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Vitigni autoctoni Trevigiani - Fisar

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Un grande patrimonio storico e culturale che<br />

sta ora conoscendo una nuova primavera.<br />

I I vitigni <strong>autoctoni</strong><br />

del Trevigiano<br />

Il territorio della provincia di Treviso è una<br />

delle grandi aree italiana a spiccata vocazione<br />

vitivinicola. Qui, infatti, oltre a numerosi<br />

vitigni internazionali, si coltivano due dei<br />

vitigni più antichi in assoluto (per l’Italia), il<br />

Raboso e il Prosecco, assieme a dei vitigni<br />

<strong>autoctoni</strong> di storia molto recente. E quando<br />

si dice <strong>autoctoni</strong> in senso storico (non quindi<br />

secondo la legge, piuttosto liberale sotto questo<br />

profilo) si intendono vitigni nati con sicurezza<br />

nel territorio e prima inesistenti. Sono<br />

realmente <strong>autoctoni</strong> non il Raboso e il<br />

Prosecco, pur presenti da 3.200 anni, perché<br />

provenienti direttamente dall’area d’origine<br />

della vite (Armenia, Gerogia e zone vicine) e<br />

giunti con i Paleoveneti al seguito di<br />

Antenore, il fondatore di Padova, dopo la<br />

distruzione di Troia (cantata nell’Iliade di<br />

Omero), ma il Raboso Veronese, perché nato<br />

da un incrocio fra il Raboso Piave e la<br />

Marzemina Bianca, realizzato probabilmente<br />

nella seconda metà dell’800 dai tecnici dei<br />

conti Papadopoli, di origine greca ma da<br />

secoli residenti a Venezia e proprietari di<br />

molte terre nel trevigiano. E <strong>autoctoni</strong> sono<br />

anche gli ottimi incroci “Manzoni”, realizzati<br />

nel corso degli anni ’30<br />

del secolo scorso dal prof.<br />

Luigi Manzoni, preside per<br />

lunghi anni della Reale<br />

Scuola di Viticoltura ed<br />

Enologia di Conegliano<br />

(Treviso). I due vitigni più<br />

importanti creati dal prof.<br />

Manzoni sono l’I. M. 2-15, oggi conosciuto<br />

come Manzoni Rosso, ottenuto da un incrocio<br />

di Prosecco (padre) per Cabernet<br />

Sauvignon (madre) e l’I.M. 6-0-13, oggi<br />

Il Sommelier - Anno XXV - n. 1/2007<br />

chiamato Manzoni Bianco, ottenuto da un<br />

incrocio di Riesling renano (padre) per Pinot<br />

bianco (madre). L’illustre scienziato fece<br />

altri incroci, alcuni dei quali ancora coltivati,<br />

come il “Manzoni rosa”, che è un incrocio<br />

fra il Raboso Piave e il Moscato d’Amburgo.<br />

Resta comunque vero che tutti questi vitigni<br />

– Raboso Piave, Raboso Veronese, Prosecco,<br />

i Manzoni - sono generalmente considerati<br />

“<strong>autoctoni</strong>” del trevigiano, ma non sono i<br />

soli. A questi si aggiungono, infatti, il<br />

Verdiso, prodotto soprattutto nel comune di<br />

Miane, che dà un vino bianco acidulo molto<br />

interessante; il Verduzzo trevigiano, abbastanza<br />

diffuso e in rilancio; il Verduzzo<br />

Motta (di probabile origine sarda, arrivato a<br />

Motta di Livenza nella seconda metà<br />

dell’800); il Grappariol, chiamato anche<br />

Raboso bianco, prodotto a Sant’Andrea di<br />

Barbarana, oggi in rilancio; la Bianchetta di<br />

Conegliano, famosa dal Medioevo al ‘700,<br />

poi quasi scomparsa ed ora riscoperta e in<br />

fase di rilancio; la Boschera, un vitigno antichissimo<br />

