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Era capace anche di gesti di generosità:<br />
raccolse dei bambini abbandonati dopo<br />
una scorreria crescendoli come suoi fi gli<br />
Eccellente fu poi la politica delle comunicazioni.<br />
Abolite le frontiere intermedie,<br />
l’Oriente e l’Europa – che l’islam aveva<br />
separato incuneandosi in Asia Centrale –<br />
tornarono a collegarsi: nacque addirittura<br />
un servizio postale che attraversava tutto<br />
il continente asiatico. Anche la sicurezza<br />
dei trasporti era garantita. Come scrisse<br />
con nostalgia uno storico uzbeko del ’600,<br />
Abu al-Ghazi Bahadur, “una fanciulla nuda<br />
e sola avrebbe potuto viaggiare da levante<br />
a ponente con un piatto d’oro in testa<br />
senza subire la minima violenza”.<br />
Giù dalla sella. Il volto buono di Gengis<br />
Khan ebbe come ispiratori alcuni saggi,<br />
reclutati nell’evoluta Cina e diventati<br />
consiglieri di corte. Uno di loro, Yelu<br />
Chucai, amava ripetere: “Si può conqui-<br />
La vodka Chinggis (altra grafia<br />
di Gengis) prodotta a Ulan-Bator.<br />
14<br />
stare un impero a cavallo, ma per governarlo<br />
bisogna scendere di sella”. Gengis Khan<br />
capì e “scese” più di una volta. Lo fece soprattutto<br />
quando fondò la prima città della<br />
storia mongola: Karakorum, futura capitale.<br />
Per uno Stato nato nomade e cresciuto<br />
distruggendo le città altrui, fu una<br />
rivoluzione copernicana: l’Abele vincitore<br />
si trasformava in Caino. Ma l’ex Temugin<br />
non vide mai la sua capitale finita, perché<br />
il monaco Qui Changchun non trovò l’elisir<br />
di vita eterna. Così nel 1227, anno del<br />
Cinghiale, durante una nuova campagna<br />
di guerra in Cina, Gengis rimase vittima di<br />
una caduta da cavallo. L’Europa e l’islam<br />
non lo piansero, ma anni dopo Marco Polo<br />
gli rese onore con queste parole: “Morì<br />
e fu grande sventura, perché era prudente e<br />
Passato il periodo<br />
comunista che<br />
lo aveva relegato in<br />
penombra come personaggio<br />
negativo, oggi in<br />
Mongolia Gengis Khan è<br />
tornato a essere un eroe<br />
nazionale. Su una collina<br />
di Kharkhorin (sorta<br />
nei pressi delle rovine di<br />
Karakorum) un grande<br />
monumento celebra<br />
l’impero che fu, mentre<br />
nelle campagne intorno<br />
la gente venera come<br />
talismani alcune grosse<br />
tartarughe di pietra,<br />
simbolo di immortalità,<br />
che secoli fa presidiavano<br />
gli accessi alla corte.<br />
Gloriosi natali. Intanto,<br />
in omaggio alla<br />
saggio”. Il Re Oceano «uomo del suo tempo,<br />
grande nel bene e nel male» come sintetizza<br />
Vito Bianchi, cominciava già a far<br />
discutere, dividendo i giudizi. ❏<br />
Nino Gorio<br />
SAPERNE DI PIÙ<br />
Gengis Khan. Il principe dei nomadi, Vito<br />
Bianchi (Laterza).<br />
Gengis Khan. Alla conquista dell’impero<br />
più vasto del mondo, John Man (Mondadori).<br />
Gengis Khan. Il grande conquistatore,<br />
Michael Prawdin (Giunti).<br />
Dietrofront in Mongolia: ora il khan è una superstar<br />
memoria del khan, il<br />
governo ha varato un<br />
piano per spostare la<br />
capitale da Ulan-Bator<br />
a Kharkhorin. Ma il livello<br />
di popolarità di cui<br />
gode l’antico imperatore<br />
si misura soprattutto<br />
da un altro dato: fino a<br />
tre anni fa la maggior<br />
parte dei nomadi (che<br />
Pratica<br />
secolare<br />
Un cacciatore<br />
con la sua<br />
aquila sui monti<br />
Altaj. La caccia<br />
con i rapaci era<br />
praticata con<br />
passione anche<br />
da Gengis (nel<br />
riquadro) che si<br />
diceva avesse<br />
1.000 tra aquile<br />
e falconi.<br />
Il monumento che celebra le glorie<br />
dell’impero mongolo a Kharkhorin.<br />
costituiscono tuttora<br />
i quattro quinti della<br />
popolazione) non aveva<br />
cognome, poi un<br />
decreto impose a tutti<br />
di sceglierne uno, e la<br />
maggior parte decise<br />
di chiamarsi Borjigin,<br />
il nome del clan tribale<br />
da cui era nato<br />
Temugin.