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La gioventù nella poesia trobadorica

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Donatella Allegro Ai margini del potere. <strong>La</strong> gioventù <strong>nella</strong> <strong>poesia</strong> <strong>trobadorica</strong><br />

Donatella Allegro<br />

Ai margini del potere. <strong>La</strong> gioventù <strong>nella</strong> <strong>poesia</strong> <strong>trobadorica</strong><br />

1. joven. Limiti e definizioni. Guglielmo IX<br />

Il termine joven (lat. iuventutem) torna con insistenza nelle liriche dei trovatori. Resa d'abitudine con<br />

il termine che gli corrisponde etimologicamente (fr. jeunesse), la nozione di joven è ben lontana<br />

dall’accezione moderna, cronologicamente connotata, di ‘giovinezza’ o ‘gioventù’. Raynouard, nel suo<br />

Lexique roman, traduce «jeune, amaible, gracieux» [1], ma nessuna lingua moderna sembra<br />

possedere un termine equivalente, e solo attraverso l’interpretazione sembra possibile circoscriverne il<br />

significato.<br />

Joven non significa – lo si desume da ogni singolo esempio – giovinezza d’età, e neppure una<br />

particolare condizione spirituale propria di un certo periodo della vita; il suo significato sembra<br />

piuttosto oscillare tra la definizione di un gruppo sociale determinato e un ‘macro-valore’ che<br />

assomma in sé le virtù cortesi. Cropp, nel suo Vocabulaire Courtois [2], ha ritenuto utile distinguere i<br />

casi in cui il termine joven è impiegato con valore astratto da quelli in cui il valore è invece collettivo,<br />

aggiungendo un gruppo in cui il senso oscilla tra i due [3]. In ognuno di questi casi il termine ha una<br />

valenza decisamente positiva, e si associa, come vedremo, ad altre qualità fondanti del sistema di<br />

valori trobadorico: dalla ‘gioia’ alla ‘cortesia’, dalla ‘fedeltà’ alla ‘liberalità’. Il temine si incontra già<br />

nell’opera del primo trovatore a noi noto, Guglielmo IX (1071-1127 ca. [4]).<br />

Farai un vers de dreit nien:<br />

non er de mi ni d’autra gen,<br />

non er d’amor ni de joven,<br />

ni de ren au,<br />

qu’enans fo trobatz en durmen<br />

sus un chivau<br />

(Guglielmo IX, I 1-6)<br />

[Una <strong>poesia</strong> farò di puro nulla: / non sopra di me né sopra gli altri,/ neppur d’amore e di gioventù,/ e<br />

di null’altro,/ ch’anzi fu scritta mentre dormivo/ sopra un cavallo [5].]<br />

Guglielmo non offre alcuna definizione, ma la recusatio parodica che apre il componimento suggerisce<br />

un concetto ben consolidato: l’ascoltatore, così come i companhos cui la lirica si rivolge, sa di cosa si<br />

parla, se può considerare addirittura scontato un vers su amor e joven. Seconda cosa da notare: la<br />

nozione di joven si accompagna spesso ad un’altra delle sue ‘virtù sorelle’ («idée soeurs», le chiama<br />

appunto Wettstein): in questo caso amor, in altri beutatz, in altri, numerosissimi, a joi. Joi e joven,<br />

letteralmente «gioia» e «gioventù», sono dunque valori fondanti per i trovatori e per il gruppo sociale<br />

che essi rappresentano; anzi, la giovinezza è più di una qualità: è la summa dei valori cortesi e il<br />

simbolo stesso della perfezione morale. È così per Wettstein, che vede racchiuse in joven una serie di<br />

qualità fondamentali, tra le quali la più importante è mezura, a sua volta intesa come «un tout<br />

organique» di joi, joven, beutatz: « joven contient l’idée de vertu, en particulier celles de loyauté, de<br />

générosité et de courage, il s’y ajoute la perfection sociale e la joye. […] joven c’est la courtoisie dans<br />

son essence et ses aspects extérieurs, l’enthousiasme pour toute actions honnête et courtoise et les<br />

effets de cet enthousiasme, la courtoisie en acte» [6].<br />

http://www.griseldaonline.it/percorsi/5allegro2_print.htm (1 di 10) [12/10/2008 15.01.16]


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2. Joven contro Malvestatz. Marcabru e i suoi successori<br />

Un’altra costante della nozione di joven è che la quasi totalità delle liriche in cui essa compare sono<br />

dirette a una compagnia di amici, soudadiers o companhos, e dallo stesso autore in cui joven ha il<br />

maggior numero di occorrenze vengono anche numerosi riferimenti ai soudadiers: nel corpus di<br />

Marcabru [7], infatti, ‘giovani’ e ‘gioventù’ sono menzionati ben ventotto volte [8].<br />

È in questa seconda fase della stagione <strong>trobadorica</strong> che la <strong>poesia</strong> si divide meglio in sottogeneri, e,<br />

<strong>nella</strong> forma del sirventese, si impone come strumento di rivendicazione e, non di rado, di vera e<br />

propria invettiva. Anche la parola joven, a cominciare da Marcabru, si riempie di significati complessi:<br />

l’oscuro cantore del trobar clus fa largo uso di personificazioni quali Proeza, Avoleza, Malvestat,<br />