che concorre alla produzione del<br />

Torchiato di Fregona, un raffinato e prezioso<br />

“vin santo” che è un “Colli di Conegliano<br />

DOC”; la Marzemina Bianca, che gli agricol-<br />

Girovagando<br />

di<br />

Graziella Cescon<br />

del Trevigiano<br />

“ il Trevigiano<br />

è ricco di vitigni<br />

propri, anche<br />

se la presenza<br />

dei vitigni<br />

internazionali<br />

(Chardonnay,<br />

i tre Pinot,<br />

Sauvignon,<br />

Cabernet,<br />

Merlot) è molto<br />

diffusa.,,<br />

pagina 47


Girovagando<br />

“ il territorio<br />

della provincia<br />

di Treviso è una<br />

delle grandi<br />

aree italiana a<br />

spiccata<br />

vocazione<br />

vitivinicola,,<br />

pagina 48<br />

tori delle terre del Piave chiamano<br />

Scampagna; il Marzemino classico, a bacca<br />

rossa, esaltato nel Don Giovanni di Mozart<br />

(Don Giovanni: Leporello, versa il vino, l’eccellente<br />

Marzemino!), che è un delizioso vino<br />

passito; la Marzemina Bastarda, a bacca<br />

rossa, da poco riscoperta e iscritta negli elenchi<br />

ministeriali col nome di Marzemina grossa;<br />

ecc.<br />

Come si vede il Trevigiano è ricco di vitigni<br />

propri, anche se la presenza dei vitigni internazionali<br />

(Chardonnay, i tre Pinot,<br />

Sauvignon, Cabernet, Merlot) è molto diffusa.<br />

Tuttavia l’accresciuta cultura professionale<br />

dei vignaioli trevigiani, sostenuti<br />

dall’Istituto Sperimentale per la Viticoltura<br />

di Conegliano, in particolare dagli scienziati<br />

Angelo Costacurta e Severina Cancellier,<br />

sapienti ricercatori e sperimentatori, nonché<br />

intelligenti divulgatori delle antiche varietà<br />

locali e le crescenti richieste di vini tipici del<br />

territorio da parte del mercato stanno ora<br />

privilegiando in particolare il Manzoni<br />

Bianco e i vitigni presenti nell’area trevigiana<br />

prima dell’avvento delle tre grandi malattie<br />

di fine ‘800, la Fillossera, l’Oidio e la<br />

Peronospora. Se in quest’area, e soprattutto<br />

in Sinistra del fiume Piave e poi in Friuli c’è<br />

stata una enorme diffusione dei vitigni internazionali<br />

ciò fu dovuto al fatto che tutta quest’area<br />

è stata occupata dall’esercito austroungarico<br />

dall’ottobre del 1917 all’inizio di<br />

novembre del 1918. In quell’anno finale<br />

della prima guerra mondiale gran parte delle<br />

famiglie era scappata dalle campagne dopo<br />

la “rotta di Caporetto”, andando profuga<br />

verso la Lombardia e l’Emilia Romagna e<br />

nell’inverno tra il ’17 e il ’18 gran parte del<br />

patrimonio viticolo fu tagliato dagli occupanti<br />

ed usato come legna da ardere per<br />

riscaldarsi e per preparare il cibo. Conclusa<br />

la guerra dalla Francia arrivarono vagoni di<br />

barbatelle per ricostruire il patrimonio viticolo<br />

di gran parte del Trevigiano (sinistra<br />

Piave) e del Friuli e così i vitigni francesi<br />

(internazionali) hanno in parte soppiantato<br />

le viti coltivate da secoli.<br />

Ma delle singole viti storiche, della loro riscoperta<br />

e di ciò che esse rappresentano per il<br />

Trevigiano e di quali possono essere le loro<br />

prospettive future avremo modo di scrivere<br />

prossimamente.<br />

Il Sommelier - Anno XXV - n. 1/2007

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