Telemaco riconosce Odisseo - Palumbo Editore
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PARTE I L’età delle origini (XI-VIII secolo a.C.)<br />
CAPITOLO 2 I poemi omerici<br />
ONLINE 15<br />
T20 <strong>Telemaco</strong> <strong>riconosce</strong> <strong>Odisseo</strong><br />
Omero, Odissea 16, 172-219<br />
TGUIDA ALLA LETTURA<br />
ornato a Itaca dal lungo viaggio compiuto per cercare notizie sul padre, <strong>Telemaco</strong><br />
non si reca subito in città, ma preferisce prima ispezionare le sue campagne e<br />
i suoi pascoli. Così giunge alla capanna di Eumeo, dove fa conoscenza con lo straniero<br />
ospitato dal porcaio, ignaro che si tratta proprio di <strong>Odisseo</strong>. A questo punto Atena<br />
appare all’eroe e gli dice che è giunto il momento di farsi <strong>riconosce</strong>re dal figlio.<br />
Quello di <strong>Odisseo</strong> da parte del figlio <strong>Telemaco</strong> non può dirsi un ‘riconoscimento’<br />
in senso stretto, come lo saranno quelli da parte di Euriclea e della stessa Penelope.<br />
Di solito esso è infatti determinato dall’individuazione di un segno o di una prova<br />
(shmei'on, tekmhvrion) che consentono di risalire alla vera identità della persona:<br />
tale sarà per Euriclea la cicatrice di <strong>Odisseo</strong> e per Penelope il letto nuziale scavato dall’eroe<br />
nel tronco di un antico albero. Tale procedimento – che diverrà canonico in ambito<br />
teatrale – è del tutto assente nell’episodio di cui ci stiamo occupando: <strong>Telemaco</strong><br />
non può “<strong>riconosce</strong>re” il padre, partito da Itaca quando egli era ancora in fasce, né gli<br />
viene mostrato alcun segno che serva in qualche modo a identificarlo; è lo stesso <strong>Odisseo</strong><br />
che si rivela a lui come tale e che deve anzi vincere l’iniziale incredulità del giovane,<br />
più propenso a crederlo un daivmwn, (v. 194), il quale vuole ingannarlo coi suoi<br />
incantesimi. La spiegazione data da <strong>Odisseo</strong> (il miracoloso intervento di Pallade)<br />
vince – forse un po’ troppo facilmente – la diffidenza di <strong>Telemaco</strong> e diviene occasione<br />
per una fatalistica gnwvmh sull’onnipotenza degli dèi e sulla conseguente imprevedibilità<br />
delle sorti umane (v. 211 s.), quasi una morale che può trarsi dalla vicenda<br />
stessa di <strong>Odisseo</strong>, esempio vivente di questa alterna successione di bene e di male. La<br />
scena che segue al ‘riconoscimento’ ha suscitato perplessità nella critica, soprattutto<br />
in quella di matrice analitica, che ha visto in essa una prova della recenziorità di tutto<br />
l’episodio. Tale sospetto nasce non tanto dalla ‘sconvenienza’ del pianto dirotto dei<br />
due protagonisti, tutt’altro che infrequente nell’epos, quanto dalla poca omogeneità<br />
fra la situazione descritta e la similitudine adoperata dal poeta (vv. 216-219): le lacrime<br />
di <strong>Odisseo</strong> e di <strong>Telemaco</strong> nascono dalla commozione e dalla gioia, mentre quelle<br />
dei rapaci cui sono paragonati derivano dal dolore per la perdita dei figli, sì da rendere<br />
l’immagine più adatta a una lamentazione funebre che a una scena come quella<br />
descritta. I minuti rilievi della critica analitica non possono però, come si è osservato<br />
anche in altre circostanze, mettere in discussione la qualità artistica dell’episodio:<br />
la forza poetica di questo pianto dirotto, che segna il ricongiungimento del padre al<br />
figlio, fa della scena una delle più realistiche e struggenti di tutto il poema.<br />
«H, kai; cruseivh/ rJavbdw/ ejpemavssatΔ ΔAqhvnh.<br />
Fa'ro" mevn oiJ prw'ton eju>plune;" hjde; citw'na<br />
qh'kΔ ajmfi; sthvqesfi, devma" dΔ w[felle kai; h{bhn.<br />
175 ‘Ay de; melagcroih;" gevneto, gnaqmoi; dΔ ejtavnusqen,<br />
kuavneai dΔ ejgevnonto ejqeiravde" ajmfi; gevneion.<br />
ÔH me;n a[rΔ w}" e{rxasa pavlin kiven: aujta;r ΔOdusseu;"<br />
h[i>en ej" klisivhn. Qavmbhse dev min fivlo" uiJov",<br />
Atena disse, 1 e lo toccò con la verga d’oro.<br />
Un lindo mantello e una tunica gli pose<br />
prima sul corpo, ne elevò la statura e il vigore:<br />
175 il suo colorito di nuovo fu bruno, le guance si stesero,<br />
la barba diventò nero-azzurra sul mento.<br />
Dopo aver operato così andò via, e <strong>Odisseo</strong><br />
entrò nella stalla. Lo guardò con stupore suo figlio,<br />
M. Casertano G. Nuzzo | Storia e testi della letteratura greca | © 2011 G. B. <strong>Palumbo</strong> <strong>Editore</strong><br />
PAGINA1<br />
1. La dea ha appena ordinato<br />
all’eroe di rivelarsi al figlio e di<br />
preparare con lui la vendetta sui<br />
pretendenti.
