A Impag. 0307 - Tutto Tabacco - Il giornale dell'Agemos
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INTERVISTA<br />
Italia Germania 4 – 3 i più straordinari<br />
supplementari della storia del calcio<br />
INCONTRO CON<br />
RICKY ALBERTOSI<br />
PORTIERE<br />
DI MESSICO ‘70<br />
di <strong>Il</strong>aria Guidotti<br />
Albertosi, come è diventato portiere?<br />
Posso dire di essere ‘figlio d’arte’, di essere cresciuto con il pallone.<br />
Mio padre Francesco militava nel Pontremoli ed io, oltre che<br />
seguirlo come suo primo tifoso, vivevo con lui gli spogliatoi, respiravo<br />
l’agonismo e la carica dello sport e, appena possibile, giocavo<br />
con lui che mi ‘piazzava’ in porta. E’ così che mi sono appassionato<br />
e che ho preso seriamente questo sport, fino al mio esordio,<br />
con la maglia numero 1 proprio nel Pontremoli. Da lì, sono<br />
passato in C nello Spezia e nel 1958 sono arrivati i miei primi 10<br />
anni in serie A con la Fiorentina. Al campionato ’68 – ’69 avrei<br />
compiuto 30 anni, troppi, per i viola, che mi cedettero al Cagliari.<br />
Iniziava, invece, il mio periodo migliore, sia professionale che<br />
personale. Ho vissuto la grande stagione del Cagliari di Gigi Riva<br />
e dello scudetto del campionato ’69 – ’70. Da lì, al Milan nel ’74.<br />
Tre grandi squadre, che ancora oggi ho nel cuore, e che tifo un<br />
po’ tutte…<br />
Tra il 1961 e il 1972 Lei ha “segnato” 34 presenze in Nazionale.<br />
Tra queste, l’indimenticabile semifinale di Città del Messico con<br />
la Germania Ovest. Quali emozioni ricorda, o Le suscita ancora<br />
oggi quell’incontro?<br />
Un’emozione enorme. Ogni volta che mi rivedo è come se rivivessi<br />
quei drammatici e stupendi 120 minuti di 35 anni fa. Rivedo<br />
gli amici, gli antagonisti,riassaporo le tensioni e rivivo ogni azione,<br />
ma non soltanto di quella partita, ma anche della finale con il<br />
24<br />
TUTTO TABACCO<br />
Fiorentina, Cagliari, Milan: e l’“Azteca” di Città del Messico<br />
Due scudetti, tre Coppe Italia, una Coppa delle Coppe (la prima edizione) e una semifinale da brivido, quell’Italia Germania 4 – 3<br />
che nel 1970, allo stadio Azteca di Città del Messico, mandò in delirio l’intero Paese. Dopo una carriera di portiere lunghissima<br />
(ha militato nella massima serie fino a 41 anni) e costellata di successi, Enrico (Ricky) Albertosi è oggi un “signore” del calcio, un<br />
calcio che ha amato con enorme passione e di cui ci parla volentieri.<br />
Brasile. Sappiamo come è andata a finire, ma l’unicità di ciò che<br />
abbiamo avuto la fortuna di vivere va al di là del risultato sportivo.<br />
La Nazionale del ’70, allenata da Ferruccio Valcareggi, poteva<br />
contare su grandi campioni, come Rivera, Mazzola, Riva,<br />
Domenghini, Burgnich, solo per citarne alcuni. Ha ancora<br />
rapporti con i suoi compagni?<br />
Non è sempre facile mantenere le amicizie, ma si, con alcuni si.<br />
Incontro spesso Burgnich, con il quale siamo, si può dire vicini,<br />
vivendo lui ad Altopascio ed io a Forte dei Marmi. Ma i rapporti<br />
più profondi sono rimasti con i compagni di squadra del Cagliari,<br />
Domenghini con cui ho passato quest’ultima estate in Sardegna,<br />
Tomasini, Poli, Nenè. E una grande amicizia e tanti ricordi mi<br />
legano a Gigi Riva, all’epoca mio compagno di stanza. Sa una<br />
cosa? Sapevamo di contravvenire ad un preciso divieto, ma io e<br />
Gigi a quei tempi fumavamo, e lo facevamo di nascosto.<br />
L’allenatore Scopigno, pur sapendolo, non entrava mai nella<br />
nostra stanza evitandoci così multe salatissime. Ricordo che fece<br />
molto clamore, all’epoca, una foto di Gigi con la sigaretta…<br />
Uno sportivo fumatore, quindi…<br />
Si, pur in effetti non combinandosi troppo le due cose, io sono
