Da imprenditore a scrittore - Confindustria Genova
Da imprenditore a scrittore - Confindustria Genova
Da imprenditore a scrittore - Confindustria Genova
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
<strong>Da</strong> <strong>imprenditore</strong> della sanità privata ad autore di<br />
romanzi di successo per Rizzoli, il genovese<br />
Licalzi tifa per la Samp e per una città più pronta<br />
a sorridere. Uscirà il 28 settembre il suo nuovo<br />
romanzo “Un lungo fortissimo abbraccio”.<br />
di Piera Ponta<br />
L’intervista<br />
“Bisogna sostenere<br />
in tutti i modi<br />
l’impreditoria giovanile”<br />
“Sotto l’aspetto<br />
della vivacità culturale,<br />
<strong>Genova</strong> ha fatto<br />
passi da gigante”<br />
“Sono diventato<br />
<strong>scrittore</strong> in una<br />
pausa sabbatica<br />
da <strong>imprenditore</strong><br />
della sanità”<br />
Lorenzo Licalzi<br />
<strong>Da</strong> <strong>imprenditore</strong><br />
a <strong>scrittore</strong><br />
Laureato in psicologia e con un master in psicologia comportamentistica,<br />
Lorenzo Licalzi, prima di dedicarsi quasi<br />
esclusivamente alla sua attività di <strong>scrittore</strong>, è stato anche <strong>imprenditore</strong><br />
nel settore della sanità privata. Nel 1986, infatti,<br />
con un amico medico fonda e dirige per una decina d’anni<br />
una casa di riposo nel centro di <strong>Genova</strong>. «Ci siamo lanciati in<br />
quell’avventura imprenditoriale pubblicizzando con un annuncio<br />
sul giornale una piccola struttura con dodici posti letto.<br />
Nel giro di pochi giorni - ricorda Licalzi - eravamo già pieni.<br />
Così abbiamo aperto una seconda casa di riposo, con una<br />
cinquantina di posti letto, esaurendo in breve tempo anche<br />
quelli. Per dieci anni ho alternato l’attività di psicologo al Distretto<br />
militare a quella di manager nella casa di riposo. Poi<br />
ho deciso che era il momento di concedermi un paio di anni<br />
sabbatici...». È allora che Licalzi, dopo aver ricopiato qualche<br />
pagina di “Va’ dove ti porta il cuore” per prendere confidenza<br />
con il nuovo pc, accantona il fortunato romanzo di Susanna<br />
Tamaro e scrive il suo primo racconto: “Io no”.<br />
«Euforico per il risultato, ho spedito subito il dattiloscritto alle<br />
grandi case editrici: nessuna risposta». Qualche tempo dopo<br />
Licalzi ci riprova con Fazi Editore. La lettera di accompagnamento,<br />
prima ancora del dattiloscritto, suscita l’interesse<br />
dell’allora direttore editoriale Simone Caltabellota che, praticamente<br />
a scatola chiusa, impegna Licalzi nella trasformazione<br />
del racconto in un romanzo, poi pubblicato con successo<br />
nel 2001. Qualche anno dopo, anche grazie a una serie di<br />
fortunate coincidenze, “Io no” diventa un film a firma di Simona<br />
Izzo e di Ricky Tognazzi.<br />
A ruota escono “Non so” (Fazi 2003), “Il Privilegio di essere un<br />
guru” (Fazi 2004) e “Cosa ti aspetti da me” (tradotto in Giappone),<br />
che segna il passaggio di Licalzi alla Rizzoli, nel 2005.<br />
Questo romanzo, in particolare, attinge a fatti e a emozioni<br />
degli anni di “Licalzi <strong>imprenditore</strong>”, e racconta la storia d’amore<br />
nata in una casa di riposo tra un fisico nucleare paraliz-<br />
28
zato e arrabbiato con la vita, anche per la morte prematura<br />
del figlio, e l’infermiera che lo accudisce, solare<br />
e altruista («di un altruismo “alto” - tiene a sottolineare<br />
Licalzi - non l’altra faccia della medaglia<br />
dell’egoismo, secondo l’idea di Perez»).<br />
Sempre per Rizzoli, nel 2006 lo <strong>scrittore</strong> genovese<br />
pubblica “Vorrei che fosse lei”, a cui seguono “Sette<br />
uomini d’oro”, vincitore del premio Selezione Bancarella<br />
nel 2007, e “La vita che volevo”, nel 2009.<br />
“Un lungo fortissimo abbraccio”, la sua ultima fatica,<br />
sarà in libreria dal 28 settembre prossimo.<br />
Tifoso sampdoriano, Lorenzo Licalzi commenta le<br />
gesta della sua squadra del cuore sulle pagine del<br />
Secolo XIX, e il dibattito sullo stadio, che ciclicamente<br />
accende gli animi di una fetta non irrilevante della<br />
comunità cittadina, è il pretesto per ribadire quanto<br />
la mentalità genovese sia per sua natura incline al<br />
“maniman”, alla diffidenza e, aggiunge Licalzi, «del<br />
tutto priva di senso dell’accoglienza». L’idea di stadio<br />
del presidente Garrone, aggiunge Licalzi, «va invece<br />
nella direzione opposta, perché si propone come<br />
luogo di aggregazione, non solo per tifosi».<br />
Sotto l’aspetto dell’animazione culturale, Licalzi dà<br />
atto che <strong>Genova</strong> ha fatto passi da gigante, mentre<br />
lo preoccupa il lavoro che non c’è, la disoccupazione<br />
giovanile: «Bisognerebbe agevolare in tutti i modi la<br />
nascita di imprese, soprattutto se su iniziativa di giovani.<br />
Bisognerebbe anche riuscire a far capire ai ragazzi<br />
che, per come va veloce il mondo oggi, devono<br />
cominciare presto a costruire il proprio futuro<br />
culturale e lavorativo, utilizzando anche gli anni<br />
dell’università per maturare nuove esperienze».n<br />
<strong>Genova</strong> Impresa 30 Luglio/Agosto 2011