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Inferno<br />
■ Temi e motivi<br />
<strong>Canto</strong> <strong>XXXI</strong><br />
Usc<strong>it</strong>a da Malebolge<br />
Dopo gli equivoci e le conc<strong>it</strong>ate s<strong>it</strong>uazioni di Malebolge*, che avevano permesso a Dante<br />
di rinnovare le risorse dello stile comico-realistico, il canto <strong>XXXI</strong> introduce un sostanziale<br />
cambio di rotta, corrispondente all’ingresso nel nono ed ultimo cerchio infernale. L’inizio<br />
del canto è in sordina, una postilla al rimprovero di Virgilio* sub<strong>it</strong>o segu<strong>it</strong>o da parole<br />
di conforto (di cui, evidentemente, Dante ora ha bisogno, proprio per affrontare ciò che<br />
minacciosamente si prepara); ma la simil<strong>it</strong>udine* della lancia di Achille* (vv. 4-6) denuncia<br />
immediatamente l’abbandono dei toni sguaiati e plebei di Malebolge con il ricorso ad<br />
un paradigma «alto», tratto dalla classic<strong>it</strong>à. Risulta piuttosto evidente la volontà dantesca di<br />
creare un senso di attesa nel lettore: i due poeti procedono in silenzio (v. 9), in modo incerto<br />
a causa dell’oscur<strong>it</strong>à (vv. 10-11), quando, d’improvviso, un assordante suono di corno li<br />
sorprende, consentendo tuttavia di fissare una direzione per il loro cammino. Giunge qui<br />
la seconda simil<strong>it</strong>udine di amb<strong>it</strong>o guerresco, non meno nobile della prima: quella che evoca<br />
la sconf<strong>it</strong>ta di Roncisvalle (vv. 16-18); l’accenno peraltro è assai pertinente, poiché a causare<br />
la rotta dei paladini fu il tradimento di Gano*, e il nono cerchio punisce appunto i<br />
trad<strong>it</strong>ori. Se l’impressione sensoriale evocata dall’esempio della lancia di Achille faceva riferimento<br />
al tatto, ora assistiamo a un deciso passaggio alla sfera ud<strong>it</strong>iva (rappresentazioni<br />
entrambe parossistiche: la lancia squarcia le carni, il corno è assordante). Solo da ultimo si<br />
arriva a menzionare il senso della vista. Ma è passaggio non privo di difficoltà: l’errore di<br />
Dante, che crede di trovarsi di fronte alle torri di una c<strong>it</strong>tà e non riconosce i Giganti* conf<strong>it</strong>ti<br />
nel pozzo infernale, conferma il carattere insol<strong>it</strong>o ed ined<strong>it</strong>o di questo scenario; come<br />
se, attraverso la fatica con cui il pellegrino prende coscienza di ciò che gli sta davanti (vv.<br />
34-39), si celasse un avvertimento al lettore sulla radicale svolta provocata dalla nuova<br />
ambientazione. È a questo punto, completato il processo percettivo, che nel pellegrino<br />
all’incertezza subentra la paura.<br />
I Giganti<br />
Nel Medioevo l’episodio classico della rivolta dei Giganti contro Giove si trovava variamente<br />
contaminato con la tradizione biblica: soprattutto Nembrot*, nell’esegesi* cristiana,<br />
era assurto a t<strong>it</strong>anico antagonista di Dio, in quanto responsabile della costruzione della<br />
Torre di Babele*. La torre – immagine che ricorre con insistenza nel canto (vv. 20, 31, 41,<br />
43, 51, 107 e 136) – si offriva come naturale rappresentazione della superbia; se consideriamo<br />
che questo vizio, r<strong>it</strong>enuto nel Medioevo la radice di tutti i peccati, è quello che qualifica<br />
lo stesso Lucifero, comprendiamo come la funzione dei Giganti nel nono cerchio non<br />
sia affatto legata ad esigenze meramente «scenografiche», ma introduca alla presenza più<br />
profonda ed oscura del peccato all’interno dell’<strong>it</strong>inerario infernale.<br />
L’impotenza e la passiv<strong>it</strong>à che li caratterizza (e che caratterizzerà anche Lucifero) esclude<br />
dai Giganti la sublim<strong>it</strong>à tragica loro confer<strong>it</strong>a dal mondo classico; la visione cristiana non<br />
consente infatti ad alcun personaggio di ergersi ad antagonista di Dio mantendo nei suoi<br />
confronti eguale dign<strong>it</strong>à. I Giganti, che erano ben più sapienti e forti degli uomini, si dimostrarono<br />
abissalmente ottusi e fragili nella loro rivolta contro Dio; ecco perché essi vengono<br />
presentati come pachidermi estinti, errori di cui la Natura si è pent<strong>it</strong>a (vv. 49-51).<br />
Anteo, che non partecipò alla rivolta dei Giganti (vv. 119-121), ha invece il privilegio di<br />
trasportare Dante e Virgilio sul fondo ghiacciato di Coc<strong>it</strong>o*, comp<strong>it</strong>o che egli si dispone<br />
ad assolvere in fretta (v. 130), obbedendo senza riserve alla propria funzione strumentale, per<br />
poi r<strong>it</strong>ornare macchinalmente, sub<strong>it</strong>o dopo, nella precedente posizione.