LEONFORTE SCONOSCIUTA E DIMENTICATA Il ... - VideoLeonforte
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<strong>Il</strong> masso fossilizzato della pirrera nello scenario della cava abbandonata<br />
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<strong>LEONFORTE</strong> <strong>SCONOSCIUTA</strong> E <strong>DIMENTICATA</strong>
Ai piedi del costone roccioso dell’ex “pirrera a petra”, in uno scenario di rocce<br />
scagliate verso il cielo, tra il pietrame raspato via dalle pendici del monte Cernigliere,<br />
domina un macigno di forma quadrangolare, geologicamente formato da calcareniti<br />
bioclastiche che presenta incastonate come grosse pietre preziose, una miriade di<br />
conchiglie fossili.<br />
Infatti sulle facce del masso spiccano i calchi di due molluschi lamellibranchi che<br />
i naturalisti chiamano Mya truncata e Cyprina islandica: un vero e proprio monumento<br />
naturale frutto di un restauro<br />
spontaneo che la natura<br />
prodigiosamente si è creato.<br />
<strong>Il</strong> masso squadrato si è<br />
staccato da una delle balze<br />
rocciose del monte sui cui<br />
fianchi si adagia Leonforte.<br />
Esso non è caduto per caso,<br />
ma è stato mosso a valle da<br />
una carica esplosiva, metodo,<br />
questo, molto usato<br />
fino agli anni ’60 per cavare<br />
le pietre agevolmente e con<br />
poca spesa, malgrado fosse<br />
molto pericoloso e per<br />
questo proibito, se non<br />
realizzato con le tecniche<br />
più opportune e regolarmente<br />
autorizzate.<br />
Si dice che il macigno<br />
di cui ci stiamo occupando<br />
venne giù mentre esplodevano<br />
i fuochi in onore<br />
della Madonna del Carmelo,<br />
coincidenza sfruttata<br />
per camuffare i botti delle<br />
mine illegali.<br />
Vista la spettacolarità<br />
IL MACIGNO DELLA PIRRERA<br />
I calchi dei fossili dei molluschi di grande importanza naturalistica<br />
che rendono prezioso il masso della pirrera<br />
della posizione del masso, qualcuno aveva pensato di scolpirlo per riprodurre lo<br />
stemma dei Branciforti, ma grazie al cielo l’idea non si è concretizzata: sarebbe stata<br />
una vera iattura.<br />
L’ex cava del Cernigliere che cade con diverse balze rocciose verso il vallone<br />
Petrangelo, oggi appare come uno sfregio perpetrato dall’uomo ai danni della natura.<br />
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Essa entrò in esercizio all’inizio degli anni ’30 e rimase in attività fino alla<br />
metà degli anni ’50, garantendo un relativo benessere a coloro che vi lavorarono;<br />
nonostante le disgrazie causate dall’uso sconsiderato delle mine, essa fu fonte di<br />
sostentamento per centinaia di famiglie leonfortesi.<br />
Qualcuno ancora ricorda che esisteva una sorta di convenzione tra la proprietaria<br />
della cava, signora Lorenza Miceli e alcune “botteghe alimentari” per fornire comunque<br />
ai cavapietre generi di prima necessità anche quando il salario tardava ad arrivare.<br />
Dalla “pirrera” si cavò quasi tutta la pietra impiegata per la ricostruzione e l’espansione<br />
del paese nel dopoguerra:tutte le case di edilizia popolare, le scuole di Sant’<br />
Antonino, di piazza Parano, il Municipio e molte costruzioni private.<br />
La pietra sfaldata dalle rocce del Cernigliere, oltre che per le comuni costruzioni,<br />
trovò utilizzo come pietra lavorata per realizzare portali, mensole (gattoni), cornicioni.<br />
Da sempre Leonforte è stata terra di provetti artigiani della pietra lavorata e<br />
tanti furono i mastri scalpellini che con la loro capacità e inventiva ricavarono<br />
dalla pietra informe (soprattutto dall’alabastro gessoso dell’ex cava di San Giovanni)<br />
vere e proprie opere d’arte: le statue sulla facciata della Parrocchia, le colonne<br />
e il pulpito della Matrice, alcune cappelle della chiesa dei Cappuccini, solo<br />
per citarne alcune.<br />
Le aspre pareti fessurate del costone roccioso del Cernigliere, ubicato proprio ai<br />
margini della S.S. 121 all’uscita sud di Leonforte, che costituiscono l’anfiteatro<br />
della cava, ospitano numerosi rapaci quali il falconiforme gheppio e la diurna<br />
poiana, mentre le circostanti superfici sono state colonizzate da ricche associazioni<br />
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<strong>LEONFORTE</strong> <strong>SCONOSCIUTA</strong> E <strong>DIMENTICATA</strong><br />
<strong>Il</strong> masso appoggiato alla casa è caduto dalla cava ai primi anni ‘50. Da allora la pirrera ha chiuso la<br />
sua attività
IL MACIGNO DELLA PIRRERA<br />
vegetali tipiche della flora mediterranea quali lo svettante asfodelo, il rustico “diso” e<br />
l’aromatica erba bianca.<br />
L’ex cava è dominata dall’altipiano del Cernigliere la cui cresta raggiunge l’altezza<br />
di 726 m. s.l.m. sul quale ancora oggi, nonostante l’aggressione dissennata dell’uomo,<br />
persistono elementi caratteristici del nostro paesaggio agrario come mandorleti,<br />
uliveti, frutteti coltivati in appositi terrazzamenti sostenuti da antichi ed ancora<br />
efficienti muretti in pietra.<br />
<strong>Il</strong> Cernigliere è sede anche di numerose cavità riconducibili ad utilizzazioni<br />
funerarie preistoriche.<br />
Nelle aree vallive del monte sussiste ancora una notevole ricchezza di acque<br />
sorgive che insieme all’ubicazione sulla via di comunicazione da Palermo a Messina,<br />
hanno incoraggiato il giovane ed illuminato barone Placido Branciforti ad edificare il<br />
feudo di Tavi che aveva ricevuto in eredità dal padre Giuseppe nel 1597.<br />
Quindi oltre che per il macigno fossilizzato di notevole interesse paleontologico e<br />
per lo scenario della “pirrera” di alto valore naturalistico, il Cernigliere merita essere<br />
<strong>Il</strong> masso della pirrera nel lato non fossilizzato<br />
preservato soprattutto perché rappresenta un gigantesco serbatoio idrogeologico che<br />
garantisce l’approvvigionamento idrico dell’intero abitato di Leonforte.<br />
Lo strumento più appropriato per salvaguardare il Cernigliere sarebbe la costituzione<br />
di un parco, e i motivi per realizzarlo sono concreti e importanti. Continuare ad ignorare<br />
il problema è un lusso che la comunità leonfortese non si può più permettere.<br />
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