<br />

pochi chilometri da Zhengzhou. Un gruppo <strong>di</strong> facinorosi aveva assalito un missionario<br />

<strong>di</strong> Milano. Egli prima si era <strong>di</strong>feso sparando in aria, ma a un certo momento,<br />

nel terrore che l’aveva preso, sparò contro chi lo stava assalendo e lo uccise. Si ricorse<br />

ai tribunali ed egli venne assolto per legittima <strong>di</strong>fesa, ma il fatto ha lasciato<br />

una triste impressione. 6<br />

L’ultima lettera dell’anno è ai confratelli <strong>di</strong> Parma: Zhengzhou è una città <strong>di</strong><br />

<strong>com</strong>mercio, non facile alle conversioni; in <strong>com</strong>penso si fanno cristiani nella campagna<br />

e nelle città <strong>di</strong>pendenti dalla prefettura centrale. Quest’anno, 80 battesimi e<br />

una fila grande <strong>di</strong> catecumeni: «Pregate perché nessun catecumeno abbia a ritirarsi,<br />

ma tutti abbiano a stu<strong>di</strong>are, con <strong>di</strong>ligenza e umiltà, la santa dottrina e così degnamente<br />

prepararsi a ricevere il battesimo». 7<br />

In aprile padre <strong>Uccelli</strong> si era recato a Xiangxian a incontrare il Prefetto apostolico<br />

perché a Zhengzhou gli era stata offerta la gestione della Scuola professiona-<br />

----------------<br />

3 UCCELLI <strong>Pietro</strong>, in “Fede e Civiltà”, VI(1909), pag. 173-74.<br />

4 UCCELLI, Ivi, pag. 152-153.<br />

5 CALZA Luigi,,Ivi, pag. 164.<br />

6 TEODORI, Virtù e opere, 7.11.1909, pag. 70.<br />

7 UCCELLI, in “Fede e Civiltà”, VI(1909), pag. 185.<br />

79


le. Difficoltà <strong>di</strong> provvedere i professori, e insuperabile la questione economica;<br />

ma padre Bonar<strong>di</strong> che dà la notizia aggiunge: «Eppure, a costo <strong>di</strong> sacrifici, occorre<br />

non lasciar sfuggire una tale occasione». 8 Pare non se ne sia fatto nulla.<br />

L’anno 1910 <strong>com</strong>incia con una lettera <strong>di</strong> <strong>Uccelli</strong> agli studenti <strong>di</strong> Parma, da<br />

Xiangxian, dove i Padri sono radunati per il capodanno cinese che si celebra in<br />

febbraio. Chiede alcune cose, tra cui un <strong>com</strong>mento ai salmi, un manuale Berlitz<br />

per il francese e una boraccia da acqua per viaggio.<br />

A suo padre, invece, scrive una lettera il Lunedì Santo. Carestia in vista, timore<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni, pericoli per la vita. «Meglio sarebbe morir oggi che domani, perché<br />

la vita è una lotta e in un istante quel po’ che si è messo in serbo si può perdere».<br />

<strong>Uccelli</strong> scrive già in un clima che precede la rivoluzione. Nel vuoto <strong>di</strong> potere<br />

che era subentrato alla morte dell’Imperatrice reggente, i governatori delle varie<br />

province avevano preparato i loro eserciti per la lotta. Qua e là erano avvenute<br />

sommosse, con tinte anti-europee e anti-cristiane. La lettera <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong> allude<br />

a questa situazione. Scrive: «Questi benedetti cinesi <strong>di</strong>ventano ogni giorno più<br />

superbi e intrattabili. Si credono capaci <strong>di</strong> far tutto da loro e se la prendono con gli<br />

europei, <strong>di</strong>cendo, con la parola e con i fatti, “Andatevene”!<br />

Fin da questo momento vi <strong>di</strong>co che se qualcuno mi manda all’altro mondo,<br />

sappiate che gli perdono <strong>di</strong> gran cuore; non solo, ma desidero che gli sia perdonato<br />

anche dalla legge, e voi pure perdonate, per imitare nostro Signore Gesù Cristo<br />

che sull’atto <strong>di</strong> spirare perdonava e pregava per i suoi crocifissori.<br />

È vero che vi parlo <strong>com</strong>e se sentissi i rulli del tamburo guerriero e i forti colpi<br />

del cannone mici<strong>di</strong>ale; ma che volete? La fantasia non può sempre restare inerte; e<br />

se non lavora in Cina, dove volete che lavori? Il futuro non è nelle nostre mani e<br />

possiamo solo congetturarlo». 9<br />

Proprio in questi tempi era avvenuta l’uccisione a Luoyang <strong>di</strong> un buon vecchietto,<br />

che può essere considerato il primo martire della missione. Era catecumeno<br />

e già lo avevano minacciato alla fine dell’anno 1909 e trascinato in prigione<br />

con false accuse. Il padre Sartori era ricorso al Mandarino che lo aveva fatto liberare,<br />

ma, ai primi <strong>di</strong> maggio 1910, una decina <strong>di</strong> persone armate <strong>di</strong> bastoni e <strong>di</strong><br />

coltelli, lo assalì in casa, alla sera, mentre stava pregando con altri catecumeni. Il<br />

povero Ue Chaosen cercò <strong>di</strong> fuggire, passando a guado un torrentello, ma fu raggiunto<br />

e barbaramente ucciso. 10 Questi fatti non potevano non allarmare il nostro<br />

<strong>Uccelli</strong> e gli altri missionari.<br />

Verso la fine <strong>di</strong> ottobre, padre <strong>Uccelli</strong>, pregato dal Prefetto apostolico, intraprese<br />

un viaggio fino alla provincia dello Shaanxi, ad ac<strong>com</strong>pagnare un certo don<br />

Michele Pizio, inviato dall’Associazione Italiana per aiutare i Missionari italiani<br />

all’estero. Ne scriverà a Bonar<strong>di</strong> da Ku-lu-pa, centro della missione affidata<br />

all’Istituto dei SS. <strong>Pietro</strong> e Paolo <strong>di</strong> Roma, presso la città <strong>di</strong> Chenggu. Era Vicario<br />

apostolico mons. Pio Passerini. Padre <strong>Uccelli</strong> <strong>di</strong>ce mirabilia <strong>di</strong> quella missione:<br />

----------------<br />

8 BONARDI,in “Fede e Civiltà”, VI(1909), pag. 76.<br />

9 UCCELLI, Ivi, VII(1910), pag. 58-59.<br />

10 Parma nell’estremo Oriente, pag. 37-38.<br />

80


«Tutto bello, tutto ben tenuto, tutto <strong>com</strong>odo. Le chiese sono un gioiello e la cattedrale<br />

ha pure una cripta de<strong>di</strong>cata alla SS. Vergine». Fa anche capire <strong>di</strong> aver dovuto<br />

usare non poca pazienza con il personaggio che aveva dovuto ac<strong>com</strong>pagnare:<br />

Tanto è rimasto colpito della gran<strong>di</strong>osità della missione che ne scrive anche al<br />

Fondatore: «Pensi, Eccellenza, che nella residenza principale mangiano più <strong>di</strong><br />

mille persone. Altre 600 bambine e più sono affidate a famiglie; saranno portate<br />

alla Santa Infanzia quando <strong>di</strong>verranno gran<strong>di</strong>ne e vi rimarranno fino a che non andranno<br />

a marito. Le suore Canossiane vi fanno un mondo <strong>di</strong> bene, dando a quella<br />

numerosa famiglia uno stampo profondamente cristiano. Con la loro pazienza e<br />

abilità mandano in para<strong>di</strong>so un esercito <strong>di</strong> bambine e <strong>di</strong> vecchie. Quando potremo<br />

anche noi fare qualche cosa <strong>di</strong> simile?<br />

A vedere tante belle cose e tanto bene non creda, Eccellenza che mi sia avvilito;<br />

anzi mi si accendeva nel cuore una nuova fiamma <strong>di</strong> zelo e mi veniva spontaneo<br />

il proposito <strong>di</strong> adoperarmi in mille mo<strong>di</strong> per riuscire a strappare molte anime<br />

al demonio e allargare il Regno <strong>di</strong> Gesù Cristo. Conservo sempre nel cuore tale<br />

proposito e lo rinnovo ogni giorno».<br />

La regione dello Shaanxi era stata un centro importante dei cristiani nestoriani,<br />

che vi giunsero nel 636, <strong>com</strong>e ricorda una gran<strong>di</strong>osa Stele, conservata a Sian, allora<br />

capitale dell’impero.<br />

Poiché con questo viaggio, giorno più giorno meno, si chiude la permanenza<br />

del padre <strong>Uccelli</strong> a Zhengzhou, riportiamo qui il giu<strong>di</strong>zio su <strong>di</strong> lui scritto nel Numero<br />

Unico del 1912, più volte ricordato. Vi è scritto:<br />

«È per opera del padre <strong>Uccelli</strong>, stabilitosi in città nell’autunno (del 1907), che<br />

nuovi orizzonti <strong>di</strong> conquista si delineano e sono raggiunti, a poco a poco, dalla sua<br />

costanza virile e dal suo caldo amore per la redenzione degli infedeli.<br />

Egli intraprese un lavoro assiduo <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>cazione e beneficenza nella chiesa,<br />

nelle scuole, dovunque il bisogno richiedeva e reclamava il conforto della religione.<br />

Incontrò lungo il cammino <strong>di</strong>fficoltà e dolori, l’opposizione dei pagani,<br />

l’ipocrisia dei mandarini, che sotto il velo affascinante della parola, tendevano insi<strong>di</strong>e<br />

all’opera gloriosa <strong>di</strong> Cristo. Non si scoraggiò, ma con salda fermezza, con lo<br />

sguardo fisso al Redentore, continuò sciogliendo le anime dai ceppi <strong>di</strong> Satana, restituendole<br />

immacolate a Dio». 11<br />

Padre Zulian aggiunge: «Quando arrivai in Cina nel 1936, i suoi cristiani della<br />

missione a destra del Fiume Giallo mi <strong>di</strong>cevano che il Fong Shenfu (nome cinese<br />

<strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong>), pregava tanto, che teneva la corona in mano quando viaggiava<br />

in ricsciò o a cavallo o in bicicletta; sempre seminava nella ridente vallata del Henan<br />

numerose Avemarie, <strong>com</strong>e il seminatore sparge il seme <strong>di</strong> miglio sulla terra<br />

gialla». 12<br />

Rimase a Zhengzhou tre anni, fino al 1911, quando mons. Luigi Calza gli affidava,<br />

<strong>com</strong>e campo del suo zelo, la cristianità <strong>di</strong> Xuchang, rimasta vacante per il<br />

----------------<br />

11 Parma nell’Estremo Oriente, pag. 41.<br />

12 ZULIAN Ermanno, Gioia <strong>di</strong> fare il bene, Bologna, EMI, 1997 4 , pag. 19.<br />

81


ichiamo in Italia del padre Bonar<strong>di</strong>». 13<br />

----------------<br />

13 Parma nell’Estremo Oriente, pag. 41.<br />

82


MONS. LUIGI CALZA VICARIO APOSTOLICO<br />

(1911-1912)<br />

L’anno 1911 fu un anno drammatico per la Cina. Nel nord, in Manciuria, ai<br />

primi dell’anno, era scoppiata la peste che portò lutti e sgomento tra la popolazione.<br />

Padre Calza, recatosi a Pechino per affari della missione, per poco non veniva<br />

posto in quarantena nel Quartiere delle Legazioni.<br />

Missionari, suore, me<strong>di</strong>ci e infermieri europei e giapponesi, corsero a recare<br />

soccorsi, a prezzo, talvolta, della vita. Non altrettanto avvenne da parte dei cinesi;<br />

anzi, la superstizione e la paura rendevano più macabra la trage<strong>di</strong>a. Come da noi<br />

nel secolo XVII si parlò <strong>di</strong> “untori”, così in Cina si cercarono capri espiatori.<br />

Vennero accusati proprio gli stranieri che più si adoperavano a salvare le vite,<br />

<strong>com</strong>e se avessero avvelenato le acque per <strong>di</strong>ffondere la malattia. Primi nella lista<br />

furono i russi e i giapponesi; quest’ultimi — va detto a loro onore — erano stati i<br />

più solleciti a ingaggiare la lotta contro la malattia, anche perché l’epidemia era<br />

iniziata in Manciuria, dove il governo giapponese coltivava chiari interessi.<br />

Invece i cinesi proponevano rime<strong>di</strong> superstiziosi e ri<strong>di</strong>coli. Alle porte <strong>di</strong> una<br />

città apparve il seguente avviso per preservarsi dalla peste: «Prendere un pezzo <strong>di</strong><br />

osso <strong>di</strong> cavallo, involgerlo in un panno rosso, metterlo in un sacchetto da portare<br />

al fianco sinistro dagli uomini e al fianco destro dalle donne». Per fortuna il flagello<br />

durò poco.<br />

Ma altri guai attendevano l’infelice popolazione della Cina. Una tremenda carestia<br />

si manifestò in varie province, per cui la gente emigrava da un luogo<br />

all’altro, in cerca <strong>di</strong> cibo. La fame era spaventosa, tanto che si avverarono anche<br />

casi <strong>di</strong> antropofagia. I missionari si trovarono in gravi <strong>di</strong>fficoltà a mantenere il<br />

personale della missione e gli orfani; tanto meno erano in grado <strong>di</strong> far fronte alla<br />

miseria generale della popolazione. Aiuti provennero dalle nazioni occidentali, ma<br />

la <strong>di</strong>sorganizzazione e l’apatia rendevano problematica la <strong>di</strong>stribuzione. Si avverarono<br />

rapimenti <strong>di</strong> bambini, non si sa per quali foschi progetti; furono <strong>di</strong>ffuse le<br />

voci che fossero rivenduti agli europei, i quali li avrebbero messi nelle fondamenta<br />

dei ponti. Quando poi la siccità parve cessare, si ebbero terribili inondazioni. La<br />

rivista dei <strong>saveriani</strong> riporta spesso notizie della terribile calamità. 1<br />

L’8 febbraio erano partiti per l’Italia i padri Giovanni Bonar<strong>di</strong> e Antonio Sartori,<br />

richiesti dal Fondatore per essere rispettivamente rettore della Casa Madre e <strong>di</strong>-<br />

----------------<br />

1 CALZA, («Lettera al») Carissimo sig. Rettore, in “Fede e Civiltà”, VIII(1911), pag. 90; ID,<br />

(«Lettera al») Car.mo Padre Bonar<strong>di</strong>, in “Fede e Civiltà”, VIII(1911), pag. 107; ID, («Lettera al»)<br />

Carissimo Sig. Rettore, in “Fede e Civiltà”, VIII(1911), pag. 121-122.<br />

83


ettore spirituale degli alunni. La loro partenza aveva creato un grande vuoto nella<br />

missione e anche padre <strong>Uccelli</strong> ne aveva provato vivo <strong>di</strong>spiacere, tanto più che era<br />

stato chiamato a succedere al padre Bonar<strong>di</strong> nella missione <strong>di</strong> Xuchang.<br />

All’11 maggio, scrive una lettera a quest’ultimo, in Italia, ringraziandolo<br />

dell’accoglienza fatta a suo padre, quando questi si era recato a Parma a sentire<br />

notizie del figlio. Gli parla in maniera un po’ scherzosa della peste, che è passata<br />

anche nel Henan, ma ha colpito solo due o tre cinesi. Si sofferma poi a raccontare<br />

quanto un vecchio me<strong>di</strong>co-catechista battezzatore aveva detto proprio sul padre<br />

Bonar<strong>di</strong>, partito qualche mese prima: «Il Padre non può <strong>di</strong>menticare noi, <strong>com</strong>e noi<br />

non possiamo <strong>di</strong>menticare i nostri figli. Anzi, possiamo essere sicuri che il Padre<br />

si <strong>di</strong>menticherà magari <strong>di</strong> mangiare e <strong>di</strong> bere, ma non <strong>di</strong> pregare per noi. Oh, <strong>com</strong>e<br />

è bella la religione! Il Padre è ora lontano da noi centomila chilometri, eppure<br />

siamo uniti nel pensiero, perché ora noi pensiamo a lui e lui pensa a noi».<br />

Padre <strong>Uccelli</strong>, così restio a scrivere, inizia una corrispondenza piuttosto frequente<br />

con padre Bonar<strong>di</strong>. Accenniamo solo alla lettera del 27 giugno, dove parla<br />

della carestia e dei poveri che vanno alla missione a chiedere soccorsi. Nella lettera<br />

del 28 luglio, accenna agli articoli che il padre Bonar<strong>di</strong> scrive per lui, cioè con<br />

la sua firma, su Fede e Civiltà. C’è, su questo, un accordo tra i due. 2 In altra lettera<br />

parla della carestia e dell’aumento dei prezzi che mette tutti in <strong>di</strong>fficoltà: «Poveri<br />

a truppe vengono a chiedere l’elemosina. Il pane continua a crescere, gli erbaggi<br />

sono a prezzi esorbitanti». Per la prima volta si <strong>di</strong>chiara malato: tre giorni <strong>di</strong><br />

febbre e <strong>di</strong> mal <strong>di</strong> testa. Il chinino è finito. Forse l’angoscia per tanta miseria l’ha<br />

gettato a terra.<br />

Il 23 agosto scrive una lettera a mons. Conforti, nella quale appare qualche<br />

ombra <strong>di</strong> scoraggiamento: «Grazie al Signore, mi trovo sempre bene e sono sempre<br />

contento del sacrificio fatto nell’abbandonare i miei cari. Alle volte lo sgomento<br />

vorrebbe togliermi la speranza <strong>di</strong> poter fare un po’ <strong>di</strong> bene, ma tosto entra<br />

la riflessione e la fede a suggerirmi che sono venuto nel campo del Signore, e che<br />

io non debbo che piantare e innaffiare, e attendere pazientemente l’incremento che<br />

al Signore piacerà <strong>di</strong> dare ai frutti delle mie povere fatiche».<br />

Aggiunge, però, che a Xuchang ha già battezzato una trentina <strong>di</strong> adulti «mietendo<br />

nel campo seminato dall’ottimo e carissimo padre Bonar<strong>di</strong>». Parla poi della<br />

chiesa, bella e carina, ma priva <strong>di</strong> ogni suppellettile, <strong>di</strong> alcune scuolette che ha nei<br />

villaggi e <strong>di</strong> due altre che vorrebbe istituire a Xuchang, ma che non può per mancanza<br />

<strong>di</strong> mezzi.<br />

Qualche mese dopo, un’altra lettera per <strong>di</strong>re la gioia della notizia dell’elezione<br />

<strong>di</strong> Calza a Vicario apostolico.<br />

Una grande novità era, infatti, maturata per la missione dei Saveriani. Il 18 settembre<br />

1911 era stato firmato il decreto della Santa Sede per l’erezione della Pre-<br />

----------------<br />

2 Gli articoli in parola riguardano la descrizione <strong>di</strong> Xuchang, notizie sulla carestia, cenni sulla<br />

inondazione e descrizione della residenza <strong>di</strong> Xuchang, della chiesa e della scuola e della cristianità<br />

<strong>di</strong> Wu-tien. Si vedano: UCCELLI, in “Fede e Civiltà”, VIII(1911), pag. 78-79; 90-92; 107-109; 123-<br />

125; 157-158.<br />

84


fettura in Vicariato apostolico. La cosa era nell’aria, e il Fondatore aveva già richiesto<br />

ai missionari <strong>di</strong> fare tre nomi, tra cui la Santa Sede avrebbe scelto il Vicario.<br />

L’in<strong>di</strong>cazione doveva in<strong>di</strong>care il <strong>di</strong>gnus, <strong>di</strong>gnior, <strong>di</strong>gnissimus. Non è a <strong>di</strong>re<br />

che tutti in<strong>di</strong>carono <strong>com</strong>e il più degno il padre Luigi Calza; anche il nostro, in una<br />

lettera del febbraio-marzo 1911, aveva dato il suo voto a padre Calza, tessendone<br />

l’elogio delle virtù. Padre <strong>Uccelli</strong> aveva scritto: «La persona che più <strong>di</strong> ogni altra<br />

potrà portare degnamente il sublime onere della <strong>di</strong>gnità vescovile, sono profondamente<br />

persuaso sia il rev.mo padre Luigi Calza, nostro amatissimo Prefetto apostolico.<br />

Le virtù <strong>di</strong> questo degnissimo apostolo sono tali e tante che non saprei<br />

trovarle in nessun altro dei miei carissimi confratelli. Virtù sode, fede viva, pazienza<br />

a tutta prova, zelo ardentissimo, prudenza non <strong>com</strong>une, carità grande e operosa,<br />

e bel modo <strong>di</strong> <strong>com</strong>andare. Ecco ciò che mi toglie ogni esitazione sulla<br />

scelta della persona che deve portare la nostra amatissima Missione a qualche cosa<br />

<strong>di</strong> gran<strong>di</strong>oso». 3 L’unico che gemeva per la scelta era proprio il can<strong>di</strong>dato.<br />

Mons. Conforti era già stato informato dal Car<strong>di</strong>nale Gotti, Prefetto <strong>di</strong> Propaganda<br />

Fide, con lettera del 6 <strong>di</strong> ottobre 1911, della nomina <strong>di</strong> padre Calza a Vicario<br />

apostolico, ma probabilmente la copia del decreto fu ricevuta più tar<strong>di</strong> dal Vescovo<br />

Conforti e questi, a sua volta, la inviò a mons. Calza solo il 25 ottobre. Tre<br />

giorni prima, aveva <strong>com</strong>unicato ufficialmente a mons. <strong>Pietro</strong> Del Soldato, Arci<strong>di</strong>acono<br />

della Cattedrale, la nomina <strong>di</strong> padre Calza, aggiungendo <strong>di</strong> aver ricevuto<br />

anche il Mandato apostolico <strong>di</strong> consacrare personalmente il neo eletto nella Cattedrale<br />

<strong>di</strong> Parma. 4<br />

Conforti fin dal gennaio <strong>di</strong> quell’anno, 1911, in previsione dell’erezione a Vicariato,<br />

aveva inviato a Propaganda Fide una Relazione sullo Stato della Prefettura,<br />

ac<strong>com</strong>pagnata da una lettera nella quale scriveva:<br />

«Tre anni e mezzo or sono, quando venne affidata ai Missionari dell’Istituto<br />

Parmense, (la Missione) non contava che 800 cristiani <strong>di</strong> fresco convertiti, e ora<br />

ne conta ben 5.000, oltre 6.200 catecumeni, che tra breve riceveranno il santo Battesimo.<br />

Non possedeva, all’atto della sua fondazione, che tre piccole residenze<br />

coperte <strong>di</strong> paglia, ed ora ne conta 12, con altrettante Cappelle e 48 Oratori, oltre a<br />

un’ampia chiesa in bello stile gotico presso la residenza principale».<br />

La Relazione annessa aggiunge che nella Missione ci sono 11 Missionari italiani<br />

e nessun sacerdote cinese, non avendolo potuto ottenere dal Vicariato da cui<br />

la Missione era stata <strong>di</strong>staccata.<br />

Lo Specchio statistico dell’8 settembre 1911, pubblicato su Fede e Civiltà, presenta<br />

una notevole <strong>di</strong>vergenza sul numero dei cristiani: questi sarebbero 3.813, i<br />

catecumeni 3.023. 5 A <strong>com</strong>pletare i dati aggiunge il numero dei catechisti, 64 e<br />

----------------<br />

3 Ve<strong>di</strong> anche giu<strong>di</strong>zio per la nomina a Prefetto, in TEODORI, Virtù e opere, 5.12.1906, pag. 68.<br />

4 TEODORI, Beato Guido Maria Conforti arcivescovo vescovo <strong>di</strong> Parma negli anni 1910-1911,<br />

Città del Vaticano, Libreria Vaticana, 1997, pag. 618-619. [FCT 18]<br />

5 Parma nell’Estremo Oriente, pag. 21. Per la lettera e la Relazione Conforti ve<strong>di</strong> TEODORI,<br />

Missioni in Cina, pag. 432-434 [FCT 10]. La lettera riporta le cifre usate nell’Omelia, recitata da<br />

mons. Arcivescovo-Vescovo Guido M. Conforti il giorno dell’Epifania 1911 nella cattedrale <strong>di</strong><br />

Parma, su riferimento <strong>di</strong> qualche missionario, arrotondate per più facile <strong>com</strong>prensione e riportate<br />

85


delle catechiste, 10; <strong>com</strong>paiono inoltre tre Suore cinesi, un Orfanotrofio, 14 Dispensari<br />

farmaceutici. Nel Numero unico Parma nell’Estremo Oriente, troviamo<br />

che le scuole sono settanta con i rispettivi maestri, che è stato istituito un collegio<br />

e che vi sono quattro scuole per la formazione dei maestri e dei catechisti, dove si<br />

fanno stu<strong>di</strong> accurati per un corso <strong>di</strong> quattro anni.<br />

La Relazione <strong>di</strong> Conforti al n. 10 <strong>di</strong>ce che «Xuzhou, capitale della Provincia<br />

omonima, sulla ferrovia Hankou-Pechino, è la sede destinata al Vicario apostolico,<br />

<strong>com</strong>e la più adatta per le <strong>com</strong>unicazioni, a mezzo della ferrovia, con tutto il<br />

territorio della Missione. Quivi è stata inaugurata il 26 novembre 1909 una nuova<br />

e bella chiesa in stile gotico, ampia e decorosa. Accanto ad essa è in costruzione la<br />

casa per la residenza principale e pel Vicario apostolico, e fra pochi mesi tutto sarà<br />

<strong>com</strong>pletato».<br />

Mons. Conforti, <strong>com</strong>piacendosi, scriveva il 9 febbraio 1910: «Ora che la Cattedrale<br />

è pronta, più non manca che il Vescovo che l’uffici…». Già la <strong>di</strong>ceva «destinata<br />

ad essere la Chiesa Madre dell’’Henan Occidentale». 6<br />

Con queste premesse si capisce perché il padre <strong>Uccelli</strong> sia stato <strong>di</strong>staccato dalla<br />

promettente cristianità <strong>di</strong> Zhengzhou, per attendere alla cristianità più importante<br />

della Missione e prossima residenza del Vicario apostolico: è un segno evidente<br />

della fiducia che il Superiore ecclesiastico riponeva su <strong>di</strong> lui. La missione <strong>di</strong><br />

Xiangxian era la più sviluppata; aveva più <strong>di</strong> 900 cristiani, un migliaio <strong>di</strong> catecumeni<br />

e due scuole, maschile e femminile, ma Xuchang era una città più importante<br />

e centrale.<br />

In una lettera del 27 <strong>di</strong>cembre 1912, <strong>Uccelli</strong> accenna al proposito <strong>di</strong> mons. Calza<br />

<strong>di</strong> trasferirsi a Xuchang, ma <strong>di</strong>ce che padre Armelloni si mostrava molto contrario.<br />

Si noti che padre Armelloni aveva appena portato a termine a Xiangxian<br />

una chiesa, a tre navate, in stile romanico e molto bella; secondo lui, quella doveva<br />

essere la cattedrale del Vescovo. Per il momento padre Armelloni l’ebbe vinta.<br />

Forse consiglieri avveduti avevano prospettato, fin da allora, a mons. Calza<br />

l’evoluzione demografica e politica futura. Di fatto egli rimarrà a Xiangxian fino<br />

al 1921, quando la sede sarà trasferita a Zhengzhou, <strong>di</strong>venuta la città più popolosa<br />

e importante del Henan.<br />

<strong>Uccelli</strong> racconta <strong>di</strong> un suo viaggio a Pechino, durante l’inverno, per cambiare<br />

un assegno, equivalente alla somma <strong>di</strong> 1.000 taeli. Ha viaggiato in quarta classe,<br />

con gravi <strong>di</strong>sagi: «Fu un mezzo miracolo se il freddo non mi rovinò». Alla Legazione<br />

italiana incontrò il Cappellano, padre Leonetti, che fu gentilissimo, poi il<br />

Regio Ministro Conte Sforza e altri. Rimase entusiasta dell’accoglienza e<br />

dell’interessamento. Il Ministro gli <strong>di</strong>sse: «So che loro sono molto buoni, ma so<br />

anche che sono molto poveri». Il Ministro lo volle a pranzo e così padre <strong>Pietro</strong><br />

----------------<br />

in buona fede <strong>com</strong>e reali. Cf.:“Fede e Civiltà”, VIII(1911), pag. 13; IX(1912), pag. 65;. CALZA, Ivi,<br />

IX(1912), pag. 6).<br />

6 TEODORI, Lettere a mons. Luigi Calza s.x., 9.2.1910, pag. 78 [FCT 1]<br />

86


conobbe la sua signora, della quale <strong>di</strong>sse che era la migliore europea che si trovasse<br />

a Pechino, e che da lei sperava qualche aiuto per la sua chiesa e per i suoi cristiani<br />

poveri.<br />

Una nota appare spesso nelle lettere a padre Bonar<strong>di</strong>, ed è il timore <strong>di</strong> essere<br />

nominato a succedere al Superiore ecclesiastico nel governo della missione, nel<br />

periodo in cui mons. Calza sarà in Italia per l’or<strong>di</strong>nazione episcopale. Più esplicita<br />

la lettera del 27 novembre nella quale <strong>di</strong>ce che mons. Calza gli ha prospettato,<br />

privatamente, <strong>di</strong> dovere essere il “Cireneo” nel tempo dell’assenza. L’ha pregato<br />

inutilmente <strong>di</strong> aver <strong>com</strong>passione <strong>di</strong> lui, ma non ha cavato un ragno dal buco. Si<br />

lamenta anche con Bonar<strong>di</strong> perché non ha fatto nulla o poco per impe<strong>di</strong>re che gli<br />

fosse addossato un peso mille volte superiore alle sue povere spalle. Nuovo accenno<br />

nella lettera del 18 <strong>di</strong>cembre.<br />

Mons. Calza non è ancora partito, e nel frattempo padre <strong>Uccelli</strong> ha dovuto già<br />

prendere in mano la situazione. Ne scrive a Bonar<strong>di</strong> il 23 <strong>di</strong>cembre:<br />

«Le <strong>di</strong>rò solo che faccio ogni possibile per trattar bene tutti i <strong>com</strong>pagni, senza<br />

<strong>di</strong>stinzione, e che per paga alcuni, non c’è bisogno <strong>di</strong> far nomi, mi pagano <strong>di</strong> pou<br />

fou, solenni e visibili anche ai ciechi. Godo <strong>di</strong>rle che con i confratelli non mi sono<br />

mai scappati i cavalli e <strong>di</strong> ciò sono contento».<br />

In calce alla lettera, <strong>di</strong>ce che converrà ormai vestire all’europea, sia per ragioni<br />

<strong>di</strong> risparmio e sia anche «per non farsi ridere <strong>di</strong>etro». Già da qualche anno, i misionari<br />

ultimi venuti, avevano sentito il vento che spirava e forse già vestivano<br />

all’europea; certamente ciò avveniva nelle gran<strong>di</strong> città.<br />

Finalmente, il 30 <strong>di</strong>cembre, mons. Calza gli <strong>di</strong>sse espressamente <strong>di</strong> sostituirlo<br />

nella sua assenza. Al pericolo dei briganti e all’ansia per i moti rivoluzionari, si è<br />

aggiunta ora la nomina: «Creda che la testa l’ho proprio piena e il cuore gonfio.<br />

Anche in tempo <strong>di</strong> pace avrei voluto rimanere al mio antico posto; in tempo <strong>di</strong><br />

guerra, s’immagini lei <strong>com</strong>e mi possa trovare con tale nomina. …Oh, buon Dio!<br />

Che farò mai in questa nuova carica, tanto ambita da alcuni quanto temuta da me?<br />

Sit venia verbo. Se lei potesse leggere nel mio cuore, mi darebbe piena ragione e<br />

mi chiamerebbe un pover’<strong>uomo</strong>. Le <strong>di</strong>fficoltà che troverò saranno tali e tante, da<br />

farmi perdere quei pochi capelli che ho ancora. Mi rac<strong>com</strong>ando, speciali modo, alle<br />

sue preghiere e a quelle delle anime buone».<br />

Fa una certa impressione la forte ritrosia <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong> ad assumere una tale<br />

responsabilità. Certo è dovuto alla sua umiltà, ma in parte, si può anche attribuire<br />

a quella timidezza, acquisita nell’infanzia trascorsa senza l’ombra protettrice della<br />

madre.<br />

Quasi alla fine della sua gestione, <strong>Uccelli</strong> poteva scrivere a mons. Conforti:<br />

«Non ho nulla da lamentarmi dei confratelli, i quali, tutti senza eccezione <strong>di</strong> sorta,<br />

sono deferenti e ubbi<strong>di</strong>enti, molto più <strong>di</strong> quanto avrei potuto credere».<br />

In altra lettera, racconta che il Ministro italiano a Pechino, il Conte Sforza, ha<br />

mandato a Xuchang, per la <strong>di</strong>fesa dei missionari, 20 fucili Witerly e un cannoncino,<br />

che quattro uomini trascinano a stento. I cinesi hanno guardato con molta curiosità<br />

e «con timore più che reverenziale» le armi fornite dal Ministro, «ma non<br />

87


creda, Vostra Eccellenza — precisa padre <strong>Uccelli</strong> — che mi voglia valere <strong>di</strong> questo<br />

cannone per uccidere i Cinesi: sono venuto in Cina per dar loro la vita eterna,<br />

non per togliere loro quella temporale. Il sapere che il Padre ha un cannone e molti<br />

fucili è sufficiente perché i nemici stiano a una rispettosa <strong>di</strong>stanza. Io faccio <strong>di</strong><br />

tutto perché tutti lo sappiano e ciò serve per mia <strong>di</strong>fesa più che l’arma stessa».<br />

Le lettere a Bonar<strong>di</strong> hanno talvolta l’accento della desolazione: «Se sapesse<br />

quanto mi sarebbe necessario un suo scritto! Il trovarmi abbandonato dai Superiori,<br />

è una cosa che mi rompe il cuore». «Perdoni se le <strong>di</strong>co che mi pare una barbarie<br />

lasciare un povero prete, qui, senza una parola <strong>di</strong> conforto, in mezzo a mille<br />

contrad<strong>di</strong>zioni d’ogni genere. Non parlo <strong>di</strong> quelle inerenti alla mia carica che non<br />

sono poche…». «Quid feci tibi? Aut in quo contristavi te? Responde mihi. Creda<br />

pure che io la scuso molto perché non scrive; ma alle volte, specialmente quando<br />

sono solo, sento tutta l’amarezza dell’abbandono, e ancor io vo <strong>di</strong>cendo: Factus<br />

sum sicut homo sine a<strong>di</strong>utorio».<br />

In una lettera, probabilmente del luglio, <strong>di</strong>ce: «Non pensi che mi sia ficcato in<br />

testa il pensiero <strong>di</strong> essere del tutto abbandonato; mi è passato più volte nella mente,<br />

ma ora lo scaccio per sempre e non ci penserò più». È il proposito <strong>di</strong> non più<br />

lamentarsi.<br />

88


FINE DELLA DINASTIA QING<br />

(1911-1912)<br />

Avvenimenti storici avevano scosso la Cina negli ultimi mesi del 1911. Il 10<br />

ottobre a Wuchang, nei pressi della città <strong>di</strong> Hankou, nella provincia del Hubei, era<br />

insorta la guarnigione militare, ammutinata contro la <strong>di</strong>nastia mancese regnante. I<br />

libri <strong>di</strong> storia nominano appena l’insurrezione <strong>di</strong> Wuchang, ma i missionari del<br />

luogo raccontano i <strong>di</strong>sastri che l’hanno ac<strong>com</strong>pagnata: «Ormai si può <strong>di</strong>re che<br />

Hankou non esiste più; tre quarti della città cinese sono stati consumati dal fuoco<br />

e gran parte del resto rovinata dagli obici. Sessanta o settanta mila citta<strong>di</strong>ni sono<br />

periti tra le fiamme e quattrocento mila sono senza tetto».<br />

Da Pechino accorsero il Ministro della guerra e lo stesso generale Yuan Shikai,<br />

Ministro degli Interni, ma i rivoluzionari non vollero trattare. Si attendeva uno<br />

scontro decisivo tra i due eserciti, e le previsioni erano per la vittoria dei rivoluzionari<br />

e la cacciata dei Mancesi.<br />

La rivoluzione era <strong>di</strong>vampata in tutto il paese. Diciotto Province erano insorte e<br />

la guerra infuriava dovunque. 1 Molti soldati regolari passavano, armi e bagagli,<br />

con i rivoltosi.<br />

«Oggi, scrive padre <strong>Uccelli</strong>, sono passati un<strong>di</strong>ci treni pieni <strong>di</strong> soldati, domani<br />

ne sono previsti altri tre<strong>di</strong>ci. Le stazioni sono occupate dai soldati. Non si può più<br />

telegrafare, i biglietti <strong>di</strong> banca non valgono più». I soldati sono <strong>di</strong>retti al sud, verso<br />

la città <strong>di</strong> Hankou, e ben presto giungono notizie della grande battaglia in corso.<br />

Il popolo guarda con simpatia i rivoluzionari che trattano bene la popolazione.<br />

Padre <strong>Uccelli</strong> al Fondatore, il 26 novembre 1911, scriveva:<br />

«La rivoluzione sèguita sempre la sua terribile marcia. Noi, grazie al Signore,<br />

ci troviamo sempre in pace. Il Chely (l’attuale Hebei, provincia che attornia Pechino)<br />

e il Henan pare che rimarranno fedeli all’Imperatore unitamente alla Manciuria.<br />

Le altre Province si uniranno in una confederazione: così il Giornale <strong>di</strong> Pechino<br />

<strong>di</strong> ieri».<br />

Quando scoppiò la rivolta, Sun Yatsen che si trovava negli Stati Uniti, ritornò<br />

subito in patria. I delegati provinciali, radunati a Shanghai, proclamarono la Repubblica<br />

il 1° gennaio 1912 ed elessero presidente Sun Yatsen. Nanchino fu proclamata<br />

capitale.<br />

I Repubblicani, pur essendo vittoriosi in quasi tutte le province, ritennero <strong>di</strong><br />

non poter confrontarsi militarmente con il generale Yuan Shikai <strong>di</strong> Pechino e cercarono<br />

<strong>di</strong> attirarlo nella loro orbita. Gli proposero <strong>di</strong> <strong>di</strong>venire lui stesso presidente,<br />

chiedendogli <strong>di</strong> ottenere l’ab<strong>di</strong>cazione volontaria dell’imperatore. Questa avvenne<br />

----------------<br />

1 SILVESTRI Cipriano, in “Fede e Civiltà”, VIII(1911), pag. 192-193.<br />

89


il 12 febbraio 1912 e Yuan Shikai fu eletto Presidente, al posto <strong>di</strong> Sun Yatsen.<br />

In un articolo su Fede e Civiltà del gennaio 1912, padre <strong>Uccelli</strong> parla <strong>di</strong> Yuan<br />

Shikai <strong>com</strong>e l’<strong>uomo</strong> forte che ha già in mano il potere effettivo, e prevede lotte<br />

non brevi; la nuova Cina lotterà contro la vecchia Cina «e il sangue correrà a rivi;<br />

un’anarchia <strong>di</strong> cui solo la storia cinese ha altri esempi, dominerà la Cina; ma finalmente<br />

spunterà il giorno in cui <strong>com</strong>incerà la ricostruzione dell’immane colosso<br />

che la rivoluzione avrà frantumato». 2<br />

Si può <strong>di</strong>re che padre <strong>Uccelli</strong> è stato profeta. Nelle lotte <strong>di</strong> potere che seguirono,<br />

il popolo dovette soffrire terribilmente per le conseguenze delle guerre intestine<br />

e per gli episo<strong>di</strong> <strong>di</strong> brigantaggio. Già in quei primi giorni <strong>com</strong>inciò la triste sequela<br />

dei mali. «I soldati imperiali ebbero l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> tornare a Pechino, ma poiché<br />

era rotta la ferrovia, si sparsero per la città, facendo <strong>di</strong> ogni erba un fascio.<br />

Rubarono dappertutto, portarono via molte giovani donne, ragazze o sposate. In<br />

tre giorni hanno fatto più danni <strong>di</strong> quello che non farebbero tre ore <strong>di</strong> gran<strong>di</strong>ne su<br />

un campo <strong>di</strong> biade mature. Il Signore ce ne ha finalmente liberati e lo ringrazio <strong>di</strong><br />

cuore. Le porte della città sono state chiuse e chi vuole entrare o uscire deve farsi<br />

tirare o calare con una corda»<br />

«Siamo in piena rivoluzione — scrive padre <strong>Uccelli</strong> il 16 gennaio 1912 —.<br />

Anche l’Henan che fino ad ora era stato, almeno apparentemente, per<br />

l’imperatore, si è <strong>di</strong>chiarato apertamente con i rivoluzionari. Il Reggente ha ab<strong>di</strong>cato.<br />

Giovedì scorso è giunta una terribile notizia e cioè che i rivoluzionari nella<br />

zona <strong>di</strong> Luoyang si sono uniti ai ladri (cioè ai briganti) e non certo per <strong>di</strong>re il rosario.<br />

Anche qui a Xuchang i ladri seguitano la loro marcia, ma un po’ meno fervorosamente<br />

<strong>di</strong> qualche giorno fa, per la semplice ragione che molti hanno perduto la<br />

testa e ora… sono occupati solo a cercarla. Guai se sapessero che le loro teste sono<br />

appese alle quattro porte della città. Le porte infatti sono inghirlandate <strong>di</strong> teste,<br />

appese con corde: serve più a pascere la curiosità <strong>di</strong> molti che incutere timore a<br />

quei fortunati ladri che la testa l’hanno ancora sulle spalle».<br />

Quando padre Calza ricevette la lettera del Fondatore che gli <strong>com</strong>unicava la<br />

nomina a Vicario apostolico, la situazione in Cina era tale da rendere la sua presenza,<br />

si può <strong>di</strong>re, necessaria. Come poteva allontanarsi, mentre i suoi confratelli<br />

erano nel pericolo? Egli scrisse che partirà per l’Italia non appena le cose si metteranno<br />

un po’ in pace.<br />

Mons. Calza non riuscirà a partire che l’8 marzo 1912. Per arrivare prima,<br />

viaggiò con la ferrovia Transiberiana; attraversata la Siberia e la Russia, arrivò a<br />

Parma a fine <strong>di</strong> marzo. Padre <strong>Uccelli</strong> assunse la piena responsabilità della Missione.<br />

Nel primo periodo della repubblica, le speranze della Chiesa cattolica furono<br />

----------------<br />

2 Quest’articolo è certamente attribuibile a pag. <strong>Uccelli</strong>, per le varie citazioni <strong>di</strong> giornali locali<br />

non reperibili in Italia e per informazioni <strong>di</strong> prima mano.<br />

90


molte. Il fatto che il grande fautore della repubblica, Sun Yatsen, fosse cristiano(della<br />

Chiesa anglicana meto<strong>di</strong>sta), aveva fatto pensare che il Cristianesimo avrebbe<br />

trovato in lui un sostenitore; quando poi il potere passò nelle mani <strong>di</strong> Yuan<br />

Shikai, non mancarono segni <strong>di</strong> particolare benevolenza, anche da parte <strong>di</strong><br />

quest’ultimo. Il Presidente, infatti, ricevette in u<strong>di</strong>enza il vescovo <strong>di</strong> Pechino<br />

mons. S. Jarlin, mostrandosi molto interessato alle opere educative e <strong>di</strong> beneficenza<br />

della Chiesa cattolica; il Vice presidente Ly Yuanhung inviò un’ossequiosa lettera<br />

al Papa, esprimendo il voto che sempre più numerosi missionari venissero in<br />

Cina a collaborare al benessere del popolo. Un anno dopo, nell’aprile 1913, si<br />

svolsero a Pechino, nella cattedrale cattolica del Petan, preghiere solenni in occasione<br />

dell’apertura del nuovo Parlamento, e ciò su richiesta dello stesso governo<br />

<strong>di</strong> Yuan Shikai. Il ministro degli esteri Lu Tsetsiang era cattolico e partecipò alla<br />

cerimonia, ac<strong>com</strong>pagnato dalla moglie e dalla figlia.<br />

Padre <strong>Uccelli</strong> non si mostra molto ottimista: «Povera Cina! Prima povera, ora<br />

miserabile. Poveri Mancesi! Prima tanto superbi e ora così umiliati. Spero che la<br />

Cina si metta al passo con l’ultimo progresso, ma temo che noi missionari ne dovremo<br />

pagare le spese». Purtroppo gli avvenimenti che seguirono furono causa <strong>di</strong><br />

sofferenze e delusioni, anche per la Chiesa.<br />

La Cina si liberava, dopo oltre trecento anni, dalla dominazione <strong>di</strong> una <strong>di</strong>nastia<br />

straniera, che aveva dato lustro alla Cina, ma che poi era decaduta, trascinando<br />

nella sua rovina l’intero paese. In luogo della figura del dragone, simbolo<br />

dell’imperatore, si alzò una nuova ban<strong>di</strong>era, <strong>com</strong>posta <strong>di</strong> cinque strisce orizzontali<br />

rosse, gialle, blu, bianche e nere, simbolo delle cinque razze che <strong>com</strong>ponevano<br />

l’immenso territorio: cinese, mancese, mongola, turca e tibetana. Purtroppo la<br />

caccia ai Mancesi seguitò per molto tempo, con accanimento e ferocia.<br />

Con l’avvento della repubblica si ebbero innovazioni anche nel campo civile:<br />

fu abolita la treccia sul capo agli uomini, proibita la deformazione del piede delle<br />

bambine, e venne adottato l’abito europeo per i <strong>di</strong>rigenti e i militari. Tale costume,<br />

piano piano, si <strong>di</strong>ffuse anche tra il popolo.<br />

Il 25 marzo 1912 <strong>Uccelli</strong> scrive <strong>di</strong> aver ricevuto dall’Italia il vino da Messa e <strong>di</strong><br />

averlo <strong>di</strong>stribuito tra i confratelli; alcune cose mancavano, probabilmente rubate.<br />

Ha ricevuto anche il nuovo breviario della riforma <strong>di</strong> Pio X: lo trova un po’ <strong>com</strong>plicato.<br />

Scrive anche che alcuni Padri <strong>di</strong>cono che «doman<strong>di</strong>amo troppo e doman<strong>di</strong>amo<br />

sempre; non so se si accorgono che siamo poveri, e doppiamente poveri, e<br />

se non domandassimo moriremmo <strong>di</strong> fame».<br />

Pare che il padre Sartori, nella sua voglia <strong>di</strong> ritornare in Missione, abbia detto a<br />

papà Battista che avrebbero fatto il cambio, lui in Cina e padre <strong>Pietro</strong> in Italia, illudendo<br />

così il povero vecchio. <strong>Uccelli</strong> scrive che se Monsignore lo volesse fare<br />

Pro-vicario, allora preferirebbe tornare in Italia, ma se lo lascia semplice missionario,<br />

<strong>com</strong>e spera e ha tutte le ragioni <strong>di</strong> credere, allora preferisce <strong>di</strong> gran cuore la<br />

Cina. D’altra parte — riflette — che cosa <strong>di</strong>rà la gente se vede che i Missionari<br />

con tanta facilità vanno dalla Cina all’Italia e viceversa? Sempre pronto<br />

91


all’obbe<strong>di</strong>enza sino all’ultimo della vita, non mancherà però <strong>di</strong> esporre, col dovuto<br />

rispetto, le ragioni che riguardano il buon nome dell’Istituto ed il suo.<br />

Intanto era arrivato in Cina il padre Angelo Binaschi che aveva fatto un’ottima<br />

impressione, mentre da qualche tempo il padre Pucci era tornato in Italia e aveva<br />

lasciato l’Istituto.<br />

92


CARESTIA E BRIGANTI<br />

(1911-1914)<br />

Le lettere <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong> degli ultimi mesi del 1911 e quelle dell’anno seguente<br />

portano continuamente notizie sulla carestia, sulla rivoluzione, e soprattutto<br />

sui briganti che, in bande armate, seminano terrore e morte nelle campagne e<br />

perfino nella città. Sulla situazione manda al padre Bonar<strong>di</strong> anche ritagli del<br />