Valor, Enjan, Joven: attanti astratti che popolano le sue liriche in una continua messinscena della lotta<br />

tra bene e male, tra Joven e Malvestatz, tra i valori cortesi e l’arbitraria tirannia dei rics hom.<br />

<strong>La</strong>mentando la decadenza dei costumi, Marcabru attribuisce proprio al tramonto di joven il generale<br />

declino della società: come a dire che joven stessa, se ben si comporta, è custode della virtù. È il<br />

ritratto di una gioventù – intesa, si è detto, non nel senso a noi più familiare – in costante pericolo,<br />

minacciata da ogni tipo di crimine.<br />

È esemplare, tra le numerose variazioni su joven presenti nell’opera di Marcabru, la lirica Bel m’es qan<br />

li rana chanta, che descrive un vero e proprio assedio alle virtù cortesi, sferrato, all’interno di un<br />

allegorico castello (castells), a joi, joven e proeça.<br />

Gli stessi concetti si ritrovano e si sviluppano nei continuatori del genere di Marcabru: Alegret e<br />

Cercamon, che riprende il maestro alla lettera: il suo jovenz e[n] faill, fraing e dechai ripete jovens<br />

faille fraing e brisa di Marcabru. Questo gruppo di trovatori – e così tanti altri successivamente,<br />

benché non con la stessa veemenza – dichiara di difendere l’autentico amore cortese contro la<br />

fals’amor (e contro i «falsi trovatori» che la cantano): ma cosa questo voglia dire non è mai spiegato<br />

chiaramente. È stato spesso suggerito che Marcabru miri a legittimare l’amore coniugale, visto anche<br />

lo sfondo religioso della sua <strong>poesia</strong>; è vero tuttavia che il principale bersaglio delle sue invettive non<br />

sembra tanto l’adulterio in quanto tale, né in genere la relazione extraconiugale, bensì la protervia e la<br />

prevaricazione degli adulteri moilleratz («ammogliati») a danno dei giovani e leali cavalieri. Proprio a<br />

causa della malvagità (malvestatz) e degli inganni (enjans) di moilleratz e rics hom, joven è<br />

condannata a sparire, e con essa la cortesia [9]: una dialettica continua e irrisolta, accompagnata da<br />

forti toni misogini e polemici, che avrà notevoli ripercussioni sulla <strong>poesia</strong> <strong>trobadorica</strong>.<br />

3. Caratteri di joven. I valori di una classe<br />

Per approssimarsi al valore di joven, si può offrire uno schema essenziale che organizzi i principali<br />

valori ‘amici’ e ‘nemici’ di joven:<br />

dreit, fe, joi, cortezia, bel estar, pretz, valor, deport, largueza, propri di joven<br />

contro:<br />

malvestat, escarsetat, enjan, cobeida, avoleza, propri invece dei moilleratz e dei rics hom<br />

Ciascuno di questi ‘nemici’ fornisce, in negativo, una definizione di joven. Essa è virtuosa, liberale<br />

benché povera, e pertiene – non c’è dubbio – ai giovani non sposati; è questo l’unico limite anagrafico<br />

della gioventù <strong>trobadorica</strong>: l’essere giovani 'non sitstemati', in cerca d’amore e di fortuna.<br />

http://www.griseldaonline.it/percorsi/5allegro2_print.htm (2 di 10) [12/10/2008 15.01.16]


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Non stupisce che tra i termini più frequentemente associati a joven, e tra le più importanti qualità<br />

cortesi, spicchi la largueza, la «liberalità»: per essere buoni signori non basta essere onesti e giusti, è<br />

indispensabile essere generosi. Questo principio è sottolineato con forza sia nelle canzoni più<br />

tradizionali sia, naturalmente, nei polemisti quali Marcabru e Bertran de Born. Quest’ultimo compone<br />

un plazer (un tipo di sirventese che contrappone motivi di lode a motivi di biasimo) interamente<br />

giocato su ‘vecchio’ e ‘giovane’, enumerando tutte le doti di joven. <strong>La</strong> prima strofa introduce il tema,<br />

auspicando il trionfo della giovinezza; la seconda e la terza elencano, rispettivamente, le qualità che<br />

rendono ‘vecchia’ o ‘giovane’ la donna amata; la terza, la quarta e la quinta presentano due elogi della<br />

generosità, l’uno più centrato sul giovane cavaliere, l’altro sul ricco signore. Come si vedrà, la<br />

liberalità non è soltanto dote somma e indispensabile del signore, ma anche condizione necessaria per<br />

l’esistenza della classe dei ‘giovani’.<br />

Se è indubbio che joven indichi, oltre a un insieme di virtù cortesi, il gruppo stesso che tali virtù<br />

promuove e protegge, in un rapporto quasi identitario, resta da chiedersi – ed è una questione di<br />

straordinaria importanza – chi siano i giovani di cui si parla, e chi siano i soudadiers.<br />

