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News - Eva Fischer

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<strong>Eva</strong> <strong>Fischer</strong>, l'arte che rinasce<br />

Extract from L'Indro (www.lindro.it)<br />

http://www.lindro.it/<strong>Eva</strong>-<strong>Fischer</strong>-l-arte-che-rinasce,9510<br />

Intervista alla pittrice, ultima erede della scuola<br />

romana<br />

<strong>Eva</strong> <strong>Fischer</strong>, l'arte che rinasce<br />

Descrizione:<br />

- Menu - <strong>News</strong> - Italia - Società -<br />

Gianluca Abbate<br />

Inizia nel dopoguerra, in quell'Italia tutta da rifare, la sua carriera da pittrice, dopo i tragici trascorsi che avevano colpito la sua famiglia nel pieno del conflitto. Di<br />

lì in poi per ogni stagione della sua vita sarà un nuovo stile e un nuovo sodalizio...<br />

L'Indro<br />

Data Pubblicazione: giovedì 12 luglio 2012<br />

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<strong>Eva</strong> <strong>Fischer</strong>, l'arte che rinasce<br />

<strong>Eva</strong> <strong>Fischer</strong> e' l'ultima esponente della scuola romana, definizione che da sola la colloca di diritto nell'olimpo dei<br />

grandi. La sua casa è lo specchio della sua poliedrica arte. Perché <strong>Eva</strong> <strong>Fischer</strong> ha vissuto mille vite, tutte<br />

intensamente e ad ogni vita ha corrisposto un ciclo pittorico diverso<br />

Nel suo attico di Trastevere regnano incontrastate luce e arte. Luce che filtra dalle grandi vetrate e arte con l'A<br />

maiuscola che gli occhi faticano a catturare: molte delle sue tele gigantesche sovrastano i muri. Alcune, invece, sono<br />

appoggiate per terra, forzando gli angoli. Qualsiasi descrizione finirebbe per essere parziale e riduttiva.<br />

"Ogni quadro è un figlio. Quando faccio una mostra è come se fosse la prima. Non mi sono mai assuefatta alle<br />

emozioni. Il pathos e l'adrenalina sono immutate." Così esordisce la grande pittrice.<br />

E' sufficiente, poi, menzionare via Margutta perché <strong>Eva</strong> <strong>Fischer</strong>, come un fiume in piena, inizi a raccontare di<br />

sè : "Meravigliosi e irripetibili sono i ricordi di via Margutta, dopo la guerra. Vivemano nel culto della libertà e<br />

dell'autodeterminazione. Avevamo il desiderio irrefrenabile di raccontare tutto quello che ci era accaduto, dalle<br />

esperienze tragiche a quelle esaltanti: in tal modo ognuno di noi si arricchiva dei fermenti culturali più disparati. Non<br />

esistevano barriere ne' frontiere e quelle che c'erano le abbattevamo con il fuoco indomabile dell'arte. Si discuteva di<br />

tutto: c 'era una modernità in quegli anni di via Margutta che e' molto difficile spiegare a chi non ha avuto il privilegio<br />

di viverli. Io sono stata una privilegiata perché ho avuto la fortuna, appena arrivata a Roma nel 1946, di incontrare<br />

personaggi che hanno lasciato un segno indelebile nella storia: penso ad artisti come Amerigo Tot, Corrado Cagli,<br />

Massimo Campigli, Franco Gentilini, Mario Mafai, Gino Severini, Renato Guttuso che abitava proprio a via Margutta,<br />

a registi come Luchino Visconti, a scrittori come Carlo Levi, a musicisti come Franco Ferrara e Ildebrando Pizzetti, a<br />

politici come Roberto Tremelloni e Sandro Pertini e a tanti altri. Tutti erano ansiosi di sapere cosa accadeva<br />

all'estero. Ognuno di noi aveva una storia personale da condividere: una storia di vita spesso struggente, e<br />

molto spessa farcita delle emozioni travolgenti figlie della recente guerra. Il punto di incontro era la trattoria<br />