“Journal de Pékin”.<br />

L’anno 1913 è stato l’anno della grande carestia. Aveva colpito specialmente le<br />

province del nord: il Chely (Hebei), lo Shandong e l’Henan. Erano le più popolate:<br />

una folla <strong>di</strong> 85 milioni nella morsa della fame. I più <strong>di</strong>sperati, o quelli che avevano<br />

ancora un po’ <strong>di</strong> energia, migravano verso il sud in cerca <strong>di</strong> un po’ <strong>di</strong> cibo.<br />

Non pochi morivano per la strada.<br />

Scene strazianti si presentavano ogni giorno agli occhi dei missionari. Mons.<br />

Calza scriveva: «Lungo le strade, numerosi gruppi <strong>di</strong> affamati si allineavano al<br />

mio passaggio, si inginocchiavano sulla polvere e sbattevano la fronte per terra fino<br />

a sprizzare sangue e invocavano un pezzo <strong>di</strong> pane». In una sua relazione del<br />

marzo, scrive: «In <strong>di</strong>eci anni <strong>di</strong> Cina non ho mai veduto degli orrori simili: veramente<br />

si muore <strong>di</strong> fame. Quanti malanni si addensano su questa povera Cina! Il<br />

<strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne del governo <strong>di</strong> Pechino, l’in<strong>di</strong>sciplinatezza, il brigantaggio delle truppe<br />

nelle province e il cielo implacabilmente chiuso che non lascia stillare una goccia<br />

d’acqua da molti mesi…». 1<br />

Padre Brambilla da Yuzhou racconta <strong>di</strong> giovani e <strong>di</strong> intere famiglie che si suicidano,<br />

<strong>di</strong> genitori che vendono le loro figlie per vivere. «Da quasi un mese si vedono<br />

ogni giorno, schierate sul mercato, giovani spose o giovanette <strong>di</strong> 16-20 anni<br />

esposte al miglior offerente, <strong>com</strong>e fossero giumenti. Povere creature! Se si pensa a<br />

quello che le attende, fanno veramente <strong>com</strong>passione». 2<br />

Qualche genitore caccia da casa i figli <strong>di</strong> otto o <strong>di</strong>eci anni, per non vederli morire<br />

<strong>di</strong> fame. Si vedono bambini in cerca <strong>di</strong> qualche erba da mangiare o qualcosa<br />

<strong>di</strong> <strong>com</strong>mestibile tra i rifiuti. Il caso più frequente è quello <strong>di</strong> genitori che abbandonano<br />

nei campi i bambini appena nati, spesso perché le madri s’accorgono <strong>di</strong><br />

non aver latte per allattarli. I missionari, quando possono, fanno raccogliere quelle<br />

creaturine, se sono ancora in vita, le affidano a qualche balia <strong>di</strong> fiducia, per accoglierle<br />

poi nell’orfanotrofio della missione fino alla maggiore età. Padre <strong>Uccelli</strong><br />

scrive:<br />

«Ho incaricato <strong>di</strong>versi cristiani perché girino a raccogliere tante povere creatu-<br />

----------------<br />

1 CALZA, in “Fede e Civiltà”, X(1913), pag. 66; X(1913), pag. 83-84.<br />

2 BRAMBILLA, Ivi, X(1913), pag. 70.<br />

93


e, abbandonate da genitori forse più poveri che malvagi. Li portano alla chiesa<br />

dove amministro il battesimo e m’impegno a trovar loro una nutrice. In cinque o<br />

sei giorni ne ho raccolto una quin<strong>di</strong>cina. Capisco che facendo in questo modo le<br />

spese della mia missione cresceranno enormemente, ma quando penso che<br />

un’anima vale più <strong>di</strong> tutti i tesori del mondo, non mi curo più della spesa e tiro avanti,<br />

sicuro che il Signore, nella sua infinita misericor<strong>di</strong>a, non mancherà <strong>di</strong> bene<strong>di</strong>re<br />

e far prosperare l’opera che per suo amore ho <strong>com</strong>inciato».<br />

Di questi piccoli, soprattutto femmine, in aprile ne aveva già raccolti una settantina,<br />

ma molti <strong>di</strong> più ne avrebbe raccolti se la prudenza non gli avesse suggerito<br />

<strong>di</strong> essere più cauto. Sembra impossibile, ma è purtroppo vero che si debbano<br />

avere <strong>di</strong>spiaceri anche nel fare il bene. «La nostra è una beneficenza <strong>di</strong>sinteressata<br />

— scrive <strong>Uccelli</strong> —, offerta a tutti senza <strong>di</strong>stinzione <strong>di</strong> persone. Eppure i tristi<br />

hanno trovato modo <strong>di</strong> accre<strong>di</strong>tare un’atroce calunnia, e cioè che io raccoglievo<br />

questi poveri bimbi, gettati via dai genitori, per darli da allevare ai cristiani, i quali<br />

invece li lasciavano morire <strong>di</strong> fame. Questa voce mi ha trafitto il cuore, perché è<br />

calunniosa e toglie fiducia all’opera del missionario; tuttavia non cesserò <strong>di</strong> <strong>com</strong>piere<br />

il mio dovere <strong>di</strong> carità verso tante innocenti creaturine. Ne moriranno molti,<br />

lo so, perché vengono raccolti in ben tristi con<strong>di</strong>zioni; se vivessero tutti, il solo<br />

mons. Calza ne avrebbe più <strong>di</strong> 300 e gli altri missionari un centinaio». 3<br />

Sembrava che il flagello della fame non bastasse all’angoscia della povera gente,<br />

perché si aggiunse anche la piaga del brigantaggio. I missionari dell’epoca non<br />

chiamano ancora con questo nome le bande <strong>di</strong> soldati sbandati o quelle <strong>di</strong> avventurieri<br />

che assalivano interi villaggi e perfino città murate, per far bottino <strong>di</strong> ogni<br />

cosa: li chiamavano semplicemente “ladri”, ladri piccoli e ladri gran<strong>di</strong>. In realtà<br />

erano bande organizzate che seminavano terrore e stragi dovunque arrivavano. A<br />

volte portavano con sé in ostaggio qualcuno della famiglia, chiedendo forti riscatti<br />

o se ne andava la vita.<br />

In un episo<strong>di</strong>o <strong>di</strong> brigantaggio, successo il 12 <strong>di</strong>cembre 1912, è stato coinvolto<br />

personalmente il nostro <strong>Uccelli</strong>. I Missionari si erano radunati a Xiangxian per gli<br />

Esercizi spirituali. Al termine, i Padri <strong>Uccelli</strong> e Assuero Bassi si recarono a Niuzhuang<br />

a far visita a padre Pelerzi e alla sua Azienda agricola; tanto più che Pelerzi<br />

si doveva poi trasferire a Luoyang.<br />

Mentre erano in casa, <strong>di</strong>eci briganti entrarono, gridando minacciosi con i fucili<br />

puntati. Era una piccola banda, con a capo un certo Kao Hsin o Kuo shin.<br />

Il padre <strong>Uccelli</strong>, raccontando quell’avventura ai suoi alunni <strong>di</strong> Vicenza, ebbe a<br />

<strong>di</strong>re: «Me l’ero vista brutta, ma brutta davvero, tanto che mi ero rac<strong>com</strong>andato<br />

l’anima. Ve l’assicuro, non credevo <strong>di</strong> cavarmela…» e attribuiva a san Giuseppe<br />

la grazia <strong>di</strong> esserne uscito incolume.<br />

Come erano andate le cose? Padre Bonar<strong>di</strong> che ne aveva avuto sentore da altre<br />

fonti, gli deve aver chiesto spiegazioni. Egli rispose: «Non le ho raccontato la mia<br />

avventura perché temevo <strong>di</strong> essere tacciato <strong>di</strong> esagerato e poi anche perché è bene<br />

----------------<br />

3 UCCELLI, in “Fede e Civiltà”, X(1913), pag. 84-86.<br />

94


che certe cose siano scritte dal Superiore. Avevo scritto quattro pagine <strong>di</strong> protocollo<br />

e poi le ho date alle fiamme, invece <strong>di</strong> portarle alla posta. Dopo me ne pentii,<br />

ma non mi venne più voglia <strong>di</strong> scrivere su tale melanconico argomento».<br />

Che cosa turbò l’animo <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong>, tanto da bruciare lo scritto? Forse perché<br />

il padre Pelerzi li lasciò nei guai ed egli non voleva denunciare, nemmeno<br />

privatamente, un confratello? Forse era questo il motivo per cui doveva essere,<br />

semmai, il Superiore a scriverne?<br />

Il padre Ermanno Zulian, trovandosi molti anni dopo a Niuzhuang, domandò<br />

alla gente che cosa fosse realmente successo. Il fatto era già <strong>di</strong>venuto leggenda.<br />

La gente raccontava che il padre Pelerzi, senza perdere il suo sangue freddo, aveva<br />

cercato <strong>di</strong> calmare i briganti, offrendo un tè. Con questo pretesto era entrato<br />

nella stanza accanto, e invece <strong>di</strong> rientrare, se l’era data a gambe, per una porta posteriore,<br />

chi <strong>di</strong>ce vestito da vecchia, chi afferma che fuggì velocemente a cavallo.<br />

I ladri, per timore che chiamasse i soldati, se ne sarebbero andati. 4 Probabilmente<br />

non si trattò <strong>di</strong> una fuga così rocambolesca, ma <strong>di</strong> fatto Pelerzi sparì e i due rimasti<br />

furono minacciati <strong>di</strong> morte.<br />

Il capo era conosciuto <strong>com</strong>e un <strong>uomo</strong> crudele, ma peggio <strong>di</strong> lui era un altro che<br />

minacciava <strong>di</strong> uccidere i missionari. Per fortuna, un “buon ladrone” si intromise,<br />

allontanò in maniera spiccia, l’arma del <strong>com</strong>pagno, rimproverandolo e spingendolo<br />

da parte. Padre Garbero scrive che quel ladrone era cristiano. Egli aggiunge anche<br />

che, «stando a quanto si sentì raccontare dopo, a padre <strong>Uccelli</strong> rincresceva <strong>di</strong><br />

morire, solo perché quella era la morte <strong>di</strong> un topo in trappola, non da martire; per<br />

cui, nello spasimo dell’avventura, avrebbe gridato ai briganti: Almeno tentate <strong>di</strong><br />

farmi rinnegare la fede!». 5 Naturalmente l’ultimo tratto è frutto delle canzonature<br />

dei confratelli.<br />

Il 3 giugno <strong>Uccelli</strong> fece a Bonar<strong>di</strong> un nuovo cenno all’avventura. Comunicò<br />

che era stato ucciso Kuo Shin, il capo della banda che aveva fatto passar loro un<br />

brutto quarto d’ora a Niuzhuang. Mentre fuggiva a cavallo una palla <strong>di</strong> fucile lo<br />

aveva steso morto. I soldati ne <strong>di</strong>staccarono subito la testa e la mandarono a Kaifong,<br />

la capitale della provincia.<br />

In una lettera a Conforti del 20 agosto 1913 padre <strong>Pietro</strong> <strong>com</strong>unica che nove<br />

dei <strong>di</strong>eci briganti che li avevano assaliti, erano morti (cioè erano stati giustiziati).<br />

«Il più terribile <strong>di</strong> quei malfattori, quello che a <strong>di</strong>verse riprese cercò <strong>di</strong> toglierci la<br />

vita, fu scorticato vivo. Il più buono, cioè quello che ci ha salvati imponendosi agli<br />

altri briganti perché non ci uccidessero, è ancora vivo. Da ciò si può capire che<br />

nostro Signore, anche in questo mondo fa giustizia». Pare sia lo stesso brigante,<br />

che unitosi poi al famoso Pelang, ha salvato anche il padre Brambilla.<br />

«Nel tentativo <strong>di</strong> far cessare la piaga del ban<strong>di</strong>tismo, i governatori <strong>di</strong> varie province<br />

fecero la proposta <strong>di</strong> concedere un’amnistia e <strong>di</strong> arruolare le bande<br />

----------------<br />

4 ZULIAN, Gioia, pag. 26-27. In Almanacco Saveriano 1927, pag. 31-32, pag. Pelerzi, scrivendone<br />

quin<strong>di</strong>ci anni dopo, racconta l’episo<strong>di</strong>o con evidenti esagerazioni: i briganti, da 10 <strong>di</strong>vengono<br />

una trentina, e la sua fuga appare eccessivamente rocambolesca.<br />

5 GARBERO, I missionari <strong>saveriani</strong> in Cina, pag. 102.<br />

95


nell’esercito; ma i ban<strong>di</strong>ti — scientes quia mo<strong>di</strong>cum tempus habent — sapendo<br />

d’aver poco tempo, rubano, ammazzano con una lena e una costanza degne <strong>di</strong> miglior<br />

causa». <strong>Uccelli</strong> ha poca fiducia nel provve<strong>di</strong>mento.<br />

Molte famiglie si sono rifugiate nei cortili della missione, per timore delle piccole<br />

bande <strong>di</strong> saccheggiatori; ma un più grave pericolo sovrasta la popolazione. Si<br />

tratta <strong>di</strong> un nuovo brigante, chiamato Pelang, il Lupo bianco (Pailang in pinyin).<br />

Padre <strong>Uccelli</strong> ne parla a mons. Conforti in una sua lettera dell’8 giugno 1913: «Ora<br />

abbiamo un altro Capo-ladro, mille volte più famoso <strong>di</strong> quello testé morto<br />

(quello dell’assalto a Niuzhuang). Si chiama Pelang ed esercita la sua mercatura<br />

(sic) nella Missione <strong>di</strong> quei <strong>di</strong> Milano (ossia nel Henan meri<strong>di</strong>onale). Si <strong>di</strong>ce abbia<br />

già occupata una città, Tangxian, e che avendo ucciso il mandarino, lui stesso la<br />

faccia da mandarino. Comanda sei mila uomini, tutti armati all’europea e aventi<br />

cavalli e cannoni, rubati, s’intende, ai soldati» 6 .<br />

Qualche giorno dopo, il 19 giugno, altra lettera al Fondatore con ulteriori notizie:<br />

«Lushan e Yuzhou sono state assalite dai “ladri” e prese. Hanno rubato e<br />

messo a fuoco moltissime case, e poi sono partiti con carri carichi <strong>di</strong> argento».<br />

Aggiunge che Xiangxian è in pericolo, ma che il governo ha mandato molti<br />

soldati a <strong>di</strong>fenderla. A Xuchang erano arrivate due spie <strong>di</strong> Pelang; furono prese e<br />

torturate finché non confessarono <strong>di</strong> essere state mandate da Pelang. Furono fucilate<br />

a 150 passi dalla residenza del padre <strong>Uccelli</strong>.<br />

Padre Brambilla a Yuzhou passò un brutto quarto d’ora: lo racconta lui stesso.<br />

Domenica, avanti giorno, 3.000 ladri <strong>di</strong> Pelang entrarono in città, dopo <strong>di</strong> aver ucciso<br />

i custo<strong>di</strong> alle porte. Una parte impegnò battaglia con i soldati, mentre gli altri<br />

si erano dati a un saccheggio spietato. Una ventina <strong>di</strong> briganti entrarono in chiesa,<br />

sfondando la porta, mentre il Padre stava preparandosi per la Messa. Rovistarono<br />

dappertutto e portarono via buona parte della roba della missione. Due briganti<br />

minacciarono <strong>di</strong> uccidere il missionario, ma uno <strong>di</strong> loro si intromise a <strong>di</strong>fenderlo.<br />

Poi arrivò <strong>di</strong> corsa un altro brigante (un certo Hsing <strong>di</strong> Baichuan, conosciuto dai<br />

missionari), inviato da Pelang in persona a <strong>di</strong>fendere il Padre; anzi gli <strong>di</strong>sse che<br />

Pelang lo voleva vedere; ma la battaglia durò fino a sera e l’incontro non si poté<br />

avere. È un fatto che Pelang non voleva che si facesse del male ai missionari. 7<br />

Anche mons. Calza scrive <strong>di</strong> Pelang e racconta il saccheggio subito dalle città<br />

<strong>di</strong> Lushan e Yuzhou. Nelle chiese i mobili furono fatti a pezzi, gli oggetti sacri rubati<br />

o rovinati, <strong>com</strong>prese le statue, il tabernacolo e i paramenti. La lettera è del 4<br />

luglio e <strong>di</strong>ce che il Pelang ha lasciato l’Henan <strong>di</strong>retto alla città <strong>di</strong> Sian nello Shaanxi.<br />

8<br />

Fede e Civiltà parla ripetutamente del capo briganti durante gli anni 1913-<br />

1914. Più volte gli furono mandati contro dei veri eserciti, ma in una maniera o in<br />

un’altra, era sempre fuggito o aveva ad<strong>di</strong>rittura sbaragliato le truppe governative.<br />

Padre <strong>Uccelli</strong> ne scrive spesso al Fondatore. Si <strong>di</strong>ce che gli abbiano schierato<br />

----------------<br />

6 TEODORI, Virtù e opere, 8.6.1913, pag. 80.<br />

7 BRAMBILLA, in “Fede e Civiltà”, X(1913), pag. 154-156.<br />

8 CALZA, in “Fede e Civiltà”, X(1913), pag. 126-128.<br />

96


contro un esercito <strong>di</strong> 30.000 soldati, ma il Lupo bianco è furbo e fugge in tempo;<br />

altre volte passa del denaro ai soldati e… la pace è fatta. Chi ne soffre è sempre la<br />

popolazione; i conta<strong>di</strong>ni non possono nemmeno andare a mietere per paura dei<br />

briganti. A un certo momento, i governi locali riuscirono a sottrarre truppe al Lupo<br />

bianco, promettendo amnistia a quelli che si arrendevano e l’assunzione tra i<br />

soldati regolari. Questi, anche se non sono ex briganti, non sono da meno per angariare<br />

la gente.<br />

Nel febbraio del 1914 <strong>Uccelli</strong> parla <strong>di</strong> ben 100 mila soldati, inviati contro i briganti,<br />

ma questi sembrano non farne caso. Un gesuita e altri due missionari sono<br />

stati uccisi, alcuni protestanti presi in ostaggio. Il Lupo bianco conquista una città<br />

dopo l’altra; 2.000 soldati sarebbero passati dalla sua parte. Corre voce che i soldati,<br />

quando uccidono un brigante, gli strappino il fegato e il cuore e li mangino<br />

per <strong>di</strong>ventare coraggiosi. I Mandarini sono feroci. contro i briganti che cadono<br />

nelle loro mani; le mura delle città sono spesso ornate <strong>di</strong> gabbie, contenenti le teste<br />

dei briganti uccisi; certe volte sono fatti morire tra i più atroci tormenti, per incutere<br />

timore. Alcune volte il Mandarino li fa bruciare vivi, o li fa tagliare a pezzi<br />

per farli morire a poco a poco. La gente si raduna a vedere lo spettacolo. Una volta<br />

<strong>Uccelli</strong> ne vide passare uno, incatenato, che gridava alla gente: «Stasera o domani<br />

sarò ucciso: venite a vedere. Più gente ci sarà e più morirò contento».<br />

In aprile del 1914 <strong>Uccelli</strong> scrive che Xuchang è sotto tiro dei briganti e sic<strong>com</strong>e<br />

la residenza è fuori le mura, il Mandarino mandò due soldati a scortare il Padre<br />

in città, perché rimanerne fuori era troppo pericoloso, e gli mise a <strong>di</strong>sposizione<br />

un piccolo ambiente; anzi insistette perché si rifugiasse a Pechino o a Hankou.<br />

Anche il Vescovo era in pericolo. Sembra che i briganti fossero decisi a rapirlo<br />

appena uscisse dalla città. Nel luglio, <strong>Uccelli</strong> si offrì <strong>di</strong> sostituire il vescovo nella<br />

città <strong>di</strong> Xiangxian, dove c’era pericolo: «Non è che io sia coraggioso, ma se capita<br />

una <strong>di</strong>sgrazia è mille volte meglio che capiti a me che al Vescovo».<br />

Due episo<strong>di</strong> lo riguardano da vicino. La visita <strong>di</strong> un famoso capo briganti che<br />

<strong>Uccelli</strong> conosceva perché era un cristiano. Si chiamava Hochin Lao-eul ed era <strong>di</strong><br />

Baichuan. Era uno dei più terribili e sanguinari. <strong>Uccelli</strong> lo conosceva bene e <strong>di</strong>ce<br />

<strong>di</strong> lui che una volta era abbastanza buono — ac olim satis bonus —.<br />

Un giorno, Hochin, travestito da men<strong>di</strong>cante, si recò a far visita al suo ex parroco,<br />

nella residenza <strong>di</strong> Xuchang. «Aveva proprio la faccia da brigante consumato<br />

— scrive padre <strong>Uccelli</strong> —. Mi raccontò la sua vita, una vera via crucis, seminata<br />

<strong>di</strong> paure e <strong>di</strong> continui e gravi <strong>di</strong>sagi. Vedendolo in quel miserabile stato, usai tutta<br />

la forza del mio zelo per indurlo a lasciare quella brutta strada, piena <strong>di</strong> pericoli e<br />

<strong>di</strong> mali per il corpo e per l’anima. Non so quanta gente abbia ammazzato, ma da<br />

tutti si <strong>di</strong>ce che era feroce e, tra i ladri, era il più crudele. Mi fece tante promesse<br />

che mi parvero sincere; ma appena uscito dalla residenza ritornò il brigante <strong>di</strong><br />

prima». Qualche tempo dopo, si venne a sapere che era stato ucciso dai suoi stessi<br />

gregari, perché troppo terribile e crudele. «Che Dio abbia misericor<strong>di</strong>a dell’anima<br />

sua e ripeta il miracolo del buon ladrone», <strong>com</strong>menta padre <strong>Uccelli</strong>. Ne scrisse<br />

anche al Fondatore.<br />

97


Un’altra visita la ebbe da un capo brigante, fratello <strong>di</strong> quello che gli aveva salvato<br />

la vita a Niuzhuang. Lo aveva ospite da due giorni in residenza e non sapeva<br />

<strong>com</strong>e liberarsene; con le buone non riusciva, e con le cattive non c’era nemmeno<br />

da pensarci. Gli raccontò tante cose del Lupo bianco. Diceva, tra l’altro, che i soldati<br />

al solo suo nome tremavano <strong>di</strong> paura, mentre i suoi seguaci non desideravano<br />

altro che <strong>di</strong> essere chiamati per qualche impresa. <strong>Uccelli</strong> pensava <strong>di</strong> andare a<br />

Xiangxian, se la strada fosse libera, sperando che durante la sua assenza il brigante<br />

si decidesse ad andarsene. 9 Nella medesima lettera, tocca un altro argomento,<br />

oggetto abbastanza spesso delle sue informazioni: la raccolta <strong>di</strong> bambine abbandonate.<br />

Durante l’anno 1913, ne raccolse 105 che battezzò; una cinquantina morirono,<br />

le altre sopravvissero.<br />

A proposito <strong>di</strong> bambini abbandonati, <strong>Uccelli</strong> parla più <strong>di</strong> una volta<br />

dell’orfanotrofio in costruzione a Zhengzhou, sovvenzionato dall’Associazione<br />

per aiutare i Missionari Italiani all’estero. Il progetto era <strong>di</strong> Padre Armelloni e padre<br />

<strong>Uccelli</strong> spera che non venga approvato, perché i suoi progetti erano sempre<br />

ambiziosi e molto costosi. Più tar<strong>di</strong> ne parla <strong>com</strong>e <strong>di</strong> cosa <strong>com</strong>piuta.<br />

Un altro problema lo interessa ed è l’ospedale <strong>di</strong> Zhuma<strong>di</strong>an (Chumatien), una<br />

città lungo la ferrovia, a sud <strong>di</strong> Xuchang e in territorio dei Padri <strong>di</strong> Milano. Fu costruito<br />

a spese dell’Associazione <strong>di</strong> cui sopra, ma recentemente erano sorti <strong>di</strong>ssapori<br />

con il Vicario apostolico mons. Tacconi. L’Associazione insisteva perché subentrassero<br />

i Saveriani nella gestione. <strong>Uccelli</strong> è in<strong>di</strong>fferente alla cosa, ma <strong>di</strong>ce<br />

che, nel caso, non dovremmo rifiutare per non recare <strong>di</strong>spiacere all’Associazione<br />

che tanto ci ha beneficato: «In fin dei conti, noi ce ne stiamo tranquilli, contenti se<br />

verrà a noi e in<strong>di</strong>fferenti se non verrà». Più tar<strong>di</strong> scriverà che la questione<br />

dell’ospedale <strong>di</strong> Zhuma<strong>di</strong>an pare sia finita; invece sarebbe stato offerto ai Saveriani<br />

l’ospedale della “Concessione Italiana” <strong>di</strong> Tientsin.<br />

Se alcuni articoli firmati <strong>Uccelli</strong> in Fede e Civiltà sono da attribuirsi al padre<br />

Bonar<strong>di</strong> (sono particolarmente quelli <strong>di</strong> carattere generale, riguardanti la Chiesa e<br />

le opere <strong>di</strong> Xuchang o gli usi e costumi o altre particolarità cinesi), altri sono <strong>di</strong><br />

sicura mano del nostro. Quello ad esempio <strong>di</strong> pagina 46 dell’anno 1912, dove si<br />

parla <strong>di</strong> un Mandarino suo amico. Racconta <strong>di</strong> essere stato invitato a pranzo e che<br />

gli fu servito vino europeo che costava almeno quattro dollari; quando partì da<br />

Xuchang il mandarino gli mandò in regalo una bellissima mula e un cavallo; <strong>Uccelli</strong><br />

trattenne il cavallo e rimandò la mula. Poco dopo si vide arrivare la portantina<br />

stessa del Mandarino, del valore <strong>di</strong> circa 250 lire (del 1912), con preghiera <strong>di</strong><br />

tenergliela in residenza finché non l’avesse richiesta, cioè per sempre. «Non ho<br />

mai trovato un Mandarino <strong>di</strong> questo stampo e prego il Signore che me li man<strong>di</strong><br />

sempre così, perché, in questo modo, anche in mezzo a tante e continue sommosse,<br />

si può avere un po’ <strong>di</strong> pace».<br />

Un altro racconto, certamente <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong>, è quello che <strong>com</strong>parve in Fede<br />

----------------<br />

9 TEODORI, Virtù e opere, 29.9.1913, pag. 85.<br />

98


e Civiltà del 1913. 10 Parla della morte <strong>di</strong> un suo cristiano, certo Shan Shueige,<br />

convertitosi nel 1908 e battezzato da padre Bonar<strong>di</strong> nell’anno successivo. Apparteneva<br />

a una setta <strong>di</strong> “<strong>di</strong>giunatori”, forse si <strong>di</strong>rebbe meglio <strong>di</strong> Vegetariani: non<br />

mangiava mai carne e tutti i giorni faceva l’esame <strong>di</strong> coscienza, annotando i propri<br />

<strong>di</strong>fetti per correggerli. Venuto a contatto con la fede cristiana ne rimase conquistato.<br />

Stu<strong>di</strong>ò con <strong>di</strong>ligenza tutti e quattro i volumi <strong>di</strong> catechismo e <strong>di</strong>venne un cristiano<br />

esemplare. Tutte le domeniche andava a Messa percorrendo a pie<strong>di</strong> ben 12<br />

chilometri. Di carattere mite si attirava le simpatie <strong>di</strong> tutti. Era pieno <strong>di</strong> zelo e padre<br />

<strong>Uccelli</strong> sentì <strong>di</strong> aver perso in lui un collaboratore prezioso.<br />

Dai racconti <strong>di</strong> padre Zulian, testimonio <strong>di</strong> prima mano, veniamo a sapere che<br />

la cristianità <strong>di</strong> Niuzhuang, dopo il trasferimento <strong>di</strong> padre Pelerzi era passata sotto<br />

la responsabilità <strong>di</strong> <strong>Uccelli</strong>, parroco <strong>di</strong> Xuchang, e che era la meta privilegiata dei<br />

suoi viaggi apostolici.<br />

Dalle molte lettere scritte a padre Bonar<strong>di</strong>, rileviamo l’interesse <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong><br />

per la cultura religiosa. Chiede l’abbonamento a Il Monitore liturgico, alla Rivista<br />

per il Clero e agli Acta Apostolicae Se<strong>di</strong>s, che ritiene necessari alla Missione;<br />

chiede anche alcuni libri. Si lascia anche prendere dal desiderio <strong>di</strong> macchine moderne:<br />

vorrebbe una macchina dattilografica (quella non più usata da padre Bonar<strong>di</strong>),<br />

ma se sarà mandata, teme che venga trattenuta al centro della missione; gli<br />

viene anche il desiderio <strong>di</strong> una moto che renderebbe meno faticosi i viaggi, ma in<br />

seguito vi rinuncia, perché ha visto che ha fatto poco buona prova con il padre<br />

Amatore Dagnino. Invece si dà molto da fare per cercare e <strong>com</strong>perare oggetti per<br />

il Museo cinese <strong>di</strong> Parma, su richiesta dello stesso padre Bonar<strong>di</strong>.<br />

Un’ultima annotazione su questo periodo. <strong>Uccelli</strong> scrive a mons. Conforti che<br />

il padre Amatore Dagnino è malato <strong>di</strong> tifo; <strong>di</strong>fficile anche avere me<strong>di</strong>ci europei<br />

per l’insicurezza delle strade. <strong>Uccelli</strong> fa un triduo solenne per la guarigione del carissimo<br />

infermo e aggiunge: «Sarei più felice se il Signore cambiasse le parti e<br />

concedesse a me la sorte <strong>di</strong> morire, al posto dell’amatissimo confratello ammalato,<br />

il quale con la sua virtù e il suo zelo potrebbe fare tanto e tanto bene».<br />

Il 9 maggio 1914 il Ministro Plenipotenziario d’Italia in Cina, il Conte Carlo<br />

Sforza con la sua Signora, in viaggio <strong>di</strong> ritorno a Pechino da Hankou, si fermano<br />

in visita alla Missione <strong>di</strong> Zhengzhou. Il Vescovo Calza e alcuni missionari si recano<br />

in anticipo in città, non sapendo con precisione quando il Ministro sarebbe<br />

arrivato. Padre Aurelio Bassi ne stese una dettagliata cronaca per Fede e Civiltà.<br />

In altra circostanza la cronaca narra una piccola burla giocata al nostro <strong>Uccelli</strong>, in<br />

occasione <strong>di</strong> una cena in casa del Sig. Creplet, Ispettore della ferrovia. Approfittando<br />

della solita <strong>di</strong>strazione <strong>di</strong> <strong>Uccelli</strong>, gli infilarono una bella rosa nell’occhiello<br />

della veste, mentre stava raccontando le sue avventure con i briganti. Tutti si misero<br />

a ridere, per il contrasto evidente <strong>di</strong> una rosa sul petto <strong>di</strong> un venerando missionario.<br />

<strong>Uccelli</strong> non si rendeva conto perché i suoi racconti, piuttosto drammatici,<br />

suscitassero tanta ilarità. Finalmente voltò l’occhio su se stesso e …«Capperi!...»<br />

----------------<br />

10 Fede e Civiltà 1913, pag. 52-53.<br />

99


— si strappò il fiore dal petto tra l’ilarità <strong>com</strong>une. Qualche mese dopo vide stampato<br />

lo scherzo sulla rivista dell’Istituto. Ne scrisse a padre Bonar<strong>di</strong>: «E <strong>di</strong>re che<br />

non volevo andare a quel pranzo! Se avessi avuto lume profetico e avessi preveduto<br />

che l’eco <strong>di</strong> quella sera sarebbe arrivato fino a Parma, avrei insistito sulla negativa».<br />

11<br />

----------------<br />

11 Su quegli inviti: BASSI Assuero, La visita del R. Ministro d’Italia alla missione cattolica <strong>di</strong><br />

Tchengchou (Honan), in “Fede e Civiltà”, XI(1914), pag. 205-209.<br />

100


XIANGXIAN – CENTRO DEL VICARIATO<br />

(1915-1919)<br />

L’anno 1915 trova le nazioni europee in guerra, già dal luglio dell’anno precedente.<br />

La posta non funziona più regolarmente. Finalmente giunge a padre <strong>Uccelli</strong><br />

una lettera del Fondatore; padre <strong>Uccelli</strong> ne fa riscontro con una sua del 12 gennaio.<br />

Da questa sappiamo che è stato trasferito da Xuchang a Xiangxian, residenza<br />

principale del Vicariato, «residenza grande e <strong>com</strong>plicata», scrive padre <strong>Uccelli</strong>,<br />

che dopo pochi giorni <strong>di</strong> sbalor<strong>di</strong>mento, si trova bene e non manca <strong>di</strong> lavoro, in<br />

casa e fuori: «Se il Signore mi tiene sano, farò del mio meglio per <strong>com</strong>piere quel<br />

po’ <strong>di</strong> bene che mi sarà possibile, a vantaggio <strong>di</strong> queste povere creature».<br />

I motivi del cambiamento non ci sono noti, ma presumibilmente mons. Calza<br />

volle affidare a padre <strong>Uccelli</strong> la missione più importante, dove egli stesso risiedeva.<br />

Già la nomina a Xuchang aveva avuto lo scopo <strong>di</strong> collocarlo in quella che doveva<br />

<strong>di</strong>venire la sede stessa del Vicario apostolico; quando l’idea <strong>di</strong> trasferire il<br />

centro del Vicariato a Xuchang venne meno, <strong>Uccelli</strong> fu ritenuto l’<strong>uomo</strong> adatto per<br />

Xiangxian.<br />

Tra i tre<strong>di</strong>ci Padri presenti nel 1914-15, padre <strong>Uccelli</strong> era l’unico che avesse la<br />

maturità e le doti per essere nominato Vicario generale. Data la sua irriducibile ritrosia<br />

ad assumersi tale responsabilità, mons. Calza non gli <strong>di</strong>ede mai il titolo, ma<br />

lo usava ugualmente per <strong>com</strong>piti delicati; perciò lo troviamo talvolta a visitare le<br />

varie missioni o a sbrigare affari <strong>di</strong> interesse del Vicariato.<br />

Forse ci fu anche un altro motivo per il trasferimento: mons. Calza, non avendo<br />

potuto ottenere l’aiuto <strong>di</strong> Suore italiane, aveva pensato <strong>di</strong> fondare una Congregazione<br />

<strong>di</strong> suore cinesi; nel corso dell’anno 1913 o agli inizi del ’14, aveva scelto<br />

quattro ragazze per farne il primo nucleo della Congregazione. Erano Suen Agnese,<br />

Liu Filomena, Tsin Caterina e Chung Maria. In attesa <strong>di</strong> avere “in prestito” da<br />

un qualche Istituto femminile cinese una suora sperimentata, mons. Calza le aveva<br />

mandate a Xuchang e le aveva affidate al padre <strong>Uccelli</strong>, perché infondesse loro un<br />

po’ del suo amor <strong>di</strong> Dio e <strong>di</strong> zelo per le anime.<br />

Quando, dopo molto cercare, ottenne da mons. De Vienne, Vescovo <strong>di</strong> Chenting,<br />

Suor Lucia Ho <strong>com</strong>e Maestra delle novizie e Superiora del piccolo gruppo,<br />

mons. Calza volle che le prime aspiranti della nuova Congregazione avessero la<br />

residenza presso <strong>di</strong> sé, a Xiangxian, con la nuova Superiora, ma anche con padre<br />

<strong>Uccelli</strong> che ne continuasse la <strong>di</strong>rezione spirituale. Può far meraviglia che il padre<br />

<strong>Uccelli</strong>, nelle lettere, non parli mai <strong>di</strong> questo suo <strong>com</strong>pito, ma sappiamo che era<br />

suo programma <strong>di</strong> non parlare <strong>di</strong> ciò che poteva fargli onore; ve<strong>di</strong>amo, invece, che<br />

101


spesso parla delle suore e delle loro opere, <strong>com</strong>e <strong>di</strong> uno che ben conosce la situazione.<br />

Le prime quattro novizie faranno la professione religiosa il 12 agosto<br />

1916. 1<br />

Fino al maggio 1915 non abbiamo altre notizie da padre <strong>Uccelli</strong>. A fine gennaio<br />

erano arrivati in Cina i padri Ermenegildo Bertogalli e Alfredo Popoli, e padre<br />

<strong>Uccelli</strong> era stato incaricato <strong>di</strong> insegnare loro il cinese. Ancora una volta mons.<br />

Calza si rivolge a padre <strong>Uccelli</strong> per questo delicato <strong>com</strong>pito.<br />

Qualche tempo dopo, <strong>Uccelli</strong> scrive al Fondatore, <strong>di</strong>cendo che i due nuovi venuti<br />

sono ottimi per scienza e virtù e che sono un vero dono <strong>di</strong> Dio per la missione.<br />

Imparano bene il cinese, che egli insegna ogni giorno, e prevede che supereranno<br />

presto il maestro. Sanno anche adattarsi agli usi cinesi.<br />

Popoli rimarrà con lui e sarà una provvidenza, perché così egli potrà recarsi a<br />

visitare i vari villaggi, prendere contatto con i cristiani e restare fuori qualche<br />

giorno perché in residenza principale era presente il confratello. Non solo, ma troviamo<br />

anche che si reca in altre residenze, <strong>com</strong>e a Zhengzhou, a Luoyang e a Baichuan,<br />

presumibilmente per conto del Vescovo.<br />

Nell’anno 1915 le lettere al Fondatore sono più frequenti, forse per consolarlo<br />

della guerra in Europa. Due fratelli <strong>di</strong> <strong>Uccelli</strong> sono sotto le armi.<br />

In una lettera al Fondatore, accenna all’orfanotrofio in progetto a Zhengzhou e<br />

all’ospedale <strong>di</strong> Zhuma<strong>di</strong>an che l’Associazione per aiutare i Missionari Italiani<br />

all’estero vorrebbe passare ai Saveriani. Non esprime giu<strong>di</strong>zi, ma fa capire che<br />

non con<strong>di</strong>vide in tutto il parere degli altri. Si intrattiene invece sulle scuole, sulla<br />

necessità <strong>di</strong> avere suore estere per le scuole femminili superiori. Per insegnare inglese<br />

e francese dovrebbero essere <strong>di</strong> quelle nazionalità; ce ne vorrebbero poi alcune<br />

specializzate per la musica, il <strong>di</strong>segno e il ricamo… Sarebbe meglio cercarle<br />

in Cina tra quelle che sono già qui e che sono molto bene preparate.<br />

Parla poi <strong>di</strong> un giovane, molto promettente, che egli vorrebbe avviare al sacerdozio:<br />

«Ho poi il piacere <strong>di</strong> <strong>di</strong>re a Vostra Eccellenza che ho qui in residenza un<br />

giovane <strong>di</strong> 19 anni che è bravissimo e molto buono. In pochi mesi che stu<strong>di</strong>a il latino<br />

sotto <strong>di</strong> me, ne ha imparato quanto un me<strong>di</strong>ocre ne imparerebbe in tre anni.<br />

Ha molta voglia <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are e <strong>di</strong> pregare, e tutto il suo tempo lo impiega nello stu<strong>di</strong>o<br />

e nella preghiera, e anche nell’insegnare musica ai bambini della<br />

Sant’Infanzia. Questi sanno già cantare da soli la Messa degli Angeli e la Messa<br />

dei morti, nonché altri cantici liturgici. Detto giovane mi ha espresso più volte il<br />

desiderio <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are e <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare sacerdote. Da quanto mi pare, <strong>di</strong>rei che <strong>di</strong>ce il<br />

vero e che il Signore lo vuole al suo servizio. Se <strong>di</strong>ventasse prete, avremo un bravo<br />

missionario e un bravo musico, e la nostra missione ne avrebbe un grande vantaggio.<br />

Se potessi riuscire nel santo intento, mi pare che ne morirei <strong>di</strong> gioia».<br />

È la prima volta che nella Missione si parla <strong>di</strong> formare il clero cinese.<br />

Pochi giorni dopo, scrive <strong>di</strong> nuovo e ritorna sull’argomento che gli sta tanto a<br />

cuore:<br />

«Nell’ultima mia parlavo a Vostra Eccellenza <strong>di</strong> un giovane scolaro <strong>di</strong> ottime<br />

----------------<br />

1 GARBERO, I Missionari <strong>saveriani</strong> in Cina, pag. 155-157.<br />

102


speranze, poiché buono e molto intelligente. Io spero nel Signore e confido molto<br />

<strong>di</strong> poterlo mandare a scuola dei Gesuiti, e dopo sette o otto anni averlo qui, sacerdote<br />

pio e intelligente, a reggere le nostre scuole incipienti e ad aiutare Monsignore<br />

nel <strong>di</strong>sbrigo degli affari cinesi. L’amatissimo nostro Monsignore si trova ora a<br />

Pechino, non per <strong>di</strong>porto, ma per necessità. Gli ho scritto perché mi <strong>di</strong>ca <strong>com</strong>e la<br />

pensa circa il suddetto giovane e spero <strong>di</strong> averne presto una favorevole risposta.<br />

Come Vostra Eccellenza saprà, un altro giovane, <strong>di</strong> minore intelligenza ma <strong>di</strong><br />

pari virtù, ai primi <strong>di</strong> gennaio del corrente anno l’ho condotto a Hankou dai Padri<br />

Francescani, e anche su questo abbiamo fondate speranze. Vostra Eccellenza li ricor<strong>di</strong><br />

in modo speciale, perché possano riuscire a <strong>di</strong>ventare sacerdoti secondo il<br />

Cuore <strong>di</strong> Gesù».<br />

Purtroppo, nove mesi dopo, <strong>Uccelli</strong> dovrà scrivere che quell’ultimo giovane era<br />

morto: «Pochi giorni fa, qui a Xiangxian moriva un giovane studente <strong>di</strong> 20 anni,<br />

che possiamo <strong>di</strong>re <strong>di</strong> avere allevato noi in Chiesa. Era buono, intelligente, stu<strong>di</strong>oso<br />

e dava gran<strong>di</strong> speranze <strong>di</strong> <strong>di</strong>venire un sacerdote esemplare».<br />

È quello che <strong>Uccelli</strong> aveva condotto a Hankou nel seminario dei Francescani; i<br />

professori gli volevano molto bene perché stu<strong>di</strong>oso e virtuoso e perché dava segni<br />

<strong>di</strong> vera vocazione ecclesiastica. Era rimasto quasi un anno nel seminario e poi si<br />

ammalò <strong>di</strong> tisi. Tornato a casa, morì un mese dopo, con una morte e<strong>di</strong>ficante. <strong>Uccelli</strong><br />

aggiunge: «Il dolore che provai fu grande, ma il pensiero <strong>di</strong> avere un protettore<br />

in Cielo, mi consola non poco».<br />

Un pensiero emerge negli ultimi mesi del 1915: <strong>Uccelli</strong> sente il bisogno <strong>di</strong> un<br />

Regolamento che gui<strong>di</strong> tutti allo stesso modo, con grande vantaggio spirituale dei<br />

missionari ed e<strong>di</strong>ficazione dei cristiani. Cita l’esempio dei Lazzaristi che usufruiscono<br />

con utilità <strong>di</strong> un simile regolamento.<br />

Non sapeva quanto mons. Conforti stesse tribolando per quel Regolamento, che<br />

la Congregazione dei Religiosi non si decideva ad approvare. Tuttavia un abbozzo,<br />

per raccogliere il giu<strong>di</strong>zio dei missionari e i loro suggerimenti, arrivò in missione<br />

nel marzo del 1916. <strong>Uccelli</strong> lo lesse d’un fiato e scrisse subito al Fondatore,<br />

<strong>di</strong>cendo <strong>di</strong> averne ricevuto una santa impressione. Più tar<strong>di</strong> scriverà che, alla <strong>di</strong>scussione,<br />

si manifestarono due correnti e che ci volle la valentia <strong>di</strong> mons. Calza<br />

per far concordare le opinioni. Destò <strong>di</strong>scussione l’articolo che esigeva un superiore<br />

religioso, <strong>di</strong>stinto da quello ecclesiastico: già in altri Istituti si era instaurato<br />

il doppio regime e sembrava che fosse causa <strong>di</strong> confusione e <strong>di</strong> malumori. Ritorna<br />

sull’argomento in un’altra a Bonar<strong>di</strong> del 15 novembre.<br />

Intanto un po’ <strong>di</strong> pace era tornata in Cina. Gli eserciti governativi erano riusciti<br />

a sgominare il brigantaggio e la stagione prometteva bene. In una lettera a padre<br />

Bonar<strong>di</strong>, del settembre, c’è un cenno al fatto che il presidente della repubblica<br />

Yuan Shikai vuole <strong>di</strong>ventare imperatore; in altre lettere si accenna ai movimenti<br />

dei repubblicani del sud per impe<strong>di</strong>rlo. Un anno dopo, in giugno, padre <strong>Uccelli</strong><br />

scrive che Yuan Shikai è morto: «Non si sa <strong>com</strong>e. Chi crede si sia avvelenato e<br />

chi crede che lo abbiano avvelenato. Nessuno al presente lo sa, ma tutti pensano<br />

che non sia morto <strong>di</strong> morte naturale».<br />

103


Le notizie sono essenziali, ma vere ed erano confermate dalla stampa internazionale.<br />

Purtroppo con la morte <strong>di</strong> Yuan Shikai <strong>com</strong>incia per la Cina il periodo <strong>di</strong> lotte<br />

tra Generali, i cosiddetti Signori della guerra. Oltre alle lotte intestine, appaiono <strong>di</strong><br />

nuovo i briganti a dominare la scena.<br />

L’anno 1917 è un anno <strong>di</strong> freddo gran<strong>di</strong>ssimo, nell’inverno; nell’estate poi<br />

venne la siccità che imperversò per sette mesi, portando ad una grande carestia.<br />

Con la carestia sorsero <strong>di</strong> nuovo le calunnie contro i missionari. Una setta ha <strong>di</strong>ffuso<br />

dei pupazzetti <strong>di</strong> pasta, che rappresentano i missionari, da far bollire<br />

nell’acqua o friggere nell’olio <strong>di</strong> sesamo, mentre si cantano canzoni ingiuriose per<br />

loro e la Chiesa. Il Mandarino è intervenuto, ma l’effetto del suo intervento è stato<br />

scarso. Correva voce che anche sui briganti se la prendessero con la Chiesa e volessero<br />

<strong>di</strong>struggere le cappelle <strong>di</strong> Luoyang, Lushan e Ruzhou (Juchow, Zuchow).<br />

Malgrado queste ostilità, padre <strong>Uccelli</strong> continua a fare i suoi giri <strong>di</strong> missione e afferma<br />

<strong>di</strong> esserne rimasto contentissimo: «Pare che il Signore bene<strong>di</strong>ca anche questa<br />

cristianità che <strong>com</strong>incia a crescere con maggior celerità del solito. Al presente,<br />

mi è caro operare sempre in mezzo ai miei cristiani per istruirli, esortarli al bene,<br />

aiutarli nei loro bisogni sia spirituali che materiali. Non penso più alla residenza,<br />

perché c’è padre Popoli che si <strong>di</strong>simpegna benissimo e così io posso attendere con<br />

maggior sicurezza e con maggior bene alle missioni <strong>di</strong> fuori».<br />