Se per Köhler i soudadiers sono i giovani al servizio di un signore, e per Dejanne i «compagni<br />

d’arme», per <strong>La</strong>zar si tratta, invece, dei «membres d’une confrérie de poètes». Più prudentemente,<br />

Gaunt, Harvey e Paterson suggeriscono «a broad social group of landless knights, iuvenes and<br />

troubadours, and quite possibly clerks, dependent of the generosity of their lord» [10]. Certamente si<br />

tratta di un pubblico ideale, omogeneo al suo interno, che rispecchia l’ambiente di corte – se è vero<br />

che, in ambito trobadorico, l’omogeneità culturale fra emittente e ricevente si rispecchia anche nel<br />

sistema dei valori [11]. I gruppi di soudadiers e jovens sono molto prossimi, ma non arrivano a<br />

coincidere, come emerge ancora da Marcabru («Soudadier, per cui es jovens»).<br />

Joven è il termine che designa l’unità essenziale del gruppo, senza nasconderne la profonda<br />

eterogeneità sociale (dai paubres chevaliers ai soudadiers, fino ai sirvens, ai trobadors e ai joglars);<br />

esso preserva dall’impressione che si tratti di una classe dai confini certi e prestabiliti [12], e proprio<br />

in questa strutturale indistinzione – che favorisce l’adattabilità del tema alle più varie situazioni sociali<br />

e personali – si riconosce probabilmente uno dei motivi della sua fortuna.<br />

4. Teorie degli influssi: l’origine araba<br />

Stabilito il valore generale di joven – almeno nelle principali interpretazioni – resta da spiegare<br />

l’origine del concetto: problema che, per un certo periodo, ha appassionato gli specialisti. Gli studi più<br />

originali e accreditati sono ancora quelli condotti da A. J. Denomy, M. <strong>La</strong>zar [13] e E. Köhler [14]. I<br />

primi due hanno individuato l’origine di joven <strong>nella</strong> nozione araba di futuwwa: partendo dall’idea che<br />

l’elaborazione cortese dell’amore appare troppo liberale e troppo gioiosa – diremmo troppo ‘laica’, in<br />

senso moderno – per essere nata nel contesto delle corti cristiane medievali, Denomy suggerisce un<br />

collegamento con la letteratura araba, rifacendosi, in particolare, ad Avicenna e al suo trattato<br />

sull’amore [15]. Il latino juventus – continua <strong>La</strong>zar – ignora i valori collegati al concetto di jovens,<br />

mentre una parola che significhi ad un tempo ‘giovane, giovinezza’ e ‘generosità, liberalità’ esiste <strong>nella</strong><br />

letteratura islamica [16].<br />

Il termine provenzale jovens troverebbe corrispondenza nel concetto di fatà (plurale fityan), mentre<br />

futuwwa esprime la qualità astratta di cui i fityan (i giovani) sono portatori. Poiché i sei elementi<br />

costitutivi della nozione di futuwwa (liberalità, accoglienza, fedeltà, onore, astinenza e purezza di vita)<br />

[17] sono molto vicini alle caratteristiche del termine provenzale, i fautori della teoria araba hanno<br />

creduto possibile – ipotizzando un contatto attraverso la Spagna musulmana – che i trovatori abbiano<br />

ripreso e ampliato proprio il concetto di futuwwa [18].<br />

È evidente che tali teorie, per quanto suggestive, se da un lato mancano di sufficienti prove<br />

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documentali, dall’altra non spiegano fino in fondo le ragioni del sorgere di quella che sembra essere<br />

una vera e propria ideologia; quand’anche documentata, nessuna teoria dell’influsso riuscirebbe a<br />

motivare, da un punto di vista sincronico, e cioè dal punto di vista del sistema culturale d’arrivo, la<br />

diffusione e la pervasività del tema e dei lessemi connessi [19]. Inoltre, una simile prospettiva<br />

presuppone che il sistema letterario-comportamentale trobadorico sia del tutto autonomo rispetto al<br />

variare della realtà storico-sociale e legato solo alle particolari condizioni di vita delle corti feudali; si<br />

perde così l’occasione di spiegare non solo l’origine – vera o presunta – dei topoi, ma le loro eccezioni,<br />

le loro ambiguità, la loro durata.<br />

5. Teoria sociologica. Iuvenes, joven, bachelier<br />

Secondo Köhler, sia il paradosso amoroso (l’irraggiungibilità della dama), sia la metafora feudale, [20]<br />

possono essere spiegati se si colloca la <strong>poesia</strong> dei trovatori nel suo contesto sociale. Köhler descrive<br />

un «état de tension permanente entre la basse noblesse et la haute féodalité dans leur vie commun à<br />

la cour, et la nécessité historique de neutraliser par un idéal de classe commun les divergences qui<br />

règnent sur le plan existentiel entre les intérêts de ces deux groupes» [21]. In questa prospettiva, i<br />

paradossi dell’amor cortese si spiegano come proiezioni sublimate della situazione sociale e materiale<br />

della bassa cavalleria, che, legata da interessi comuni al trovatore, al giullare e alla dama, aspira ad<br />

