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I poeti lirici nella cultura romana - Palumbo Editore

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PARTE II L’età della lirica e della ‘sapienza’<br />

CAPITOLO 5 Introduzione alla lirica arcaica<br />

ONLINE 34<br />

T2<br />

I <strong>poeti</strong> <strong>lirici</strong> <strong>nella</strong> <strong>cultura</strong> <strong>romana</strong><br />

L’<br />

GUIDA ALLA LETTURA<br />

omissione del nome di Saffo, che appare la più vistosa, potrebbe spiegarsi, oltre<br />

che con le finalità prettamente retoriche dell’opera quintilianea, anche con scrupoli<br />

di carattere morale, dato il carattere ‘anomalo’ dell’eros saffico: lo stesso Alceo viene<br />

citato soprattutto per i versi di argomento politico, cui quelli di contenuto leggero<br />

ed erotico vengono contrapposti con un chiaro giudizio negativo (sed et lusit et in<br />

amores descendit).<br />

Orazio, Ars <strong>poeti</strong>ca, vv. 73-85<br />

Res gestae regumque ducumque et tristia bella<br />

quo scribi possent numero, monstravit Homerus.<br />

75 Versibus inpariter iunctis querimonia primum,<br />

post etiam inclusa est voti sententia compos;<br />

quis tamen exiguos elegos emiserit auctor,<br />

grammatici certant et adhuc sub iudice lis est.<br />

Archilochum proprio rabies armavit iambo;<br />

80 hunc socci cepere pedem grandesque cothurni,<br />

alternis aptum sermonibus et popularis<br />

vincentem strepitus et natum rebus agendis.<br />

Musa dedit fidibus divos puerosque deorum<br />

et pugilem victorem et equum certamine primum<br />

85 et iuvenum curas et libera vina referre.<br />

Omero ci ha mostrato in quale metro<br />

si potessero scrivere le gesta<br />

compiute dai sovrani e dagli eroi<br />

e le guerre funeste. Uniti insieme,<br />

due versi di misura differente1 75 espressero dapprima la tristezza<br />

del lutto, poi la gioia del vedere<br />

compiuto il proprio voto. Fra i grammatici<br />

si discute su chi sia l’inventore<br />

del pentametro breve, e la questione<br />

è tuttora sub iudice. Lo sdegno<br />

fece del giambo un’arma per Archiloco:<br />

80 fu questo il metro usato dai <strong>poeti</strong><br />

comici e dagli austeri tragediografi<br />

come il più adatto a rendere il dialogo<br />

e a coprire il vocìo della platea<br />

e a seguire lo svolgersi dei fatti<br />

in modo naturale. Ai metri <strong>lirici</strong><br />

la Musa concedette di cantare<br />

gli dèi e i loro figli e la vittoria<br />

del pugile e il cavallo che per primo<br />

taglia il traguardo e i giovanili amori<br />

85 e la libera gioia del simposio.<br />

M. Casertano G. Nuzzo | Storia e testi della letteratura greca | © 2011 G. B. <strong>Palumbo</strong> <strong>Editore</strong><br />

PAGINA1<br />

(trad. di G. Nuzzo) 1. Si allude al distico elegiaco.


PARTE II L’età della lirica e della ‘sapienza’<br />

CAPITOLO 5 Introduzione alla lirica arcaica<br />

ONLINE 34 T2<br />

I <strong>poeti</strong> <strong>lirici</strong> <strong>nella</strong> <strong>cultura</strong> <strong>romana</strong><br />

Quintiliano, Institutio oratoria, 10, 59-64<br />

[59] Sed dum adsequimur illam firmam, ut dixi, facilitatem, optimis adsuescendum<br />

est et multa magis quam multorum lectione formanda mens et ducendus color.<br />

Itaque ex tribus receptis Aristarchi iudicio scriptoribus iamborum ad e{xin maxime<br />

pertinebit unus A r c h i l o chus. [60] Summa in hoc vis elocutionis, cum validae<br />

tum breves vibrantesque sententiae, plurimum sanguinis atque nervorum, adeo<br />

ut videatur quibusdam quod quoquam minor est materiae esse, non ingeni vitium. [61]<br />