A mons. Conforti in data 31 maggio 1917 dà anche notizie delle suore Giuseppine<br />

<strong>di</strong> mons. Calza: «Sei hanno fatto i voti, quattro li faranno presto e 17 sono in<br />

noviziato. La Congregazione è fiorente — aggiunge — e tutto fa sperare che sarà<br />

per la nostra missione una vera grazia del Signore». Parla anche della Superiora,<br />

che è una vecchia suora <strong>di</strong> Zhen<strong>di</strong>ng (Chenting-fu) ed è una santa persona.<br />

Accenna infine al progetto <strong>di</strong> mons. Calza <strong>di</strong> fondare un’altra Congregazione,<br />

una specie <strong>di</strong> Istituto secolare ante litteram, costituito da buone cristiane avanzate<br />

in età, con una certa istruzione religiosa, che si prestassero ad andare <strong>com</strong>e catechiste,<br />

da sole o a due e due, dove ci fosse bisogno. Da qualche in<strong>di</strong>zio sembrerebbe<br />

che l’idea fosse dello stesso padre <strong>Uccelli</strong>, che pensava alle catechiste che<br />

aveva conosciuto a Luyi-xian<br />

Nel luglio <strong>com</strong>incia la preoccupazione per la malattia <strong>di</strong> un Padre <strong>di</strong> circa 40<br />

anni, che lui chiama Re, forse dal nome cinese, ma del quale poi parla ripetutamente<br />

col nome proprio: si trattava del padre Disma Guareschi, in missione dal<br />

1907. Ne scrive a mons. Conforti il 4 luglio 1917. Padre Guareschi è preso da una<br />

specie <strong>di</strong> mania del denaro; vorrebbe ad<strong>di</strong>rittura cambiare missione per aiutare la<br />

sua famiglia. In una lettera seguente (1 agosto) <strong>di</strong>ce che “il Re” ha veramente perduto<br />

la testa. Non aveva in mente che accumulare denaro e oggetti preziosi. Purtroppo<br />

aveva un catechista cattivo, che pur <strong>di</strong> far sol<strong>di</strong> non badava né alla giustizia<br />

né all’onore del missionario. Il catechista fece mettere in prigione un cristiano per<br />

motivi futili; questi, quando fu rilasciato, proclamò a tutti la sua innocenza, mettendo<br />

in cattiva luce il catechista e con lui anche il missionario. Il Padre andò su<br />

tutte le furie e, con <strong>di</strong>fficoltà, <strong>Uccelli</strong> riuscì a trattenerlo a Xiangxian, <strong>di</strong>cendo che<br />

104


avrebbe mandato Popoli a regolare la faccenda. «È <strong>di</strong>ventato pretenzioso e prepotente,<br />

scriveva <strong>Uccelli</strong>, ed esce in escandescenze, se non lo si accontenta in tutto».<br />

Padre <strong>Uccelli</strong> pensa che abbia proprio persa la testa. Scrive a Bonar<strong>di</strong>: «È impossibile<br />

che lei possa farsi un’idea <strong>di</strong> quanto ho sofferto, nel vedere questo confratello<br />

così esaltato e quasi furente. Ho passato <strong>di</strong>versi giorni quasi <strong>di</strong> purgatorio. Speriamo<br />

che non abbiano a ripetersi».<br />

Finalmente riuscirono a convincerlo a farsi visitare da un me<strong>di</strong>co. Padre <strong>Uccelli</strong>,<br />

ai primi <strong>di</strong> settembre, lo condusse a Zhengzhou dal dott. Bukens, amico della<br />

missione. Il dottore non fece che constatare il grave <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne mentale del Padre e<br />

<strong>di</strong>sse che non era più in grado, assolutamente, <strong>di</strong> reggere una missione. <strong>Uccelli</strong> lo<br />

condusse poi a Shanghai, all’ospedale <strong>di</strong> Santa Maria; medesima sentenza; anzi,<br />

consiglio <strong>di</strong> mandarlo al più presto in Italia.<br />

Malgrado tutto, mons. Calza decise <strong>di</strong> attendere ancora e l’ammalato venne affidato<br />

alla pazienza <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong> a Xiangxian. Dopo qualche tempo, <strong>Uccelli</strong><br />

scrisse che il confratello era un poco migliorato, ma non guarito. Nel suo squilibrio<br />

mentale, esagerava nel mangiare e nel bere, e a un certo momento venne colpito<br />

da attacchi epilettici sempre più frequenti. Finalmente, dopo un paio d’anni,<br />

decisero <strong>di</strong> mandarlo in Italia, e non molto dopo lasciò l’Istituto. Ciò avvenne dopo<br />

che padre <strong>Uccelli</strong> aveva lasciato la Cina.<br />

A Shanghai, nell’ottobre 1917, quando vi condusse il padre Guareschi, <strong>Uccelli</strong><br />

ebbe l’occasione <strong>di</strong> incontrare un grande <strong>uomo</strong> e ottimo cristiano, Giuseppe Lo<br />

Pahong, detto il Cottolengo della Cina. Era un ricco industriale che aveva costruito<br />

e gestiva opere <strong>di</strong> carità per i malati e i derelitti. 2<br />

Non possiamo <strong>di</strong>re se sia stata la gentilezza <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong> ad attirare<br />

l’attenzione <strong>di</strong> Lo Pahong sulle opere e <strong>di</strong>fficoltà delle missione <strong>di</strong> mons. Calza o<br />

se egli ne fosse già a conoscenza; sappiamo solo che la cattedrale <strong>di</strong> Zhengzhou,<br />

costruita nel 1922, fu dovuta alla sua munificenza.<br />

<strong>Uccelli</strong> scrive al Fondatore:<br />

«Ho il piacere <strong>di</strong> <strong>di</strong>re a Vostra Eccellenza Ill.ma e Rev.ma che a Shanghai,<br />

senza alcun mio merito, ho potuto fare un pochino <strong>di</strong> fortuna. Un ottimo cristiano<br />

cinese (non ne <strong>di</strong>ce il nome) mi ha dato 100 lire per una Santa Messa e più <strong>di</strong> 800<br />

da portare al mio veneratissimo Monsignore; in<strong>di</strong> una bellissima statua in legno <strong>di</strong><br />

San Giuseppe, del costo <strong>di</strong> 200 lire; e quando stavo per partire, sempre<br />

quell’ottimo benefattore, mi ha portato il suo ritratto e 50 lire per un’altra Messa.<br />

Mi ha detto che è stato felice <strong>di</strong> aver fatto la mia conoscenza e che, <strong>di</strong> tanto in tanto,<br />

mi manderà ancora qualche cosa. Da questo Vostra Eccellenza può chiaramente<br />

conoscere che anche in Cina vi sono dei buoni e generosi cristiani».<br />

Al suo aiutante in campo, il padre Alfredo Popoli, <strong>Uccelli</strong> in due lettere, del 23<br />

e del 26 settembre, <strong>di</strong>ce qualche cosa <strong>di</strong> più. In fatto <strong>di</strong> opere, ha veduto «mirabilia<br />

magna». Ha veduto l’Università cattolica “Aurora”, le altre opere della Chiesa<br />

e quelle fondate da Lo Pahong.<br />

Questi, un giorno era andato a prenderlo con la sua automobile, lo aveva porta-<br />

----------------<br />

2 MASSON S. J., Lo Pahong, storia <strong>di</strong> un milionario, Parma, ISME, 1953.<br />

105


to a pranzo con sé, e il giorno dopo l’aveva condotto a visitare la città e, in ultimo,<br />

gli aveva fatto vedere la “Piccola Opera della Divina Provvidenza”, da lui fondata.<br />

L’aveva chiamata così, ispirandosi al Cottolengo <strong>di</strong> Torino. «Quel signore mi ha<br />

condotto là e mi ha servito la Santa Messa, insieme col suo segretario, e tutti e due<br />

in cotta. È il nuovo Cottolengo cinese».<br />

Lo Pahong era padrone delle centrali elettriche della città e possedeva pure una<br />

Compagnia <strong>di</strong> navigazione. I proventi <strong>di</strong> queste attività finivano in gran<strong>di</strong> opere<br />

sociali e religiose, ospedali, orfanotrofi, scuole.<br />

Non sappiamo se la devozione <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong> verso san Giuseppe sia sorta<br />

vedendo la fiducia che quell’industriale riponeva nel Santo Patriarca, o se semplicemente<br />

gli sia stata aumentata da quell’esempio. Significativo è il fatto che sia<br />

partito da Shanghai, portando con sé una statua del Santo.<br />

L’incontro con Lo Pahong gli ha lasciato tanta dolce impressione che ne scrive<br />

anche a Melania:<br />

«Nel momento medesimo in cui ricevevo la sua carissima, mi arrivava pure<br />

una lettera <strong>di</strong> quel signore <strong>di</strong> Shanghai che, quando fui là, mi trattò coi guanti gialli.<br />

In detta lettera vi era un biglietto <strong>di</strong> banca per riscuotere dollari 200 (il dollaro<br />

ora vale lire 4,30). Vede anche lei che tra i cinesi si trovano anime sante che <strong>di</strong>menticano<br />

se stesse per aiutare le Missioni. Quel signore è veramente un santo e<br />

lavora immensamente per la maggior gloria <strong>di</strong> Dio e per il bene dei poveri <strong>di</strong>seredati<br />

e delle Missioni. Lo rac<strong>com</strong>ando <strong>di</strong> cuore alle sue fervide preci».<br />

L’amicizia con Lo Pahong durerà per tutto il tempo in cui padre <strong>Uccelli</strong> rimase<br />

in Cina e si concluse — <strong>com</strong>e ultimo incontro su questa terra — a Shanghai nel<br />

novembre-<strong>di</strong>cembre 1919, in occasione del suo imbarco per tornare in Italia. Là il<br />

generoso benefattore volle mostrare il suo affetto verso padre <strong>Uccelli</strong> e, nella sua<br />

generosità, gli <strong>di</strong>ede il corrispondente <strong>di</strong> 5.000 lire per costruire a Xiangxian,<br />

presso il conventino delle suore, una cappella a San Giuseppe, aggiungendo altre<br />

1.000 lire per l’altare. Gli fece anche dono <strong>di</strong> due belle statue che <strong>Uccelli</strong> calcola<br />

costassero 800 lire. Poi finì per pagargli l’intero viaggio per l’Italia, equivalente a<br />

1.800 lire. Tutte queste cose scrive padre <strong>Uccelli</strong> al Fondatore, concludendo con<br />

queste parole:<br />

«Questo ottimo signore mi ha dato quanto gli ho chiesto, anzi <strong>di</strong> più, perché io<br />

non gli avevo neppure parlato delle statue e fu lui che spontaneamente me le ha<br />

offerte. Appena arrivato a Shanghai, mi è venuto a trovare e mi ha così generosamente<br />

trattato. È un vero Homo Dei che non fa che del bene e specialmente là dove<br />

il bisogno è più grande. Oremus pro eo». 3<br />

Padre <strong>Uccelli</strong> approfittò della permanenza a Shanghai per farsi cavare cinque<br />

denti che lo facevano molto soffrire. Non era la prima volta che soffriva <strong>di</strong> mal <strong>di</strong><br />

denti e non fu l’ultima. Qui incontrò pure delle zanzare «assetate del suo sangue<br />

italiano», e anche questo incontro non era la prima volta. Scrive: «I denti e…le<br />

zanzare mi fanno passare momenti veramente critici. Tutto ad maiorem Dei glo-<br />

----------------<br />

3 Giuseppe Lo Pahong durante la guerra col Giappone, nel 1937, fu ucciso da un fanatico cine-<br />

se che lo riteneva collaborazionista.<br />

106


iam!».<br />

Il 1918 non segna molte novità. Le lettere a padre Popoli sono molto numerose<br />

e trattano <strong>di</strong> affari o <strong>di</strong> vicende della missione. Un cenno alla sua salute è nella lettera<br />

del 17 maggio:<br />

«Io sto more solito o quasi; un po’ sossopra, ma spero sarà affare <strong>di</strong> pochi giorni.<br />

Se non fosse per il timore <strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbare sia i Superiori che i confratelli, desidererei<br />

davvero <strong>di</strong> fare una buona malattia per farmi, con la grazia <strong>di</strong> Dio, un po’ <strong>di</strong><br />

meriti. Se poi al Signore piacesse chiamarmi a Sé, allora poi sarei colmo <strong>di</strong> gioia e<br />

canterei anch’io, pieno <strong>di</strong> speranza: Laetatus sum in iis quae <strong>di</strong>cta sunt mihi…».<br />

Il 16 giugno scrisse al Fondatore, dandogli notizie sui confratelli e sulla situazione<br />

generale della Cina. «Si <strong>com</strong>batte accanitamente tra il sud e il nord. In un<br />

solo giorno si ebbero 8.000 morti e moltissimi feriti. Il Henan è ancora in pace».<br />

Scrive anche per appoggiare la richiesta <strong>di</strong> mons. Calza che sollecitava il ritorno<br />

<strong>di</strong> padre Sartori, che sarebbe stato <strong>di</strong> molta utilità alla missione; <strong>Uccelli</strong> pensa<br />

che potrebbe fare da Vicario generale.<br />

107


IL RITORNO IN ITALIA<br />

(1919)<br />

Cenni velati <strong>di</strong> un provve<strong>di</strong>mento a suo riguardo, a una croce che si preparava<br />

per lui, appaiono nelle lettere a Melania <strong>di</strong> aprile, settembre e ottobre 1918. In<br />

quella <strong>di</strong> ottobre scrive: «Dico solo che non so <strong>di</strong> qual morte debbo presto morire.<br />

Quando riceverà questa mia, saprà già che ne sarà del povero don <strong>Uccelli</strong>».<br />

Il 21 febbraio 1919 i Padri erano radunati a Xiangxian per gli Esercizi spirituali.<br />

Padre <strong>Uccelli</strong> ha un forte mal <strong>di</strong> denti e una buona febbre. Il 3 aprile scrive a<br />

padre Popoli una frase misteriosa: «Non so quale vento vuole sra<strong>di</strong>care <strong>di</strong>verse<br />

piante, non molte per fortuna, e le vuole portare assai lontano. Le più giovani,<br />

perché non hanno ra<strong>di</strong>ci, e le più vecchie, alle quali le ra<strong>di</strong>ci non servono più, devono<br />

stare sull’attenti». Il 18 giugno riprende l’argomento: «Saprà che il cielo è<br />

un po’ grigio e che fra poco una bufera sra<strong>di</strong>cherà qualche albero e lo porterà assai<br />

lontano».<br />

In una lettera del 22 giugno scrive chiaramente a padre Popoli che si attende<br />

Sartori <strong>di</strong> ritorno dall’Italia per fungere da Vicario generale. «Se egli viene, Lei e<br />

il sottoscritto dovremo rimpatriare. Ciò risulta chiaro da una lettera del Superiore<br />

generale». 1<br />

Mons. Calza aveva scritto due lettere al Fondatore sul problema del Vicario<br />

generale, il 1° e il 10 febbraio 1918. Tra i presenti non trovava chi godesse la fiducia<br />

dei confratelli. Il <strong>com</strong>pito richiedeva particolari doti e anche una notevole<br />

forza morale, per affrontare immancabili <strong>di</strong>spiaceri e <strong>di</strong>fficoltà. Proponeva quin<strong>di</strong><br />

il ritorno in Cina <strong>di</strong> padre Sartori che potrebbe essere sostituito da qualche altro<br />

missionario a cui non mancavano le qualità richieste per essere un buon Direttore<br />

spirituale. Fa il nome <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong>, il quale nel contempo potrebbe darsi alla<br />

propaganda missionaria in favore della Missione. PADRE <strong>Uccelli</strong> ha molti amici<br />

tra il clero e il laicato <strong>di</strong> Reggio e potrebbe veramente aiutare la Missione che si è<br />

molto indebitata nel periodo della guerra europea. Mons. Calza, per giustificare il<br />

sacrificio <strong>di</strong> privarsi <strong>di</strong> un buon missionario, scrive che per la Missione dei Padri<br />

<strong>di</strong> Milano, lo stesso Vicario apostolico, mons. Tacconi, si è recato in Italia a raccogliere<br />

fon<strong>di</strong>. 2<br />

A queste lettere facevano riscontro quelle <strong>di</strong> mons. Conforti nelle quali si <strong>di</strong>ceva<br />

che padre Sartori era <strong>di</strong>sponibile per la Cina, benché perplesso sulla carica <strong>di</strong><br />

Vicario generale; dovranno, invece, rientrare in Italia, <strong>com</strong>e Direttore spirituale in<br />

----------------<br />

1 Questa lettera a padre Popoli che già ebbi in mano non <strong>com</strong>pare nell’epistolario trascritto nei<br />

volumi del Processo.<br />

2 Mons. CALZA a Conforti, 10.2.1919, Archivio Saveriano <strong>di</strong> Roma, cartella Calza.<br />

109


Casa Madre, e padre Popoli per <strong>di</strong>venire rettore della Casa apostolica <strong>di</strong> Vicenza,<br />

<strong>di</strong> prossima apertura. Al Vicariato, oltre al ritorno <strong>di</strong> padre Sartori, verrà mandato<br />

il giovane padre Giovanni Gazza, <strong>di</strong> buone speranze 3 . In una successiva lettera a<br />

Conforti del 1 luglio 1919, mons. Calza esprime il parere <strong>di</strong> far partire ugualmente<br />

padre <strong>Uccelli</strong> per l’Italia, anche nel caso che Sartori non accettasse <strong>di</strong> ritornare in<br />

Cina. Ciò faceva parte <strong>di</strong> una specie <strong>di</strong> <strong>com</strong>promesso, per cui mons. Calza si faceva<br />

incontro alle necessità dell’Istituto, privandosi <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong>, ma contando<br />

nella sua opera <strong>di</strong> propagan<strong>di</strong>sta per aiuti economici. Si rassegnava al non ritorno<br />

<strong>di</strong> padre Sartori, pur <strong>di</strong> conservare in missione il giovane promettente padre Alfredo<br />

Popoli, <strong>di</strong> cui aveva notato le esimie qualità e che vorrebbe farne il suo segretario<br />

e in seguito il Vicario generale.<br />

La lettera <strong>di</strong> Conforti, con cui si <strong>com</strong>unicava la decisione del ritorno in Italia <strong>di</strong><br />

PADRE <strong>Uccelli</strong>, probabilmente del luglio-agosto 1919, è andata perduta, insieme<br />

ad altre del medesimo periodo. Il richiamo <strong>di</strong> padre Popoli fu invece rimandato.<br />

La decisione ultima, fu <strong>com</strong>unicata con telegramma. Scrive infatti padre <strong>Uccelli</strong><br />

alla Melania in data 8 settembre:<br />

«Un telegramma, arrivato ieri sera, mi chiama a casa nel nostro Istituto <strong>di</strong> Parma.<br />

Questo richiamo che già da tempo prevedevo, ma che non osavo <strong>di</strong>re a nessuno,<br />

non mi fa alcuna impressione. Avevo già promesso, e più volte, al Signore <strong>di</strong><br />

fare sempre e in tutto la volontà dei miei Superiori, e <strong>di</strong> morire prima <strong>di</strong> rifiutarmi<br />

a fare quanto essi mi <strong>com</strong>an<strong>di</strong>no; con questo pensiero portai più facilmente la mia<br />

croce che mai mi abbandona.<br />

La mia fantasia vorrebbe pensare tante cose, ma cerco <strong>di</strong> tenerla a dovere e in<br />

umiltà, col pensiero che questo richiamo è forse un castigo che il Signore mi infligge<br />

per tutto il male che qui in Cina non dovevo fare e ho fatto, e per tutto il<br />

bene che avevo obbligo <strong>di</strong> fare e non ho fatto. Preghi, mia <strong>di</strong>lettissima sorella,<br />

preghi molto perché tornando in Europa, ritorni col cuore pieno <strong>di</strong> Dio e possa,<br />

con lo zelo indefesso, riparare alla poca attività spiegata qui a gloria <strong>di</strong> Dio e al<br />

bene delle anime. I propositi sono belli e buoni, ma avrò poi la forza e la costanza<br />

<strong>di</strong> mantenerli usque ad mortem?».<br />

Aggiunge, infine, che venendo in Cina con l’unico scopo <strong>di</strong> fare del bene a se<br />

stesso e alle anime, pensava che ciò significasse santificarsi, ma l’esperienza <strong>di</strong><br />

tre<strong>di</strong>ci anni gli aveva insegnato che si sbagliava e non poco. Si propone al ritorno<br />

<strong>di</strong> andare al santuario della Beata Vergine della Pietra in Castelnovo Monti, per<br />

ringraziare la Madonna per tutte le grazie ricevute per sua intercessione nel periodo<br />

<strong>di</strong> Cina e per ottenere la sua protezione per i <strong>com</strong>piti che gli saranno assegnati<br />

in Italia.<br />

Il 9 settembre, un giorno dopo aver scritto questa lettera, PADRE <strong>Uccelli</strong> lasciava<br />

per sempre la sua cara cristianità <strong>di</strong> Xiangxian. Ma qui dobbiamo lasciare<br />

la parola a un testimone oculare, il padre Disma Guareschi. Riportiamo da Fede e<br />

Civiltà.<br />

«Il padre <strong>Uccelli</strong> si trovava in Cina da 15 anni e da circa cinque teneva la <strong>di</strong>re-<br />

----------------<br />

3 TEODORI, Lettere a mons. Luigi Calza s.x., 25.6.1918, pag. 126 e 30.4.1919, pag. 129.<br />

110


zione della Missione <strong>di</strong> Xiangxian, città residenziale del Vicario Apostolico.<br />

In questo tempo egli si era talmente cattivato l’affetto e la venerazione <strong>di</strong> tutti,<br />

<strong>com</strong>presi i pagani e le autorità locali, che quando annunciò la partenza sua per<br />

l’Italia, si levò unanime una voce <strong>di</strong> accoramento e dolore. Quelli però che più<br />

sentivano rincrescimento per tale partenza, furono i suoi cristiani che non sapevano<br />

assolutamente rassegnarsi e che solo, in seguito a una vaga promessa <strong>di</strong> presto<br />

ritorno, in<strong>com</strong>inciarono ad acquietarsi.<br />

Subito <strong>com</strong>inciarono le manifestazioni <strong>di</strong> amicizia a cui tutta la città partecipò.<br />

I mandarini, tanto civili che militari, <strong>di</strong>edero suntuosi banchetti in suo onore e gli<br />

presentarono regali <strong>di</strong> pregio. Anche altri cristiani e pagani invitarono il caro Padre<br />

a pranzo, oppure, secondo il costume del paese, gli inviarono in residenza il<br />

pranzo bell’e pronto. Gli altri cristiani della città e della campagna, nessuno eccettuato,<br />

non mancarono <strong>di</strong> presentare al Padre un pegno del loro amore, un qualche<br />

pur piccolo regalo. Sapendosi poi che il padre <strong>Uccelli</strong> raccoglieva oggetti per il<br />

Museo etnografico cinese dell’Istituto <strong>di</strong> Parma, vari si affrettarono ad aiutarlo<br />

nella ricerca <strong>di</strong> tali articoli, in modo che buona parte degli oggetti che egli portò in<br />

Italia, la si deve alla generosità dei cinesi stessi.<br />

Giunse finalmente il momento della partenza. Le autorità civili e militari avevano<br />

mandato le loro rappresentanze e i cristiani tutti si trovavano presenti. Essi<br />

avevano organizzato una vera manifestazione. Il corteo era formato da una lunga<br />

fila <strong>di</strong> ogni genere <strong>di</strong> persone. Il padre <strong>Uccelli</strong> era portato in lettiga, il padre Popoli<br />

e il sottoscritto in carro, e similmente molti cristiani; altri poi venivano a cavallo.<br />

Il suono della banda cinese, che seguiva il corteo, era intercalato dallo scoppio<br />

<strong>di</strong> migliaia e migliaia <strong>di</strong> spari d’artifizio, mentre gruppi <strong>di</strong> ban<strong>di</strong>ere stendevano<br />

all’aria i loro colori vivaci.<br />

Lungo le vie della città, erano preparate numerosissime tavole con imban<strong>di</strong>te le<br />

vivande più gustose, che naturalmente il Padre non poteva gustare, ma che non<br />

pertanto i buoni cinesi non mancarono <strong>di</strong> esporre per mostrare il loro cuore riconoscente.<br />

Il corteo ac<strong>com</strong>pagnò il Padre per circa due chilometri fuori della città. Fermatisi<br />

tutti per qualche istante, si fecero fotografie <strong>com</strong>memorative e si <strong>di</strong>edero gli<br />

ultimi ad<strong>di</strong>i, che furono veramente <strong>com</strong>moventi. Non pochi avevano le lagrime<br />

agli occhi e scoppiarono ad<strong>di</strong>rittura in pianto all’ultimo momento.<br />

Ma se noi, e la maggior parte degli intervenuti, ritornammo in<strong>di</strong>etro dopo ciò,<br />

non così fecero i poveri, maggiormente beneficati dal padre <strong>Uccelli</strong>. Essi lo seguirono<br />

ancora per lungo tempo, sempre piangendo e non sapevano staccarsi da lui.<br />

Noi auguriamo tante buone cose al Padre che ci ha lasciati e, per suo tramite,<br />

man<strong>di</strong>amo un saluto, un augurio e un ringraziamento ai nostri cari, agli amici e ai<br />

benefattori». 4<br />

Da Xuchang <strong>Uccelli</strong>, invece <strong>di</strong> prendere il treno per Hankou, prese quello per<br />

Zhengzhou, per salutare i confratelli <strong>di</strong> quella e <strong>di</strong> altre residenze, prima <strong>di</strong> lascia-<br />

----------------<br />

4 GUARESCHI Disma, in “Fede e Civiltà”, XVII(1920), pag. 63.<br />

111


e la Cina. Invia una lettera a padre Popoli — senza data, <strong>com</strong>e succede spesso —,<br />

ma del 10 o 12 <strong>di</strong> settembre. Scrive:<br />

«Dalla prima stazione Le invio un cor<strong>di</strong>alissimo saluto e mille centinaia <strong>di</strong> sentiti<br />

ringraziamenti per quanto ha fatto per me, sempre, ma più specialmente in<br />

questa ultima in<strong>di</strong>menticabile circostanza. Sicut nolebam ita factum est, e ora che<br />

la cosa è fatta, ne sono contento, perché spero che anche da quella esteriorità il<br />

Signore ne caverà del bene.<br />

La prego <strong>di</strong> ringraziare prima <strong>di</strong> tutto Sua Eccellenza Ill.ma e Rev.ma, nonché<br />

tutti i maestri, gli scolari, i loro “kouci tchieng”, e in fine tutti i cristiani per il “fisin”<br />

che hanno fatto, e assicurarli della mia imperitura riconoscenza e del povero<br />

aiuto delle mie preghiere.<br />

Lei poi avrà la bontà <strong>di</strong> perdonarmi tutti i <strong>di</strong>sturbi e i <strong>di</strong>spiaceri che immancabilmente,<br />

anche senza volerlo, Le avrò dato, e <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>carsi con pregare con maggior<br />

fervore per me.<br />

Aiutiamoci scambievolmente con la preghiera e così, benché tanto lontani col<br />

corpo, saremo vicinissimi <strong>di</strong> cuore e <strong>di</strong> mente e otterremo tutte quelle grazie che<br />

ci abbisognano. Mando alle Suore due stoppini per lampada e due “wan” (10.000)<br />

<strong>di</strong> ringraziamenti per quanto Lei ben sa.<br />

Col cuore in rivoluzione e con gli occhi pieni <strong>di</strong> lacrime, La saluto, la bacio e<br />

l’abbraccio fortemente».<br />

Non sappiamo se per “prima stazione” intenda Xuchang oppure Zhengzhou,<br />

dove ha fatto sosta.<br />

Lo troviamo poi a Honan-fu, cioè a Luoyang, dove è andato a salutare «il carissimo<br />

padre Pelerzi, quasi guarito del suo ginocchio». Di là scrive ancora a padre<br />

Popoli a Xiangxian, pregandolo <strong>di</strong> mandargli a Xuchang, al suo passaggio il lunedì<br />

seguente, una bottiglietta del loro ottimo aceto che avrebbe usato con l’aglio<br />

contro il mal <strong>di</strong> mare.<br />

In viaggio per Hankou fece sosta a Xuchang. Probabilmente andò alla missione<br />

e là trovò la lettera <strong>di</strong> saluto <strong>di</strong> mons. Calza che gli scriveva <strong>di</strong> essere entrato nella<br />

camera che era sua e <strong>di</strong> aver provato un certo senso indescrivibile «e tante altre<br />

cosette troppo superiori ai miei meriti… Presente padre Brambilla, <strong>di</strong>e<strong>di</strong> proprio<br />

in uno scoppio <strong>di</strong> pianto che non potei trattenere. Lessi poi la <strong>di</strong> Lei carissima e<br />

<strong>com</strong>e ben capisce, seguitò a piovere sul bagnato». Questa lettera è <strong>di</strong>retta al padre<br />

Popoli al quale rac<strong>com</strong>anda anche <strong>di</strong> tenere segreto quanto gli aveva detto in camera,<br />

la mattina della partenza e <strong>di</strong> fargli sapere che cosa pensa monsignore nel<br />

caso che non tornasse padre Sartori: lo spauracchio <strong>di</strong> essere chiamato a fare il<br />

Vicario generale lo preoccupa ancora. «In coscienza non me la sentirei e sarei<br />

pronto a fare non so che cosa piuttosto che mettermi in un imbarazzo simile».<br />

Arrivato a Hankou il giorno 18, alloggiò presso i Frati Francescani, <strong>di</strong> cui i Saveriani<br />

si servivano anche per le spe<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> materiale in Italia. Il Procuratore è<br />

stato gentilissimo; lo ha sempre messo al secondo posto (dopo il Superiore), anche<br />

se erano presenti missionari francesi e si è mostrato pieno <strong>di</strong> riguar<strong>di</strong> verso <strong>di</strong> lui.<br />

Vorrebbe mandare a padre Popoli tante belle cose; gli <strong>com</strong>prerà il libro richiesto e<br />

112


gli manderà 20.000 grani per far corone e la relativa tenaglietta… «Più mi allontano<br />

dalla Missione e più mi sento <strong>di</strong> amarla».<br />

Nuova lettera da Nanchino con un pensiero per le suore cinesi. Ha un forte mal<br />

<strong>di</strong> testa; dentro la cabina e in sala si brucia dal caldo e fuori si gela. Sembra che il<br />

viaggio da Hankou a Shanghai sia stato fatto in battello. Il 28 o 29 è a Shanghai e<br />

ha la delusione <strong>di</strong> sentir <strong>di</strong>re che non si sa quando partirà la nave per l’Europa.<br />

C’è un gran freddo, per fortuna ha gli abiti imbottiti che gli hanno fatto le suore.<br />

Per quin<strong>di</strong>ci giorni non si è sentito bene. Non potendo uscire per il freddo si è<br />

fermato spesso in biblioteca a leggere. Nell’interminabile tempo <strong>di</strong> attesa, <strong>Uccelli</strong><br />

ha pensato <strong>di</strong> scrivere al Fondatore la sua ultima lettera dalla Cina. È in data 6 <strong>di</strong>cembre.<br />

Dice <strong>di</strong> trovarsi ospite dei Padri Lazzaristi che lo trattano con una carità<br />

veramente cristiana. Spera <strong>di</strong> partire il 23 <strong>di</strong>cembre con la nave “André Le Bon”<br />

che farà scalo a Marsiglia. Esprime poi i suoi sentimenti riguardo all’obbe<strong>di</strong>enza<br />

che gli è stata impartita:<br />

«Circa poi al mio ritorno non ho nulla da <strong>di</strong>re, se non manifestare a Vostra Eccellenza<br />

Ill.ma e Rev.ma i miei timori e le mie speranze. Se penso alla mia poca<br />

virtù, alle mie forze fisiche e spirituali che lasciano tanto a desiderare, creda, Eccellenza,<br />

che ho proprio argomento da sgomentarmi. Se poi rifletto che io non<br />

c’entro che passivamente in questa <strong>di</strong>sposizione e che non faccio che obbe<strong>di</strong>re alla<br />

volontà del Signore, che mi viene manifestata per mezzo dei miei Superiori, mi<br />

tranquillizzo un po’ e prendo speranza che, con l’aiuto del Signore, potrò fare un<br />

po’ <strong>di</strong> bene. Vengo con l’intenzione <strong>di</strong> fare del bene e <strong>di</strong> farne molto, ma sempre<br />

sotto l’obbe<strong>di</strong>enza. Mi è caro <strong>di</strong>rLe che sono <strong>di</strong>sposto a ritornare ancora in Missione<br />

<strong>com</strong>e a rimanere per sempre nell’Istituto per la ragione che Le <strong>di</strong>cevo, cioè<br />

perché mi piace obbe<strong>di</strong>re. Spero, anzi fin d’ora prego Vostra Eccellenza che mi<br />

aiuti, sia con le sue sante preghiere sia con i suoi illuminati consigli, a fare il mio<br />

dovere».<br />

Il 13 <strong>di</strong>cembre scrive a Popoli: «Post multa et quasi infinita saecula, Le posso<br />

finalmente <strong>di</strong>re che il giorno 25 corrente, solennità del Santo Natale, partirò. Questa<br />

volta pare una cosa certa».<br />

<strong>Uccelli</strong> partì infatti il 25 <strong>di</strong>cembre, con varie casse <strong>di</strong> oggetti per il Museo;<br />

giunse a Parma il 7 febbraio 1920, accolto in festa. Andò a salutare il vecchio padre,<br />

poi si recò a Vicenza, dove si trovava una sua antica amicizia, il padre Antonio<br />

Sartori, fondatore della Casa Apostolica e Rettore della medesima. Su suggerimento<br />

<strong>di</strong> Sartori si recò a Cremona a ossequiare un grande benefattore della Casa,<br />

mons. Giulio Ratti. Di qui tornò a Parma ad assumere il <strong>com</strong>pito <strong>di</strong> Direttore<br />

spirituale, che <strong>di</strong>verrà assai importante con l’istituzione del primo Noviziato<br />

dell’Istituto, iniziatosi ufficialmente il 6 settembre 1920, con 22 novizi. 5<br />

----------------<br />

5 Cronistoria della Scuola apostolica <strong>di</strong> Vicenza, in “Vita nostra”, Bollettino privato dell’ Istituto<br />

S. Francesco Saverio per le Missioni Estere, Parma, Febbraio 1920, pag. 6.<br />

113


SGUARDO RETROSPETTIVO<br />

Volendo raccogliere le impressioni che nascono dalla lettura dell’epistolario<br />

del padre <strong>Uccelli</strong> nel periodo della Cina, si nota <strong>com</strong>e ben raramente racconti<br />

qualche cosa <strong>di</strong> sé; per cui ci sembra <strong>di</strong> trovarci <strong>di</strong> fronte ad un <strong>uomo</strong> occupatissimo<br />

per mille cose, ma <strong>di</strong> cui non sapremo mai che cosa veramente abbia fatto.<br />

Per esempio, nelle sue visite ai villaggi che cosa gli è successo? <strong>com</strong>e si <strong>com</strong>portava?<br />

quali risultati aveva ottenuto? Mancano notizie specialmente degli ultimi<br />

anni <strong>di</strong> missione.<br />

Troviamo annotato un fatto che sembrerebbe miracoloso. Chiamato per<br />

l’unzione degli infermi, vede il malato che, subito dopo ricevuto il sacramento, si<br />

alza, si veste e ac<strong>com</strong>pagna il Padre per un tratto <strong>di</strong> strada: «Effetto pro<strong>di</strong>gioso<br />

dell’estrema unzione», scrive padre <strong>Uccelli</strong> e sottolinea la frase, ma subito dopo<br />

aggiunge a <strong>com</strong>mento: «Mi rincresceva per i miei 40 ly che avevo fatto» 1 .<br />

L’interpretazione è evidente, per chi conosce o ha sentito <strong>di</strong>re <strong>com</strong>e si svolgono, a<br />

volte, queste faccende in Cina.I cristiani chiamano per l’unzione degli infermi e il<br />

missionario corre in fretta, facendo 20-25 chilometri in bicicletta, magari per strade<br />

infami, per arrivare in tempo — <strong>com</strong>e ha fatto quella volta il nostro <strong>Uccelli</strong> —<br />

e quando arriva, trova il malato che lo accoglie sorridente e in gran forma: tanto è<br />

il loro desiderio <strong>di</strong> ricevere il sacramento!<br />

Piuttosto sembra che <strong>di</strong> miracoli ne <strong>com</strong>pisse una certa bottiglietta che egli portava<br />

sempre con sé; non ne parla mai nelle lettere, ma a noi ragazzi, a Vicenza, <strong>di</strong>ceva<br />

spesso: «Vedete, i cinesi sono molto devoti dell’acqua santa e tante volte ottengono<br />

veri miracoli. Perciò io la portavo sempre con me in una bottiglietta piccola<br />

piccola»; e ce la faceva vedere. Noi non sapevamo che quelle bene<strong>di</strong>zioni che<br />

lui faceva con quell’acqua benedetta sui malati, a Vicenza e <strong>di</strong>ntorni, o su qualche<br />

indumento, producevano mirabili guarigioni. Forse così avveniva anche in Cina.<br />

Non parla, per esempio, dei suoi incontri col <strong>di</strong>avolo, perché il Vescovo lo deve<br />

avere incaricato <strong>di</strong> fare l’esorcista. A noi ha raccontato un fatto, ma solo perché<br />

tornava a sua umiliazione, perché il <strong>di</strong>avolo, a un certo momento, per bocca<br />

dell’indemoniata, <strong>com</strong>inciò a parlare in <strong>di</strong>aletto reggiano e a rinfacciargli tutte le<br />

sue birichinate <strong>di</strong> quando era in seminario a Marola. Dunque, era l’umiltà e non le<br />

occupazioni che gli impe<strong>di</strong>vano <strong>di</strong> raccontare che cosa gli succedeva durante<br />

l’apostolato.<br />

Un’altra impressione che si raccoglie, più dalle testimonianze degli altri che dai<br />

suoi racconti, è la simpatia che destava attorno a sé, sembra fin dai primi contatti.<br />

Non solo i cristiani gli volevano bene, ma anche i mandarini, e si è visto <strong>com</strong>e<br />

----------------<br />

1 Ly è la misura <strong>di</strong> lunghezza cinese, corrispondente a circa 600 metri.<br />

115


quel santo industriale <strong>di</strong> Shanghai ne sia rimasto subito preso. <strong>Uccelli</strong> ci racconta<br />

la sua partenza da Baichuan, ma solo per mettere in rilievo la bontà della gente e<br />

non sapremmo nulla delle feste organizzate a Xiangxian per la sua partenza se non<br />

ne avesse scritto un confratello. Forse a Zhengzhou non è successa una cosa simile,<br />

perché è andato via qualche mese prima per condurre l’inviato<br />

dell’Associazione <strong>di</strong> Torino in visita alle Missioni dello Shaanxi e… non si è fatto<br />

più vedere; ma anche se è successo, egli non l’ha certo scritto.<br />

Inoltre, a noi che l’abbiamo conosciuto a Vicenza tutto preghiere e apostolato,<br />

fa meraviglia vedere in quante cose pratiche era coinvolto nella sua Missione:acquisto<br />

<strong>di</strong> oggetti per i Padri, invio del vino da Messa o altre cose, interessamento<br />

per i polli e le anitre delle suore, e perfino la <strong>di</strong>rezione dei lavori <strong>di</strong> muratura,<br />

per cui la residenza <strong>di</strong> Xuchang <strong>di</strong>venne più <strong>com</strong>oda e ariosa. Lo si vede poi<br />

curioso delle scoperte moderne, desideroso della macchina da scrivere (che non<br />

avrà mai) e della motocicletta, a cui rinuncerà per motivi pratici; si domandava,<br />

invece, se non si poteva inventare una specie <strong>di</strong> vela da applicare alle biciclette,<br />

per farsi spingere dal vento, <strong>com</strong>e usavano certi trasportatori <strong>di</strong> merci con le loro<br />

carriole.<br />

Un <strong>uomo</strong> <strong>di</strong> Dio <strong>com</strong>e padre <strong>Uccelli</strong>, si potrebbe pensare che vivesse sulle nuvole<br />

e che si <strong>di</strong>sinteressasse delle cose <strong>di</strong> questo mondo. Invece, no. Chiede che<br />

gli notifichino quanto succede a Parma, nell’Istituto, e in <strong>di</strong>ocesi <strong>di</strong> Reggio Emilia;<br />

soprattutto è desideroso <strong>di</strong> notizie sulla guerra e non solo perché ha due fratelli<br />

al fronte. Anche sulla politica cinese si mostra bene informato: fornisce nelle sue<br />

lettere notizie brevi ma precise. Perfino dell’andamento della gerarchia ecclesiastica<br />

si mostra informato, se alla morte <strong>di</strong> Pio X poté scrivere con sicurezza: «Circa<br />

l’elezione del nuovo Pontefice… <strong>di</strong> certo sarà il Car<strong>di</strong>nale Dalla Chiesa, perché<br />

<strong>di</strong>plomatico <strong>di</strong> primo or<strong>di</strong>ne, oltre che buono e bravo». Infatti il Car<strong>di</strong>nale Dalla<br />

Chiesa <strong>di</strong>venne Benedetto XV.<br />

Un altro fatto che ci fa capire il suo interesse culturale, è la richiesta <strong>di</strong> riviste<br />

religiose o liturgiche, e <strong>di</strong> libri con <strong>com</strong>mento ai salmi o alla Sacra Scrittura, o<br />

trattazioni morali e altro. Talvolta si tratta <strong>di</strong> libri non proprio religiosi, che ha<br />

sentito magnificare dagli europei <strong>di</strong> Zhengzhou e che ritiene utili per tenersi aggiornato<br />

anche sulla letteratura. È interessante sapere che alla residenza del Vescovo,<br />

cioè dove abitava padre <strong>Uccelli</strong>, arrivava anche L’Avvenire d’Italia (che un<br />

certo momento fa <strong>di</strong>s<strong>di</strong>re perché l’arrivo era troppo precario). Chiede gli Acta Apostolicae<br />

Se<strong>di</strong>s, <strong>com</strong>e <strong>di</strong> una pubblicazione che non può mancare in una Curia; e<br />

così via.<br />

Raramente esprime i suoi sentimenti spirituali, eccetto con il Fondatore a cui<br />

talvolta apre l’animo suo, o con Melania, alla quale può confidare qualche segreto<br />

dello spirito, sapendo <strong>di</strong> scrivere a una persona piena <strong>di</strong> Dio che lo può <strong>com</strong>prendere.<br />

Ma anche con lei è molto sobrio: sente più il dovere <strong>di</strong> esserle vicino con<br />

tanti e ripetuti consigli spirituali che non per esprimere i propri sentimenti. 2 Aveva<br />

----------------<br />

2 Sarebbe utile rileggere, in Atti del Processo, le lettere <strong>di</strong> questo periodo, per raccogliere la spiritualità<br />

<strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong> e le sue linee <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezione spirituale.<br />

116


tentato <strong>di</strong> aprirsi con il padre Bonar<strong>di</strong> a cui <strong>com</strong>unicò, talvolta, le sue amarezze interiori;<br />

ma padre Bonar<strong>di</strong> era un <strong>uomo</strong> tutto <strong>di</strong> azione e <strong>Uccelli</strong> sentì che quel tasto<br />

non lo toccava. Capì che era più meritorio soffrire da solo.<br />

Un ultimo tocco nei riguar<strong>di</strong> dei confratelli. Più che <strong>di</strong> antipatia, parlerei <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà<br />

<strong>di</strong> convivenza con qualcuno dal carattere spigoloso. La benevolenza può<br />

esercitarsi anche nelle situazioni in cui le <strong>di</strong>versità temperamentali fanno soffrire.<br />

E<strong>di</strong>t Stein, entrata nel monastero delle carmelitane, si propose <strong>di</strong> essere pronta,<br />

con un sorriso colmo <strong>di</strong> amore, a tutte le rinunce che le erano imposte in continuazione<br />

da una vita in così stretto contatto con persone <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa sensibilità. È il caso<br />

<strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong>, nei confronti <strong>di</strong> qualche confratello. E<strong>di</strong>t Stein aggiungeva<br />

anche: «Non lasciarsi sfuggire nessuna opportunità <strong>di</strong> farsi, per amore, serva degli<br />

altri». Credo che anche questo si applichi a padre <strong>Uccelli</strong>, vedendo quanti servizi<br />

faceva ai confratelli nel periodo <strong>di</strong> Xuchang. Ma torniamo alle “persone <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa<br />

sensibilità”.<br />

C’era tra i confratelli un toscano che si <strong>di</strong>vertiva a punzecchiare gli altri e che<br />

evidentemente dava fasti<strong>di</strong>o al nostro. PADRE Bonar<strong>di</strong> sapeva <strong>di</strong> chi si trattava,<br />

quando leggeva: «È una specie <strong>di</strong> vespa che punge… Ho il piacere <strong>di</strong> <strong>di</strong>rle che<br />

non ho risposto per le rime. …Ora più spesso <strong>di</strong> prima mi punge e mi fa gonfiare<br />

il cuore; le <strong>di</strong>co che lui si vanta <strong>di</strong> fare quello che fa e <strong>di</strong> <strong>di</strong>re quello che <strong>di</strong>ce».<br />

Altra volta: «Se sapesse quante anch’io devo mandarne giù! Delle volte temo<br />

<strong>di</strong> fare delle fatali in<strong>di</strong>gestioni, ma tiro avanti alla meglio. Credo sia l’unico modo<br />

per vivere un pochino meno male… Non propter homines sed propter Deum, e<br />

con questa <strong>di</strong>visa ben indossata non temeremo più né le chiacchiere né i giu<strong>di</strong>zi<br />

degli uomini».<br />

Di un confratello, forse lo stesso, <strong>di</strong>ce: «Un <strong>uomo</strong> <strong>di</strong> una pretensione tale non<br />

l’ho mai trovato e non so se ve ne sono molti (era uno che criticava facilmente)…<br />

Ho informato Monsignore e porto pazienza, ma qualche volta chi sa che non mi<br />

scappi». Perfino le sue prestazioni per portare da un ospedale all’altro quel Padre<br />

che aveva dato segni <strong>di</strong> pazzia, ha suscitato delle critiche.<br />

C’era anche un giovane Padre napoletano che gli dava fasti<strong>di</strong>o, sembra non<br />

tanto per quello che faceva o <strong>di</strong>ceva, ma per quello che non faceva. Lascerà presto<br />

la Cina e anche la Congregazione; ma a <strong>Uccelli</strong> era rimasta un’impressione negativa<br />

che, alla notizia <strong>di</strong> un altro meri<strong>di</strong>onale entrato nell’Istituto e ripartito per certe<br />

ragioni, lo fa essere ingiusto verso tutti i meri<strong>di</strong>onali, secondo il principio “Ex<br />

uno <strong>di</strong>sce omnes”. In seguito ha avuto modo <strong>di</strong> ricredersi, perché a Vicenza ebbe<br />

nel corpo insegnante un Padre calabrese <strong>di</strong> grande pietà e pieno <strong>di</strong> attività, che<br />

morì in concetto <strong>di</strong> santità, si può <strong>di</strong>re fra le sue braccia, e che egli riteneva un<br />

santo.<br />

Una certa irritazione padre <strong>Uccelli</strong> mostra talvolta (negli scritti) verso il padre<br />

Armelloni, l’architetto della missione; e non tanto per il carattere brusco (che non<br />

gli risparmiava rimbrotti), quanto per la gran<strong>di</strong>osità dei suoi progetti che riuscivano<br />

costosi oltre misura. Così almeno pensava <strong>Uccelli</strong>. Non ne <strong>di</strong>scuteva, ma si augurava<br />

a volte che venisse scelto un <strong>di</strong>verso progetto, meno <strong>di</strong>spen<strong>di</strong>oso.<br />