integrarsi nell’aristocrazia. Con joven si intenderebbero proprio i membri di questo gruppo, i cavalieri<br />

senza feudo [22], le cui condizioni storiche sono state ben descritte da Duby [23]. Ormai uomini, ma<br />

non ancora sistemati, gli iuvenes (così li chiamano le fonti narrative del XII secolo) sono già cavalieri,<br />

benché il loro apprendistato non sia ancora compiuto: essi non sono ancora sposati e vivono in una<br />

situazione di «prolungata turbolenza», esclusi come sono, «a causa di tante condizioni sociali, dal<br />

corpo degli uomini sistemati, dei padri di famiglia, dei capi di casa» [24]; situazione, questa,<br />

rispecchiata anche dalla letteratura del Nord della Francia.<br />

Nelle chansons de geste, a cominciare dalla Chanson de Roland, esistono diversi termini per designare<br />

i giovani, uno dei quali è bachelier («baccelliere») [25]. Il bachelier, spesso presentato in coppia con<br />

un chenu («canuto») o vieil («vecchio») a cui si contrappone, è un giovane cavaliere la cui attività è<br />

quella di combattere a servizio di un signore. Egli ha, di solito, tra i quindici e i trent’anni (mentre gli<br />

enfant sono più giovani e i jeunes più anziani), e non di rado è definito dall’aggettivo paubre<br />

(«povero»), per indicare che si tratta un giovane non ancora sistemato, senza feudo; una condizione<br />

del tutto identica, dunque, a quella descritta da Duby.<br />

I giovani della bassa cavalleria si trovano ai limiti di questa condizione: figli cadetti, senza possibilità<br />

di ereditare un feudo, essi vivono in una situazione liminale prolungata, che ha fatto pensare alla<br />

condizione del marginal man, elaborata – in una prospettiva sociologica generale – da K. Lewin.<br />

Secondo Lewin, che riutilizza la nozione di ‘margine’ introdotta da Van Gennep [26], marginal man è<br />

chi attraversa la «linea marginale» che separa la sua situazione precedente da quella futura [27], in<br />

particolare il confine tra due gruppi sociali: incerto non soltanto sulla propria appartenenza al gruppo<br />

in cui si accinge a entrare, ma anche sul proprio legame con il gruppo che sta per abbandonare [28],<br />

il marginal man si viene a trovare in una situazione di estraneità rispetto ad entrambi.<br />

Il paragone è calzante: i giovani che aspirano a far parte della corte si trovano in una situazione di<br />

margine (momento che, secondo Van Gennep, <strong>nella</strong> ‘serie-tipo’ dei riti di passaggio si situa tra la fase<br />

della separazione e quella dell’aggregazione), caratterizzata da una sospensione della vita sociale e<br />

delle sue regole. In questa prospettiva, la furia guerriera descritta da un trovatore come Bertran de<br />

Born, o la ferocia gioiosa e la festa di violenza di alcuni giovani eroi delle chansons de geste,<br />

avrebbero senso proprio perché caratteristiche di personaggi marginali, ai quali sono preclusi i ruoli<br />

sociali più ‘normali’, e per i quali le regole sono sospese. Il superamento di un’avventura e la<br />

conseguente investitura, segnando il passaggio dal ruolo di cavaliere a quello di amante,<br />

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rappresenterebbero, invece, il vero e proprio rito di passaggio <strong>nella</strong> sua forma di ‘rito di<br />

aggregazione’. <strong>La</strong> prova richiesta può essere di vario tipo, ed è attorno ad essa che si struttura il<br />

romanzo cortese[29]; mentre <strong>nella</strong> letteratura <strong>trobadorica</strong>, <strong>nella</strong> maggior parte dei casi, abbiamo solo<br />

la ripresa metaforica di questi passaggi, e la prova in sé è meno rilevante. In questo caso, diventa<br />

centrale quella che dovrebbe essere una fase transitoria, cioè il periodo di margine. Quando sono<br />

molto prolungati, i periodi di margine possono acquistare una certa autonomia, fino a diventare a loro<br />

volta sistemi sociali, caratterizzati, al loro interno, da altre soglie e altri passaggi [30]; esattamente<br />

quanto avviene alla bassa cavalleria, che elabora, dalla sua posizione, il codice cortese.<br />

Come si è visto, c’è un rapporto molto stretto tra la tensione ascensionale dell’amante cortese sul<br />

piano morale e gli sforzi di elevazione sociale della piccola nobiltà. <strong>La</strong> metafora di un amore<br />

inaccessibile esprimerebbe il desiderio di superamento di una barriera sociale mediante valori nuovi –<br />

quelli della cortesia – che sono indipendenti dalla nobiltà di nascita [31]. Tuttavia, questa omologia<br />

tra l’amante ‘senza speranza’ della <strong>poesia</strong> cortese e una classe sociale ‘emarginata’ non deve<br />

suggerire un «rapporto genetico» [32]: è evidente – lo spiega lo stesso Köhler – che, se l’ideologia di<br />

joven è il risultato unitario di una tensione sociale permanente, pur essendo nata principalmente dalle<br />

istanze di un singolo gruppo, essa diventa ben presto linguaggio comune: il che spiega anche la lunga<br />

durata di alcuni dei temi cortesi. <strong>La</strong> <strong>poesia</strong> cortese passa, così, da una relativa aproblematicità iniziale,<br />

in cui i momenti dell’«ideale lodato» e della «realtà criticata» sono compresenti (i primi vers di<br />