'Il re degli amici'. Ricordo che Giovanni, il proprietario, aveva diviso i tavoli dei politici da quelli di noi artisti che<br />

spesso pagavamo le cene con i nostri dipinti. Non esagero quando affermo che quella piccola trattoria ha costituito il<br />

fulcro vitale di una grande primavera culturale: molto spesso sedevano ai nostri tavoli anche grandissimi intellettuali e<br />

artisti stranieri . Due nomi su tutti: Roger Peyrefitte e Salvator Dali."<br />

Partiamo dal principio. Lei è nata nell'ex Jugoslavia, ma possiamo definirla cittadina del mondo.<br />

Sono nata a Daruvar in Croazia, ma ho vissuto la mia infanzia a Belgrado. Negli anni precedenti alla guerra,<br />

desiderosa di apprendere, mi sono trasferita per studiare in Francia, a Lione dove ho conseguito il diploma<br />

all'Accademia delle Belle Arti. Sono poi tornata a Belgrado nel 1940, proprio poco prima che la città fosse<br />

barbaramente annientata dai bombardamenti nazisti Una domenica mattina - ricordo ancora perfettamente la data, il<br />

6 marzo del 1941 - fummo svegliati da un boato terribile. Istintivamente accesi la radio apprendendo dalla voce<br />

tremante dello speaker che i tedeschi stavano bombardando la nostra città. Sembrava impossibile perché non<br />

eravamo in guerra: e invece lo eravamo senza nemmeno saperlo. Non ebbi nemmeno il tempo di realizzare ciò che<br />

stava accadendo quando dalla finestra vidi un palazzo bruciare e crollare. Non potrò mai dimenticare il terrore che ci<br />

travolse quel giorno. Fummo costretti a fuggire nelle campagne. La città era già un cumulo di macerie: una folla<br />

tumultuosa riversa per le strade in preda al panico che cercava la via della salvezza. Belgrado fu rasa al suolo: in<br />

due ore oltre ottantamila morti. Dopo una settimana i tedeschi fecero il loro ingresso in città. Ogni giorno si vedevano<br />

morti abbandonati per le strade che erano ormai attraversate da fiumi di sangue. Sono quelli ricordi atroci che non<br />

abbandoneranno mai chi li ha vissuti. Mio padre Leopoldo, che era il rabbino capo a Belgrado, fu deportato e ucciso<br />

mentre io, mia mamma e mio fratello fummo costretti a fuggire.<br />

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<strong>Eva</strong> <strong>Fischer</strong>, l'arte che rinasce<br />

E così dopo l'impatto tragico della guerra e la distruzione di Belgrado decideste di fuggire alla volta<br />

dell'Italia.<br />

Fui io a convincere mia madre a riparare in Italia. Ricordo il viaggio disagevole, durato oltre un mese, per arrivare a<br />

Spalato. Lì fummo catturati e internati nel campo di Vallegrande sull'isola di Curzola, dove siamo rimasti per circa un<br />

anno e mezzo. E' stato un periodo molto duro anche se posso dire che l'amministrazione italiana del campo non era<br />

spietata con noi. Io, personalmente, strinsi amicizia con un sergente che volli ritrarre in uno dei miei primi dipinti.<br />

Alcuni anni fa, quel sergente è riuscito a contattarmi e mi ha inviato una foto che raffigura me e il ritratto. Vedere<br />

quella foto ha rappresentato un'emozione molto forte che mi ha riportato a quel tempo: un tempo di dolore ma anche<br />

di incontri con persone ricche di generosità e altruismo. Durante la prigionia mia madre si ammalo' di cancro e<br />

fummo così autorizzati a recarci a Bologna affinché sostenesse le cure necessarie. E fu proprio nella città emiliana<br />

che abbiamo cambiato la nostra identità. Da <strong>Eva</strong> <strong>Fischer</strong> sono diventata <strong>Eva</strong> Venturi. Con il sostegno del Partito<br />

d'Azione e della comunità ebraica abbiamo iniziato a gettare le fondamenta della nuova nostra vita. Potrei citare<br />

tante persone nobili nell'animo conosciute allora, ma ne riporto una soltanto: Massimo Maffei, professore<br />

all'università di Modena, che pur non essendo ebreo ebbe il grande merito di aiutarci con coraggio, consapevole dei<br />

grandi rischi cui andava incontro.<br />

Con l'arrivo a Roma inizia la sua nuova vita, una vita all'insegna dell'arte e della libertà.<br />