117


In conclusione, volendo sintetizzare la vita <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong> in Cina, dobbiamo<br />

<strong>di</strong>re che bruciava <strong>di</strong> zelo per la salvezza delle anime, tanto da non concedersi mai<br />

sosta, e <strong>di</strong> essersi sempre <strong>com</strong>portato verso i confratelli con la più ammirevole carità<br />

fraterna.<br />

118


PARTE TERZA<br />

A VICENZA<br />

La gioia <strong>di</strong> fare il bene


L’ORA DELLA PROVA<br />

PADRE <strong>Uccelli</strong> giunse a Parma il 7 febbraio 1920, nel pomeriggio, <strong>com</strong>e annota<br />

nel suo <strong>di</strong>ario il Vescovo Conforti. Il giorno prima padre Bonar<strong>di</strong> era partito<br />

per Genova a incontrarlo.<br />

Indubbiamente, anche se non è documentato, padre Bonar<strong>di</strong> ha condotto subito<br />

il padre <strong>Uccelli</strong> a ossequiare il Fondatore e, in quell’incontro, questi gli fece una<br />

rac<strong>com</strong>andazione importante, che <strong>Uccelli</strong> ricorda tanti anni dopo: «Ricor<strong>di</strong>, Padre,<br />

che i tempi sono cambiati e i giovani <strong>di</strong> adesso esigono una <strong>com</strong>prensione e dei<br />

criteri che non possono essere paragonati a quelli <strong>di</strong> soli quin<strong>di</strong>ci anni fa». <strong>Uccelli</strong><br />

era stato richiamato in Italia per sostituire padre Sartori nell’ufficio <strong>di</strong> Direttore<br />

spirituale, dal momento che il padre Sartori era richiesto in Cina da mons. Calza, e<br />

perciò il monito del Fondatore..<br />

Intervistato da padre Grazzi nel 1944, padre <strong>Uccelli</strong> ripetè quelle parole e aggiunse:<br />

«Era suo pensiero che i <strong>di</strong>rettori spirituali fossero aggiornati nella psicologia,<br />

nella dottrina <strong>di</strong> ascetica e mistica, che stu<strong>di</strong>assero l’ambiente, il tempo e gli<br />

altri aspetti che possono interessare le anime». 1<br />

Pochi giorni dopo, l’11 del mese, due sacerdoti <strong>di</strong> Reggio si recarono da mons.<br />

Conforti a chiedergli padre <strong>Uccelli</strong> per la vicina Quaresima. Si trattava <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>care<br />

il “Quaresimale”, ossia una pre<strong>di</strong>ca tutte le sere, per quaranta giorni <strong>di</strong> seguito.<br />

Mons. Conforti deve avere acconsentito, anche perché l’ufficio <strong>di</strong> Direttore spirituale<br />

avrebbe avuto inizio con il settembre, all’apertura del noviziato dell’Istituto. 2<br />

È ovvio che in quei mesi padre <strong>Uccelli</strong> abbia ripreso contatto con i sacerdoti <strong>di</strong><br />

Reggio e si sia prestato per pre<strong>di</strong>cazione e altri ministeri: tra l’altro era anche il<br />

desiderio espresso da mons. Calza che egli raccogliesse offerte per la missione; e<br />

<strong>di</strong> ciò era d’accordo pure il Fondatore. Anzi, in occasione <strong>di</strong> una giornata missionaria<br />

a Castelnovo Monti, questi augura a <strong>Uccelli</strong> «<strong>di</strong> trovare generosi benefattori<br />

che le <strong>di</strong>ano quanto ha <strong>di</strong>visato <strong>di</strong> racimolare e più ancora…, ma non sarà facile,<br />

umanamente parlando, con l’aria infida che, purtroppo, spira dovunque». 3<br />

Un’esperienza <strong>di</strong> poco prima dava ragione alle previsioni: «Lavoro più che posso,<br />

ma non raccolgo molto…». Si tenga presente che l’Italia del 1920-21, risentiva<br />

della crisi economica prodotta dalla lunga guerra del 1915-18; quella crisi che suscitò<br />

tante lotte socialiste e che finì per produrre il fascismo.<br />

Nel <strong>di</strong>ario <strong>di</strong> Conforti è segnata nuovamente una visita <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong>, il 30<br />

----------------<br />

1<br />

GRAZZI, Testimonianza, pag. 3.<br />

2<br />

TEODORI, Diario, Atti, Discorsi del Beato Guido Maria Conforti arcivescovo-vescovo <strong>di</strong><br />

Parma, pag. 150. [FCT 26]<br />

3<br />

TEODORI, Lettere ai Saveriani III, Lettera a <strong>Uccelli</strong>, 30.7.1920, pag. 19.


marzo, per gli auguri nell’anniversario della sua nascita e del battesimo. Di nuovo<br />

<strong>Uccelli</strong> e Bonar<strong>di</strong> il 4 aprile, giorno <strong>di</strong> Pasqua, sono andati a fare gli auguri al Vescovo.<br />

Gli notificano che sono arrivate alla stazione le casse dalla Cina e il giorno<br />

dopo Sua Eccellenza si reca all’Istituto ad «ammirare gli oggetti portati da padre<br />

<strong>Uccelli</strong>». In seguito padre <strong>Uccelli</strong> ebbe altre occasioni <strong>di</strong> incontrare il Fondatore o<br />

perché egli veniva all’Istituto o perché lui stesso si recava in episcopio.<br />

Nell’anno 1920 ricorreva il 25° <strong>di</strong> fondazione dell’Istituto e mons. Conforti<br />

sperava che in tale occasione venissero approvate le Costituzioni. La Sacra Congregazione<br />

dei Religiosi tergiversava, perché le Costituzioni dettate dal Conforti<br />

contenevano testi esortativi che non erano ammessi nelle <strong>di</strong>rettive del nuovo Diritto<br />

Canonico. Fortunatamente, per <strong>di</strong>sposizione pontificia, il 15 giugno <strong>di</strong><br />

quell’anno, l’Istituto fu posto sotto la giuris<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Propaganda Fide anche per<br />

quanto riguardava la vita religiosa; così l’esame delle Costituzioni passò a Propaganda<br />

che le approvò in data 22 novembre, anche se, ufficialmente il decreto porterà<br />

la data del 6 gennaio 1921.<br />

In vista <strong>di</strong> questa approvazione, mons. Conforti aveva dato il via al primo Noviziato<br />

ufficiale della Congregazione, che ebbe inizio il 16 settembre 1920 con<br />

padre Giovanni Bonar<strong>di</strong> <strong>com</strong>e Maestro e 22 novizi, <strong>di</strong> cui otto erano studenti <strong>di</strong><br />

teologia e 14 <strong>di</strong> liceo.<br />

Fu chiamato a pre<strong>di</strong>care gli Esercizi spirituali il padre Ambrosiani, gesuita, il<br />

quale <strong>di</strong>ede anche preziose in<strong>di</strong>cazioni per la conduzione del Noviziato. Tra l’altro<br />

fu chiarito che il Maestro era anche Direttore spirituale dei novizi. La funzione <strong>di</strong><br />

PADRE <strong>Uccelli</strong> dunque si limitava a quello <strong>di</strong> confessore; ciò gli rendeva più facile<br />

rispondere alle domande <strong>di</strong> ministero che gli provenivano da Reggio Emilia,<br />

<strong>com</strong>e anche da Parma.<br />

Nel frattempo era avvenuto uno spiacevole malinteso con il Fondatore. PA-<br />

DRE <strong>Uccelli</strong> aveva avuto un incontro con padre Sartori, forse in occasione della<br />

sua venuta a Parma alla fine <strong>di</strong> marzo, e ne aveva ascoltato le lamentele nei confronti<br />

<strong>di</strong> padre Bonar<strong>di</strong>, Economo dell’Istituto. <strong>Uccelli</strong>, per la confidenza che aveva<br />

con Bonar<strong>di</strong>, gliene parlò, prendendo per oro colato ciò che aveva sentito da<br />

Sartori. Bonar<strong>di</strong> ripose seccato e, all’occasione, se ne lamentò con il Fondatore.<br />

L’intervento <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong> poteva passare inosservato, se precedenti intemperanze<br />

<strong>di</strong> padre Sartori non fossero state così gravi da provocare una severa lettera<br />

da parte dello stesso Fondatore. Conforti ne era stato amareggiato e, nella lettera,<br />

si chedeva se non fosse anche colpa sua che, dopo 25 anni dalla fondazione,<br />

mancasse in una parte dei suoi membri «lo spirito <strong>di</strong> concor<strong>di</strong>a, <strong>di</strong> regolarità e <strong>di</strong><br />

mortificazione, e se perfino le colonne maestre vacillassero, minacciando <strong>di</strong> crollare».<br />

Terminava con un mea culpa. 4<br />

In questo stato d’animo mons. Conforti chiamò <strong>Uccelli</strong> per ammonirlo <strong>di</strong> non<br />

essere, anche lui, causa <strong>di</strong> <strong>di</strong>sunione. Forse, nell’amarezza del suo animo, il Fondatore<br />

può avere usato qualche parola forte, ma viste le buone <strong>di</strong>sposizioni del<br />

----------------<br />

4 TEODORI, Lettere ai Saveriani II, Lettera a Sartori, 7.3.1920, pag. 80-82.<br />

122


Padre, gli fece un altro <strong>di</strong>scorso. Gli <strong>di</strong>sse che si trovava in grave imbarazzo <strong>di</strong><br />

fronte a mons. Calza, perché gli aveva promesso <strong>di</strong> mandargli Sartori e ora pareva<br />

che questi non fosse <strong>di</strong>sponibile. Inoltre dalla missione era ritornato anche padre<br />

Guareschi per ragioni <strong>di</strong> salute; il Fondatore, per non lasciare sguarnita la missione,<br />

pensava <strong>di</strong> rimandare lui, <strong>Uccelli</strong>, in Cina.<br />

Così deve essere avvenuto perché mons. Conforti, riprendendo il <strong>di</strong>scorso un<br />

anno dopo, gli scriveva che non c’erano più le ragioni <strong>di</strong> mandarlo in Cina, «perché<br />

il buon padre Sartori ha ormai deciso <strong>di</strong> farvi ritorno, capitanando la prossima<br />

spe<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> missionari». 5<br />

<strong>Uccelli</strong> tuttavia, legando quel <strong>di</strong>scorso all’ammonizione appena ricevuta, pensò<br />

che le ragioni addotte fossero solo pretesti per rendergli meno amara la punizione;<br />

si sentì angosciato al pensiero <strong>di</strong> essere mandato in Cina «per castigo». In una lettera<br />

<strong>di</strong> qualche tempo dopo, tenta una <strong>di</strong>fesa: <strong>di</strong>chiara <strong>di</strong> non aver mai scritto a padre<br />

Sartori sugli affari <strong>di</strong> Parma e, anzi, vorrebbe scrivergli ora che chi gli ha riferito<br />

certe cose o non era sincero o non sapeva <strong>com</strong>e le cose stavano realmente.<br />

Aggiunge: «Capisco <strong>di</strong> essere un po’ troppo esigente, ma godo assicurare Vostra<br />

Eccellenza che quanto <strong>di</strong>ssi, lo <strong>di</strong>ssi per amore <strong>di</strong> bene. Il carissimo padre Bonar<strong>di</strong><br />

non lo crede; ebbene, tenga la sua opinione che io terrò la mia, ed aggiungerò anche<br />

che la terrò dentro <strong>di</strong> me. Se mi fosse possibile ritirare tutte le parole dette al<br />

sig. Rettore (Bonar<strong>di</strong>) e che l’hanno toccato sul vivo, lo farei subito. Non potendo,<br />

gli chiederò perdono a voce, <strong>com</strong>e con questa mia intendo chiederlo a V. E., che<br />

amo <strong>com</strong>e e più che mio papà. Conosco il cuore <strong>di</strong> V. E. e spero che mi vorrà perdonare.<br />

Vostra Eccellenza, se mi perdona, avrà la gioia <strong>di</strong> sapermi contento e <strong>di</strong><br />

vedermi con più zelo a <strong>com</strong>piere il mio dovere, che ora <strong>com</strong>pio senza entusiasmo».<br />

In un’altra lettera torna a <strong>di</strong>re che non lo man<strong>di</strong> in Cina per castigo: «Circa il<br />

mio <strong>com</strong>portamento col sig. Rettore, farò alla lettera quanto V. E. mi <strong>di</strong>rà. Da parte<br />

mia cercherò <strong>di</strong> ubbi<strong>di</strong>re in tutto e tacere; voglio <strong>di</strong>re che non gli farò più alcuna<br />

osservazione, anche se ne vedessi il bisogno. Circa i giovani, silenzio e ritiro. Farò<br />

tutto quello che V. E. mi suggerirà».<br />

<strong>Uccelli</strong> era profondamente angustiato: si era sentito, in certo modo, tra<strong>di</strong>to<br />

nell’amicizia dal suo più intimo confratello che era il padre Bonar<strong>di</strong>, e scaduto<br />

nella stima <strong>di</strong> colui che egli confessava <strong>di</strong> amare «<strong>com</strong>e e più che lo stesso suo<br />

padre».<br />

In questo momento, fu assalito dalla tentazione <strong>di</strong> lasciare l’Istituto. Confesserà<br />

più tar<strong>di</strong>: «Non mi è possibile esprimere quali e quante tentazioni contro la vocazione<br />

mi abbiano assalito». Si può pensare che volesse ritornare alla vita apostolica<br />

<strong>di</strong> un tempo, nella sua <strong>di</strong>ocesi <strong>di</strong> Reggio, dove era stimato e amato…<br />

Nell’incertezza che l’aveva sconvolto, chiese <strong>di</strong> fare un mese <strong>di</strong> Esercizi Spirituali<br />

«per me<strong>di</strong>tare al lume della fede le cose mie». Il Vescovo Conforti glielo<br />

concesse e gli inviò, nel suo romitaggio, a Torino nella Casa dei gesuiti, una cor<strong>di</strong>ale<br />

lettera che <strong>com</strong>incia con un “Carissimo Padre”. «Penso a lei con santa invi-<br />

----------------<br />

5 TEODORI, Lettere ai Saveriani III, Lettera a <strong>Uccelli</strong>, 20.10.1921, pag. 22-23.<br />

123


<strong>di</strong>a, perché io pure vorrei avere la sorte <strong>di</strong> fare gli Esercizi spirituali per un mese,<br />

secondo lo spirito <strong>di</strong> Sant’Ignazio. …Io l’ac<strong>com</strong>pagno coi migliori voti e La prego<br />

a volersi ricordare anche <strong>di</strong> me nelle Sue orazioni e del nostro caro Istituto». 6<br />

Nessun cenno al passato: dunque il malinteso è chiarito e tutto è <strong>di</strong>menticato.<br />

<strong>Uccelli</strong> <strong>com</strong>pì il suo corso <strong>di</strong> Esercizi dal 30 agosto al 29 settembre. Tornò a<br />

casa rinfrancato e visse un anno tranquillo accanto ai novizi, partecipando alla loro<br />

vita e gustando le conferenze e i ritiri spirituali che lo stesso Fondatore teneva<br />

ai novizi. 7<br />

Trascorso un anno e ormai rinfrancato nei suoi propositi, <strong>Uccelli</strong> chiese <strong>di</strong> fare<br />

un altro Corso <strong>di</strong> Esercizi spirituali nella Certosa <strong>di</strong> Farneta <strong>di</strong> Lucca. Durante il<br />

corso scrisse al Fondatore parlando della Certosa <strong>com</strong>e <strong>di</strong> una vera anticamera del<br />

para<strong>di</strong>so. Chiedeva poi <strong>di</strong> essere ammesso alla professione perpetua: «…Mi è caro<br />

e dolce legarmi per tutta la vita al servizio del Signore e <strong>di</strong> nuovo supplico V. E. a<br />

non tener conto dei miei demeriti ma del solo ardente desiderio che ho <strong>di</strong> volermi<br />

consacrare per tutta la vita alla maggior gloria del Signore in questa nostra amatissima<br />

Congregazione <strong>di</strong> San Francesco Saverio… Mi metto a corpo morto<br />

nell’obbe<strong>di</strong>enza, sicuro <strong>di</strong> piacere a Dio e <strong>di</strong> fare tanto bene, sia per me che per gli<br />

altri».<br />

Mons. Conforti, consolato da questi buoni sentimenti, gli rispose da S. Andrea<br />

Bagni, dove si trovava per cure, pregandolo <strong>di</strong> recarsi, al più presto possibile, a<br />

Vicenza, a sostituire per qualche tempo il padre Sartori, assente per assistere il<br />

padre gravemente malato. Il modo <strong>di</strong> <strong>com</strong>andare è assai delicato: «Reputo opportuno<br />

che Ella al più presto possibile si porti a Vicenza… La sua andata, anzi, la<br />

reputo in<strong>di</strong>spensabile». 8<br />

Ricevuta la lettera, <strong>Uccelli</strong> partì subito, <strong>com</strong>e il Fondatore gli aveva chiesto.<br />

Ritornò a Parma il 17 settembre per emettere nella mani del Fondatore i voti perpetui,<br />

mentre 14 novizi facevano la loro professione temporanea.<br />

<strong>Uccelli</strong>, più tar<strong>di</strong>, scriverà ricordando le gravi tentazioni subite e ringraziando<br />

il Signore <strong>di</strong> averle superate. «Ed ora che con la grazia del Signore le ho vinte, mi<br />

pare <strong>di</strong> avere già un piede in para<strong>di</strong>so. Il solo pensiero che avrei potuto cedere alla<br />

tentazione, mi fa tremare e nello stesso tempo mi sprona a essere più riconoscente<br />

al Signore che mi ha voluto più suo e senza mio merito. Faccia <strong>di</strong> me V. E., ciò<br />

che più Le piace. Non lasci <strong>di</strong> scrivermi <strong>di</strong> tanto in tanto, perché le sue lettere mi<br />

fanno tanto bene…».<br />

Mons. Conforti gli rispondeva: «Di grande consolazione mi è tornata la gra<strong>di</strong>tissima<br />

Sua e mi <strong>com</strong>piaccio assai dei santi propositi dai quali Ella si mostra animata.<br />

Il Signore La confermi ogni giorno <strong>di</strong> più in essi per il bene della cara no-<br />

----------------<br />

6 TEODORI, Lettere ai Saveriani III, Lettera a <strong>Uccelli</strong>, 6.9.1920, pag. 20.<br />

7 Non con<strong>di</strong>vido l’opinione <strong>di</strong> chi pensa che le ragioni della perplessità del Fondatore fossero<br />

che padre <strong>Uccelli</strong>, abituato alla vita apostolica, non vivesse la vita <strong>di</strong> <strong>com</strong>unità o fosse troppo fuori<br />

per ministero. Nessun documento avvalora tale opinione.<br />

8 TEODORI, Lettere ai Saveriani III, Lettera a <strong>Uccelli</strong>, 11.8.1921, pag. 21.<br />

124


stra Congregazione che ora più che mai ha bisogno <strong>di</strong> membri che le siano affezionati<br />

e pronti a tutto per il suo sviluppo». 9<br />

Comunicando a Melania la gioia della sua consacrazione a Dio per sempre, le<br />

accennava anche alla prova subita: «Ho avuto un’infinità <strong>di</strong> tentazioni, forti e insistenti,<br />

che mi facevano pensare non già a una parrocchia, ma a rimanere missionario<br />

libero in <strong>di</strong>ocesi, nella speranza <strong>di</strong> fare maggior bene che all’Istituto. Creda<br />

che ho passate varie settimane <strong>di</strong> vero purgatorio spirituale. Ora ne provo gioia e<br />

consolazione. Mi pare d’essere più ricco, più sicuro, e quasi <strong>di</strong>rei più santamente<br />

superbo e pronto a qualsiasi sacrificio. Che Dio ne sia ringraziato sempre e da tutti,<br />

<strong>com</strong>e in Cielo così in terra».<br />

Leggendo quanto il Conforti aveva scritto, in quello stesso anno, nella lettera <strong>di</strong><br />

introduzione alle Costituzioni, <strong>Uccelli</strong> avrà sentito che quelle parole rispondevano<br />

a quanto egli aveva provato: «Poiché la vita apostolica congiunta con la vita religiosa<br />

è sotto ogni aspetto eccellente, il Maligno nulla lascia <strong>di</strong> intentato per allontanarne<br />

coloro che l’hanno già abbracciata o la vogliono abbracciare. Turba la<br />

mente con dubbi, il cuore con ansie, la fantasia con false apprensioni, la volontà<br />

con scoraggiamenti, esagerando le <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> un tal genere <strong>di</strong> vita che cerca <strong>di</strong><br />

mostrare impossibile». 10 Lui aveva sperimentato proprio in quella maniera la prova<br />

della tentazione e quando l’aveva superata si era sentito un altro: «Dopo aver<br />

me<strong>di</strong>tato le verità eterne e dopo essermi confessato, mi sono sentito in cuore una<br />

nuova lena e una energia grande, da farmi parer dolce l’amaro, facile il <strong>di</strong>fficile, e<br />

sciocchezze quelle che prima mi parevano cose <strong>di</strong> tanta importanza». Così si avviava<br />

a intraprendere un nuovo cammino.<br />

----------------<br />

9 TEODORI, Lettere ai Saveriani III, Lettera a <strong>Uccelli</strong>, 20.10.1921, pag. 22.<br />

10 Lettera Testamento, n. 3, in Costituzioni e Regolamento generale, XI Capitolo Generale,<br />

Roma, ISME, 1983, pag. 115.<br />

125


UNA FONDAZIONE A VICENZA<br />

Quando, nel 1901, mons. Conforti decise <strong>di</strong> accogliere, nel suo nuovo e<strong>di</strong>ficio<br />

in Campo <strong>di</strong> Marte, solo gli studenti <strong>di</strong> liceo e teologia che veramente aspiravano<br />

alle Missioni, si trovò con pochi aspiranti. Dopo <strong>di</strong>eci anni, nel 1911, all’inizio<br />

dell’anno scolastico, gli allievi missionari erano solamente otto, <strong>di</strong> cui tre lasceranno<br />

presto l’Istituto.Durante la guerra del 1915-18, anch’essi furono <strong>di</strong>spersi.<br />

Negli anni del dopo guerra gli fu suggerito <strong>di</strong> riaprire le cosiddette Scuole apostoliche,<br />

cioè seminari dove si coltivassero le vocazioni fin dal ginnasio (scuola<br />

me<strong>di</strong>a). Per questo nel 1919 fu aperta a Parma, nella Casa Madre, una Scuola apostolica<br />

con una trentina <strong>di</strong> ragazzi <strong>di</strong> ginnasio e 23 o 24 studenti <strong>di</strong> liceo e teologia.<br />

Si pensò poi se non fosse conveniente aprire una scuola ginnasiale in qualche<br />

<strong>di</strong>ocesi in cui le vocazioni erano numerose.<br />

Mons. Conforti incaricò il padre Antonio Sartori <strong>di</strong> cercare un luogo appropriato.<br />

Fu così che venne aperta la casa <strong>di</strong> Vicenza, con l’acquisto <strong>di</strong> una vecchia villa,<br />

appena fuori da Porta Santa Croce, a nord della città. Era una tipica Villa veneta,<br />

appartenuta recentemente alla famiglia Tacchi. Un benefattore <strong>di</strong> Cremona,<br />

mons. Giulio Ratti, fece fronte a gran parte della spesa.<br />

Quando, il 24 ottobre 1919, padre Sartori vi si recò, insieme al novello sacerdote<br />

Giovanni Gazza, la villa era ancora occupata da un reparto dell’esercito,<br />

l’Autoparco Artiglieria, Sezione Pompieri. I soldati furono molto gentili e si misero<br />

a sgomberare gli ambienti, prestandosi anche alle pulizie e ai primi restauri.<br />

Quando se ne andarono, lasciarono in dono 50 letti <strong>di</strong> ferro con reti metalliche,<br />

200 lenzuola, cinquanta pagliericci, cento federe. Inoltre, cedettero a poco prezzo<br />

se<strong>di</strong>e, tavoli, arma<strong>di</strong>, pentole, marmitte e brocche. Peccato che, durante la guerra,<br />

in molti letti si fossero annidate le cimici che dopo molti anni non si era ancora<br />

riusciti a eliminare. Padre Sartori aveva anche ottenuto che tre suore delle Poverelle<br />

<strong>di</strong> Bergamo vi fossero mandate per il servizio <strong>di</strong> cucina e del guardaroba. A<br />

metà novembre giunsero da Parma 14 studenti <strong>di</strong> ginnasio.<br />

Padre Sartori aveva un bel modo <strong>di</strong> trattare con le persone. Anche il Vescovo<br />

<strong>di</strong> Vicenza, mons. Fer<strong>di</strong>nando Rodolfi, si lasciò conquistare dalla gentilezza del<br />

missionario e non solo acconsentì alla fondazione, ma accettò anche che i futuri<br />

aspiranti missionari frequentassero le scuole del Seminario.<br />

Quando padre <strong>Uccelli</strong> arrivò a Vicenza nella prima metà <strong>di</strong> agosto 1921, non vi<br />

trovò Sartori, che era presso il padre gravemente infermo; dovette quin<strong>di</strong> subito<br />

prendere in mano le faccende della casa. La prima sorpresa fu <strong>di</strong> non trovare in<br />

cassa quasi nulla e segnati nel registro una bella filza <strong>di</strong> debiti. Si rese allora conto<br />

dei brontolamenti <strong>di</strong> padre Sartori; ma che fare se anche la Casa Madre era in gra-<br />

127


vi <strong>di</strong>fficoltà economiche?<br />

Si arrabattava ancora con questi pensieri, quando gli giunse una lettera del Fondatore<br />

datata al 20 ottobre, nella quale si <strong>di</strong>ceva espressamente che padre Sartori<br />

sarebbe partito per la Cina e che lui dovrà succedergli nella <strong>di</strong>rezione della casa.<br />

Lo aveva mandato per fare il <strong>di</strong>rettore spirituale per quei giovani che da Parma si<br />

erano trasferiti a Vicenza, ma ora doveva esserne il rettore. Il Fondatore si domandava:<br />

«Ma intanto <strong>com</strong>e provvedere alla <strong>di</strong>rezione spirituale, in<strong>com</strong>patibile<br />

con la <strong>di</strong>rezione esterna?». 1<br />

Con queste parole mons. Conforti tracciava un principio fondamentale, al quale<br />

sempre si atterrà padre <strong>Uccelli</strong>: un superiore non deve mai esigere che gli siano<br />

svelati i segreti della coscienza perché la <strong>di</strong>rezione spirituale è in<strong>com</strong>patibile con<br />

la <strong>di</strong>rezione esterna. Il Fondatore suggeriva <strong>di</strong> continuare a servirsi, per il momento,<br />

<strong>di</strong> chi già prestava la sua opera <strong>di</strong> confessore.<br />

<strong>Uccelli</strong> scrivendo a Melania, le fa sapere che dovrà sostituire padre Sartori nella<br />

<strong>di</strong>rezione della casa <strong>di</strong> Vicenza. È una decisione che gli fa tanto male al cuore,<br />

ma gliela <strong>com</strong>unica, perché lo possa aiutare con le preghiere. Le scrive che la casa<br />

ha 26 alunni, 4 suore e due fratelli laici. «Immagini la spesa quoti<strong>di</strong>ana — prosegue<br />

— e poi mi <strong>di</strong>ca se non c’è da correre impauriti tra le braccia <strong>di</strong> quella Provvidenza<br />

che a volte prova, ma che non abbandona mai chi in Lei confida».<br />

Scrisse al Fondatore, ma senza chiedere aiuti economici, conscio <strong>com</strong>’era della<br />

situazione della Casa Madre; gli <strong>di</strong>sse invece il <strong>di</strong>spiacere suo e degli amici delle<br />

missioni <strong>di</strong> Vicenza per la partenza del padre Sartori. Supplicava mons. Conforti,<br />

a nome degli amici e benefattori, <strong>di</strong> lasciarlo alla <strong>di</strong>rezione dell’Istituto. Padre <strong>Uccelli</strong>,<br />

nella sua testimonianza dettata a Grazzi, <strong>di</strong>ce che il Fondatore gli rispose:<br />

«No, quod scripsi, scripsi». E aggiunge: «In quel tempo padre Sartori fece qualche<br />

imprudenza che è documentata… Ciò nonostante, quando mons Conforti venne<br />

a Vicenza per presiedere la funzione <strong>di</strong> partenza, mi rac<strong>com</strong>andò <strong>di</strong> seguire le<br />

orme <strong>di</strong> padre Sartori nel trattare bene la gente e nell’accogliere con bontà la popolazione<br />

e il clero della <strong>di</strong>ocesi. Ciò depone per la rettitu<strong>di</strong>ne e delicatezza del<br />

Servo <strong>di</strong> Dio. …Ho visto Sartori strappare alcune lettere del Fondatore — continua<br />

padre <strong>Uccelli</strong> —. Io <strong>di</strong>ssi: No, Padre, non le stracci (erano forti, forti). Però<br />

quando il Fondatore fu a Vicenza la vigilia della partenza per la Cina, a padre Sartori<br />

che domandava scusa e perdono per averlo fatto soffrire, il Servo <strong>di</strong> Dio <strong>di</strong>sse:<br />

«Non ci pensi più, lasci andare». 2<br />

Conforti si mostrò al corrente delle <strong>di</strong>fficoltà economiche. È spiacente <strong>di</strong> non<br />

poter inviargli nulla e gli fa sapere che cerca <strong>di</strong> alienare bronzi antichi e la collezione<br />

<strong>di</strong> monete cinesi, per far fronte alle gran<strong>di</strong> necessità della Congregazione.<br />

Esorta a raddoppiare la fiducia nella <strong>di</strong>vina Provvidenza e gli rac<strong>com</strong>anda «codesti<br />

carissimi giovani <strong>com</strong>e i più preziosi dei nostri tesori». 3<br />

La funzione <strong>di</strong> partenza <strong>di</strong> padre Sartori, insieme con i padri Eugenio Moraz-<br />

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1 TEODORI, Lettere ai Saveriani III, Lettera a <strong>Uccelli</strong>, 20.10.1921, pag. 23.<br />

2 GRAZZI, Testimonianza, pag. 3-4.<br />

3 TEODORI, Lettere ai Saveriani III, Lettera a <strong>Uccelli</strong>, 9.11.1921, pag. 23-24.<br />

128


zoni, Luigi Roteglia e Luigi Magnani, fu celebrata a Vicenza, in d<strong>uomo</strong>, il 6 gennaio<br />

1922, festa dell’Epifania. Riuscì splen<strong>di</strong>damente e fruttò Lire 42.292,35 in<br />

offerte pubbliche e 7-8 mila <strong>di</strong> offerte personali.<br />

<strong>Uccelli</strong>, qualche giorno dopo, il 10 gennaio, si sentì male e riuscì a stento a celebrare<br />

la Messa. Poi si mise a letto e per or<strong>di</strong>ne del me<strong>di</strong>co dovette stare in stanza<br />

con la proibizione <strong>di</strong> fare le scale. Scrive: «Ero mezzo persuaso <strong>di</strong> andare in Para<strong>di</strong>so,<br />

ma il me<strong>di</strong>co mi <strong>di</strong>ce che ho già perduto la corsa per questa volta». «Mi sono<br />

confessato più volte a letto e ho ricevuto pure la santa Comunione. Avrei desiderato<br />

anche l’Unzione degli infermi, ma non mi venne amministrata. Come sarei<br />

stato felice <strong>di</strong> morire qui, in questa città, prima d’aver dato scandalo con i miei<br />

peccati o col mio modo <strong>di</strong> fare. Durante la malattia si conosce troppo bene che<br />

una sola cosa è necessaria e che tutto il resto è fumo e polvere o, peggio, fango».<br />

È stato malato circa 30 giorni e durante la malattia un Padre Giuseppino lo ha sostituito<br />

nella celebrazione della Messa per la <strong>com</strong>unità.<br />

Malato, ha sentito l’amarezza della solitu<strong>di</strong>ne. Avrebbe desiderato da Melania<br />

una <strong>di</strong> quelle lettere piene <strong>di</strong> spirito <strong>di</strong> fede e <strong>di</strong> santa unzione: «Capisco che dovrei<br />

far senza, scrive, ma m’incoraggia l’esempio del Signore che nell’orto desiderava<br />

avere con sé i suoi <strong>di</strong>scepoli».<br />

Intanto il Superiore gli aveva scritto, nominandolo ufficialmente Rettore della<br />

Scuola apostolica. «L’esperienza da lei acquistata in tanti anni <strong>di</strong> apostolato tra gli<br />

infedeli e la mansione <strong>di</strong> Direttore Spirituale della Casa Madre del nostro Istituto,<br />

mi dà affidamento che saprà egregiamente <strong>di</strong>simpegnarsi nel nuovo ufficio, in cui<br />

La chiama la fiducia del Superiore». 4<br />

<strong>Uccelli</strong>, già <strong>com</strong>e superiore provvisorio, aveva chiesto l’approvazione per alcune<br />

sue iniziative; cioè spiegare ai giovinetti la me<strong>di</strong>tazione del mattino, anziché<br />

solo leggerla, impiegandovi la mezz’ora prescritta, e far recitare le preghiere <strong>di</strong><br />

preparazione e ringraziamento alla Comunione che si trovano nel catechismo:<br />

pensava fosse utile specialmente per i piccoli che non sono ancora abituati. Egli si<br />

atterrà sempre alla pratica della me<strong>di</strong>tazione pre<strong>di</strong>cata e <strong>com</strong>mentata a <strong>di</strong>alogo; farà<br />

così anche per la lettura spirituale.<br />

Quanto alla situazione economica, si confida con Melania, la quale non manca<br />

<strong>di</strong> mandargli qualche aiuto. Non chiede mai <strong>di</strong>rettamente; anzi, le scrive <strong>di</strong> qualche<br />

generoso dono della Provvidenza. «Il materiale non mi preoccupa troppo. So<br />

che abbiamo a che fare con un buon papà. La mia sola paura è <strong>di</strong> rendermi indegno<br />

della Provvidenza». «Passo un momento critico, ma non mi sgomento. La<br />

Provvidenza vede che non consumo e che tutto quello che ho lo spendo per il bene<br />

<strong>di</strong> questi carissimi apostolini, e questo pensiero mi dà animo e mi tiene contento<br />

in mezzo a una farragine <strong>di</strong> pensieri e <strong>di</strong> piccole noie».<br />

Melania vorrebbe mandargli qualche oggetto d’oro e qualche moneta<br />

d’argento. Lui risponde che tutto gli serve per dare pane e pasta ai suoi cari alunni.<br />

Melania gli manda 100 lire e un pacco con “tanta grazia <strong>di</strong> Dio”. Ringrazia<br />

<strong>com</strong>mosso. «Ho dovuto piangere <strong>di</strong> consolazione, nel vedere quanto le sta a cuore<br />

----------------<br />

4 TEODORI, Lettere ai Saveriani III, Lettera a <strong>Uccelli</strong>, 10.1.1922, pag. 28.<br />

129


il bene <strong>di</strong> questo Istituto. Mi <strong>di</strong>spiace <strong>di</strong> sapere che si priva fin del necessario per<br />

aiutarci… Se il Signore mi dà la grazia <strong>di</strong> tornare costì, voglio proprio <strong>com</strong>inciare<br />

a fare il frate cercone per trovare un po’ <strong>di</strong> formaggio o qualche cosa d’altro per<br />

questi miei carissimi apostolini. Sarei pur contento <strong>di</strong> <strong>di</strong>giunare io solo, tutti i<br />

giorni dell’anno, perché gli alunni possano avere il necessario…».<br />

Nell’estate 1922 l’Opera Card. Ferrari <strong>di</strong> Milano aveva organizzato una Lotteria<br />

nazionale, della quale doveva usufruire, in parte, anche l’Istituto delle Missioni<br />

Estere <strong>di</strong> Parma. Fu un insuccesso, ma a Vicenza si <strong>di</strong>ffuse la voce che l’Istituto<br />

avesse raccolto milioni, tanto che il Vescovo Rodolfi in<strong>di</strong>rizzò a un altro Istituto<br />

la somma <strong>di</strong> Lire 25.000 che in un primo tempo era stata promessa al padre <strong>Uccelli</strong>.<br />

«Non c’è maggior miseria — <strong>com</strong>menta il nostro — <strong>di</strong> essere veramente poveri<br />

ed essere ritenuti ricchi».<br />

L’insuccesso della lotteria si era ripercosso anche a Parma dove, in quel dopo<br />

guerra, c’era sempre penuria. Al Fondatore che rac<strong>com</strong>andava <strong>di</strong> far pregare i<br />

giovanetti e <strong>di</strong> fare un triduo a san Francesco Saverio ad petendam pluviam, <strong>Uccelli</strong><br />

rispose mostrando <strong>di</strong> aver capito <strong>di</strong> che pioggia si trattava: «Anche noi ci troviamo<br />

più che male e, quello che è peggio, non vedo al presente una fonte sicura a<br />

cui attingere. Quella della carità pubblica è incanalata là (cioè verso il Seminario<br />

<strong>di</strong>ocesano) e guai a chi tentasse <strong>di</strong> farla convergere, anche in piccola parte, verso<br />

<strong>di</strong> qui». 5<br />

In queste strettezze economiche, <strong>Uccelli</strong> si ricordò <strong>di</strong> San Giuseppe e della protezione<br />

che il Santo aveva riservata al suo amico cinese Giuseppe Lo Pahong. Decise<br />

perciò <strong>di</strong> non darsi più pensiero dell’andamento della casa e <strong>di</strong> affidare tutto a<br />

San Giuseppe. Scriveva a Melania: «San Giuseppe è l’Economo <strong>di</strong> questa casa e<br />

vedesse <strong>com</strong>e provvede bene. Inculchi e propaghi la devozione a questo caro Santo<br />

e ne vedrà effetti sorprendenti».<br />

Sembra che il Santo abbia voluto fare una sorpresa al suo devoto, proprio in<br />

quei primi tempi, per la fiducia che aveva riposta in lui. <strong>Uccelli</strong> era andato a far<br />

visita alla famiglia Bevilacqua che abitava in un palazzo vicino alla cattedrale.<br />

Mentre attendeva i padroni, la domestica gli <strong>di</strong>sse: «In solaio ho visto una statuetta<br />

<strong>di</strong> San Giuseppe che i padroni hanno messo tra le robe vecchie. Se la vuole, la<br />

chiedo alla padrona». Padre <strong>Uccelli</strong> tornò a casa tutto contento con la sua statuetta.<br />

Era piccola, alta 35 centimetri; era <strong>di</strong> terracotta <strong>di</strong>pinta e San Giuseppe appariva<br />

un po’ stempiato, ma teneva in braccio un Bambino che era una tenerezza. <strong>Uccelli</strong><br />

pulì la statuetta dalla polvere, la mise su un mobile in portineria, le pose ai<br />

pie<strong>di</strong> un piattino e, tanto per <strong>com</strong>inciare, ci mise sopra due fagiolini, che proprio<br />

mancavano… Comincia così quella catena <strong>di</strong> interventi straor<strong>di</strong>nari e miracolosi<br />

con i quali il Santo invocato da padre <strong>Uccelli</strong> ha provveduto ai bisogni <strong>di</strong> quella<br />

casa. 6<br />

----------------<br />

5 TEODORI, Lettere ai Saveriani III, Lettera a <strong>Uccelli</strong>, 17.9.1922, pag. 35.<br />

6 ZULIAN, Gioia, pag. 43-45.<br />

130


SAN GIUSEPPE, PENSATECI VOI<br />

I prefetti del 1923-1924, ossia gli assistenti degli allievi inviati dalla Casa Madre<br />

<strong>di</strong> Parma, avevano visto con meraviglia quanto stava succedendo a seguito <strong>di</strong><br />

quei pezzettini <strong>di</strong> pane o <strong>di</strong> quei fagioli, posti ai pie<strong>di</strong> della statuetta <strong>di</strong> San Giuseppe,<br />

e in un piccolo Notes dalla copertina nera avevano annotato qualcuna <strong>di</strong><br />

quelle risposte del Santo della Provvidenza. Il libricino fu conservato fino al<br />

1984-1985, quando andò smarrito. I prefetti che vennero dopo, non furono altrettanto<br />

attenti a quanto la Provvidenza operava a vantaggio della casa e soprattutto<br />

al modo. Si viveva senza alcuna preoccupazione e ciò sembrava naturale.<br />

Solo negli ultimi mesi del 1926, i nuovi prefetti <strong>com</strong>inciarono a ricordare nella<br />

cronaca del bollettino interno, “Vita nostra”, alcuni episo<strong>di</strong> che hanno dello straor<strong>di</strong>nario.<br />

Forse il cronista era quel giovane prefetto <strong>di</strong> alta sensibilità spirituale<br />

che fu Gaetano La Face. Inviato <strong>di</strong> nuovo a Vicenza dopo l’or<strong>di</strong>nazione sacerdotale<br />

nel 1929, vi morirà due anni dopo in concetto <strong>di</strong> santità.<br />

Ebbene, il 5 novembre 1926 “Vita nostra” segna: «San Giuseppe ci manda 5<br />

quintali <strong>di</strong> vino da Arzignano» (forse voleva <strong>di</strong>re ettolitri), e il 19: «San Giuseppe<br />

ci manda 5 quintali <strong>di</strong> granoturco». Al 5 <strong>di</strong>cembre si legge: «È venuto un operaio<br />

a impiantare il telefono che San Giuseppe ci ha procurato, senza nemmeno farci<br />

pagare la tassa occorrente per l’uso». Il 19 gennaio dell’anno nuovo 1927, è scritto:<br />

«San Giuseppe ci manda due carretti <strong>di</strong> provvidenza da Villaverla: frumento,<br />

patate, granoturco». Al 31 del mese una nota più lunga: «Verso le 10, trovandoci<br />

senza pasta, il padre Rettore manda il fratello Dall’Armi a portarne alcuni pezzettini<br />

davanti a San Giuseppe. Non erano passati tre quarti d’ora che San Giuseppe<br />

ce ne manda alcune casse da Arzignano, per mezzo della famiglia Cazzola, benefattrice<br />

dell’Istituto».<br />

Tre mesi dopo, al 17 marzo, nuova annotazione: «Trovandoci ancora senza pasta,<br />

il padre Rettore ne fa porre qualche pezzettino davanti a San Giuseppe, e poco<br />

dopo ne arriva quasi mezzo quintale». Il 18 marzo: «Lo stesso benefattore che ieri<br />

ci mandò la pasta, oggi ci manda il carbone per cuocerla».<br />

In quella data si annota anche che San Giuseppe è stato adornato <strong>di</strong> una aureola<br />

d’oro finissimo, costellata <strong>di</strong> 18 tra <strong>di</strong>amanti e perline, dono della Provvidenza,<br />

senza che l’Istituto vi abbia messo nemmeno un centesimo. Ecco <strong>com</strong>e sono andate<br />

le cose.<br />

Un bel giorno a padre <strong>Uccelli</strong> venne in mente <strong>di</strong> dare un segno <strong>di</strong> riconoscenza<br />

al suo San Giuseppe. Come? «Capperi! — esclamò — l’aureola!». Il suo san Giuseppe<br />

era senza aureola. Un Santo senza aureola non va… Ne parlò alla signora<br />

Masolo, che darà poi due figli alle missioni saveriane, ed essa ne fece parola alle<br />

131


amiche. In breve fu raccolto un bel mucchietto d’oggetti d’oro. Quando <strong>Uccelli</strong><br />

andò dall’orefice, si accorse che anche il Bambino Gesù era senza aureola. Oro ce<br />

n’era abbastanza: un’aureola per ciascuno!<br />

Quando fu finito il lavoro, l’orefice <strong>di</strong>sse che gli era avanzato ancora dell’oro:<br />

«Corbezzoli! — pensò padre <strong>Uccelli</strong> — Mi ero <strong>di</strong>menticato della Madonna! San<br />

Giuseppe ha pensato alla sua Sposa». E così, anche una statuetta della Madonna<br />

ebbe la sua aureola.<br />

Per qualche tempo il cronista — <strong>di</strong>stratto o abituato alle premure <strong>di</strong> San Giuseppe<br />

— non scrive più nulla, salvo che non si tratti <strong>di</strong> qualche cosa <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso dal<br />

cibo. E allora ecco: «San Giuseppe ci manda 4 lettiere <strong>di</strong> rete metallica» (28 agosto);<br />

«San Giuseppe ci manda due carri <strong>di</strong> legna da ardere» (7 settembre).<br />

Poi l’abitu<strong>di</strong>ne rende normale anche quello che è straor<strong>di</strong>nario e i cronisti non<br />

scrivono più nulla. La meraviglia, invece, coglie quelle persone che si trovarono<br />

casualmente ad assistere al verificarsi quasi miracoloso della risposta all’umile invocazione<br />

che padre <strong>Uccelli</strong> poneva, in forma <strong>di</strong> cibo, ai pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> San Giuseppe.<br />

Cominciamo con i fagioli.<br />

Lo racconta Teresa Marolla e si riferisce agli anni 1948-1949. Dice: «Un giorno<br />

ai pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> San Giuseppe c’erano dei fagioli. Mio figlio Elio, <strong>di</strong> quattro anni, mi<br />

chiese: “Mamma, San Giuseppe mangia i fagioli con i pie<strong>di</strong>?”. A quell’uscita padre<br />

<strong>Uccelli</strong> sorrise, accarezzò la testa del bambino e con molta calma, <strong>com</strong>’era solito<br />

fare, gli <strong>di</strong>sse: “Tu sai, vero, chi è San Giuseppe? San Giuseppe mangiava<br />

<strong>com</strong>e noi, ma ora deve provvedere i fagioli, perché li abbiamo finiti; non abbiamo<br />

più fagioli”.<br />

Ci intrattenemmo ancora un poco — continua la donna — ed ecco a un certo<br />

momento suonò il campanello. Allora padre <strong>Uccelli</strong> prese Elio per mano e andò<br />

ad aprire il portone. Entrò un <strong>uomo</strong> grassotto e anziano, con un grembiule blu<br />

chiaro, che trascinava un carretto con sopra un gran sacco. E padre <strong>Uccelli</strong> esclamò:<br />

“Vuoi vedere che sono i fagioli che ci manda San Giuseppe?”. Era così, e mio<br />

figlio rimase tanto impressionato che ancora oggi mi <strong>di</strong>ce: “Mi pare ancora <strong>di</strong> sentire<br />

che mi fregola la testa”». 1<br />

Un altro caso: questa volta è una ragazza. Lo raccontò tanti anni dopo, quando<br />

era già novantenne. Allora avrà avuto 15 o 16 anni. Era andata da padre <strong>Uccelli</strong><br />

con sua mamma. «Un giorno — <strong>di</strong>sse — ci trovammo là che mancavano pochi<br />

minuti alle 16.00, ora della merenda dei ragazzi. La superiora si avvicinò a padre<br />

<strong>Uccelli</strong> e gli chiese: “Padre, che cosa facciamo per la merenda?” E lui: “Non sono<br />

ancora le quattro; venga alle quattro”. E la suora: “Ma sono quasi le quattro e io<br />

non so che cosa dare…”. E lui: “Ha detto bene: sono quasi le quattro. Venga alle<br />

quattro”.<br />

Alle 16.00 precise suonò il campanello, e io, curiosa, corsi a vedere. Con grande<br />

stupore vi<strong>di</strong> entrare dal portone <strong>di</strong> Via Trento un carretto trainato da due buoi,<br />

con sopra due enormi pentole <strong>di</strong> patate americane, appena cotte, ancora fumanti,<br />

bollenti, pronte per la merenda. Io sono stata presente al fatto. Lo ricorderò per<br />