Guglielmo IX), alla definizione di due nuovi generi, la canzone e il sirventese, nei quali ciascuno dei<br />

due momenti, resosi autonomo, si pone ad un livello stilistico diverso. In questo senso, il formarsi di<br />

una linea cosiddetta ‘alto-cortese’ e di una cosiddetta ‘piccolo-cortese’, non necessariamente<br />

ricollegabili alla situazione personale dei loro fautori, sono una conseguenza dell’evoluzione dello<br />

stesso sistema della fin’amor. Abbiamo quindi, da un lato, le canzoni di Jaufre Rudel e, dall’altro, i<br />

sirventesi di Marcabru; ma anche la canzone, che domina il sistema dei generi <strong>nella</strong> letteratura<br />

<strong>trobadorica</strong>, lungi dall’essere estranea alle istanze fin qui descritte, sarebbe una «forma di<br />

compromesso che celebra […] l’armonizzazione degli interessi della piccola nobiltà in ascesa e<br />

dell’antica aristocrazia» [33].<br />

6. Il ruolo della donna<br />

Una volta stabilite e codificate le doti ideali, esse vengono ri-attribuite alla dama. joven, virtù delle<br />

virtù, originariamente maschile, sulla fine della parabola <strong>trobadorica</strong> può essere riferita anche alla<br />

donna. Il primo esempio a noi noto di questo travaso, precedente anche al caso già esaminato in<br />

Bertran de Born, è in Rigaut de Berbezilh. Nella lirica Atressi con Persavaus(«Come Perceval»), il<br />

trovatore tesse una lode della donna amata (chiamandola Miels-de-dompna, «ottima-fra-le-donne»),<br />

rifacendosi ad un topos tradizionale: la donna è anziana per esperienza e saggezza, ma giovane nel<br />

possesso delle qualità cortesi (jois, v. 56; bel domneiar, v. 59; jovenz, v. 62; gent acuilir, v. 66). Il<br />

topos del puer senilis, che fonde caratteri di maturità e doti giovanili, è antichissimo [34], e Rigaut lo<br />

riprende intendendo ‘vecchio’ e ‘giovane’ alla maniera cortese; vale a dire non – o, almeno, non solo –<br />

in accezione anagrafica. Se quel che rende tale il giovane non è la sua età, anche vielh non significa<br />

letteralmente «vecchio»: «le mot est relativement rare et signifie ‘méchant’ chez les moralistes et<br />

‘discourtois’ chez les poètes» [35]. Si tratta, ancora una volta, di qualità al tempo stesso morali e<br />

sociali, anche se nell’accezione di joven si può avvertire un riavvicinamento alla nozione tradizionale di<br />

giovinezza (E joves d’ans). Almeno in un altro luogo Rigaut attribuisce joven alla sua dama (Lo nous<br />

mes d’abril comensa, «Inizia il nuovo mese di aprile»), questa volta non come precisa qualità, bensì<br />

in senso astratto, come somma qualità cortese di cui la dama è signora. Lo stesso troviamo in Guillem<br />

de Berguedà, contemporaneo di Rigaut o di poco successivo: «Ahi, signora, che la gioventù mantiene<br />

e la discrezione guida…» (XXVIII, vv. 22 sg.) [36].<br />

È interessante notare come, nonostante il tentativo di individuare differenze fondanti tra la <strong>poesia</strong><br />

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delle trobairitz, le «trovatrici», e quella dei più numerosi e più noti colleghi uomini [37], non pare<br />

esserci alcuna divergenza nel modo di trattare i valori cortesi, joven compresa. A dispetto di una certa<br />

predilezione per il genere della canso – che pare l’unico dato formale indiscutibile, anche al di là<br />

dell’esiguo campione a noi disponibile – le trobairiz sembrano raccogliere per intero l’opera dei loro<br />

contemporanei; ad esempio, la Comtessa de Dia, in Ab joi e ab joven m’apais («Mi appago di gioia<br />

e giovinezza»), riprende, dal punto di vista opposto, tutti i clichés dell’amor cortese.<br />

Chi ritiene che la concezione cortese di amore possa allora aver rappresentato per il genere femminile<br />

una sorta di rivincita [38], non tiene conto del fatto che per la donna, tramite dell’innalzamento<br />

morale e sociale dell’uomo, non è prevista nessuna promozione, né sociale, né personale; e<br />

sopravvaluta, credo, il privilegio di quelle poche aristocratiche che arrivarono a comporre in prima<br />

persona. Del resto, è principalmente in virtù del suo rango che la dama è considerata superiore: nel<br />

suo partimen con Gui d’Ussel (Gui d’Uissel, be’m pesa de vos, «Gui D’Uissel, mi dispiace per voi»),<br />