Nel '46 , terminata la guerra, finalmente giungemmo nella tanto agognata Roma. E proprio nella capitale trovai lavoro<br />

come traduttrice. Il grande profilo di internazionalità, che, da sempre, ha connotato la mia vita, è stata un'arma<br />

vincente perché mi ha consentito di aprire gli orizzonti e di essere in grado di declinare ogni tipo di esperienza<br />

culturale. La mia lingua madre e' il serbocroato ma parlo perfettamente anche l'ungherese, il francese , il russo, il<br />

tedesco, l'italiano, l'inglese . Parlo e comprendo anche lo spagnolo. Leggo e comprendo il russo e l'ebraico. L'essere<br />

vissuta a Lione, a Londra, a Parigi, a Madrid mi ha messo nella condizione di avere sempre uno sguardo attento sul<br />

mondo.<br />

Soffermiamoci sui grandi incontri che hanno scandito i suoi primi anni a Roma. Un nome tra gli altri , Giorgio<br />

de Chirico.<br />

Ho delle foto che mi ritraggono insieme a de Chirico. Era un uomo estremamente gentile. Ci incontravamo al Caffè<br />

Greco, storico ritrovo degli intellettuali e degli artisti. Oppure ci si vedeva da Luxor a piazza del Popolo - l'attuale<br />

Canova - ai cui tavoli sedeva spesso con noi anche Ennio Flaiano. Dall'altra parte della piazza, invece, al bar Rosati<br />

non potro' mai dimenticare le interminabili serate con Alberto Moravia, Jean Paul Sartre, Simone de Beauvoir. La<br />

Roma del dopoguerra era davvero la capitale mondiale dell'arte e della cultura. I nomi più grandi hanno lasciato la<br />

propria impronta nelle vie del centro, ammaliati dalla città eterna.<br />

Lei ha avuto l'onore di essere amica di Giuseppe Ungaretti . Cosa ricorda del grande poeta?<br />

Era un gran signore. Un signore d'altri tempi. Mi piace sempre riportare un aspetto molto singolare. Ungaretti aveva<br />

un tono declamatorio, non solo quando recitava la sue magnifiche poesie ma anche quando discuteva di qualsiasi<br />

argomento. Potremmo definirla, con un po' di ironia, una sorta di deformazione professionale. Nel 1970 scrisse in un<br />

lettera:...'<strong>Eva</strong> lavora con tale grazia che non può non incantare un poeta...'. Fu per me una soddisfazione incredibile.<br />

Un incontro illuminante e' stato poi quello con Pablo Picasso: un artista straordinario ma anche un uomo<br />

dalla personalità prorompente.<br />

Ho conosciuto Pablo Picasso a casa di Luchino Visconti. Uno dei regali più belli che ho ricevuto in vita mia è proprio<br />

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<strong>Eva</strong> <strong>Fischer</strong>, l'arte che rinasce<br />

una sua incisione: un'opera che custodisco gelosamente e che è l'emblema di un'amicizia sincera. Il grande Picasso<br />

apprezzava molto il mio stile artistico così poco convenzionale e mi spronava a proseguire su un tema che mi stava<br />

molto a cuore, quello delle architetture mediterranee che ha, poi, fortemente connotato il mio percorso.<br />

Lei è sempre stata uno spirito libero e così, desiderosa di nuove esperienze, si trasferisce a Parigi. Cosa<br />

ricorda di quella fase della sua vita?<br />

Il mio periodo parigino è scandito dal sodalizio con un altro mostro sacro: lo scultore russo naturalizzato francese<br />

Zatkine. Un artista dalla personalità multiforme da cui ho avuto l'onore di imparare molto. Ricordo che riceveva nel<br />

suo studio di Saint Germain des Pres ogni domenica pomeriggio. E risale proprio a quel periodo anche l'amicizia con<br />

il grandioso Marc Chagall con cui condividevo le comuni origine ebraiche. Sono stata sempre un' ammiratrice della<br />

sua arte di incommensurabile profondità. Chagall che era un uomo di straordinaria sensibilità, un vero genio capace<br />

di declinare l'arte in modo sublime.<br />

Da Parigi approda poi a Londra e il suo nome inizia ad essere famoso nel mondo.<br />

