Franz Kafka (1883 - 1924) - S.I.O.e.Ch.CF.
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quale l’adorata sorella Ottla (l’unica persona che riusciva a comunicare<br />
davvero con lui e a sbirciare un poco nella sua anima) prese le<br />
parti dei genitori contro di lui. Questo fatto, brusco e inaspettato, lo<br />
spinse a meditare una scelta altrettanto brusca e netta. Peraltro, nella<br />
sua vita, le delusioni patite furono sempre calcolate e aspettate, determinate<br />
dalla sua continua indecisione; facevano parte della sofferenza<br />
prolungata e quotidiana dello scrittore, non furono straordinarie<br />
e improvvise come nel caso del litigio con la sorella. 1<br />
In questo quadro di sofferenza giornaliera entra un’altra forma di<br />
suicidio, più velata, ma altrettanto terribile: la lunga malattia che<br />
appare come una forma di lento e accettato suicidio. <strong>Kafka</strong>, afflitto<br />
com’è dai sensi di colpa, non può dare un taglio netto alla sua vita,<br />
deve espiare prima di morire. Ecco quindi le cure che non vengono<br />
seguite, il rifiuto del cibo o comunque un’alimentazione scarsa e<br />
disordinata. Rientra in questo quadro la difficoltà a rapportarsi con<br />
il corpo, spesso sentito come elemento estraneo da sé, che lo ostacola<br />
con i suoi problemi e la sua stanchezza, sottraendolo all’amata<br />
attività letteraria. Sappiamo inoltre dai suoi epistolari quale fosse la<br />
sua paura verso il corpo altrui e verso il rapporto carnale con le<br />
donne. 2 I temi morte-sofferenza-espiazione sono mirabilmente trattati<br />
in uno dei suoi racconti più agghiaccianti, La colonia penale. I<br />
condannati a morte subiscono una lunga tortura, sulla loro pelle vengono<br />
incisi con un’erpice segni che inizialmente sono indecifrabili,<br />
ma che a lungo andare si svelano ai loro occhi insieme alla sofferenza<br />
della carne. Ormai agonizzanti, riescono a decifrarli: è la spiegazione<br />
della loro colpa, che li fa morire tra le sofferenze, ma “anche<br />
al più ottuso si dischiude l’intelligenza. Comincia a diffondersi dagli<br />
occhi. È una vista che spingerebbe qualcuno a mettersi accanto al<br />
condannato sotto l’erpice”. Forse è questo che spera di ottenere<br />
<strong>Kafka</strong>, con il suo lento e sofferente suicidio: che gli si schiuda la<br />
verità, che arrivi a comprendere il significato della sua vita e della<br />
sua sofferenza. Ma ciò non avverrà certo nella dolorosa agonia, così<br />
come il comandante del racconto appena citato, perirà sotto l’erpice<br />
e nei suoi occhi “non si poteva cogliere alcun segno della promessa<br />
trasfigurazione”.<br />
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