Maria de Ventadorn difende contro le insistenze del trovatore i suoi privilegi di nobildonna, rifiutando<br />

perciò di concedergli alcun favore [39]. Il trovatore è invitato, per così dire, a restare al suo posto:<br />

l’uguaglianza, condizione dell’amore invocata da Gui, non altera le differenze sociali, che,<br />

evidentemente, sono ben accette, alla dama come al pretendente, in quanto fondamentale regola del<br />

gioco. L’uguaglianza, così come la liberalità, sono ideali cui tendere, ma da realizzare molto<br />

raramente. Le trobairitz non sembrano turbare in alcun modo quest’ordine [40].<br />

7. <strong>La</strong> parabola di joven. Termine e permanenza di un valore<br />

<strong>La</strong> parabola di joven, si direbbe, segue lo stesso corso della fin’amor e della <strong>poesia</strong> <strong>trobadorica</strong>, tanto<br />

è vero che non sembra riproporsi <strong>nella</strong> letteratura franco-provenzale e costituisce un’eccezione <strong>nella</strong><br />

visione medievale della giovinezza, che, al contrario, le associa gravi difetti (incostanza, volubilità,<br />

aggressività) [41]. Questa dissoluzione si annuncia già nell’ultima parte della stagione <strong>trobadorica</strong>:<br />

con Gaucelm Faidit 42] e Arnaut de Maruelh il termine sembra perdere il suo valore peculiare,<br />

presentandosi in coppia con beutatz (bellezza) e gaiessa (gaiezza); è da dire tuttavia che tali valori<br />

appaiono ab origine connessi con joven, e che ciò a cui si assiste è semmai un impoverimento della<br />

complessità ideologica che il termine ha mostrato all’altezza della ‘seconda generazione’ <strong>trobadorica</strong>.<br />

Il concetto di joven non viene ripreso nemmeno dai diretti successori dei trovatori, i poeti siciliani, che<br />

non adottano il sistema di valori di cui joven fa parte. Ad esempio, spiega Henning Krauss, «al<br />

contrasto fra vecchio e giovane Rugeri Apugliese (XVII 1.65) non dà lo stesso significato morale che<br />

Bertran de Born assegna agli stessi termini nel sirventese Bel m’es quan vei chamjar lo senhoratge:<br />

per il siciliano il loro significato si manifesta interamente sul piano biologico» [43]. Del resto, se si<br />

crede a un’interpretazione sociologica del concetto, venute meno le condizioni storico-sociali<br />

originarie, era naturale che a joven si sostituissero altri temi e altre ideologie: una volta<br />

completamente assorbita dalla classe superiore (nel caso dei siciliani, una volta ri-centralizzato il<br />

potere), joven, «lo strato sociale ispiratore della lirica provenzale, manca di qualsiasi presupposto<br />

vitale» [44]. E, infatti, scompare dalla letteratura.<br />

Alcune caratteristiche che contraddistinguono la jovens provenzale possono essere riconosciute nei<br />

giovani di ogni tempo: la difficoltà di passare da un gruppo a un altro (sostanzialmente alla società<br />

degli adulti), il conseguente stato di marginalità, spesso prolungato, e la tendenza, da questa<br />

posizione, a creare un codice, un linguaggio, un sistema di sotto-classificazione interni. Scompaiono,<br />

però, le contingenze storico-sociali che avevano reso centrale il valore ‘gioventù’, e joven viene<br />

dimenticata. Molti altri topoi provenzali avranno invece un’enorme fortuna, a cominciare dalla<br />

centralità della donna amata e irraggiungibile che, svuotata della sua sostanza reale, diventa –<br />

secondo l’interpretazione di <strong>La</strong>can – un esemplare luogo della privazione [45]. Come dimostrano, da<br />

un lato, vidas e razos – veri e propri ‘ritratti minimi’ degli autori – e, dall’altro, la ricezione dei testi<br />

http://www.griseldaonline.it/percorsi/5allegro2_print.htm (6 di 10) [12/10/2008 15.01.16]


Donatella Allegro Ai margini del potere. <strong>La</strong> gioventù <strong>nella</strong> <strong>poesia</strong> <strong>trobadorica</strong><br />

poetici dei trovatori quali veri e propri manuali di comportamento mondano, l’esperienza provenzale si<br />

caratterizza fin dal suo inizio come fenomeno ‘vivo’, continuamente determinabile dall’attività di un<br />

fruitore che interviene sui testi interpretandoli: il carattere performativo della <strong>poesia</strong> <strong>trobadorica</strong> e<br />

l’indeterminatezza dei valori che vi sono esaltati – non soltanto joven – giocano evidentemente un<br />

ruolo fondamentale in questo divenire, in questa fortuna dell’immaginario trobadorico [46]. È la sua<br />

lunga durata, ben oltre la situazione storicamente determinata da cui l’amor cortese trae origine, a<br />

fare di esso un momento cruciale: «il fatto che un’attività di creazione poetica abbia potuto esercitare<br />

un’influenza determinante – secondariamente, in periodi storici successivi – sui costumi, in un<br />

momento in cui l’origine e le parole chiave della faccenda sono state dimenticate» [47].<br />