----------------<br />

1 Summarium, pag. 471-472.<br />

132


sempre». 2<br />

E ora facciamo parlare un <strong>uomo</strong>, o meglio ascoltiamo che cosa racconta sua figlia.<br />

Suo padre aveva fatto otto o nove anni <strong>di</strong> guerra, era stato deportato in Russia<br />

e, tornato a casa, non andava più in chiesa e bestemmiava. Ma un giorno andò<br />

da padre <strong>Uccelli</strong> non si sa perché, e poi raccontò alla figlia: «Pensa, l’ho visto io,<br />

con i miei occhi, mettere davanti al suo San Giuseppe quello che mancava al suo<br />

seminario: fagioli, pasta… Ho visto io con i miei occhi che arrivavano camion <strong>di</strong><br />

roba. E padre <strong>Uccelli</strong> che <strong>di</strong>ceva ai camionisti: Venite, venite! Mettete giù». Continua<br />

la sig.ra Mira: «È stata un’esperienza fortissima. E <strong>di</strong>re che chi lo raccontava<br />

con tanto entusiasmo era uno che non credeva in niente, <strong>com</strong>e mio padre; e che lo<br />

raccontasse lui era proprio il massimo. Mi pare <strong>di</strong> vederlo ancora, <strong>com</strong>e fosse oggi,<br />

che piangeva <strong>di</strong> <strong>com</strong>mozione quando parlava <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong>». 3<br />

Diamo ora la voce a un ragazzo. Aveva 16 anni e si recava ogni tanto<br />

all’Istituto per avere notizie del fratello maggiore, padre Giuseppe Fusato, missionario<br />

in Cina. Alle volte padre <strong>Uccelli</strong> lo chiamava davanti a San Giuseppe: «Vieni,<br />

vieni a vedere». «Una volta vi<strong>di</strong> sul piattino ai pie<strong>di</strong> della statua una barchetta<br />

in carta. Poi seppi che la barchetta era arrivata davvero. Un altra volta vi<strong>di</strong> dei<br />

grani <strong>di</strong> riso e chiesi: “Padre, che cosa ci fa qui il riso?”. – E lui: “Caro, abbiamo<br />

bisogno <strong>di</strong> mangiare”. – Quella volta era quasi mezzogiorno e la suora venne a <strong>di</strong>re:<br />

“Padre, non c’è nulla da mangiare…”. – E lui: “Intanto metta su l’acqua”.<br />

Poco dopo si fermarono alcuni uomini — mi pare che fossero della Croce Rossa<br />

— che consegnarono due sacchi <strong>di</strong> riso e alcuni sacchi <strong>di</strong> pane». 4<br />

La storia delle sette damigiane la racconta la nipote Suor Dina Tagliavini. Andò<br />

a Vicenza con un’altra suora. «Mentre parlavamo con padre <strong>Uccelli</strong>, squillò il<br />

telefono. Sentimmo rispondere: “Sì, sono io… Sette damigiane <strong>di</strong> olio?... Chi devo<br />

ringraziare?”. Mise giù il telefono e <strong>di</strong>sse: “Mi hanno risposto <strong>di</strong> ringraziare<br />

San Giuseppe”». Prima <strong>di</strong> partire le suore videro arrivare il carro con le damigiane<br />

<strong>di</strong> olio. Sentirono <strong>di</strong>re: «Queste le lasci a me, e queste le porti al tale Istituto che<br />

ne ha molto bisogno…».<br />

Suor Dina si accorse, proprio quando stava per partire, che davanti a San Giuseppe<br />

c’era un fiaschetto in miniatura con dentro qualche goccia d’olio: quelle<br />

damigiane erano la risposta. 5<br />

In ultimo, un fatto raccontato dalle Suore della cucina. Quel giorno avevano solo<br />

la minestra e nulla per <strong>com</strong>panatico. Padre <strong>Uccelli</strong> le mandò a pregare San Giuseppe.<br />

Poco prima <strong>di</strong> mezzogiorno, suonò il campanello e le suore andarono ad<br />

aprire. C’era un <strong>uomo</strong> con un sacco sulle spalle. Raccontò che proprio davanti<br />

all’Istituto si era aperta la porta posteriore del camion e alcune forme <strong>di</strong> formaggio<br />

erano rotolate fuori e si erano ammaccate. Non si potevano più vendere: «Le<br />

----------------<br />

2 Summarium, pag. 342.<br />

3 Ivi, pag. 284.<br />

4 Ivi, pag. 397.<br />

5 Ivi, pag. 84-85.<br />

133


portiamo a Padre <strong>Uccelli</strong> e ai suoi uccellini…». Così <strong>di</strong>sse e se ne andò. 6<br />

Bisogna <strong>di</strong>re che San Giuseppe se l’è proprio meritata l’aureola d’oro, cosparsa<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>amanti…<br />

Non così la pensava un giovane saveriano che si trovò a tavola con la <strong>com</strong>unità<br />

all’inizio degli anni ’50, proprio quando si era appena celebrata solennemente la<br />

festa del Santo. Tra il serio e il faceto <strong>com</strong>inciò a <strong>di</strong>re: «Via queste gonfiature,<br />

queste feste, questi tridui e queste novene: San Giuseppe è un gran Santo, ma facciamolo<br />

rientrare nella normalità». Era forse l’espressione <strong>di</strong> quel movimento,<br />

sorto dopo il Concilio, che per concentrare tutto in Cristo metteva da parte i suoi<br />

Santi. Padre <strong>Uccelli</strong> mandò giù e non <strong>di</strong>sse nulla. Ma qualche giorno dopo s<strong>com</strong>parvero<br />

tutte le lenzuola della casa e una settimana più tar<strong>di</strong> ci fu chi fece razzia<br />

dei salami della <strong>di</strong>spensa. Allora qualcuno si rivolse a padre <strong>Uccelli</strong>: «Padre, che<br />

cosa succede?». E lui: «Corbezzoli! San Giuseppe lo hanno estromesso… e chi fa<br />

la guar<strong>di</strong>a alla casa?». Buona lezione per chi aveva parlato a vanvera! 7<br />

----------------<br />

6 Ivi, pag. 427.<br />

7 Summarium, pag. 156.<br />

134


CROCI E GIOIE<br />

«L’anno scorso avevo gioie e croci — scrive a Melania nel giugno del 1923 —<br />

quest’anno ho croci e gioie. Le croci dell’anno scorso erano materiali, quelle <strong>di</strong><br />

quest’anno sono spirituali e quin<strong>di</strong> tanto più pesanti. Preghi il Signore che mi <strong>di</strong>a<br />

la grazia <strong>di</strong> portarle in pace e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> farmi tanti meriti».<br />

Viste le necessità, in padre <strong>Uccelli</strong>, che sembrava non portato a lavori manuali,<br />

si era risvegliato l’istinto del conta<strong>di</strong>no e si mise a mettere a posto il giar<strong>di</strong>no e<br />

l’orto con due uomini che aveva accolto <strong>com</strong>e volontari. Fece piantare molti<br />

pioppi e, vicino alla peschiera, cioè al canale che attraversa il prato, fece piantare<br />

molti alberi da frutta; l’Istituto <strong>di</strong> Don Calabria, detto dei Buoni Fanciulli <strong>di</strong> Custoza,<br />

regalò molte piantine da giar<strong>di</strong>no e da orto; venne acquistato un carretto per<br />

i bisogni della casa e anche una mucca, che si aggiunse a un altra per fare il paio.<br />

Provvide anche al <strong>di</strong>vertimento dei ragazzi con l’acquisto <strong>di</strong> una barchetta per<br />

navigare sul canale (con l’aiuto <strong>di</strong> san Giusepope, <strong>com</strong>e s’è visto!). Non <strong>di</strong>menticò<br />

nemmeno gli aspetti culturali e acquistò una bella vetrina <strong>di</strong> noce per un piccolo<br />

Museo cinese, che allestì con alcuni oggetti inviatigli da mons. Calza. 1<br />

Poteva scrivere a Melania: «Materialmente me la passo molto meglio dell’anno<br />

scorso, anzi a <strong>di</strong>rle la verità tutta intera, c’è una <strong>di</strong>fferenza immensa. Quest’anno<br />

l’orto, che è tutto nostro, ci dà ogni bene; il prato ci dà il fieno abbondantissimo e<br />

due buone macchinette automatiche mutano il fieno in latte. Che Provvidenza!<br />

Quanto è buono il Signore anche con i cattivi! Elemosine non ne mancano e anche<br />

due o tre giorni fa un buon sacerdote, tutto giulivo, mi portava uno <strong>di</strong> quei biglietti<br />

in cui l’unità è seguita da tre zeri». Evidentemente San Giuseppe aveva preso a<br />

cuore l’incarico che il suo devoto gli aveva affidato.<br />

La Divina Provvidenza continua. Ha la gioia <strong>di</strong> <strong>com</strong>unicare <strong>di</strong> aver ricevuto<br />

due offerte che, messe insieme, raggiungono la cifra <strong>di</strong> Lire 1.700. Ha messo in<br />

or<strong>di</strong>ne il suo altarino: «Sarei felice se lei lo vedesse, e più felice se potrò mettere<br />

in armonia con l’altare tutta la cappellina. È la Provvidenza che ci deve pensare e<br />

ci penserà certamente».<br />

Diciamo anche che all’inizio dell’anno ci fu un altro fatto consolante: il braccio<br />

<strong>di</strong> San Francesco Saverio, che in occasione del 300° anniversario della canonizzazione<br />

veniva portato per tutta Italia, il 2 marzo 1923 giunse a Vicenza. Alle 6 <strong>di</strong><br />

sera i giovani dell’Istituto si recarono a Porta Padova a incontrare la reliquia e il<br />

giorno dopo prestarono continuo servizio in D<strong>uomo</strong>. La preziosa reliquia, alla sera,<br />

venne portata all’Istituto; alle una <strong>di</strong> notte il rettore padre <strong>Uccelli</strong> celebrò la<br />

Messa davanti ad essa e alle ore 2.00 fu ripreso il viaggio verso Verona e Modena.<br />

----------------<br />

1 Cronistoria della Scuola apostolica <strong>di</strong> Vicenza, in “Vita nostra”, 1923, passim.<br />

135


Padre <strong>Uccelli</strong> l’ac<strong>com</strong>pagnò fino a Modena.<br />

In settembre <strong>Uccelli</strong> ebbe la sorpresa <strong>di</strong> vedersi arrivare dalla Cina il sig. Giovanni<br />

Berchmans Lo, figlio dell’amico e benefattore Giuseppe Lo Pahong. Veniva<br />

da Parigi e voleva rivedere quel prete gentile che aveva conosciuto quand’era giovinetto.<br />

Forse glielo aveva suggerito suo padre: «Mi rac<strong>com</strong>ando, va’ a trovare<br />

padre <strong>Uccelli</strong>…».<br />

Possiamo immaginare la meraviglia e la gioia <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong>, per<br />

quell’inaspettata visita. Era arrivato il 21 settembre 1923. Il giorno dopo <strong>Uccelli</strong><br />

lo condusse al santuario <strong>di</strong> Monte Berico, con grande sod<strong>di</strong>sfazione dell’ospite. Si<br />

fermò ancora due giorni a Vicenza e poi partì per Venezia.<br />

E le croci? E i dolori? «Lasciamoli dormire, non destiamoli — scrive ancora il<br />

nostro —. Ma sarà ancora meglio prenderli dolcemente dolcemente e unirli a quelli<br />

<strong>di</strong> nostro Signore Gesù Cristo. Lei con le sue orazioni mi aiuti a sopportarli con<br />

pazienza per farmi un po’ <strong>di</strong> meriti».<br />

Noi però, questi dolori e queste croci dobbiamo cercare <strong>di</strong> elencarli, anche se<br />

quelli più intimi e profon<strong>di</strong> non verremo mai a conoscerli.<br />

Uno dei primi dolori dell’annata è stata la morte del Rettore del Seminario <strong>di</strong><br />

Vicenza, mons. Giovanni Veronesi, un vero santo, <strong>di</strong> cui è stata introdotta la Causa<br />

<strong>di</strong> beatificazione. Era <strong>di</strong>ventato molto amico <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong> e amava il piccolo<br />

Istituto. Venendo a mancare lui, veniva meno un protettore. «Era un santo — scrive<br />

<strong>Uccelli</strong> — e io meglio <strong>di</strong> tanti altri lo posso <strong>di</strong>re, perché l’ho avuto ospite due<br />

volte, in occasione della festa <strong>di</strong> San Francesco Saverio. Anche dal Cielo sono sicuro<br />

che non ci <strong>di</strong>mentica e che sarà un nostro vali<strong>di</strong>ssimo protettore. Ci voleva<br />

tanto bene!».<br />

<strong>Uccelli</strong> si augurava che facessero Rettore l’arciprete <strong>di</strong> Schio, mons. Elia Dalla<br />

Costa, «il vero ritratto del defunto mons. Veronesi. Ama le missioni in quel mondo<br />

che solo i Santi sanno amarle». Invece fu nominato un altro, il quale ha fatto<br />

sentire subito il suo peso, tergiversando sull’ammissione alla tonsura dei due assistenti<br />

dei ragazzi <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong>; tanto che questi suggerì a mons. Conforti <strong>di</strong><br />

ammetterli lui alla tonsura, a Parma. Più tar<strong>di</strong>, in settembre, il nuovo Rettore del<br />

Seminario si recò a far visita a padre <strong>Uccelli</strong>; ma era una visita <strong>di</strong> ufficio e... che<br />

riuscì poco gra<strong>di</strong>ta. Gli <strong>com</strong>unicava infatti che il vescovo non intendeva accettare<br />

i suoi alunni <strong>di</strong> prima ginnasio, perché la nuova classe del Seminario contava già<br />

55 alunni e non era possibile formare due sezioni, ciò che sarebbe stato necessario<br />

se si aggiungevano gli 11 alunni missionari.<br />

<strong>Uccelli</strong>, spiacentissimo, si <strong>di</strong>ede a cercare chi potesse fare la scuola in casa.<br />

Trovò un Padre Oratoriano, don Bortolo Manazardo, che si prestò a insegnare le<br />

materie principali, <strong>Uccelli</strong> tenne per sé l’insegnamento della religione e incaricò i<br />

prefetti per qualche materia secondaria.<br />

Un altro <strong>di</strong>spiacere fu la partenza della Superiora delle suore che lavoravano in<br />

casa. «L’obbe<strong>di</strong>enza l’ha chiamata altrove. Ha sofferto molto a lasciare questa casa<br />

e anch’io ho sofferto, più <strong>di</strong> quello che mi pensavo, a vederla partire. Era una<br />

136


Madre che amava molto la casa e che per la casa si è sacrificata tanto. Ora che le<br />

cose <strong>com</strong>inciavano ad andar meglio, le è venuto l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> partire e se ne è andata».<br />

Anche la partenza da Villaverla dell’arciprete mons. Elia Dalla Costa, nominato<br />

vescovo <strong>di</strong> Padova, costituì un dolore, poiché perdeva un amico <strong>di</strong> alta spiritualità.<br />

Il nuovo vescovo, prima <strong>di</strong> lasciare la parrocchia, passò un periodo <strong>di</strong> ritiro<br />

proprio nella casa <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong>. In seguito sarà arcivescovo <strong>di</strong> Firenze e car<strong>di</strong>nale.<br />

All’inizio del nuovo anno scolastico 1923-24, il Fondatore gli fece qualche<br />

rac<strong>com</strong>andazione che doveva tornare nuova, per uno che proveniva da un seminario<br />

<strong>di</strong>ocesano; gli suggeriva, cioè, <strong>di</strong> chiamare a colloquio gli alunni, per interrogarli<br />

sulla loro vocazione, sulla pratica della me<strong>di</strong>tazione, sui sentimenti che provano,<br />

ecc. «Giovano assai questi colloqui privati, — scriveva il Fondatore —<br />

spesso più <strong>di</strong> una pre<strong>di</strong>ca, perché in essi si può <strong>di</strong>re al giovane la parola che fa per<br />

lui, che lo ammonisce, lo corregge, lo incoraggia a seconda del bisogno. È la<br />

pioggia fine, quella che penetra e feconda la terra, non gli acquazzoni. Questa regola<br />

è suggerita da tutti i migliori educatori, che l’hanno sempre sperimentata <strong>com</strong>e<br />

<strong>di</strong> grande efficacia». 2 Suggeriva, praticamente, il sistema del superiore che<br />

colloquia con l’alunno, contrariamente alla prassi <strong>di</strong> molti seminari, nei quali il<br />

superiore è <strong>di</strong>staccato e <strong>di</strong>stante. Padre <strong>Uccelli</strong>, per temperamento e formazione,<br />

faceva fatica a mettere in pratica queste <strong>di</strong>rettive, ma sembra che lo abbia fatto fedelmente<br />

con i più gran<strong>di</strong>.<br />

Nel nuovo anno, il 1924, avrebbe continuato a portare croci e gioie: o gioie e<br />

croci, secondo quali prevalevano nel <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> Dio. Cominciò a metà gennaio<br />

con una buona croce: «un freddo terribile», ma <strong>Uccelli</strong> mostra <strong>di</strong> preoccuparsi più<br />

del suo Fondatore che <strong>di</strong> se stesso. «Vostra Eccellenza chissà quanto avrà sofferto<br />

in quei rigi<strong>di</strong> giorni che abbiamo passato! …Ho detto più volte al Signore <strong>di</strong> caricare<br />

me <strong>di</strong> dolori e <strong>di</strong> acciacchi, per risparmiare Vostra Eccellenza che sa così bene<br />

usare della salute per <strong>com</strong>piere opere sante a gloria <strong>di</strong> Dio, a salvezza delle anime<br />

e a bene della nostra Pia Società». Qualche mese dopo, <strong>com</strong>unica con <strong>di</strong>spiacere<br />

che il parroco dei Carmini, la parrocchia entro il cui territorio si trova<br />

l’Istituto, non solo non aiuta ma impe<strong>di</strong>sce ai suoi parrocchiani <strong>di</strong> aiutarlo. Poi<br />

vantava <strong>di</strong>ritti che non aveva. Tra l’altro, <strong>Uccelli</strong> aveva affittato alla parrocchia<br />

una parte del prato <strong>com</strong>e campo sportivo, con la clausola <strong>di</strong> non subaffittarlo, e<br />

invece il parroco l’aveva passato ad altri senza nemmeno avvisare; inoltre, senza<br />

nemmeno farne parola, aveva stampato sul calendario parrocchiale che una stazione<br />

delle Rogazioni finirà nella cappella dei missionari, e tante altre piccole cose….<br />

Purtroppo, queste pretese del parroco continuarono per qualche tempo; tra<br />

l’altro, voleva le chiavi della chiesetta <strong>di</strong> San <strong>Pietro</strong> d’Alcàntara, nel cortile<br />

dell’Istituto, e pretendeva <strong>di</strong> farla da padrone. La Curia non gli dava ragione, ma<br />

intanto si era creato un malessere che durerà a lungo.<br />

Pensiamo che padre <strong>Uccelli</strong> abbia affidata anche quella questione al suo san<br />

----------------<br />

2 TEODORI, Lettere ai Saveriani III, Lettera a <strong>Uccelli</strong>, 7.11.1923, pag. 45.<br />

137


Giuseppe perché ci pensasse lui. Ormai la sua giaculatoria era: «San Giuseppe,<br />

pensateci Voi» (Si dava ancora del “voi” a nostro Signore e ai Santi).<br />

Sarà stato San Giuseppe, sarà stata la Madonna, un segno del loro gra<strong>di</strong>mento<br />

glielo vollero dare con un pellegrinaggio a Lourdes.<br />

Lo strumento fu il sig. Tagliolato, impiegato all’Ufficio missionario <strong>di</strong> Vicenza.<br />

Egli si offrì a pagare le spese <strong>di</strong> viaggio, purché padre <strong>Uccelli</strong> si prendesse cura<br />

<strong>di</strong> suo padre anziano. Conforti, richiesto, fece <strong>di</strong>fficoltà per non creare precedenti,<br />

poi accon<strong>di</strong>scese. Così <strong>Uccelli</strong> andò a Lourdes dal 28 agosto al 6 <strong>di</strong> settembre<br />

1924. 3<br />

Nell’ottobre il canonico penitenziere del D<strong>uomo</strong> e Delegato per le Opere Missionarie,<br />

mons. Tomaso Tomasi, gli chiese <strong>di</strong> essere accolto <strong>com</strong>e pensionante<br />

nella casa <strong>di</strong> Vicenza, nel caso che non lo accettassero in Seminario. <strong>Uccelli</strong> ne<br />

scrive al Fondatore <strong>di</strong>cendo che sarebbe una bene<strong>di</strong>zione per l’Istituto, perché i<br />

ragazzi sarebbero <strong>di</strong>retti nello spirito da un Sacerdote secondo il cuore <strong>di</strong> Dio e<br />

pieno <strong>di</strong> esperienza. Infatti, era stato per 27 anni Direttore spirituale in Seminario.<br />

Aggiunge che la sua presenza potrebbe favorire anche le offerte, dato la conoscenza<br />

che egli ha dei parroci.<br />

Dopo qualche mese padre <strong>Uccelli</strong> si rese conto che mons. Tomasi era sì un<br />

<strong>uomo</strong> pio, ma era anche «un carattere <strong>di</strong>fficilissimo». «Con la pazienza si riesce<br />

ad accontentarlo e fino ad ora non si è mai lagnato <strong>di</strong> nessuno. Cerco <strong>di</strong> aver pazienza<br />

perché è mio dovere, ma anche perché questo tornerà a vantaggio<br />

dell’Istituto, al quale lascia tutti suoi beni, che non sono pochi. Al presente fa<br />

buona propaganda per noi e si <strong>di</strong>ce fortunatissimo d’essere qui».<br />

Le contrarietà <strong>com</strong>inciarono quando padre <strong>Uccelli</strong> gli parlò del progetto <strong>di</strong><br />

qualche lavoro per rendere la casa adatta ad accogliere un maggior numero <strong>di</strong> alunni.<br />

Egli si mostrò contrario e aggiunse che, se proprio si voleva fare, si cercassero<br />

i sol<strong>di</strong> fuori della <strong>di</strong>ocesi. Avendo visto una circolare per cercare giovinetti<br />

per l’Istituto, insistette perché non dovessero passare il numero <strong>di</strong> cinquanta. Perfino<br />

quando padre <strong>Uccelli</strong> mandava qualche somma a Parma, doveva stare attento<br />

che non lo venisse a sapere monsignore a evitare così ogni contrasto. L’unica cosa<br />

che trovò favorevole mons. Tomasi fu il progetto della costruzione <strong>di</strong> una chiesa a<br />

San Giuseppe nell’ambito dell’Istituto, <strong>di</strong> cui parleremo più avanti. Il decennio<br />

che seguì la prima guerra mon<strong>di</strong>ale fu <strong>di</strong>fficile per tutti e questo spiega, in parte, il<br />

timore dei responsabili della <strong>di</strong>ocesi che venissero sottratte offerte al seminario.<br />

Anticipiamo qui la malattia e morte <strong>di</strong> mons. Tomasi. Nel marzo 1931 si mise a<br />

letto, malato <strong>di</strong> cuore e <strong>di</strong> reni, e con <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> respiro. Padre <strong>Uccelli</strong> e gli altri<br />

<strong>di</strong> casa gli prestarono tutte le cure. Il malato ebbe qualche ripresa, ma verso la fine<br />

<strong>di</strong> giugno andò peggiorando; morì nella notte del 29 giugno, assistito da padre<br />

<strong>Uccelli</strong>.<br />

Questi scrisse a mons. Conforti: «Nella lunga malattia <strong>di</strong> Monsignore abbiamo<br />

tribolato tanto, ma sempre con cristiana carità e non in vista <strong>di</strong> umana speranza.<br />

Ora siamo contenti <strong>di</strong> aver fatto quello che abbiamo fatto, perché siamo sicuri che<br />

----------------<br />

3 TEODORI, Lettere ai Saveriani III, Lettera a <strong>Uccelli</strong>, 24.7.1924, pag. 51.<br />

138


queste opere <strong>di</strong> carità saranno segnate nel libro della vita e alla nostra Società ne<br />

verranno bene<strong>di</strong>zioni». In queste parole c’è un’allusione alla promessa del defunto<br />

<strong>di</strong> lasciare tutto all’Istituto,ciò che poteva costituire quell’”umana speranza” a cui<br />

accenna <strong>Uccelli</strong> e alla quale non <strong>di</strong> era affidato. Infatti, Monsignore lasciò<br />

all’Istitutoi solo i mobili, i libri, le vesti e quanto aveva in camera; quanto a denaro,<br />

lasciò una Borsa <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Lire 25.800.<br />

Mons. Conforti scrisse <strong>di</strong>cendo <strong>di</strong> essere grati a Dio per ciò che il defunto aveva<br />

lasciato all’Istituto, e aggiungeva: «Io pure sono d’avviso sia stato bene che egli<br />

non ci abbia lasciati ere<strong>di</strong> universali. Così nessuno potrà accusarci <strong>di</strong> avere approfittato<br />

dell’ospitalità concessa in vita al medesimo. In avvenire non accoglieremo<br />

in casa più nessuno che non appartenga alla famiglia nostra». 4 Quest’ultima<br />

frase è un riconoscimento dei molti inconvenienti che quell’ospitalità era costata a<br />

padre <strong>Uccelli</strong>.<br />

----------------<br />

4 TEODORI, Lettere ai Saveriani III, Lettera a <strong>Uccelli</strong>, 10.7.1931, pag. 109.<br />

139


NUOVO ANNO SCOLASTICO<br />

E NUOVI PROBLEMI<br />

1924-1931<br />

Avvicinandosi l’apertura del nuovo anno scolastico 1924-1925, mons. Conforti<br />

inviò per lettera alcune sue <strong>di</strong>rettive. Anzitutto rac<strong>com</strong>andava <strong>di</strong> far leggere agli<br />

alunni Perio<strong>di</strong>ci missionari, anche durante il pranzo o la cena, per alimentare la<br />

vocazione missionaria. Bisognava formare un ambiente saturo <strong>di</strong> spirito apostolico.<br />

Questa <strong>di</strong>rettiva cadeva su terreno ben preparato.<br />

Conforti poi ritorna sul colloquio mensile e rac<strong>com</strong>anda <strong>di</strong> chiamare ex professo<br />

i giovani per sentire le loro impressioni, i loro dubbi, le loro <strong>di</strong>fficoltà e <strong>di</strong>re loro<br />

la parola <strong>di</strong> conforto, d’incoraggiamento, <strong>di</strong> guida.<br />

Rac<strong>com</strong>anda anche <strong>di</strong> tenere a posto i registri dei conti, cosa che a padre <strong>Uccelli</strong><br />

riuscirà assai gravosa e spesso impossibile. Notevole anche la rac<strong>com</strong>andazione<br />

<strong>di</strong> non introdurre nuove pratiche <strong>di</strong> pietà, oltre quelle in uso nella Casa Madre.<br />

1<br />

Il rettore del Seminario <strong>di</strong> Vicenza aveva <strong>di</strong>chiarato <strong>di</strong> non poter accettare gli<br />

alunni della seconda ginnasio e lasciava dubbi per la prima. <strong>Uccelli</strong>, in previsione<br />

<strong>di</strong> dover fare alcune classi in casa, si era rivolto al Fondatore perché gli inviasse<br />

qualche confratello in aiuto. Mons. Conforti gli propose il padre Leonardo Armelloni,<br />

tornato da poco dalla Cina. <strong>Uccelli</strong> rispose con tutta franchezza che, conoscendolo<br />

bene, non sapeva decidersi per il sì. «La pace vale più <strong>di</strong> tutte le <strong>com</strong>o<strong>di</strong>tà<br />

e per mantenerla io sarei contento <strong>di</strong> sacrificarmi sempre. Vostra Eccellenza mi<br />

capisce».<br />

Gli alunni erano 40, senza contare i prefetti. Ormai la prima e la seconda ginnasio<br />

si dovevano fare in casa. Il Padre Filippino continuò a insegnare italiano e<br />

latino, il prefetto Capra si assunse l’insegnamento della matematica, mentre <strong>Uccelli</strong><br />

tenne per sé le materie secondarie.<br />

Si arriva così al gennaio 1925 e il mandato <strong>di</strong> Rettore <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong> sta per<br />

scadere. Venne la riconferma, non dovuta al solo fatto della mancanza <strong>di</strong> altro<br />

personale <strong>di</strong>sponibile, ma in considerazione della buona prova data da <strong>Uccelli</strong>.<br />

Mons. Conforti, dalle numerose lettere ricevute, aveva potuto constatare <strong>com</strong>e il<br />

Rettore seguisse i suoi alunni, li conoscesse ad uno ad uno e sui singoli esprimesse<br />

giu<strong>di</strong>zi così concreti e precisi da far pensare a una introspezione singolare.<br />

La nuova nomina non è stata ad triennium, <strong>com</strong>e si usava, ma ad beneplacitum<br />

nostrum. Data la citazione del canone <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto canonico, si deve intendere che il<br />

Superiore si riservava <strong>di</strong> poterlo trasferire anche prima dei tre anni. Ciò era forse<br />

in relazione alle trattative per una nuova Casa apostolica a Poggio San Marcello,<br />

----------------<br />

1 TEODORI, Lettere ai Saveriani III, Lettera a <strong>Uccelli</strong>, 21.9.1924, pag. 52-53.<br />

141


in provincia <strong>di</strong> Ancona, per la quale il Fondatore pensava che poteva rendersi necessario<br />

contare su <strong>Uccelli</strong>. La casa si aprirà <strong>di</strong> fatto nel settembre 1925, ma padre<br />

<strong>Uccelli</strong> non sarà toccato. Invece, viene ricordato il suo nome, perché mandò alla<br />

nuova fondazione 30 lenzuola e 15 coperte, dall’ere<strong>di</strong>tà dei soldati.<br />

L’11 luglio <strong>Uccelli</strong> si recò a Barco perché suo padre stava male. Si fermò fino<br />

al 17 e poi tornò a Vicenza, date le con<strong>di</strong>zioni piuttosto stazionarie del malato. Il<br />

19 ricevette un telegramma che suo padre si era aggravato. La nipote suor. Scolastica<br />

ricorda che il nonno voleva ricevere l’Unzione degli infermi da padre <strong>Pietro</strong>,<br />

ma che questi non se la sentì e seguitava a piangere, mentre l’infermo rispondeva<br />

con voce chiara e serena alla preghiera del sacerdote. Dopo il rito, Battista ringraziò<br />

il sacerdote e <strong>di</strong>sse: «Ecco pronto il biglietto <strong>di</strong> partenza». Morì santamente il<br />

20 luglio 1925. Aveva 81 anni. 2 Sei mesi dopo, il 30 gennaio 1926 morì anche la<br />

matrigna, Irene Ferrari, assistita anch’essa dal padre <strong>Pietro</strong>.<br />

A settembre, col nuovo anno scolastico, a Vicenza sono in 60, <strong>com</strong>presi i Prefetti,<br />

le suore e i conta<strong>di</strong>ni. <strong>Uccelli</strong> scrive. «Quest’anno la Provvidenza è più generosa<br />

degli anni scorsi, perché vede che la famiglia si è ingrossata. Non ho mai toccato<br />

così con mano l’opera della Provvidenza. Se fossi quale dovrei essere, la<br />

Provvidenza verrebbe coi carri. Nonostante la mia indegnità non manca <strong>di</strong> venire<br />

e <strong>di</strong> portarci il necessario». Mons. Conforti insiste perché si faccia qualche allargamento<br />

della casa per ricevere alcuni aspiranti in più. 3<br />

Qualche temporale appare all’orizzonte: il Vescovo ha chiesto al Padre Filippino<br />

<strong>di</strong> insegnare in un ginnasio parrocchiale della città. Per fortuna il Padre gli ha<br />

detto <strong>di</strong> no. <strong>Uccelli</strong> aggiunge: «L’abbiamo pagato bene, con vero sacrificio, ma<br />

ora ne ve<strong>di</strong>amo il guadagno». Intanto dal Seminario vennero altre negative: «A<br />

poco a poco ci mettono alla porta; e tutto questo per favorire lo spirito missionario<br />

— <strong>com</strong>menta amaramente padre <strong>Uccelli</strong> —. Con tanti denari che hanno e con tanti<br />

Sacerdoti, non potrebbero <strong>di</strong>videre le classi? Non sarebbe un gran bene per loro<br />

e per noi? Pazienza e avanti. Il Signore non ci abbandonerà mai, perché lavoriamo<br />

per Lui».<br />

Per il nuovo anno scolastico il Seminario è <strong>di</strong>sposto ad accettare la seconda e la<br />

quarta classe, ma non la prima e la terza. Mons. Conforti, allora, intervenne autoritativamente,<br />

decidendo che tutte le classi fossero fatte in casa: «Quello che facciamo<br />

oggi, lo dovremo fare domani. Tanto vale deciderci una buona volta, per<br />

dare un assetto stabile al nostro Istituto». 4 Padre <strong>Uccelli</strong> è preoccupato per le reazioni<br />

che si potrebbero suscitare in Seminario; ma Conforti resta fermo. Il giovane<br />

prof. Piazza si offre a insegnare matematica. 5<br />

Altro problema: l’ampiamento della casa e la raccolta <strong>di</strong> denari per tale scopo.<br />

----------------<br />

2 TEODORI, Lettere ai Saveriani III, Lettera a <strong>Uccelli</strong>, 30.6.1925, pag. 62; FASOLINI Ettore, Una<br />

lampada accesa. L’avventura umana <strong>di</strong> padre <strong>Pietro</strong> <strong>Uccelli</strong> missionario in Cina e a Vicenza, Bologna,<br />

EMI, 1998, pag. 169.<br />

3 TEODORI, Lettere ai Saveriani III, Lettera a <strong>Uccelli</strong>, 11.10.1925, pag. 66-67.<br />

4 TEODORI, Lettere ai Saveriani III, Lettere a <strong>Uccelli</strong>, 6.16.23 ottobre 1926, pag. 76-79.<br />

5 Il Filippino prof. Manzardo lascerà nel 1929, su nuovo invito del vescovo <strong>di</strong> insegnare in Se-<br />

minario<br />

142


Mons. Conforti ha preparato una circolare, ma si presentano <strong>di</strong>fficoltà a <strong>di</strong>ffonderla<br />

a Vicenza. Padre <strong>Uccelli</strong> ha <strong>com</strong>inciato, con gli allievi, una novena a San Giuseppe,<br />

che sarà ripetuta nove volte. La Casa Madre è pure in <strong>di</strong>fficoltà economiche<br />

perché dalle Missioni, che si trovano in gravi strettezze, chiedono il rimborso<br />

<strong>di</strong> quanto non è stato loro mandato in tempo <strong>di</strong> guerra. Anche l’ere<strong>di</strong>tà del Marchese<br />

Roi, <strong>di</strong> 20.000 lire, destinata a studenti missionari, sembra andata a finire a<br />

chi sa chi.<br />

Finalmente, col nuovo anno scolastico 1927-1928, venne mandato a Vicenza<br />

un Vice rettore. Per ben sei anni <strong>Uccelli</strong> era rimasto solo a <strong>di</strong>rigere la casa. Era<br />

aiutato dai giovani prefetti, per l’assistenza e la <strong>di</strong>sciplina degli alunni, ma per il<br />

resto, doveva pensare tutto lui. Perciò, all’annuncio che gli sarebbe stato mandato<br />

finalmente un Padre in aiuto, scriveva: «Sarà una vera Provvidenza. Fin da questo<br />

momento Le <strong>di</strong>co che io non faccio <strong>di</strong>fferenza tra l’uno e l’altro e che voglio mantenere<br />

il proposito <strong>di</strong> piuttosto morire che non andar d’accordo. La pace è così<br />

bella e dà frutti così consolanti che sarebbe una vera pazzia non far <strong>di</strong> tutto per<br />

mantenerla. Quel Padre che Vostra Eccellenza Rev.ma mi manderà, sarà quello<br />

che andrà bene, e io lo riceverò <strong>com</strong>e mandato dal Signore». Il Vice rettore era il<br />

padre Natale Vaccari che arrivò in ottobre e che ricevette anche l’incarico <strong>di</strong> tenere<br />

i registri economici, cosa ostica per il padre <strong>Uccelli</strong>, che non trovava certo il<br />

tempo <strong>di</strong> prendere nota <strong>di</strong> quanto riceveva. Del suo Vice rettore, <strong>Uccelli</strong> si mostrerà<br />

molto sod<strong>di</strong>sfatto.<br />

Nel giugno del 1928 padre <strong>Uccelli</strong> accenna a un malcontento <strong>di</strong> mons. Tomasi,<br />

proprio nei confronti <strong>di</strong> padre Vaccari. Che cosa può essere successo, con un Padre<br />

<strong>com</strong>e Vaccari, «tanto buono che è <strong>di</strong> esempio a tutti»? Pare che il Vice Rettore<br />

cercasse <strong>di</strong> curare anche spiritualmente gli apostolini, e mons. Tomasi pensò che<br />

fosse stato mandato per prendere in mano la <strong>di</strong>rezione spirituale. Padre <strong>Uccelli</strong>,<br />

pro bono pacis, suggerì al Fondatore <strong>di</strong> non far ritornare a Vicenza il padre Vaccari,<br />

allora a Parma, finché non si fossero chiarite le cose. Se venisse prima. ci sarebbe<br />

il pericolo che Monsignore se ne vada dall’Istituto, con conseguenze negative,<br />

avendo lui una influenza gran<strong>di</strong>ssima tra il clero.<br />

Il nuovo anno 1928 fu funestato dalla morte dell’apostolino Luigi Borselli, avvenuta<br />

verso la fine <strong>di</strong> febbraio, dopo breve e dolorosissima malattia.<br />

Il 9 febbraio il bollettino interno “Vita nostra” riporta una decisione del Fondatore<br />

e del suo Consiglio che riguarda il padre <strong>Uccelli</strong>. Infatti viene prospettato, per<br />

il nuovo anno scolastico, un cambio <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a tra padre <strong>Uccelli</strong> che andrà Rettore<br />

nella Casa <strong>di</strong> Poggio San Marcello, mentre il Rettore <strong>di</strong> quella casa, il padre Amatore<br />

Dagnino sarà mandato a Vicenza. Il Diritto Canonico prevedeva che il Superiore<br />

<strong>di</strong> una casa non durasse oltre due trienni e ciò spiega la decisione. Ne fu rimandata<br />

l’attuazione, in vista della visita del Beato Conforti ai missionari della<br />

Cina ormai decisa per l’autunno. I cambiamenti non si poterono poi attuare perché<br />

padre Dagnino fu nominato Superiore Regionale della Missione.<br />

Padre <strong>Uccelli</strong> rimase a Vicenza. A un certo momento appare con il titolo <strong>di</strong><br />

Pro-rettore: una fictio juris, un espe<strong>di</strong>ente giuri<strong>di</strong>co per prolungarne il governo ef-<br />

143


fettivo. 6<br />

Nel settembre 1928 furono nominati Consiglieri del Superiore generale il padre<br />

<strong>Uccelli</strong>, Rettore <strong>di</strong> Vicenza, e il padre Dagnino Amatore, Rettore della Casa <strong>di</strong><br />

Poggio S. Marcello; si aggiungevano ai padri Bonar<strong>di</strong> e Popoli, già Consiglieri dal<br />

1925.<br />

Il nuovo anno scolastico 1928-1929 <strong>com</strong>incia con 49 ragazzi, oltre ai tre Padri<br />

e a mons. Tomasi, sei suore e tre uomini <strong>di</strong> lavoro. Inoltre, non passava giorno che<br />

non ci fosse qualche ospite. Preoccupazioni economiche? <strong>Uccelli</strong> scrive: «San<br />

Giuseppe, pensateci Voi! Ecco il mio rifugio».<br />

Il Fondatore era partito per la visita ai Missionari <strong>di</strong> Cina il 21 settembre e si<br />

proponeva <strong>di</strong> tornare per Natale; ma padre <strong>Uccelli</strong> aveva un progetto che gli bruciava<br />

in cuore chissà da quanto tempo. Ora era emerso prepotentemente, tanto da<br />

non permettergli <strong>di</strong> aspettare il ritorno del Fondatore. Gli mandò quin<strong>di</strong> una lettera<br />

per via aerea il 22 novembre, tanto gli pareva la sua proposta importante e urgente.<br />

«Molti mi domandano quando faccio la chiesina ad onore <strong>di</strong> San Giuseppe —<br />

scriveva — e quasi si fanno meraviglia perché non l’abbiamo ancora <strong>com</strong>inciata.<br />

Anche mons. Tomasi è del parere e sono sicuro che egli darebbe una bella somma.<br />

Di più, <strong>di</strong>ce che se faremo una chiesina votiva <strong>di</strong> San Giuseppe e poi faremo sapere<br />

che vi celebriamo ogni giorno una santa Messa per i benefattori vivi e defunti,<br />

troveremo denari non solo per la chiesina, ma anche per l’Istituto. Se facciamo la<br />

chiesina, bisogna che la facciamo proprio bellina: San Giuseppe se la merita».<br />

Mons. Conforti, <strong>di</strong> ritorno dalla Cina, si fermò a Vicenza, giungendovi alle<br />

1.30 del 27 <strong>di</strong>cembre. Ripartì la mattina del 28.<br />

Il <strong>di</strong>scorso sulla chiesina venne ripreso in marzo e mons. Conforti <strong>di</strong>ede tutto il<br />

suo plauso. Ha veduto il <strong>di</strong>segno della chiesina e suggerisce che la si faccia più<br />

lunga <strong>di</strong> almeno tre metri. Padre <strong>Uccelli</strong> <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> avere già in serbo 2.000 Lire ed è<br />

sicuro che, se l’e<strong>di</strong>ficio incontrerà il gusto dei vicentini, gli aiuti saranno notevoli.<br />

7<br />

Bisognava contattare il Vescovo. Questi si mostrò decisamente contrario a una<br />

chiesa esterna; insistette perché la si facesse all’interno dell’e<strong>di</strong>ficio. Naturalmente,<br />

facendola interna perderebbe tutta la sua attrattiva. 8 Conforti decise <strong>di</strong> soprassedere.<br />

Si procedette< invece col progetto <strong>di</strong> ristrutturazione <strong>di</strong> parte della casa<br />

perché potesse ospitare un maggior numero <strong>di</strong> alunni.<br />

In mezzo a queste tribolazioni, padre <strong>Uccelli</strong> ebbe anche una grande consolazione<br />

che <strong>com</strong>unicò a Melania: la guarigione miracolosa a Lourdes <strong>di</strong> uno dei suoi<br />

ragazzi. Ne parleremo più avanti.<br />

Il 7 agosto 1929 fu tenuto a Parma il primo Capitolo Generale della Società,<br />

presieduto dal beato Conforti. Furono apportate alcune mo<strong>di</strong>fiche alle Costituzio-<br />

----------------<br />

6 In realtà la legge del triennio riguardava le sole “case formate”, cioè quelle con sei o più<br />

membri professi (CJC 1917, can.488, 5°).<br />

7 TEODORI, Lettere ai Saveriani III, Lettera a <strong>Uccelli</strong>, 28.3.1929, pag. 95.<br />

8 TEODORI, Lettere ai Saveriani III, Lettere a <strong>Uccelli</strong>, 25.2.1930 e 23.4.1930, pag. 100 e 102.<br />

144


ni, fu approvato lo Statuto per le Missioni e fu eletto il primo Consiglio <strong>di</strong>rettivo<br />

ufficiale, nel quale padre <strong>Uccelli</strong> fu eletto consigliere.<br />

Non essendo andata in porto la costruzione della chiesina, padre <strong>Uccelli</strong> pensò<br />

<strong>di</strong> aprire al pubblico la cappella <strong>di</strong> S. <strong>Pietro</strong> d’Alcantara, che si trovava nel cortile<br />

dell’Istituto con la facciata su Viale Trento. Il vescovo Conforti ne fece regolare<br />

domanda al Vescovo <strong>di</strong> Vicenza che non si oppose; invece il parroco dei Carmini<br />

andò su tutte le furie.<br />

Arriviamo così agli ultimi mesi del 1931. Nel settembre, essendo in vista la<br />

partenza per la Cina <strong>di</strong> cinque Padri e due Suore Canossiane, il Fondatore scrisse<br />

a padre <strong>Uccelli</strong> <strong>di</strong>cendogli il suo imbarazzo perché mancavano 15.000 Lire a coprire<br />

le spese e non sapeva dove trovarle. Pregava padre <strong>Uccelli</strong> <strong>di</strong> tenere pronta<br />

tale somma, per il caso che non si riuscisse a procurarla in altro modo. 9 Fu<br />

l’ultima lettera <strong>di</strong> mons. Conforti a padre <strong>Uccelli</strong>.<br />

Alla fine <strong>di</strong> ottobre mons. Conforti si ammalò; il 4 novembre si aggravò e padre<br />

<strong>Uccelli</strong> partì imme<strong>di</strong>atamente per Parma. «Arrivato alla presenza dell’infermo<br />

— scrive padre Bonar<strong>di</strong> —, al vederlo immobile, pallido, con gli occhi semichiusi,<br />

(padre <strong>Uccelli</strong>) si <strong>com</strong>mosse profondamente e si gettò in ginocchio a fianco del<br />

letto. Dopo un poco, vincendo la <strong>com</strong>mozione, lo salutò e gli <strong>di</strong>sse che tutta la<br />

<strong>com</strong>unità <strong>di</strong> Vicenza pregava per lui. – Oh, grazie, grazie, <strong>di</strong>sse l’infermo. – Sia<br />

fatta la volontà <strong>di</strong> Dio”». 10<br />

Il giorno dopo, 5 novembre, il venerato Padre rendeva l’anima a Dio. La città<br />

<strong>di</strong> Parma gli riservò un funerale che fu un trionfo. Già tutti lo acclamavano Santo.<br />

Padre <strong>Uccelli</strong> ne rimase profondamente addolorato. Scriveva <strong>di</strong> sentirne la<br />

mancanza grande e che lo confortava solo il pensiero <strong>di</strong> avere un protettore in cielo.<br />

----------------<br />

9 TEODORI, Lettere ai Saveriani III, Lettera a <strong>Uccelli</strong>, 19.9.1931, pag. 110.<br />

10 BONARDI Giovanni, Guido Maria Conforti, Parma, IMEP, 1936, pag. 261.<br />

145


SE POTESSI TORNARE IN CINA, MORIREI DI GIOIA<br />

Mons. Conforti, morendo, aveva lasciato un’ere<strong>di</strong>tà preziosa ai suoi figli: un<br />

piccolo libro intitolato «Costituzioni della Pia Società <strong>di</strong> S. Francesco Saverio per<br />

le Missioni estere», preceduto da un’ammirabile lettera, nella quale egli effondeva<br />

tutto il suo spirito e manifestava il suo amore paterno. Ecco le ultime parole della<br />

lettera, quasi un <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> ad<strong>di</strong>o: «E in questo momento, in cui sento tutta la soavità<br />

della carità <strong>di</strong> Cristo, <strong>di</strong> gran lunga più forte <strong>di</strong> ogni affetto naturale, e tutta<br />

mi si affaccia la grandezza della causa che ci stringe in una sola famiglia, abbraccio<br />

con effusione <strong>di</strong> cuore, <strong>com</strong>e se fossero qui presenti, quanti hanno dato il nome<br />

al pio nostro Sodalizio e quanti saranno per darglielo in seguito, e per tutti invoco<br />

da Dio, nella grande mia indegnità, lo spirito degli apostoli e la perseveranza<br />

finale».<br />

I figli <strong>di</strong> Conforti, pur accogliendo le innovazioni apportate dal Concilio Vaticano<br />