Novem vero lyricorum longe Pindarus princeps spiritu, magnificentia, sententiis,<br />

figuris, beatissima rerum verborumque copia et velut quodam eloquentiae flumine:<br />

propter quae Horatius eum merito nemini credit imitabilem. [62] S t e s i c h o -<br />

r u m quam sit ingenio validus materiae quoque ostendunt, maxima bella et clarissimos<br />

canentem duces et epici carminis onera lyra sustinentem. Reddit enim personis<br />

in agendo simul loquendoque debitam dignitatem, ac si tenuisset modum videtur<br />

aemulari proximus Homerum potuisse, sed redundat atque effunditur, quod ut est reprehendendum,<br />

ita copiae vitium est. [63] A l caeus in parte operis aureo plectro<br />

merito donatur, qua tyrannos insectatus multum etiam moribus confert, in eloquendo<br />

quoque brevis et magnificus et diligens et plerumque oratori similis, sed et lusit et<br />

in amores descendit, maioribus tamen aptior. [64] S i m o n i d e s , tenuis alioqui, sermone<br />

proprio et iucunditate quadam commendari potest, praecipua tamen eius in commovenda<br />

miseratione virtus, ut quidam in hac eum parte omnibus eiusdem operis auctoribus<br />

praeferant.<br />

[59] Ma, nel momento stesso in cui ci proponiamo di raggiungere, come ho detto,<br />

quella sicura facilità di parola, bisogna che ci abituiamo ai migliori scrittori, e il gusto<br />

va formato, e il colorito tratto, da una lettura più approfondita che estesa. Ordunque,<br />

dei tre <strong>poeti</strong> g i a m bici, giudicati da Aristarco degni, il solo A r c h iloco<br />

ci riguarderà soprattutto come mezzo per raggiungere quella capacità di adattamento,<br />

che dai Greci è detta héxis. [60] Notevole è il vigore del suo eloquio, i suoi pensieri<br />

sono non soltanto vigorosi, ma anche concisi e penetranti, la sua poesia così<br />

succosa e piena di nervi, che il suo essere inferiore a qualcuno sembra a certi studiosi<br />

dovuto alla materia, non al suo talento. [61] Dei nove <strong>lirici</strong>, di gran lunga<br />

il primo è P i n daro per la magnificenza della sua ispirazione, per i pensieri,<br />

per le figure, per quella sua sovrumana ricchezza di argomenti e di parole e per la<br />

pienezza dell’espressione, che fa pensare ad un fiume ampio e solenne: virtù, per<br />

le quali Orazio ben a ragione lo reputa assolutamente inimitabile. [62] Quanto sia<br />

gagliardo d’ingegno S t e s icoro, mostrano anche i soggetti della sua poesia, poiché<br />

egli canta guerre grandissime e condottieri illustri, sostenendo con la lira il peso<br />

dell’epico canto. Egli, infatti, dà ai personaggi il dovuto decoro sia nell’agire che<br />

nel parlare, e se non avesse sorpassato il giusto limite, par che avrebbe potuto emulare<br />

da vicino Omero; invece, è ridondante e straripa: il che, se va biasimato, costituisce<br />

però un difetto dovuto all’eccesso di pienezza. [63] Ad A lceo giustamente<br />

è attribuito il «plettro d’oro» <strong>nella</strong> parte della sua opera, in cui, perseguitando i<br />

tiranni, assurge anche all’insegnamento etico: egli è conciso, nobile e attento e per<br />

lo più simile a un oratore anche nello stile; ma indulse anche alla poesia ludica e<br />

amorosa, mentre più adatto si rivela per più alti argomenti. [64] S i m o n i d e , poeta<br />

d’altro canto garbato e leggero, può essere raccomandato per la proprietà del linguaggio<br />

e per una certa piacevolezza; tuttavia il suo pregio più importante consiste<br />

<strong>nella</strong> capacità di muovere la compassione, talché certuni, sotto questo riguardo,<br />

lo preferiscono a tutti gli autori di materia epicedica.<br />

(trad. di R. Faranda e P. Pecchiura) 1<br />

M. Casertano G. Nuzzo | Storia e testi della letteratura greca | © 2011 G. B. <strong>Palumbo</strong> <strong>Editore</strong><br />

PAGINA2<br />

1. In Quintiliano. L’Istituzione<br />

oratoria, Torino 1979.

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