Non posso negare che Londra mi sia rimasta nel cuore. Ho avuto l'onore di esporre nella prestigiosissima galleria<br />

Lefevre che aveva concesso l'ultima 'personale' a Franco Modigliani. Di norma, esponevano in quella galleria<br />

londinese - una delle più note al mondo - solo gli impressionisti. Eppure la mia arte, che si allontanava da canoni<br />

standardizzati, ottenne un riscontro inaspettato. I proprietari della Lefevre conoscevano le mie opere ed erano<br />

profondamente colpiti dai colori mediterranei che emergevano con prepotenza dalle mie tele. "L'italianità di <strong>Eva</strong><br />

<strong>Fischer</strong>" era un qualcosa che lasciava il segno in una Londra con lo sguardo perennemente rivolto al futuro. Non<br />

potrò mai dimenticare la festa meravigliosa organizzata per la mia mostra: un'emozione di tale intensità che non e'<br />

possibile descrivere con le parole.<br />

Per lei l'arte ha rappresentato anche una strada privilegiata per esprimere un'opposizione granitica ai regimi<br />

dittatoriali. Lo sterminio degli ebrei operato dai nazisti, la Shoah, ha portato in lei un desiderio indomito di<br />

libertà e di giustizia. E a tali nobili ideali si ispira anche la sua esperienza spagnola. Cosa può dirci in<br />

merito?<br />

E' proprio così: come molti altri artisti ho sempre ritenuto che l'arte abbia una sconfinata valenza sociale, potendo<br />

assurgere a reale strumento di emancipazione E proprio con questi ideali ho vissuto il mio periodo spagnolo. In quei<br />

primi anni '60, infatti, la mia pittura divenne molto popolare in Spagna, in particolar modo tra i miei colleghi iberici<br />

impegnati nella strenua lotta contro il franchismo. Nell'atelier di Juana Mordò le mie tele hanno conquistato il<br />

panorama artistico spagnolo. Devo dire che in quel contesto ho avuto l'opportunità di interagire con i nomi più<br />

autorevoli di tutta l'intellighenzia spagnola . Ricordo un piccolo un bar nel cuore di Madrid dove si riunivano tutti e<br />

dove si dibatteva su qualsiasi tema, dalla politica all'arte con grande modernità.<br />

Lei ha avuto anche il privilegio di essere amica di Salvator Dali'. Cosa La colpiva del grande pittore<br />

spagnolo?<br />

Si, e' vero anche Salvator Dali e' stato tra i miei amici ed estimatori. Ricordo che apprezzava molto la tematica dei<br />

'mercati romani' che ha contraddistinto un periodo del mio percorso artistico. Ebbi modo di conoscerlo a fondo,<br />

proprio a Roma , dove era giunto in compagnia di sua miglia Gala, una donna di straordinaria intelligenza che aveva<br />

sposato in prime nozze il poeta francese Paul Eluard.<br />

La sua arte ha subito - a parere di tutti i grandi critici - l'influenza del fascino della Capitale. Un'arte arricchita<br />

propria dai grandi incontri che hanno caratterizzato la sua vita romana.<br />

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<strong>Eva</strong> <strong>Fischer</strong>, l'arte che rinasce<br />

E' assolutamente vero: ho vissuto nei posti storicamente più fascinosi di Roma, da via Margutta stessa, a via di<br />

Ripetta, a via della Scrofa, a Piazza Cavour, a via di Sant'Erasmo nei pressi del Colosseo, per poi trasferirimi a<br />

Trastevere a piazza Nievo. In quello stabile di Trastevere ho avuto uno degli incontri più significativi della mia vita: al<br />

primo piano abitava l'impareggiabile Ennio Morricone, il quale, allora, non componeva ancora la musica per il<br />

cinema. Ricordo che suonava il pianoforte sin dal mattino ed era davvero un privilegio poter ascoltare le sue melodie<br />

che penetravano nel cuore. Siamo diventati immediatamente amici: la nostra e' stata un'empatia affettiva prima che<br />

artistica. Ennio, infatti, è sempre stato persona di straordianria sensibilita. Mi piace riportare un aneddoto molto<br />

simpatico: a quei tempi io non avevo il telefono e lui, pertanto, mi ha consentito per più di un anno di utilizzare il suo.<br />