II, hanno voluto conservare intatto il pensiero del loro Padre Fondatore, raccogliendolo<br />

in poco più <strong>di</strong> venti pagine, liberato dai contorni giuri<strong>di</strong>ci in cui era<br />

<strong>com</strong>e <strong>di</strong>sperso. È la «Regola Fondamentale» che resta per sempre il documento a<br />

cui si ispirano e su cui si specchiano.<br />

Padre <strong>Uccelli</strong> aveva accolto con entusiasmo e con gioia il primo abbozzo delle<br />

Costituzioni, mandato in Cina dal Fondatore nel 1916, 1 e dopo il suo ritorno aveva<br />

avuto la gioia <strong>di</strong> sentirle <strong>com</strong>mentare dallo stesso Fondatore nel noviziato.<br />

Ciò che esse proclamavano altamente erano le finalità sublimi che l’Istituto si<br />

proponeva <strong>di</strong> raggiungere. Il Fondatore, nella Lettera Testamento, le sintetizzava<br />

così: «Ci proponiamo <strong>di</strong> portare il povero nostro contributo all’avveramento del<br />

vaticinio <strong>di</strong> Cristo, auspicante la formazione <strong>di</strong> una sola famiglia cristiana che abbracci<br />

l’umanità».<br />

Questo è stato sempre l’ideale coltivato dal padre <strong>Uccelli</strong> e, pur costretto<br />

dall’obbe<strong>di</strong>enza a rimanere in Italia, ha sempre conservato la nostalgia per il primo<br />

annuncio e il desiderio della partenza. In una lettera a Mons. Conforti, da Vicenza<br />

nel 1928, esprime chiaramente il suo vivissimo desiderio <strong>di</strong> ritornare in Cina<br />

e <strong>di</strong> coronare la vita col martirio. La scrisse quando gli giunse la notizia che i<br />

tre missionari, catturati dai briganti, erano stati liberati. Tutti, a <strong>com</strong>inciare dal<br />

Fondatore avevano tanto trepidato per la loro sorte.<br />

«Deo gratias! — scrive il nostro —. Gli amatissimi Confratelli sono stati liberati,<br />

e questa grazia, per me, è tanto grande che mi pare <strong>di</strong> non sbagliare a chiamarla<br />

miracolo. Abbiamo subito cantato il Te Deum, e la novena che facevamo<br />

----------------<br />

1 Ve<strong>di</strong> capitolo Xiangxian, p…<br />

147


per chiedere al Signore la liberazione l'abbiamo <strong>com</strong>piuta, facendola in ringraziamento.<br />

«Padre Roteglia è stato qui due giorni. Sono rimasto contentissimo della sua<br />

visita, del suo contegno e soprattutto dello zelo ardente che ha per le sante. Missioni.<br />

Anche gli apostolini sono rimasti e<strong>di</strong>ficati. A sentirlo parlare delle gran<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>fficoltà e dei tanti pericoli in cui si trovano i nostri cari Confratelli, mi sono sentito<br />

ancor più incoraggiato ad andare in Missione. Al presente, la Cina tiene in serbo<br />

tante accorciatoie per andare in Para<strong>di</strong>so; non ne sono degno, lo so, ma desidererei<br />

pur tanto che una accorciatola ci fosse anche per me».<br />

A Melania nel 1932 esprime la speranza <strong>di</strong> poter chiudere la sua vita in Cina:<br />

«I Padri vengono per il Capitolo, per l’elezione del Superiore Generale al posto<br />

del nostro venerato mons. Conforti. Preghi ancor Lei perché il Signore ispiri i capitolari<br />

ad eleggere uno che abbia tutte quelle doti che sono necessarie a un capo<br />

<strong>di</strong> una famiglia non piccola e non facile. Io nutro una mezza speranza <strong>di</strong> andare a<br />

finire i miei giorni in Cina. Che il Signore lo voglia. Preghi per me e mi creda suo<br />

dev.mo fratello in Cristo Gesù.».<br />

Il padre <strong>Uccelli</strong> rimarrà sempre a Vicenza e chiuderà la vita in quella città, ma<br />

il suo cuore era rimasto in Cina e là avrebbe voluto ritornare. Ripete ancora una<br />

volta: «O Cina o Para<strong>di</strong>so», <strong>com</strong>e era il sospiro ai tempi del suo apostolato reggiano,<br />

quando si sentiva <strong>com</strong>e un uccello in gabbia che non poteva spiccare il volo.<br />

Ci fa ricordare il grido <strong>di</strong> san Daniele Comboni: «O Africa o morte!»<br />

A Melania scrive: «Sento il desiderio o della Cina o del Para<strong>di</strong>so. Le altre cose<br />

mi toccano più poco. In questi giorni mi sento un po’ malmesso. Riesco a far poco,<br />

e anche quel poco molto male e a stento. Pazienza e avanti in Domino… Ho<br />

sentito con vivo piacere che il <strong>di</strong> Lei nipote Domenico sarebbe pronto a venire con<br />

me in Cina. Magari potessi andarvi! Io farei il possibile per prendere con me anche<br />

il <strong>di</strong> Lei buon nipote, sempre che sia libero da legami <strong>di</strong> famiglia. Intanto preghiamo<br />

e confi<strong>di</strong>amo».<br />

«Qui niente <strong>di</strong> nuovo. Una novità ci sarà presto, e sa qual è? Quella della mia<br />

partenza da questa casa per andare non so dove; magari potessi ritornare in Cina!<br />

Mi sembrerebbe <strong>di</strong> morire <strong>di</strong> gioia».<br />

Questo intimo desiderio della missione ispirò tutta la sua azione educativa e<br />

pastorale nella casa missionaria e nella <strong>di</strong>ocesi <strong>di</strong> Vicenza.<br />

A Vicenza padre <strong>Uccelli</strong> fu mandato per essere formatore <strong>di</strong> missionari ed egli<br />

sopportava <strong>di</strong> essere lontano dalla sua terra <strong>di</strong> adozione, la Cina, solo perché sperava<br />

<strong>di</strong> preparare altri, numerosi apostoli. Una testimonianza <strong>di</strong> Suor Lucietta esprime<br />

bene l’animo <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong> circa il lavoro missionario a Vicenza: «È<br />

stato missionario in Cina. Me l’ha detto tante volte; ne era tanto entusiasta. Quando<br />

parlava della Cina sembrava andasse in estasi! Mi <strong>di</strong>ceva: “Anche qui, sai, io<br />

mi preparo sempre per andare in Cina, e preparo loro. Ho sofferto tanto a lasciare<br />

la missione; ma guarda, guarda quanti ragazzi ho”. Aveva tanto amore per le missioni».<br />

2<br />

----------------<br />

2 Ivi, 116<br />

148


Ci rimane una testimonianza <strong>di</strong> Padre <strong>Uccelli</strong> che cerca vocazioni per il suo Istituto<br />

e per le missioni. Non è certo un modello per la promozione vocazionale<br />

<strong>com</strong>e la si fa ai nostri giorni, ma <strong>di</strong>ce molto dello zelo missionario che lo animava.<br />

Forse era il metodo usato in Cina, <strong>di</strong> incontrare la gente a tu per tu, per parlare<br />

della fede.<br />

Bassanello Romano era un ragazzo <strong>di</strong> quattor<strong>di</strong>ci o quin<strong>di</strong>ci anni che aveva<br />

terminato la scuola e lavorava <strong>com</strong>e garzone nel negozio <strong>di</strong> un ottico. Un giorno si<br />

presentò padre <strong>Uccelli</strong>, forse perché aveva bisogno <strong>di</strong> qualche cosa. Dopo un po’,<br />

Romano sentì quel pretino, piccolo con la barba, che <strong>di</strong>ceva alla padrona:<br />

– Conosce qualche buon ragazzo che abbia <strong>di</strong>sposizioni per il sacerdozio o le<br />

missioni? Un ragazzo buono: voglio <strong>di</strong>re, un ragazzo che abbia fede.<br />

La signora rimase perplessa e dopo un po’ chiamò Romano e lo presentò al<br />

missionario, <strong>di</strong>cendo: «Questo è un bravo ragazzo». Padre <strong>Uccelli</strong> si <strong>com</strong>plimentò<br />

con lui e poi gli domandò:<br />

– Ti piacerebbe farti missionario?.<br />

Romano rispose:<br />

– Missionario? Che cosa vuol <strong>di</strong>re?<br />

Padre <strong>Uccelli</strong> spiegò:<br />

– I missionari sono quei preti che vanno lontano per salvare le anime.<br />

Questo fu il primo approccio con un ragazzo che poi entrò nell’Istituto per farsi<br />

missionario.<br />

È bene notare che l’Istituto missionario <strong>di</strong>retto da padre <strong>Uccelli</strong> aveva una finalità<br />

ben precisa e nessuno poteva essere ammesso solo per motivi <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o o per<br />

sbarcare il lunario. L’invito <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong> a far parte del suo gruppo <strong>di</strong> aspiranti<br />

missionari non ammetteva secon<strong>di</strong> fini; egli parlava frequentemente ed apertamente<br />

delle missioni ai suoi ragazzi e li ammoniva che se ci fosse qualcuno che<br />

era là per altri scopi, faceva male, perché i posti erano pochi ed egli finiva <strong>di</strong> occupare<br />

il posto <strong>di</strong> una vera vocazione. Diceva: «Noi viviamo della carità dei buoni,<br />

che ci aiutano perché sanno che vi preparate per <strong>di</strong>ventare missionari». Diceva<br />

anche: «San Giuseppe ci provvede il pane e tutto quello <strong>di</strong> cui abbiamo bisogno,<br />

ma rimanere qui con altri scopi sarebbe un tra<strong>di</strong>mento».<br />

Tutto questo ci ha raccontato il sig. Romano Bassanello, che fu alunno a Vicenza<br />

per vari anni e che lasciò l’Istituto per malattia; ma non ha mai scordato il<br />

volto e il cuore paterno <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong>. Ricordava anche che egli parlava sempre<br />

<strong>di</strong> missioni e <strong>di</strong>ceva: «Io sono stato in missione per <strong>di</strong>ciassette anni e vi posso assicurare<br />

che c’è tanto da fare…». Bassanello confondeva, nel ricordo, il numero<br />

degli anni passati da <strong>Uccelli</strong> in Cina; ma quello che gli era rimasto incancellabile<br />

era la figura <strong>di</strong> un <strong>uomo</strong> che viveva pensando sempre alle missioni. 3<br />

Seguendo le in<strong>di</strong>cazioni <strong>di</strong> Mons. Conforti, allora presidente dell’Unione Missionaria<br />

del clero, Padre <strong>Uccelli</strong> si interessava anche della formazione missionaria<br />

dei seminaristi e del clero, convinto che quella era una priorità assoluta. Purtrop-<br />

----------------<br />

3 Summarium, pag.176-177<br />

149


po, doveva ammettere che le <strong>di</strong>fficoltà frapposte alla sensibilizzazione missionaria<br />

dei seminaristi erano piuttosto forti.. Ne riferisce in una lettera a mons. Conforti:<br />

«Monsignor Vescovo è sempre quello. Il Seminario vescovile va sempre peggiorando<br />

nei nostri riguar<strong>di</strong>. Il timore che i seminaristi amino, aiutino le Missioni<br />

è gran<strong>di</strong>ssimo nei Superiori <strong>com</strong>e nel Vescovo. Pare che la reazione venga dai<br />

Seminaristi, i quali non si danno pace nel vedere certe cose che fanno a pugni col<br />

buon senso cattolico. Si è proibito ai Seminaristi la lettura <strong>di</strong> qualsiasi libro non<br />

riguardante la scuola, e questo per non <strong>di</strong>re, espressamente, che erano proibiti i libri<br />

che trattano <strong>di</strong> Missioni. Io non mando mai libri o cartoline in Seminario, ma<br />

se i Seminaristi vengono qui, do loro tutto quello che domandano. Il popolo è amante<br />

delle Missioni e il Clero così poco! Che sconcerto!».<br />

Per <strong>com</strong>prendere questo atteggiamento, allora <strong>com</strong>une nei Vescovi e nei Seminari,<br />

si tenga presente che gli anni dopo la guerra del 1915-18, erano anni in cui<br />

le vocazioni scarseggiavano, e i Vescovi vedevano con angoscia che qualche seminarista,<br />

magari avanti con gli stu<strong>di</strong>, lasciasse il seminario, sia pure per una necessità<br />

più grande della Chiesa. Solo anime gran<strong>di</strong>, <strong>com</strong>e il vescovo Guido Maria<br />

Conforti, potevano <strong>di</strong>re: «Vescovo <strong>di</strong> una vasta <strong>di</strong>ocesi, che conta non poche parrocchie<br />

vacanti per mancanza <strong>di</strong> clero, so bene quanto costi la per<strong>di</strong>ta anche <strong>di</strong> un<br />

solo collaboratore, massime se in cura d’anime, ma so pure che Chi può suscitare<br />

dalle pietre i figli <strong>di</strong> Abramo, non lascia mai <strong>di</strong> <strong>com</strong>pensare ad usura il sacrificio<br />

che si <strong>com</strong>pie per la più grande della cause, la più legittima delle conquiste». 4<br />

Ammaestrato dall’atteggiamento del Vescovo e dei Superiori del Seminario <strong>di</strong><br />

Vicenza, padre <strong>Uccelli</strong> si <strong>com</strong>portò con prudenza in una sua visita al Seminario <strong>di</strong><br />

Marola a Reggio Emilia, dove era stato invitato a pre<strong>di</strong>care un Ritiro spirituale..<br />

Erano gli anni 1927 o ’28. Padre <strong>Uccelli</strong> pre<strong>di</strong>cò sulle missioni, ma si fermò piuttosto<br />

sulla necessità <strong>di</strong> essere missionari in qualunque luogo. Diceva che la vocazione<br />

al sacerdozio è vocazione alla missione; tutti dovevano sentirsi missionari,<br />

sia che esercitassero il sacerdozio a Reggio sia che lo esercitassero in Cina. 5 Era<br />

un <strong>com</strong>promesso, ma egli pensava che aver parlato delle missioni significava aver<br />

piantato un seme sulla terra; forse, un giorno, ne sarebbe uscito un germoglio, poi<br />

una pianta, se è vero che il Signore può suscitare figli <strong>di</strong> Abramo anche dalle pietre.<br />

Ma i tempi <strong>di</strong> Dio non sono i nostri e dal Seminario <strong>di</strong> Reggio qualche anno<br />

dopo uscirà un bel gruppo <strong>di</strong> missionari e l’Istituto <strong>di</strong> Parma ne accoglierà più <strong>di</strong><br />

uno, e <strong>di</strong> ottima stoffa, e padre <strong>Uccelli</strong> se ne sarà rallegrato.<br />

Riguardo all’animazione missionaria è interessante la testimonianza <strong>di</strong> Xompero<br />

Maria. Incontrò casualmente padre <strong>Uccelli</strong>, che non conosceva, mentre si recava<br />

con alcune amiche alla riunione delle zelatrici missionarie a Monte Berico a<br />

Vicenza.<br />

Maria faceva parte delle zelatrici della sua parrocchia e si presentò <strong>com</strong>e tale,<br />

ma il piccolo prete con la barba la mise subito in confidenza, tanto che essa gli<br />

----------------<br />

4 Lettera <strong>di</strong> Guido M. Arciv. Vescovo, Presidente Gen. dell’Unione Missionaria del Clero ai<br />

Vescovi d’Italia, 21 aprile 1921.<br />

5 Summarium, pag. 319<br />

150


<strong>di</strong>sse la sua pena <strong>di</strong> non essere brava <strong>com</strong>e le altre. «Quando facciamo le adunanze,<br />

gli <strong>di</strong>sse, io mi trovo molto a <strong>di</strong>sagio, perché sento che questa porta tanti sol<strong>di</strong>,<br />

quell’altra <strong>di</strong> più ancora, e io…nella mia parrocchia raccolgo pochino, pochino…».<br />

Padre <strong>Uccelli</strong>, allora, in<strong>com</strong>inciò a incoraggiarla, amabilmente, <strong>com</strong>e un buon<br />

papà, e le <strong>di</strong>sse: «Hai mai visto le formichette? Ve<strong>di</strong> <strong>com</strong>e portano il loro piccolo<br />

peso sulle spalle. È piccolo, ma tutte insieme raccolgono un grande tesoro: per loro<br />

è un grande tesoro, perché basterà a mantenere il formicaio per tutto l’inverno.<br />

Ecco, ve<strong>di</strong>. Il missionario è l’<strong>uomo</strong> <strong>di</strong> Dio che va a far conoscere Gesù a quelli<br />

che non lo conoscono; le zelatrici sono <strong>com</strong>e le formichette che portano il loro<br />

contributo, poco o tanto non importa. Quando quell’aiuto arriverà al missionario,<br />

il poco unito al poco <strong>di</strong>viene tanto ed egli può aiutare tanta povera gente».<br />

Maria Xompero <strong>com</strong>menta: «Io, senza accorgermi, ero <strong>com</strong>e condotta dalle sue<br />

parole; andavo riflettendo nella mia mente su quanto lui, strada facendo, mi veniva<br />

spiegando. Dicevo a me stessa: “Ma guarda, ero venuta all’incontro con l’idea<br />

<strong>di</strong> non prestarvi troppa attenzione, perché — <strong>di</strong>cevo tra me — avranno voglia <strong>di</strong><br />

parlare <strong>di</strong> sol<strong>di</strong> e sol<strong>di</strong>; quando poi tu vai alla porta delle case, la gente ti <strong>di</strong>ce:<br />

Non ne ho mica sa, questa volta. Venga un’altra volta!”.<br />

«Io, seguendo il mio pensiero, <strong>di</strong>ssi al Padre: “Cosa si potrebbe fare per poter<br />

prendere qualcosa?”. E lui: “Pregare, pregare. Da una porta all’altra delle case,<br />

puoi <strong>di</strong>re un’Ave Maria, un Gloria o anche: Signore ti offro questo passo perché<br />

io possa penetrare in questa famiglia e parlarci!”. Allora io <strong>di</strong>cevo a me stessa:<br />

“Ma io non l’ho fatta mai questa cosa, fino ad ora!”. E ripensavo all’immagine<br />

delle formichette. Mi piaceva osservare le formiche, <strong>com</strong>e anche le api: Dicevo a<br />

me stessa: “Se ogni volta le formichette portano a casa un granellino, dopo tanto<br />

tempo ne avranno un bel mucchio. E se io posso portare anche solo un granellino<br />

piccolo, vorrà <strong>di</strong>re che il Signore bene<strong>di</strong>rà quello!”.<br />

«Poi mi ha parlato anche delle vocazioni, ma sempre camminando. Mi ha detto<br />

che bisogna stare attenti con la gioventù, specialmente facendo la dottrina. Mi ha<br />

chiesto se facevo dottrina. “Sì, ho risposto, nelle quarte; però faccio fatica perché<br />

io non ho la <strong>com</strong>petenza necessaria, non sono maestra, sono solo una ragazza delle<br />

nostre case”. E lui: “L’importante è stare attenti. Può darsi che qualche ragazzo<br />

<strong>di</strong>ca che gli piacerebbe <strong>di</strong>ventare prete ...”. E io: “Ah, su questo, credo proprio che<br />

starei particolarmente attenta, perché mi piacerebbe insegnare qualcosa sulla vocazione”.<br />

Devo riconoscere che ho sempre desiderato aiutare le vocazioni. Anche<br />

oggi prego per le vocazioni.<br />

«E lì terminò il <strong>di</strong>scorso perché intanto eravamo giunti in cima a Monte Berico<br />

dove, là sotto le piante, ci sarebbe stato l’incontro». Con grande sorpresa <strong>di</strong> Maria<br />

e delle sue <strong>com</strong>pagne, chi faceva la conferenza alle zelatrici, era proprio, lui, padre<br />

<strong>Uccelli</strong>. 6<br />

Padre Ermanno Zulian, nella breve biografia a flash, ci presenta l’attività mis-<br />

----------------<br />

6 Ivi, pag. 263<br />

151


sionaria del padre <strong>Uccelli</strong> tra la gente <strong>di</strong> Vicenza. Dice che la scuola apostolica<br />

dei Saveriani, a poco a poco, era <strong>di</strong>ventata il centro <strong>di</strong> animazione missionaria nella<br />

<strong>di</strong>ocesi. Ne riportiamo l’intero racconto.<br />

Padre <strong>Uccelli</strong> andava spesso a tenere le “giornate missionarie” nei paesi; a volte,<br />

veniva invitato nei convegni <strong>di</strong> animazione missionaria. Come si fa a organizzare<br />

un raduno a beneficio delle missioni e a non invitare un reduce dalle terre<br />

d’oltre mare? Era lì che padre <strong>Uccelli</strong> metteva tutto il fuoco del suo cuore<br />

d’apostolo. La sua parola era calma, il suo <strong>di</strong>scorso senza voli, ma basato<br />

sull’esperienza e quin<strong>di</strong> quanto mai efficace e persuasivo. Era convinto che se il<br />

mondo avesse avuto un po’ più <strong>di</strong> spirito missionario, sarebbe stato anche più generoso,<br />

più buono; perché lo spirito missionario avvicina gli uomini e i continenti,<br />

in una fraternità che è quella del santo Vangelo.<br />

Gli piaceva spesso <strong>di</strong>re: “Chi aiuta l’apostolo avrà la mercede dell’apostolo,<br />

cioè il para<strong>di</strong>so”.<br />

In un teatrino della città furono radunate a convegno le zelatrici missionarie <strong>di</strong><br />

tutta la <strong>di</strong>ocesi. Anche quella volta padre <strong>Uccelli</strong> fu pregato <strong>di</strong> <strong>di</strong>r loro “due parole”:<br />

Egli <strong>com</strong>inciò la sua pre<strong>di</strong>ca congratulandosi con esse perché erano venute in<br />

gran numero. Dimostrò con esempi pratici che le missioni avevano tanto bisogno<br />

<strong>di</strong> preghiere e <strong>di</strong> aiuto materiale, che i missionari nelle terre lontane non potevano<br />

far niente senza l’esercito delle retrovie, cioè senza le zelatrici missionarie. Perché,<br />

nelle missioni, mancando i mezzi, non si possono aprire scuole, costruire le<br />

chiese, sostenere i catecumenati che formano nuovi cristiani, non si possono salvare<br />

le ragazze sfortunate, raccolte nei collegi della Santa Infanzia o gli ammalati<br />

nelle corsie degli ospedali. Elencò i bisogni <strong>di</strong> tutte le terre lontane, ma fu così delicato<br />

da non nominare il suo Istituto dove pure aveva tanti aspiranti da mantenere.<br />

Quando ebbe finito <strong>di</strong> parlare e le u<strong>di</strong>trici ebbero smesso <strong>di</strong> battergli le mani, si<br />

alzò il signor Tagliolato, segretario all’Ufficio missionario. Egli <strong>di</strong>sse: “Padre <strong>Uccelli</strong><br />

vi ha parlato degli altri e va bene, ma ci vuole pure qualcuno che parli <strong>di</strong> lui,<br />

cioè dei suoi bisogni!”<br />

Il buon missionario cercava <strong>di</strong> far tacere l’oratore improvvisato facendogli segno<br />

<strong>di</strong> no con le mani e <strong>di</strong> no con la testa. Ma l’altro continuò imperterrito: “Perché,<br />

fuori Porta S. Croce, padre <strong>Uccelli</strong> ha una schiera <strong>di</strong> aspiranti missionari, che<br />

non vivono <strong>di</strong> aria. Sono tutti vicentini, per giunta, e stu<strong>di</strong>ano per andare un giorno<br />

in missione. Quin<strong>di</strong> ha bisogno anche lui del nostro aiuto. Raccogliete, anche<br />

per lui, frumento, patate, riso, fagioli; anche se sono un po’ duri, non importa, basta<br />

che siano fagioli! Quei suoi ragazzi hanno denti buoni, no, Padre?”<br />

– Corbezzoli, — <strong>di</strong>sse il Padre — hanno anche buona bocca! Ma io sono preoccupato<br />

per le zelatrici: <strong>com</strong>e faranno a portare qui tutta quella roba che lei ha<br />

detto, signor Tagliolato?<br />

– Non siamo mica in Cina, Padre — continuò l’altro, scherzando — se non bastano<br />

i carri, a Vicenza c’è anche il treno!<br />

152


Il missionario scoppiò a ridere della trovata e fece segno al pubblico <strong>di</strong> voler<br />

<strong>di</strong>re qualcosa. Si udì solo una frase in cinese, che pronunciò in<strong>di</strong>cando Tagliolato:<br />

“Pu lao she! Ni cen pu lao she!”<br />

Forse voleva tradurre, ma le zelatrici missionarie coprirono le sue parole con<br />

un prolungato applauso e la seduta fu tolta. Avevano capito lo stesso. Voleva <strong>di</strong>re<br />

certamente: “Lei è stato arguto, efficace! Lei è un furbacchione!”<br />

Padre <strong>Uccelli</strong> minacciò, scherzando, il giovane oratore, poi gli andò incontro<br />

<strong>com</strong>e a fargli mille atti <strong>di</strong> omaggio devoto, o a chiedergli scusa…<br />

Le brave zelatici vicentine, nel giorno dei loro incontri in città, facevano sempre<br />

una visitina all’Istituto missionario, e quin<strong>di</strong> se la spassavano un po’ con la<br />

barchetta a remare sulla Seriola. Padre <strong>Uccelli</strong> allora: “Brave, brave, corbezzoli!<br />

Speriamo che qualcuna si eserciti così bene da poter navigare un giorno sul mare e<br />

andare nelle missioni lontane! Ce n’è tanto bisogno laggiù! Ma intanto…pregate,<br />

mi rac<strong>com</strong>ando, pregate!<br />

Le conduceva poi davanti al suo san Giuseppe. Un giorno, lesse loro il biglietto<br />

<strong>di</strong> una mamma, addolorata per la morte del proprio bambino, che però scriveva:<br />

“Offrirò le mie pene per i missionari, affinché il Signore li aiuti nella loro ardua e<br />

nobile missione e bene<strong>di</strong>ca le loro fatiche, così venga presto il Suo regno su tutta<br />

la terra”. 7<br />

Il vescovo <strong>di</strong> Vicenza, Mons. <strong>Pietro</strong> Nonis, benché non abbia conosciuto il padre<br />

<strong>Uccelli</strong>, si è reso conto del significato della sua presenza missionaria nella<br />

<strong>di</strong>ocesi. Così infatti si esprime nella presentazione <strong>di</strong> un libretto <strong>di</strong> “Fioretti” <strong>di</strong><br />

padre <strong>Uccelli</strong>, raccolti dal vicepostulatore della Causa <strong>di</strong> beatificazione, Padre<br />

Gianni Viola:<br />

«In Vicenza, dove fu mandato già nell’agosto del 1921, padre <strong>Uccelli</strong> formò<br />

(…) tutta intera la seconda generazione dei missionari <strong>saveriani</strong>; formò la loro<br />

nuova casa, gradualmente accresciuta, e insieme camminò ulteriormente in quella<br />

strada evangelica della santificazione personale che era lo scopo primario, la forma<br />

più ra<strong>di</strong>cale del suo essere <strong>uomo</strong>, presbitero, missionario. Vicenza fu per il<br />

Padre la continuazione e l’approfon<strong>di</strong>mento dell’esperienza missionaria vissuta in<br />

Cina, qui corroborata nel clima, ormai mutato, che la Chiesa universale viveva,<br />

caratterizzato dapprima da un mirabile fiorire <strong>di</strong> vocazioni e <strong>di</strong> case d’accoglienza<br />

per i can<strong>di</strong>dati alla missione, e poi da una contrazione dolorosamente problematica<br />

delle vocazioni in patria, delle <strong>di</strong>fficoltà in missione».<br />

Il vescovo aveva ragione; ma padre<strong>Uccelli</strong> fu chiamato in para<strong>di</strong>so quando un<br />

abbondante rifiorire <strong>di</strong> vocazioni faceva sperare che, veramente, fosse venuta una<br />

nuova Pentecoste. Solo qualche anno dopo la sua morte, iniziò la crisi delle vocazioni,<br />

ma ora egli è in Cielo e conosce meglio <strong>di</strong> noi i <strong>di</strong>segni misteriosi <strong>di</strong> Dio.<br />

----------------<br />

7 ZULIAN, Gioia, pag.79-81.<br />

153


INCOMINCIANO GLI ACCIACCHI<br />

1930-1941<br />

I segni <strong>di</strong> una vecchiaia precoce si erano già manifestati durante l’anno 1930,<br />

quando non aveva ancora 60 anni. L’11 marzo, padre Poli scriveva da Vicenza alla<br />

maestra Melania, informandola che padre <strong>Uccelli</strong> era stato colpito da una leggera<br />

paralisi facciale, che fortunatamente non lascerà conseguenze, ma che lo obbligava<br />

a un riposo assoluto a letto. Sperava <strong>di</strong> poter celebrare la Messa per la festa<br />

<strong>di</strong> San Giuseppe. 1<br />

Il 18 marzo può scrivere lui stesso: «Viva San Giuseppe!… È stata una visitina<br />

del Signore, un piccolo segno del suo amore. Deo gratias… L’occhio si è aperto<br />

<strong>di</strong> nuovo e vedo abbastanza chiaro. Spero da domani <strong>di</strong> poter <strong>di</strong>re il breviario». 2<br />

Qualche giorno dopo: «Deo gratias! Ieri, alla meglio, ho potuto celebrare la santa<br />

Messa e oggi pure, con minore fatica. Quanto è buono il Signore che si è degnato<br />

<strong>di</strong> svegliarmi dal mio torpore, perché in<strong>com</strong>inci a vegliare con Lui, nell’orto e<br />

fuori, dappertutto. Con le sue sante preghiere mi ottenga la grazia <strong>di</strong> vivere sempre<br />

<strong>di</strong> fede e <strong>di</strong> amore, e <strong>di</strong> far tutto per la maggior gloria <strong>di</strong> Dio. In questa mia<br />

piccola malattia ho sperimentato ancor meglio la grande carità dei miei confratelli,<br />

delle Suore e dei carissimi Vicentini. Non credevo mai che avessero tanta bontà<br />

verso questo miserabile peccatore, desideroso <strong>di</strong> convertirsi, ma sempre più peccatore».<br />

Pochi giorni dopo riprende il tema: «Sono stato ammalato poco, ma ho<br />

conosciuto molto bene il cuore dei Vicentini. Mi hanno dato tante prove della venerazione<br />

che hanno per San Giuseppe, e dell’amore che portano alle missioni.<br />

Come è stato buono il Signore con me! Mi ha svegliato e mi ha fatto noto che<br />

tempus meum breve est e che occorre preparare grabatum meum et ambulare. Mi<br />

aiuti ancor lei a preparare le valigie per l’Impero Celeste vero, <strong>com</strong>e mi aiutò a fare<br />

quelle per l’Impero Celeste da burla».<br />

Forse i testimoni, che parlano <strong>di</strong> lunghe file <strong>di</strong> visitatori, si riferiscono a questi<br />

e ad altri perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> malattia. Nel tempo or<strong>di</strong>nario i visitatori si susseguivano con<br />

qualche intervallo, tanto che egli era costretto a fare più e più volte le scale per<br />

scendere dalla sua stanza alla saletta <strong>di</strong> ricevimento.<br />

La morte del Fondatore pare abbia inciso particolarmente sulla salute fisica <strong>di</strong><br />

padre <strong>Uccelli</strong>. Alla fine <strong>di</strong> novembre 1931 egli andò a Genova per un corso <strong>di</strong> Esercizi<br />

spirituali (avrebbe voluto che non finissero mai: gli sembrava <strong>di</strong> essere in<br />

Para<strong>di</strong>so); al ritorno passò per Parma, dove ebbe un malore piuttosto grave: «Ho<br />

passato un giorno che mi sembrava proprio fosse l’ultimo. Grazie al Signore, nessuno<br />

se n’è accorto ed ora sto molto meglio». Il “molto meglio”, si sa, in<strong>di</strong>ca che<br />

----------------<br />

1 TEODORI, Virtù e opere, 11.3.1930, pag. 419.<br />

2 TEODORI, Ivi.<br />

155


non si sta del tutto bene. Infatti, <strong>di</strong>ce che le gambe fanno una fatica in<strong>di</strong>cibile a<br />

portarlo; ciononostante va <strong>di</strong> qua e <strong>di</strong> là senza turbarsi e quin<strong>di</strong> <strong>com</strong>e prima.<br />

<strong>Uccelli</strong>, nelle sue lettere, <strong>com</strong>’era d’uso nella corrispondenza del tempo, dava<br />

notizie della propria salute, e abbiamo così alcuni flash sulla sofferenza che ac<strong>com</strong>pagnò<br />

gli ultimi venticinque anni <strong>di</strong> vita e sulla tormentata vecchiaia del Servo<br />

<strong>di</strong> Dio.<br />

Il giorno 30 novembre era già a Vicenza, dove apprese la notizia della morte a<br />

Cremona del grande benefattore, mons. Giulio Ratti, un sacerdote che si era spogliato<br />

<strong>di</strong> tutto per dare ai Missionari la possibilità <strong>di</strong> aprire la casa <strong>di</strong> Vicenza. Il<br />

giorno dopo, 1° <strong>di</strong>cembre, <strong>Uccelli</strong> andò a Sandrigo ad assistere la mamma <strong>di</strong> fratel<br />

Pozzato, gravemente inferma. Stette accanto alla malata fino alle due <strong>di</strong> notte,<br />

quand’essa rese la sua anima a Dio. Il 3 <strong>di</strong>cembre, festa <strong>di</strong> San Francesco Saverio,<br />

rinunciò a presiedere la Messa solenne della <strong>com</strong>unità per recarsi a celebrare nella<br />

chiesa <strong>di</strong> San Marco, essendo l’anniversario della morte <strong>di</strong> un benefattore insigne,<br />

il marchese Roi. La sera stessa partì per Valdagno, naturalmente per confessioni e<br />

pre<strong>di</strong>che.<br />

Abbiamo voluto ricostruire gli impegni <strong>di</strong> due o tre giorni, per offrire un saggio<br />

della incessante attività <strong>di</strong> padre <strong>Pietro</strong>, malgrado la sua ormai malferma salute.<br />

Il 27 gennaio 1932 ebbe ad assistere alla santa morte del padre Gaetano La Face,<br />

da tre anni insegnante a Vicenza. «La sua vita era tutta preghiera, stu<strong>di</strong>o, lavoro<br />

— scrive <strong>di</strong> lui —. Non lo si vedeva mai in ozio. Aveva poi uno spirito <strong>di</strong> penitenza<br />

così grande che lo si sarebbe detto esagerato, se non fosse stato un santo».<br />

L’inverno è fred<strong>di</strong>ssimo. A marzo <strong>Uccelli</strong> ha sintomi <strong>di</strong> un malessere strano: la<br />

lingua ingrossata, la testa in fiamme. Ai primi <strong>di</strong> aprile si reca a Parma per il Capitolo<br />

Generale, che il giorno 7 elesse il nuovo Superiore Generale nella persona del<br />

padre Amatore Dagnino. <strong>Uccelli</strong> è eletto ancora Consigliere generale, incarico che<br />

lo costringerà a recarsi, con una certa frequenza, a Parma per partecipare al Consiglio<br />

<strong>di</strong>rettivo.<br />

Torna a Vicenza, ma non sta bene. Ha giramenti <strong>di</strong> testa; si domanda: «Sarà<br />

debolezza? Sarà stanchezza? So solo che devo affaticarmi per tenere nascosto il<br />

mio malanno quasi generale. Che la volontà <strong>di</strong> Dio si faccia in terra <strong>com</strong>e in Cielo».<br />

«Preghi tanto per me, perché mi pare <strong>di</strong> capire che il tempo che mi resta è<br />

molto breve e la sorella morte è molto vicina. Preghi perché mi prepari a morire e<br />

muoia <strong>com</strong>e sono soliti morire i santi e cioè con l’amore <strong>di</strong> Dio nel cuore e i nomi<br />

<strong>di</strong> Gesù, Giuseppe e Maria sulle labbra».<br />

Ormai parla spesso <strong>di</strong> in<strong>di</strong>sposizioni e <strong>di</strong> acciacchi. Ai primi <strong>di</strong> ottobre inizia<br />

un corso <strong>di</strong> Esercizi spirituali, persuaso che saranno gli ultimi. Chiede preghiere<br />

per ottenere la grazia <strong>di</strong> sopportare pazientemente, anzi con gioia, i suoi ormai<br />

cronici dolori: «Soffro un bel pochino, ma sono contento perché spero <strong>di</strong> fare un<br />

po’ <strong>di</strong> purgatorio in questo mondo e meno nell’altro. Posso però camminare e fare<br />

tutto quello che facevo prima, ma con molta fatica e a volte con dolori forti. Pazienza!<br />

Il dolore è una me<strong>di</strong>cina amara, ma produce effetti dolcissimi, <strong>di</strong> un’eterna<br />

156


durata. Questi miei dolori poi sono abbastanza buoni perché non stanno sempre in<br />

un posto, ma camminano per tutto il corpo, in modo assai caritatevole. Oggi per<br />

esempio è una mano che è colpita, domani sarà nei pie<strong>di</strong> e posdomani forse un ginocchio<br />

e così via». Si tratta <strong>di</strong> reumatismi e artrosi.<br />

<strong>Uccelli</strong> aveva solo 58 anni, ma sentiva tutta la stanchezza <strong>di</strong> uno che non si era<br />

mai risparmiato. Un giorno gli uscirà una frase che è il quadro della sua vita: «La<br />

mia vita è più per gli altri che per me». Si è dato senza misura. Già dai tempi <strong>di</strong><br />

Piolo, <strong>di</strong> Poviglio, poi in Cina e infine in tutto il ministero esercitato a Vicenza.<br />

<strong>Uccelli</strong> pensa che alla fine dell’anno scolastico verrà sostituito <strong>com</strong>e rettore,<br />

avendo già superato il limite massimo <strong>di</strong> nove anni, previsto dal Diritto canonico<br />

per i superiori <strong>di</strong> una <strong>com</strong>unità religiosa. Ormai si è tanto affezionato a Vicenza,<br />

che il pensiero <strong>di</strong> essere trasferito altrove è già una sofferenza, ma soggiunge:<br />

«Fiat voluntas Dei! Dappertutto si può servire il Signore, quin<strong>di</strong> procuro, ma non<br />

so se riuscirò, <strong>di</strong> essere in<strong>di</strong>fferente».<br />

Con questi malanni addosso e con un freddo terribile tutto attorno, pur sentendosi<br />

poco in forze, nell’inverno 1933 andò a trovare un benefattore gravemente<br />

malato a Valdagno, 32 chilometri da Vicenza. A maggio, confessa <strong>di</strong> essere impegnato<br />

fino a perdere la pazienza e anche la testa; la vista sta per andarsene. Notizia<br />

consolante: il nipote Pierino, affetto da sinovite, ha applicato l’acqua <strong>di</strong> Lourdes al<br />

ginocchio malato ed è miracolosamente guarito.<br />

Il 24 settembre 1935 <strong>Uccelli</strong> <strong>di</strong>ce che la sua testa qualche volta, anzi troppo<br />

spesso, va a rotoli, e il cuore non fa tanto a modo. «Se potessi fare il mio purgatorio<br />

in questo mondo e dopo morte volare subito in Cielo, <strong>com</strong>e sarei contento. Le<br />

croci non mi mancano; temo mi venga meno l’energia <strong>di</strong> portarle <strong>com</strong>e si conviene<br />

a un religioso». «Io sto così così, <strong>com</strong>e vuole il Signore; ma sempre mille e<br />

mille volte meglio <strong>di</strong> quello che merito. …Preghiamo il Signore perché ci conceda<br />

le grazie per vivere nel suo santo timore e per morire d’amore». «Sono sotto il peso<br />

degli anni che non sono pochi e degli affanni che non sono leggeri. Desidero<br />

fare la volontà del Signore e non la mia…». Ha un continuo ronzio in testa, che lo<br />

<strong>di</strong>sturba molto, pur senza essere doloroso: «Spero che cessi, ma sono anche rassegnato<br />

a tenerlo fino alla morte. Povera umanità!».<br />

Pensa sia nuovamente vicino il tempo in cui dovrà lasciare Vicenza. «Per andare<br />

dove? Non lo so. Magari potessi tornare in Cina! Mi sembrerebbe morire <strong>di</strong><br />

gioia». Qualche giorno dopo scriveva: «Sono stato a Parma e ho ricevuto l’or<strong>di</strong>ne<br />

<strong>di</strong> rimanere al mio posto. Speravo <strong>di</strong> andare in Cina; ne ho fatto domanda, ma non<br />

sono stato esau<strong>di</strong>to». È <strong>com</strong>movente che un vecchio, pieno <strong>di</strong> acciacchi, chieda <strong>di</strong><br />

tornare in Cina.<br />

Ai primi <strong>di</strong> giugno 1938 deve stare qualche giorno a letto per un’artrite reumatica<br />

poliarticolare, accentuata in modo terribile alla mano sinistra e alla spalla; anche<br />

dopo che i dolori si sono attenuati, la spalla resta «pigra e pesante». Tre mesi<br />

dopo scrive: «La mia salute va e viene; però quella che va è sempre <strong>di</strong> più <strong>di</strong> quella<br />

che viene. Non mi posso lamentare, perché se mi volgo in<strong>di</strong>etro vedo tanti della<br />

157


mia età che stanno peggio <strong>di</strong> me, e <strong>di</strong>versi sacerdoti ai quali ero legato da tanto affetto<br />

<strong>di</strong> riconoscenza e dai quali ero tanto benvoluto, sono partiti per il para<strong>di</strong>so.<br />

Sono rimasto scosso da questi vuoti…». Eppure, nonostante questi malanni, le<br />

cronache ce lo fanno vedere spesso in viaggio per ministero o per affari della<br />

Congregazione.<br />

A metà giugno 1939 va a Roma «più per favorire altri» che se stesso. Vi resta<br />

sei giorni. Vede il nuovo Papa Pio XII e scrive <strong>di</strong> essere stato trattato mille e mille<br />

volte meglio <strong>di</strong> quello che meritava: si capisce, era ospite <strong>di</strong> padre Bonar<strong>di</strong>, allora<br />

Procuratore presso la Santa Sede. Si riferisce a questa visita quanto <strong>di</strong>ce in<br />

un’altra lettera: «A Roma le gambe non mi volevano portare. Le ho chiamate più<br />

volte all’or<strong>di</strong>ne, ma non mi rispondevano giusto. Dire la santa Messa era una vera<br />

impresa e non vedevo l’ora <strong>di</strong> arrivare all’elevazione perché così mi inginocchiavo<br />

e mi pareva che il sangue si mettesse ancora in moto. Tutto effetto della gioventù<br />

che da lungo tempo se n’è andata, per non tornare più in questo mondo, ma<br />

per riacquistarla nell’al <strong>di</strong> là. Ora sto meglio. Mi aiuti a pregare il Signore perché<br />

mi <strong>di</strong>a la grazia <strong>di</strong> patire per amor suo…». Nonostante questi malanni, venne riconfermato<br />

rettore della <strong>com</strong>unità <strong>di</strong> Vicenza per la sesta volta.<br />

Il 1° settembre 1939 la Germania aveva invaso la Polonia e la minaccia della<br />

guerra in<strong>com</strong>beva su tutta l’Europa. Padre <strong>Uccelli</strong> fa pregare i suoi ragazzi per la<br />

pace: «L’ultima speranza è in Dio. Se Egli, nei suoi decreti, ha stabilito la guerra,<br />

che almeno sia meno tremenda <strong>di</strong> quello che si prevede». 3<br />

Il 30 novembre, a Vicenza, si celebra il 20° della fondazione dell’Istituto in<br />

quella città. In quell’occasione scrive: «Ho tante cose che devo fare e che non riesco<br />

mai a fare. …Sono spesso fuori, e quando sono in casa, sono sempre su e giù<br />

per le scale, benché mi pesino non poco. Sento un vero bisogno <strong>di</strong> riposo, sia per<br />

il corpo che per lo spirito». È in questa circostanza che <strong>di</strong>ce: «La mia vita è più<br />

per gli altri che per me». Anche l’accenno al su e giù per le scale, lascia capire<br />

<strong>com</strong>e fosse asse<strong>di</strong>ato dai visitatori.<br />

Ormai la sua stanchezza non si può misurare: «Sono po’ stanco, anzi molto<br />

stanco. Il morale però è alto, tanto che se lei mi dovesse domandare <strong>com</strong>e sto, risponderei:<br />

Sto <strong>com</strong>e vuole Dio e, con la sua grazia, <strong>com</strong>e voglio anch’io».<br />

Giunge l’anno 1940. Malgrado abbia solo 66 anni sente la vita sfuggirgli: «Eccoci<br />

ormai alla solennità <strong>di</strong> Pasqua <strong>di</strong> quest’anno. Gli anni volano! Noi con essi.<br />

Se il Signore mi concedesse la bella grazia <strong>di</strong> volare dalla terra al Cielo, che bel<br />

volo sarebbe quello! Il Signore è la stessa bontà e c’è tutto da sperare». Ha passato<br />

l’inverno meno male, ma ultimamente è stato visitato dai soliti dolori artritici, che<br />

gli hanno fatto «una se non bella, almeno una cristiana <strong>com</strong>pagnia».<br />

Incurante dei suoi mali, continua a lavorare: non per sé, naturalmente, ma per<br />

gli altri. Si scusa con Melania perché le scrive poco: «È vergogna, lo capisco, ma<br />

se sapesse che faccio le scale tantissime volte al giorno, quando sono in casa, e<br />

buona parte del giorno vado fuori, a trovare e a confortare tanti poveri malati. Del<br />

tempo me ne resta poco, troppo poco, e anche quel poco non lo so impiegare co-<br />

----------------<br />

3 Cronistoria della Scuola apostolica <strong>di</strong> Vicenza, in Vita nostra, 2.9.1939, pag. 23.<br />

158


me si deve». Chiede preghiere per ottenere la grazia <strong>di</strong> pensare <strong>di</strong> più alla sua anima,<br />

senza trascurare le anime affidate alle sue povere cure, e alle altre che domandano<br />

soccorso».<br />

In maggio scrive <strong>di</strong> essere stanco stanco, e <strong>di</strong> sentire il tempo, piovoso e freddo.<br />

In settembre riparla della sua salute, che è sempre quella, salvo qualche piccola<br />

sottrazione, dovuta all’età sempre crescente: «Il tempo umido lo sento troppo;<br />

ossia i miei nervi lo sentono e si rivolgono contro <strong>di</strong> me. Pazienza! Tutto per il Signore».<br />

Aggiunge che a Vicenza sono in 83 (i ragazzi sono 57) e che San Giuseppe<br />

aiuta tanto, ma ciò nonostante si fa un po’ fatica, essendo un anno critico. Per<br />

l’Italia era il primo anno <strong>di</strong> guerra.<br />

Qualche mese dopo, padre <strong>Uccelli</strong> ritorna sulla situazione della casa: «Di Vicenza<br />

le notizie sono sempre quelle: una vera generosità <strong>di</strong> offerte in generi, che<br />

in questi tempi fa una santa impressione e fa conoscere la carità e la fede dei buoni<br />

Vicentini. Che il Signore li bene<strong>di</strong>ca tutti, unitamente agli altri tanti benefattori,<br />

che non sono <strong>di</strong> Vicenza. Che responsabilità per me! Responsabilità che mi fa<br />

pensare e tremare». In questa lettera appare una breve nota: «Mia nipote suor Scolastica<br />

