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Tradurre la ripetizione - OpenstarTs

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<strong>Tradurre</strong> <strong>la</strong> <strong>ripetizione</strong><br />

corrispondenze (proprio nel senso baude<strong>la</strong>iriano del termine) che il testo<br />

instaura tra diverse immagini» 7 . Ciononostante il traduttore è costretto, per<br />

necessità, a ridurre determinate iterazioni:<br />

Ho già fatto notare come un’apparente trascuratezza stilistica, quale <strong>la</strong><br />

triplice <strong>ripetizione</strong> del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> jardin in poche righe, celi uno degli<br />

ennesimi ritorni nervaliani al<strong>la</strong> strategia simbolica del cerchio, e dunque<br />

occorrerebbe ripetere con lui tre volte <strong>la</strong> stessa paro<strong>la</strong>. Tuttavia tutti i<br />

traduttori sono stati portati, me compreso, a rendere <strong>la</strong> seconda<br />

occorrenza (un jardin d’enfant que j’avais tracé jadis) come «giardinetto<br />

in miniatura», chiarendo dopo che il protagonista lo aveva tracciato da<br />

bambino. Soluzione quasi d’obbligo perché l’espressione nervaliana<br />

potrebbe disturbare persino il lettore francese odierno, dato che jardin<br />

d’enfant, al plurale, significa «giardino d’infanzia» 8 .<br />

La riflessione di Eco sottolinea, come poche, <strong>la</strong> tensione che nasce dallo<br />

scontro tra <strong>la</strong> consapevolezza delle esigenze del testo originale, che mostra una<br />

cospicua densità di ritorni lessicali, e il limite imposto dall’atto traduttivo («Mi<br />

conso<strong>la</strong>vo pensando che, se perdevo <strong>la</strong> paro<strong>la</strong>, non perdevo l’immagine [...], e<br />

rimaneva il ricorrere del motivo 9 ).<br />

Date queste brevi premesse, si sceglie di indagare sul<strong>la</strong> resa del<strong>la</strong> <strong>ripetizione</strong><br />

attraverso l’analisi contrastiva di un prototesto, Zadig di Voltaire, e di due suoi<br />

metatesti, nel<strong>la</strong> fattispecie <strong>la</strong> traduzione di Riccardo Bacchelli (1938) e di Tino<br />

Richelmy (1974). 10 L’elezione del conte voltairiano a oggetto del nostro<br />

percorso descrittivo è motivata dal<strong>la</strong> rilevante presenza del procedimento<br />

dell’iterazione che esso presenta, ca<strong>la</strong>to in una scrittura incisiva e netta, che tra<br />

7<br />

Umberto Eco, Rilettura di Sylvie, in Gérard de Nerval, Sylvie, trad. di Umberto Eco,<br />

Torino, Einaudi, 1999, p. 147.<br />

8<br />

Ibidem, pp. 147-148.<br />

9<br />

Ibidem, p. 148.<br />

10<br />

Nel nostro studio si fa riferimento a Zadig, ou <strong>la</strong> Destinée, in Voltaire, Romans et<br />

contes, Paris, Gallimard, “Bibliothèque de <strong>la</strong> Pléiade”, 1979; (per il confronto con <strong>la</strong><br />

traduzione di Bacchelli si è tenuto conto dell’edizione Pléiade, 1932, curata da René<br />

Groos, risultata identica, per le parti da noi citate, a quel<strong>la</strong> del 1979). Per quanto<br />

riguarda le traduzioni si fa riferimento a: Zadig, o il destino, in Romanzi e racconti,<br />

trad. di Riccardo Bacchelli, Mi<strong>la</strong>no, Mondadori, “La Biblioteca romantica”, 1938;<br />

Zadig o il Destino, trad. di Tino Richelmy, Torino, Einaudi, “Centopagine”, 1974. Si<br />

è tenuto conto, inoltre, dell’ultima edizione del<strong>la</strong> traduzione di Richelmy (Einaudi,<br />

1997), revisione editoriale del<strong>la</strong> prima, che comporta varianti anche nel nostro<br />

ambito d’indagine.<br />

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