Ogni volta che qualcuno mi cercava, lui correva a chiamarmi sempre con grande gentilezza e disponibilità. Ennio<br />

Morricone amava le mie opere e veniva spesso a contemplare il mio lavoro. Rammento perfettamente Il mio piccolo<br />

quadro da lui comprato a rate per pochissimi soldi.<br />

L'amicizia con Ennio Morricone si e' trasformata poi anche in una sorta di sodalizio artistico.<br />

Nella mia carriera ho ricevuto tanti riconoscimenti - dal titolo di 'Artista Europeo' all'onorificenza di Cavaliere al merito<br />

della Repubblica, solo per citarne alcuni - che mi hanno inorgoglito, perché ho sempre conservato un atteggiamento<br />

di umiltà nei confronti della vita, frutto dell'educazione improntata al rispetto umano, inculcatami dai miei genitori. Ma<br />

il CD comprensivo di dodici brani inediti di ineguagliabile bellezza dedicato da Ennio Morricone a me, intitolato 'A <strong>Eva</strong><br />

<strong>Fischer</strong> Pittore', rappresenta, forse, uno di quei traguardi per i quali vale aver vissuto un'intera vita. Il Maestro<br />

Morricone ha tradotto in musica le emozioni che emergevano dai miei quadri. Ed io ho fatto lo stesso: ho trasfigurato<br />

in opere pittoriche la sua musica divina. I brani musicali e i quadri hanno il medesimo titolo. Un'osmosi perfetta d'arte<br />

che davvero mi ha reso infinitamente felice. Un giorno qualcuno ha chiesto ad Ennio perché avesse scelto per me il<br />

termine 'Pittore' e non pittrice. E lui ha risposto che le mie tele avevano un tratto netto, maschile, deciso e che ciò<br />

ripresentava un elemento di ulteriore fascino perché a dipingerle era, invece, una donna.<br />

Le origine ebraiche hanno influenzato la sua arte. E lei le ha sempre rivendicate con fierezza ed orgoglio.<br />

La prima volta che mi sono recata ad Istraele risale all'ormai lontano 1950. In quell'anno, infatti, ebbe luogo una mia<br />

mostra a Tel Aviv. Sono tornata successivamente nel '90 , su invito dell'Istituto italiano di Cultura. E proprio nel 1990<br />

ho avuto l'onore di esporre le mie opere al Museo dell'Olocausto ' Yad Vashem' di Gerusalemme. Per me, che sono<br />

ebrea, quella mostra ha avuto un grande valore simbolico e mi ha consentito anche di esprimere il rispetto, che da<br />

sempre, nutro per la storia sofferta del popolo ebraico. Hanno avuto un grandissimo successo nel mondo le mie tele<br />

di Gerusalemme ed Hebron, e eguale successo hanno ottenuto anche le vetrate da me realizzate del Tempio<br />

Israelitico di Roma: l'ultima di queste vetrate rappresenta il Padre che benedice il Figlio, erede nella tradizione<br />

ebraica nella continuità della civiltà e della cultura romana. Più volte il rabbino Elio Toaf ha espresso il suo<br />

apprezzamento per la mia arte e per il mio lavoro.<br />

La sua più grande peculiarità consiste nel non avere avuto uno stile pittorico unico, ma di aver avuto il<br />

coraggio di ricominciare più volte dal principio.<br />

E' così : ogni due o tre anni ho dato vita ad un ciclo pittorico nuovo. Venendo a Roma dopo la guerra mi sono<br />

dedicata con trasporto ai ritratti di persone sedute. Cercavo di carpirne l'anima. Poi nel 1948 alla Rai mi hanno<br />

permesso di assistere a tutte le trasmissioni di musica, da quella classica al jazz , e mentre l'orchestra suonava io<br />

dipingevo in totale estasi artistica. Tanti giornali del tempo hanno scritto in merito e ci sono ancora molte foto che mi<br />

raffigurano all'opera. Nel '49 , poi, ho fatto una una mostra nella galleria Chiurazzi a Via del Babuino di tele<br />

raffiguranti esclusivamente orchestre. Successivamente mi sono dedicata al tema dei 'mercati romani': Corrado<br />