è stata spe<strong>di</strong>ta dal me<strong>di</strong>co. Ma il Signore l’ha guarita, <strong>com</strong>e sa fare lui. Deo<br />

gratias». Il <strong>com</strong>e lo vedremo in seguito.<br />

In maggio <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> stare benino, ma… «ho passato giorni così così, per non <strong>di</strong>re<br />

altro, e mi credevo proprio <strong>di</strong> andare al Signore. Le gambe non mi volevano portare<br />

e lo stomaco si rifiutava <strong>di</strong> macinare. Mi ero visto sgomento, ma tranquillo <strong>di</strong><br />

fare la volontà <strong>di</strong> Dio».<br />

Finalmente — possiamo <strong>di</strong>re — i Superiori si resero conto delle sue con<strong>di</strong>zioni<br />

fisiche e lo alleviarono dalla responsabilità <strong>di</strong> Rettore. Non era tutta loro la colpa<br />

<strong>di</strong> non aver avvertito prima quanto padre <strong>Uccelli</strong> fosse malato; forse era più colpa<br />

sua, perché cercava sempre <strong>di</strong> nascondere i suoi mali, e spesso vi riusciva. Il 16<br />

agosto 1941, “Vita nostra” aveva segnato: «A sera il rev.mo Padre <strong>Uccelli</strong> legge il<br />

decreto <strong>di</strong> nomina a Rettore del padre Chiarel (Alessandro), secondo le vigenti <strong>di</strong>sposizioni».<br />

L’11 ottobre 1941 <strong>Uccelli</strong> scriveva a Melania: «Sono libero dal peso<br />

del Rettorato e mi trovo tanto tanto contento, perché non ho più alcuna responsabilità,<br />

né spirituale né materiale, per quanto riguarda gli apostolini e i Padri. Ho<br />

solo l’obbligo <strong>di</strong> dare loro buon esempio. Che il Signore ne sia ringraziato e mi<br />

<strong>di</strong>a la grazia <strong>di</strong> prepararmi a fare una santa morte. Ecco il mio pensiero unico:<br />

“prepararmi alla morte” che vorrei fosse santa».<br />

159


SALITA AL CALVARIO<br />

1941-1948<br />

Dimentico <strong>di</strong> sé, per il Natale 1941 padre <strong>Uccelli</strong> scrisse a Melania per consolarla<br />

dei suoi dolori. Le invia una specialissima bene<strong>di</strong>zione che «valga, se Dio<br />

vuole, a toglierle tutti i malanni. Se questo non è possibile, valga almeno ad alleggerirglieli<br />

tanto, e a darle quella santa gioia che nei travagli godevano i Santi».<br />

Sappiamo che il Signore dava talvolta al suo servo “la grazia delle guarigioni”;<br />

per questa sua amica, che avrebbe voluto sollevare dalle sofferenze magari prendendole<br />

su <strong>di</strong> sé, la risposta dal Cielo non venne mai. Segno che la sofferenza doveva<br />

affinare quell’anima per una maggiore gloria nel cielo. <strong>Uccelli</strong> è conscio del<br />

<strong>di</strong>segno <strong>di</strong> Dio su alcune anime elette, e scriveva a Melania che la sofferenza è un<br />

misterioso dono <strong>di</strong> Dio.<br />

Il 26 gennaio 1942 scrive <strong>di</strong> stare <strong>com</strong>e Dio vuole e, con la grazia sua, <strong>com</strong>e<br />

vuole lui stesso. Parla del freddo a 15 gra<strong>di</strong> sotto zero, che egli sente in modo terribile:<br />

«Pren<strong>di</strong>amo tutto dalle mani <strong>di</strong> Dio, che ci manda il freddo e il caldo per il<br />

bene dell’anima e del corpo». Chiede preghiere per potersi preparare un buon corredo<br />

per il lungo e ormai non lontano viaggio».<br />

Sembra, dalla sua corrispondenza, che negli anni 1941-1942, malgrado gli acciacchi<br />

e una tosse quasi continua durante le notti, sia riuscito ad applicarsi a vari<br />

ministeri, specialmente alle visite negli ospedali e a qualche malato nella propria<br />

casa. Tra quelli che andava a trovare nella loro abitazione ci fu una persona illustre,<br />

già suo penitente da moltissimi anni, il vescovo <strong>di</strong> Vicenza mons. Rodolfi.<br />

Padre <strong>Uccelli</strong> andò ad assisterlo nelle ultime giornate della sua vita terrena, nel <strong>di</strong>cembre<br />

1942; anzi, gli portò un crocefisso perché lo tenesse tra le mani nelle angosce<br />

dell’agonia, il crocefisso che il vescovo stesso gli aveva donato <strong>com</strong>e ricordo<br />

<strong>di</strong> un pellegrinaggio in Palestina. Il mese seguente, il 12 gennaio 1943, mons.<br />

Rodolfi morì <strong>di</strong> «una morte quale si conveniva ad un Vescovo e a un Vescovo<br />

santo». Padre <strong>Uccelli</strong> gli fu vicino per tutta la notte fino alle 1,45 quand’egli spirò<br />

1<br />

L’Italia era entrata in guerra fin dal giugno 1940 e l’anno 1943 aveva segnato il<br />

punto <strong>di</strong> non ritorno con lo sbarco degli Alleati in Sicilia, la caduta <strong>di</strong> Mussolini e<br />

la firma dell’armistizio il 3 settembre. I viaggi <strong>di</strong>venivano sempre più <strong>di</strong>fficili, per<br />

l’irregolarità dei treni e il pericolo <strong>di</strong> mitragliamenti. In febbraio 1943 <strong>Uccelli</strong><br />

<strong>com</strong>pì un viaggio “<strong>di</strong>sastroso”, per il freddo e le lunghe soste, per recarsi a Parma,<br />

dove lo chiamava il dovere <strong>di</strong> Consigliere generale. Tornato a Vicenza scrisse a<br />

Melania per confortarla nell’aggravarsi della malattia che l’aveva colpita. «Mettiamoci<br />

sempre nel mare <strong>di</strong> acque dolci della dolcissima volontà <strong>di</strong> Dio… Il no-<br />

----------------<br />

1 Vita nostra, Vicenza gennaio 1943.<br />

161


stro pregare sia fatto <strong>di</strong> uniformità al volere <strong>di</strong> Dio e allora il male <strong>di</strong>venta sopportabile<br />

e meritorio. Quando la croce pesa troppo sulle nostre deboli spalle, <strong>di</strong>ciamo<br />

a Gesù benedetto che ci faccia da Cireneo. Sa che Melania, inferma, ha bisogno <strong>di</strong><br />

parole <strong>di</strong> fede e quin<strong>di</strong> ritorna spesso sull’argomento: «Pensiamo che i Santi andavano<br />

in cerca <strong>di</strong> croci e noi facciamo fatica a sopportare quelle che la Divina<br />

Provvidenza ci manda. Doman<strong>di</strong>amo al Signore la grazia <strong>di</strong> poter portare con merito<br />

le croci, per purificare sempre più la nostra anima e per ottenere tante grazie<br />

alla sconvolta umanità.<br />

La guerra continua, sempre più minacciosa e cruenta; la <strong>di</strong>ocesi <strong>di</strong> Vicenza ha<br />

indetto un triduo <strong>di</strong> preghiere in penitenza e riparazione, culminato in una solenne<br />

processione alla Madonna <strong>di</strong> Monte Berico. <strong>Uccelli</strong> vi ha partecipato con profonda<br />

<strong>com</strong>mozione.<br />

Intanto, a sette mesi dalla morte <strong>di</strong> mons. Rodolfi. è stato nominato il suo successore<br />

nella persona <strong>di</strong> mons. Carlo Zinato, Cancelliere della curia patriarcale <strong>di</strong><br />

Venezia. Padre <strong>Uccelli</strong> si sente in obbligo <strong>di</strong> partecipare al rito <strong>di</strong> consacrazione,<br />

malgrado i suoi acciacchi. Lo fa con estrema fatica e torna a casa con un mal <strong>di</strong><br />

ventre così forte e insistente da fargli temere <strong>di</strong> non riuscire ad arrivare a Vicenza.<br />

Ai primi <strong>di</strong> settembre, dopo l’armistizio, l’Italia precipitò nel caos. I tedeschi<br />

sbaragliarono l’esercito italiano e iniziarono le deportazioni. Molti uomini fuggirono<br />

nei monti e iniziarono la lotta partigiana. I soldati tedeschi occuparono le città<br />

e ogni centro <strong>di</strong> qualche importanza. Padre <strong>Uccelli</strong> fa sapere che a Vicenza i tedeschi<br />

erano dappertutto, ma che erano buoni, se non venivano maltrattati dai nostri.<br />

Nel timore che la città <strong>di</strong>venisse centro <strong>di</strong> scontri armati od oggetto <strong>di</strong> bombardamenti<br />

alleati, il 14 ottobre la <strong>com</strong>unità saveriana <strong>di</strong> Vicenza si trasferì a Sovizzo,<br />

un paesino a <strong>di</strong>eci chilometri dalla città. Vennero ospitati in una villa, offerta<br />

dal Commendatore Curti, la quale, però, ben presto sarà occupata per metà dagli<br />

ufficiali tedeschi. Padre <strong>Uccelli</strong> rimase in città. Il 26 ottobre il <strong>com</strong>ando tedesco<br />

fece occupare la casa <strong>di</strong> Viale Trento dai propri soldati dell’aviazione.<br />

Il mal <strong>di</strong> ventre va e viene; a volte è fortissimo. <strong>Uccelli</strong> si domanda se non si<br />

tratti <strong>di</strong> un’ulcera, ma pare che non si sia ancora rivolto ai me<strong>di</strong>ci. Invece, si propone<br />

<strong>di</strong> soffrire e offrire al Signore in sconto dei suoi peccati e a bene<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />

quanti lo hanno beneficato.<br />

A Brescia, il 29 settembre era morto il fratello <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong>, Luigi, «un lavoratore<br />

e un cristiano esemplare». A fine mese muore una benefattrice <strong>di</strong> 98 anni<br />

e 8 mesi, la signora Bevilacqua da cui aveva ricevuto la famosa statuetta <strong>di</strong> san<br />

Giuseppe; qualche tempo prima era morta anche la domestica che aveva fatto da<br />

tramite al dono.<br />

A febbraio 1944 <strong>Uccelli</strong> deve andare ancora a Parma per il Consiglio <strong>di</strong>rettivo.<br />

Il viaggio in treno sarà stato, <strong>com</strong>e il solito, <strong>di</strong>sastroso; o forse più del solito. Il<br />

peggio lo ebbe all’arrivo, quando il suo mal <strong>di</strong> pancia si aggravò talmente che fu<br />

costretto a rimanere per un certo tempo alla Casa Madre. Qui appare la prima volta<br />

la frase in francese che ripeterà spesso nelle sue lettere a Melania: Tout ce que<br />

162


Dieu veut, et tout pour plaire à Dieu,Tutto ciò che Dio vuole e tutto per piacere a<br />

Lui.<br />

<strong>Uccelli</strong> si è fermato a Parma solo pochi giorni; il 17 febbraio lo ritroviamo a<br />

Vicenza. Scrive <strong>di</strong> aver sofferto un bel po’ ma <strong>di</strong> essersi alquanto rimesso. Quanto<br />

durerà quella pausa del dolore? Un mese dopo, i Superiori lo invitano a Parma per<br />

una visita specialistica; i raggi non rivelano nulla, ma il dolore continua. <strong>Uccelli</strong><br />

pensa che nel suo povero ventre qualche cosa ci sia davvero, anche se i raggi non<br />

l’hanno trovato. <strong>Uccelli</strong> ritornò a Vicenza ai primi <strong>di</strong> aprile e trovò che la città era<br />

stata bombardata due volte: case <strong>di</strong>strutte, antichi palazzi colpiti. Anche il vescovado,<br />

la casa del clero e il seminarietto erano stati gravemente danneggiati.<br />

Nell’area dell’Istituto erano cadute nove bombe, ma solo la casetta del rustico era<br />

stata colpita. Le vittime erano state relativamente poche.<br />

In maggio nuovo bombardamento. Lungo Viale Trento caddero molte bombe;<br />

nell’Istituto, questa volta, le bombe hanno portato via il tetto e rovinati i muri della<br />

stalla e della cantina; le mucche si erano salvate.<br />

Il 17 luglio cambiò l Rettore: a padre Chiarel successe il padre <strong>Pietro</strong> Danieli,<br />

un giovane saveriano <strong>di</strong> 35 anni. <strong>Uccelli</strong> aveva preveduto il cambio <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a<br />

perché, a suo <strong>di</strong>re, padre Chiarel, abituato in Cina, trattava la gente alla cinese…<br />

A Parma il Superiore generale padre Amatore Dagnino aveva dato le <strong>di</strong>missioni<br />

per ragioni <strong>di</strong> salute.<br />

A Vicenza gli allarmi si succedono in continuazione, fino a sette o otto al giorno.<br />

Per tutto novembre e <strong>di</strong>cembre padre <strong>Uccelli</strong> non esce <strong>di</strong> casa, perché le strade<br />

sono impraticabili per la neve e il ghiaccio. Una lettera <strong>di</strong> Melania, scritta a Natale,<br />

gli arriva solo il 17 gennaio 1945, gli dà occasione per evadere dalle tristi vicende<br />

quoti<strong>di</strong>ane ed elevarsi a pensieri <strong>di</strong> alta spiritualità, a conforto della povera<br />

inferma, affetta dal morbo <strong>di</strong> Parkinson. Le scrive: «Creda che io la invi<strong>di</strong>o, perché<br />

vedo con gli occhi della fede quanto il Signore le vuol bene e la fa degna <strong>di</strong><br />

unirsi alla sua croce per la salvezza <strong>di</strong> tante anime. La più bella e sicura prova<br />

dell’amore è la sofferenza, e non quella che scegliamo noi, ma quella che ci regala<br />

il Signore e che noi accettiamo con rassegnazione. Vorrei essere io il suo Cireneo,<br />

perché possa avere un po’ <strong>di</strong> riposo e riprendere poi la croce con più slancio <strong>di</strong><br />

prima. Che il Signore le <strong>di</strong>a tanta rassegnazione, anzi le faccia apparire dolce il<br />

soffrire per suo amore…<br />

Non si lamenti se non può pregare, porti la croce con pazienza, l’offra al Signore<br />

per impetrare tutte quelle grazie che lei desidera, per ottenere la conversione dei<br />

poveri peccatori, degli infedeli, per suffragare le anime sante del Purgatorio e per<br />

la perseveranza dei giusti. Tutto questo che le ho detto, è contenuto in queste poche<br />

parole del Padre nostro: Sanctificetur nomen tuum, veniat regnum tuum, fiat<br />

voluntas tua.<br />

I bombardamenti a Vicenza sono continuati per tutto l’inverno; il più terribile<br />

era stato quello del 18 novembre 1944 con molte vittime. Anche nell’area<br />

dell’Istituto erano morte due persone, mentre si recavano al rifugio.<br />

Il 25 aprile 1945 segna la fine della guerra, ma la pace non è ancora arrivata. I<br />

163


Saveriani sono sempre a Sovizzo. Il dopo guerra è <strong>di</strong>fficile. Gli sfollati non riescono<br />

a trovare una casa, gli affitti sono alle stelle e tutto costa esageratamente.<br />

Un paio <strong>di</strong> scarpe che prima della guerra costava 10-12 lire, ora costa lire 3.500 e<br />

si tratta <strong>di</strong> scarpe scadenti. Inoltre, i ladri imperversano dappertutto. Conclusione:<br />

«Il Para<strong>di</strong>so si <strong>com</strong>pera sempre allo stesso prezzo <strong>di</strong> mille anni fa ed è sempre <strong>di</strong><br />

una bellezza e <strong>di</strong> uno splendore insuperabili». In <strong>di</strong>cembre padre <strong>Uccelli</strong> ha avuto<br />

occasione <strong>di</strong> andare, forse in automobile, a Parma, a Poviglio, a Reggio; avrebbe<br />

voluto andare anche a Garfagnolo, ma non poté per il freddo e per il poco tempo<br />

<strong>di</strong>sponibile.<br />

All’Istituto <strong>di</strong> Vicenza si sono riprese le scuole con 44 alunni. La mancanza <strong>di</strong><br />

generi alimentari viene in parte sopperita dai soccorsi inviati dagli americani: farina<br />

<strong>di</strong> frumento, latte in polvere e baccalà. Ne usufruiscono anche gli alunni <strong>saveriani</strong>.<br />

Il 15 aprile padre <strong>Uccelli</strong> aveva scritto <strong>di</strong> nuovo a Melania per confortarla: «Se<br />

fosse possibile rubarglieli, tutti o quasi (i suoi dolori), mi ci metterei subito, a costo<br />

<strong>di</strong> prendere anche <strong>di</strong>eci anni <strong>di</strong> prigione…». Qui, per la prima volta <strong>Uccelli</strong> rivela<br />

<strong>di</strong> avere sofferenze spirituali. Quali? Ari<strong>di</strong>tà e notte <strong>di</strong> spirito? In<strong>com</strong>prensioni?<br />

Non lo sapremo mai, perché padre <strong>Uccelli</strong> ha cessato <strong>di</strong> fare alla sua amica<br />

confidenze intime, dal momento che ha saputo che Melania aveva conservato le<br />

sue lettere e non si decideva a <strong>di</strong>struggerle. Di fronte a queste prove, egli conclude:<br />

«Il dono più grande che ci possa fare il Signore è proprio il dolore. Se in Para<strong>di</strong>so<br />

si potesse desiderare qualche cosa, sarebbe il dolore, per poter acquistare<br />

maggiore merito e <strong>di</strong> conseguenza un maggiore grado <strong>di</strong> gloria».<br />

Questo modo <strong>di</strong> esprimersi può sembrare egoistico, se non si tiene conto del significato<br />

mistico <strong>di</strong> tale gloria, che consiste in un’intima <strong>com</strong>unione con Dio, cioè<br />

in un’estasi <strong>di</strong> amore, tanto più intensa quanto grande è stato il nostro amore sulla<br />

terra. Quanto al dolore, <strong>com</strong>e prova suprema <strong>di</strong> amore, san Francesco <strong>di</strong> Sales<br />

scriveva che gli Angeli ci invi<strong>di</strong>ano questa possibilità, che essi non hanno. Anche<br />

Gesù <strong>di</strong>ceva <strong>di</strong> se stesso: «Non c’è maggior amore <strong>di</strong> chi dà la vita per i suoi amici».<br />

Ritorna sulla mistica della sofferenza in una lettera <strong>di</strong> maggio, nella quale cita<br />

alcuni Santi: «Essi desiderarono il patire e noi andremmo anche in capo al mondo<br />

per fuggirlo». Ha ancora il presentimento della morte vicina: «Le forze scemano a<br />

<strong>di</strong>smisura e il sangue fa tanti capricci, a danno della statica».<br />

In agosto è a Parma per il Capitolo generale nel quale venne eletto Superiore<br />

generale padre Giovanni Gazza. Egli, per riguardo all’età, non venne rieletto Consigliere<br />

e <strong>di</strong>chiara <strong>di</strong> essere più contento per essere <strong>di</strong>ventato l’ultimo membro<br />

della nostra Pia Congregazione e <strong>di</strong> non avere più alcuna responsabilità, se non<br />

quella <strong>di</strong> confessore degli alunni a Vicenza e <strong>di</strong> qualche altra persona, proveniente<br />

da fuori.<br />

Se a Melania non rivela più i suoi intimi segreti, non cessa <strong>di</strong> esortarla ad accettare<br />

la sofferenza dalle mani <strong>di</strong> Dio: «Il dolore è la chiave d’oro degli scrigni <strong>di</strong><br />

Dio». Non manca <strong>di</strong> metterla a parte dei miracoli della Provvidenza, che attribui-<br />

164


sce anche ai meriti delle sofferenze <strong>di</strong> Melania: «Il Signore ci ha assistiti ultimamente<br />

in un modo meravigliosissimo». Allude alle offerte per la ricostruzione<br />

dell’Istituto, danneggiato dalla guerra.<br />

L’inverno del 1947, col suo forte freddo, non lo lascia in pace. Probabilmente è<br />

sempre il ventre che lo fa soffrire. Chiede preghiere per fare una santa morte, e<br />

poi il Para<strong>di</strong>so. Ormai è un pensiero ricorrente: Tout ce que Dieu veut, et tout pour<br />

plaire à Dieu. Col pensiero del Para<strong>di</strong>so, si affaccia alla sua mente anche il pensiero<br />

del giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Dio: «Ho anche tanto timore della condanna eterna». Era forse<br />

questa una delle sue pene interiori, la “notte oscura”, sperimentata da alcuni<br />

Santi che si sentivano abbandonati da Dio <strong>com</strong>e Gesù sulla croce o pensavano <strong>di</strong><br />

aver lavorato e sofferto invano perché tutto finisce con la morte; oppure un oscuro<br />

timore della giustizia <strong>di</strong> Dio, malgrado i ripetuti atti <strong>di</strong> fede nell’infinita Misericor<strong>di</strong>a.<br />

Gli viene lo scrupolo <strong>di</strong> non aver forse celebrato tutte le Messe che gli avevano<br />

<strong>com</strong>missionato quelli che gli davano qualche offerta, che egli metteva in<br />

tasca senza segnarne lo scopo, e fa chiedere una sanazione alla Santa Sede. Prega<br />

Melania <strong>di</strong> avere <strong>com</strong>passione <strong>di</strong> lui, <strong>di</strong> metterlo a parte dei suoi meriti e <strong>di</strong> cercare<br />

per lui «elemosine <strong>di</strong> preghiere… per poter fare una buona morte, anzi una santa<br />

morte».<br />

Dà notizia <strong>di</strong> sua nipote Suor Scolastica, malata <strong>di</strong> tisi ossea o peggio, ma tanto<br />

rassegnata e paziente. Qualche anno dopo, la cugina <strong>di</strong> Suor Scolastica ci racconta<br />

i risvolti <strong>di</strong> quella malattia. Quando la nipote si ammalò in un convento <strong>di</strong> Reggio<br />

Emilia, avvisarono lo zio padre <strong>Pietro</strong>, il quale vi andò con la sorella Teresa, madre<br />

della suora. Quando arrivarono, le suore <strong>di</strong>ssero: «Non parla più, non prende<br />

nemmeno una goccia d’acqua, aspettiamo solo che il Signore la venga a prendere».<br />

Padre <strong>Uccelli</strong> estrasse da una tasca una caramella e la porse all’inferma cendo:<br />

«Sciogliela in bocca, perché è benedetta da san Giuseppe». La superiora intervenne:<br />

«Non può prendere nemmeno una goccia d’acqua»; ma il Padre aveva<br />

messo in bocca <strong>di</strong> Suor Scolastica la sua caramella. Pregarono a lungo. A un certo<br />

momento Suor Scolastica si sollevò sul letto e <strong>com</strong>inciò a parlare. 2<br />

Chiusa questa parentesi, proseguiamo nel ricordo delle vicende <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong>.<br />

In maggio, chiese al padre Generale <strong>di</strong> in<strong>di</strong>re una novena in tutte le case per la<br />

guarigione <strong>di</strong> una benefattrice, Melania. I confratelli non sanno della grazia delle<br />

guarigioni che il Signore concede a volte al suo Servo e, se ne avevano sentito<br />

parlare, si confermano, per questa richiesta, che non è vero.<br />

Malgrado questa rete <strong>di</strong> preghiere, l’ammalata non guarisce. <strong>Uccelli</strong> la invita a<br />

prendere tutto dalla mani del Signore e a ringraziarlo perché la rende partecipe dei<br />

suoi dolori sulla terra, pegno della futura gloria: Tout ce que Dieu veut… Anche<br />

quando il dolore batte forte alla sua porta, egli vorrebbe soffrire anche <strong>di</strong> più per<br />

alleviare la sua amica, ma conclude: «Che il Signore le <strong>di</strong>a la pazienza e la rassegnazione<br />

dei Santi, i quali stavano male quando stavano bene, e stavano bene<br />

quando stavano male». Arriva a <strong>di</strong>re che la sua malattia è un gran dono <strong>di</strong> Dio che<br />

la fa somigliante al <strong>di</strong>vino Maestro. È la mistica della croce: un linguaggio che<br />

----------------<br />

2 Summarium, pag. 5 e 94.<br />

165


<strong>Uccelli</strong> usa solo con le anime elette alle quali Dio ha dato una particolare vocazione<br />

per la salvezza del mondo. Molto umano, non faceva un simile <strong>di</strong>scorso a<br />

chi non ne era preparato; anzi, raccontava <strong>com</strong>e barzelletta la risposta <strong>di</strong> un cinese<br />

malato a cui il missionario aveva detto che era segno che Gesù lo amava: “Dica a<br />

Gesù che mi ami meno”, era stata la risposta.<br />

In giugno del 1947 i confratelli vollero festeggiare il 50° anniversario della sua<br />

or<strong>di</strong>nazione sacerdotale. Egli non voleva e poiché insistevano, si rivolse a nostro<br />

Signore perché facesse piovere, in modo che la gente non venisse. Venne un <strong>di</strong>luvio;<br />

eppure, la gente accorse numerosa. Vedendo tanta gente e pensando al loro<br />

<strong>di</strong>sagio, gli scappò detto: «Se avessi pensato a questo, non avrei chiesto tanta acqua».<br />

3<br />

Le notizie sulla sua salute sono sempre poco buone: «Tiro avanti alla meglio.<br />

Bene, mai o quasi mai; maluccio, abbastanza spesso. Ma ne ringrazio il Signore<br />

che con gli acciacchi e le sofferenze mi fa capire che il tempo <strong>di</strong> andarmene è vicino».<br />

Teme il freddo dell’inverno che sta avanzando.<br />

Una consolazione ebbe padre <strong>Uccelli</strong> nella festa del suo santo patrono del<br />

1948. Alcune persone vennero ad adornare in modo artistico le pareti del luogo<br />

dove era conservata la statua e riempirono la stanza <strong>di</strong> fiori. <strong>Uccelli</strong> ne fu entusiasta:<br />

«Vedesse <strong>com</strong>e San Giuseppe, nella sua povertà, è ricco <strong>di</strong> bellissimi fiori».<br />

I Superiori, vedendo lo stato <strong>di</strong> salute del Padre, gli proposero un viaggio a<br />

Lourdes. Possiamo immaginare con che gioia accolse l’invito. Al ritorno scrisse:<br />

«È un pezzo <strong>di</strong> cielo caduto in terra, sia per le bellezze naturali, sia per la viva fede<br />

con cui tutti pregano e l’ardente carità con cui tutti — barellieri, dame <strong>di</strong> carità<br />

— si pro<strong>di</strong>gano per i malati».<br />

<strong>Uccelli</strong> non è tornato da Lourdes guarito; i suoi dolori continuano: «La mia testa<br />

è matta, il ventre poco savio e il mio ginocchio mi fa vedere le stelle anche <strong>di</strong><br />

giorno». Malgrado questi malanni, a metà novembre si reca a Parma per un’opera<br />

<strong>di</strong> misericor<strong>di</strong>a: visitare un confratello gravemente infermo, che desiderava la sua<br />

visita. Era il padre Brambilla che era stato in Cina fin dagli inizi e che per lungo<br />

tempo era stato nella casa <strong>di</strong> Vicenza. <strong>Uccelli</strong> si fermò alcuni giorni. L’infermo<br />

morirà qualche mese dopo.<br />

Malgrado il desiderio <strong>di</strong> rivedere Melania, <strong>Uccelli</strong> non si allontanò dalla Casa<br />

Madre, nel timore che gli successe qualche malanno fuori casa.<br />

L’ultima lettera del 1948 a Melania è un’esortazione a offrire <strong>di</strong> nuovo i suoi<br />

mali per questo povero mondo e per tutte le intenzioni già specificate altre volte.<br />

Questa volta vi aggiunge il Santo Padre, i nemici della Chiesa e la tanto desiderata<br />

pace.<br />

----------------<br />

3 Summarium, pag. 11 e 134.<br />

166


GLI ULTIMI ANNI<br />

1949-1954<br />

Nei primi mesi del 1949, padre <strong>Uccelli</strong> ha avuto due volte l’influenza e ne è<br />

uscito stremato.<br />

La primavera si è presentata con una temperatura rigi<strong>di</strong>ssima e col ghiaccio. I<br />

reumatismi non gli davano requie. L’estate non portò molto sollievo: «Le forze se<br />

ne sono andate, la memoria è volata via e la vista mi fa spesso tribolare». «Salute<br />

poca, forze poche, appetito non molto». Si stanca molto, se legge o scrive la testa<br />

gli gira. Gli pare <strong>di</strong> essere vicino alla fine, molto vicino. La sua salute va declinando:<br />

gli anni sono tanti e i malanni non pochi.<br />

All’inizio del 1950 sta meno bene del solito; <strong>di</strong>ce con grande fatica la Messa, il<br />

ventre e le gambe non vogliono fare giu<strong>di</strong>zio. Malgrado gli acciacchi, ringrazia il<br />

Signore <strong>di</strong> essere arrivato a quell’età (ha 76 anni) e prega <strong>di</strong> potersi preparare bene<br />

a una morte santa.<br />

In aprile va a Parma, in quelle con<strong>di</strong>zioni, non si sa per quale motivo. Al ritorno<br />

deve attendere il treno ad Asola per cinque ore, poi a Piadena altri 50 minuti:<br />

tali erano le con<strong>di</strong>zioni del dopo guerra. Chissà a che ora sarà arrivato a Vicenza!<br />

Anche la primavera del 1950 è anormale: tantissima acqua, freddo, vento,<br />

gran<strong>di</strong>ne e, poco lontano, la neve: «Anche le stagioni vanno <strong>com</strong>e il cervello degli<br />

uomini: alla rovescia» — scrisse. Ha preso una tosse numero uno! E reumi dolorosi.<br />

Si consola con le parole <strong>di</strong> qualche Santo: Amare il Signore fino alla follia e<br />

soffrire fino al martirio.<br />

In ottobre è <strong>di</strong> nuovo a Parma, ancora non si sa perché; non si fida <strong>di</strong> andare a<br />

trovare Melania, per timore <strong>di</strong> non riuscirci. A Vicenza è caduto due volte per le<br />

scale, in malo modo. Un tonfo terribile, ma niente ferite: «Le gambe mi fanno<br />

questi brutti scherzi. La vecchiaia è arrivata, carica dei suoi doni non troppo gra<strong>di</strong>ti».<br />

Gli occhi non gli permettono più <strong>di</strong> scrivere. La vista è sempre più ridotta. La<br />

testa gira, le gambe fanno scherzi, tanto che cade «<strong>com</strong>e corpo morto cade». Le<br />

gambe sono sempre più deboli, l’artrite lo fa spesso tribolare, ma non troppo, così<br />

egli scrive; gli occhi non fanno il loro dovere, ma non deve lamentarsi perché il<br />

Signore ha permesso che se ne servisse per 77 anni.<br />

Anche sua sorella Teresa, a Barco, è malata e, tre anni dopo, lo precederà <strong>di</strong><br />

poco al sepolcro. Le lettere si fanno più rare e non abbiamo più notizie <strong>di</strong>rette della<br />

sua salute.<br />

Nel 1952, a maggio, lo affligge l’improvvisa morte <strong>di</strong> mons. Bruno Barbieri,<br />

<strong>di</strong>rettore dell’Ufficio missionario e suo caro amico. In quello stesso anno moriva<br />

anche la sua amica, Melania Genitoni, anima eletta, generosa con i poveri e i sof-<br />

167


ferenti. L’ultima lettera all’amica è del 21 marzo.<br />

Nel luglio 1953 viene operato d’urgenza per ernia strozzata, presso la Casa <strong>di</strong><br />

Cura Segato in Borgo San Felice. In agosto deve sottomettersi a un secondo intervento,<br />

per aderenze post operatorie. Da questa operazione non si riprenderà più.<br />

Mentre prima aveva saputo sopportare i dolori, anche acuti, del suo mal <strong>di</strong> testa<br />

che lo ac<strong>com</strong>pagnò per tutta la vita, del mal <strong>di</strong> ventre, <strong>com</strong>pagno inseparabile degli<br />

ultimi anni e dell’artrite che lo faceva soffrire nei ginocchi e in tutte le articolazion,<br />

ora non riusciva più a resistere al male e, talvolta si lamentava: «Ahi, non<br />

ce la faccio più. Basta! Basta!».<br />

Quando lasciò l’ospedale dopo l’ultima operazione, i malati vollero che fosse<br />

portato in barella nella varie camerate per riceverne la bene<strong>di</strong>zione. Allora, per un<br />

po’, <strong>di</strong>menticava i suoi dolori per <strong>di</strong>re a tutti una buona parola <strong>di</strong> conforto.<br />

Portato a casa, fu costretto a rimanere quasi costantemente in camera. Passarono<br />

così i mesi, ormai sempre sofferente, tra letto e seggiolone.<br />

Molti vennero a visitarlo durante quell’ultimo anno d’infermità. Una delle visite<br />

più gra<strong>di</strong>te fu quella <strong>di</strong> mons. Beniamino Socche, vescovo <strong>di</strong> Reggio Emilia, il<br />

14 agosto 1954, vigilia dell’Assunta. <strong>Uccelli</strong> lo conosceva già da vent’anni,<br />

quand’era parroco in una grossa parrocchia del vicentino. Quando fu fatto vescovo<br />

<strong>di</strong> Reggio nel 1946, padre <strong>Uccelli</strong> se ne <strong>com</strong>piacque e <strong>di</strong>sse allora che era un<br />

santo vescovo, un vero apostolo, che possedeva tutte le virtù in grado non <strong>com</strong>une,<br />

che era un grande amante della Madonna, e che sarebbe <strong>di</strong>venuto un secondo<br />

Manicar<strong>di</strong> (il vescovo del suo sacerdozio).<br />

L’incontro con padre <strong>Uccelli</strong> fu <strong>com</strong>movente. Il malato cercò <strong>di</strong> alzarsi dal suo<br />

seggiolone per baciare l’anello al suo amico vescovo, ma questi lo trattenne. Stettero<br />

insieme due ore. Quando il vescovo stava per andarsene, <strong>Uccelli</strong> si alzò per<br />

ac<strong>com</strong>pagnarlo alla porta. Il vescovo non glielo permise. Si fermarono sul pianerottolo<br />

della scala e mons. Socche chiese al missionario <strong>di</strong> bene<strong>di</strong>rlo. Padre <strong>Uccelli</strong><br />

si scusava e tentava <strong>di</strong> inginocchiarsi per essere lui benedetto, ma il vescovo fu<br />

più svelto, s’inginocchiò e <strong>di</strong>sse: «Prima mi bene<strong>di</strong>ca lei». <strong>Uccelli</strong> si schermì un<br />

po’, ma poi <strong>di</strong>ede la bene<strong>di</strong>zione. Subito dopo, sostenuto dal padre Rettore e dal<br />

padre Nardello, s’inginocchiò e ricevette a sua volta la bene<strong>di</strong>zione. Seguì poi con<br />

lo sguardo il vescovo che se ne andava e che non avrebbe più rivisto su questa terra.<br />

Ai primi <strong>di</strong> settembre padre <strong>Uccelli</strong> si sentì un po’ meglio e desiderò scendere<br />

nella saletta a salutare il suo San Giuseppe. Era arrivato da poco, espulso dalla Cina,<br />

il padre Ermanno Zulian, già suo apostolino; fu lui a condurlo, un po’incerto<br />

sulle gambe, fino alla saletta. Di là volle andare a vedere la chiesetta <strong>di</strong> S. <strong>Pietro</strong><br />

d’Alcantara, allora in riparazione e dove era in programma <strong>di</strong> collocare, in posto<br />

d’onore. la statuetta <strong>di</strong> San Giuseppe. Infatti, a sinistra dell’altare avevano costruito<br />

una cappellina nuova. «Lo metteranno qui», <strong>di</strong>sse padre Zulian. E padre <strong>Uccelli</strong>:<br />

«Presto! Bisogna far presto!». Sentiva che i suoi giorni sulla terra erano contati.<br />

Alla fine <strong>di</strong> settembre, pur sentendosi debolissimo, padre <strong>Uccelli</strong> ebbe un breve<br />

periodo <strong>di</strong> benessere; chiese quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> essere condotto a Monte Berico per un ul-<br />

168


timo saluto alla Madonna. Dopo una preghiera in santuario, <strong>Uccelli</strong> chiese del padre<br />

Tomaso, che era stato suo confessore negli ultimi anni. L’incontro dei due vegliar<strong>di</strong><br />

<strong>com</strong>mosse i religiosi, che si erano radunati per salutare il padre <strong>Uccelli</strong>.<br />

Un altro giorno, il 28 settembre, padre <strong>Pietro</strong>, per quella venerazione che nutriva<br />

verso i pastori della Chiesa, volle che lo portassero a salutare il vescovo, mons.<br />

Zinato. I sacerdoti della Curia, avvisati per telefono, si fecero attorno al santo vegliardo,<br />

facendogli festosa accoglienza. Mons. Zinato lo accolse cor<strong>di</strong>almente nel<br />

suo stu<strong>di</strong>o, assieme al rettore padre Zotti che lo ac<strong>com</strong>pagnava. Quando si ac<strong>com</strong>iatò,<br />

il vescovo aprì l’intera porta della sua stanza <strong>di</strong>cendo: «Questa porta si è<br />

aperta tutta, poco fa, per il Car<strong>di</strong>nale Elia Della Costa ed ora si apre per lei, padre<br />

<strong>Uccelli</strong>». E il buon vecchio: «Oh, eccellenza, io non sono degno! Sono un povero<br />

missionario!». Alcuni giorni dopo, il Vescovo si recò a sua volta all’Istituto a visitare<br />

l’ammalato e a impartirgli la sua bene<strong>di</strong>zione.<br />

Ormai, ai primi <strong>di</strong> ottobre, padre <strong>Uccelli</strong> si era messo a letto per non alzarsi<br />

più. La notizia dell’aggravarsi della malattia si sparse presto per tutta la <strong>di</strong>ocesi.<br />

Tutti volevano vederlo per l’ultima volta. Ci fu un via vai <strong>di</strong> gente che veniva a<br />

salutare il santo missionario.<br />

Gli allievi missionari si davano il turno in cappella a pregare per l’ammalato; i<br />

Padri della casa erano continuamente attorno al suo letto. Provvidenzialmente, dal<br />

settembre <strong>di</strong> quell’anno, era <strong>di</strong>venuto rettore della casa il padre Giovanni Zotti,<br />

che era stato <strong>di</strong>rettore <strong>di</strong> un ospedale in Cina e aveva quin<strong>di</strong> una certa esperienza<br />

<strong>di</strong> malati. Sarà lui ad assisterlo con affetto e de<strong>di</strong>zione filiali. Si era messo nella<br />

stanza accanto, lasciando aperta la porta per accorrere ad ogni momento, per qualsiasi<br />

cosa potesse avere <strong>di</strong> bisogno. Gli fece da vero infermiere, servendolo in tutto.<br />

La presenza <strong>di</strong> padre Zotti gli dava un senso <strong>di</strong> sicurezza, tanto che quando<br />

mancava, chiedeva: «Il Rettore? Dov’è il padre rettore? Non torna il padre Rettore?».<br />

Un giorno, quando pareva stare un po’ meglio, il padre Cisco gli <strong>di</strong>sse: «Padre,<br />

preghi San Giuseppe che ci man<strong>di</strong> l’organo. È un pezzo che i ragazzi hanno messo<br />

la domanda davanti alla statuetta». E lui: «Verrà, verrà! Abbiate fiducia!». Poi,<br />

scherzando: «Quand’era giovane San Giuseppe era svelto, ora che è vecchio va un<br />

po’ più piano. Ma arriverà sicuro con i suoi doni». A padre Zulian che gli parlava<br />

della Cina e dei cristiani che ancora lo ricordavano, <strong>di</strong>ceva: «Tutto passa, tutto<br />

passa!».<br />

Venne a visitarlo mons. Assuero Bassi, vescovo <strong>di</strong> Luoyang, in Cina, cacciato<br />

anche lui dai <strong>com</strong>unisti. Dopo i saluti, gli <strong>di</strong>sse: «Ti ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> Niuchuang?». Ec<strong>com</strong>e<br />

se lo ricordava! Quell’irruzione dei briganti era stato il momento più drammatico<br />

della sua vita. Rispose: «Fu San Giuseppe a salvarci…».<br />

Una mattina padre Zulian entrò in camera e vide padre <strong>Uccelli</strong> che muoveva le<br />

braccia sbattendo la corona e mormorava qualche cosa. Gli <strong>di</strong>sse: «Padre, che sta<br />

facendo? Pre<strong>di</strong>ca agli uccelli?». Ed egli: «Sì, e veda <strong>com</strong>e stanno zitti…» e picchiava<br />

il muro della parete perché Zulian guardasse. Non vi aveva mai fatto caso,<br />

169


ma la parete vicina al letto era ricoperta <strong>di</strong> uccellini, <strong>di</strong>pinti con un colore leggero:<br />

«Vede <strong>com</strong>e stanno zitti…» — ripeté. Zulian interpretò che il malato volesse essere<br />

lasciato tranquillo a pregare.<br />

Il buon Padre aveva sempre desiderato il Para<strong>di</strong>so, ma ora la morte veniva con<br />

angoscia. I dolori erano gran<strong>di</strong> e talvolta pareva che non riuscisse a sopportarli. Si<br />

lamentava: «Basta, basta! Non ne posso più».<br />

Ai vari malanni si era aggiunta la polmonite, che gli rendeva affannoso il respiro.<br />

I Padri, per rendergli meno grave il suo male, lo <strong>di</strong>straevano con ricor<strong>di</strong> del<br />

passato. Gli nominarono mons. Conforti ed egli <strong>di</strong>sse: «Quello sì che era un santo!<br />

Oh, sì… Mons. Conforti…». Dopo una breve pausa, continuò: «Una volta è arrivato<br />

qui <strong>di</strong> sera. La suora voleva preparargli una minestrina, ma egli <strong>di</strong>sse: “Non<br />

ha un po’ <strong>di</strong> verdura?”. Era quaresima ed egli si accontentò <strong>di</strong> un po’ <strong>di</strong> spinacci,<br />

cotti nell’acqua. Aveva fatto un lungo viaggio, ma non volle altro…». Il buon<br />

vecchio si <strong>com</strong>moveva. Gli ricordarono allora che una vigilia <strong>di</strong> Natale erano andati<br />

tutti, lui e gli alunni, dal vescovo mons. Rodolfi a fargli gli auguri e il vescovo,<br />

entrando in sala, aveva allargato le braccia ed esclamato: “Ecco padre <strong>Uccelli</strong>,<br />

con i suoi uccellini!”. Ridendo sommesso, tirò fuori le braccia dalle coperte <strong>com</strong>e<br />

in segno <strong>di</strong> gioia. “Stia sotto, Padre, non prenda freddo! Vir oboe<strong>di</strong>ens…”. Era un<br />

richiamo all’obbe<strong>di</strong>enza e padre <strong>Pietro</strong> continuò: “…loquetur victorias”. L’<strong>uomo</strong><br />

obbe<strong>di</strong>ente canta vittoria. Forse in quel momento pensò che nella sua vita aveva<br />

sempre obbe<strong>di</strong>to e che la vittoria promessa era ormai vicina.<br />

Un giorno che lo tormentava una tosse insistente e non riusciva a espettorare,<br />

un confratello gli sussurrò: «Padre, ricor<strong>di</strong> nelle sue sofferenze i poveri infedeli: i<br />

gialli, i rossi e i neri…». «Sì — mormorò il malato — e anche i bianchi!».<br />

Un’altra volta padre rettore, dopo avergli fatto una iniezione gli suggerì<br />

all’orecchio: «Si ricorderà <strong>di</strong> noi, in Para<strong>di</strong>so, non è vero?». Ed egli: «Oh, sì! Tanto,<br />

tanto». Non aveva voglia <strong>di</strong> mangiare, e il rettore, gli faceva coraggio <strong>di</strong>cendo:<br />

«Su, mangi qualcosa. Non vede che buon manicaretto le hanno preparato le suore?».<br />

E lui: «Grazie, grazie!», ma non riusciva a mandar giù nulla.<br />

In quell’ultimo mese vennero anche i parenti, i fratelli Amleto e Fermo, le figlie<br />

<strong>di</strong> Amleto Suor Scolastica e Giovanna. «Lo zio si mostrò felice nel vederci,<br />

scrive Suor Scolastica, ma quale strazio nel lasciarci. Egli piangeva e ci chiamava<br />

per nome, ci stringeva le mani e ci in<strong>di</strong>cava il cielo e la foto del nonno (<strong>com</strong>e a <strong>di</strong>re<br />

che andava con lui). I santi sono umani, non sono insensibili». 1<br />

Il 29 ottobre mons. Zinato, saputo che le con<strong>di</strong>zioni dell’infermo si facevano<br />

sempre più gravi, venne <strong>di</strong> nuovo a visitarlo e a dargli la sua bene<strong>di</strong>zione. Il malato<br />

era cosciente, ma non parlava più. Vennero pure vari sacerdoti.<br />

Nel pomeriggio gli fu amministrata l’Unzione degli infermi e gli fu portato il<br />

Viatico. I Padri della Casa e le Suore assistettero <strong>com</strong>mossi, in ginocchio. Poi il<br />

rettore gli suggerì qualche giaculatoria. Si vedeva che si sforzava <strong>di</strong> ripeterla, ma<br />

muoveva solo le labbra e non ne usciva il suono.<br />

Nel porticato la gente attendeva con ansia. Alla suora ripetevano la domanda:<br />

----------------<br />

1 Lettera <strong>di</strong> Sr. Scolastica in Archivio Postulazione.<br />

170


«Sta proprio male? Non c’è speranza?».<br />

Verso sera il respiro si fece affannoso e il malato entrò in agonia. Gli aspiranti<br />

missionari passarono accanto al letto a baciargli la mano, mentre il rettore gliela<br />

sosteneva. Il respiro si fece più leggero e poi cessò del tutto. Padre Zotti, in pie<strong>di</strong><br />

accanto al letto, gli chiuse gli occhi e con un nodo alla gola mormorò: «Il nostro<br />

Padre è morto…». Erano le 19.55 del 29 ottobre 1954.<br />

Il giorno seguente la salma fu esposta nella camera ardente, sopra un catafalco<br />

pieno <strong>di</strong> fiori. Per due giorni una continua processione <strong>di</strong> gente si recò all’Istituto<br />

a rendere omaggio al defunto. Tutti volevano toccarlo, posare sul corpo qualche<br />

oggetto da conservare <strong>com</strong>e reliquia. Fu necessario istituire un servizio costante.<br />

Le guar<strong>di</strong>e civiche furono presenti per regolare il traffico. La gente mormorava:<br />

«È morto un santo!». I giornali della città e della provincia ne parlarono con accenti<br />

<strong>di</strong> grande ammirazione. Il <strong>com</strong>une <strong>di</strong> Vicenza, <strong>com</strong>e segno <strong>di</strong> onore al grande<br />

s<strong>com</strong>parso, volle che i funerali fossero a carico della civica amministrazione.<br />

I funerali si svolsero il 2 novembre, giorno dei Morti. In previsione <strong>di</strong> una numerosa<br />

partecipazione, si decise <strong>di</strong> celebrare il rito funebre in una chiesa della città.<br />

Fu scelto San Rocco, poiché la vicina chiesa del Carmine era inagibile per una<br />

recente alluvione.<br />

Il corteo partì dall’Istituto Saveriano alle ore 9.30 e percorse Viale Trento, verso<br />

la città.<br />

Dietro la bara erano in pianto i due fratelli del defunto, Amleto e Fermo, con<br />

altri parenti, il gruppo dei missionari <strong>saveriani</strong> e il loro Superiore generale, venuto<br />

apposta da Parma; seguiva una folla innumerevole. Quando arrivarono a San Rocco<br />

la folla riempì la chiesa e il piazzale antistante. Presenti al funerale erano mons.<br />