PARTE I L’età delle origini (XI-VIII secolo a.C.)<br />
CAPITOLO 2 I poemi omerici<br />
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<strong>Telemaco</strong> <strong>riconosce</strong> <strong>Odisseo</strong><br />
tarbhvsa" dΔ eJtevrwse bavlΔ o[mmata, mh; qeo;" ei[h,<br />
180 kaiv min fwnhvsa" e[pea pteroventa proshuvda:<br />
«ΔAlloi'ov" moi, xei'ne, favnh" nevon hje; pavroiqen,<br />
a[lla de; ei{matΔ e[cei" kaiv toi crw;" oujkevqΔ oJmoi'o".<br />
«H mavla ti" qeov" ejssi, toi; oujrano;n eujru;n e[cousin:<br />
ajllΔ i{lhqΔ, i{na toi kecarismevna dwvomen iJra;<br />
185 hjde; cruvsea dw'ra, tetugmevna: feivdeo dΔ hJmevwn».<br />
To;n dΔ hjmeivbetΔ e[peita poluvtla" di'o" ΔOdusseuv":<br />
«ou[ tiv" toi qeov" eijmi: tiv mΔ ajqanavtoisin eji?skei"…<br />
ΔAlla; path;r teov" eijmi, tou' ei{neka su; stenacivzwn<br />
pavscei" a[lgea pollav, biva" uJpodevgmeno" ajndrw'n».<br />
190 ’W" a[ra fwnhvsa" uiJo;n kuvse, ka;d de; pareiw'n<br />
davkruon h|ke cama'ze: pavro" dΔ e[ce nwleme;" aijeiv.<br />
Thlevmaco" dΔ,
PARTE I L’età delle origini (XI-VIII secolo a.C.)<br />
CAPITOLO 2 I poemi omerici<br />
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<strong>Telemaco</strong> <strong>riconosce</strong> <strong>Odisseo</strong><br />
205 ajllΔ o{dΔ ejgw; toiovsde, paqw;n kakav, polla; dΔ ajlhqeiv",<br />
h[luqon eijkostw'/<br />
e[tei> ej" patrivda gai'an.<br />
Aujtavr toi tovde e[rgon ΔAqhnaivh" ajgeleivh",<br />
h{ tev me toi'on e[qhken o{pw" ejqevlei, duvnatai gavr,<br />
a[llote me;n ptwcw'/<br />
ejnalivgkion, a[llote dΔ au\te<br />
210 ajndri; nevw/ kai; kala; peri; croi÷ ei{matΔ e[conti.<br />
ÔRhi?dion de; qeoi'si, toi; oujrano;n eujru;n e[cousin,<br />
hjme;n kudh'nai qnhto;n broto;n hjde; kakw'sai».<br />
’W" a[ra fwnhvsa" katΔ a[rΔ e{zeto, Thlevmaco" de;<br />
ajmficuqei;" patevrΔ ejsqlo;n ojduvreto davkrua leivbwn.<br />
215 ΔAmfotevroisi de; toi'sin uJfΔ i{mero" w\rto govoio:<br />
klai'on de; ligevw", aJdinwvteron h[ tΔ oijwnoiv,<br />
fh'nai h] aijgupioi; gamywvnuce", oi|siv te tevkna<br />
ajgrovtai ejxeivlonto pavro" petehna; genevsqai:<br />
w}" a[ra toiv gΔ ejleeino;n uJpΔ ojfruvsi davkruon ei\bon.<br />
205 ma sono io quello, che soffrendo sventure e molto vagando<br />
sono giunto al ventesimo anno nella terra dei padri.<br />
Ed è opera di Atena predatrice 2 codesta:<br />
ella mi ha fatto così come vuole – lo può –,<br />
una volta somigliante a un pitocco e un’altra<br />
210 ad un uomo ancor giovane e che ha belle vesti sul corpo.<br />
È facile, per gli dei che hanno il vasto cielo,<br />
sia esaltare un uomo mortale sia umiliarlo».<br />
Dopo aver detto così sedette, e <strong>Telemaco</strong><br />
abbracciando il padre valoroso singhiozzava piangendo.<br />
215 Un desiderio di pianto era sorto in entrambi.<br />
Singhiozzavano acutamente, più fittamente di uccelli,<br />
di vulturi o di artigliati avvoltoi, 3 ai quali i villani<br />
tolsero i piccoli prima che fossero alati.<br />
Così essi, sotto le ciglia, spargevano pianto straziante.<br />
(trad. di G. A. Privitera, op. cit.)<br />
M. Casertano G. Nuzzo | Storia e testi della letteratura greca | © 2011 G. B. <strong>Palumbo</strong> <strong>Editore</strong><br />
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2. Nella traduzione l’epiteto ajgeleivh<br />
è fatto derivare da ajgevlh<br />
«gregge, mandria», in quanto<br />
oggetto di preda; altri intendono<br />
«guida dell’esercito».<br />
3. I due termini, «vulturi» e<br />
«avvoltoi», in italiano sono praticamente<br />
sinonimi; forse in greco<br />
fhvnh indica una particolare<br />
specie di avvoltoio.