stato un fumatore. Vede, credo che la trasgressione faccia un po’<br />
parte del mio carattere, e l’idea di dovere subire un’imposizione<br />
era come se mi spingesse alla sfida. Prova ne è che quando poi<br />
mi sono ritirato dal calcio ho deciso di smettere di fumare. Ma<br />
sono tollerante nei confronti di chi fuma e non mi dispiace l’aroma<br />
delle “bionde”.<br />
Torniamo al mondo del calcio e parliamo di arbitri. Da<br />
Concetto Lo Bello all’attuale classe arbitrale: qual è il suo<br />
giudizio, ed è favorevole all’impiego degli aiuti tecnologici in<br />
campo?<br />
Lo Bello è stato un grande arbitro, giusto e imparziale. L’attuale<br />
classe arbitrale è senza dubbio composta di professionisti,<br />
profondi conoscitori del gioco, ma di fronte ad un calcio che si è<br />
molto velocizzato, gli arbitri di oggi sono più in difficoltà rispetto a<br />
quelli di allora e gli aiuti tecnologici in campo potrebbero evitare<br />
tanti errori.<br />
“Non solo calcio” potrebbe essere uno slogan applicabile ai<br />
calciatori di oggi, sportivi si, ma anche “personaggi”. Cosa<br />
è cambiato nel mondo del calcio e nei suoi protagonisti?<br />
Molto. La prima molla che ti avvicinava al pallone era la passione,<br />
quella vera, e solo dopo diventava una professione. Oggi,<br />
media, tv, sponsor, rendono i calciatori dei personaggi più dello<br />
spettacolo che dello sport, fotografie o filmati su cui costruire<br />
immagine o gossip. Ai nostri tempi, tutto ciò era inconcepibile: il<br />
nostro punto d’arrivo, ciò a cui ambivamo, era rappresentato<br />
dalla maglia azzurra della Nazionale, quella Nazionale che alcuni<br />
calciatori, oggi, vivono come una ulteriore fatica, fatta di allenamenti,<br />
ritiri, rispetto di regole. Io ho giocato da 18 a 41 anni, con<br />
grande sacrificio ma anche con grande passione.<br />
Torniamo al gioco e parliamo di due campioni di razza, Pelè,<br />
che anche Lei ha incontrato, e Maradona: chi è stato più<br />
grande?<br />
Sono stati due grandissimi campioni: Maradona, un vero funambolo<br />
con i piedi, ma giocava negli ultimi trenta metri del campo,<br />
Pelè, invece, poteva giocare in qualsiasi parte del campo, non<br />
aveva avversari, era fortissimo. Pensi che ha fatto più di mille<br />
gol…<br />
Ultimamente il calcio italiano è tornato alla cronaca per fatti<br />
vergognosi di violenza inaudita. Cosa si può fare per debellare<br />
questo deprecabile fenomeno e per ridare al calcio la<br />
sua dignità sportiva?<br />
<strong>Il</strong> mio ricordo è quello di una tifoseria sana. Oggi, purtroppo, tra i<br />
tifosi si nascondono gruppi di teppisti a volte sostenuti dalle stesse<br />
Società. E’ in questo senso che è sicuramente necessario<br />
intervenire, così come è fondamentale rafforzare il sistema legislativo,<br />
magari conformandosi ai severi provvedimenti assunti<br />
dalla Gran Bretagna in materia di tifoseria, che sono stati in grado<br />
di arginare e risolvere molti problemi.<br />
Ma Albertosi si dedica ancora al calcio?<br />
Fino a tre anni fa sono stato nel mondo del calcio a tempo pieno:<br />
ho allenato la giovanile portieri della Fiorentina e ho lavorato<br />
anche per la scuola calcio di Margine Coperta, in provincia di<br />
Pistoia. Ho fatto anche esperienze televisive come commentatore,<br />
con Maurizio Mosca su Italia1 e a Canale 10. Mi sono fermato<br />
solo nel 2004, dopo gravi problemi di salute: ho deciso di stare<br />
più tranquillo e adesso le partite le guardo solo in tv, dopo aver<br />
dedicato, lo posso proprio dire, una intera vita al calcio.<br />
La formazione della Nazionale Italiana a Città del Messico nel 1970<br />
marzo 2007<br />
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