Note<br />

[1] Raynouard, Lexique roman, III, p. 594, s.v. joven.<br />

[2] Si veda G. M. Cropp, Vocabulaire Courtois des Troubadorus de l’époque classique, Genève, Droz,<br />

1975, pp. 413 sgg., s.v. joven.<br />

[3] ibid., pp. 417 sg. Cropp elenca i casi individuati in Guglielmo IX, Cercamon, Marcabru, Alegret,<br />

Bernart Marti e Peire d’Alvergna.<br />

[4] Datazione secondo Jeanroy, <strong>La</strong> poésie lyrique des Troubadours, I, Paris, Didier, 1934.<br />

[5] Ed. Pasero. <strong>La</strong> traduzione è di G. E. Sansone, in <strong>La</strong> <strong>poesia</strong> dell’antica provenza. Testi e storia dei<br />

trovatori, Parma, Guanda, 1984, p. 71.<br />

[6] J. Wettstein, «Mezura». L’idéal des Troubadours, son essence et ses aspects, Zurich, Leeman<br />

Frères & Cie., 1945, p. 74.<br />

[7] L’edizione seguita è Marcabru: a critical edition, by S. Gaunt, R. Harvey and L. Paterson,<br />

Cambridge, Brewer, 2000.<br />

[8] «Vingt-neuf si nous comptons un exemple qui se rencontre dans un vers attribué à Uc Catola de<br />

la tenson Amic(s) Marchabrun, car digam (VI, 34)» (Glynnis M. Cropp, op. cit., p. 417). Per A. J.<br />

Denomy, Jovens: the notions of youth among the troubadours, its meaning and source, «Mediaeval<br />

Studies», XI, 1949, pp.1-22, le occorrenze sarebbero in tutto diciassette: ma il calcolo è erroneo.<br />

[9] Dopo Cercamon e Marcabru, è Giraut de Borneil a riprendere con forza il tema di joven assediata.<br />

[10] S. Gaunt, R. Harvey, L. Paterson, op. cit., p. 548.<br />

[11] Su questo tema si veda M. L. Meneghetti, Il pubblico dei trovatori, Torino, Einaudi, 1994.<br />

[12] E. Köhler, Die Sirventes-Kanzone, citato e tradotto ap. H. Krauss, Sistema di generi e scuola<br />

siciliana, in C. Bordoni (a c. di), <strong>La</strong> pratica sociale del testo. Scritti di sociologia della letteratura in<br />

onore di Erich Köhler, Bologna, CLUEB, 1982, p. 126.<br />

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[13] Cfr. A. J. Denomy, op. cit., e M. <strong>La</strong>zar, Amour courtois et ‘fin’amors’ dans la littérature du XIIe<br />

siècle, Paris, Klincksieck, 1964. Moshé <strong>La</strong>zar compie una rassegna interpretativa dei termini provenzali<br />

che costituiscono il lessico della fin’amor (pretz, valor, joven, cortezia) come sistema letterariocomportamentale<br />

coerente, autonomo rispetto al variare della realtà storica e sociale; per spiegare<br />

l’origine del termine ricorre dunque, come Denomy, all’ipotesi dell’influenza araba.<br />

[14] Cfr. E. Köhler, Senso e funzione del termine joven, in Sociologia della «Fin’amor». Saggi<br />

trobadorici, a c. di M. Mancini, Padova, Liviana, 1976.<br />

[15] Cfr. E. L. Fackenheim, Risalah fi’l-‘Ishq (Un traité d’amour d’Avicenne), «Mediaeval Studies»,<br />

VII, 1945, pp. 208-228.<br />

[16] M. <strong>La</strong>zar, op. cit., p. 42.<br />

[17] A. J. Denomy, op. cit., p. 19.<br />

[18] M. <strong>La</strong>zar, op. cit., p. 43.<br />

[19] Per una recente riflessione sulla cosiddetta ‘illusione genetica’, si veda A. Compagnon, Il demone<br />

della teoria. Letteratura e senso comune, Torino, Einaudi, 2000, pp. 212-243.<br />

[20] Su questo tema si consiglia la lettura di Mario Mancini, Metafora feudale. Per una storia dei<br />

trovatori, Bologna, Il Mulino, 1993.<br />

[21] E. Köhler, Observations historiques et sociologiques sur la poésie des troubadours, «Cahiers de<br />

civilisation médiévale», VII, 1964, n.35, p. 28<br />

[22] Cfr. anche E. Köhler, Senso e funzione del termine joven, cit.<br />

[23] G. Duby, Nella Francia nord-occidentale del XII secolo: i ‘giovani’ <strong>nella</strong> società arsitocratica, in G.<br />

Duby, Terra e nobiltà nel Medioevo, Torino, Società editrice internazionale, 1971.<br />

[24] Ibid., p. 144.<br />

[25] Per una panoramica su questo tema, con relativa bibliografia ed esempi, si vedano C. Marchello-<br />