Alvaro scrisse una mirabile presentazione della mia mostra sui mercati che era stato il frutto di tanto tempo trascorso<br />

ad ammirare i coloratissimi banchi di frutta e verdura a piazza Vittorio. E poi, sicuramente, il punto saliente della mia<br />

carriera artistica è rappresentato dalle architetture meditarranee che mi hanno reso nota nel mondo. Ho disegnato<br />

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tanti scorci di cielo, 'catturati' in Puglia, in Sicilia, o dala mia casa di Capri. Nella storica piazzetta dell'Isola Azzurra ho<br />

avuto anche la mia personale galleria negli anni '60. E ancora non posso dimenticare il ciclo delle' 'biciclette' .<br />

Artisticamente è stato per me molto esaltante. Ricordo che il giorno del mio matrimonio ( ndr con lo scrittore e<br />

scultore Alberto Baumann), il 9 maggio del 1963, sono arrivate tantissime persone in bici. C'è uno straordinario<br />

filmato che immortala quel giorno e che e stato trasmesso recentemente sulle reti Mediaset e dalla tv svizzera; dopo<br />

il rito in Campidoglio andammo a mangiare un gelato al Colosseo. Sono trascorsi quasi cinquant'anni ma a me<br />

sembra ieri! Negli ultimi anni, invece, ho voluto rappresentare, su tele grandissime, le scuole di ballo soffermandomi,<br />

in particolare, sulla plasticità dei movimenti...<br />

Come vede il mondo dell'arte oggi?<br />

Sarò onesta e schietta: vorrei capire l'arte contemporanea. Ma con le dovute eccezioni non mi trasmette emozioni.<br />

Non sono pervasa nell'anima da ciò che i miei occhi vedono. Oggigiorno tutto viene spacciato per arte. E invece non<br />

lo è. E il titolo di 'artista' viene dispensato con un'approssimazione disarmante. E' stato annientato il sentimento che,<br />

infatti , non c'è piu. Come pure non c' e' più il vero estro, quello in grado di generare passioni ed emozioni forti. Per<br />

me l'arte resta ancora oggi sacra: una sorta di religione. Non mi sono mai fatta condizionare dalla popolarità<br />

nemmeno quando i miei quadri hanno ottenuto uno straordinario successo in America, venendo annoverati nelle<br />

collezioni di personaggi celebri come Lauren Bacall, Humphrey Bogart, Henry Fonda.<br />

Ho un rispetto talmente sconfinato nei confronti dell'arte che, di recente, ho riacquistato il mio primo quadro<br />

raffigurante Villa Medici. Era stato comprato tanto tempo fa da un pittore. Spesso lo guardo e non posso trattenute<br />

l'emozione.<br />

Torna mai a Via Margutta?<br />

Ci torno raramente. Tanti amici che hanno fatto la storia sono diventate ombre nel cielo marguttiano. Ma via Margutta<br />

è sempre uguale a se stessa, indifferente all'incedere impietoso del tempo. La vedo ancora come tanti anni fa: una<br />

lucente spada nel cuore di Roma, così come l'aveva immaginata l'inarrivabile Pablo Picasso. Quei nomi grandi che<br />

l'hanno resa 'grande' non se ne sono mai andati. Sono ancora li' e ci resteranno per sempre.<br />

<strong>Eva</strong> <strong>Fischer</strong> si ferma. Riassumere la sua vita e la sua carriera artistica, con le oltre centotrenta mostre personali nei<br />

cinque continenti, non è cosa semplice tale è la ricchezza e l'intensità di ciò che ha vissuto. E così restiamo in<br />

silenzio a guardare le sue tele che sembrano parlare: al centro, sovrana, una tela che raffigura proprio la musica del<br />

maestro Ennio Morricone. A sinistra appoggiata sulla parete un'altra tela gigante che immortala un poetico paesaggio<br />

mediterraneo con uno squarcio di sole che traspare da un arco. A destra un quadro che sinterizza la soavità dei<br />

movimenti armonici dei danzatori di una scuola di ballo. E ovunque emerge una commistione perfetta di colori e di<br />

luce. Di positività. E di arte vera.<br />

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