Faustino Tissot, vescovo saveriano <strong>di</strong> Zhengzhou, Cina, mons. Faedo, Direttore<br />

delle Opere Missionarie, in rappresentanza del vescovo, e molti sacerdoti. Delle<br />

autorità citta<strong>di</strong>ne erano presenti il Sindaco e altre personalità.<br />

Terminato il rito, la processione ritornò verso l’Istituto, a riportarvi la salma<br />

che venne tumulata nella chiesina <strong>di</strong> san <strong>Pietro</strong> d’Alcantara. La tomba <strong>di</strong>verrà presto<br />

meta <strong>di</strong> devoti pellegrinaggi.<br />

Così terminò la sua vita terrena il padre <strong>Pietro</strong> <strong>Uccelli</strong>, <strong>uomo</strong> <strong>di</strong> Dio, missionario<br />

del Vangelo, amico dei poveri e dei sofferenti.<br />

171


PADRE UCCELLI UOMO DI DIO<br />

Una domanda viene spontanea a coloro che non l’hanno conosciuto <strong>di</strong> persona:<br />

Com’era padre <strong>Uccelli</strong>? Come era la sua figura fisica? Perché era ritenuto un Santo?<br />

La risposta ci viene da coloro che l’hanno frequentato negli ultimi venti/venticinque<br />

anni e che hanno testimoniato nel Processo canonico, istituito a Vicenza<br />

dal vescovo mons. <strong>Pietro</strong> Nonis nel 1997.<br />

Da queste testimonianze abbiamo ricavato un ritratto fisico che rispecchia gli<br />

ultimi anni <strong>di</strong> vita, un ritratto da vecchio, quando i capelli e la barba erano già<br />

bianchi. È avvenuto per lui <strong>com</strong>e per Madre Teresa <strong>di</strong> Calcutta che il ritratto standard<br />

è quello della vecchiaia: una vecchiaia simpatica, aureolata dal sorriso e dalla<br />

fama <strong>di</strong> santità.<br />

Dicono i testimoni che era piccolo, mingherlino, magro, col viso scarno, malaticcio,<br />

con una barbetta caratteristica brizzolata. Qualche donna aggiunge anche<br />

che era “bruttino”. Ma ciò che attirava in lui era il suo sorriso, la sua bontà, la sua<br />

semplicità. Aveva un volto sereno, sorridente, un volto che ti rubava il cuore.<br />

Infondeva coraggio, serenità. Sempre <strong>di</strong>sponibile, sempre tranquillo, pieno <strong>di</strong><br />

attenzioni, senza mai fretta. Persona cor<strong>di</strong>ale, educata, pieno <strong>di</strong> garbo, molto affettuoso.<br />

C’era in lui qualche cosa che ti attirava. Così vari testimoni.<br />

Scrive un’infermiera: “Nell’ospedale dei bambini, quando arrivava portava serenità.<br />

C’era qualche cosa che emanava da lui e generava tranquillità, serenità e<br />

quasi un benessere fisico. Nessuno sapeva <strong>di</strong>re cosa fosse. I bambini lo sentivano.<br />

Nemmeno più piangevano. Quando entrava, pareva entrasse chissà chi: altro che<br />

la mamma! Quando entrava si faceva un improvviso silenzio. Avevamo<br />

l’impressione che entrasse il sole. I bambini avvertivano quella presenza singolare<br />

e facevano subito silenzio e noi ne eravamo colpiti”.<br />

Altri testi:<br />

Pareva una persona che non vive in questo mondo, tutto raccolto, abbandonato<br />

in Dio. Umile, umile, era l’umiltà in persona. Ti veniva incontro con l’aspetto bonario<br />

<strong>di</strong> uno <strong>di</strong> famiglia, aveva un sorriso amabile, un parlare dolce, suadente; apriva<br />

le braccia <strong>com</strong>e per abbracciare il mondo. Sentivi subito confidenza.<br />

Padre <strong>Uccelli</strong>…, io lo vi<strong>di</strong> proprio con una luce, non so spiegarmi, mi pareva <strong>di</strong><br />

avere davanti <strong>com</strong>e un’immagine illuminata. Era buono, buono, <strong>di</strong> una tenerezza<br />

che non so… Che dolcezza aveva! Ero entrata da lui con l’angoscia nel cuore e<br />

uscii proprio serena perché lui mi <strong>di</strong>ede l’aspetto <strong>di</strong> un santo. 1<br />

----------------<br />

1 Per queste e le seguenti testimonianze: Summarium, passim.<br />

173


Da queste brevi premesse, nelle quali i testimoni passano facilmente dal ritratto<br />

fisico a quello spirituale, si può percepire che padre <strong>Uccelli</strong> godeva fama <strong>di</strong> santità<br />

tra la gente. L’affluenza straor<strong>di</strong>naria al funerale e la costante voce del popolo che<br />

lo chiamava santo ne sono una prova. L’afflusso quoti<strong>di</strong>ano <strong>di</strong> persone alla sua<br />

tomba, con richieste <strong>di</strong> grazie, è un segno che tale fama non si è estinta con la sua<br />

<strong>di</strong>partita da questo mondo.<br />

I testimoni al Processo canonico sulla fama <strong>di</strong> santità e sulle virtù eroiche del<br />

Servo <strong>di</strong> Dio attestano in coro la fede <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong>: una fede grande, una fede<br />

da trasportare le montagne, una fede profonda, convinta, che non ammetteva dubbi,<br />

una fede che ha ispirato tutta la sua vita e le sue opere. Era un <strong>uomo</strong> <strong>di</strong> Dio che<br />

trasmetteva la fede con la sola sua presenza; pareva che il suo sguardo si volgesse<br />

all’invisibile, <strong>com</strong>e se vedesse qualcuno, parlasse con qualcuno, implorasse qualcuno.<br />

La fede si manifestava soprattutto nella preghiera. Anche i confratelli <strong>saveriani</strong>,<br />

che per la continua convivenza tendevano a minimizzare le impressioni della gente,<br />

devono continuamente attestare che padre <strong>Uccelli</strong> pregava molto. Al mattino<br />

quando gli alunni scendevano in chiesa, egli era là, a pregare, chissà da quanto<br />

tempo; e la sera quando andavano a dormire dopo le ultime preghiere, egli era là,<br />

a pregare e nessuno sa fino a quando. Attestano che nella sua camera da letto aveva<br />

aperto un finestrino che immetteva nella cappella: era chiuso da una ten<strong>di</strong>na,<br />

ma gli aspiranti missionari pensavano che quella ten<strong>di</strong>na si aprisse molte volte<br />

nella notte.<br />

La fede si manifesta soprattutto nella preghiera della Chiesa. Quando celebrava<br />

la santa Messa, pareva che si estraniasse dal mondo. Era tale la devozione,<br />

l’unione che egli sentiva con il Signore che la faceva percepire anche ai presenti,<br />

li coinvolgeva. Si intuiva che la Messa è una cosa grande. Un suo ex alunno, missionario<br />

in Bangladesh, ricorda che durante la celebrazione si <strong>com</strong>moveva, piangeva.<br />

Ciò è avvenuto almeno negli ultimi anni.<br />

I confratelli del Servo <strong>di</strong> Dio, lo consideravano un buon Padre della prima generazione,<br />

ma non <strong>di</strong> più. Quando però vennero interrogati al Processo, fecero affermazioni<br />

che li contrad<strong>di</strong>cevano, perché mostravano <strong>di</strong> ammettere aspetti straor<strong>di</strong>nari,<br />

<strong>com</strong>e ad esempio lo spirito <strong>di</strong> fede, quasi visibile, <strong>com</strong>e <strong>di</strong> un <strong>uomo</strong> che<br />

viveva in un altro mondo, pur camminando quaggiù. Faceva impressione anche a<br />

noi — <strong>di</strong>cono —. Un <strong>uomo</strong> <strong>di</strong> preghiera: in chiesa dal mattino presto fino alle<br />

8.00. La preghiera lo ac<strong>com</strong>pagnava tutto il giorno.<br />

Il riferimento al soprannaturale era continuo. Altri aggiunge che celebrava con<br />

semplicità, ma che viveva la Messa interiormente, in modo tale che faceva vedere<br />

la sua fede. Un altro afferma: «L’ho visto celebrare la Messa. Mi faceva<br />

l’impressione <strong>di</strong> una cosa fuori del <strong>com</strong>une, straor<strong>di</strong>naria. Un grande amore per la<br />

preghiera. Era un <strong>uomo</strong> <strong>di</strong> preghiera». «Un <strong>uomo</strong> <strong>di</strong> molta preghiera. Una fede<br />

profonda, semplice; saper vedere le cose alla luce <strong>di</strong> Dio».<br />

La fama <strong>di</strong> santità, e particolarmente <strong>di</strong> una fede tanto grande da ottenere da<br />

174


Dio numerose grazie e anche miracoli, era <strong>di</strong>ffusa tra la gente. Egli attribuiva le<br />

grazie a San Giuseppe o alla potenza dell’acqua benedetta, ma la gente semplice<br />

pensava e <strong>di</strong>ceva: Se non fosse un santo non otterrebbe queste grazie. La sua alleanza<br />

con San Giuseppe era nota, ma la gente <strong>di</strong>ceva: Deve avere una grande fede<br />

se San Giuseppe lo ascolta.<br />

Anche qui i confratelli, assuefatti dal ripetersi dei fatti, <strong>com</strong>e l’arrivo <strong>di</strong> beni da<br />

parte <strong>di</strong> benefattori, a volte sconosciuti, non vi facevano più caso, se non nel senso<br />

<strong>di</strong> ringraziare Dio per la sua provvidenza. La gente <strong>com</strong>une, più semplice, attribuiva<br />

l’intervento, spesso straor<strong>di</strong>nario, della Provvidenza alla preghiera e alla<br />

santità <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong>.<br />

La multiforme carità <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong> sfuggiva all’attenzione dei confratelli che<br />

lo vedevano uscire ogni giorno, e più volte al giorno, e non si preoccupavano <strong>di</strong><br />

sapere dove andasse e che cosa facesse. Solo dopo la sua morte, hanno saputo<br />

quante visite agli ammalati negli ospedali e nella famiglie, quanto zelo ha <strong>di</strong>mostrato<br />

per la conversione dei peccatori, e soprattutto non hanno mai immaginato<br />

quanto gli costassero certi viaggi per <strong>com</strong>piere opere buone. Lo vedevano uscire<br />

in bicicletta e non immaginavano quanta fatica e quanti sforzi, specialmente<br />

quando era afflitto da dolori e da altri mali dei quali non si è mai lamentato finché<br />

non ne poté più. Si può proprio <strong>di</strong>re che padre <strong>Uccelli</strong> è vissuto per gli altri. Che<br />

questa de<strong>di</strong>zione per il prossimo fosse frutto del suo ardente amore <strong>di</strong> Dio è una<br />

cosa evidente.<br />

Quanto alle altre virtù, quelle che più apparivano all’osservatore erano la sua<br />

costante umiltà, la bontà nel tratto, la pazienza, l’amorevolezza, la mitezza<br />

dell’animo.<br />

“I Fioretti <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong>”, pubblicati da padre Giovanni Viola, sono pieni <strong>di</strong><br />

fatti straor<strong>di</strong>nari, <strong>di</strong> grazie ottenute dal Servo <strong>di</strong> Dio, con la sua boccetta <strong>di</strong> acqua<br />

santa o con le sue preghiere a San Giuseppe. Egli ripeteva sempre <strong>di</strong> ringraziare<br />

San Giuseppe e si inquietava quando mostravano <strong>di</strong> attribuire a lui o alla sua preghiera<br />

certi fatti straor<strong>di</strong>nari: egli si riteneva semplicemente uno che pregava, ma<br />

era Dio che faceva le grazie e per l’intercessione <strong>di</strong> San Giuseppe, più che per la<br />

sua povera indegna preghiera. In fondo, pensava <strong>com</strong>e San <strong>Pietro</strong> quando guarì lo<br />

storpio: «Uomini <strong>di</strong> Israele, perché vi meravigliate <strong>di</strong> questo, e continuate a fissarci<br />

<strong>com</strong>e se per nostro potere e per nostra pietà avessimo fatto camminare<br />

quest’<strong>uomo</strong>?» (At 3, 12). Tuttavia, gli uomini <strong>di</strong> quel tempo, consci che Dio opera<br />

per mezzo dei suoi Santi, «portavano gli ammalati nelle piazze, ponendoli su lettucci<br />

e giacigli, perché quando <strong>Pietro</strong> passava, anche solo la sua ombra coprisse<br />

qualcuno <strong>di</strong> loro» (At 5, 15). Così, press’a poco succedeva per padre <strong>Uccelli</strong>: i<br />

malati ricorrevano a lui.<br />

Racconteremo solo un fatto che ci fa vedere <strong>com</strong>e padre <strong>Uccelli</strong> si lasciasse<br />

coinvolgere nella sofferenza altrui. Eravamo agli anni 1950-1951. Una certa Maria<br />

Tapparo aveva avuto un bambino che alla nascita pesava solo due chili e mezzo<br />

ed era molto gracile. A tre o quattro anni si manifestò una febbriciattola che<br />

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non lo lasciava mai. Ai raggi, risultò colpito da tubercolosi con una infiltrazione al<br />

polmone destro. Gli fecero una cura <strong>di</strong> streptomicina; terminata la quale fu portato<br />

ai raggi. La donna aveva l’appuntamento per le 9.00, ma essa pensò <strong>di</strong> andare<br />

prima alle Missioni perché le avevano parlato <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong>. Partì alle 7.00.<br />

Quando arrivò all’Istituto vi trovò una fila <strong>di</strong> gente che dal portone arrivava fino<br />

alla stanzetta dove c’era padre <strong>Uccelli</strong> (essa <strong>di</strong>ce “alla chiesetta”). «Quasi mi veniva<br />

da piangere — racconta —. Non arriverò in tempo per le 9.00, pensavo. Confidai<br />

la mia pena alla persona che mi stava davanti e subito ci fu passa parola e fui<br />

fatta passare avanti. Come entrai nella stanza vi<strong>di</strong> un fraticello piccolino che mi<br />

<strong>di</strong>sse: Sieda qui e mi racconti la sua storia. Raccontando, piangevo e il bambino si<br />

mise pure a piangere. Padre <strong>Uccelli</strong>, <strong>com</strong>mosso, si mise a piangere anche lui.<br />

Piangeva padre <strong>Uccelli</strong>, aveva le lagrime e si asciugava gli occhi con il fazzoletto.<br />

A un certo momento mi <strong>di</strong>sse: “Su, si faccia coraggio. An<strong>di</strong>amo all’altare, le darò<br />

una bene<strong>di</strong>zione speciale e vedrà che tutto andrà bene”. Fece tenere in mano un<br />

crocefisso a me e al mio bambino. Siamo stati a lungo in preghiera, poi ci <strong>di</strong>ede<br />

una bene<strong>di</strong>zione che non <strong>di</strong>menticherò più per tutta la vita. Deve proprio avercela<br />

messa tutta per ottenere quella grazia per me. Certo, lui partecipò molto alla mia<br />

sofferenza: fu una cosa grande».<br />

La donna portò ai raggi il bambino e attendeva con ansia la risposta. Qualche<br />

giorno dopo il me<strong>di</strong>co <strong>com</strong>inciò <strong>di</strong>cendo:<br />

– Mi <strong>di</strong>ca: è andata a Monte Berico a pie<strong>di</strong>?<br />

– Perché?, essa domandò a sua volta.<br />

– Perché dalle lastre non risulta neppure un segno della malattia, nemmeno tracce<br />

del focolaio, nemmeno un segno della ferita.<br />

Il me<strong>di</strong>co non sapeva spiegarsi e si vedeva che pensava a un miracolo. Essa non<br />

ebbe coraggio <strong>di</strong> <strong>di</strong>re al me<strong>di</strong>co che era stata da padre <strong>Uccelli</strong>. Il bambino era guarito<br />

<strong>com</strong>pletamente. 2<br />

Qui vogliamo far notare che gli episo<strong>di</strong> <strong>di</strong> conversione <strong>di</strong> peccatori sul letto <strong>di</strong><br />

morte o in altre circostanze sono fatti più meravigliosi delle stesse guarigioni. Pure,<br />

qualche altro episo<strong>di</strong>o <strong>di</strong> carattere straor<strong>di</strong>nario merita d’essere ricordato. Si<br />

tratta del fenomeno della bilocazione. Vengono segnalati due o tre casi.<br />

Padre Grazzi, accorso a Vicenza subito dopo la morte del Servo <strong>di</strong> Dio, raccolse<br />

dalle labbra <strong>di</strong> padre Zaltron, nella sera del 28 novembre 1954, il racconto <strong>di</strong> un<br />

<strong>uomo</strong> <strong>di</strong> Asiago che aveva deciso <strong>di</strong> uccidersi. Improvvisamente vide entrare nella<br />

camera un prete piccolo con la barba e i capelli bianchi che gli <strong>di</strong>sse: «Figlio mio,<br />

che cosa stai per fare?...» e <strong>di</strong>sparve. Fu la sorella a venirlo a raccontare ai Padri,<br />

due anni prima della morte <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong>, affermando che la descrizione del<br />

fraticello corrispondeva a padre <strong>Uccelli</strong>. Padre Zaltron confermò il fatto al Processo<br />

canonico, tralasciando il particolare, che forse aveva <strong>di</strong>menticato, <strong>di</strong> averlo sentito<br />

dalla sorella. «Del resto — proseguì a raccontare padre Zaltron, in quella sera<br />

— la signorina Maria Mistè mi raccontò <strong>di</strong> essere stata risanata due volte per le<br />

----------------<br />

2 Summarium, pag.415-418.<br />

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preghiere <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong>, e la prima <strong>di</strong> quelle guarigioni avvenne in modo piuttosto<br />

singolare. La poveretta giaceva a letto per una grave infermità. A un tratto<br />

vide padre <strong>Uccelli</strong> farsi avanti da un angolo della camera. Essa gridò: – Oh, Padre<br />

<strong>Uccelli</strong>, Padre <strong>Uccelli</strong>! Al grido accorse la cameriera che <strong>di</strong>sse: – Ma, signorina,<br />

non c’è padre <strong>Uccelli</strong>. Ed essa: – Ma sì. Era là un momento fa; adesso è s<strong>com</strong>parso…<br />

Ma io sto bene; sono guarita». Padre Zaltron aggiunse: «Così è stato. E da<br />

quel giorno la famiglia Mistè restò legatissima all’Istituto, che beneficò in mille<br />

mo<strong>di</strong> e tuttora aiuta con grande generosità». 3<br />

Un altro caso è quello del dott. Antonio Ferrari che una volta, guidando, si è<br />

trovato improvvisamente la strada sbarrata da una corriera. Ebbe per un attimo la<br />

visione <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong> e si trovò, inspiegabilmente, su una strada laterale. Simile<br />

episo<strong>di</strong>o è successo al dott. Francesco Cattaneo che in una notte <strong>di</strong> pioggia e gelo<br />

fu chiamato d’urgenza dai Servi <strong>di</strong> Maria <strong>di</strong> Monte Berico. Sulla via del ritorno la<br />

macchina <strong>com</strong>inciò a slittare paurosamente. Proprio in quel momento vide davanti<br />

a sé una persona dalle forme in<strong>di</strong>stinte. Si sentì smarrito, perché pensava <strong>di</strong> travolgerla.<br />

Invece quella persona gli faceva cenno, con decisi movimenti delle braccia,<br />

<strong>di</strong> raddrizzare il volante. Lo fece, e in quell’istante riconobbe la figura <strong>di</strong> padre<br />

<strong>Uccelli</strong> che <strong>di</strong>sparve. 4<br />

Suor Lucietta Zattera che ha reso una testimonianza eccezionale sui poteri<br />

taumaturgici <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong>, riteneva che, per un fenomeno <strong>di</strong> bilocazione, il padre<br />

<strong>Uccelli</strong> fosse apparso a sua madre, annunciandole la sua prossima morte, in<strong>di</strong>candole<br />

il giorno e l’ora precisa. Essa si preparò alla morte con una serenità stupenda,<br />

pre<strong>di</strong>sponendo ogni cosa e manifestando la visione ai suoi, <strong>di</strong>cendo che<br />

qualcuno era venuto a <strong>di</strong>rglielo. Non <strong>di</strong>sse chi fosse la persona che le era <strong>com</strong>parsa,<br />

ma Suor Lucietta pensò a padre <strong>Uccelli</strong>, perché dopo il funerale trovò che la<br />

stava aspettando all’ospedale e le <strong>di</strong>sse: «Sta in pace. Te lo <strong>di</strong>co, in nome <strong>di</strong> Dio:<br />

tua mamma è in para<strong>di</strong>so». 5<br />

Un altro dei fenomeni mistici che emergono dai racconti dei testimoni è la<br />

chiaroveggenza.<br />

Il cav. Rino Pavan racconta che sua madre, nel 1942, andò da padre <strong>Uccelli</strong>, insieme<br />

a un’altra donna a chiedere preghiere per i figli, soldati in Russia, dei quali<br />

non avevano notizie. Padre <strong>Uccelli</strong> <strong>di</strong>sse alla prima: «Suo figlio è in mezzo a molti<br />

pericoli; è stato colpito da una palla, ma tornerà». E all’altra: «Suo figlio è prigioniero,<br />

ma tornerà». Nel 1943, uguale profezia per i fratelli Aroldo e Aldo Tasinazzo.<br />

Invece a un’altra donna <strong>di</strong>sse semplicemente: «Preghiamo». Egli aveva<br />

previsto che non sarebbe tornato. 6<br />

Un altro caso singolare è quello <strong>di</strong> Irene Daffini. Padre <strong>Uccelli</strong> era già malato e<br />

incapace <strong>di</strong> muoversi. Mandò a chiamare la Irene. Essa rispose che non lo cono-<br />

----------------<br />

3 GRAZZI, Padre <strong>Uccelli</strong>…,pag.58.<br />

4 Summarium, pag. 110 e 377.<br />

5 Ivi, pag. 115-116.<br />

6 Ivi, pag. 194, 209.<br />

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sceva e si rifiutò <strong>di</strong> andare. <strong>Uccelli</strong> mandò <strong>di</strong> nuovo a chiamarla. Finalmente essa<br />

ci andò e lui le <strong>di</strong>sse parole <strong>di</strong> conforto, mostrando <strong>di</strong> conoscere la sua penosa situazione.<br />

Qualche tempo dopo le morì il fratello e quando essa andò <strong>di</strong> nuovo da<br />

padre <strong>Uccelli</strong>, egli le <strong>di</strong>sse: «Lo sapevo che tuo fratello stava per partire… Prima<br />

<strong>di</strong> me che sono vecchio. Però vado via anch’io, vado via anch’io…. Io pregherò<br />

per te, da vivo e da morto».<br />

Nel 1952 un papà che aveva un figlio poliomielitico ricoverato a Bologna, andò<br />

da padre <strong>Uccelli</strong> a chiedere consiglio. Gli <strong>di</strong>sse: «Mio figlio poliomielitico — e<br />

gli spiegò la situazione — vuole che lo an<strong>di</strong>amo a prendere e portarlo a casa…».<br />

Padre <strong>Uccelli</strong>, quasi gridando, <strong>di</strong>sse: «Vada, vada subito, lo porti a casa». Poco<br />

tempo dopo venne l’inondazione e non sarebbe stato più possibile andarlo a prendere<br />

e nemmeno andarlo a visitare; inoltre, in quel luogo, il ragazzo veniva trattato<br />

male e pareva che padre <strong>Uccelli</strong>, in qualche maniera, l’avesse saputo.<br />

Altre cose ha mostrato <strong>di</strong> conoscere in modo non spiegabile. Sul letto <strong>di</strong> morte<br />

mostrò <strong>di</strong> sapere che sua sorella Teresa l’aveva già preceduto in para<strong>di</strong>so. A una<br />

ragazza incinta che aveva subito violenza, rac<strong>com</strong>andò <strong>di</strong> perdonare l’aggressore<br />

e le <strong>di</strong>sse che le sarebbe nata una bella bambina e che sarebbe nata <strong>di</strong> sabato. Invece<br />

il mercoledì <strong>com</strong>inciarono le doglie. Trovandosi sola in casa, telefonò a padre<br />

<strong>Uccelli</strong> che le <strong>di</strong>sse: «Non preoccuparti; non nasce oggi la bambina, verrà sabato».<br />

E così fu. 7<br />

In ultimo dobbiamo ricordare che padre <strong>Uccelli</strong> fu chiamato varie volte per fenomeni<br />

strani che succedevano in alcune case o ad alcune persone. Fenomeni nei<br />

quali si riteneva che ci fosse, in qualche modo, l’intervento degli spiriti maligni.<br />

Sappiamo che in Cina ebbe a fare degli esorcismi per casi <strong>di</strong> possessione <strong>di</strong>abolica,<br />

ma in Italia sembra che non abbia mai esercitato tale ministero; anzi, richiesto<br />

dal Vescovo <strong>di</strong> Vicenza, mons. Zinato, per un presunto caso <strong>di</strong> possessione<br />

<strong>di</strong>abolica, quando era in età avanzata, rispose che l’esorcismo richiedeva forza<br />

fisica che egli più non possedeva. Forse la sua esperienza cinese gli aveva insegnato<br />

qualche cosa in questo campo. Invece ebbe a che fare con quei fenomeni<br />

che gli specialisti chiamano <strong>di</strong> infestazione. 8 Altri li catalogano con “l’oscuro<br />

mondo del maleficio”. 9 Il vescovo Andrea Gemma affronta con trepidazione questo<br />

argomento, ma <strong>di</strong>chiara che la sua ormai ricca esperienza <strong>di</strong> esorcista, gli fa <strong>di</strong>re<br />

che questo è il più <strong>di</strong>ffuso strumento del <strong>di</strong>avolo per nuocere all’<strong>uomo</strong>. Purtroppo<br />

in questo campo incontra la <strong>com</strong>plicità <strong>di</strong> uomini che invocano il suo intervento<br />

per recare male a qualche persona. Spesso il maleficio arriva sotto forma<br />

<strong>di</strong> un oggetto, carico <strong>di</strong> potenza malefica. 10 Padre <strong>Uccelli</strong> confessava <strong>di</strong> aver veduto<br />

con i propri occhi oggetti strani, <strong>di</strong> solito nascosti dentro al cuscino o nel mate-<br />

----------------<br />

7 Summarium, pag. 269-270, 202, 441-442.<br />

8 Cf. CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, La Verità vi farà liberi. 2: Catechismo degli Adulti,<br />

Citta del Vaticano, Libreria E<strong>di</strong>trice Vaticana, 1995, pag. 194.<br />

9 GEMMA Andrea, Io, vescovo esorcista, Milano, Mondatori, 2002, pag. 116.<br />

10 BALDUCCI Corrado, Il <strong>di</strong>avolo, Casale Monferrato, Piemme, 1994, pag. 3112ss.<br />

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asso, entrativi non si sa <strong>com</strong>e. La conseguenza <strong>di</strong> quegli oggetti erano fenomeni<br />

inspiegabili <strong>com</strong>e campanelli che suonano da sé, finestre che si aprono, malesseri<br />

improvvisi. Padre <strong>Uccelli</strong> veniva chiamato a bene<strong>di</strong>re la casa e i fenomeni cessavano.<br />

Immancabilmente faceva bruciare quegli oggetti. Qualche volta i vestiti si<br />

macchiavano senza ragione, mentre nei materassi trovavano bitorzoli strani. Padre<br />

<strong>Uccelli</strong> veniva e <strong>di</strong>ceva <strong>di</strong> bruciare, bruciare, e dava la bene<strong>di</strong>zione.<br />

Uno <strong>di</strong> questi fatti ci è raccontato dettagliatamente da Anna Bassanese. È un<br />

fatto che risale all’agosto del 1950. Anna aveva una sorella che stava sempre poco<br />

bene, tanto che il me<strong>di</strong>co non sapeva più che cosa fare. Un giorno che la sorella<br />

era assente, Anna con una zia fecero pulizia nella camera. Sprimacciando il materasso<br />

<strong>di</strong> piume, sentirono sotto le mani un oggetto duro, vi trovarono una ghirlanda<br />

fatta con spini <strong>di</strong> pino. La cosa sembrò strana e la portarono a Padre <strong>Uccelli</strong>.<br />

Questi, appena vide la strana ghirlanda, <strong>di</strong>sse: «Vengo io a casa vostra. Qui bisogna<br />

che venga io». Nel pomeriggio vi andò con la sua bicicletta, ma quando si<br />

trattò <strong>di</strong> salire le scale, sembrava che una forza misteriosa lo respingesse. Si attaccava<br />

con tutte e due le mani allo scorrimano. Cominciò le preghiere, ma sudava<br />

tutto e perfino si tirò su le maniche. Dicono che sembrava lottare, proprio lottare.<br />

Era spossato. Alla fine <strong>di</strong>sse. «Aprite le finestre che esca il demonio ed entrino gli<br />

angeli». La sorella, tornata a casa, non ebbe più nessun male. 11<br />

Si capisce, da queste testimonianze, <strong>com</strong>e padre <strong>Uccelli</strong> fosse ritenuto un Santo<br />

a cui Dio concedeva doni straor<strong>di</strong>nari.<br />

In occasione del suo cinquantesimo <strong>di</strong> or<strong>di</strong>nazione sacerdotale, nel 1947, durante<br />

la Messa, padre <strong>Uccelli</strong> aveva detto: «Pregherò sempre per voi. E quando sarò<br />

in Para<strong>di</strong>so voglio fare <strong>com</strong>e santa Teresina, farò cadere a piene mani rose <strong>di</strong><br />

grazie… Non vi <strong>di</strong>menticherò mai più…». 12<br />

La pioggia <strong>di</strong> rose <strong>com</strong>inciò subito. Erano passati pochi anni dalla morte del<br />

padre <strong>Uccelli</strong>. Si era nell’agosto 1957. I coniugi Giovanni e Nora <strong>Luca</strong> avevano il<br />

loro figlioletto malato: continuo vomito e deperimento generale. Portato<br />

all’ospedale <strong>di</strong> Marostica pareva non ci fossero più speranze. Vedendo il bambino<br />

quasi moribondo, il padre uscì <strong>di</strong>sperato dalla stanza. Improvvisamente il suo pensiero<br />

andò a padre <strong>Uccelli</strong> ed ebbe la convinzione <strong>di</strong> un intervento straor<strong>di</strong>nario.<br />

Disse a parole o col cuore: “Padre <strong>Uccelli</strong>, se mi fai questa grazia, verrò a pie<strong>di</strong> a<br />

Vicenza, sulla tua tomba”. Detto questo corse dentro alla stanza e <strong>di</strong>sse alla moglie,<br />

con forza, <strong>di</strong> dare al piccolo un cucchiaio <strong>di</strong> aranciata. Nora lo guardò stupita,<br />

pensando che avesse perso la testa. Giovanni ripeté l’or<strong>di</strong>ne con decisione. La<br />

mamma gli accostò un cucchiaino alle labbra e, con meraviglia, vide che il bambino<br />

lo beveva. Da quel momento cessò il vomito e venne la guarigione.<br />

1965. Un bambino <strong>di</strong> quattro anni, malato <strong>di</strong> nefrite. Il me<strong>di</strong>co parlò alla<br />

mamma, Maria Zaltron, preparandola al peggio. Allora essa andò sulla tomba <strong>di</strong><br />

padre <strong>Uccelli</strong>, pregandolo con tutto l’ardore. Tre giorni dopo tornò all’ospedale a<br />

----------------<br />

11 Summarium, pag. 147, 207, 393-394.<br />

12 VIOLA Gianni, I Fioretti <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong>, I, Brescia, CSAM, 2001, pag. 3.<br />

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parlare col me<strong>di</strong>co. Questi le <strong>di</strong>sse: «Signora, è cieca? Non vede che suo figlio è<br />

guarito?... È guarito <strong>com</strong>pletamente. Io non so <strong>com</strong>e sia successo, ma è veramente<br />

guarito». Dopo due giorni lo portarono a casa.<br />

Gli altri casi sono più recenti, anche perché i testimoni al Processo ricordavano<br />

i fatti più presenti alla memoria.<br />

La sig.ra Mira Fanin racconta che suo padre nel 1980 cadde da un’implacatura,<br />

dall’altezza <strong>di</strong> sette metri. Rimase molto ammaccato, ma non in pericolo <strong>di</strong> vita.<br />

Diceva: “Se non ci fosse stato il mio fraticello!” — chiamava così padre <strong>Uccelli</strong>.<br />

La figlia è convinta che l’abbia invocato nel momento <strong>di</strong> cadere e forse anche che<br />

l’abbia visto.<br />

La stessa racconta un altro, fatto accaduto più tar<strong>di</strong>, verso la fine degli anni ’90.<br />

Aveva suggerito a un’amica <strong>di</strong> pregare padre <strong>Uccelli</strong> per ottenere la grazia <strong>di</strong> un<br />

bambino. Essa stessa si unì, scrivendo una preghiera sul registro che era sopra la<br />

tomba. Nel frattempo l’amica andò a un centro specializzato <strong>di</strong> Verona e si sentì<br />

<strong>di</strong>re che non avrebbe mai avuto figli. Allora, con angoscia, <strong>di</strong>sse alla Fanin: «Il<br />

tuo padre <strong>Uccelli</strong> ha barato», e raccontò della visita a Verona. La Fanin <strong>di</strong>sse:<br />

«Non è finita! Quando meno te l’aspetterai rimarrai incinta». Quando fece la sua<br />

deposizione <strong>di</strong>sse: «È nato il bambino e ora ha tre<strong>di</strong>ci mesi».<br />

Nel 1997-98 la sig.na Paola Andriolo cercava ansiosamente un lavoro e si rivolse<br />

a padre <strong>Uccelli</strong>. Una notte ebbe un sogno. Lo vide davanti a sé, press’a poco<br />

<strong>com</strong>e appare nella fotografia. Con un leggero movimento della mano le <strong>di</strong>sse: «Il<br />

tuo lavoro è assicurato, ma porta pazienza, perché prima devo pensare ad altri».<br />

Sic<strong>com</strong>e le cose non cambiavano, pensava: Un sogno è un sogno… Ma un giorno<br />

vide un avviso sul giornale: «Cercasi persona italiana, con conoscenza <strong>di</strong> lingua<br />

inglese, presso la caserma Ederle». Telefonò e fu subito assunta. «Allora — si <strong>di</strong>sse<br />

— il sogno era vero!».<br />

Il Sig. Felice Novero, abitante a Torino, racconta della figlia, Serena, che ebbe<br />

un incidente stradale a Pieve <strong>di</strong> Cadore il 25 luglio 1994, con conseguenze gravissime:<br />

rottura bilaterale dei femori, asportazione della milza e drenaggio del fegato,<br />

stato <strong>di</strong> <strong>com</strong>a per trauma cranico. Per un <strong>com</strong>plesso <strong>di</strong> circostanze il Sig. Felice<br />

e sua moglie, non volendo essere troppo lontani dalla figlia, si trovarono ad essere<br />

ospiti dei Missionari <strong>saveriani</strong> <strong>di</strong> Vicenza. Qui assistettero al quoti<strong>di</strong>ano spettacolo<br />

<strong>di</strong> gente che si recava sulla tomba del padre <strong>Uccelli</strong>. Intanto, la situazione <strong>di</strong><br />

Serena, anziché migliorare pareva aggravarsi. Fu allora che padre Viola invitò i<br />

due genitori a rivolgersi al Servo <strong>di</strong> Dio. Lo fecero con fervore, recandosi sulla<br />

tomba tutte le sere. Da quel momento <strong>com</strong>inciò un cambiamento inspiegabile.<br />

«Sembrava che tutto avvenisse <strong>com</strong>e risposta continua e <strong>di</strong>retta ad ogni nostra ben<br />

determinata richiesta: che venissero trovati quei virus, che fossero guidate le mani<br />

dei chirurghi, che fosse risolta quella specifica indagine endoscopica fino allora<br />

fatta senza esito… Si aggiunse la scoperta <strong>di</strong> un pericolosissimo embolo ancorato<br />

all’interno dell’aorta…». In breve: «La somma <strong>di</strong> questi “mirati interventi<br />

dall’alto”, portarono Serena verso una guarigione <strong>com</strong>pleta».<br />

La storia però non finisce qui. Serena, guarita, stu<strong>di</strong>a economia e <strong>com</strong>mercio,<br />

180


ma è un po’ clau<strong>di</strong>cante. Se ne accorgono i parenti. Serena, davanti allo specchio,<br />

scalza, constata che veramente una gamba è più lunga dell’altra. Evidentemente il<br />

callo osseo, formatosi sulla linea della sutura, era cresciuto in modo asimmetrico<br />

nelle due gambe.<br />

Angosciata, si rivolse con fede a padre <strong>Uccelli</strong>. Pareva che dalla foto la incoraggiasse<br />

<strong>di</strong>cendo: «Perché temi? Basta che tu glielo chieda e Lui, è un Padre<br />

buono che ti vuole bene…». Ma Serena, tenendo l’immagine in grembo, seduta<br />

sul letto, si rivolgeva a padre <strong>Uccelli</strong>, <strong>di</strong>cendo. «Per favore, interce<strong>di</strong> tu per me, tu<br />

che sei vicino al Padre celeste. Digli che il mio femore sinistro <strong>di</strong>venti lungo <strong>com</strong>e<br />

il destro». Lei si sentiva troppo piccina per rivolgersi <strong>di</strong>rettamente al Padre.<br />

«Mi pareva che padre <strong>Uccelli</strong> mi fosse <strong>com</strong>e al fianco, a pregare per me. Dopo<br />

che avevo pregato per circa <strong>di</strong>eci minuti, a un tratto sentii <strong>com</strong>e se qualcuno tirasse<br />

la mia gamba sinistra, tanto che, stando seduta con la gamba piegata a 90 gra<strong>di</strong>,<br />

l’ho dovuta stendere, perché era <strong>com</strong>e se volesse allungarsi e chiedesse spazio davanti<br />

a sé…».<br />

Pare che la gamba si sia veramente allungata. Serena e i suoi sono convinti che<br />

sia avvenuto un miracolo. Serena <strong>com</strong>menta: «Se non ci fosse stato padre <strong>Uccelli</strong>,<br />

non sarei riuscita ad “arrivare” al Padre e a farmi “sentire” da Lui in modo così<br />

imme<strong>di</strong>ato. …Mi pare che padre <strong>Uccelli</strong> mi <strong>di</strong>ca: “Stupi<strong>di</strong>na, non sono io, è Dio<br />

Padre…”. Io però sono convinta che, senza la sua intercessione, non sarei arrivata<br />

al Padre. Ormai so con certezza che Padre <strong>Uccelli</strong> ci ascolta e si fa interme<strong>di</strong>ario<br />

per noi presso il Padre». 13<br />

Facciamo nostre le ultime parole <strong>di</strong> Serena e con lei cre<strong>di</strong>amo <strong>di</strong> avere un potente<br />

interme<strong>di</strong>ario in Cielo, a gloria <strong>di</strong> Dio e a bene delle persone che lo invocano.<br />

Ricor<strong>di</strong>amo che ha promesso <strong>di</strong> far piovere dal cielo una pioggia <strong>di</strong> rose. Pare<br />

che anche in para<strong>di</strong>so abbia conservato il suo programma: La mia vita è per gli altri.<br />

----------------<br />

13 Summarium, pag. 295, 381, 285-286, 446-447, 464-466, 612-618.<br />

181


a) FONTI<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

Copia publica transumpti Processus in Curia ecclesiastica vicentina constructi super vita et virtu-<br />

tibus Servi Dei Petri <strong>Uccelli</strong> sacerdotis professi Piae Societatis sancti Francisci Xaverii<br />

pro Exteris Missionibus, vol. I-VIII, anno 2001. [Copia depositata a Parma, Archivio<br />

Postulazione]<br />

GRAZZI Luigi A., Testimonianza sul Beato Guido Maria Conforti, resa da padre <strong>Pietro</strong> <strong>Uccelli</strong> a<br />

Vicenza, in data 14.2.1943, Parma, Archivio Postulazione.<br />

LA COMUNITA’ DI BARCO, Padre <strong>Pietro</strong> <strong>Uccelli</strong>, 6 aprile 1975. [pro manuscripto]<br />

TEODORI Franco, Virtù e opere del Servo <strong>di</strong> Dio Padre <strong>Pietro</strong> <strong>Uccelli</strong> e sue lettere al Beato Guido<br />

Maria Conforti e alla maestra Melania Genitoni, Città del Vaticano, Libreria E<strong>di</strong>trice<br />

Vaticana, 1998.<br />

b) BIOGRAFIE<br />

FASOLINI Ettore, Non privarti della gioia, Brescia, CSAM, 1993 2 .<br />

————, Un pane spezzato. Padre <strong>Pietro</strong> <strong>Uccelli</strong>, Missionario in Cina, Bologna, EMI, 1991.<br />

————, Una lampada accesa. L’avventura umana <strong>di</strong> padre <strong>Pietro</strong> <strong>Uccelli</strong>, Missionario in Cina<br />

e a Vicenza, Bologna, EMI, 1998.<br />

GRAZZI Luigi A., Padre <strong>Uccelli</strong> Missionario Saveriano (1874-1954) – La vita i Fioretti e i raccon-<br />

ti popolari a due mesi dalla morte, Parma, Officina Grafica Mario Fresching, 1954<br />

(Manoscritto ine<strong>di</strong>to, formato 21x29,30 <strong>di</strong> pag. 1-86, datato Poggio S. Marcello il 30<br />

novembre 1954. Copia in Archivio Postulazione, Parma).<br />

ROSSI mons. Fausto, Padre <strong>Pietro</strong> <strong>Uccelli</strong>. Missionario Saveriano, Roma, EDIC, 1986.<br />

VIOLA Giovanni, I Fioretti <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong>, vol. 1°, Parma, Archivio Postulazione, 2001.<br />

————, I Fioretti <strong>di</strong> padre <strong>Uccelli</strong>, vol. 2°, Parma, Archivio Postulazione, 2002.<br />

ZULIAN Ermanno, Gioia <strong>di</strong> fare il bene. Fioretti <strong>di</strong> Padre <strong>Uccelli</strong>, Bologna, EMI, 1997 4 . [Prima e-<br />

<strong>di</strong>zione pubblicata a Vicenza, Scuola Tipografica Istituto S. Gaetano, 1955]<br />

c) ALTRE PUBBLICAZIONI<br />

FEDE E CIVILTÀ, Perio<strong>di</strong>co mensile illustrato pubblicato per cura dell’Istituto Parmense S.<br />

Francesco Saverio per le Missioni Estere.<br />

GARBERO <strong>Pietro</strong>, I Missionari Saveriani in Cina. Cinquant’anni <strong>di</strong> apostolato, Parma, Istituto Sa-<br />

veriano per le Missioni Estere, 1965.<br />

GARBERO <strong>Pietro</strong>, S.E. Mons. Luigi Calza – Il Vescovo dei briganti, Parma, Istituto Saveriano Mis-<br />

sioni Estere, 1955.<br />

PARMA NELL’ESTREMO ORIENTE. Numero unico e<strong>di</strong>to in occasione della consacrazione <strong>di</strong> S.<br />

183


E. Mons. Luigi Calza Primo Vicario Apostolico del Honan occidentale, Parma, Istituto<br />

per le Missioni Estere, 21 aprile 1912.<br />

SPREAFICO Sandro, La Chiesa <strong>di</strong> Reggio Emilia tra antichi e nuovi regimi, II. Il contro-Stato so-<br />

cial cattolico, Bologna, Cappelli, 1982.<br />

184


NOTA PER LA LETTURA DEI NOMI CINESI<br />

nella trascrizione moderna (pinyin)<br />

In prima linea i nomi secondo la trascrizione attuale “pinyin”, e tra parentesi la pronuncia<br />

approssimativa L’H è aspirata.<br />

In seconda linea la trascrizione delle Poste fino al 1950, o altra usata dai missionari.<br />

Zhengzhou (Cengciou) Chengchow<br />

Hankou (Hancou) Hankow<br />

Xiangxian (Sciangscien) Hsianghsien o Shiang hsien<br />

Xuzhou (Xuchang) (Sciuciang) Hsuchow o Shuchow (Hsuchang)<br />

Ruzhou (Zuciou) Juchow o Zuchow<br />

Luoyang Luoyang) Loyang (Honan-fu)<br />

Lushan (Luscian) Lushan<br />

Niuzhouang (Niuciuang) Niu-chuang<br />

Paichan (Peciuan) Pe-chuan (Peciuan)<br />

Yuzhou (Iuciou) Yu-chow<br />

Nomi nuovi delle Provincie (Tra parentesi il nome nella trascrizione del passato)<br />

Hebei (Hopeh, Chili); Henan (Honan); Hubei (Hupeh); Fujan (Fukien); Guangdong<br />

(Kwantung); Jiangsu (Kiangsu); Shangxi (Shangsi); Shaangxi (Shensi); Shangdong<br />

185


INDICE<br />

Prefazione ................................................................................................. p. 5<br />

Parte prima – REGGIO EMILIA<br />

Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre<br />

“(Ger 20,7)”<br />

1. Campane a morto ................................................................................... ” 9<br />

2. Reggio Emilia a fine Ottocento ............................................................. ” 15<br />

3. Un viaggio che cambia la vita ................................................................ ” 19<br />

4. Apostolo della montagna ....................................................................... ” 23<br />

5. A Poviglio .............................................................................................. ” 31<br />

6. Direttore spirituale ................................................................................. ” 39<br />

Parte seconda – IN CINA<br />

Gli mostrerò quanto dovrà soffrire per me<br />

7. Nel Nido degli Aquilotti ........................................................................ ” 47<br />

8. Cina, mia nuova <strong>di</strong>letta patria ................................................................ ” 55<br />

9. L’impero cinese e il cristianesimo ......................................................... ” 61<br />

10. Baichuan Il primo amore ..................................................................... ” 65<br />

11. Pioniere a Zhengzhou .......................................................................... ” 71<br />

12. Un <strong>uomo</strong> uscì a seminare ..................................................................... ” 77<br />

13. Mons. Luigi Calza, Vicario apostolico ................................................ ” 83<br />

14. Fine della <strong>di</strong>nastia Qing ....................................................................... ” 89<br />

15. Carestia e briganti ................................................................................ ” 93<br />

16. Xiangxian, centro del Vicariato ........................................................... ” 101<br />

17. Il ritorno in Italia .................................................................................. ” 109<br />

18. Sguardo retrospettivo ........................................................................... ” 115<br />

Parte terza – A VICENZA<br />

La gioia <strong>di</strong> fare il bene<br />

19. L’ora della prova .................................................................................. ” 121<br />

20. Una fondazione a Vicenza ................................................................... ” 127<br />

21 San Giuseppe pensateci Voi ................................................................ p. 131<br />

187


22. Croci e gioie ......................................................................................... ” 135<br />

23. Nuovo anno e nuovi problemi ............................................................. ” 141<br />

24. Se potessi tornare in Cina, morirei <strong>di</strong> gioia ............................................. 147<br />

25. In<strong>com</strong>inciano gli acciacchi .................................................................. ” 155<br />

26. Salita al Calvario .................................................................................. ” 161<br />

27. Gli ultimi anni ...................................................................................... ” 167<br />

28. Padre <strong>Uccelli</strong>, <strong>uomo</strong> <strong>di</strong> Dio .................................................................. ” 173<br />

Bibliografia .......................................................................................... ” 183<br />

Nota per la lettura dei nomi cinesi........................................................... 185<br />

188

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