Nizia, Cavalleria e cortesia, in G. Levi, J.-C. Schmitt, Storia dei giovani, I. Dall’antichità all’età<br />

moderna, Roma-Bari, <strong>La</strong>terza, 2000, pp. 159-210. Sulle divergenze e i punti di contatto tra l'idea di<br />

gioventù nel Sud e nel Nord della Francia, cfr. E. Köhler, Senso e funzione del termine joven, cit., pp.<br />

244 sgg.<br />

[26] A. Van Gennep, I riti di passaggio, Torino, Bollati Boringhieri, 1981.<br />

[27] Cfr. K. Lewin, Problemi psicologici di un gruppo minoritario, in Conflitti sociali. Saggi di dinamica<br />

di gruppo, Milano, Franco Angeli, 1972, pp. 191-193.<br />

[28] Ibid., p. 192; Lewin si riferisce in particolare alla condizione dei giovani ebrei.<br />

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[29] Cfr. G. Levi, J.-C. Schmitt, op. cit., pp. 195 sgg.<br />

[30] Van Gennep, op. cit., p. 11.<br />

[31] C. Di Girolamo, I trovatori, Torino, Bollati Boringhieri, 1989, p. 66.<br />

[32] Ibid., p. 67<br />

[33] E. Köhler, Sistema dei generi letterari e sistema della società, in C. Bordoni, op. cit., p. 15;<br />

«questo precario compromesso», continua Köhler, «aveva bisogno di un rituale che garantisse il suo<br />

continuo rinnovamento, ma anche del rinforzo di generi di polemica come il sirventese, e del<br />

rassicurante fiancheggiamento di generi minori, aperti a concessioni e anche a gratificazioni, come la<br />

pastorella o l’alba ». Cfr. anche H. Krauss, op. cit., p. 127.<br />

[34] «Gli esempi dimostrano che già all’inizio del II secolo il topos del puer senilis era già conosciuto<br />

e diffuso» (E. R. Curtius, Letteratura europea e Medio Evo latino, Scandicci, Firenze, <strong>La</strong> Nuova Italia,<br />

1992, p. 115).<br />

[35] J. Wettstein, op. cit., p. 75.<br />

[36] L’edizione seguita è quella di Martìn de Riquer, Guilhelm de Berguedà, Tarragon, Abadìa de<br />

Poblet, 1971.<br />

[37] Diverso è il discorso per le cosiddette chansons de femmes, come ad esempio le ‘canzoni della<br />

malmaritata’, generi popolareschi con una storia diversa da quella della canzone cortese. Si vedano, a<br />

questo proposito, R. Lejeune, <strong>La</strong> femme dans les littératures française et occitane du XIe au XIIIe<br />

siècle, «Cahiers de Civilisation Médiévale», XX, 1977, pp. 201-217; M. Beretta Spampinato, Le<br />

trobairitz. <strong>La</strong> fin’amors al femminile, «Le forme e la storia», I, 1980, pp. 51-70 e, soprattutto, P. Bec,<br />

Chants d’amour des femmes-troubadours. Trobairitz et «chansons de femme», Paris, Stock, 1995.<br />

[38] P. Bec, op. cit., p. 15. Su questo tema si veda anche B. Beretta Spampinato, op. cit., p. 67.<br />

[39] P. Bec, , op. cit., pp. 168 sgg.; M. Mancini, op. cit., pp. 179-182.<br />

[40] Cfr. M.Mancini, op. cit., pp. 178 sgg.<br />

[41] Su questo punto si veda G. M. Anselmi, Machiavelli e la forza della giovinezza, «GriseldaOnLine»,<br />

V, 2005-2006,<br />

http://www.griseldaonline.it/percorsi/5anselmi.htm.<br />

[42] Jeanroy (Poésie lyrique, cit.) collocava la produzione di Gaucelm Faidit tra il 1185 e il 1220,<br />

mentre J. Mouzat, Les poèmes de Gaucelm Faidit, troubadour du 12. siècle: édition critique, Paris,<br />

Nizet, 1965, suggerisce di retrodatarla di oltre un decennio, collocandola tra il 1172 e il 1203; cfr. in<br />

sintesi E. Sansone, op. cit., p. 321.<br />

[43] H. Krauss, op. cit., p. 133.<br />

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Donatella Allegro Ai margini del potere. <strong>La</strong> gioventù <strong>nella</strong> <strong>poesia</strong> <strong>trobadorica</strong><br />

[45] Ibid., p. 132.<br />

[45] Cfr. J. <strong>La</strong>can, L’amor cortese a mo’ di anamorfosi, in Il seminario. Libro VII, Torino, Einaudi,<br />

1994, pp. 177-196. <strong>La</strong> riflessione di <strong>La</strong>can sull’amor cortese è stata valorizzata da M. Mancini, op. cit.<br />

Per un inquadramento del tema lacaniano qui accennato (l’assenza dell’oggetto come elemento<br />

costitutivo del desiderio) si veda A. Di Ciaccia, M. Recalcati, Jacques <strong>La</strong>can, Milano, B. Mondadori,<br />

2000, pp. 164- 201.<br />

[46] Cfr. M. L. Meneghetti, op. cit., pp. 13-19.<br />

[47] J. <strong>La</strong>can, op. cit., pp. 189 sg.<br />

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